GPII 1993 Insegnamenti - Il saluto al mondo accademico nell'Aula Magna dell'Università - Riga

Il saluto al mondo accademico nell'Aula Magna dell'Università - Riga

Titolo: Dall'incontro tra Cultura e Vangelo un valido aiuto per realizzare una Comunità nazionale aperta ai valori dello spirito

Illustri Signori, gentili Signore! Quasi a conclusione della mia visita in Lettonia, ho la gioia di incontrarmi con voi, rappresentanti del mondo accademico e culturale; mondo a me particolarmente caro, per i molteplici rapporti che con esso ho avuto ed ho tuttora. Qui, dunque, nell'Alma Mater Rigensis, mi sento come di casa, grazie anche alla vostra accoglienza tanto deferente e cordiale.

Porgo a ciascuno il mio più sentito ringraziamento. Saluto l'Arcivescovo di Riga ed i Presuli presenti; saluto il Rettore dell'Università e lo ringrazio per le cortesi parole che ha voluto poc'anzi rivolgermi. Saluto i Docenti di quest'Ateneo ricco di una lunga tradizione scientifica e culturale, tutti i Professori e gli Studiosi che partecipano a questo incontro.

Se intensi sono in ogni nazione i legami fra la cultura e la Chiesa, ancor più stretti vogliono esserlo in Lettonia, dove l'opera di ricostruzione del Paese domanda l'apporto di tutte le componenti sociali e religiose. In passato, i credenti in Cristo hanno qui validamente contribuito al progresso della riflessione e della ricerca nei vari campi dello scibile umano. Sono certo che i credenti di oggi non saranno da meno. Dal rispettoso incontro del mondo della Cultura con la verità e la luce del Vangelo non mancherà di scaturire un valido aiuto alla realizzazione di una Comunità nazionale aperta ai perenni valori dello spirito.

E' questo il mio cordiale auspicio.

Nel consegnare a Lei, Signor Rettore, il testo dell'intervento, da me preparato per questo incontro, invoco l'aiuto di Dio su quanti in Lettonia operano attivamente nel campo scientifico e culturale, e particolarmente su tutti i componenti di questa antica e benemerita Università.

Signore e Signori, Una volta ho avuto l'onore di fare un discorso all'assemblea dell'UNESCO a Parigi. Era il 1980 ed ero ancora un giovane Papa. Ed è proprio là che ho toccato un tema che forse anche per voi, per la Lettonia, per il futuro della vostra Nazione, riveste un'importanza fondamentale. Quel tema riguardava la cultura intesa come tutto ciò che forma l'uomo e la comunità in cui egli vive, e soprattutto la comunità nazionale la società. Le nazioni vivono mediante le loro culture. La cultura è ciò che le generazioni anziane trasmettono a quelle giovani.

La prima espressione della cultura è la lingua. Desidero augurare a coloro che qui, nell'Università di Riga rappresentano la cultura lettone, che ne sono responsabili in modo particolare, desidero augurare che questo mandato di formare la cultura lettone diventi per loro una partecipazione sempre più consapevole ed una missione. Non vi propongo nessun genere di egoismo culturale. Ogni cultura viene costruita da singole Nazioni, nello stesso tempo ogni cultura è aperta ad altre nazioni, altre società, e si pone al servizio del grande scambio tra tutti gli uomini. E lo scambio di beni spirituali. Questo scambio di beni spirituali sicuramente non è meno, ma forse anche più importante dello scambio dei beni economici. Piuttosto sono importanti entrambi. La Chiesa è al servizio del Vangelo, e servendo il Vangelo nello stesso tempo serve le culture. Serve le culture sia in ogni nazione, in ogni società, sia sul piano dello scambio dei beni culturali tra le nazioni. La Chiesa è al servizio del Vangelo e perciò serve la cultura in ogni nazione, e nel contempo serve lo scambio dei beni culturali tra le nazioni.

A tutti i rappresentanti della cultura lettone qui riuniti desidero augurare di poter partecipare a queste due missioni, e che la loro partecipazione sia fruttuosa, sia per la loro nazione, la Lettonia, sia per tutta l'umanità.

Esprimendo questo voto voglio augurare anche alla vostra nazione di avere un futuro giusto. Nel corso dei secoli avete affrontato varie vicissitudini per radicare, mantenere e trasmettere verso il futuro questa vostra identità culturale lettone qui, sul Baltico. Dio vi aiuti a realizzare questo compito ora e negli anni a ventre.

Ancora qualche parola sulla "AIma Mater". Signore e Signori, anch'io sono figlio di una "Alma Mater" e le rimango affezionato tutta la vita. Sto pensando all'Università Jagellonica di Cracovia. E' un fatto molto eloquente che l'Università viene chiamata "Mater", madre. Auguro a voi, all'Università di Riga di avere un rapporto materno, nobile e fruttuoso con tutti i lettoni, e non solo, anche con tutti coloro che vengono qui per attingere dalle ricchezze di questa maternità spirituale.

Infine desidero realizzare un compito che mi è stato affidato. Ho ricevuto da voi il volume "Analecta Husserliana", dedicato alla fenomenologia sul Baltico, nei paesi baltici, "Phenomenology in the Baltic countries". Suppongo che i nomi di alcuni autori di questo volume corrispondano a persone presenti qui, in quest'aula. Prego il Magnifico Rettore di accettare insieme al testo della mia relazione anche questo volume di "Analecta Husserliana". Molte grazie.

Data: 1993-09-09 Data estesa: Giovedi 9 Settembre 1993

La cerimonia di congedo, all'aereoporto internazionale - Riga

Titolo: Questo è il momento di avviarsi, tutti insieme, su sentieri di fraternità e di progresso autenticamente umano

Signor Presidente della Repubblica, Venerati fratelli nell'Episcopato, Signor Primo Ministro e membri del Governo, Signori e Signore!


1. Tra poco lascero la terra lettone, che mi ha accolto con tanta amicizia.

Portero nella memoria - e più ancora nel cuore - quanto in questi due giorni ho vissuto insieme con voi: la testimonianza di fede delle Celebrazioni eucaristiche al Parco Meca e al Santuario di Aglona; l'esperienza fraterna dei momenti di preghiera con i rappresentanti delle altre Chiese cristiane, espressione anche di una grande e comune speranza; l'incontro col mondo della cultura svoltosi ieri sera all'Università di Riga; e poi gli incontri vissuti coi Vescovi e Sacerdoti, coi Religiosi e le Religiose e coi Seminaristi. Conservero nel mio animo anche le preoccupazioni che assillano il vostro Paese e vi assicuro che implorero da Dio per voi la lungimiranza, la saggezza e l'audacia necessarie per affrontarle.


2. Questa visita pastorale mi ha ulteriormente persuaso che i problemi economici, politici e sociali possono trovare nel Vangelo, mediato dalla dottrina sociale della Chiesa, non certo soluzioni tecniche, ma chiari principi che le ispirino, principi condivisibili anche da chi non si considera cristiano o credente.

Prima di lasciarvi, desidero esprimere la mia gratitudine a quanti hanno preparato i vari incontri a chi mi ha manifestato idee, speranze, attese a tutti i lettoni accorsi a salutare ed ascoltare il Papa.

Signor Presidente della Repubblica, a Lei vada una particolare espressione della mia riconoscenza. L'Amministrazione statale e quelle municipali non hanno risparmiato alcuno sforzo per rendere indimenticabile questo storico evento. E' tale esso rimarrà certamente per me, che sono stato così ben accolto come pure ritengo per il popolo lettone, che ha manifestato una partecipazione generosa e corale.

La Lettonia ha aperto le porte della sue istituzioni e del suo vivere quotidiano al Vescovo di Roma pellegrino di pace e testimone della sollecitudine della Chiesa cattolica verso tutti i popoli. La vostra Nazione ha molto sofferto ed è pertanto legittimo che essa attenda molto dall'indipendenza, ora pienamente raggiunta.


3. Ho potuto osservare da vicino gli aspetti salienti della vita religiosa e civile e costatare il vivo desiderio di trasformare la dolorosa esperienza passata - carica di contraddizioni - in un progetto denso di speranza. A poco servirebbe, infatti, limitarsi a perpetuare i ricordi del tempo in cui la luce è venuta a mancare. Giunta finalmente, con la luce della ritrovata libertà, l'ora della ricostruzione materiale e morale, è questo il momento di avviarsi, tutti insieme, su sentieri di fraternità e di progresso autenticamente umano. I traguardi auspicati saranno raggiunti mediante il costruttivo coinvolgimento di quanti abitano questa terra che aspira alla pace. Nessuno potrà responsabilmente sottrarsi a così nobile impegno.

"Vince in bono malum", "vinci col bene il male" (Rm 12,21), era il consiglio che, ispirato dall'Alto, l'apostolo Paolo dava ai primi cristiani di Roma. Esso è sempre attuale, ed è validissimo oggi per i figli della Lettonia, chiamati a riscattarsi da pesanti esperienze negative - l'occupazione militare e politica, le deportazioni, il forzato silenzio su Dio e le relative conseguenze - con una travolgente ondata di bene. Sul piano della vita personale, la pratica convinta delle virtù dovrà accompagnarsi ad una rinnovata sensibilità per i valori dello spirito e per l'esercizio della libertà autentica, orientata verso scelte positive. Nell'ambito della famiglia, restituita alla sua dignità di prima cellula sociale, la concorde volontà di servizio e di rispetto reciproco di tutti i suoi membri sarà garanzia sicura perché cresca in essa l'amore e la vita. Nella società civile e nelle istituzioni dello Stato, la sincera ricerca del bene comune assicurerà la promozione e la tutela delle libertà fondamentali sia da parte dei governanti che dei cittadini, qualunque sia la loro fede religiosa, la loro origine e la loro cultura.


4. Il bene non è sempre comodo. La sua pratica esige coraggio, generosità anche rinunce, e porta come frutto una convivenza pacifica e sicura. Coltivate pertanto il bene, aspirando sempre al meglio - e lo troverete in scelte personali e collettive scevre da ogni egoismo.

Tale è l'augurio che mi piace formulare nel congedarmi dalla Lettonia.

Prego Iddio che l'accolga, insieme a quest'altro: che l'aspirazione alla pace dei lettoni possa trovare eco concorde nella comunità internazionale e, in particolare, nei popoli più vicini per storia e posizione geografica. Nell'era delle comunicazioni planetarie e dell'interdipendenza globale, il vostro Paese è chiamato ad offrire il proprio peculiare contributo alla pace e allo sviluppo, e potrà farlo se esprimerà il suo ricco patrimonio di valori religiosi e sociali, avvalorati dal sacrificio di tanti uomini e donne, che per essi hanno pagato di persona. A loro vada il vostro tributo di onore, e su voi tutti scendano abbondanti le benedizioni di Dio.

Data: 1993-09-10 Data estesa: Venerdi 10 Settembre 1993

La cerimonia di accoglienza all'aereoporto internazionale - Tallinn

Titolo: Il Papa è lieto di condividere la gioia dell'Estonia per il pieno recupero dell'indipendenza nazionale

Signor Presidente della Repubblica, Signor Primo Ministro e Signori Ministri Signor Sindaco di Tallinn, Venerati fratelli nell'Episcopato, Cari rappresentanti delle Chiese cristiane, Amici e fratelli,


1. Rendo omaggio alla terra estone che mi accoglie per la prima volta. Con la mia visita intendo onorare la sua storia religiosa e civile, spesso contrassegnata da tormentate e dolorose vicende ma ricca altresi di gloriosi eventi e di illustri memorie.

Durante la Visita pastorale in Finlandia, quattro anni fa, m'intrattenni per brevi momenti con un consistente gruppo di estoni, in maggioranza cattolici, raccoltisi a Helsinki per incontrare il Papa ed invitarlo a recarsi anche da loro.

Ne rimasi lietamente sorpreso e profondamente commosso. Pregai allora il Signore di concedermi, un giorno, la possibilità di recarmi in Estonia per ringraziare di quell'invito e salutare l'intero Paese. Oggi Dio ha esaudito la loro e la mia preghiera: Egli sia lodato!


2. Molti fatti sono accaduti da quel giorno del 1989 in cui ebbe luogo l'incontro.

La storia ha registrato avvenimenti allora talmente inattesi da indurre a vedere, almeno in alcuni di essi, la traccia di un disegno della Provvidenza divina. Nel novero di quegli avvenimenti figura il recupero, da parte dell'Estonia e degli altri Paesi baltici, della loro legittima indipendenza.

Dopo anni difficili, si è finalmente riaccesa la luce della libertà; a cominciare da quella religiosa; è stata approvata una Costituzione democratica; la vita civile si è avviata per cammini di pace e di fratellanza.

Quante volte il Papa ha ringraziato Dio nel suo cuore per tale "miracolo"! Ora, invitato dal Presidente della Repubblica e dalla non grande ma fervorosa comunità cattolica, Egli è venuto ad esprimere pubblicamente proprio qui, in terra estone, la sua riconoscenza al Signore per una grazia tanto grande, e lo fa nella certezza di interpretare così i sentimenti di gioiosa gratitudine di tutti quelli che qui sono nati o che qui vivono.

Com'è noto, sin dai primi giorni in cui fu violata l'indipendenza estone, la Santa Sede espresse la sua deplorazione, auspicando e sollecitando poi sempre il ripristino delle libertà violate. Il Papa è oggi lieto di poter personalmente condividere la gioia per il pieno recupero dell'indipendenza nazionale.


3. Il mio soggiorno sarà breve ma intenso. Proprio qui a Tallinn, in effetti, dopo l'incontro con i rappresentanti della Chiesa luterana ortodossa battista, metodista e delle altre Chiese, celebrero l'ultima Eucarestia in terra Baltica prima di rientrare a Roma.

Durante tutti gli incontri di carattere religioso, come pure in quello che si svolgerà con il Primo Magistrato della Repubblica e con altri rappresentanti del Paese, la mia premura sarà costantemente rivolta al futuro di questa nobile Nazione, alla quale auguro giorni lieti e prosperi in un clima di intesa e di collaborazione fattiva.

Il desiderio del Successore di Pietro e di quanti fanno parte della Comunità cattolica è di contribuire ad assicurare all'Estonia un avvenire di concordia, di pace e di progresso; un avvenire di fratellanza e di solidarietà, in seno ad una Società internazionale che aspira sempre più al rispetto e all'interdipendenza nella libertà.

Dio benedica l'Estonia ed ognuno dei suoi abitanti!

Data: 1993-09-10 Data estesa: Venerdi 10 Settembre 1993

La visita nella chiesa dedicata ai Santi Pietro e Paolo - Tallinn

Titolo: "Oggi siete una piccola fiaccola. Se sarete fedeli alla grazia di Dio domani potrete essere una grande fiamma"

Carissimi fratelli e sorelle! Ringrazio con voi il Signore, che mi offre la possibilità di iniziare il mio pellegrinaggio in Estonia con questa visita al Santissimo Sacramento, custodito nella vostra chiesa parrocchiale. E' qui che nel Giorno del Signore vi radunate per la Santa Messa. Qui molti di voi sono stati battezzati e cresimati e portano al Battesimo i loro figli. Qui venite a ricevere il Sacramento del perdono e della riconciliazione. Qui pregate per i vostri defunti, pensando alla risurrezione dei morti e alla comunione dei santi.

Il vostro Amministratore Apostolico, che è pure mio Rappresentante in questo Paese, mi ha parlato spesso di voi e sempre con grande affetto pastorale.

Mons. Justo Mullor Garcia mi ha detto che non siete numerosi e che ciò vi permette di sentirvi un'unica famiglia, aperta al rinnovamento promosso dal Concilio Vaticano Il. Siete disposti al dialogo e alla fraternità e sapete accogliere con animo generoso quanti condividono con voi uno stesso slancio di preghiera e di servizio apostolico.

Carissimi, oggi siete una piccola fiaccola. Se sarete fedeli alla grazia di Dio, domani potrete essere una grande fiamma, capace di propagare la luce del Vangelo e il calore della vostra amicizia a tutti i concittadini. Coltivate tale amicizia in particolare con i fratelli nella fede e, in modo speciale, con coloro che fanno della ricerca sincera dell'unità dei cristiani un impegno costante, alimentato nella preghiera e nel vincolo della carità.

Fratelli e sorelle carissimi in attesa di ritrovarci insieme nella storica Piazza del Municipio per la solenne Celebrazione eucaristica, vi ringrazio di cuore per la gentile accoglienza e, invocando su di voi e sui vostri cari la protezione della Madre di Dio, tutti vi benedico.

Data: 1993-09-10 Data estesa: Venerdi 10 Settembre 1993

L'incontro di preghiera con le altre confessioni cristiane nella chiesa luterana di San Nicola - Tallinn

Titolo: La convinta ricerca della santità, principio promotore primordiale dell'ecumenismo

"Andate e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo" (Mt 28,19).


1. E' questa l'ultima volontà consegnata da Cristo ai discepoli, e Matteo l'ha riportata nel brano conclusivo del suo Vangelo. L'ultima parola di una persona amata è solitamente la più significativa e la più meditata; spesso è anche la più toccante quella che solleva nell'animo dei destinatari il maggior numero di ricordi. Una parola che spinge ad essere fedeli alla persona che l'ha proferita e al suo programma di vita.

E' una parola che interroga personalmente e comunitariamente anche noi, discepoli di Cristo del XX secolo riuniti in suo nome a Tallinn, in questo tempio che tanti ricordi evoca in tutti i cristiani estoni e nell'intera popolazione del Paese. Una parola autorevole che, mentre ci interpella sui nostri rapporti con Lui e sui rapporti tra di noi, ci chiede ragione delle nostre convergenze e delle nostre divergenze, e ci indica la strada dell'amore fraterno e del servizio, di cui il mondo ha urgente bisogno e di cui resta in attesa.


2. Racconta l'apostolo Matteo che i discepoli "andarono in Galilea, sul monte che Gesù aveva loro fissato" (Mt 28,16). Con un'osservazione che fa meditare, il nostro evangelista precisa che gli undici discepoli, "quando lo videro, gli si prostrarono innanzi", aggiungendo anche che "alcuni dubitavano" (Mt 28,17).

Quei dubbi, registrati con cura nel suo racconto, non dovettero tuttavia rimanere molto a lungo nell'animo dei discepoli. Concludendo il proprio libro un altro evangelista, Marco, osserva infatti che "allora essi partirono e predicarono dappertutto" (Mc 16,20) ed inoltre Luca precisa che "tornarono verso Gerusalemme con grande gioia" (Lc 24,52). I dubbi dovettero dunque risolversi in breve tempo, nella rinnovata gioiosa professione di fede nella divinità del loro Maestro e Signore. Con la forza della sua grazia, i discepoli dal dubbio passarono ben presto all'annuncio, ancora più convinto, del Vangelo di salvezza.

Come al momento della tempesta sedata (Mt 8,26-27), ancora una volta la grazia divina poté colmare il vuoto interiore creato dalla "poca fede" di coloro che seguivano Gesù da vicino. Benché avessero più volte sperimentato che il loro Maestro aveva "parole di vita eterna" (Jn 6,68), spesso ascoltavano i suoi insegnamenti giudicandoli ancora con i loro criteri umani, il più delle volte circoscritti all'esperienza delle realtà costatabili con i sensi, e perciò del tutto inadeguati ai larghi orizzonti dell'azione divina. Le profonde parole del Maestro - il Verbo incarnato - non rientravano nella ridotta cornice delle loro idee e della loro esperienza.


3. In questo nostro incontro fraterno di preghiera mi è gradito pensare che, alla pari dei dubbi dei primi discepoli, anche le divisioni tra i cristiani sotto la spinta dell'amore per Gesù Salvatore e Redentore che tutti condividiamo, cedano progressivarnente il passo all'annuncio unitario della verità evangelica su Dio, su Gesù, sulla Chiesa.

Al momento dell'Ascensione, si trattava di dubbi che dividevano i discepoli davanti alla misteriosa realtà del corpo glorioso del Risorto. Oggi, i dubbi che dividono le diverse confessioni cristiane riguardano piuttosto quell'altra realtà non meno misteriosa, che l'apostolo Paolo qualifica con la densa e suggestiva espressione di "Corpo di Cristo" (1Co 12,27).

Come agli inizi della comunità cristiana, così anche oggi la ricomposizione dell'unità dei discepoli è fondamentalmente frutto di una speciale grazia di Cristo, che abbiamo il dovere di accogliere come un dono del suo amore redentore. Una grazia straordinaria, proporzionata alla persistente fragilità degli atteggiamenti personali e collettivi dei cristiani, divisi da scelte - non sempre ponderate - fatte in un passato da tutti oggi deplorato. Sappiamo bene, infatti, che nell'economia divina della salvezza, dove abbonda il peccato e tutto ciò che induce al peccato, sovrabbonda la grazia. E' sempre Dio che con pazienza infinita, ricompone la trama della storia umana, tessuta dal suo amore, ogni volta che essa viene lacerata dall'uomo mediante il peccato.


4. "Mi è stato dato ogni potere in cielo e in terra" (Mt 28,18). E' l'affermazione fondamentale premessa alle estreme parole del Signore. Parole che, essendo le ultime, diventano l'inizio della vita della Chiesa e che pertanto, bruciano come fuoco e luce nel cuore di ogni cristiano.

Nel momento supremo del congedo da coloro che gli erano stati vicini, Cristo ricorda agli "undici" che la Chiesa, a cui Egli sta per trasmettere la missione di proclamare il Vangelo nel mondo, è fondata sullo stesso suo divino potere. La Chiesa esiste perché voluta da Cristo come segno del suo amore e della salvezza da Lui operata. La Chiesa deve perciò essere come Lui l'ha voluta: una perché Cristo è uno. La Chiesa costituisce un'unica realtà comunitaria e sociale, riunita dalla Parola di Cristo, perché Egli è il solo ad avere "parole di vita eterna" (Jn 6,68), Lui che è "l'Alfa e l'Omega" (Ap 1,8) dell'intera nostra vita sia individuale sia comunitaria.

Proprio affinché tale realtà diventi ogni giorno più chiara nella coscienza di tutti i cristiani, ci siamo oggi riuntti insieme per pregare ed implorare la grazia dell'unità dei cristiani. Pregare insieme appare infatti la premessa fondamentale anche per i passi ulteriori verso un traguardo tanto desiderabile e necessario. Adoriamo insieme Cristo e riconosciamo il potere che Gli è stato dato in cielo e in terra.


5. Poiché a Gesù è stato dato "ogni potere", diviene particolarmente impegnativo il mandato da Lui consegnato agli undici: "Andate, dunque, e ammaestrate tutte le nazioni" (Mt 28,19).

Soffermiamoci un istante a meditare cosa significa per Pietro Giacomo, Giovanni e per gli altri Apostoli questo "mandato totalizzante", lasciato loro dal Maestro nel momento in cui prende congedo da loro. "Tutte le nazioni", - cioè tutti gli uomini di quell'epoca e di tutte le epoche, di quella terra e di tutte le terre - costituisce un pegno straordinario, a prima vista sproporzionato rispetto alle loro forze e alle loro capacità intellettuali e morali. "Tutte le nazioni" implica il fatto che la missione degli Apostoli si rivolge a tutti i popoli, per condurli alla pratica dell'insegnamento di Cristo. Quelle parole dal significato così vasto e profondo indicano dunque che da quel momento non ci sarà più differenza alcuna tra il "popolo dell'Alleanza" e gli altri popoli. Con una chiarezza quasi accecante, l'Antica Alleanza cede il posto alla Nuova Alleanza.

Spunta ormai il giorno annunciato dai profeti, in cui si manifesta l'unico "Popolo di Dio", nel quale troveranno posto tutti i popoli della terra.

Compito immenso! In un primo momento, quanti all'interno del gruppo dei discepoli avevano dubitato, forse pensarono che si trattava di un'utopia. Doveva infatti apparire troppo grande il divario tra il mandato ricevuto e le loro persone limitate e inesperte. Sarà lo Spirito della Pentecoste a far loro comprendere la profondità e l'estensione di quelle parole, espressione del potere divino che Gesù Cristo possedeva e possiede in cielo e in terra. Ed anche dopo la Pentecoste, le nuove generazioni dei discepoli dovranno continuare a meditarle con molta umiltà giorno dopo giorno e secolo dopo secolo, sino alla fine dei tempi.


6. Anche noi le vogliamo oggi meditare insieme con maggiore e più intensa umiltà.

Siamo infatti eredi di un passato le cui consolanti grandezze - forse per mettere in evidenza che solo al Signore appartengono l'onore e la gloria - sono state non di rado unite a miserie, imprudenze ed errori, La conseguenza è stata che si è disattesa la volontà di Cristo, il quale aveva pregato affinché i suoi discepoli, innestati nella sua comunione col Padre, potessero essere "una cosa sola" (Jn 17,22).

Premessa fondamentale per l'evangelizzazione di "tutte le nazioni" è che quanti adoriamo Cristo come nostro unico Signore diventiamo pienamente "suoi discepoli". Ciò significa che i cristiani si devono sentire individualmente e comunitariamente impegnati nell'esperienza integrale del Vangelo e dei suoi insegnamenti. Come per Giovanni Battista, essere veri discepoli del Signore implica ch'Egli cresca e noi diminuiamo (Cfr. Jn 3,30); esige che lo spazio lasciato vuoto dalla rinuncia ai nostri egoismi, sia riempito dagli insegnamenti e dai sentimenti di Cristo. E' necessario che la vita dei cristiani si conformi sempre più alla vita di Cristo. La convinta ricerca della santità personale e comunitaria si manifesta così come il primordiale principio promotore dell'ecumenismo.


7. A chiusura del breve ma incisivo discorso di addio, riportato nel Vangelo di Matteo, Gesù rivolge il suo sguardo in una doppia direzione. Da una parte, pensa a tutti gli uomini del mondo senza alcuna eccezione: tutti sono chiamati a diventare suoi discepoli, mediante il battesimo e la docile obbedienza a tutto ciò che Egli ha comandato. D'altra parte Egli pensa agli Undici, al piccolo gruppo degli Apostoli a cui è affidata la predicazione della Buona Novella. "Ecco - è l'ultima parola del Verbo divino fatto uomo - io sono con voi tutti i giorni fino alla fine del mondo" (Mt 28,20).

L'esperienza di cristiana fraternità, che oggi abbiamo fatto insieme in questa ospitale città di Tallinn, fa risuonare intensamente nel nostro spirito queste parole di Cristo, sia nel significato che riguarda tutti gli uomini sia in quello che riguarda gli Undici. Esse portano con sé l'eco di venti secoli di santità e di peccato di generosa testimonianza delle parole del Signore e di drammatica sovrapposizione su di esse delle parole umane. Nei momenti in cui la santità e la parola del Signore hanno sovrastato la miseria dell'uomo, il mondo ha conosciuto tempi di grazia: la luce della rivelazione ha brillato sul mondo e gli uomini, diventati discepoli di Cristo, hanno potuto gustare il bene e la gioia che provengono da Dio. Crisi e momenti di dubbio sono sorti, invece, quando le infedeltà dei cristiani hanno offuscato la rettitudine evangelica che costituisce la realtà più preziosa della Chiesa.


8. Carissimi fratelli e sorelle, la storia umana ha raggiunto ai nostri giorni sorprendenti traguardi di grandezza ma, insieme, anche tristi primati di miseria; non è questo il luogo per elencare né gli uni né gli altri. Va tuttavia costatato che l'umanità dispone oggi contemporaneamente di mezzi che possono rendere sempre più gradevole o sempre più alienante la vita della comunità umana. L'uomo è oggi posto di fronte ad un vero e proprio crocevia di civiltà, da cui partono strade che possono condurre ad un progresso o ad un regresso sociale, culturale e spirituale.

Tale situazione si riflette anche nelle forti correnti ecumeniche sorte negli ultimi decenni. Mai come oggi l'unità dei cristiani è necessaria affinché gli uomini "abbiano la vita e l'abbiano in abbondanza" (Jn 10,10). La ricerca dell'unità costituisce dunque un autentico servizio al mondo attuale. Raggiungere l'auspicata comunione tra tutti i credenti in Cristo potrà costituire, e costituirà certamente, uno degli eventi maggiori della storia umana. Sarà un segno straordinario dell'amore di Dio per l'umanità, della quale con l'Incarnazione, è entrato a far parte lo stesso Figlio di Dio. Sarà pure un'espressione della nostra fattiva obbedienza a tutto ciò che l'Emmanuele, il Dio-con-noi, comando come esercizio di quel "potere totale" che Gli è stato dato in cielo e in terra.

Ubbidire alla sua Parola e vivere la sua Parola: ecco la condizione per trasformare il mondo e, innanzitutto, per testimoniare la santità della Chiesa.

Ubbidire alla sua Parola: ecco la chiave per aprire, definitivamente la strada che conduce all'unita dei cristiani, quale espressione del servizio evangelico offerto dalla Chiesa al mondo intero.

Data: 1993-09-10 Data estesa: Venerdi 10 Settembre 1993

Il messaggio agli intellettuali dell'Estonia consegnato durante l'incontro alla Presidenza della Repubblica - Tallinn

Titolo: Il servizio all'uomo, punto di convergenza di una nuova amicizia tra Chiesa e cultura

Uomini della cultura e della scienza in Estonia!


1. In occasione di questa mia breve sosta a Tallinn, mi è gradito indirizzare a ciascuno di voi un cordiale saluto, esprimendovi la mia grande stima per il qualificato servizio che svolgete e partecipandovi alcune riflessioni, che spero vogliate gradire quale segno di amicizia e proposta di una rinnovata collaborazione tra Chiesa e mondo della cultura nella vostra nazione.

Abbiamo vissuto in questi ultimi anni dei cambiamenti di portata epocale, che hanno direttamente coinvolto anche la vostra Patria. E' caduto un regime politico-ideologico che presumeva di offrire la risposta decisiva e definitiva ai bisogni dell'umanità. Di fatto, esso ha finito invece per affermarsi come sistema chiuso e totalitario, che non ha esitato a calpestare i diritti fondamentali dell'uomo e, in primo luogo, la libertà di pensiero. Molti di voi hanno indicibilmente sofferto per rivendicare tale libertà, che è un diritto inalienabile di ogni uomo, ed è, per l'intellettuale, condizione prima e vitale della sua appassionata ed inesausta ricerca della verità. Oggi si apre una pagina nuova. Non posso che rallegrarmene vivamente con voi.


2. I lunghi anni di dittatura hanno potuto mortificare ma non soffocare la vostra identita nazionale. Una nazione vive di valori, e di tradizioni così profondamente radicati nell'anima del popolo da resistere anche all'oppressione politica. Tale "resistenza" è stata certamente favorita in Estonia dall'opera di quegli uomini di cultura che fin dal primo recupero della libertà, all'inizio del nostro secolo, si sono dedicati allo studio attento della lingua estone nella quale trovano una propria éco specifica le tradizioni, la cultura, la memoria storica del vostro popolo. La lingua costituisce in effetti quasi il luogo di sedimentazione in cui si conserva, come in un secolare deposito, il ricco e vario patrimonio culturale della nazione. Come non ricordare, a tal proposito, le benemerenze della prestigiosa Università di Tartu e le interessanti ricerche in essa svolte per documentare il cammino della vostra lingua? In questa stessa linea di riscoperta dei tesori nazionali sono da menzionare gli studi sulla cultura popolare e sull'archeologia.

Non v'è dubbio che quest'opera di scavo nella cultura estone sia da considerare un elemento non secondario per lo sviluppo della vostra coscienza nazionale. La lingua è infatti veicolo delle esperienze e delle conquiste civili di un popolo. In un certo senso è la manifestazione del suo animo, porta il segno del suo genio, dei suoi sentimenti, delle sue quadro composito delle sue formulazioni dialettali documenta spesso lo sforzo di convivenza e di dialogo che unifica le diversità in un comune orizzonte culturale e forgia l'unità di una nazione.


3. Non desta meraviglia, dunque, che proprio in tale contesto di matura sensibilità scientifica, applicata allo studio della lingua, si sia affermata, qui in Estonia, una scuola di semiotica rinomata anche in ambito internazionale.

L'approccio storico-filologico, tendente a valorizzare le singolarità di una determinata lingua, e quello strutturale, tendente a evidenziare i contesti e le costanti del fenomeno linguistico, quando non cadono in radicalizzazioni ideologiche, si presentano come due approcci complementari per lumeggiare le molteplici valenze semantiche del linguaggio, sia come strumento di "identificazione" che come veicolo di "comunicazione": valori fondamentali ambedue, da coltivare in una sintesi equilibrata.

Oggi, cari amici, l'Estonia può finalmente tornare ad essere se stessa.

Torna alla sua lingua, al suo genio, alle sue istituzioni. Ma vi torna in uno scenario internazionale segnato da grandi tensioni, in cui al senso della libertà e dell'identità è più che mai necessario affiancare l'apertura al dialogo e alla solidarietà. Agli intellettuali è chiesto il delicato servizio di favorire questa indispensabile sintesi. Si tratta di coltivare ciò che distingue, senza dimenticare quanto unisce gli esseri umani. La lingua, in particolare, dev'essere strumento di identità, non barriera di separazione. Ciò vale a maggior ragione nei contesti pluri-etnici, nei quali l'accoglienza e il rispetto della lingua e della cultura dei diversi gruppi sociali è condizione essenziale per un'ordinata e pacifica convivenza.

La storia e la cultura del nostro tempo sembrano convergere nell'invitarci a parlare le nostre lingue, ma gettando ponti verso le lingue degli altri, e soprattutto diventando da ascoltatori e lettori attenti di quel grande linguaggio dell'universo, che accomuna i popoli nel continuo e inesauribile sforzo di decifrarne il mistero.


4. Libertà e solidarietà, dunque; identità e dialogo. La Chiesa cattolica, insieme con gli altri cristiani di diversa denominazione presenti anche sul vostro territorio intende testimoniare questi grandi e inscindibili valori.

Essa ha grande stima del valore della libertà e lo ritiene anzi necessario non solo per la crescita della persona e lo sviluppo di un'ordinata convivenza sociale, ma per lo stesso formarsi di un'autentica vita religiosa. La fede, infatti, di sua natura implica la libera risposta dell'uomo e mai può essere frutto di una costrizione. D'altra parte la nostra adesione a Cristo, riconosciuto quale "via, verità e vita" (Jn 14,6), non ci sottrae allo sconfinato orizzonte della ricerca umana, giacché il mistero in cui abbiamo creduto è più grande della nostra comprensione e ci obbliga a riflettere sempre ulteriormente, entro le coordinate proprie della fede in un fecondo dialogo con la cultura del nostro tempo.

La fede pero ci fa cogliere pure il senso e i limiti dell'umana libertà additandone in Dio il fondamento, é nell'amore la più autentica realizzazione. La libertà cristianamente intesa corre così nell'alveo segnato dall'amore della verità e dall'impegno della solidarietà.


5. In quest'ora complessa della storia, in cui è così difficile intravedere i contorni del futuro e non mancano nubi all'orizzonte dell'umanità, tutto sembra invitare a una nuova amicizia tra Chiesa e cultura. Il punto di convergenza è il servizio all'uomo, l'uomo concreto, con la sua grandezza e le sue miserie, capace del bene e del male, mistero a se stesso, e strutturalmente aperto a quel Mistero più grande, in cui trova fondamento la sua inalienabile dignità.

Nella sua storia bimillenaria, la Chiesa ha accumulato una vasta esperienza dell'uomo. Essa infatti si è incontrata con uomini di tutti i continenti e di età fra loro diversissime. Ad essi da sempre offre il Vangelo, quale risposta ai più profondi aneliti del cuore. Attraverso tale annuncio, la Chiesa non propone un'ideologia, ma una persona quella di Gesù, nel quale lo stesso Dio, invisibile e inafferrabile, si rende presente nel mondo come uomo tra gli uomini. In Lui non soltanto è rivelato Dio, ma è rivelato l'uomo a se stesso.


6. Lungi, dunque dal sottrarsi alle grandi sfide della storia, l'annuncio cristiano è estremamente attento all'uomo, alla sua vicenda, al suo destino.

Ma tale prospettiva non si incontra, forse, con il fondamentale interrogativo del nostro tempo, che è appunto il problema dell'uomo? La posta in gioco è troppo grande, per non auspicare che l'odierna cultura si misuri coraggiosamente con tale interrogativo, facendo leva sulla forza della ragione, ma al tempo stesso aprendosi alla testimonianza della fede, che solo un angusto e fatale pregiudizio di certa cultura degli ultimi secoli ha potuto mettere in contrapposizione con le esigenze della ragione e gli interessi profondi dell'uomo.


7. Urge dunque stabilire un nuovo dialogo, a cui la Chiesa è desiderosa di offrire il suo contributo. Nessuno sospetti che dietro tale desiderio vi sia il germe di un nuovo clericalismo o il disegno di nascoste affermazioni di potere.

La Chiesa non desidera altro che un clima di rispettoso e sereno ascolto, perché ciascuno possa presentare le sue ragioni, e la verità si faccia strada. Dovrebbe ormai essere finito per sempre il tempo delle guerre di religione e delle violenze ideologiche.

A questo decisivo dialogo sull'uomo la Chiesa partecipa riproponendo l'annuncio evangelico che è all'origine della sua vita, offrendolo specialmente nella sintesi attualizzante che ne ha fatto il Concilio Vaticano II e, per quanto riguarda i problemi della società nella sua specifica dottrina sociale. In quest'ultima essa addita quei valori essenziali e irrinunciabili che devono essere salvaguardati, se si vuole una societa a misura d'uomo.


8. Mi auguro dunque, cari intellettuali di Estonia, che anche nella vostra Patria si approfondisca questo dialogo da cui tanti esiti positivi si possono attendere per la cultura e la società.

Nel Vangelo è detto: "La verità vi farà liberi" (Jn 8,32).

Mentre l'Estonia cammina a passo spedito sulla nuova via della libertà politica, è bene che quanti hanno a cuore le sorti della libertà abbiano coscienza che essa, per essere rispettata nelle strutture giuridiche e nella prassi sociale suppone l'impegno personale e la responsabilità di ciascuno.

In questo cammino di libertà la Chiesa sarà ben lieta di essere al fianco della nuova Estonia, alla quale auguro di cuore un futuro di progresso e di pace.

A voi, uomini del pensiero, la mia riconoscenza ed amicizia, mentre per tutti invoco la benedizione di Dio.


17/01/19102 Pag. 19648

Data: 1993-09-10 Data estesa: Venerdi 10 Settembre 1993


GPII 1993 Insegnamenti - Il saluto al mondo accademico nell'Aula Magna dell'Università - Riga