GPII 1993 Insegnamenti - Udienza ai collaboratori dell'"Institut des Sources chrétiennes" - Città del Vaticano (Roma)

Udienza ai collaboratori dell'"Institut des Sources chrétiennes" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: La formazione dell'intelligenza cristiana è autentica solo attraverso il costante ricorso alla tradizione dei nostri Padri nella fede

Mio Reverendo Padre, Cari amici,


1. E' con gioia che vi ricevo in occasione della celebrazione del cinquantesimo anniversario della collezione "Sources chrétiennes". Non mi è difficile immaginare i vostri sentimenti di legittimo orgoglio in una simile circostanza e mi unisco ad essi molto volentieri.

L'opera fondata mezzo secolo fa dai Cardinali Jean Daniélou e Henry de Lubac, con il Padre Claude Mondésert, ha quindi portato dei frutti, frutti ben visibili, come testimonia oggi la pubblicazione del quattrocentesimo volume della collezione. Questo sviluppo degli studi patristici mi sta particolarmente a cuore poiché non vi è un'autentica formazione dell'intelligenza cristiana senza un ricorso costante alla tradizione dei nostri Padri nella fede. Come dicevo all'inizio del mio pontificato, nella Lettera Patres Ecclesiae, "La Chiesa non si stanca di ricorrere ai loro scritti - pieni di sapienza e di una perpetua giovinezza - e di rinnovarne continuamente il ricordo" (2 gennaio 1980).


2. La collezione "Sources chrétiennes" ha avuto, sin dal suo inizio, la preoccupazione di effettuare un lavoro scientifico che mi è grato riconoscere, permettendo al maggior numero possibile di lettori di gustare la ricchezza della tradizione cristiana, la grandezza e la bellezza della fede dei nostri predecessori. Dopo i Mauristi nel XVIII secolo, dopo l'Abate Migne nel secolo scorso, la vostra collezione ha dato nuovo impulso alla pubblicazione di testi patristici in Francia. Sono certo che tutti i vostri amici che uniscono l'amore per le lettere al desiderio di Dio, si rallegreranno oggi nel vedere i buoni risultati a cui siete giunti.

Sono numerosi coloro che, con la loro dedizione, hanno contribuito a dare a "Sources chrétiennes" lo statuto di collezione scientifica di fama universalmente riconosciuta. Bisogna riconoscere l'umiltà, la pazienza e la tenacia di tali lavori. Lo stabilire il testo sulla base di una ricerca sulla tradizione manoscritta, la traduzione che si sforza di rendere tale testo con fedeltà, la composizione di apparati critici e indici analitici, la redazione di introduzioni e di note esplicative, concorrono a fare entrare il lettore d'oggi in un pensiero di ieri, ma di valore duraturo.


3. I Padri della Chiesa non hanno smesso di meditare il Mistero di Cristo e di cercare di trasmettere ai loro contemporanei ciò che essi stessi avevano ricevuto.

Essi hanno saputo restare liberi rispetto al contesto culturale del loro tempo e dargli la sua reale dimensione. Penso qui a San Giustino e alla sua celebre espressione semina Verbi. Nelle migliori realizzazioni del mondo pagano si trovavano degli addentellati per l'annuncio del Vangelo.


4. Uno dei meriti principali dei Padri, così come la ragione del loro permanente valore, è stato di avere, nel loro tempo, percepito e dimostrato l'unità del Vecchio e del Nuovo Testamento nella persona di Cristo. Si sa che Sant'Agostino riassumeva questo dato fondamentale dell'esegesi cristiana nell'assioma "Novum Testamentum in Vetere latebat; Vetus nunc in Novo patet". Egli traeva in questo ispirazione dalle intuizioni della prima generazione cristiana, in particolare da San Paolo e dalla sua riflessione sull'allegoria, "contraccolpo del fatto dell'Incarnazione" secondo la felice espressione del Cardinale de Lubac.


5. Esegeti dei due Testamenti, i Padri sono anche all'origine della riflessione teologica e delle prime grandi formulazioni dogmatiche. Essi permisero alla fede cristiana di darsi l'espressione razionale che l'avrebbe resa assimilabile da menti venute dal paganesimo. Essi furono i primi teologi, poiché seppero scrutare il Mistero di Cristo ricorrendo a nozioni improntate al pensiero del loro tempo, non esitando a rimodellarle, quando occorreva, per dar loro un contenuto universale. E' quindi in gran parte grazie a loro che il Concilio Vaticano II ha potuto dire della teologia che essa "si basa... sulla parola di Dio scritta, insieme con la sacra tradizione e in quella vigorosamente si consolida" (DV 24).


6. La comprensione intellettiva del mistero della fede non sarebbe sufficiente alla vita cristiana se non fosse un'esperienza spirituale alimentata dalla pratica dei sacramenti e dall'insieme della vita liturgica. Ora, anche su questo punto, i Padri ci trasmettono il frutto della loro contemplazione del Verbo Incarnato.

Quando, nella notte di Natale, San Leone comincia la sua omelia scrivendo: "Hodie Christus natus est", egli ricorda agli uditori presenti e ai suoi lettori futuri che il Mistero di Cristo è contemporaneamente di un tempo e di tutti i tempi.

Nell'atto liturgico, l'"Hodie" di Dio si identifica - per Sua volontà - con l'"Hodie" degli uomini.

Possa quindi la pubblicazione dei più grandi testi patristici facilitare la riflessione sui misteri della vita del Signore, la percezione della loro attualità nella vita dei Cristiani, la lode a Dio eterno per la salvezza offerta a tutti gli uomini oggi e sempre!


7. Che i santi Dottori della Chiesa d'Occidente e della Chiesa d'Oriente, testimoni di una stessa fede, non smettano di assistervi! Che la passione del ricercatore e la gioia del lettore vi siano ogni giorno donati da Colui che è autentica Saggezza e che si lascia trovare solo per essere ancor più cercato! Mi unisco con grande piacere alla celebrazione del lieto evento del cinquantenario di "Sources chrétiennes" e formulo calorosi auguri per il proseguimento dell'opera iniziata a Lione mezzo secolo fa. Vi imparto di tutto cuore la mia Benedizione Apostolica.

Data: 1993-10-30 Data estesa: Sabato 30 Ottobre 1993

Udienza ai seminaristi della diocesi di Conversano-Monopoli - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: "Abbracciando con entusiasmo il sacerdozio dovete essere pronti a spendere la vostra vita per il Vangelo"




1. Vi accolgo con gioia, carissimi Seminaristi di Conversano, insieme con i vostri Superiori e col vostro zelante Pastore, Mons. Domenico Padovano, a cui esprimo cordiale gratitudine per i sentimenti che poc'anzi ha voluto manifestarmi a nome di voi tutti.

Per due di voi oggi è un giorno speciale: è infatti la vigilia dell'Ordinazione diaconale, che riceveranno domani insieme ai compagni di studi del Seminario Romano Maggiore. Sono loro i primi festeggiati! Ma con loro è in festa l'intera Comunità del vostro Seminario, che celebra i centonovant'anni di vita. Quanti Sacerdoti vi si sono formati nell'arco di quasi due secoli! Ringrazio con voi il "Padrone della messe" (Mt 9,38) e al tempo stesso mi unisco alla vostra preghiera affinché alla Diocesi di Conversano-Monopoli non manchino mai Pastori secondo il cuore di Dio (Cfr. Jr 3,15).


2. Il mese di ottobre, mese missionario, ci invita a riflettere sulla vocazione di ogni apostolo scelto ed inviato tra la sua gente, ma aperto a tutte le genti.

Quando Gesù ammaestrava i discepoli, vedeva sullo sfondo le folle (Cfr. Mt 5,1 Lc 6,17). Ecco perché è importante che voi, carissimi, sentiate sempre su di voi questo sguardo di Cristo, spalancato contemporaneamente sugli orizzonti del Regno.

L'evangelizzazione richiede oggi un rinnovato sforzo da parte di tutti.

Anche voi, abbracciando con entusiasmo l'ideale sacerdotale, dovete essere pronti a spendere la vostra vita per il Vangelo. Solo così potrete trasmettere a coloro che vi saranno affidati la perenne ricchezza del messaggio salvifico. Ogni volta che consacrerete il pane e il vino per il Sacrificio eucaristico, celebrerete il mistero della Redenzione, sorgente di gioia vera e di amore duraturo.

Vi auguro di vivere così il vostro ministero presbiterale, là dove il Signore vi manderà.


3. Vorrei ora rivolgere un caro e grato saluto ai familiari presenti, specialmente ai genitori dei prossimi Diaconi e degli altri Seminaristi. Il 1994 sarà l'Anno Internazionale della Famiglia: in esso si avrà modo di approfondire i valori che stanno alla base dell'istituto familiare. La Chiesa si prepara a celebrarlo con grande impegno, giacché ritiene che ogni famiglia cristiana è chiamata ad essere una "chiesa domestica", luogo privilegiato per l'educazione e la crescita nella fede. Il rapporto, poi, tra l'educazione familiare e le vocazioni di speciale consacrazione è uno degli aspetti sui quali dobbiamo tutti riflettere e pregare.

Possa la vostra Comunità diocesana, docile ai disegni del Signore, sperimentare la gioia di annoverare nel proprio ambito genitori che, col loro amore genuino, orientino i figli a Gesù, unico Maestro e Buon Pastore.

Affido quest'auspicio, e le interiori aspirazioni di ognuno, alla materna intercessione di Maria Santissima, Regina degli Apostoli.

Vi accompagni nel vostro cammino cristiano la Benedizione Apostolica, che imparto volentieri a voi, ai Sacerdoti della diocesi e a quanti vi sono particolarmente cari.

Data: 1993-10-30 Data estesa: Sabato 30 Ottobre 1993

Udienza ai dirigenti della Cassa Rurale ed Artigiana di Treviglio - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Compiere scelte che tengano conto delle reali necessità dell'uomo alla luce della Dottrina Sociale della Chiesa

Carissimi fratelli e sorelle!


1. Sono lieto di rivolgere un cordiale benvenuto a tutti voi, Dirigenti e Soci della Cassa Rurale ed Artigiana di Treviglio, in occasione del primo centenario di fondazione. Saluto in particolare il Presidente, il Dottor Alfredo Ferri, e lo ringrazio per le gentili parole che mi ha rivolto a nome dei presenti. Insieme con lui, saluto il Prevosto, Mons. Enrico Anzaghi, e il Sindaco della Città, il Sig.

Luigi Minuti, che vi accompagnano nell'odierno incontro.


2. Ispirandosi all'Enciclica Rerum Novarum del grande Papa Leone XIII, il vostro Istituto di Credito ha cercato di offrire risposte concrete ai nuovi ed urgenti bisogni, suscitati dalle profonde trasformazioni economiche e sociali del nostro secolo. Saldamente ancorato ai tradizionali valori di fede e di solidarietà propri della terra lombarda, esso continua anche oggi ad impegnarsi per rispondere validamente alle sfide della società attuale.

Le celebrazioni centenarie siano per tutti un incentivo a proseguire nel cammino intrapreso, ricercando soluzioni adeguate alle problematiche via via emergenti. Come ho avuto modo di sottolineare nell'Enciclica Centesimus Annus, la dottrina sociale della Chiesa "oggi specialmente mira all'uomo, in quanto inserito nella complessa rete di relazioni delle società moderne" (CA 54). Ecco, dunque: sia l'uomo concreto, con i suoi problemi e le sue possibilità, il fondamento dei vostri progetti, il metodo delle vostre scelte, il fine delle vostre attività.


3. In questa prospettiva esprimo il mio più vivo e grato apprezzamento per l'attenzione sempre manifestata verso i bisogni della comunità mediante lodevoli iniziative di assistenza e di sostegno.

Carissimi fratelli e sorelle! Il Signore ricompensi questo vostro senso di solidarietà e vi aiuti a fare della vostra esistenza un dono a Dio e ai fratelli.

Con questi sentimenti, rinnovo a ciascuno di voi il mio cordiale augurio di un sereno e proficuo lavoro e, mentre affido ogni vostro desiderio e proposito alla celeste protezione della Madre di Dio, imparto volentieri a voi qui presenti, alle vostre famiglie ed a tutti i Soci dell'Istituto la mia Benedizione.

Data: 1993-10-30 Data estesa: Sabato 30 Ottobre 1993

Angelus - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Il relativismo etico non si arresta sulla frontiera dell'identità e della dignità della vita e apre la strada ad allucinanti manipolazioni e ad una follia autodistruttiva




1. "Se vuoi entrare nella vita, osserva i comandamenti" (Mt 19,17).

Questa parola di Gesù indica il senso profondo dell'impegno morale, ponendolo in rapporto con il desiderio di vita del cuore umano (Cfr. VS,7).

Indicazione davvero preziosa per l'uomo del nostro tempo, così assetato di vita e paradossalmente così esposto alle lusinghe di una insidiosa cultura di morte.

E' un'immagine distorta presentare la legge morale come una catena che mortifica la voglia di vivere dell'essere umano. Al contrario, l'uomo vive ed è pienamente libero nella misura in cui osserva i comandamenti di Dio. Questi, ben compresi, non si riducono a una serie di divieti, ma esprimono piuttosto dei valori fondamentali, intimamente connessi con la verità e la dignità della persona. Osservandoli, l'uomo agisce in conformità con il suo essere e con la sua vocazione profonda, e si incammina verso quella vita piena, che ha in Gesù il suo paradigma, la sua sorgente, il suo compimento. "Se vuoi entrare nella vita, osserva i comandamenti"!


2. Ma chi è l'uomo? Quando comincia ed esistere come "persona"? Qual è il suo destino? Qual è la sua dignità? A queste domande cruciali la cultura contemporanea dà risposte evasive e talora fuorvianti. Il relativismo etico non si arresta nemmeno sulla frontiera della identità e della dignità di ogni vita umana, aprendo la strada ad illecite e conturbanti sperimentazioni. Giustamente la coscienza universale reagisce. Come non esserne profondamente preoccupati? Si intuisce infatti che, superato anche questo limite, nulla più garantisce l'uomo da allucinanti manipolazioni e dalle tentazioni di una follia autodistruttiva, che può essere facilmente imposta anche dalle diverse istanze giuridiche, dai parlamenti, come sappiamo dalla storia di questo secolo. Lo sappiamo bene. Non devo citare i casi.

Il rispetto dell'essere umano fin dal suo concepimento, come ho ricordato nell'Enciclica "Veritatis Splendor", è tra le esigenze fondamentali e imprescindibili della legge morale.


3. Tante cose cambiano nell'uomo e intorno a lui. Ma c'è qualcosa che non muta, ed è la sua "natura", quale emerge alla luce della ragione, a sua volta confermata e approfondita dalla divina Rivelazione.

Su tale verità intramontabile si fonda il carattere universale e immutabile della legge morale, che ci addita l'orizzonte sconfinato del bene, segnalandoci il limite invalicabile di quegli atti intrinsecamente cattivi, che nessuna circostanza o intenzione potrebbe rendere accettabili e buoni (Cfr. VS 80-81).

Chiediamo alla Vergine Santa, Madre del Redentore, di salvare l'uomo contemporaneo dal baratro dell'incoscienza e della cattiva coscienza, ottenendogli una chiara percezione di quella verità morale, dalla cui attuazione ne dipende in larga misura il suo futuro.

[Al termine dell'Angelus, il Papa ha salutato con queste parole un gruppo di fedeli italiani presenti in Piazza San Pietro:] Saluto il parroco ed i giovani della parrocchia di San Giovanni Battista in Rimini, ed il gruppo dei responsabili dell'Auditorio "Giovanni XXIII" della parrocchia di San Giulio in Cassano Magnago (Varese). A tutti auguro che la visita a Roma sia ricca di frutti spirituali e li confermi nell'impegno di una generosa testimonianza cristiana.

[Infine il Papa ha salutato ancora i numerosi fedeli presenti con queste parole:] Ancora una volta ringrazio tutti i presenti, tutti i convenuti in Piazza San Pietro, in questa ultima domenica e ultima giornata di ottobre. Insieme ringraziamo il Signore per tutto quello che ci ha portato in questo mese con la recita del Rosario, nella famiglia, nella parrocchia e nei diversi ambienti.

Auguriamo a tutti una buona continuazione: pieni dei frutti di questa preghiera, possiamo entrare nel nuovo mese di novembre con le giornate - tanto cariche di significato spirituale - di domani, solennità di tutti i Santi, e dopodomani, la giornata dei defunti.

A tutti dico: sia lodato Gesù Cristo e sia lodato in tutte le giornate della settimana prossima.

Data: 1993-10-31 17/01/19102Data estesa: Domenica 31 Ottobre 1993 Pag. 19792

Appello alle fazioni in lotta nella guerra civile nel Burundi - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: "Abbiate il coraggio di deporre le armi, di dialogare, di riprendere il cammino della democrazia appena intrapreso"

Anche oggi sento di dover richiamare la vostra attenzione sull'immane tragedia che sta sconvolgendo il Burundi.

Le gravi notizie di uccisioni indiscriminate, perpetrate contro persone innocenti e contro indifese popolazioni, riempiono il cuore di profonda tristezza.

Il Signore accolga nella Sua pace coloro che sono morti, vittime di tanto odio.

Faccio appello alla coscienza di tutti coloro che in Burundi hanno nelle loro mani un'arma, per dire che la vita di ogni uomo, di ogni donna, di ogni fanciullo è sacra. In Burundi si sta violando la legge di Dio e si distrugge anche ogni possibilità di convivenza civile.

Il più grande servizio che i Burundesi possono rendere alla loro Patria è di avere il coraggio di deporre le armi, di parlarsi, di riprendere il cammino della democrazia, appena intrapreso.

Agli organismi di aiuto internazionale, soprattutto a quelli cattolici, chiedo di venire rapidamente in generoso soccorso alle popolazioni ed ai profughi, che sperimentano, ancora una volta, con l'esodo, la povertà, la malattia, la morte. I Paesi amici del Burundi si adoperino anch'essi per aiutare le varie fazioni ad accettare il dialogo ed il negoziato, nel pieno rispetto del diritto e della giustizia.

Alla Regina della Pace, affido, ancora una volta, la nostra preghiera e le nostre speranze.

Data: 1993-10-31 Data estesa: Domenica 31 Ottobre 1993

Omelia durante la Messa con la comunità del Seminario romano "Redemptoris Mater"

Titolo: Radicazione in Cristo e adesione cordiale alla Chiesa, base irrinunciabile di un'autentica formazione sacerdotale

"Siamo stati amorevoli in mezzo a voi come una madre nutre e ha cura delle proprie creature" (1Th 2,7).


1. Venerati fratelli nell'Episcopato e nel Sacerdozio, Carissimi giovani! Ogni presbitero dovrebbe poter far sue le parole di San Paolo poc'anzi ascoltate. L'immagine materna che egli si attribuisce è infatti una delle più suggestive per esprimere la bellezza della vocazione sacerdotale. Essa non soltanto indica una rara intensità di affetto e di dedizione, ma suggerisce anche l'intima connessione che vi è tra il ministero apostolico e il mistero della nuova "nascita" in Cristo mediante lo Spirito Santo (Cfr. Jn 3,5-8).

In quanto portatore della "parola divina della predicazione", l'Apostolo si percepisce strumento di questa spirituale rigenerazione. Egli incarna per i fratelli la "maternità" della Chiesa. Essendo stato chiamato a generarli in Cristo mediante il Vangelo (Cfr. 1Co 4,15), a buon diritto si sente, nei loro confronti, "padre" e "madre", pronto a dare non soltanto il Vangelo, ma "la sua stessa vita" (Cfr. 1Th 2,8).


2. Quale differenza tra questa immagine dell'apostolato e quella che emerge nelle due altre letture, scandite da moniti taglienti e severi! Essi sono indirizzati ai sacerdoti dell'Antica Alleanza, agli scribi, ai farisei, ma additano rischi di deviazione che sono sempre in agguato anche nel nostro ministero.

"Voi vi siete allontanati dalla retta via e siete stati d'inciampo a molti con il vostro insegnamento" (Ml 2,8).

Questa parola del profeta Malachia sottolinea la grande responsabilità dei ministri dell'altare e della Parola. La loro incoerenza è doppiamente grave, perché ad essa s'accompagna lo scandalo. Guai a coloro che dovrebbero essere gli educatori del popolo di Dio, e invece gli sono d'inciampo! Non meno dure le parole di Gesù, per coloro che si sono seduti sulla cattedra di Mosè, non come umili servi della Parola di Dio, ma come avidi cercatori del plauso degli uomini. In essi, parola e vita appaiono in stridente contrasto: sono maestri di cose che non osservano, impongono fardelli che non osano portare, rivendicano un titolo - quello di "rabbi" - che loro non appartiene, perché "uno solo è il Maestro, il Cristo" (Cfr. Mt 23,10).


3. La Parola di Dio ci presenta così, da una parte, il modello autentico della vocazione apostolica e sacerdotale, dall'altra le sue possibili degenerazioni.

Essa giunge a proposito per questo mio incontro con voi, responsabili e chierici del Seminario romano, che ha nome come questa cappella: "Redemptoris Mater". Tutto ci ricorda l'anno della Redenzione, ci ricorda la "Redemptor hominis", la "Redemptoris Mater", la "Redemptoris custos" e anche la "Redemptoris missio". Vi saluto, dunque, Superiori e Seminaristi della "Redemptoris Mater" in questa Cappella dedicata alla "Redemptoris Mater".

Saluto il Signor Cardinale Camillo Ruini, che in certo senso è il primo responsabile del vostro Seminario, dal momento che esso, pur qualificandosi per la sua finalità missionaria, si configura come Seminario della Diocesi di Roma.

Saluto il Rettore, Mons. Giulio Salimei, e il Padre Spirituale, Mons. Maximino Romero de Lema. Ringrazio ambedue per aver voluto prendere questi compiti importanti nella conduzione della "Redemptoris Mater" dopo tanti anni di lavoro nella Curia Romana e nel Vicariato di Roma. Saluto, uno ad uno, tutti voi, carissimi giovani, che vi avviate al Sacerdozio.

E' significativo e importante che voi abbiate scoperto la vocazione seguendo il cammino neocatecumenale ed ora proseguiate il vostro itinerario formativo attenendovi - com'è doveroso - agli orientamenti che la Chiesa indica per tutti i candidati al Sacerdozio. Il traguardo a cui tendete è una profonda radicazione in Cristo, accompagnata dall'adesione cordiale alla Chiesa. E' questa la base irrinunciabile di un'autentica formazione sacerdotale e la garanzia della benedizione di Dio su questo cammino sacerdotale e neocatecumenale; neocatecumenale e missionario; missionario e apostolico. Apprendo perciò con gioia che, come le vostre, molte altre vocazioni stanno fiorendo sul sentiero della vostra spiritualità, il cammino neocatecumenale, non soltanto qui a Roma, ma in diversi posti, in diversi Paesi d'Europa e del mondo intero.

In effetti, è proprio l'approfondimento della vita spirituale, nell'accettazione del "radicalismo" evangelico, il terreno più fecondo per lo sbocciare di una vocazione. Dio non smette di chiamare, ma solo la profonda intimità con Cristo consente di udirne la voce, di accoglierla con prontezza e di seguirla con perseveranza.


4. Occorre avere profonda coscienza, che non si può essere "generatori" di fede, se non si è prima "generati" dalla fede. Paolo poteva annunciare Cristo, anche perché poteva dire con tutta verità: "Non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me" (Ga 2,20). così poteva annunciare Cristo essendo prima generato da Cristo, convertito da Cristo, permeato da Cristo. Non rivendicava quindi un titolo improprio, come quello che l'odierno Vangelo proibisce, quando si sentiva e si diceva "padre" delle sue comunità, perché la sua paternità non era altro che trasparente manifestazione di quella di Dio. E allo stesso tempo si diceva "madre". Anzi, dava una certa precedenza alla "maternità" apostolica che era propria di lui verso queste comunità.

Il mistero del sacerdozio va infatti colto nella sua intima connessione col mistero di Cristo. A tutta la Chiesa spetta di rendere il Cristo, in qualche modo, "visibile" nella storia degli uomini, ma compete al presbitero, chiamato ad agire "in persona Christi", di rappresentarlo come "pastore" e "capo" del suo popolo.

Il sacerdote deve essere perciò una persona conquistata, "afferrata" da Cristo (Cfr. Ph 3,12). Ministero davvero "grande", anche se di una grandezza contraddistinta dall'umiltà del servizio: "Il più grande tra voi sia vostro servo" (Mt 23,11).


5. Carissimi, sono lieto di poter celebrare con voi questo divin Sacrificio, che offro al Signore per la vostra perseveranza. Vi aiuti Iddio a camminare sui sentieri della santità e della gioia verso quei popoli ai quali la sua Provvidenza vi guiderà. E' bene che il Cardinale Vicario ci abbia dato questa domenica libera per incontrare il Seminario "Redemptoris Mater", che è come una parrocchia di Roma. Valeva la pena di trascorrere questa domenica libera insieme con il Seminario romano "Redemptoris Mater".

Vi sostenga Maria, Santa Madre del Redentore. Affidandovi a Lei, vi sentirete davvero "tranquilli e sereni" come "bimbi nelle braccia della madre" (Cfr. Ps resp.). Ella vi ottenga di spendervi con l'ardore dell'apostolo Paolo per il Regno di Dio, in totale fedeltà ed obbedienza alla Chiesa, che è anche Madre, come ci insegnano tutta la Tradizione e il Vaticano II; è anche Madre, ad imitazione della Madre di Cristo. E' questa Chiesa che ci genera, che ci ha generati alla fede. In questa Chiesa voi siete chiamati ad essere presbiteri e a servire Dio fino alla fine dei vostri giorni.

Amen.Data: 1993-10-31 Data estesa: Domenica 31 Ottobre 1993

Omelia durante la commemorazione dei defunti al cimitero romano del Verano

Titolo: Abbraccio nella comune preghiera tutti i defunti in questo giorno della Redenzione compiuta da Cristo

Carissimi fratelli e sorelle!


1. Celebriamo quest'oggi, come ogni anno, il sacrificio eucaristico qui, nell'antico cimitero romano del Verano. Lo celebriamo alla vigilia della Commemorazione dei nostri cari defunti, mentre contempliamo il mistero della santità nella Solennità di Tutti i Santi.

Grande giorno, questo, per la Chiesa pellegrinante sulla terra; giorno di particolare vicinanza a quanti prima di noi sono passati su questa terra ed ora "stanno in piedi davanti all'Agnello" (Cfr. Ap 7,9). I loro cuori sono pieni della gloria di Dio. Giorno glorioso questo di "Tutti i Santi" che commemora la salvezza giunta a compimento nella storia dell'umanità grazie al sangue del Redentore.

"Una moltitudine immensa... di ogni nazione, razza, popolo e lingua...

"Chi sono e donde vengono?"... "Essi sono coloro che sono passati attraverso la grande tribolazione e hanno lavato le loro vesti rendendole candide col sangue dell'Agnello"" (Cfr. Ap 7,9 Ap 7,13-14).

Giorno di Tutti i Santi - giorno della Redenzione compiuta, grande festa dell'Agnello di Dio, che toglie i peccati del mondo.


2. Questo giorno è fissato con impronta indelebile nella mia memoria. E' infatti nella Solennità di Tutti i Santi di quarantasette anni fa che ho ricevuto il dono del sacerdozio di Cristo e sono diventato servo dell'Eucaristia. Ricordo con perenne devozione coloro che mi hanno accompagnato verso questo ministero. A loro mi unisco nel mistero della Comunione dei Santi.

In questi giorni, il primo e il due novembre, ho potuto compiere il cammino, che conduce un sacerdote novello alla celebrazione della prima Santa Messa: dalla celebrazione cioè con il mio Vescovo (il Card. Adamo Stefano Sapieha) nel corso dell'ordinazione sacerdotale, alla prima Messa, che potremmo dire "propria". Una Messa, pero, non può essere considerata mai come "propria"! Essa è sempre sacrificio di Cristo e di tutta la Chiesa, suo Mistico Corpo. La Santa Messa costituisce così un entrare profondo nel mistero di Tutti i Santi, come pure un andare incontro a coloro che soffrendo nel purgatorio "cercano il volto di Dio" (Cfr. Ps 23).

Ogni Santa Messa annunzia ciò che viene proclamato dall'odierna liturgia nel Salmo responsoriale: "Del Signore è la terra e quanto contiene, l'universo e i suoi abitanti" (Ps 23,1). Si! Il sacrificio redentore di Cristo abbraccia tutto e tutti. Cosciente dei propri limiti, il sacerdote celebrando la Messa sperimenta sempre un dono che lo supera infinitamente.


3. La mattina del giorno della Commemorazione di tutti i Fedeli Defunti, mi è stato dato di celebrare l'Eucaristia insieme con "la generazione che cerca il volto di Dio" (Cfr. Ps 23,6), unito a quanti - come sottolinea la liturgia - lo vedono "così come egli è" (1Jn 3,2).

Davanti agli occhi della mia anima resta sempre presente il luogo, la cripta sotto la cattedrale di Wawel, a Cracovia, dove giacciono le spoglie mortali dei re, grandi condottieri, e delle profetiche guide spirituali della mia Nazione.

La cattedrale è tutta permeata della loro presenza e della loro testimonianza, come nella Basilica di San Pietro s'avverte in modo significativo il fascino spirituale che s'irradia dalle tombe dei Papi. Essi sono testimoni della storia in cui tutte le nazioni, di generazione in generazione, insieme con la Chiesa cercano "il volto del Dio di Giacobbe" (Cfr. Ps 23,6), perché, come ricorda Sant'Agostino, il cuore dell'uomo rimane inquieto finché non riposa in Dio (Cfr. Confes. 1,1).


4. Quel giorno, il giorno della prima Santa Messa, dura sempre. E non solo nella memoria: si perpetua nell'Eucaristia di Cristo che è la stessa: ieri, oggi e sempre. Si prolunga nel ministero sacerdotale, come fondamento della vocazione di ogni Vescovo, e in particolare del Vescovo di Roma.

Celebrando il Sacrificio eucaristico qui nel "Campo Verano", vorrei abbracciare nella comune preghiera tutti i cimiteri di Roma e quanti vi "dimorano". Non solo i defunti di questa città che viene chiamata "eterna", bensi "l'universo e i suoi abitanti" (Ps 23,1): tutti, dovunque siano state deposte le loro spoglie terrene, dovunque siano stati sepolti, talora persino senza il giusto rispetto dovuto al loro corpo (e non sono, purtroppo, pochi i luoghi di tal genere...).

Tutti li abbraccia il Sacrificio redentore di Cristo. Essi sono presenti in questo Sacrificio della Chiesa, che prega in suffragio dei defunti. Sacrificio tutto di Cristo e, al tempo stesso, sacrificio tutto per gli uomini: per i vivi e per i defunti.


5. "Chi sono e donde vengono?" (Ap 7,13).

Da ogni luogo. Da ogni luogo... "Signore mio, tu lo sai" (Ap 7,14). Da qualunque parte vengano, tutti "hanno lavato le loro vesti rendendole candide col sangue dell'Agnello" (Ap 7,14). Ed ora stanno in piedi davanti a Te.

Signore! Possano vedere il Volto del Padre. Vedano Te, Dio vivo. Vedano Dio, così come egli è.

Amen!

Data: 1993-11-01 Data estesa: Lunedi 1 Novembre 1993

Angelus, nella solennità di Tutti i Santi - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Sintonia spirituale con la moltitudine dei "puri di cuore"




1. "Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio" (Mt 5,8).

Questa beatitudine evangelica risuona nell'odierna liturgia della solennità di Tutti i Santi, e ci pone in spirituale sintonia con quella moltitudine di "puri di cuore" che in Paradiso fissano il loro sguardo in Dio e ne cantano le lodi.

Vedere Dio è il grande anelito del cuore umano. Spesso l'uomo non ne prende coscienza, perché frastornato dal vortice delle realtà che passano. E' la sua stessa struttura spirituale che lo proietta verso l'infinito, rendendolo non solo "capace di Dio", ma bisognoso di Lui. "Ci hai fatti per te, Signore, e il nostro cuore è inquieto finché non riposa in Te". Scrivendo queste parole, sant'Agostino non ripercorreva solo la sua personale esperienza di convertito, ma si faceva interprete della condizione umana.


2. L'odierna celebrazione, mentre ci fa condividere la gioia dei Santi, ci aiuta a prendere rinnovata coscienza della nostra vocazione alla santità: "Tutti i fedeli di qualsiasi stato e grado - ha ricordato il Concilio - sono chiamati alla pienezza della vita cristiana e alla perfezione della carità" (LG 40).

Il cammino di avvicinamento a tale traguardo passa attraverso la generosa osservanza della legge di Dio (Cfr. Mt 7,21). Nella recente Enciclica "Veritatis Splendor", ho ricordato che "i comandamenti non devono essere intesi come un limite minimo da non oltrepassare, ma piuttosto come una strada aperta per un cammino morale e spirituale di perfezione, la cui anima è l'amore" (VS 15).

Il cristiano è essenzialmente un chiamato alla santità e la norma della sua vita è Cristo stesso: "L'agire di Gesù e la sua parola, le sue azioni e i suoi precetti costituiscono la regola morale della vita cristiana" (Mt 20).


3. Vergine Maria, Regina dei Santi e modello di santità! Tu oggi esulti con l'immensa schiera di coloro che hanno lavato le vesti nel "sangue dell'Agnello" (Ap 7,14). Tu sei la prima dei salvati, la tutta Santa, l'Immacolata.

Aiutaci a vincere la nostra mediocrità. Mettici nel cuore il desiderio e il proposito della perfezione. Suscita nella Chiesa, a beneficio degli uomini d'oggi, una grande primavera di santità.

Data: 1993-11-01 Data estesa: Lunedi 1 Novembre 1993


GPII 1993 Insegnamenti - Udienza ai collaboratori dell'"Institut des Sources chrétiennes" - Città del Vaticano (Roma)