GPII 1993 Insegnamenti - Il discorso ai Vescovi dell'Etiopia e dell'Eritrea in visita "ad limina" - Città del Vaticano (Roma)

Il discorso ai Vescovi dell'Etiopia e dell'Eritrea in visita "ad limina" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Lo spirito di riconciliazione si diffonda in tutte le regioni del Corno d'Africa

Eminenza, Cari fratelli Vescovi


1. Il mio cuore è colmo di gioia nell'accogliere voi Pastori della Chiesa in Etiopia ed Eritrea in occasione della vostra visita ad Limina Apostolorum. Durante la vostra ultima visita ad Limina nel 1987 mi parlaste con commozione della vostra profonda ansia per la sicurezza e per il benessere del vostro amato popolo sconvolto dalla guerra e vi assicurai che non solo io, ma tutta la Chiesa avrebbe pregato affinché il Signore vi inviasse la pace. Ora, la violenza è finita. E' di grande conforto il fatto che oggi possiamo ringraziare insieme Dio, il Padre di tutti i doni, per aver liberato tutti i popoli dell'Etiopia e dell'Eritrea da quel terribile flagello. Come una volta siete venuti "in lagrime" presso le tombe dei Santi Pietro e Paolo affinché intercedessero per la liberazione, ora siete "tornati con giubilo" (Cfr. Ps 126,5-6).

La visita ad Limina offre ai Pastori delle Chiese particolari l'opportunità di mostrare come la grazia di Dio sia feconda nella vita del loro popolo. Le osservazioni di Sua Eminenza fanno comprendere chiaramente le dure realtà della situazione in cui i fedeli dell'Etiopia e dell'Eritrea hanno dovuto mantenere le proprie promesse battesimali. Voi avete testimoniato la loro fedeltà nella pratica della fede e la loro generosità nelle opere d'amore. Chiedo a ciascuno di voi di esprimere al vostro clero, ai religiosi e ai laici il mio profondo affetto nel Signore, la mia stima per il loro coraggio e la loro costanza e la mia speranza fiduciosa nel fatto che così come Dio li ha rafforzati per sopportare le avversità del passato, li sosterrà ora nell'affrontare le sfide attuali.


2. Nella nuova era che sta sorgendo per l'Etiopia e l'Eritrea, le Chiese che voi governate sono pronte ad assumersi una duplice responsabilità: partecipare all'urgente opera di ripresa dopo i danni causati dalla guerra e contribuire a uno sviluppo a lungo termine dei vostri popoli.

Riguardo al compito immediato di riparare ai danni causati dalla guerra nessuno può avere dubbi sull'entità di ciò che deve esser fatto: la cura verso coloro che sono rimasti feriti nel corpo o nello spirito, il sostegno alle vedove e agli orfani, il reinserimento degli sfollati e dei soldati smobilitati, la riunione delle famiglie, la ricostruzione delle abitazioni, il ripristino della normale vita sociale ed economica: sono compiti enormi che richiedono la sollecita cooperazione di tutti. I fedeli cattolici, seguendo l'esempio di Cristo, che fu mosso a compassione dalle sofferenze di coloro che incontrava (Cfr. Mt 14,14), contribuiranno pienamente al tentativo di alleggerire questi fardelli. A questo proposito il Segretariato Cattolico Etiope, che è stato così meritevole nell'assistere le vittime della carestia causata dalla guerra e dalla siccità, è un chiaro segno e un efficace strumento della volontà dei cattolici di rendere un servizio concreto a coloro che si trovano in difficoltà materiali e spirituali.


3. Le ferite della guerra e della violenza non possono essere rimarginate senza uno spirito di riconciliazione da parte degli individui e dei popoli coinvolti.

Come avete sottolineato nella vostra Lettera Pastorale del 1991 "La pace viene dalla riconciliazione", le speranze di pace del popolo etiope e di quello eritreo dipendono dal raggiungimento della riconciliazione nazionale, in particolare attraverso un impegno a favore della tolleranza etnica e religiosa. Condivido la vostra soddisfazione di fronte a quei segni che indicano che a molti livelli esiste di fatto un saldo impegno per la riconciliazione e la cooperazione.

Superare le divisioni, perdonare l'ingiustizia, convertire i nemici in amici e ristabilire i vincoli di solidarietà sono i segni che "l'amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato" (Rm 5,5). Il suo potere opera in tutti coloro che si dedicano a questi scopi. Possa l'Onnipotente sostenere i popoli eritreo ed etiope e i loro capi nel progredire sempre più in questo cammino e possa lo spirito di riconciliazione oltrepassare i confini delle vostre nazioni e raggiungere tutte le regioni del Corno d'Africa.


4. I cittadini dell'Etiopia e dell'Eritrea nutrono grandi speranze di poter fondare una società volta al bene autentico di tutti i suoi membri, una società impegnata per la tutela dei diritti umani, per lo sradicamento della corruzione e della mancanza di leggi e per la promozione dell'armonia etnica e civile. I cattolici etiopi ed eritrei sebbene costituiscano una piccola minoranza, amano il proprio Paese e hanno un forte senso del proprio dovere di assicurare a quest'ultirno un futuro migliore. Essi cercano di essere un fermento di giustizia e solidarietà e sono desiderosi di operare con i membri delle altre Chiese cristiane, con uomini e donne di altre religioni e con tutte le persone di buona volontà nel costruire le comunità a cui appartengono.

La Chiesa offre ai vostri paesi, così come ad ogni nazione o società in cui essa dimora, la verità che ha ricevuto dal suo divino Fondatore circa il significato della vita umana. Essa proclama che la causa fondamentale della violenza è la corruzione del cuore dell'uomo (Cfr. Mt 15,18-19) e che una società costruita sulla negazione dell'esistenza di Dio e sull'incoraggiamento di conflitti di classe non può avere buon esito come dimostrano gli eventi della vostra storia recente. L'uomo è creatura di Dio, da Lui creato per vivere come un essere sociale e lavorare con gli altri per il bene comune in modo che tutti possano perseguire il proprio destino trascendente. Il vostro annuncio di queste verità illumina la via verso quello sviluppo integrale necessario affinché i vostri popoli superino le difficoltà lasciate dal passato.

Per svolgere questo importante servizio, la Chiesa in Etiopia e in Eritrea deve risplendere sempre più luminosa come quel segno di unità che Dio desidera per tutta l'umanità (Cfr. LG 1). E' di primaria importanza il fatto che all'interno della comunità cristiana non debbano esserci né rivalità né discordia. Indipendentemente dalla loro lingua, razza, etnia e eredità culturale, i fedeli dell'Etiopia e dell'Eritrea sono parte dell'unico Corpo di Cristo, unico in comunione di vita con la Santissima Trinità, e "membra gli uni degli altri" (Rm 12,5).


5. I cambiamenti nelle condizioni politiche e sociali dei vostri popoli non solo lanciano alla Chiesa molte sfide nel suo servizio verso la società, ma offrono anche nuove opportunità per la crescita della comunità cristiana stessa. In particolare, condivido la vostra soddisfazione per le prospettive per l'evangelizzazione offerte dalla garanzia di libertà religiosa. Mi unisco a voi nel pregare con fervore affinché il clero, i religiosi e i fedeli laici soddisfino pienamente le necessità di questo momento e testimonino con chiarezza il Vangelo attraverso atti d'amore sempre più generosi verso Dio e verso il prossimo.

In quanto pastori, il cui compito consiste nel "regolare tutto quanto appartiene al culto e all'apostolato" nelle vostre Chiese locali (LG 27), siete obbligati in questo momento, di fronte alla nuova situazione, a dedicare un'attenzione particolare alla riorganizzazione di molti elementi della vita ecclesiale. Confido nel fatto che si farà tutto il possibile per garantire un'efficace diffusione del Vangelo e sforzi crescenti per diffondere il regno di Dio, che è lo scopo di tutte le strutture e le attività della Chiesa. Infatti, uno dei risultati più positivi della pace è che possono essere dedicate maggiori risorse all'evangelizzazione di coloro ai quali non è ancora giunta la luce del Vangelo. Persino nei vostri Paesi, dove la fede si radico così tanti secoli fa, bisogna ancora compiere una prima evangelizzazione. Il ripristino della pace civile permette alla Parola di Dio di risuonare più liberamente, più ampiamente, e più chiaramente. Si deve ancora fare molto. Il vostro clero e i religiosi, insieme ai missionari generosi che operano fra voi, sono tutti chiamati a rinnovare e a confermare il loro impegno per l'evangelizzazione e la catechesi. Esprimo il mio profondo affetto a tutti questi araldi del Vangelo e li ricordo nelle mie preghiere.


6. In questo nuovo clima si può ugualmente sperare che le scuole e tutti gli altri programmi educativi della Chiesa, in particolare l'educazione religiosa, diventeranno strumenti di apostolato sempre più efficaci. Il Catechismo della Chiesa Cattolica, recentemente pubblicato, costituisce per i fedeli in Etiopia e in Eritrea uno strumento molto adeguato al compito di trasmettere la fede nella sua pienezza.

La missione del Vescovo di essere l'insegnante responsabile nella sua Chiesa locale, esige che egli fornisca validi insegnanti dell'autentica dottrina cristiana al suo gregge (Cfr. CD 14). Vi incoraggio a continuare a fornire sacerdoti, religiosi, insegnanti e catechisti competenti per questo servizio al vostro popolo. I sacerdoti vengono consacrati per mezzo dei sacramenti per condividere in modo particolare il ministero apostolico dei vescovi e quindi la loro formazione, prima e dopo l'ordinazione, deve costituire una delle vostre principali preoccupazioni. Ogni sforzo volto a rafforzare lo sviluppo spirituale, intellettuale, umano e pastorale dei sacerdoti verrà ricompensato abbondantemente dalla maggiore efficacia del loro servizio verso il popolo di Dio.


7. Nei prossimi mesi e nei prossirni anni, il progresso dei rapporti ecumenici, in particolare con il clero e con i fedeli della Chiesa Ortodossa Etiope, rappresenterà una questione di primaria importanza. Come ho ricordato durante l'incontro svoltosi all'inizio di quest'anno con Abuna Paolos, Patriarca della Chiesa Ortodossa Etiope: "Condividiamo la fede trasmessa dagli apostoli, così come lo stesso ministero e gli stessi sacramenti radicati nella successione apostolica" (discorso 11 giugno 1993, n. 2). Il buon esito del dialogo della carità che è stato ristabilito tra la Chiesa Cattolica e la Chiesa Ortodossa Etiope richiede "un miglioramento dei rapporti fraterni a tutti i livelli" (CD 3). Confido nel fatto che il Signore che tanto ardentemente desidera l'unità dei suoi seguaci vi sosterrà in tutti i vostri sforzi volti alla promozione della stima e dell'amore reciproci, cosicché tutti coloro che portano il nome di Cristiani possano riscoprire la pienezza della comunione.


8. Anche nei giorni più bui di violento conflitto, i fedeli dell'Etiopia e dell'Eritrea non hanno mai perso la fiducia nel potere dell'intercessione di Maria, Madre della Misericordia, poiché essa accoglie tutti coloro che si rivolgono a Lei nelle difficoltà e non cessa mai di intercedere per la loro liberazione dal male. La vostra fiducia filiale non è stata tradita, e così con la più grande fiducia e speranza mi unisco a voi nell'affidare i fedeli delle vostre Chiese alla sua amorevole protezione. Essa otterrà per voi la forza di cui avete bisogno per fare tutto ciò che il suo Figlio Divino vi chiede in questo momento decisivo della storia delle vostre nazioni. Con caloroso affetto imparto a voi e ai vostri popoli la mia Benedizione Apostolica.

Data: 1993-10-04 Data estesa: Lunedi 4 Ottobre 1993





Il Papa presiede nella Basilica Vaticana il solenne rito funebre in suffragio del Porporato scomparso - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: La consegna del Cardinale Carpino: restare sempre fedeli al triplice impegno dell'amore, della pace e dell'unità

Signori Cardinali, Amati confratelli nell'Episcopato e nel sacerdozio, Carissimi fratelli e sorelle!


1. Dopo lunga e dolorosa malattia il nostro fratello Cardinale Francesco Carpino ci ha lasciati per il Cielo.

Era già molto anziano, contando ottantotto anni e ben sappiamo che, oltre un certo limite, la vita declina per tutti inesorabilmente, tuttavia, la morte di una Persona benemerita per il lungo servizio prestato alla Santa Sede e alla Chiesa invita alla riflessione.

Il Libro della Sapienza ci ammonisce che "vecchiaia veneranda non è la longevità, né si calcola dal numero degli anni...; vera longevità è una vita senza macchia" (Sg 4,8-9). Nel caso del Cardinale Carpino possiamo ben dire che la vecchiaia è stata "veneranda" per ambedue i titoli: e per il numero degli anni e per la rettitudine della vita.

In questa cerimonia liturgica, in cui offriamo in suo suffragio il Sacrificio della Santa Messa e ricordiamo con affetto e riconoscenza l'opera da lui compiuta in varie mansioni, vengono in mente le parole programmatiche e consolanti di san Paolo: "Nessuno di noi vive per se stesso e nessuno muore per se stesso, perché se noi viviamo, viviamo per il Signore; se noi moriamo, moriamo per il Signore. Sia che viviamo, sia che moriamo, siamo dunque del Signore" (Rm 14,7-8).

Si, davvero! Dopo aver vissuto per il Signore, il caro Cardinale Carpino è morto anche per il Signore, sorretto dal suo amore misericordioso e accolto, poi, nell'abbraccio della sua bontà infinita.

Certo, davanti al mistero della morte, il pensiero va trepidante alla verità ricordata dall'Apostolo, secondo cui ciascuno deve rendere conto a Dio di se stesso (Cfr. Rm 14,12) ma ci conforta al tempo stesso quanto egli ci ha ricordato nella pagina poc'anzi proclamata, che cioè "Dio dimostra il suo amore verso di noi perché, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi. A maggior ragione ora, giustificati per il suo sangue, saremo salvati dall'ira per mezzo di lui" (Rm 5,8-9).

Noi confidiamo che il nostro fratello defunto sia stato "salvato" per mezzo di Cristo, che egli come Sacerdote, Vescovo e Cardinale ha servito fedelmente nel corso della sua lunga vita.


2. Era nato il 18 maggio 1905 a Palazzolo Acreide (Siracusa) ed aveva compiuto gli studi ginnasiali nel Seminario di Noto; in seguito fu alunno del Pontificio Seminario Romano Maggiore, conseguendo presso l'Università del Laterano le lauree in filosofia e teologia, e la licenza in Diritto Canonico.

Ordinato sacerdote nell'agosto 1927 insegno filosofia e teologia nel Seminario di Noto per due anni, e fu poi chiamato a succedere a Monsignor Domenico Tardini alla Cattedra di Teologia Sacramentaria nell'Ateneo Lateranense, rimanendovi fino al 1951. Scrisse alcuni trattati sul Sacramento dell'Eucaristia e della Penitenza e molti articoli su riviste ed enciclopedie teologiche. In questo periodo di tempo egli svolse altre mansioni presso il Vicariato, le Congregazioni dei Sacramenti e dei Riti e dell'allora Santo Offizio. Particolarmente accurata e generosa fu la sua attività a vantaggio dei profughi e dei perseguitati durante gli anni del conflitto mondiale.

Nel febbraio 1951 Pio XII lo promuoveva Coadiutore dell'Arcivescovo di Monreale Monsignor Ernesto Filippi, al quale poco dopo succedeva, dedicandosi per dieci anni con intensa passione al ministero pastorale per lo sviluppo della vita religiosa e sociale.

Nel 1961 il Sommo Pontefice Giovanni XXIII lo richiamo a Roma, nominandolo Assessore dell'allora Congregazione Concistoriale; in ragione di tale ufficio nel giugno 1963, egli fu Segretario del Conclave, nel quale fu eletto Pontefice Paolo VI. Dopo aver svolto numerosi incarichi in diversi Organismi della Curia Romana, rivestendo anche per un breve periodo la mansione di Pro-Prefetto della Congregazione per la Disciplina dei Sacramenti, nel 1967 fu nominato Arcivescovo di Palermo ed elevato alla dignità cardinalizia. Nell'ottobre del 1970 rinuncio al governo pastorale dell'Arcidiocesi assumendo altri impegnativi incarichi presso la Congregazione per i Vescovi, il Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica e presso il Governatorato dello Stato della Città del Vaticano.


3. Noi oggi, pregando per il Cardinale Carpino e ricordando la sua lunga vita, non priva di sofferenze tanto acute quanto nascoste, possiamo e dobbiamo rammentare e fare nostra l'esortazione che egli rivolgeva ai fedeli dell'amata arcidiocesi di Palermo al momento del commiato: con voce commossa egli raccomandava a tutti di restare sempre fedeli al triplice impegno dell'amore, della pace e dell'unità.

Rimeditiamo quel monito alla luce del messaggio delle Beatitudini, poc'anzi ascoltato. Mentre la storia umana percorre il suo drammatico cammino tra sempre nuove conquiste e mai sopiti contrasti, il Divin Maestro ci propone un programma di vita efficace e sicuro, proclamando beati i poveri in spirito, e cioè gli umili di fronte al Mistero, i miti, gli afflitti, i misericordiosi, i puri di cuore, gli operatori di pace, coloro che hanno fame e sete di giustizia, i perseguitati per causa del Regno di Dio.

La lunga vita del Cardinale Carpino ha tratto costante ispirazione da tali eterne parole. Il Servizio da lui reso alla Chiesa e alle anime con fede invitta e con dedizione totale costituisce una eloquente conferma di quanto la liturgia ci ha autorevolmente ricordato: "La speranza non delude, perché l'amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo, che ci è stato dato" (Rm 5,5-6).

Carissimi fratelli e sorelle! Nell'offrire in suo suffragio il Divin Sacrificio, preghiamo perché il Cardinale Francesco Carpino possa al più presto godere, presso l'Altissimo, la felicità eterna per la quale unicamente siamo stati creati. Il nostro compianto fratello, nel mistero della sua morte nel Signore, ci invita oggi a guardare con speranza rinnovata verso tale meta suprema: "La grazia e la misericordia sono per i suoi eletti e la protezione per i suoi santi" (Sg 4,15).

Amen!

Data: 1993-10-07 Data estesa: Giovedi 7 Ottobre 1993

Udienza: il discorso ai partecipanti al pellegrinaggio di Chiavani - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Solidità nell'adesione a Cristo, fedeltà e preghiera assidua fondamenti di un'efficace presenza apostolica nel mondo

Carissimi fratelli e sorelle!


1. Sono lieto di accogliervi e cordialmente vi saluto. Siete venuti in pellegrinaggio alla tomba dell'Apostolo ed avete voluto far visita al successore di Pietro nella significativa ricorrenza del centenario della costituzione della vostra Diocesi. Essa infatti fu istituita, come è noto, dal mio predecessore Leone XIII il 13 dicembre 1892. Vi ringrazio per la vostra presenza! Ringrazio, in particolare, il vostro Vescovo, Mons. Daniele Ferrari, per le nobili espressioni che mi ha or ora rivolto, facendosi interprete dei sentimenti di voi tutti.

Siete convenuti qui a Roma, per riaffermare la vostra fedeltà a Cristo ed alla Chiesa. Di quanti frutti si è arricchita la vita della vostra Comunità diocesana in questi cento anni! Quest'incontro mi offre l'occasione di rendere insieme con voi grazie al Signore per quanto Egli ha compiuto nella vostra comunità e per esortarvi a continuare con vigore il cammino della fedele testimonianza evangelica.

Al riguardo mi vengono in mente le parole di San Paolo, che, scrivendo ai Colossesi, li esortava a rimanere "ben radicati e fondati in Cristo Gesù, saldi nella fede come vi è stato insegnato, abbondando nell'azione di grazie" (Col 2,7).

Ciò che sostiene qualsiasi comunità ecclesiale nel suo compito di essere permanente segno visibile dell'amore di Dio per l'uomo è proprio la solidità dell'adesione a Cristo, la fedeltà all'insegnamento apostolico, la preghiera assidua. E' solo su tali fondamenti che è possibile costruire una fattiva ed efficace presenza apostolica nel mondo.


2. Il recente Sinodo della vostra Diocesi si è occupato di tale "urgenza" ed ha delineato le linee di un'azione apostolica che renda i credenti atti a "rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi" (1P 3,15). Esso ha posto in particolare risalto la necessità per la Chiesa di Chiavari di un solidale impegno per e con le famiglie, poiché è in primo luogo in esse che deve manifestarsi l'energia unificante e liberante del Vangelo. Evangelizzare la famiglia! E' questo un tema, come sapete, di grande attualità, specialmente nel momento presente nel quale ci apprestiamo a vivere l'Anno internazionale della Famiglia con numerose iniziative a livello sia centrale che locale. La famiglia è cellula vitale della Chiesa e quando essa cresce nella fedeltà al Vangelo mediante la preghiera assidua e la frequenza ai Sacramenti, diventa un forte centro di irradiazione di speranza e di solidarietà. La responsabilità e l'armonia che crescono al suo interno ridondano a benedizione dell'intera società civile, così che i grandi ideali di pace e di progresso, ai quali il mondo anela, trovano nei nuclei familiari cristiani un efficacissimo contributo.


3. Accanto all'apostolato delle famiglie, voi ponete giustamente l'accento sull'impegno missionario delle parrocchie, comunità di famiglie, e soprattutto sul costante sforzo di dare alla carità il primato nell'evangelizzazione.

Si colloca in tale contesto la decisione sinodale di costituire in maniera capillare le organizzazioni parrocchiali della Caritas quali centri di animazione dell'attività caritativa, capaci di stimolare e coordinare il servizio della solidarietà, tanto importante nella vita dei credenti. Segno di questa costante vostra azione è il "Centro Benedetto Acquarone", opera di assistenza ai giovani e agli anziani, istituita proprio per ricordare fattivamente questi primi cento anni di cammino della vostra famiglia diocesana.


4. Carissimi fratelli e sorelle! Un grande campo di lavoro vi attende! Il Signore benedice gli sforzi sin qui condotti per rendere sempre più unita ed evangelizzatrice ogni vostra parrocchia e vi affida, all'inizio di questa nuova tappa di vita diocesana, il suo Vangelo, messaggio di speranza e di rinnovamento sociale per ogni uomo.

Proprio per far echeggiare quest'annunzio di salvezza sono state avviate, in alcune zone della Diocesi, le "missioni al Popolo" ed i "centri di ascolto", utilizzando opportunamente gli strumenti della comunicazione, specialmente radio-televisiva. E tutto ciò è possibile grazie alla generosa ed alacre disponibilità di tanti sacerdoti, religiosi, religiose e laici. Ecco un'azione missionaria importante che va continuata con quell'entusiasmo che vi ha fin qui contraddistinto, e che si inserisce bene nello spirito della evangelizzazione a cui è chiamata tutta la Chiesa.


5. Date soprattutto la testimonianza della carità e dell'unità. Unità concorde tra i Presbiteri, raccolti attorno al Vescovo, e unità tra ogni componente del popolo di Dio. Quest'unità, per la quale Cristo ha pregato nel Cenacolo, è dono da invocare e impegno da perseguire costantemente, poiché da essa scaturisce una fonte inesauribile di vitalità apostolica ed evangelizzatrice. Tale unità dovrà trovare anzitutto nel Capitolo della Cattedrale, cuore della Comunità diocesana, un esempio di proficua attuazione a servizio del bene. Diffondendosi poi nel presbiterio, il carisma dell'unità saprà promuovere la solidarietà nell'intero popolo di Dio e diventerà, da una parte, incentivo di nuove vocazioni al sacerdozio e alla vita consacrata, mentre costituirà, dall'altra, per la stessa comunità civile efficace stimolo alla riconciliazione e al dialogo.


6. Carissimi fratelli e sorelle! Questo pellegrinaggio, che vi vede in questi giorni riuniti insieme per pregare e riflettere, possa confermare ciascuno di voi nella fede. Vi rinfranchi nel cammino intrapreso e vi sia di incoraggiamento nel superare ogni ostacolo e difficoltà sul sentiero della vostra missione al servizio di Cristo e dell'uomo.

Vi sostenga l'intercessione di Maria Santissima che, con il titolo di Nostra Signora dell'Orto, veglia come Patrona sulle vostre Comunità.

Vi accompagni anche l'assicurazione del mio ricordo nella preghiera e la speciale Benedizione, che estendo di cuore all'intera diocesi di Chiavari, con uno speciale pensiero per gli ammalati ed i giovani.

Data: 1993-10-09 Data estesa: Sabato 9 Ottobre 1993

Udienza: ai pellegrini della Diocesi di Brescia ricevuti nell'Aula Paolo II - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Senza verità non c'è autentica libertà, nè sincera comunione

Carissimi fratelli e sorelle della diocesi di Brescia!


1. Con grande gioia vi accolgo e vi do il benvenuto. Saluto fraternamente il vostro Vescovo, Mons. Bruno Foresti, che vi ha guidati qui e lo ringrazio per le espressioni ora pronunciate; saluto il suo Ausiliare Mons. Vigilio Mario Olmi.

Saluto tutti voi con le parole dell'apostolo Pietro: "Grazia e pace... a voi in abbondanza, nella conoscenza di Dio e di Gesù Signore nostro" (2P 1,2).

Non si è mai spenta nel mio animo la memoria della visita che nel settembre 1982, feci alla vostra Diocesi, come pellegrino nei luoghi di origine del Servo di Dio, il Papa Paolo VI. Ho ancora vivo il ricordo dell'accoglienza ricca di fede e di affetto che allora mi fu riservata: ciò rende ancor più gradita l'odierna circostanza. Benvenuti! E ancora una volta ripeto, insieme al mio prezioso collaboratore Mons. Giovanni Battista Re, benvenuti.


2. Motivo del vostro pellegrinaggio è innanzitutto di commemorare, in stretta comunione col successore di Pietro, i trent'anni dall'elezione di Paolo VI al Sommo Pontificato. Tale ricorrenza risulta particolarmente felice, essendo avvalorata dal recente avvio della causa di canonizzazione di questo mio grande Predecessore, che fin dalla mia prima Enciclica ho voluto riconoscere come "vero padre" (RH 4).

Col passare degli anni appare sempre più evidente che Paolo VI è stato un autentico dono del Signore alla sua Chiesa ed all'intera umanità. Oggi, carissimi, desidero con voi rendere omaggio ad una caratteristica fondamentale dell'intera sua esistenza, del suo magistero e della sua azione pastorale: l'amore profondissimo per la santa Chiesa. E' una testimonianza che, mentre costituisce per tutti una inestimabile eredità, per me ha in più il sapore di indimenticabili esperienze vissute nella stagione del Concilio Ecumenico Vaticano II. Nel suo "Pensiero alla morte", il Servo di Dio riferendosi alla Chiesa scrisse: "Potrei dire che l'ho sempre amata... e che per essa, non per altro, mi pare d'aver vissuto. Ma vorrei che la Chiesa lo sapesse". Si, la Chiesa lo sa, oggi ancor meglio di quando egli era in vita.

L'amore alla Chiesa è, in realtà, condizione per conoscerla autenticamente e servirla generosamente fino alla piena e gioiosa dedizione di se stessi. Voi, che di Papa Montini siete i conterranei e molto opportunamente lo commemorate con riconoscente fierezza onoratene l'eminente insegnamento cercando di conformare ad esso la vostra vita, così che la Chiesa bresciana sia sempre più trasparente nella sua testimonianza alla verità e più efficace nel servizio della carità.


3. Il secondo motivo del vostro pellegrinaggio è il centenario del settimanale diocesano di Brescia "La Voce del Popolo". Per esso Paolo VI ebbe parole di elogio, che oggi mi è caro fare mie: lo chiamo "valoroso foglio" (Insegnamenti, Vll, p. 630); "umile ma vigoroso mezzo di comunicazione" (ivi, Xl, p. 1116). Ne ricordo la non facile storia, traccio la strada su cui proseguire restando fedele alla sua ispirazione e aderente alle esigenze ecclesiali e sociali.

Vi esprimo il mio apprezzamento per quanto avete fatto e continuate a fare perché il settimanale non soltanto rimanga vitale - in situazioni non di rado difficili - ma si qualifichi sempre più per essere strumento di bene autentico.

Incoraggio chi nel giornale lavora direttamente, chi lo diffonde, chi lo sostiene a perseverare nell'impegno. Soprattutto ringrazio con voi il Signore che ha aiutato l'impresa anche nel momenti più duri corroborando con la sua grazia la dedizione di tante persone, spesso note soltanto a Lui.

Permettetemi, carissimi, in questo familiare incontro di presentarvi un'indicazione utile per il futuro di questo vostro periodico. Di che cosa gli uomini e le donne del nostro tempo hanno urgente bisogno? Soprattutto di verità.

Senza verità non ci può essere autentica libertà, né sincera comunione. Per essere "voce del popolo", il vostro settimanale deve porsi sempre e con chiarezza al servizio della Verità. Questo è, si può dire, il suo compito specifico, il modo suo tipico di contribuire all'edificazione della comunità cristiana e allo sviluppo di quella civile. La testimonianza cristiana in tale campo suppone competenza e professionalità, onestà di vita e fedeltà agli insegnamenti del Vangelo.

Siate pertanto attenti sempre alla Verità, solleciti nel servire il Bene e dediti a trasmettere la novità evangelica. La diffusione dei principi cristiani sulla famiglia, sul lavoro, sull'educazione, sulla piena dignità personale e sociale dell'uomo continui ad essere il compito qualificante a cui il vostro periodico ispira la propria azione. Potrà in ciò contare sempre sulla comprensione e sul sostegno della Chiesa.


4. Insieme col settimanale diocesano, hanno compiuto da poco un secolo di vita anche altri due periodici, valide espressioni in ambito nazionale della tradizione culturale cattolica bresciana: sono le riviste "Madre" (un tempo denominata "La madre cattolica") e "Scuola Italiana Moderna". Anche per esse Paolo Vl manifesto attenzione ed apprezzamento. La due pubblicazioni sono frutto di un movimento cattolico che, a Brescia, si organizzo nella seconda metà del secolo scorso col contributo di validi laici e Sacerdoti e che fu ricco di iniziative di varia natura, volte tutte a sostenere e qualificare la presenza dei cattolici nella società.

Che cosa vi è di più attuale, carissimi in un mondo che s'affaccia sul terzo millennio, dell'impegno per l'educazione delle nuove generazioni e per la promozione della piena ed autentica dignità della donna? Nell'Enciclica Mulieris dignitatem ho ricordato, tra l'altro, che "la maternità è legata con la struttura personale dell'essere donna e con la dimensione personale del dono" (MD 18). Vivere responsabilmente la vocazione sponsale e materna significa anche rispondere alla sfida di quelle concezioni che, in nome di una male intesa libertà di autorealizzazione, finiscono per mortificare il valore della maternità e del matrimonio. La rivista "Madre", fedele alle intuizioni ed ai programmi delle origini, deve difendere e diffondere la verità sull'essere donna e l'essere madre come la Parola di Dio e il magistero della Chiesa continuano ad annunciare. Il prossimo Anno Internazionale della Famiglia costituisce occasione propizia per un rinnovato impegno.


5. Cari pellegrini bresciani, a tutti vorrei lasciare come consegna le parole che formano il motto della "Voce del Popolo": "Fede - Lealtà Coraggio".

Fede, anzitutto. Con l'aiuto della Grazia, rimanete saldi nella verità cristiana, riproposta nel Catechismo della Chiesa Cattolica su Dio, Gesù Cristo, la Chiesa, la dignità e i compiti dell'uomo e della donna. Non dimenticate, pero, che la fede autentica sgorga e si alimenta nell'incontro personale con Cristo e che da ciò dipende, in ultima analisi, anche l'efficacia della sua comunicazione.

Lealtà, verso Dio, verso gli uomini, verso la verità. Lealtà nello svolgimento dei propri compiti, da accompagnare sempre con quell'umiltà che rende possibile una serena e proficua collaborazione per la causa del Regno di Dio.

Coraggio, infine. Non perdetevi d'animo di fronte alle difficoltà ed alle prove che l'essere cristiani oggi comporta. Invocate dallo Spirito Santo il dono della fortezza per diffondere la verità e per vivere con coerenza la vostra fede.

Il 26 settembre 1982, nel congedarmi dalla vostra Comunità diocesana, dissi: "Dio ti conservi, Brescia. E tu osserva sempre la sua legge. Sii sempre fedele a Cristo ed alla Chiesa" (Insegnamenti, V, 3, 1982, p. 607). E' un auspicio che oggi volentieri rinnovo. Proseguite con impegno nel solco tracciato dai vostri avi: dai vostri padri e dalle vostre madri, e da tanti degni Pastori. Paolo VI lo ha ripetuto tante volte; anch'io oggi lo ribadisco, affidandovi alle sue preghiere e soprattutto alla materna protezione di Maria Santissima, Madre della Chiesa.

Vi accompagni, infine, anche l'Apostolica Benedizione che di cuore imparto a tutti voi, ai vostri cari e all'intera Diocesi.

Data: 1993-10-09 Data estesa: Sabato 9 Ottobre 1993


GPII 1993 Insegnamenti - Il discorso ai Vescovi dell'Etiopia e dell'Eritrea in visita "ad limina" - Città del Vaticano (Roma)