GPII 1993 Insegnamenti - Udienza ai partecipanti ad un incontro promosso in occasione del XXV anniversario dell'Enciclica di Paolo VI - Città del Vaticano (Roma)

Udienza ai partecipanti ad un incontro promosso in occasione del XXV anniversario dell'Enciclica di Paolo VI - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Dalla "Humanae Vitae" una nuova proposta pedagogica sull'amore coniugale inteso come donazione totale, fedele e feconda

Carissimi fratelli e sorelle!


1. La commemorazione del XXV anniversario dell'Enciclica Humanae Vitae, opportunamente promosso dal Pontificio Consiglio per la Famiglia in collaborazione con l'Istituto per gli Studi su Matrimonio e Famiglia, mi offre l'occasione di rendere ancora una volta omaggio alla memoria del servo di Dio Paolo VI, mio venerato predecessore, che, promulgando questo documento di si alto valore in uno dei momenti più delicati e ardui del suo Pontificato, ha dimostrato coraggio apostolico, amore per la verità e autentica fedeltà a Dio e all'uomo. Obbedendo, infatti, "a Dio piuttosto che agli uomini" (Cfr. Ac 5,29), egli si è reso interprete della verità integrale dell'uomo, ed ha difeso il senso e la dignità dell'amore coniugale e familiare, alla luce del disegno divino.

Saluto tutti i presenti, con sentimenti di gratitudine verso il Cardinale Lopez Trujillo, che mi ha presentato le tematiche del Corso, e con uno speciale pensiero di apprezzamento verso quanti fra voi sono responsabili dell'insegnamento della morale familiare nelle Facoltà Teologiche e negli Istituti Superiori di teologia.


2. E' motivo di conforto constatare come nella Comunità cattolica venga oggi maggiormente riconosciuto il servizio reso all'umanità dal grande Papa, nonostante il carattere esigente della dottrina da lui riaffermata e le forti resistenze da taluni opposte. Lo dimostrano le non poche celebrazioni organizzate per il venticinquesimo anniversario dell'Enciclica, sia in singole diocesi e nazioni sia a livello internazionale.

Tra le iniziative più qualificate v'è senza dubbio questo incontro, che si propone non solo di sviluppare una approfondita riflessione teologica, ma anche di offrire uno specifico contributo all'azione pastorale. La dottrina della Humanae Vitae tocca infatti aspetti essenziali dell'esperienza che gli sposi sono chiamati a vivere come propria via di santificazione. Ben comprensibile è, pertanto, una spiccata attenzione pastorale da parte della Chiesa. A tal proposito va ribadito che "il contributo di illuminazione e di approfondimento, che i teologi sono chiamati ad offrire in adempimento del loro compito specifico, ha un valore incomparabile e rappresenta un servizio singolare, altamente meritorio, alla famiglia e all'umanità" (FC 31).


3. L'Humanae Vitae esorta gli sposi a formarsi una illuminata coscienza della loro dignità e del valore che ha per essi e per la comunità l'esercizio della paternità-maternità responsabile (HV 10). Questa si colloca nell'ambito di quell'amore che, come afferma il Concilio Vaticano II, "unendo assieme valori umani e divini, conduce gli sposi ad un libero e mutuo dono di se stessi" (GS 49). Pertanto, il principio di responsabilità nella procreazione non va interpretato in chiave negativa, quasi come un freno alla generosità dell'amore, ma piuttosto come l'espressione e il frutto stesso della donazione.

E' in questo senso che l'Humanae Vitae ha prospettato le condizioni di una lecita regolazione della natalità, affermando: "Se dunque per distanziare le nascite esistono seri motivi, derivanti dalle condizioni fisiche o psicologiche dei coniugi, o da circostanze esteriori, la Chiesa insegna essere allora lecito tener conto dei ritmi naturali immanenti alle funzioni generative per l'uso del matrimonio nei soli periodi infecondi e così regolare la natalità senza offendere minimamente i principi morali" (HV 16).


4. Tale insegnamento, sempre ribadito sul piano dottrinale, ha poi registrato un'importante conferma da parte della scienza.

Si è avuta, infatti, in questi anni una significativa convalida dei "metodi naturali", come è stato riscontrato in occasione dell'Incontro internazionale, organizzato nello scorso dicembre dal Pontificio Consiglio per la Famiglia sui metodi naturali di regolazione della fertilità, e in altri Congressi.

Molti Organismi Internazionali non confessionali riconoscono ormai la validità di tali metodi per l'esercizio responsabile della procreazione. A maggior ragione, perciò, essi possono e devono essere fiduciosamente proposti da una pastorale familiare attenta ad ogni aspetto di una sana e serena vita coniugale.


5. La portata della Humanae Vitae si coglie, inoltre, in tutto il suo spessore alla luce della recente Enciclica Veritatis Splendor, che ha sottolineato le esigenze obiettive della legge morale e l'intrinseco rapporto tra verità e libertà. E' la verità, come Gesù ammonisce, che rende veramente liberi (Cfr. Jn 8,32). Aderendo pienamente al disegno di Dio sul matrimonio, i coniugi non si sentono impoveriti nell'amore, ma al contrario sperimentano la pienezza della loro reciproca dedizione.

A distanza di venticinque anni, l'Humanae Vitae risalta così nel suo valore di nuova proposta pedagogica, nella linea di un umanesimo plenario nel quale l'amore coniugale è inteso come donazione totale, fedele e feconda (Cfr. HV 9).

Le coppie che vivono questa esperienza di fedeltà al piano di Dio quanto alla trasmissione della vita sono ormai molto numerose in tutte le latitudini, anche al di fuori dell'ambito ecclesiale. Esse proclamano con la loro silenziosa e serena testimonianza la piena conciliabilità tra le esigenze inscritte dal Creatore nella natura umana e quelle della persona, tra l'armonia della coppia e il dovuto rispetto al disegno di Dio sulla generazione della vita umana.


6. D'altra parte, le preoccupazioni suscitate dagli inquietanti fenomeni, registrati in questi anni nel campo della procreazione artificiale e delle politiche demografiche, confermano la giusta e salutare posizione della morale cattolica illuminata dalla Rivelazione.

Chi è oggi giustamente preoccupato del rispetto del creato, come potrebbe non chiedere un almeno uguale rispetto quando si tratta della persona e della procreazione umana? Chi è allarmato per gli eccessi nella medicalizzazione della sessualità umana e per le sue possibili manipolazioni, come può non apprezzare la sintonia tra natura umana e persona proposta dalla Chiesa in questo documento profetico del suo Magistero? Si tratta di saper cogliere, quale orizzonte di autentico progresso, tutte le esigenze di una "ecologia umana" fatta di rispetto per la natura dell'uomo in ogni sua dimensione, nel quadro di una solidarietà attenta ai più deboli ed indifesi. Il problema di questi ultimi, nel grande confronto tra popoli ricchi e poveri, mai potrà essere legittimamente risolto mediante i condizionamenti imposti con le armi del progresso biotecnologico e con la supremazia delle economie forti su quelle deboli. Occorre invece andare incontro a tutte le esigenze di giustizia e di solidarietà che emergono da simili situazioni, partendo dal doveroso rispetto della dignità di ogni persona umana, per quanto povera ed emarginata essa sia. A ciascuno devono essere assicurate condizioni di vita che gli consentano di vivere secondo la legge morale.


7. Carissimi fratelli e sorelle! La Chiesa, fedele all'insegnamento di Cristo, non si stanca di chiedere che a tutti gli sposi, a qualsiasi popolo appartengano, sia concesso di sentirsi "liberi e responsabili collaboratori di Dio Creatore" e che questo possa essere per loro "fonte di grande gioia" (HV 1), pur nelle difficoltà della vita quotidiana.

Sarà cura dei Pastori della Chiesa, degli educatori, degli uomini di scienza, sensibili a tali intramontabili valori, dischiudere ai giovani e alle coppie la ricchezza umana e divina dell'autentico dono di sé, quando la "sessualità viene rispettata e promossa nella sua dimensione veramente e pienamente umana" (FC 32). Tale impegno, che coinvolge credenti e persone di buona volontà, diviene servizio autentico alla difesa dell'uomo e alla promozione della cultura della vita, indispensabile condizione per instaurare nel mondo la civiltà dell'amore e della solidarietà.

Avvalori Iddio gli sforzi che in tale senso vengono costantemente dispiegati nella Chiesa e li renda ricchi di frutti. A ciascuno di voi, carissimi Fratelli e Sorelle, la mia viva gratitudine per il vostro apprezzato contributo.

Accompagno questi miei sentimenti con una speciale Benedizione Apostolica.

Data: 1993-11-26 Data estesa: Venerdi 26 Novembre 1993

Udienza ai pellegrini dell'UNITALSI per i 90 anni di fondazione - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: "Siate testimoni del grande valore salvifico della sofferenza e recate sollievo e pace a coloro che soffrono"

Carissimi pellegrini dell'UNITALSI!


1. Porgo con gioia un cordiale benvenuto a tutti voi, qui radunati attorno al Successore di Pietro per ricordare i 90 anni di fondazione della vostra associazione, sorta per il trasporto dei malati a Lourdes.

Saluto, in particolare, il vostro Presidente Nazionale, l'Arcivescovo di Pisa Mons. Alessandro Plotti, e lo ringrazio per le gentili parole che mi ha rivolto a nome di tutti voi. Saluto l'Assistente ecclesiastico nazionale ed i suoi collaboratori, come pure i dirigenti e quanti offrono tempo ed energie alle attività promosse dalla vostra organizzazione.

Si tratta di un'istituzione nata come efficace iniziativa di carità, "opera di carità per eccellenza", come ebbe a qualificarla il Papa San Pio X. Nel corso di questi anni essa ha annoverato tra le sue file persone conosciute e stimate per la loro alta testimonianza cristiana. Penso, ad esempio, ad alcuni Assistenti ecclesiastici: innanzitutto, al primo, in ordine di tempo, il Vescovo Radini Tedeschi; poi ad Angelo Roncalli, divenuto Papa con il nome di Giovanni XXIII; a Don Pirro Scavizzi, egli pure come Papa Giovanni annoverato tra i Servi di Dio.

Nata come iniziativa laicale, la vostra organizzazione, carissimi Fratelli e Sorelle, lungo questi nove decenni ha cercato di servire gratuitamente e con generosità i malati, accostandosi ad essi con l'animo del Buon Samaritano.

Nell'UNITALSI si incontrano, raccolti in spirituale sintonia di intenti e di impegno apostolico, medici, operatori sanitari, infermieri, sacerdoti e pellegrini, tutti desiderosi di mettere in pratica quel senso di accoglienza che costituisce un valido presidio di autentici valori umani, quali la dignità della vita, la solidarietà e la condivisione, il primato di Dio nell'esistenza. E' forse proprio questa una delle ragioni di fondo per cui numerosi giovani si associano al vostro apostolato in maniera entusiasta e si donano con fattiva disponibilità, lasciandosi così educare dalla Croce di Cristo che scorgono nelle membra sofferenti dei loro assistiti.


2. "Il miracolo della fede": è questo il tema scelto per ripensare i 90 anni dell'UNITALSI, le cui origini, come è noto, sono legate all'esperienza della conversione di Giovanni Battista Tomassi, recatosi pellegrino a Lourdes nel 1903.

Il materno sorriso della Bianca Signora nella grotta di Massabielle cambio la sua esistenza, facendo si che da quel momento in poi egli si dedicasse ad alleviare i disagi dei malati più poveri, che cercavano la consolazione della fede mediante il pellegrinaggio a Lourdes.

Questo spirito degli inizi caratterizza ancor oggi la vostra struttura, diffusa in molte diocesi d'Italia. Essa, come recita la premessa allo Statuto, "si fa collaboratrice nelle mani dei Vescovi per assistere e curare gli infermi, in primo luogo con la formazione spirituale, morale ed ecclesiale dei soci, perché in continuità di impegno siano poi non solo umili servitori degli ammalati durante i pellegrinaggi, ma soprattutto modello di vita cristiana e di caritatevole assistenza nelle parrocchie e nelle diocesi, entro i limiti organizzativi approvati dai Vescovi".


3. Iddio vi renda merito, carissimi Fratelli e Sorelle, per quanto con discrezione e generosità voi fate a favore di persone sofferenti e bisognose.

Lo spirito ecclesiale che ha guidato in passato l'UNITALSI continui ad essere alla base del vostro impegno presente e futuro. Voi ben sapete che il vostro spontaneo servizio "da buoni Samaritani" può ben essere chiamato attività sociale; anzi "può anche essere definita come apostolato, tutte le volte che viene intrapresa per motivi schiettamente evangelici, specialmente se ciò avviene in collegamento con la Chiesa" (Cfr. Salvifici Doloris, n. 29). Dedicatevi pertanto a tale forma di apostolato con premurosa sollecitudine. Alimentatela con intensi momenti di preghiera. Crescete nella fede grazie ad una sistematica catechesi, in modo tale che il servizio da voi offerto sia come volontari che come malati diventi una fertile scuola di conversione, di rinnovamento spirituale, di autentica e credibile testimonianza cristiana.


4. Il sussidio catechetico della vostra Associazione per il prossimo anno di attività verte sulla famiglia, vero santuario verso cui recarsi come pellegrini, al fine di riscoprire e riaffermare in essa i basilari valori dell'amore, della responsabilità, dell'accoglienza, del reciproco sostegno nella dedizione e nella fedeltà. Il 1994 sarà l'Anno Internazionale della Famiglia e l'intero popolo di Dio dedicherà la sua attenzione a questa piccola e primordiale cellula della Chiesa, icona vivente dell'amore salvifico e redentore di Dio. In tale prospettiva, anche voi potete offrire, grazie alla vostra peculiare azione apostolica fra gli ammalati, un significativo contributo perché, andando "verso quel santuario che è la famiglia", ciascuno possa meglio comprendere il proprio ruolo e la propria missione nella Comunità ecclesiale e nella società.

Carissimi fratelli e sorelle! II Signore vi accompagni sempre nel pellegrinaggio della vita. Continuate senza sosta nel vostro apostolato; siate testimoni del grande valore salvifico della sofferenza e recate a quanti incontrate, soprattutto a coloro che soffrono, sollievo e pace.

La Vergine Immacolata vi aiuti in ogni circostanza ad alzare fiduciosi gli occhi verso il Cielo da dove attendiamo la straordinaria ricompensa che Dio ha riservato a coloro che lo amano.

Grazie, carissimi, a nome della Chiesa, per la vostra testimonianza e per il vostro prezioso servizio. Con affetto imparto di cuore la Benedizione Apostolica a voi qui presenti ed all'intera famiglia dell'UNITALSI.

Data: 1993-11-27 Data estesa: Sabato 27 Novembre 1993

Angelus con i fedeli raccolti in Piazza San Pietro - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: L'Avvento chiama alla vigilanza la famiglia invitandola ad aprire le porte al Dio che viene

Carissimi fratelli e sorelle!


1. Oggi entriamo nel nuovo Anno Liturgico. Con questa prima domenica di Avvento la Chiesa ci invita a metterci in cammino verso il Signore "che viene". Il Natale, che fra non molto celebreremo, non è una semplice commemorazione del passato, ma accoglienza di Colui che viene sempre di nuovo nella nostra vita, fino al suo ritorno glorioso alla fine della storia.

L'atteggiamento che la liturgia ci propone per questo tempo di attesa è la vigilanza. Non possiamo incontrare il Signore se la nostra mente è distratta, se il nostro cuore è freddo, se i nostri occhi sono incapaci di aprirsi al mistero.

"Vegliate!". Ecco l'ammonimento di Gesù che scuote la nostra pigrizia, chiedendoci di fargli spazio nella nostra quotidiana esistenza.


2. Giunga questo invito di Dio a tutte le famiglie cristiane. Vorrei anzi farlo echeggiare per tutte le famiglie del mondo.

Come sapete, infatti, il 1994 è stato proclamato dalle Nazioni Unite Anno Internazionale della Famiglia, ed anche la Chiesa lo celebrerà a partire dal 26 dicembre di quest'anno, festa della Sacra Famiglia.

Preparandoci dunque al Natale, ci avviamo anche verso l'Anno della Famiglia.

Il richiamo odierno alla vigilanza trova certamente nelle famiglie un terreno particolarmente sensibile. La famiglia è per sua natura proiettata verso il futuro. Essa nasce con la decisione di un uomo e una donna di fondere le loro vite in un unico progetto d'amore. In tale progetto è radicalmente inscritta anche l'attesa dei figli, nuove vite che il nucleo familiare è chiamato ad accogliere con tenerezza, ad accudire con premura, ad educare con sapienza.

In questo cammino di amore, la "vigilanza" è una virtù obbligata.

L'Avvento chiede di approfondirla, invitando le famiglie ad aprire le porte al Dio che viene con la riscoperta della preghiera comune, accompagnata da propositi di vita nuova e da un più intenso sforzo di comunione.


3. Guardiamo a Maria, modello dell'attesa vigilante ed operosa.

Per Lei l'Avvento significo custodire nel grembo, attendendone la nascita, l'Autore stesso della vita. Della famiglia conobbe le gioie, ma anche le fatiche, le ansie, i dolori.

Affidiamo alla sua protezione tutte le famiglie del mondo, perché imparino da Lei a trovare in Gesù il segreto della loro serenità e la guida per il loro cammino.

Data: 1993-11-28 Data estesa: Domenica 28 Novembre 1993

L'appello per nuove chiese a Roma, al termine dell'Angelus - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Una "casa spirituale" per crescere insieme nel nome del Signore

Mi rivolgo ora in particolare a voi, fedeli della diocesi di Roma.

Dall'odierna prima domenica di Avvento fino a Natale avrà luogo la raccolta di fondi per la realizzazione di nuove chiese parrocchiali nella nostra Città, soprattutto nei quartieri sorti di recente o in via di espansione. Faccio appello alla generosità di tutti, perché sia sostenuta un'iniziativa così importante per migliaia di famiglie, che attendono una "casa spirituale" dove crescere insieme nel nome del Signore. La Madonna del Divino Amore benedica i vostri sforzi - che hanno già dato lo scorso anno buoni frutti - ed ottenga che per l'anno duemila tutte le comunità parrocchiali di Roma possano disporre di un loro degno luogo di culto.

[Quindi, il Santo Padre si è rivolto ad alcuni dei gruppi presenti in Piazza San Pietro, salutandoli con queste parole:] Saluto poi volentieri i Soci del Movimento "Pro Sanctitate", che celebrano il loro Convegno nazionale in occasione del 25 di Episcopato del Fondatore, Monsignor Guglielmo Giaquinta, al quale rinnovo anch'io le mie felicitazioni. Continuate con fervore, carissimi, nel vostro impegno apostolico per l'animazione spirituale della società, ponendo in luce il grande valore della santità a cui ogni battezzato è chiamato.

Maria Santissima ispiri ed accompagni sempre la vostra generosità! Saluto infine le Comunità Neocatecumenali delle parrocchie di San Sisto e Santo Spirito in Perugia, di San Feliciano in Foligno, di San Giovanni Battista in Terni e di San Luigi Gonzaga in Roma. Il cammino di fede che state compiendo, cari Fratelli e Sorelle, porti in ciascuno frutti abbondanti di vita evangelica, sull'esempio della Vergine di Nazareth, modello di umanità libera e responsabile.

Data: 1993-11-28 Data estesa: Domenica 28 Novembre 1993

La celebrazione eucaristica con un gruppo di Presuli in visita "ad limina" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: L'Eucaristia infonde in noi speranza certa e rinnovato slancio apostolico

Eccoci raccolti, venerati fratelli, intorno all'altare del Signore, per celebrare il Mysterium Crucis, Mysterium Pacis.

Sotto la povertà dei segni, l'Eucaristia contiene una tale ricchezza di comunione e di carità che, mentre supera infinitamente le nostre facoltà, infonde in noi speranza certa e rinnovato slancio apostolico. Allo spezzare del Pane, il nostro sguardo sul mondo e sulle vicende terrene diviene, per grazia, più profondo; e là dove le tenebre del male e delle umane contraddizioni rischiano di prendere il sopravvento sulla speranza, si riaccende nei cuori il calore della verità ed è dato al credente di riconoscere nuovamente il senso della vita e della storia.

La Chiesa nasce e rinasce dall'Eucaristia. Qui attinge ogni giorno la sua vocazione di "serva" della carità di Cristo, di ancella umile e coraggiosa del Vangelo della riconciliazione. La Chiesa, carissimi, è l'unico orizzonte del nostro servire: in essa, grazie al Sangue di Gesù, nostra vera Pace, ogni umano conflitto è risanato nella sua radice.

Portate dunque con piena fiducia a questo altare le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce delle Comunità a voi affidate. Lo Spirito Santo, che ha consacrato Gesù per la salvezza di tutti gli uomini, rinnovi per voi e per le vostre Chiese particolari il dono dell'unità e della pace. Preghiamo in questo senso anche per i nostri fratelli ortodossi serbi.

Oggi ha inizio la novena in preparazione alla Solennità dell'Immacolata Concezione: accingendoci a celebrare l'Eucaristia, domandiamo alla Madre di Dio di vegliare sempre sul nostro cammino ecclesiale.

Data: 1993-11-29 Data estesa: Lunedi 29 Novembre 1993

Udienza al Consiglio dei Ministri della Conferenza sulla Sicurezza e la Cooperazione in Europa - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: "Non si possono rivendicare i propri diritti calpestando quelli dei fratelli"

Eccellenze,


1. E' con viva soddisfazione che vi accolgo questa sera, al termine della vostra prima giornata di lavoro. Vi ringrazio di tutto cuore per aver accettato di venire da me e per aver trovato il tempo per condividere alcune delle preoccupazioni del Papa, che segue con grande sollecitudine i passi ancora incerti della nuova Europa, di cui la Conferenza sulla Sicurezza e la Cooperazione in Europa è stata una convinta fautrice.


2. La riunione annuale del Consiglio dei Ministri degli Affari Esteri dei Paesi che formano oggi la C.S.C.E. vi consente di fare il punto sull'evoluzione di questo continente, che ha a disposizione abbondanti risorse culturali e umane. Ma su di voi grava anche il dovere di prevenire, per quanto possibile, le tensioni e i conflitti. E soprattutto di cercare coraggiosamente di risolvere le crisi che indeboliscono l'edificazione europea ancora in atto. Vedendovi qui, mi viene spontaneo pensare che "Europa" voglia dire "apertura"! In effetti, per la sicurezza e la cooperazione in Europa lavorano anche Nazioni appartenenti ad altri continenti, come il Canada e gli Stati Uniti o come alcuni Stati dell'Asia centrale. La C.S.C.E. è dunque la cornice naturale della realizzazione di una larga comunità di Nazioni, aperte agli altri continenti e, in particolare, ai Paesi del bacino mediterraneo.


3. La nuova Europa, voluta dalla Carta di Parigi nel 1990, non è né l'annessione di un'area del continente da parte di un'altra, né la sostituzione di un confronto ideologico con un confronto economico. L'Europa dovrebbe distinguersi per l'elaborazione di progetti comuni ispirati dai valori che la C.S.C.E. promuove con perseveranza dal 1975. L'esperienza recente dimostra che è mettendo la dignità delle persone e dei popoli al centro delle sue preoccupazioni che l'Europa può contribuire all'eliminazione dei diversi totalitarismi che, per troppi anni, hanno sfigurato il suo volto.


4. Ecco perché desidero dirvi con quale sgomento apprendo le notizie sempre drammatiche provenienti dall'ex Federazione jugoslava e più in particolare dalla Bosnia ed Erzegovina. Non si può affermare la propria sovranità o rivendicare i propri diritti calpestando quelli dei propri fratelli! Pensavamo di non rivedere mai più la guerra sul suolo europeo. Chi avrebbe potuto prevedere che delle pretese razziste e dei nazionalismi iniqui avrebbero nuovamente fatto risuonare i loro slogan nel nostro continente? Che dire dell'atroce spettacolo di interi villaggi rasi al suolo, delle loro popolazioni selvaggiamente maltrattate e deportate? Ciò ricorda vivamente un passato che ha svilito la storia degli uomini! E tuttavia, ciò si verifica a poca distanza da qui. Tutti lo sanno, tutti lo vedono. E' importante che la C.S.C.E. continui a esprimere un giudizio politico e morale sullo sviluppo della crisi jugoslava. In questo modo essa eviterà lo scandalo del disinteresse dinanzi ad avvenimenti inammissibili, e obbligherà l'insieme degli Stati a prendere coscienza del loro diretto coinvolgimento quando sono in gioco i diritti fondamentali di una persona o di un popolo.

La peggiore sventura che potrebbe accadere all'Europa di oggi sarebbe quella di rassegnarsi alla guerra, che martirizza milioni di uomini e di donne, in particolare nei Balcani e nel Caucaso.

E' possibile porvi fine prendendo le misure atte a far prevalere le norme del diritto. L'aiuto umanitario, generosamente concesso alle popolazioni della Croazia, della Bosnia ed Erzegovina, della Serbia e delle altre Repubbliche di quella che è stata la Federazione jugoslava, non dovrebbe dispensare i responsabili politici dal continuare a cercare nuove soluzioni per porre fine alle ondate di violenza e di odio che non portano a nulla, e che nessuna causa può giustificare.

La C.S.C.E. ha la missione di riunire le condizioni di una sicurezza comune, globale e controllata. Tuttavia, è ormai chiaro che quest'ultima non si instaurerà mai se si legittimano le conquiste territoriali ottenute con la forza; se la "pulizia etnica", che non è altro che un genocidio, viene assunta come metodo, o se le più elementari norme del diritto umanitario vengono palesemente violate.

In Bosnia ed Erzegovina, come in Serbia e in Croazia, ci sono donne e uomini di pace; non li si lascia parlare abbastanza. Queste popolazioni, abituate dalla Storia ad affrontare la prova e a riprendersi, hanno risorse umane e spirituali. Date loro la possibilità di esprimersi nel dialogo e nella negoziazione.


5. Eccellenze, permettetemi di dire ancora una volta, e oggi davanti ai più alti responsabili della diplomazia europea, che è giunta l'ora, speriamo che non sia troppo tardi, di ridare un soffio di speranza alle persone e ai popoli. E' giunta l'ora di creare le condizioni affinché i principi e gli impegni tanto felicemente definiti e sottoscritti a Helsinki, a Vienna e a Parigi dai partecipanti alla Conferenza sulla Sicurezza e la Cooperazione in Europa, siano realmente applicati da tutti, affinché abbiano lo stesso valore per tutti e in tutte le circostanze.

Per la sua storia, per la sua estensione geografica e per la sua grande diversità culturale, la C.S.C.E. non può accontentarsi di essere, tra le altre, un semplice strumento per contribuire al mantenimento della pace. Essa deve dare un autentico impulso affinché tutte le Nazioni che riunisce si affermino in quanto comunità, condividendo i valori umanistici e morali che hanno fatto di questo continente un punto di riferimento per tanti altri popoli. In tal modo i popoli che voi rappresentate si sentiranno più uniti e solidalmente responsabili del loro avvenire. E' opportuno che questa idea di "comunità di Nazioni" divenga realtà.


6. L'odio non è mai definitivo tra le Nazioni. Popoli europei divisi si sono riuniti; Paesi ieri nemici lavorano oggi insieme. La volontà politica, la comprensione della storia, la generosità del cuore consentono di intraprendere in comune grandi progetti di cooperazione e di sviluppo.

A questo proposito, un fatto deve essere preso in considerazione: la rinascita di Nazioni a cui, per lunghi anni, non è stato consentito di manifestare la propria volontà di vivere liberamente e di esprimere la propria identità. E' pertanto necessario evitare che a una società di Nazioni unite non succeda, per la paura, una società divisa dai particolarismi; che a una società internazionale falsamente unitaria succeda una società falsamente diversificata. Senza dubbio è opportuno riconoscere le aspirazioni legittime delle persone e dei popoli alla libertà; ma urge che, oggi come ieri, tutti prendano coscienza dei loro doveri così come dei loro diritti, e che diano la priorità alla solidarietà per la costruzione di un'autentica comunità di Nazioni.


7. In questo vasto continente c'è posto per le grandi e per le piccole Nazioni.

Ognuna ha i suoi diritti e i suoi doveri. Ognuna deve rispettare le altre. E' importante garantire l'educazione di tutti alla libertà. I credenti, in particolare la Chiesa cattolica, desiderano contribuirvi formando le coscienze, specialmente quelle dei giovani, insistendo sull'urgente necessità della riconciliazione tra i popoli, in una parola promuovendo i valori morali e religiosi, sui quali devono poggiare saldamente le fondamenta della casa comune europa. La Chiesa cattolica si sforza di condurre a buon fine questo compito in stretta collaborazione con le altre comunità cristiane e i credenti di altre tradizioni. Si tratta di ricomporre la trama di tutto il tessuto spirituale dell'Europa!


8. Eccellenze, affido alla vostra riflessione questi pensieri che mi suggerisce la storia europea di ieri e di oggi. Prego Dio affinché infonda in ciascuno di voi le virtù e il coraggio indispensabili a coloro il cui compito non è solo di guidare i propri fratelli, ma anche di suscitare in essi sufficiente entusiasmo per impegnarsi nel cammino della pace. Avete, in qualche modo, una missione profetica! Permettetemi da questo colle del Vaticano, di ricordarvi le parole di San Paolo, l'Apostolo delle Nazioni: "Diamoci dunque alle opere della pace e all'edificazione vicendevole" (Rm 14,19).

Che Dio Onnipotente benedica l'Europa! Che le consenta di dare al mondo l'esempio della concordia e della solidarietà!

Data: 1993-11-30 Data estesa: Martedi 30 Novembre 1993



Visita "ad limina" dei Vescovi statunitensi della California, del Nevada e delle Hawaii - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Il razzismo è un'intollerabile ingiustizia che mina le fondamenta di una società giusta e democratica

Eminenza, Cari fratelli Vescovi,


1. Vi saluto con affetto, "nell'amore di Dio Padre... misericordia a voi e pace e carità in abbondanza" (Jud 1,2-3).

E' una grande gioia darvi il benvenuto, Vescovi della California, del Nevada e delle Hawaii, e celebrare la fede e la carità che ci unisce nel Collegio dei Vescovi (Cfr. LG 23). Nel Corpo di Cristo, che è la Chiesa, c'è uno scambio costante di doni spirituali fra una Chiesa particolare e l'altra e fra le Chiese particolari e la Chiesa universale. In questo contesto, la vostra visita ad Limina è espressione del mistero di Grazia per mezzo del quale "lo Spirito Santo li aveva posti per pascere la Chiesa di Dio... quali maestri di dottrina, sacerdoti del sacro culto, ministri del governo" (LG 20). Con la Grazia di Dio la vostra visita ci incoraggerà reciprocamente e ci arricchirà nel momento in cui cercheremo di continuare l'opera di Cristo, l'Eterno Pastore, il Pastore delle nostre anime (Cfr. 1P 2,25).

La vostra è l'ultima della serie di visite ad Limina dei Vescovi degli Stati Uniti. Queste visite alle tombe degli Apostoli Pietro e Paolo ci hanno permesso di riflettere sul momento che la Chiesa sta vivendo nel vostro Paese, e sulle responsabilità che i Vescovi hanno di fronte al Signore di ubbidire al comandamento evangelico di predicare il Vangelo a tutti i popoli, di santificare i fedeli nella verità e di nutrirli con la vita divina della Grazia. Sebbene il vostro compito non sia mai facile, ricordo le parole dell'Arcivescovo Keeler, Presidente della vostra Conferenza, pronunciate a Denver lo scorso agosto, quando egli ha sottolineato che la Chiesa negli Stati Uniti è molto vitale e fiorente, e ha menzionato il fatto che solo lo scorso anno un milione di nuovi membri si sono aggiunti ad essa. La maggior parte dei sacerdoti, dei religiosi e dei laici vi sostengono mediante la fede fervida e la valida testimonianza della vita cristiana e dell'amore.


2. In effetti, la Giornata Mondiale per la Gioventù a Denver ha dato a tutti noi la conferma della vitalità della comunità cattolica negli Stati Uniti. In particolare i giovani sono un segno vivo e promettente della presenza vivificante di Dio nel cuore del mondo. Lo Spirito Santo sta risvegliando nei membri della Chiesa un anelito di trascendenza e infondendo nei loro cuori il desiderio di un rapporto intimo e personale con il Dio Trino. La gente si chiede sempre più: "che cosa devo fare per avere la vita eterna?" (Mc 10,17). Individualmente e come gruppo, i Vescovi degli Stati Uniti sono stati chiamati a soddisfare quella sete spirituale rendendo disponibile a tutti la pienezza, l'importanza e la forza unificante del mistero di Cristo (Cfr. Col 1,27).

In quanto Pastori secondo il cuore del Signore (Cfr. Jr 3,15), uno dei compiti e delle gioie principali è quello di guidare le vostre comunità nel culto e nella preghiera. Il Catechismo della Chiesa Cattolica ci ricorda che la preghiera è quello "slancio del cuore" (CEC 2558), che è il frutto e il sangue vitale del mistero della salvezza, fondato sulla fede, rafforzato dai sacramenti e attivo nella carità. Nella nostra preghiera dobbiamo preoccuparci di tutelare la trascendenza divina e di purificare il nostro cuore da false immagini (Cfr. CEC 2779). La nostra preghiera deve sempre riflettere l'autentica fede della Chiesa. Il centro della preghiera cristiana è la rivelazione del Padre ai piccoli (Cfr. Mt 11,25), suoi figli adottivi (Cfr. 1Jn 3,1-2). In unione con il Figlio attraverso lo Spirito Santo, siamo in grado di avvicinarci al Padre e dire "Abbà! Padre!" (Rm 8,15). Non insegnare questa verità sublime, o insegnare qualcosa di meno, significherebbe fallire nella nostra responsabilità di essere autentiche guide spirituali, che offrono il cibo sicuro dell'autentica spiritualità cristiana e aiutano i membri della Chiesa a raggiungere la piena maturità in Cristo (Cfr. Ep 4,13).

Attualmente siete impegnati in una revisione di alcuni testi liturgici, e ciò era compreso nell'ordine del giorno dell'ultima Assemblea Plenaria della vostra Conferenza. Una delle vostre responsabilità a questo proposito, in quanto servitori della grazia del sacerdozio supremo (Cfr. LG 26), è quella di fornire traduzioni esatte e appropriate dei testi liturgici ufficiali cosicché essi, subendo la necessaria revisione e ottenendo l'approvazione della Santa Sede, (Cfr. CIC 838,2-3), possano essere strumento e garanzia di un'autentica condivisione del mistero di Cristo e della Chiesa: lex orandi, lex credendi. Il difficile compito della traduzione deve tutelare la piena integrità della dottrina e, secondo lo spirito di ogni lingua, la bellezza dei testi originali. Poiché così tante persone hanno sete del Dio vivente (Ps 42,2), la cui maestà e misericordia sono al centro della preghiera liturgica, la Chiesa deve rispondere con un linguaggio di lode e di culto che promuova il rispetto e la gratitudine per la grandezza, la compassione e la potenza di Dio. Quando i fedeli si riuniscono per celebrare l'opera della nostra Redenzione, il linguaggio della loro preghiera, libero da ambiguità dottrinali e influenze ideologiche, dovrebbe promuovere la dignità e la bellezza della celebrazione stessa e allo stesso tempo esprimere fedelmente la fede e l'unità della Chiesa (Cfr. Vicesimus quintus annus, nn. 9 e 21).


3. Da un profondo rinnovamento spirituale, dalla santità dei suoi membri e delle sue comunità, la Chiesa negli Stati Uniti trarrà ispirazione e forza per la nuova evangelizzazione e per le numerose forme di servizio alla società che essa compie ubbidendo al comandamento evangelico dell'amore. I cattolici americani si sono sempre distinti per il modo generoso in cui esprimono la propria fede mediante atti di giustizia, carità e solidarietà. Lungi dal diminuire, le situazioni che richiedono una risposta efficace sembrano aumentare ogni giorno, in particolare in vista della povertà, dell'aumento dei senzatetto e della disoccupazione crescenti, così come della crisi di valori che spesso porta all'aumento dell'egocentrismo, della frammentazione e dell'aggressività nei rapporti umani. Posso solo incoraggiarvi a continuare a esortare i fedeli laici a infondere nelle istituzioni politiche, sociali e culturali americane lo spirito e la virtù dell'autentica solidarietà sociale.

Incorporare l'insegnamento sociale della Chiesa nel tessuto della società richiede sia una rigorosa fedeltà al Vangelo sia una coraggiosa creatività, un coraggio che non conosce la paura (Cfr. He 13,6) nell'annunciare il Regno di Dio apertamente e con tutta franchezza (Cfr. Ac 28,31). Le coscienze cristiane devono essere risvegliate al vero senso di sollecitudine per i poveri e gli oppressi, i deboli e gli indifesi, che non possono essere esclusi dalla destinazione universale dei beni della terra (Cfr. CA 31). "Si deve, altresi, salvaguardare accuratamente l'importanza che "i poveri" e "l'opzione in favore dei poveri" hanno nella parola del Dio vivo (RMA 37). Ne consegue il compito di promuovere il significato autenticamente cristiano della libertà e della liberazione dell'umanità e dell'universo (Cfr. ). Ripeto l'appello contenuto nella mia Lettera Enciclica sul mandato missionario della Chiesa, in cui ho esortato "tutti i discepoli di Cristo e le comunità cristiane, dalle famiglie alle diocesi, dalle parrocchie agli istituti religiosi, a fare una sincera revisione della propria vita nel senso della solidarietà con i poveri" (RMi 60). Se questa revisione si compirà ovunque, gli sforzi della Chiesa per promuovere la giustizia sociale otterranno credibilità. Poiché l'amore di Cristo impone alla Chiesa di vedere il suo Sposo in particolare nei deboli (Cfr. 2Co 5,14 Mt 25,31-46), essa deve sempre stare all'erta per garantire la giustizia sociale e la solidarietà fra i suoi membri e le sue istituzioni.


4. Nel vostro ministero pastorale dovete spesso affrontare manifestazioni di persistente razzismo che minano le fondamenta di una società giusta e democratica.

Il razzismo è un'ingiustizia intollerabile per i conflitti sociali che provoca ma ancor più per il modo in cui disonora l'inalienabile dignità di tutti gli esseri umani, noncurante della loro razza e della loro origine etnica. Le vostre frequenti dichiarazioni al riguardo e la grande varietà di attività pastorali rivolte ai diversi gruppi etnici presenti nelle vostre diocesi, lungi dal sostenere la separazione o l'isolamento tra i gruppi e le comunità, mirano a compiere la vocazione della Chiesa come segno e strumento della più ampia unità dell'intera famiglia umana.

Con un altro gruppo di Vescovi ho parlato delle necessità e dell'apporto speciale alla vita della Chiesa della grande comunità ispanica delle vostre diocesi (Cfr. Discorso Ad Limina, 2 ottobre 1993). Appoggiando il Piano Pastorale Nazionale per i Cattolici Neri (Cfr. "Sono qui, manda me", 9 novembre 1989), avete dimostrato la vostra stima e il vostro sostegno ai fedeli che desiderano essere "veramente neri e autenticamente cattolici". Condivido inoltre il vostro impegno per promuovere la solidarietà con la comunità americana nativa, in particolar modo per ciò che concerne la giustizia sociale nei campi della sanità, dell'edilizia abitativa, dell'occupazione e dell'educazione (Cfr. Tempo per Ricordare, Riconciliarsi e Impegnarsi nuovamente come un Popolo, 17 dicembre 1991). Il buon esito di tutto ciò dipende in gran parte dagli sforzi volti a rinnovare la vita familiare, le scuole parrocchiali, il ministero per la gioventù lontana, e dalla promozione delle vocazioni sacerdotali e religiose tra i vari gruppi.


5. Prima di concludere questa serie d'incontri con i Vescovi degli Stati Uniti, desidero menzionare, anche se solo brevemente, i vostri sforzi a favore della comprensione e della cooperazione ecumeniche. Grata a Dio, la Chiesa riconosce che lo Spirito Santo, "colui che indica le vie che portano all'unione dei cristiani" (DEV 2), ha dato vita a nuovi atteggiamenti tra i cristiani divisi. Guidati dalla lunga lotta del vostro Paese per il conseguimento della libertà e della tolleranza religiose, i cattolici americani hanno arricchito l'impegno ecumenico della Chiesa con i frutti della propria esperienza. Tuttavia, dopo i rapidi miglioramenti nei rapporti ecumenici a seguito del Concilio Vaticano II, alcuni sono ora scoraggiati dal progresso apparentemente più lento in questa fase più matura degli sforzi ecumenici. Poiché la Chiesa è irrevocabilmente impegnata nella ricerca dell'unità cristiana, non può esserci una diminuzione degli sforzi per promuovere la preghiera comune, il dialogo e la cooperazione. In quanto Pastori, dovere rassicurare coloro che sono scoraggiati, moderare coloro il cui entusiasmo conduce a confusione dottrinale e disciplinare, promuovere nuove iniziative e garantire che tutte le attività ecumeniche nelle vostre diocesi siano in armonia con la fede e la disciplina della Chiesa (Cfr. Direttorio per l'Applicazione dei Principi e delle Norme sull'Ecumenismo, 25 marzo 1993, n. 30).

Un'area particolarmente importante del dialogo è quella che riguarda le verità etiche e morali necessarie per il rinnovamento della società (Cfr. VS 36). I cristiani dovrebbero apportare una testimonianza congiunta a quelle verità morali che rendono "un servizio originale, insostituibile e di enorme valore non solo per la singola persona e per la sua crescita nel bene, ma anche per la società e per il suo vero sviluppo" (VS 101).


6. Cari fratelli Vescovi, l'attuale periodo d'Avvento ci parla del "Signore Dio l'Onnipotente, Colui che era, che è e che viene!" (Ap 4,8). Mentre ricordiamo che Cristo verrà nuovamente nella gloria, queste settimane di preparazione per il Natale elevano anche i nostri cuori al "nuovo tempo di avvento" (DEV 56), gli anni di preparazione per il grande Giubileo che commemora l'Incarnazione redentrice del Figlio Eterno. Auspico che la Chiesa in America si prepari per questo evento, come una continuazione e un ulteriore sviluppo della ""pienezza del tempo" ch'è propria del mistero ineffabile della incarnazione del Verbo" (Redemptoris Custos, n. 32). Con fiducia prego affinché sotto la vostra sollecita, salda e amorevole cura, ognuna delle vostre Chiese particolari sperimenti la "grande primavera cristiana" che Dio sta preparando per la sua Chiesa (RMi 86) I pensieri che ho condiviso con i Vescovi degli Stati Uniti durante le visite ad limina di quest'anno, sono stati guidati dall'orientamento e dal contenuto del Catechismo della Chiesa cattolica. Nelle vostre mani il Catechismo sarà un aiuto estremamente efficace per mettere a disposizione di tutti i fedeli le inesauribili ricchezze di ciò che la Chiesa celebra e vive, in cui crede e per cui prega.

Proprio in questa fase del pellegrinaggio della Chiesa, lo Spirito Santo ci ha consacrati alti sacerdoti per portare la buona novella ai poveri e per confortare gli afflitti, per rimettere in libertà gli oppressi e coloro che si trovano in difficoltà (Cfr. Lc 4,18-19). Il sano insegnamento, la fervente celebrazione dei sacramenti e l'intensa attività pastorale sono i "tesori" che dobbiamo offrire al mondo che attende. Con fervente speranza e fiducia chiedo a questo stesso Spirito Santo di infondere la pienezza dei suoi doni nella Chiesa negli Stati Uniti. Affidando tutti i suoi membri all'intercessione di Maria Immacolata, Patrona del vostro Paese, di tutto cuore imparto la mia Benedizione Apostolica.

Data: 1993-12-04 Data estesa: Sabato 4 Dicembre 1993


GPII 1993 Insegnamenti - Udienza ai partecipanti ad un incontro promosso in occasione del XXV anniversario dell'Enciclica di Paolo VI - Città del Vaticano (Roma)