GPII 1993 Insegnamenti - Udienza ai partecipanti all'Assemblea Plenaria della Congregazione per la Dottrina della Fede - Città del Vaticano (Roma)

Udienza ai partecipanti all'Assemblea Plenaria della Congregazione per la Dottrina della Fede - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Apprezzamento per gli sforzi profusi dal Dicastero nella costante preoccupazione di assicurare alla Chiesa quell'unità della fede che nasce dalla fedeltà alla persona di Gesù Cristo

Venerabili fratelli,


1. Mi è gradito incontrarmi con voi al termine di questa vostra "Plenaria", che costituisce come il punto nodale dell'impegno della vostra Congregazione a servizio della Sede di Pietro e della Chiesa universale. Sono grato al caro Card.

Ratzinger per i sentimenti espressi a nome di tutti e per l'illustrazione dei lavori svolti in questi giorni.

Seguo sempre con molta attenzione e partecipazione gli sviluppi delle vostre ricerche e delle vostre attività, soprattutto mediante gli incontri settimanali con il vostro Cardinale Prefetto e con Mons. Segretario, ma mi è molto prezioso poter incontrare periodicamente anche voi, membri del Dicastero, per esprimervi più direttamente quanto mi sta a cuore l'opera che voi svolgete.


2. In particolare, vorrei approfittare di questa circostanza per dirvi la mia gratitudine per l'importante "Lettera ai Vescovi della Chiesa Cattolica su alcuni aspetti della Chiesa intesa come comunione", con la quale la Congregazione ha inteso mettere in luce il concetto corretto di "comunione", riferito al mistero della Chiesa, nella linea del Concilio Vaticano II e del Sinodo straordinario dei Vescovi del 1985, dove si è sottolineata la centralità di questa nozione per una visione adeguata della Chiesa. In effetti, subito dopo il Vaticano II, il concetto di "comunione", insieme al concetto di "popolo di Dio", fu tra le nozioni che maggiormente attrassero l'interesse della riflessione teologica. Accanto pero all'approfondimento reale della dottrina ecclesiologica nel periodo post-conciliare, apparivano anche delle tendenze ad una interpretazione riduttiva di questi concetti-chiave, con il conseguente pericolo di alterare l'ecclesiologia cattolica. Il concetto di "comunione" veniva interpretato in senso orizzontale e sociologico e si insinuava un'idea di Chiesa che si riduceva ad una federazione di Chiese locali.

Con tale Documento è stato offerto ai Vescovi, ai teologi ed a tutti i credenti un contributo dottrinale autorevole perché la comunione dei fedeli di tutti i luoghi e tempi sia vissuta non puramente come un elemento orizzontale ed esteriore, ma come una grazia interiore e nello stesso tempo come segno visibile del dono del Signore, il quale solamente può realizzare l'unità del genere umano, superando ogni barriera e limite dovuto al peccato e alla debolezza dell'uomo.


3. Recentemente la vostra Congregazione ha emanato anche una "Istruzione su alcuni aspetti dell'uso degli strumenti di comunicazione sociale nella promozione della dottrina della fede", che ha offerto un valido contributo all'unità della Chiesa, fondata innanzitutto sulla fede. Tale Documento, che ha fatto seguito alla pubblicazione dell'"Istruzione sulla vocazione ecclesiale del teologo" del maggio 1990, ha ripresentato in forma organica la legislazione della Chiesa sull'uso degli strumenti di comunicazione sociale ed in specie sui libri nella promozione della dottrina della fede. Richiamando le norme canoniche, chiarendone le disposizioni, sviluppando e determinando i procedimenti attraverso cui eseguirle, si è proposta di incoraggiare ed aiutare i Pastori nell'adempimento del loro compito.

I mezzi di comunicazione sociale offrono di fatto un grande servizio al ministero della Chiesa nella diffusione del messaggio di Cristo e la Chiesa segue con grande interesse i progressi che si verificano in questo campo, esprimendo tutto il suo apprezzamento per quello che i Vescovi già fanno al riguardo, pur in mezzo a difficoltà di ogni genere.

Il testo della Congregazione si è limitato all'aspetto disciplinare, cioè alla presentazione organica del diritto vigente; ma poiché nella Chiesa il diritto è sostegno alla verità e alla libertà, l'Istruzione ha un grande valore.

Le norme in materia infatti costituiscono una garanzia per la libertà di tutti: sia dei singoli fedeli, che hanno il diritto di ricevere il messaggio del Vangelo nella sua purezza e nella sua integralità; sia degli operatori pastorali, dei teologi e di tutti i pubblicisti cattolici, che hanno anch'essi il diritto di comunicare il loro pensiero, salva restando l'integrità della fede e dei costumi ed il rispetto verso i Pastori.


4. Colgo l'occasione per esprimere la mia soddisfazione anche per un'altra iniziativa, che si colloca nella suddetta prospettiva della promozione dell'unità della Chiesa e che fu presa dalla "Plenaria" del 1982 del vostro Dicastero, anche se si è venuta dispiegando poi nel corso degli anni seguenti. Si tratta degli incontri con i Presidenti delle Commissioni Dottrinali delle Conferenze Episcopali dei vari Continenti. L'ultimo di questi incontri, riguardante l'Asia, si è tenuto ad Hong Kong dal 2 al 5 marzo u.s., facendo seguito ai precedenti analoghi incontri per l'America Latina (1984), per l'Africa (1987) e per l'Europa (1989).

Come scrivevo nel Messaggio inviato ai partecipanti a detta Assemblea, ritengo che tali incontri possano "offrire sostegno e sicuro indirizzo al ministero specifico dei Vescovi quali maestri principali delle fede nelle loro rispettive comunità, così che tutto il popolo di Dio possa beneficiare di una chiara presentazione della dottrina cattolica e crescere così nella conoscenza delle inesauribili ricchezze di Cristo".


5. Sempre in questo contesto ritengo opportuno dire una speciale parola di apprezzamento per tutta la collaborazione che offrite agli altri Dicasteri, sotto molteplici aspetti, nella costante preoccupazione di assicurare alla Chiesa quell'unità della fede che nasce dalla fedeltà alla persona di Cristo e che una costante meditazione della Parola di Dio ed un continuo e paziente dialogo possono assicurare.

Vorrei anche accennare all'importanza che attribuisco a quanto la vostra Congregazione fa per l'approfondimento dei molteplici problemi di Teologia morale, che le vengono sottoposti dalle diverse parti del mondo. Sono a conoscenza degli studi che sono stati intrapresi in relazione a nuove questioni correlate ai problemi della contraccezione, della sterilizzazione, dell'aborto, dei trapianti di organi o di tessuti, delle cure ai malati in fase terminale, della morte e dell'eutanasia. Questi studi hanno consentito di offrire a diversi settori della Chiesa risposte e indicazioni su problemi talora assai complessi e delicati. Vi esorto a continuare in questa linea con coraggio e perseveranza, sia pure in mezzo alle difficoltà che un simile compito presenta.


6. Nel compiacermi infine per l'intenso lavoro svolto in questi quattro giorni, vorrei esprimere il mio apprezzamento soprattutto per lo studio che state conducendo sulla relazione fra fede e filosofia, tema che mi sta particolarmente a cuore.

Al termine di questo incontro, che ci ha permesso di guardare insieme al cammino percorso, traendone incoraggiamento e stimolo per i futuri compiti, affido il vostro impegno a Maria, modello insigne di un ascolto orante della Parola del Signore, e, quale pegno del mio affetto riconoscente, vi imparto di cuore la mia Benedizione.

Data: 1993-11-19 Data estesa: Venerdi 19 Novembre 1993



Udienza al Gruppo di lavoro sul genoma umano promosso dalla Pontificia Accademia delle Scienze - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Utilizzare l'embrione come puro oggetto di sperimentazione significa attentare alla dignità della persona e del genere umano

Eccellenze, Reverendi Padri, Signora, Signori,


1. Le vostre giornate di lavoro sul tema "Gli aspetti legali e etici relativi al progetto del genoma umano" si svolgono in un momento particolarmente opportuno.

Recenti rapporti su alcune sperimentazioni di genetica umana hanno turbato la comunità scientifica e molti nostri contemporanei. In questa fine di secolo, di fronte ai rapidi progressi scientifici, la riflessione etica e giuridica su questioni tanto importanti appare urgente.


2. Devo innanzitutto salutare i numerosi sforzi degli scienziati, dei ricercatori e dei medici che si dedicano a decifrare il genoma umano e ad analizzare le sequenze per arrivare a una più profonda conoscenza della biologia molecolare e delle basi geniche di molte malattie. Non si può che incoraggiare questi studi, purché offrano nuove prospettive di cure e di terapie geniche che rispettino la vita e l'integrità dei soggetti, e che siano volte alla tutela o alla guarigione individuale dei pazienti, nati o nascituri, affetti da patologie molto spesso letali. Non si deve tuttavia tacere il fatto che queste scoperte rischiano di essere utilizzate per operare delle selezioni fra gli embrioni, eliminando quelli che sono colpiti da malattie genetiche o portatori di caratteri genetici patologici.

Il continuo approfondimento delle conoscenze sul vivente è in sé un bene, poiché la ricerca della verità fa parte della vocazione primordiale dell'uomo e costituisce la prima lode verso Colui che "ha plasmato all'origine l'uomo e ha provveduto alla generazione di tutti" (2Mac 7,23). La ragione umana, dagli innumerevoli poteri e dalle svariate attività, è insieme ragione scientifica e ragione etica. Essa è in grado di mettere a punto i procedimenti di conoscenza sperimentale della creazione, e allo stesso tempo, di ricordare alla coscienza le esigenze della legge morale al servizio della dignità umana. La preoccupazione di conoscere non può dunque essere, come si è a volte tentati di pensare, il solo motivo e la sola giustificazione della scienza, col rischio di mettere in pericolo il fine della ricerca medica: perseguire, in modo assoluto, il bene dell'uomo e dell'intera umanità.

Poiché ci fa scoprire l'infinitamente grande e l'infinitamente piccolo e poiché ottiene risultati impressionanti, la scienza è seducente e affascinante.

Conviene pero ricordare che, se essa ha la capacità di spiegare il funzionamento biologico e le interazioni tra le molecole, non sa pero enunciare da sola la verità ultima e offrire la felicità che l'uomo desidera raggiungere, né dettare i criteri morali per il conseguimento del bene. In effetti, questi ultimi non sono stabiliti sulla base delle possibilità tecniche e non si deducono dalle costatazioni delle scienze sperimentali, ma "sono da trovare nella dignità propria della persona" (VS 50).


3. Il progetto, che consiste nel decifrare le sequenze del genoma umano e nell'analizzarne la struttura macromolecolare per stabilire la mappa genica di ogni persona, mette a disposizione dei medici e dei biologi conoscenze le cui applicazioni possono oltrepassare l'ambito medico; esso può far pesare sull'uomo temibili minacce. E' sufficiente evocare le molte forme di eugenismo o di discriminazione connesse alle possibili utilizzazioni della medicina predittiva.

Garantire il rispetto dovuto alla persona, di fronte alle nuove ricerche, è responsabilità dell'intero genere umano. Secondo le loro competenze, le famiglie spirituali, i moralisti, i filosofi, i giuristi e le autorità politiche vigileranno affinché ogni procedimento scientifico rispetti l'integrità dell'essere umano, "esigenza insopprimibile" (VS 13).


4. E' dunque importante essere consapevoli dei problemi morali che vertono, non sulla conoscenza in sé, ma sui mezzi di acquisizione del sapere e sulle sue applicazioni possibili e prevedibili. In effetti, sappiamo che oggi è possibile acquisire la conoscenza del genoma umano senza per altro ledere l'integrità del soggetto. Il primo criterio morale, che deve guidare tutte le ricerche, è dunque il rispetto dell'essere umano sul quale si effettua la ricerca. Ma certe scoperte, che si presentano come imprese tecniche o come prodezze da parte degli scienziati, possono essere all'origine di una certa tensione per lo stesso spirito scientifico. Ciò suscita, da un lato, l'ammirazione per l'ingegnosità dimostrata e, dall'altro, la paura, spesso fondata, che la dignità dell'uomo ne risulti gravemente ferita e minacciata. Questa tensione rende onore a colui che riflette sui valori che guidano le sue scelte in materia di ricerca, poiché essa denota il senso etico, naturalmente presente in ogni coscienza.


5. Non spetta alla Chiesa fissare i criteri scientifici e tecnici della ricerca medica. Ma è suo dovere ricordare, in nome della sua missione e della sua tradizione secolare, i limiti entro i quali ogni ricerca intrapresa resta un bene per l'uomo, poiché la libertà deve essere sempre ordinata al bene. La Chiesa contempla in Cristo, l'uomo perfetto, il modello per eccellenza di tutti gli uomini e il cammino verso la vita eterna; essa desidera offrire delle linee di riflessione per illuminare i suoi fratelli nell'umanità e proporre i valori morali necessari all'azione, che sono anche i punti di riferimento indispensabili per i ricercatori chiamati a prendere decisioni che coinvolgono il senso dell'uomo. In effetti, solo la Rivelazione porta alla conoscenza integrale dell'uomo che la sapienza filosofica e le discipline scientifiche possono concepire in modo progressivo e meraviglioso, ma sempre incerto e incompleto.


6. Ogni essere umano deve essere considerato e "rispettato come persona dal momento del suo concepimento" (Congregazione per la dottrina della Fede, Istruzione Donum vitae, II 8), formata di un corpo e di un'anima spirituale e avente un valore intrinseco (Cfr. Jr 1,5): questo è per la Chiesa il principio che guida lo sviluppo della ricerca. La persona umana non si definisce in base alla sua azione presente o futura, né allo sviluppo che si può intravedere nel genoma, ma a partire dalle qualità essenziali dell'essere, dalle capacità legate alla sua stessa natura. Appena fecondato, il nuovo essere non è riducibile al suo patrimonio genetico, che costituisce la sua base biologica e che è portatore della speranza di vita del soggetto. Come diceva Tertulliano, "è già uomo colui che deve divenire un uomo" (Apologeticum, IX, 8). In materia scientifica, come in tutti i campi, la giusta decisione morale necessita di una visione integrale dell'uomo, vale a dire di una concezione che, superando il visibile e il sensibile, riconosca il valore trascendente e prenda in considerazione ciò che fa di lui un essere spirituale.

Di conseguenza, utilizzare l'embrione come un mero oggetto di analisi e di sperimentazione significa attentare alla dignità della persona e del genere umano. In effetti, nessuno ha il diritto di fissare le soglie d'umanità di un'esistenza singolare, poiché ciò corrisponderebbe ad attribuirsi un potere esorbitante sui propri simili.


7. In nessun momento della sua crescita l'embrione può dunque essere oggetto di esperimenti che non siano orientati al suo bene, né di sperimentazioni che portino inevitabilmente sia alla sua distruzione sia ad amputazioni o lesioni irreversibili, poiché la natura stessa dell'uomo verrebbe, allo stesso tempo, schernita e ferita. Il patrimonio genetico è il tesoro che appartiene o può appartenere a un essere singolare che ha diritto alla vita e allo sviluppo umano integrale. Le manipolazioni sconsiderate sui gameti e sugli embrioni, volte a trasformare le sequenze specifiche del genoma, portatore delle caratteristiche proprie della specie e dell'individuo, fanno correre all'umanità gravi rischi di mutazioni genetiche che altererebbero certamente l'integrità fisica e spirituale non soltanto degli esseri sui quali sono state effettuate queste trasformazioni, ma anche sulle persone delle generazioni future.

Se non è orientata al suo bene, la sperimentazione sull'uomo, che in un primo momento sembra essere una conquista nell'ambito della conoscenza, rischia di condurre alla degradazione del senso autentico e del valore dell'umano. In effetti, il criterio morale della ricerca rimane sempre l'uomo nel suo essere allo stesso tempo fisico e spirituale. Il senso etico implica il rifiuto di impegnarsi in ricerche che offenderebbero la sua dignità umana e che ostacolerebbero la sua crescita integrale. Ciò tuttavia non significa condannare all'ignoranza i ricercatori, che sono invece invitati ad accrescere la loro ingegnosità. Con un senso acuto dell'uomo, essi sapranno trovare delle nuove vie di conoscenza e rendere il servizio inestimabile che la comunità umana si attende da loro.

L'utilizzazione della medicina predittiva, che nasce con il trattamento sequenziale del genoma umano, pone anche altri delicati problemi. In particolare, quello del consenso maturo del soggetto adulto sul quale si effettua la ricerca genetica così come del rispetto del segreto sugli elementi che potrebbero essere conosciuti, riguardanti la persona e la sua discendenza. Non bisogna neanche dimenticare la delicata questione della comunicazione alle persone dei dati che mettono in evidenza la presenza, sotto forma latente, di patologie genetiche, che autorizzano delle diagnosi funeste per la salute del soggetto.


8. La Chiesa desidera ricordare ai legislatori la loro responsabilità in materia di tutela e di promozione delle persone, poiché i progetti d'analisi del genoma umano aprono feconde prospettive, ma comportano anche molteplici rischi.

L'embrione deve essere riconosciuto come soggetto di diritto dalle leggi delle nazioni, altrimenti si metterà l'umanità in pericolo. Difendendo l'embrione, la società protegge ogni uomo che riconosce in questo piccolo essere indifeso colui che è stato all'inizio della sua esistenza. Più che ogni altra cosa, questa fragilità umana degli inizi richiede la sollecitudine della società che si fa onore garantendo il rispetto dei suoi membri più deboli. Essa soddisfa così l'esigenza fondamentale di giustizia e di solidarietà che unisce la famiglia umana.


9. Al termine del nostro incontro, desidero rinnovare alla comunità scientifica il mio appello affinché il senso dell'uomo e i valori morali rimangano il fondamento delle decisioni nel campo della ricerca. Auspico che le riflessioni svolte dal vostro gruppo di lavoro forniscano elementi di riferimento ai ricercatori così come ai redattori di documenti deontologici e legislativi. La mia gratitudine va a coloro che hanno cooperato in modi diversi a queste giornate di studi. Ringrazio di cuore voi, che avete apportato il vostro contributo nel corso degli scambi fecondi, per aver partecipato a questo gruppo di ricerca da cui possiamo attendere abbondanti frutti e prego l'Onnipotente di assistervi nei vostri sforzi di riflessione morale così come nelle vostre ricerche.

Data: 1993-11-20 Data estesa: Sabato 20 Novembre 1993

Udienza a conclusione della Conferenza Internazionale sull'infanzia svoltasi nell'Aula Paolo VI - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Urge una rinnovata coscienza del dovere di amare il bambino




1. Saluto con gioia tutti voi, partecipanti a questa annuale Conferenza Internazionale, promossa dal Pontificio Consiglio della Pastorale per gli Operatori Sanitari, su di un tema di massima rilevanza ed attualità sia per la complessità dei suoi aspetti che per la vastità dell'area umana interessata: Il bambino è il futuro della società. Io dico sempre: voi giovani siete il futuro del mondo e della Chiesa, ma i bambini anticipano questi giovani, che vengono dopo, prima sono bambini.

Saluto con stima ed affetto il Signor Cardinale Fiorenzo Angelini, Presidente del Pontificio Consiglio, e lo ringrazio per le gentili parole rivoltemi a nome di tutti i presenti: parole gentili e coraggiose, profondamente evangeliche. Esprimo il mio vivo compiacimento agli organizzatori di questa assise, come pure agli illustri studiosi, scienziati, ricercatori ed esperti, che hanno portato il loro contributo all'approfondimento dei complessi e molteplici problemi connessi con la vita e la persona del bambino. Estendo il mio saluto ai rappresentanti di governi, di organizzazioni nazionali e regionali, di organizzazioni internazionali non governative - particolarmente al Direttore generale del Fondo delle Nazioni Unite per l'Infanzia (UNICEF), al Direttore generale dell'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), ai rappresentanti di Enti ed Istituti benemeriti nel campo dell'assistenza all'infanzia.


2. Gli anni che viviamo, nonostante il persistere di gravissimi e urgenti problemi, offrono nuove opportunità per migliorare le condizioni di vita dei bambini: basti ricordare l'accresciuta importanza data alla cooperazione internazionale, gli accordi per il disarmo nucleare, la riduzione delle spese militari, la politica per la difesa dell'ambiente. In questo contesto si collocano la Convenzione internazionale sui diritti dell'infanzia, approvata dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 20 novembre 1989, ed il vertice mondiale per i bambini che, con una Dichiarazione sottoscritta dai massimi rappresentanti di 135 Paesi, ha attivato un piano di azione che si propone, entro l'anno duemila: - di ridurre di un terzo l'attuale tasso di mortalità dei bambini al disotto dei cinque anni d'età e della metà il tasso di mortalità delle madri; - di assicurare la necessaria alimentazione; - di ridurre l'analfabetismo; - di dare priorità di assistenza ai bambini vittime di conflitti locali e di dolorose emigrazioni.

La Chiesa ha prontamente accolto l'invito a coinvolgere in questo vasto programma le sue istituzioni, ed auspica che la menzionata Convenzione internazionale possa presto diventare il primo "trattato universale" sui diritti umani. A tale scopo, rinnovo un pressante invito ai responsabili degli Stati, affinché si acceleri la ratifica di tale Convenzione, la cui attuazione costituisce una grande risposta al problema dello squilibrio tra nord e sud del mondo, causa di tante sofferenze e di continua instabilità internazionale.


3. Gli adulti di domani sono i bambini di oggi. Trascurare questa elementare verità, non soltanto compromette il futuro del bambino, ma quello della società in quanto tale.

E' necessario dunque un impegno efficace per la difesa e la promozione dell'infanzia. Ciò richiede l'apporto della ricerca e della scienza, l'impegno di risorse adeguate e soprattutto, sul piano individuale e sociale, il recupero dei valori fondamentali che sono alla base del retto ed ordinato vivere sociale, a cominciare - come sottolinea con vigore la ricordata Convenzione internazionale - dal valore della famiglia, cellula originaria della società, per arrivare poi alle altre molteplici garanzie di maturazione integrale del bambino.


4. I numerosi e benemeriti Organismi nazionali ed internazionali impegnati nell'assistenza all'infanzia più debole e abbandonata non possono certamente far fronte, da soli, ai crescenti bisogni che affliggono masse sterminate di bambini.

La solidarietà è la risposta veramente adeguata a una simile domanda di aiuto. A tale risposta sono chiamati tutti gli uomini, ma in modo speciale quanti hanno una visione della vita che li porta a riconoscere in ogni persona umana l'immagine di Dio e quasi il riflesso del Volto di Cristo, riflesso che è particolarmente vivo e visibile proprio nei lineamenti innocenti dei bambini.

E' significativo che nella predicazione di Cristo i bambini compaiano quale paradigma di comportamento anche per gli adulti. Volendo un giorno spiegare la natura e le esigenze del suo Regno, Gesù chiamo a sé un bambino, lo pose in mezzo ai discepoli e disse: "In verità vi dico: se non vi convertirete e non diventerete come bambini non entrerete nel regno dei cieli. perciò, chiunque diventerà piccolo come questo bambino, sarà il più grande nel regno dei cieli. E chi accoglie anche uno solo di questi bambini in nome mio, accoglie me" (Mt 18,3-5).

Per questo la Chiesa, particolarmente sensibile ai diritti dei più deboli, dalle sue origini ad oggi è stata sempre vicina ai bambini attraverso benefiche istituzioni suscitate da persone che lo Spirito muoveva con il carisma specifico della protezione, della educazione, dello sviluppo e della formazione del bambino, prima fra tutte la Pontificia Opera della Santa Infanzia, che quest'anno celebra il suo 150 anniversario.


5. La Conferenza internazionale, che oggi si chiude, ha raccolto in sintesi costruttiva molteplici proposte che indicano altrettante piste da seguire nel campo dell'assistenza del bambino. Vi è un elemento, tuttavia, che rende convergenti queste proposte e le accomuna: il riconoscimento che, come la vita è un dono di amore, così, particolarmente nel bambino, la promozione, la difesa e la maturazione armonica della vita non possono che alimentarsi di amore.

I diritti del bambino si riassumono nel diritto ad essere amato, e la comunità non potrà dire di difendere, proteggere ed accompagnare nel suo sviluppo il bambino, se alla base delle sue iniziative non porrà una rinnovata coscienza del dovere di amare il bambino.

La stessa scienza, che è amore di conoscenza, ha il compito di trasformarsi in servizio di amore verso i più piccoli; e con la scienza, tutte le istituzioni, pubbliche e private, devono muoversi secondo criteri di autentico amore, così da saper programmare e coordinare un'azione che assicuri all'infanzia protezione e sviluppo.


6. Il mio pensiero va con vivo apprezzamento alle innumerevoli forme associative che, promosse e sostenute dai Pastori, da Istituti religiosi femminili e maschili, da gruppi ed Istituzioni laicali, da Organizzazioni di volontariato, si prendono cura, nelle forme più nobili e, spesso, anche più nascoste, dei bambini. Auspico che si rafforzi in tutti la consapevolezza che, mediante l'assolvimento dei doveri di giustizia e di amore verso i bambini, si prepara una società di adulti più armoniosa e solidale.

La Vergine Santissima, che ebbe la gioia di dare alla luce e stringere tra le braccia il Figlio di Dio fatto "bambino", vedendolo poi crescere in sapienza, età e grazia davanti a Dio e davanti agli uomini (Cfr. Lc 2,52), aiuti ciascuno a dare al proprio impegno a favore dei più piccoli le prerogative della bontà operosa, dell'esempio che trascina, dell'amore che si dona.

Con questi auspici su tutti invoco la benedizione di Dio, apportatrice di ogni desiderato aiuto e conforto.

Data: 1993-11-20 Data estesa: Sabato 20 Novembre 1993

Angelus con i fedeli raccolti in piazza San Pietro - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: La regalità di Cristo non è dominio, ma servizio

Carissimi fratelli e sorelle!


1. L'odierna domenica, dedicata a Nostro Signore Gesù Cristo, Re dell'Universo, è l'ultima dell'anno liturgico. Dopo aver meditato i misteri della vita del Signore, dalla nascita alla sua morte e risurrezione, la Chiesa contempla oggi l'Agnello immolato accanto al Padre, nel fulgore della gloria celeste, e fa propria l'eterna lode degli Angeli e dei Santi in Paradiso. "A Colui che siede sul trono e all'Agnello lode, onore, gloria e potenza nei secoli dei secoli" (Ap 5,13).

Il fondamento dell'universale regalità di Gesù Cristo è la sua divinità: mistero grande, che noi professiamo nell'umile e grata obbedienza della fede.

Questa ci consente di cogliere in Gesù il Figlio eterno di Dio, la Parola consostanziale al Padre, il Verbo fatto carne (Jn 1,14).

In forza di tale identità, il Cristo può dire: "Io sono la via, la verità, la vita" (Jn 14,6). In Lui tutto è stato creato e a Lui tutto tende: Egli è il Re dell'Universo!


2. Tuttavia, mentre ne canta le lodi, la Chiesa non cessa di stupirsi di fronte al paradosso di un Re che si è fatto servo, diventando in tutto simile a noi fuorché nel peccato (Cfr. He 4,15).

Contemplare la regalità di Gesù non significa dunque per l'uomo appropriarsi della sua gloria, bensi misurarsi col suo amore.

Il Re che oggi contempliamo è infatti il buon Pastore, che dona la vita per le sue pecore; la sua regalità non è dominio, ma servizio.

La Chiesa, pur riconoscendo le debolezze dei suoi membri, resta fedele a tale ideale, e proprio per questo continua a proporre con umile fermezza, come nella recente Enciclica Veritatis Splendor, l'annuncio evangelico della verità sull'uomo. Questo è sicuramente uno dei servizi più urgenti di cui oggi l'umanità abbisogna.

Di tale verità i discepoli di Cristo si sentono uditori e servi, chiamati ad accoglierla sempre nuovamente dalle labbra di Colui che, manifestando dinanzi a Pilato il senso della propria regalità, affermava: "Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo, per rendere testimonianza alla verità" (Jn 18,37).


3. Carissimi fratelli e sorelle! Volgiamo lo sguardo verso Maria, che la Chiesa venera come Madre e Regina: la gloria del Figlio è anche la sua! A Lei chiediamo di affrettare, con la sua intercessione, l'avvento del Regno di Dio; che cioè sia Cristo a regnare nei cuori, nelle famiglie, nelle nazioni, Egli che è Dio dell'amore e della pace.

Data: 1993-11-21 Data estesa: Domenica 21 Novembre 1993

Il Messaggio del Santo Padre in occasione della IX e X Giornata Mondiale della Gioventù

Titolo: "Come il Padre ha mandato me, anch'io mando voi" (Jn 20,21)

MESSAGGIO DEL SANTO PADRE ai Giovani e alle Giovani del mondo in occasione della IX e X Giornata Mondiale della Gioventù "Come il Padre ha mandato me, anch'io mando voi" (Jn 20,21).

Carissimi Giovani!


1. "Pace a voi"! (Jn 20,19). E' il saluto denso di significato con cui il Signore risorto si presenta ai discepoli, timorosi e sconcertati dopo la sua passione.

Con la stessa intensità e profondità di sentimento mi rivolgo ora a voi, mentre ci apprestiamo a celebrare la IX e X Giornata Mondiale della Gioventù. Esse avranno luogo, come è ormai felice consuetudine, la Domenica delle Palme del 1994 e del 1995, mentre il grande incontro internazionale che vede i giovani di tutto il mondo raccolti intorno al Papa è fissato a Manila, capitale delle Filippine, nel gennaio del 1995.

Nei precedenti incontri che hanno segnato il nostro itinerario di riflessione e di preghiera, abbiamo avuto, come i discepoli, la possibilità di "vedere" - che significa anche credere e conoscere, quasi "toccare" (Cfr. 1Jn 1,1) - il Signore risorto.

Lo abbiamo "visto" e accolto come maestro ed amico a Roma nel 1984 e 1985, quando abbiamo intrapreso il pellegrinaggio dal centro e cuore della cattolicità per rendere ragione della speranza che è in noi (Cfr. 1P 3,15), portando la sua Croce sulle strade del mondo. Gli abbiamo chiesto - con insistenza - di rimanere con noi nel nostro quotidiano cammino.

Lo abbiamo "visto" a Buenos Aires nel 1987 quando, insieme con i giovani di ogni continente, particolarmente dell'America Latina, "abbiamo riconosciuto e creduto all'amore che Dio ha per noi" (1Jn 4,16) e abbiamo proclamato che la sua rivelazione, come un sole che illumina e riscalda, alimenta la speranza e rinnova la gioia dell'impegno missionario per la costruzione della civiltà dell'amore.

Lo abbiamo "visto" a Santiago de Compostela nel 1989, ove abbiamo scoperto il suo volto e lo abbiamo riconosciuto come via, verità e vita (Cfr. Jn 14,6), meditando con l'apostolo Giacomo sulle antiche radici cristiane dell'Europa.

Lo abbiamo "visto" nel 1991 a Czestochowa, quando - abbattute le barriere - tutti insieme, giovani dell'Est e dell'Ovest, sotto lo sguardo premuroso della Madre celeste, abbiamo proclamato la paternità di Dio per mezzo dello Spirito e ci siamo riconosciuti - in Lui - fratelli: "Avete ricevuto uno spirito da figli" (Rm 8,15).

Lo abbiamo "visto" ancora recentemente a Denver, nel cuore degli Stati Uniti d'America, dove lo abbiamo ricercato sul volto dell'uomo contemporaneo in un contesto sostanzialmente differente dalle precedenti tappe, ma non meno esaltante per la profondità dei contenuti, sperimentando e gustando il dono della vita in abbondanza: "Io sono venuto perché abbiano la vita e l'abbiano in abbondanza" (Jn 10,10).

Mentre custodiamo negli occhi e nel cuore lo spettacolo meraviglioso e indimenticabile di quel grande incontro tra le Montagne Rocciose, il nostro pellegrinaggio riprende e fa tappa questa volta a Manila, nel vasto continente asiatico, crocevia della X Giornata Mondiale della Gioventù.

Il desiderio di "vedere il Signore" abita sempre il cuore dell'uomo (Cfr. Jn 12,21) e lo sospinge incessantemente a ricercare il suo Volto. Anche noi, mettendoci in cammino, diamo espressione a questa nostalgia e, con il pellegrino di Sion, ripetiamo: "Il tuo volto, Signore, io cerco" (Ps 27,8).

Il Figlio di Dio ci viene incontro, ci accoglie e si manifesta a noi, ci ripete quanto disse ai discepoli la sera di Pasqua: "Come il Padre ha mandato me, anch'io mando voi" (Jn 20,21).

Ancora una volta, a convocare i giovani di tutto il mondo è Gesù Cristo, centro della nostra vita, radice della nostra fede, ragione della nostra speranza, sorgente della nostra carità.

Chiamati da Lui, i giovani di ogni angolo del pianeta si interrogano sul proprio impegno per la "nuova evangelizzazione", nel solco della missione affidata agli Apostoli ed alla quale ogni cristiano, in ragione del suo Battesimo e della sua appartenenza alla Comunità ecclesiale, è chiamato a partecipare.


2. La vocazione e l'impegno missionario della Chiesa scaturiscono dal mistero centrale della nostra fede: la Pasqua. E' infatti "la sera di quello stesso giorno" che Gesù appare ai discepoli, barricati dietro le porte chiuse "per timore dei Giudei" (Jn 20,19).

Dopo aver dato prova del suo amore senza confini abbracciando la Croce e offrendo se stesso in sacrificio di redenzione per tutti gli uomini - l'aveva pur detto: "Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici" (Jn 15,13) - il divino Maestro torna tra i suoi, tra coloro che più intensamente ha amato e coi quali ha trascorso la vita terrena.

E' un incontro straordinario, nel quale i cuori si aprono alla felicità della ritrovata presenza di Cristo, dopo gli eventi della sua tragica passione e della sua gloriosa risurrezione. I discepoli "gioirono al vedere il Signore" (Jn 20,20).

Incontrarlo all'indomani della risurrezione, significo per gli apostoli toccare con mano che il suo messaggio non era menzognero, che le sue promesse non erano scritte sulla sabbia. Lui, vivo e sfolgorante di gloria, costituisce la prova dell'onnipotente amore di Dio, che cambia radicalmente il corso della storia e delle nostre singole esistenze.

L'incontro con Gesù è pertanto evento che dà senso all'esistenza dell'uomo e la sconvolge, aprendo lo spirito ad orizzonti di autentica libertà.

Anche questo nostro tempo si colloca "all'indomani della Risurrezione".

E' "il momento favorevole", "il giorno della salvezza" (2Co 6,2).

Il Risorto torna fra noi con la pienezza della gioia e con sovrabbondante ricchezza di vita. La speranza si fa certezza, perché se Egli ha vinto la morte, anche noi possiamo sperare di trionfare un giorno nella pienezza dei tempi, nella stagione della definitiva contemplazione di Dio.


3. Ma l'incontro con il Signore risorto non rispecchia soltanto un momento di gioia individuale. E' piuttosto l'occasione nella quale si manifesta in tutta la sua ampiezza la chiamata che attende ogni essere umano. Forti della fede nel Cristo risorto, siamo tutti invitati a spalancare le porte della vita, senza paure né incertezze, per accogliere la Parola che è Via, Verità e Vita (Cfr. Jn 14,6), e gridarla coraggiosamente al mondo intero.

La salvezza, che ci è stata offerta, è un dono da non tenere gelosamente nascosto. E' come la luce del sole, che per sua natura squarcia le tenebre; è come l'acqua di limpida sorgente, che sgorga inarrestabile dal cuore della roccia.

"Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito" (Jn 3,16).

Gesù, mandato dal Padre all'umanità, comunica ad ogni credente la pienezza della vita (Cfr. Jn 10,10), come abbiamo meditato e proclamato in occasione della recente Giornata di Denver.

Il suo Vangelo deve farsi "comunicazione" e missione. La vocazione missionaria chiama in causa ogni cristiano, diventa l'essenza stessa di ogni testimonianza di fede concreta e vitale. Si tratta di una missione che trae la sua origine dal progetto del Padre, disegno d'amore e di salvezza che si attua con la forza dello Spirito senza il quale ogni nostra iniziativa apostolica è destinata all'insuccesso. Proprio per rendere i suoi discepoli capaci di compiere tale missione, Gesù dice loro: "Ricevete lo Spirito Santo" (Jn 20,22). Egli trasmette così alla Chiesa la sua stessa missione salvifica, perché il mistero pasquale continui ad essere comunicato ad ogni uomo, in ogni tempo, ad ogni latitudine del pianeta.

Voi, giovani, soprattutto, siete chiamati a farvi missionari di questa Nuova Evangelizzazione, testimoniando quotidianamente la Parola che salva.


4. Voi vivete in prima persona le inquietudini dell'attuale stagione storica, densa di speranze e di incertezze, nella quale può talora essere facile smarrire la strada che porta all'incontro con Cristo.

Molteplici sono, in effetti, le tentazioni dei nostri giorni, le seduzioni che vorrebbero spegnere la voce divina risonante dentro il cuore di ognuno.

All'uomo del nostro secolo, a tutti voi, cari giovani che siete affamati e assetati di verità, la Chiesa si presenta come compagna di viaggio. Essa offre l'eterno messaggio evangelico ed affida un compito apostolico esaltante: essere i protagonisti della Nuova Evangelizzazione.

Fedele custode e interprete del patrimonio di fede trasmessole da Cristo, essa intende dialogare con le nuove generazioni; vuole chinarsi sui loro bisogni ed attese per ricercare, nel dialogo franco e aperto, i sentimenti più opportuni per giungere alle sorgenti della salvezza divina.

Ai giovani la Chiesa affida il compito di gridare al mondo la gioia che scaturisce dall'aver incontrato Cristo. Cari amici, lasciatevi sedurre da Cristo; accogliete il Suo invito e seguitelo. Andate e predicate la buona novella che redime (Cfr. Mt 28,19); fatelo con la felicità nel cuore e diventate comunicatori di speranza in un mondo non di rado tentato dalla disperazione, comunicatori di fede in una società che sembra talora rassegnarsi all'incredulità; comunicatori di amore fra avvenimenti quotidiani spesso scanditi dalla logica del più sfrenato egoismo.


5. Per poter imitare i discepoli, i quali, travolti dal soffio dello Spirito, proclamarono senza tentennamenti la propria fede nel Redentore che tutti ama e tutti vuole salvi (Cfr. Ac 2,22-24 Ac 2,32-36), occorre diventare uomini nuovi, abbandonando l'uomo vecchio che ci portiamo dentro e lasciandoci rinnovare in profondità dalla forza dello Spirito del Signore.

Ognuno di voi è mandato nel mondo, specialmente fra i propri coetanei, a comunicare con la testimonianza della vita e delle opere il messaggio evangelico della riconciliazione e della pace: "Vi supplichiamo in nome di Cristo: lasciatevi riconciliare con Dio" (2Co 5,20).

Questa riconciliazione è anzitutto il destino individuale di ogni cristiano che attinge e continuamente rinnova la propria identità di discepolo del Figlio di Dio nella preghiera e nella partecipazione ai sacramenti, particolarmente della Penitenza e dell'Eucaristia.

Ma è anche il destino dell'intera famiglia umana. Essere oggi missionari nel cuore della nostra società, significa anche utilizzare al meglio i mezzi della comunicazione per tale compito religioso e pastorale.

Divenuti ardenti comunicatori della Parola che salva e testimoni della gioia della Pasqua, sarete anche costruttori di pace in un mondo che questa pace insegue come un'utopia, dimenticando spesso le sue radici profonde. Le radici della pace - voi lo sapete bene - stanno dentro il cuore di ciascuno, se sa aprirsi all'augurio del Redentore risorto: "Pace a voi" (Jn 20,19).

In vista ormai dell'avvento del terzo millennio cristiano, a voi giovani è affidato in modo particolare il compito di diventare comunicatori di speranza ed operatori di pace (Cfr. Mt 5,9) in un mondo sempre più bisognoso di testimoni credibili e di annunciatori coerenti. Sappiate parlare al cuore dei vostri coetanei assetati di verità e di felicità, in costante, anche se spesso inconsapevole ricerca di Dio.


6. Carissimi ragazzi e ragazze di tutto il mondo! Mentre con questo Messaggio si apre ufficialmente il cammino verso la IX e X Giornata Mondiale della Gioventù, desidero rinnovare il mio affettuoso saluto a ciascuno di voi, in particolare a quanti vivono nelle Filippine: nel 1995, infatti, per la prima volta l'Incontro mondiale dei giovani con il Papa si celebrerà nel continente asiatico, ricco di tradizioni e di cultura. Tocca a voi, giovani delle Filippine, preparare questa volta un'accoglienza ai tanti vostri amici del mondo intero. Ecco, la giovane Chiesa dell'Asia è interpellata in maniera speciale perché offra nell'appuntamento di Manila una viva e fervente testimonianza di fede. Auguro ad essa di saper cogliere questo dono che Cristo stesso sta per offrirle.

A voi tutti, giovani di ogni parte del mondo, rivolgo l'invito ad incamminarvi spiritualmente verso le prossime Giornate Mondiali. Accompagnati e guidati dai vostri Pastori, in seno alle parrocchie e alle diocesi, nelle associazioni, movimenti e gruppi ecclesiali, disponetevi ad accogliere i semi di santità e di grazia che il Signore vorrà sicuramente elargire con generosa abbondanza.

Auspico che la celebrazione di queste Giornate possa essere per tutti voi occasione privilegiata di formazione e di crescita nella conoscenza personale e comunitaria di Cristo; possa essere stimolo interiore a consacrarvi nella Chiesa al servizio dei fratelli per costruire la civiltà dell'amore.

Affido a Maria, la Vergine presente nel Cenacolo, la Madre della Chiesa (Cfr. Ac 1,14), la preparazione e lo svolgimento delle prossime Giornate Mondiali: essa ci partecipi il segreto di come accogliere il Figlio suo nella nostra vita per fare quanto Egli ci dirà (Cfr. Jn 2,5).

Vi accompagni la mia cordiale e paterna Benedizione.

Dal Vaticano, 21 Novembre 1993, Solennità di N. S. Gesù Cristo, Re dell'Universo.

Data: 1993-11-21 Data estesa: Domenica 21 Novembre 1993


GPII 1993 Insegnamenti - Udienza ai partecipanti all'Assemblea Plenaria della Congregazione per la Dottrina della Fede - Città del Vaticano (Roma)