GPII 1993 Insegnamenti - Le parole introduttive alla recita dell'Angelus - Vilnius

Le parole introduttive alla recita dell'Angelus - Vilnius

Titolo: Nella libertà religiosa si fonda il cammino intrapreso da Lituania, Lettonia ed Estonia

Carissimi fratelli e sorelle!


1. Oggi, per la prima volta, il Vescovo di Roma rivolge il consueto invito alla preghiera dell'Angelus da una Città dei Paesi Baltici, da Vilnius, capitale della Lituania, durante questa Visita pastorale a nobili ed antiche Nazioni, che stanno uscendo da un difficile periodo della loro storia.

Dopo circa mezzo secolo di oppressione politica e culturale, in cui è stato gravemente violato anche il fondamentale diritto delle persone a conoscere Dio ed a professare pubblicamente la fede, Lituania, Lettonia ed Estonia hanno iniziato un nuovo cammino: il cammino della libertà. Non è un cammino facile, perché la libertà richiede da ciascuno vivo senso di responsabilità ed impegno di reciproco rispetto.

Proprio la libertà religiosa costituisce, a ben vedere, la garanzia di successo di tale impresa: là dove, infatti, i credenti e gli uomini di buona volontà accettano di misurarsi insieme con la Verità e con le sue esigenze etiche, la speranza esce dal porto dell'utopia e trova la rotta dell'autentico sviluppo.


2. Volgiamo insieme, carissimi, la mente ed il cuore a Maria, venerata nel Santuario della Porta dell'Aurora col titolo di Madre della Misericordia. In compagnia dei Vescovi e di numerosi fedeli, ieri sera ho avuto la gioia di recitare in quel tempio il santo Rosario, diffuso nel mondo intero dalla Radio Vaticana. Oggi rinnovo l'invito a pregare per le necessità delle Comunità civili ed ecclesiali del Baltico, in particolare perché in esse regnino la concordia e la fraternità, e perché agli interessi, pur legittimi, delle parti si anteponga sempre il bene dell'intera popolazione, a partire dai più deboli e bisognosi.

Preghiamo con fiducia la Regina di tutti i popoli, affinché conduca su sentieri di pace la Lituania, la Lettonia e l'Estonia. Lei, che i fedeli qui invocano anche come Stella Orientis, renda sempre più liberi e solidali i rapporti delle Genti baltiche con le Nazioni limitrofe. Ottenga che in questa Regione d'Europa cresca la fede e, con essa, si consolidino la giustizia e la pace.


3. Da queste terre, che formano come un ponte naturale tra l'Europa del Centro e del Nord e quella dell'Est, rivolgo uno speciale saluto alla vicina Russia, e in particolare alle Comunità cristiane tra cui, per la sua importanza storica e la rilevanza di una gloriosa tradizione, emerge la Chiesa ortodossa a cui presiede nella carità il venerato Patriarca di Mosca.

Tutti conosciamo gli avvenimenti che ne hanno segnato la storia negli ultimi cento anni, con profonde e spesso dolorose ripercussioni nelle Nazioni vicine e nel mondo intero.

Tutti seguiamo pure con partecipe interesse gli sforzi che la Russia sta compiendo per entrare in una stagione di sempre più salda libertà e di solidarietà interna ed internazionale. I membri della comunità cattolica non mancheranno, ne sono certo, di contribuire insieme alle altre Chiese cristiane al raggiungimento dei traguardi di prosperità e di pace da tutti auspicati per la Russia in quest'ora tanto significativa della sua storia.

Desidero affidare nuovamente alla Madre di Dio, venerata dal popolo russo con singolare devozione, tale arduo ma provvidenziale cammino. La Madre del Principe della Pace aiuti la Russia a trovare pace all'interno e all'esterno dei suoi confini. Possano tutti i cittadini russi trovare nei valori dello spirito la luce e la forza per costruire un futuro degno dell'uomo, conforme ai disegni del Padre celeste.

A Maria Santissima eleviamo ora la preghiera dell'Angelus.

Data: 1993-09-05 Data estesa: Domenica 5 Settembre 1993

L'incontro con il Corpo Diplomatico accreditato in Lituania, nella sede della Nunziatura Apostolica - Vilnius

Titolo: La diplomazia ha il dovere di facilitare la vita democratica nelle Nazioni che escono da un regime totalitario

Eccellenze, Signore, Signori,


1. Sono felice di accogliervi nella sede della Nunziatura apostolica in Lituania.

Ringrazio il vostro Decano, Monsignor Justo Mullor Garcia, per le parole che mi ha rivolto a nome vostro. Egli ha espresso la vostra preoccupazione di portare aiuto a un popolo che può nuovamente vivere nella libertà infine ritrovata e il vostro desiderio comune di servire la causa del dialogo internazionale. In definitiva, si tratta della pace nel mondo e nella regione baltica in particotare. Come ho già avuto l'occasione di dire sin dal mio arrivo, è per me una grande gioia trovarmi in questa terra. Il fatto che potro, durante questa visita pastorale, incontrare le autorità e il popolo lituani è il segno evidente che una pagina detta storia drammatica della regione è stata voltata. Ormai, l'Europa non è più radicatmente divisa da ideologie antagoniste: essa è impegnata sulla via della cooperazione fra i popoli; è un lavoro di lunga durata che richiede pazienza e che necessita della partecipazione di tutti gli abitanti delle nazioni interessate, fra le quali si devono riallacciare vincoli di fratellanza e di solidarietà per vincere i rancori accumulati nelle epoche precedenti.


2. Sono consapevole di parlare dinanzi a un gruppo di diplomatici che bisogna considerare in un certo senso dei pionieri. Nella capitale, Vilnius, voi fate parte dei primi testimoni della rinascita detta Lituania e dei popoli baltici.

Siete degli osservatori particolarrnente qualificati della situazione nuova che è stata creata in questa regione ricca di storia e di cuttura, permettendo progressivamente l'istaurazione della democrazia. Accreditati in Lituania, siete in prima linea per valutare il significato profondo di questi avvenimenti così come le loro conseguenze umane e sociali.


3. Per circa mezzo secolo, durante il quale ha subito il regime marxista come gli altri due paesi baltici e numerosi paesi, la Lituania si è vista negare la propria identità nazionale e la propria autonomia potitica. Un potere centratizzatore ha esercitato forti pressioni e insopportabili costrizioni sulle persone e sui popoli. Infatti, il mondo era appena uscito da una prima esplosione sanguinosa e distruttrice, nel 1918, e molti uomini politici europei continuavano a ragionare unicamente in termini di interessi nazionati e di guerra, di potere ideologico e di violenza sociale, invece di dedicarsi a costruire la pace. Ciò ha portato a dei "patti segreti" e a delle alleanze inconfessabili così come a un nuovo scontro armato che ha fatto sparire dalla carta geografica intere nazioni, Un autentico cataclisma si è abbattuto allora sul mondo occidentale che ne è rimasto segnato per cinque lunghi decenni.

Forte delle lezioni della storia, la diplomazia deve ormai impegnarsi a dare il proprio sostegno al dialogo fra le forze politiche delle nazioni che aspirano a ritrovare la loro unità e la loro legittima autonomia. Essa può e deve fare molto per sopprimere radicalmente i germi di discordia che possono sorgere in ogni momento. So bene che il peso degli interessi particotari è ancora grande e che la tentazione della violenza rimane forte. Tuttavia, il diplomatico impegnato nello sviluppo dei popoli e nel rispetto della dignità delle persone, può incoraggiare o promuovere iniziative che costituiranno dei preziosi contributi per la Lituania e per gli altri due paesi baltici, nella congiuntura attuale. La comunità internazionale ha il dovere di favorire nelle nazioni che escono da un regime totalitario la vita democratica che risponde alle legittime aspirazioni delle persone e dei popoli a governarsi da sé. L'esercizio della democrazia richiede un lungo e paziente apprendistato e una maturazione, che possono essere reatizzate con il sostegno indispensabile dei Paesi che hanno da molto tempo la padronanza di questa forma di governo che coinvolge tutti i cittadini nella vita pubblica.

Per una nazione, gli effetti negativi di certe alleanze diplomatiche nel passato devono rimanere presenti nel ricordo di tutti. Gli interessi delle grandi potenze non devono mai costringere un piccolo Stato a essere soltanto un satellite a vantaggio di un potere esterno, né sopprimerlo in quanto nazione libera di guidare il destino collettivo delle persone che la compongono, e neppure porre i cittadini sotto il pesante giogo di un'autorità straniera. Ogni governo che ha la volontà di difendere la propria autonomia deve anche avere la preoccupazione di difendere l'indipendenza delle altre nazioni. E l'intero continente che senza alcun dubbio, vedrà così il rafforzamento della propria stabilità politica e delle democrazie, rafforzamento indispensabile per la pace fra le persone e fra i popoli.


4. In mezzo ai molteplici sconvolgimenti degli anni passati, la Lituania diviene un paese emblematico che non può che incoraggiare la ricerca di soluzioni negoziate in tutti i conflitti ancora accesi nel continente.

Nel contesto che conosciamo oggi, la diplomazia è portata ad assumere nuove forme; essa riceve nuovi compiti, da cui i popoli che hanno ritrovato la propria libertà, si aspettano molto. Le missioni diplomatiche hanno oggi fra le loro preoccupazioni principali la volontà di creare spazi di negoziato, affinché i rischi di scontri divengano più rari fra le comunità culturali, etniche o religiose, e affinché la collaborazione fra gli Stati sia più stretta, la dignità dell'uomo sia maggiormente rispettata e la pace consolidata. Tenendo conto del passato che ha fortemente segnato le persone, i popoli e le istituzioni, ma che conviene mano a mano, comprendere e superare, dobbiamo essere creativi.

Tutto ciò che favorisce la fiducia reciproca fra gli uomini e la speranza che può essere intravista dopo lunghi anni di buio, costituisce il fermento pieno di promesse di rapporti costruttivi fra i popoli. Infatti, una nazione e un continente non possono essere edificati se tutte le forze presenti non sono chiamate a partecipare al servizio della comunità umana nazionale e internazionale.


5. La soluzione di numerose difficoltà richiede giustamente un'assistenza che la comunità internazionate dovrebbe sforzarsi di offrire. Infatti, sul piano regionale e su quello locale, il valore della solidarietà costituisce una risorsa essenziale per costruire una comunità umana a misura di un Paese e fra vari Paesi.

L'Europa occidentale, sulla strada dell'unità, ne ha ampiamente beneficiato all'indomani dell'ultimo grande conflitto mortale che l'ha segnata. Questi aiuti massicci hanno contribuito al suo attuale benessere.

Gli aiuti di ogni tipo - la disponibilità a offrire risorse umane, collaborazioni tecniche, coraggiosi investimenti finanziari - devono avere come obiettivo primario quello di servire i Lituani, aiutandoti a risotvere i loro problemi. La diplomazia non può limitarsi alla promozione dei rispettivi interessi nazionali. A Vilnius, come in ogni luogo della terra, deve essere difesa una concezione comune dell'uomo, concezione senza la quale i negoziati bilaterali o multilaterali possono finire col perdere il loro senso.

A ragione, i nostri contemporanei prestano maggiore attenzione alla definizione e alla difesa dei diritti umani. Infatti, il vero interesse delle nazioni non può essere pensato soltanto in termini di strategia o di sviluppo economico. Il nuovo ordine mondiale, che presuppone, al di là di molteplici modelli potitici ed economici, la coesione sociale, non può essere realizzato senza il rispetto dei valori primari di giustizia, di pace e di dignità della persona umana.

L'indispensabile restaurazione nazionale non deve essere condotta a scapito dei valori umani fondamentali. Mai più le persone e i popoli si levino gli uni contro gli altri! Ogni volta che scoppia un conflitto è il mondo intero che soffre e che viene sfigurato. Poiché i Paesi sono innanzitutto delle comunità umane, formate da donne e da uomini che vivono, che pensano, che pregano e che tavorano insieme secondo leggi liberamente accettate e che hanno dei diritti e dei doveri inalienabili, che essi portano naturalmente dentro di sè.

Alle origini della vita internazionale si situano i diritti umani fra cui i più importanti sono il diritto alla vita e all'esistenza nella dignità, il diritto alla libertà di coscienza e di religione, così come il diritto alla famiglia, cellula primaria della società e motore della vita pubblica. E solo a condizione che vengano rispettate queste libertà che gli altri aspetti della vita internazionale troveranno il loro pieno significato; infatti, la geopolitica, gli scambi economici e finanziari e il dialogo interculturale, privati di dimensioni umane, si limiterebbero alla sola logica degli interessi, che non è mai molto lontana dalla logica della forza.

Sono consapevole di esprimere un'esigenza morale legata ai valori che sottendono costantemente le vostre azioni e i contributi specifici dei vostri rispettivi Paesi alla Lituania, ma questa esigenza è a volte difficile da tradursi in realizzazioni immediatamente percettibili dalle popolazioni interessate.


6. Il Papa che vi parla è testimone della realtà del mondo d'oggi, che ha avuto l'opportunità - e anche la gioia - di percorrere come pellegrino di pace,- io cerco di annunciare la fede cristiana che dà il senso pieno dell'esistenza e che richiede allo stesso tempo che tutti si impegnino per costruire una società in cui ciascuno possa trovare il suo posto. Nel corso dei miei viaggi nel mondo e dei miei contatti con persone appartenenti a classi diverse e che esercitano responsabilità diverse, ho potuto tuttavia constatare le molteplici aspirazioni degli uomini e in particolare dei giovani europei. Essendo le distanze sempre più piccote il mondo diviene - o vorrebbe divenire - un mondo in cui i legami sono sempre più forti. Nonostante l'attivismo di certi gruppi minoritari, le nuove generazioni aspirano a vivere in una società in cui tutti gli uomini siano solidati e creino un tessuto sociale che oltrepassi le frontiere e le barriere linguistiche, culturali e religiose. In questo contesto, gli scambi culturali e il turismo non possono che favorire la reciproca conoscenza e essere occasione di contatti umani e di arricchimento per le persone.


7. Ma, a causa del susseguirsi di deplorevoli conflitti ideologici o piuttosto, al contrario, a motivo della pace che alcuni Paesi ormai conoscono, il fenomeno dell'emigrazione ha raggiunto dimensioni mai conosciute finora. Il dialogo internazionale diviene dunque particolarmente necessario, affinché ciascuno possa trovare una terra per stabilirsi, per provvedere alla propria sussistenza e per essere in grado di nutrire i propri cari. Se analizziamo da vicino i complessi fattori dell'interdipendenza nel mondo attuale, un elemento deve essere particolarmente sottolineato per questa regione: le vecchie potitiche imperialiste e i vecchi fanatismi etnici, ideologici o religiosi divengono sempre più anacronistici. In un'epoca in cui si condanna da ogni parte la guerra, compresa quella economica e commerciale, solo il dialogo e il negoziato rimangono comportamenti degni dell'uomo per risolvere le questioni fondamentali sul passaggio da uno status di occupazione straniera a uno status di piena indipendenza nazionale e di riconoscimento reciproco, sulla distribuzione delle ricchezze di una regione, sulla circolazione di persone e di beni su una giusta soluzione ai problemi delle minoranze etniche, culturali e religiose.

I Paesi baltici rappresentano un microcosmo in cui si manifestano con evidenza gravi problemi ma in cui si possono anche intravedere delle soluzioni.

Accanto alle comunità lituane, lettoni ed estoni - giustamente desiderose di una pace e di un'indipendenza nazionali che non sono mancate loro - ci sono anche comunità umane originarie dei paesi vicini. La loro presenza testimonia una lunga storia che bisogna analizzare, anche se le sofferenze, le ferite e le incomprensioni sono da deplorare, in una prospettiva di fraternità e di amicizia.

Indipendentemente dall'aspetto a volte forzato, i flussi migratori possono favorire momenti di scambio che, presto o tardi, si rivelano benefici per tutte le comunità coinvolte.

Nei tre paesi baltici si notano i problemi derivanti dal radicamento antico di abitanti di origine russa in seno alle truppe un tempo definite d'occupazione. D'altra parte, la Comunità internazionale - e con lei la Santa Sede - riconosce l'aspirazione dei cittadini di origine russa che chiedono di poter godere di tutti i diritti dell'uomo nel loro paese di residenza. A più riprese ha espresso l'augurio che vengano trovate al più presto formule di intesa amichevole fra tutte le persone che vivono sullo stesso territorio. Da parte di tutti, è necessario che ci siano richieste ragionevoli, che si ascoltino le richieste delle altre parti in causa e ci si sappia disfare sia dello spirito di rivincita che della tentazione di ottenere con la forza quello chè può essere stabilito in maniera duratura solo col buon senso e con le trattative.

perciò sarà molto utile la presenza dei vari stati dell'Europa centrale e orientate negli organismi internazionali che hanno una vocazione europea, come il Consiglio d'Europa o la Conferenza per la Cooperazione e la Sicurezza in Europa. In contatto con gli altri paesi europei ed eventualmente con la loro collaborazione, si potranno stringere e rendere più duraturi i rapporti di buon vicinato stabiliti in seguito al pieno riconoscimento delle indipendenze nazionali da parte di tutti.


8. Nella missione specifica che le è propria, la Santa Sede ha innanzitutto la preoccupazione della pace e della promozione delle persone e dei popoli, nel rispetto dell'indipendenza delle legittime autorità. Vuole ricordare in ogni circostanza opportuna e inopportuna che le forze politiche devono tener conto dei valori spirituali di cui il messaggio cristiano è portatore. La Chiesa cattolica locale, sostenuta dalla Chiesa universale, ha il dovere di annunciare il Vangelo e di affermare i valori che ha ricevuto dal suo Signore. I cristiani sono consapevoli del ruolo sociale che devono svolgere nella paziente ricostruzione delle diverse istituzioni nazionali. Questo porta i cattotici lituani ad impegnarsi sempre di più, con i loro fratelli in umanità, per servire con attenzione la loro patria nelle istituzioni potitiche economiche e sociali, in una corresponsabilità attiva e una cooperazione generosa in favore del bene comune (Cfr. CL 42).

In questa prospettiva e con questa speranza invoco di cuore su tutti voi, sui vostri familiari e sul vostro lavoro la Benedizione di Dio.

Data: 1993-09-05 17/01/19102Data estesa: Domenica 5 Settembre 1993 Pag. 19601

L'incontro con il mondo accademico e con gli intellettuali nella Cappella dell'Università - Vilnius

Titolo: Tra la Chiesa e la cultura è necessaria e urgente una "nuova alleanza"

Signor Ministro della Cultura, Signor Rettore Magnifico, Signori Professori, Rappresentanti del mondo della cultura e dell'arte!


1. Quale primo Pontefice Romano che visita le terre del Baltico, sono veramente lieto di potermi incontrare con voi nella suggestiva cornice di questo Ateneo, che da secoli è il cuore pulsante della vostra Città della quale interpreta, con la sua molteplice attività di pensiero, la singolare vocazione di crocevia di popoli e di civiltà: vocazione che il Rettore di questa illustre Alma Mater ha or ora evocata con parole tanto espressive quanto deferenti per la persona del Papa da lui accolto nel nome di voi tutti. Ne sia vivamente ringraziato.

L'accoglienza cordiale che mi avete riservato non mi sorprende non solo perché congeniale alla nobiltà dei vostri sentimenti, ma anche perché si pone nel solco di un'antica storia di rapporti amichevoli e fecondi tra la vostra terra e la Chiesa cattolica. Ne sono testimonianza anche le vicende di questa Università.

Essa, com'è noto, fu fondata dal vescovo Valeriano Protasevicius (Protaszwicz-Szuszkowski), perché anche Vilnius potesse beneficiare dello slancio culturale ed apostolico promosso dalla Compagnia di Gesù in Europa e nel mondo.

Nel 1579, inoltre, il vostro Ateneo fu arricchito di diritti e privilegi dal mio predecessore Gregorio XIII e da Stefano Batory, re di Polonia e Granduca di Lituania. La Chiesa cattolica ha avuto così una parte non marginale nelle origini e nello sviluppo della vostra "Alma Mater".

Purtroppo, nel corso della storia, l'amichevole rapporto delle origini non sempre è stato onorato e, specie in tempi recenti, tra queste mura si sono udite voci critiche, sospettose e finanche apertamente ostili nei confronti della Chiesa e del suo insegnamento. Tutto ciò rende il mio odierno dialogo con voi particolarmente significativo. Esso inaugura una pagina nuova nella vita culturale del vostro Paese.


2. Abbiamo alle spalle una storia lunga e sofferta, e sentiamo prorompente il bisogno di guardare al futuro. La memoria storica deve tuttavia accompagnarci, perché possiamo far tesoro dell'esperienza di questi interminabili decenni, in cui anche il vostro Paese ha sentito il peso di una ferrea dittatura che, in nome della giustizia e dell'uguaglianza, ha violato la libertà e la dignità degli individui e della società civile. Come è potuto accadere tutto questo? L'analisi sarebbe complessa. Mi sembra tuttavia di poter dire che fra le ragioni non ultime vi sia l'ateismo militante a cui il marxismo si ispirava: un ateismo offensivo anche dell'uomo alla cui dignità sottraeva il fondamento e la garanzia più solida. A questo errore altri se ne aggiungevano, come la concezione materialistica della storia la visione aspramente conflittuale della società, il ruolo "messianico" attribuito al partito unico, padrone dello Stato. Tutto convergeva perché questo sistema, nato con la presunzione di liberare l'uomo, finisse per renderlo schiavo.


3. Il marxismo tuttavia non è stata l'unica tragedia del nostro secolo. Non meno grave è da considerare quella che si è consumata sull'opposto versante dei regimi "di destra", regimi che in nome della "nazione" e della "tradizione" hanno ugualmente vilipeso quella dignità che, indipendentemente dalla razza, dalle convinzioni e dalle qualità individuali, è propria di ogni essere umano. Come non ricordare qui la mostruosa violenza di cui è stato capace il nazismo, specialmente nei confronti del popolo ebraico, votato all'olocausto in nome di un presunto primato razziale e di un folle disegno di dominio? D'altra parte, le stesse "democrazie", organizzate secondo la formula dello Stato di diritto, hanno registrato e ancora oggi presentano vistose contraddizioni tra il formale riconoscimento della libertà e dei diritti umani e le tante ingiustizie e discriminazioni sociali che tollerano nel proprio seno. Si tratta in effetti di modelli sociali in cui il postulato della libertà non sempre si coniuga con quello della responsabilità etica.

Il rischio dei regimi democratici è di risolversi in un sistema di regole non sufficientemente radicate in quei valori irrinunciabili, perché fondati nell'essenza dell'uomo, che devono essere alla base di ogni convivenza, e che nessuna maggioranza può rinnegare, senza provocare funeste conseguenze per l'uomo e per la società. Contro tale degenerazione della libertà, sia in campo politico che economico, la Chiesa ha levato vigorosamente la sua voce. In tal senso, fin dalla Rerum Novarum di Leone XIII fu condannato, insieme con il socialismo, anche il liberismo economico sprezzante di ogni limite e disattento alle esigenze della solidarietà. Nella stessa linea, la Chiesa continua oggi ad opporsi a quei modelli di società che, in nome di presunti diritti della libertà, non tutelano sufficientemente la vita umana dei nascituri e la dignità delle classi sociali più deboli.


4. Totalitarismi di opposto segno e democrazie malate hanno sconvolto la storia del nostro secolo. I sistemi che si sono avvicendati e contrapposti hanno ciascuno la propria inconfondibile fisionomia, ma non credo ci si sbagli considerandoli tutti figli di quella cultura dell'immanenza che s'è largamente affermata nell'Europa degli ultimi secoli, inducendo a progetti di esistenza personale e collettiva ignari di Dio e irrispettosi del suo disegno sull'uomo.

Ma può l'uomo esistere e "resistere" senza Dio? Il Concilio Ecumenico Vaticano II ha opportunamente ricordato che "la creatura, senza il Creatore, svanisce" (GS 36). Guai a dimenticare questa basilare verità! Fortunatamente, quel Dio che la cultura ateistica ha invano tentato di escludere dall'orizzonte dell'uomo, torna sempre di nuovo a riaffacciarsi, aprendosi un varco tra i grandi interrogativi, che le conquiste scientifiche e tecnologiche non sanno e non possono risolvere.

"Di fronte all'evoluzione attuale del mondo - osserva ancora il Concilio - diventano sempre più numerosi quelli che si pongono o sentono con nuova acutezza gli interrogativi capitali: Cos'è l'uomo? Qual è il significato del dolore, del male, della morte, che malgrado ogni progresso continuano a sussistere? Cosa valgono queste conquiste a così caro prezzo raggiunte? Che reca l'uomo alla società, e cosa può attendersi da essa? Cosa ci sarà dopo questa vita?" (GS 10).

Sull'onda di tali ineludibili interrogativi, Dio, il vero e unico Dio, il Mistero da cui tutto prende origine e senso, si affaccia continuamente all'orizzonte del cuore umano, suscitandovi un'intima e salutare nostalgia. "Ci hai fatti per te, Signore, e il nostro cuore è inquieto finché non riposa in te", diceva il grande Agostino (Confessioni, 1,1,1). Tendere a Dio è una legge dell'esistenza, che nessun sistema potrà mai sopprimere.


5. A voi, dunque, uomini di cultura e di scienza, più che ad altri, incombe la responsabilità, di non precludere gli spazi del pensiero agli orizzonti del mistero.

E' un dovere che non giunge a voi dall'esterno, quasi ad imbrigliare la ricerca e a menomarne la libertà. Esso in realtà sgorga dall'intima logica del pensare.

Quando l'uomo pensa fa esperienza della sua finitezza, prendendo coscienza di non essere la verità, e di doverla anzi cercare, come a tentoni.

Nello stesso tempo avverte che la sua ricerca non saprebbe e non potrebbe arrestarsi a piccoli e limitati traguardi, essendo potentemente spinta sempre più in alto, verso l'infinito.

L'avventura esaltante del pensiero è in questa essenziale dinamica, che pone l'uomo tra la coscienza del limite e il bisogno dell'assoluto. Per questo, quando l'uomo "pensa" profondamente, con rigore d'intelligenza e onestà di cuore, si pone sulla strada di un possibile incontro con Dio.

Ma perché allora - ci si può ragionevolmente chiedere - proprio da tanti uomini di pensiero sono scaturite le più sistematiche e radicali negazioni di Dio? Per questa conturbante domanda la Chiesa ha la risposta: se è vero che l'esistenza di Dio è conoscibile anche dalla sola ragione, questa tuttavia, nell'attuale condizione del genere umano, sconvolta dal peccato, è segnata da una grande debolezza (Cfr. CEC 37). Il cammino del pensiero, non si configura come un solitario percorso cerebrale, ma è legato profondamente al cammino esistenziale della persona.

Pertanto se si vuole che il pensiero raccolga i suoi frutti più maturi, specialmente nella ricerca delle verità metafisiche, bisogna coltivare un'etica del pensiero, che non si limiti allo sforzo di correttezza logica, ma inquadri l'attività della mente in un clima spirituale ricco di umiltà, di sincerità, di coraggio, di onestà, di fiducia di attenzione agli altri, di apertura al Mistero.

Quest'etica globale del "pensare" non esonera dalla fatica della ricerca, ma la agevola e la sostiene, e nelle cose concernenti il Mistero, persino la orienta, per l'intrinseca connessione tra il "verum" e il "bonum" che in Dio coincidono con la sua stessa essenza.


6. Gentili ed illustri Signori, gli avvenimenti incalzanti degli anni che stiamo vivendo ci fanno ragionevolmente pensare che siamo ad una svolta epocale nella storia del mondo.

In questa faticosa transizione verso un futuro di cui nessuno oggi è in grado di prevedere o disegnare i contorni, non può non avere un ruolo decisivo l'impegno degli intellettuali, da affermare con nuova forza, in un tempo in cui il crollo delle ideologie rischia di insinuare una paralizzante sfiducia, e il pensiero sembra incline ad adagiarsi nello scetticismo e in un pericoloso pragmatismo.

Non si pensi minimamente che questa crisi del pensiero possa lusingare il credente, quasi che la fede debba ereditare gli spazi lasciati sgombri dal cedimento della ragione. L'autentica fede infatti suppone la ragione e la valorizza, la consolida e la sprona, come il Magistero della Chiesa ha più volte sottolineato (Cfr. DS 3015-3019; GS 15).

Nel nuovo clima culturale, tutto da costruire, resta aperto un grande spazio di dialogo tra la fede e la cultura.

Esso anzi non si limiterà al problema specificamente religioso, ma toccherà anche i grandi temi etici ed antropologici che sono ad esso intimamente connessi.

Una rinnovata "alleanza" tra la Chiesa e il mondo della cultura, pur all'interno di un orizzonte dialogico rispettoso delle diversità, sembra necessario ed urgente, per decifrare questo nostro tempo così complesso e intravvedere la necessaria direzione di marcia.


7. In realtà, è sotto i nostri occhi un mondo in "chiaroscuro", ricco di luci e di ombre. Ciò esige la pazienza e la saggezza del discernimento.

L'umanità è ancora troppo umiliata da violenze e intolleranze di ogni genere, straziata dalla fame e dalla miseria di milioni di persone, minacciata da un dissesto ecologico di proporzioni tali da far temere un "olocausto ambientale" non meno preoccupante dell'"olocausto nucleare". Tutto questo rattrista ed angoscia. Ma come non aprire il cuore alla speranza, quando si vede crescere in tante fasce sociali e specialmente nelle giovani generazioni, il bisogno di una nuova solidarietà, una più forte coscienza dei diritti umani, la cultura della non-violenza, l'operoso impegno del volontariato a favore dei poveri e degli emarginati, una militante sensibilità ecologica? Luci ed ombre, dunque. L'auspicata "nuova alleanza" tra Chiesa e cultura, dovrà farsi carico di dissipare le ombre e di spalancare le porte alla luce. A questo fine, rilevante "segno dei tempi" è anche da considerare il promettente impegno ecumenico fra i cristiani e lo stesso dialogo inter-religioso, che chiama gli uomini di diverse credenze a cooperare per il bene della umanità.

Sul triste ricordo delle guerre di religione, vera notte della fede, va sorgendo l'alba dell'auspicata pace religiosa, promotrice di un'armonica convivenza anche nella società civile.


8. In tale prospettiva, Illustri Signori, la vostra Università, costituisce un singolare simbolo, essendo eretta nel cuore geografico di un'Europa chiamata ad essere sempre più unita per rendere al mondo un servizio di pace, consono alla sua plurimillenaria tradizione di civiltà. A tale ruolo è tutt'altro che estraneo l'antico e profondo rapporto che la lega al cristianesimo. La Chiesa da parte sua, è più che mai intenzionata ad offrire al nuovo cammino dell'Europa il suo contributo, antico e sempre nuovo. E' la testimonianza del Cristo, il "Dio-con-noi", il "Dio-con-l'uomo". E' la proposta di un Dio che si rivela pienamente nella croce del Figlio fatto uomo. E l'annuncio del Dio-Amore.

Spinto da questo Amore sono venuto in mezzo a voi. Guardo commosso i vostri occhi esperti di lacrime. Abbraccio in voi dei fratelli che hanno a lungo sofferto. Ma desidero soprattutto spingere con voi lo sguardo verso l'avvenire, verso i traguardi di progresso e di pace che sono dinanzi a noi.

Non abbiate paura, Amici, di aprire le porte a Cristo! Egli conosce il cuore dell'uomo, e sa offrire risposte profonde alle sue inguietudini. Egli ci invita a lottare insieme per una umanità veramente libera e solidale.

Con questi sentimenti vi saluto, ringraziandovi del vostro rispettoso e cordiale ascolto, e invocando su di voi, sul vostro lavoro e su tutte le persone a voi care, la benedizione di Dio.

Data: 1993-09-05 Data estesa: Domenica 5 Settembre 1993


GPII 1993 Insegnamenti - Le parole introduttive alla recita dell'Angelus - Vilnius