GPII 1994 Insegnamenti - Al termine dell'Angelus, per l'annuale "Giornata del Seminario" - Città del Vaticano (Roma)

Al termine dell'Angelus, per l'annuale "Giornata del Seminario" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: "La Regina degli Apostoli ispiri a molti giovani il proposito di donarsi totalmente al servizio del Regno"

Si celebra oggi nella diocesi di Roma l'annuale "Giornata del Seminario".

Come è noto, tale giornata si propone di richiamare l'attenzione dei fedeli sull'importanza fondamentale che ha, nella vita della comunità ecclesiale, la promozione delle vocazioni sacerdotali. Essa intende, inoltre, far conoscere le attività dei Seminari della diocesi, invitando ciascuno a contribuire, secondo le proprie possibilità, alle loro crescenti necessità.

Grazie a Dio, la diocesi di Roma registra da qualche anno un significativo aumento di ordinazioni sacerdotali; ma non ci si deve stancare di chiedere al Signore il dono di nuovi sacerdoti, perché le necessità pastorali sono tante. Vi invito perciò a pregare, cari Fratelli e Sorelle, perché il Signore sia generoso nel chiamare al sacerdozio e perché i giovani chiamati siano pronti a seguirlo.

La Regina degli Apostoli ispiri a molti giovani il proposito di donarsi totalmente a Dio nel servizio del Regno come sacerdoti di Cristo.

(Dopo le parole per la "Giornata del Seminario", il Papa ha salutato un gruppo di pellegrini provenienti dall'arcidiocesi di Gorizia:) Rivolgo ora un cordiale saluto ai Componenti del "Gruppo giovanile della Scuola comunale di Musica di Ruda", Arcidiocesi di Gorizia, esortandoli ad unirsi con i loro canti alla lode perenne che sale da tutta la Chiesa e dall'intero creato.

Data: 1994-01-09 Data estesa: Domenica 9 Gennaio 1994





Visita al Presepio allestito dai netturbini in via dei Cavalleggeri - Roma

Titolo: Affidiamo a Cristo la speranza di un anno migliore per Roma

E' la quindicesima volta che mi trovo qui. C'è quindi già una tradizione. Ogni anno aggiunge qualche cosa a questo presepe dei netturbini, qualche novità. Penso che lo stesso si può notare anche per Roma, per il mondo, per l'Italia. Ogni anno aggiunge qualche cosa di nuovo, qualche novità a tutte queste realtà in cui viviamo, a Roma, in Italia, nel mondo, e poi quelle più vicine come la famiglia, il proprio ambiente, la professione, tutto quello che ci accomuna qui intorno al presepe.

Voglio augurare di nuovo a Roma, in presenza del suo nuovo Sindaco, che quello che si aggiunge a Roma nella prospettiva di questo anno sia positivo e che si tolga tutto quello che è negativo che non manca, ma deve mancare di più. Invece il positivo deve sempre abbondare di più. L'ispirazione per noi viene da Gesù Figlio di Dio che è venuto al mondo per farsi povero, ma una povertà del tutto speciale, come è stata dopo, per esempio, la povertà di San Francesco. Gesù si è fatto povero per arricchirci: la sua povertà è per noi una grande ricchezza, sorgente di ricchezza. Che sia sempre così per voi netturbini, per voi romani, per voi italiani: questo Presepe del Signore sia sorgente di ricchezze sempre nuove.

Questo è il mio augurio come vostro Vescovo, un augurio cordiale, sincero, continuo, da quindici anni lo faccio e sempre lo ripeto perché non si può mai esaurire.

Poi i bambini, si vede come crescono, quelli appena nati quindici anni fa adesso sono già grandi, vanno alla scuola media. così corre la vita.

Congratulazioni.

Data: 1994-01-09 Data estesa: Domenica 9 Gennaio 1994





Ai Presuli della Conferenza Episcopale di El Salvador in visita "ad limina" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: "La violenza genera sempre una violenza maggiore e non costituisce mai il cammino verso la vera giustizia"

Carissimi fratelli nell'Episcopato,


1. Nel ricevervi con grande gioia in questo incontro conclusivo della vostra visita ad Limina, il mio pensiero pieno d'affetto si rivolge alle vostre rispettive diocesi in El Salvador e a tutti i figli della Chiesa in quella amata Nazione.

Vi porgo il mio cordiale e fraterno saluto, e nelle vostre persone desidero salutare anche i sacerdoti, i religiosi, le religiose e i laici, che con generosa dedizione, non priva di sacrifici, contribuiscono a edificare il Regno di Dio nel vostro Paese. Fino a Roma, sede di Pietro, avete desiderato portare la testimonianza dei loro sforzi e delle loro opere, delle loro gioie e delle loro speranze, affinché il loro zelo evangelizzatore riceva un nuovo impulso dall'esempio e dall'intercessione degli Apostoli Pietro e Paolo, pilastri di questo centro di comunione della Chiesa universale.


2. Ringrazio vivamente per le gentili parole che, a nome di tutti, mi ha rivolto Mons. Arturo Rivera Damas, Presidente della Conferenza Episcopale, e desidero riconfermare la mia stima per la vostra generosa dedizione al servizio delle comunità ecclesiali che il Signore vi ha affidato. Voi, fratelli Vescovi, - nelle parole del Concilio Vaticano II - siete stati "posti dallo Spirito Santo, e occupate il luogo degli Apostoli come pastori delle anime; in comunione con il Sommo Pontefice, e sotto la sua autorità, siete inviati per rendere sempre attuale l'opera di Cristo, Pastore Eterno... come veri maestri della fede, pontefici e pastori" (cfr. CD 2). Come ho indicato nell'Enciclica Veritatis splendor, "promuovere e custodire, nell'unità della Chiesa, la fede e la vita morale è il compito affidato da Gesù agli Apostoli (cfr. Mt 28,19-20), che prosegue nel ministero dei loro successori" (VS 27).

In virtù del vostro ministero episcopale, vi è stata conferita, cari fratelli, una triplice funzione: insegnare autorevolmente la verità rivelata, santificare i fedeli in virtù della pienezza del sacerdozio ricevuto e guidare e istruire il Popolo di Dio con potestà ordinaria, appropriata e immediata.


3. So che vi state dedicando generosamente ai compiti della nuova evangelizzazione, il che esige, come presupposto fondamentale, uno sforzo singolare di purificazione e santità. In effetti, siete ben consapevoli del fatto che la santità è un'esigenza di perenne attualità. L'uomo sente oggi un'urgente necessità di testimonianze di vita evangeliche; e la santità dei Pastori è uno dei doni più preziosi che possiamo dare alle nostre comunità. E', d'altro canto, il cammino del vero rinnovamento che il Concilio ci ha chiesto di offrire alla Chiesa. E' il cammino della completa fedeltà ecclesiale, la gioia nella dedizione all'opera salvifica di Cristo e del generoso impegno in un compito che richiede una profonda carità pastorale.

Ravvivando le migliori tradizioni di tanti Pastori esemplari con i quali Dio ha benedetto nel corso della sua storia la Chiesa di El Salvador, dovete essere sempre annunciatori instancabili del Vangelo mediante una vita santa, predicando la verità di Cristo "potenza di Dio e sapienza di Dio" (1Co 1,24), sicuri che in tal modo prestate il miglior servizio possibile non solo alle vostre comunità ecclesiali, ma anche all'intera società. Siate "modelli" per il vostro gregge, come esorta San Pietro (cfr. 1P 5,3): "nelle parole, nel comportamento, nella carità, nella fede, nella purezza", come raccomanda San Paolo a Timoteo (1Tm 4,12).

Continuate, dunque, nel vostro impegno per rafforzare nei fedeli, seminaristi, sacerdoti, religiosi e religiose la vocazione alla santità; in tal modo darete un rinnovato vigore all'adesione a Gesù Cristo, Redentore e speranza degli uomini. Portate a tutti, con l'esempio della vostra vita, un amore senza limiti per Cristo, che si estende mediante il suo Spirito alla Chiesa. Egli è il Buon Pastore che ci mostra insistentemente il cammino della bontà, della mansuetudine, della carità pastorale, fino a dare la propria vita per le sue pecore, come manifestazione suprema dell'amore.


4. Animati da questa stessa carità pastorale, non avete cessato di fare pressanti appelli alla riconciliazione mediante un dialogo fraterno, aperto e costruttivo.

"Per noi, pastori della Chiesa, - dicevate in un documento collettivo - il ministero della riconciliazione è un mandato urgente... Non possiamo offrire il nostro apporto alla riconciliazione della famiglia di El Salvador se prima non riconciliamo noi stessi con il nostro Dio Padre e con i fratelli (Lettera Pastorale "Reconciliaos con Dios", 28.2.1992).

So perfettamente che come Pastori della Chiesa vi preoccupa il grave problema delle cause antiche e nuove della violenza nel vostro Paese, che tante ferite - molte di esse ancora aperte - hanno lasciato in numerosi focolari. Il Papa vi ringrazia, amati Fratelli, per l'impegno posto nel consolidamento della pace in El Salvador. In questa occasione, non posso non rivolgere un pensiero particolare a un benemerito membro della vostra Conferenza Episcopale, Mons.

Joaquin Ramos Umana, che oggi sarebbe stato qui presente tra noi se la barbara e ingiustificabile violenza non avesse stroncato la sua vita. Voglia Dio che il suo sacrificio sia un pressante appello per tutti alla riconciliazione e al perdono, e che l'esempio della sua vita insegni che la violenza, da dovunque provenga, genera più violenza e non è mai il cammino verso la vera giustizia.

Vi esorto quindi vivamente a fare delle vostre comunità diocesane efficaci strumenti di pace e di volontà d'intendimento, il che porta a superare le differenze, gli scontri, gli antagonismi, in modo che si rafforzi il desiderio di comprensione tra gli individui nelle famiglie e in tutta la società. Non desistete dalla vostra difesa dei diritti dei poveri e dei più deboli, dalla promozione della moralità pubblica, dal deciso apporto al conseguimento della piena riconciliazione di tutti i figli del vostro popolo che ama la pace, ma che soffre ancora le conseguenze del dolore e della morte seminati durante i lunghi e crudeli anni di lotta tra fratelli. Che il Signore conceda ai governanti responsabili di una Nazione, che è fiera della sua fede cristiana, energie spirituali e morali per servire la grande causa del bene comune, sempre aperti alle legittime aspirazioni di giustizia e ai desideri di un intero popolo che aspira alla pace e ne ha bisogno.


5. Mediante le relazioni che avete inviato a questa Sede Apostolica sullo stato delle vostre diocesi, ho potuto constatare che la Chiesa in El Salvador si sta impegnando seriamente in un'opera evangelizzatrice che possa raggiungere tutti gli strati della popolazione. A ciò contribuirà anche il vigoroso impulso che, sotto il motto "Nuova Evangelizzazione, Promozione Umana, Cultura Cristiana", ha rappresentato la IV Conferenza Generale dell'Episcopato Latino-americano, che si è svolta a Santo Domingo, e i cui lavori ho avuto la gioia di inaugurare. A questo proposito, vi affido l'incarico di far giungere ai vostri sacerdoti e a tutti gli altri agenti della pastorale l'esortazione del Papa a mettere in pratica nelle loro comunità ecclesiali le Conclusioni di detta Conferenza.

A imitazione di Gesù, Maestro e amico dei discepoli, vi esorto, cari Fratelli, a prestare un'attenzione particolare ai vostri sacerdoti. Essi sono i primi collaboratori nel vostro ministero episcopale e devono essere i principali destinatari della vostra cura pastorale. Siate per essi padri, fratelli e amici, che si preoccupano della loro vita spirituale e anche dei loro bisogni materiali.

Alimentate con il vostro esempio la fratellanza sacerdotale tra tutti coloro che sono ministri dell'unico Sacerdote: Gesù Cristo, povero, ubbidiente e casto. In lui i sacerdoti trovano la forza per accogliere liberamente il dono del celibato per il Regno dei Cieli. La virtù della castità permette al sacerdote di presentarsi dinnanzi al popolo cristiano come uomo libero, con la libertà di Cristo, per dedicarsi completamente alla carità universale, alla paternità feconda dello spirito, al servizio incondizionato degli uomini.


6. Essi saranno il migliore esempio per molti giovani generosi, che desiderano vedere modelli convincenti. In tal modo, i seminari e le case di formazione vedranno aumentare il numero dei candidati al sacerdozio e alla vita religiosa. So perfettamente che la pastorale vocazionale occupa un posto privilegiato nel vostro ministero di Pastori. In effetti, il Concilio Vaticano II sottolinea in modo particolare la necessità che i Vescovi rivolgano una sollecita attenzione ai centri di formazione sacerdotale, dove i candidati devono instaurare, mediante la preghiera e i sacramenti, un intimo rapporto personale con Cristo. Come sottolineano ripetutamente le istruzioni emanate dalla Sede Apostolica, nel seminario deve regnare un ambiente di serenità, di pietà liturgica e personale, di studio, di disciplina, di convivenza fraterna e di iniziazione pastorale, che sia garanzia e solida base per una adeguata preparazione al sacerdozio.

Seguite con paterna sollecitudine la promozione della vita religiosa, dando impulso alla gioia della sua consacrazione e all'autenticità del suo servizio apostolico. Ho sempre presenti le diverse congregazioni e comunità religiose che operano nelle vostre diocesi. Importanti e numerose opere della Chiesa nell'ambito della pastorale parrocchiale, dell'insegnamento e dell'assistenza sociale sono dirette e appoggiate da religiose e religiosi. Per questo, in nome vostro e insieme a voi, li ringrazio per la loro opera a favore della fioritura spirituale delle vostre comunità; allo stesso tempo, li esorto ad accrescere la loro disponibilità e il loro spirito di comunione con i Vescovi, seguendo fedelmente le loro direttive dottrinali e pastorali, consapevoli del fatto che tutto ciò conferirà una forza rinnovata alla loro testimonianza di persone consacrate e porterà a una maggiore efficacia delle loro opere apostoliche.


7. Tra le vostre priorità pastorali deve continuare a occupare un posto preminente la famiglia. così ha sottolineato la citata Conferenza di Santo Domingo: "E' necessario fare della pastorale familiare una priorità fondamentale, sentita, reale e operante. Fondamentale come frontiera di una nuova evangelizzazione.

Sentita, ossia accolta e condivisa da tutta la comunità diocesana. Reale poiché sarà appoggiata in modo concreto e deciso unitamente al Vescovo diocesano e ai suoi parroci. Operante significa che deve essere inserita in una pastorale organica" (n. 64).

A questo proposito, tenendo presente che questo è l'Anno Internazionale della Famiglia, vi esorto a lavorare instancabilmente nelle vostre comunità, ricche di tradizioni e valori religiosi, rivolgendo una particolare attenzione alle famiglie, facendo in modo che ognuna di esse sia una vera "Chiesa domestica", luogo di incontro con Dio, centro di irradiazione della fede, scuola di vita cristiana. Per questo è necessario fare chiaramente presente che non può esistere un amore completo in quelle unioni che, come il concubinato, sono contrarie alla legge di Dio. Penso in particolare modo ai figli nati fuori dal matrimonio, con la serie di sofferenze, irresponsabilità e emarginazione che ciò comporta. Come avete spesso sottolineato, solo il matrimonio indissolubile, vissuto pienamente nella fedeltà e sempre aperto alla vita, può essere la base solida e duratura di una comunità familiare che compia la sua vocazione come centro di manifestazione e di diffusione del vero amore.

A conclusione di questo incontro desidero invocare su ognuno di voi, sulle vostre Chiese particolari con i loro sacerdoti, religiosi, religiose, famiglie, anziani, giovani e bambini, la protezione della Vergine Santissima, Regina della Pace, affinché mediante la sua intercessione vi colmi con la pienezza dello Spirito del Signore, che riversi a piene mani nella vostra Nazione il dono della riconciliazione fraterna tra tutti i figli.

Con questi fervidi auguri, vi accompagna la mia preghiera e la mia Benedizione Apostolica.

Data: 1994-01-10 Data estesa: Lunedi 10 Gennaio 1994







Ai nuovi Ambasciatori presso la Santa Sede ricevuti nella Sala Clementina - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Il mondo di oggi, lacerato da dolorosi conflitti ha urgente bisogno di pace e di solidarietà

Eccellenze, Nell'accettare le Lettere che vi accreditano come Ambasciatori dei vostri rispettivi Paesi presso la Santa Sede, esprimo la mia più profonda stima per i popoli che rappresentate e saluto rispettosamente i vostri Capi di Stato.

Provenite dai continenti dell'Africa, dell'America, dell'Asia e dell'Oceania e la vostra presenza qui è espressione visibile della grande diversità della famiglia umana e riflette anche il carattere universale della comunità diplomatica accreditata presso la Santa Sede.

In quanto diplomatici, servite gli interessi delle vostre nazioni esplorando con pazienza le vie della comprensione e del dialogo che costituiscono gli unici mezzi sicuri e duraturi per promuovere la giustizia e la pace nelle questioni umane. Allo stesso tempo, sostenete quelle istituzioni giuridiche volte a consolidare e ad accrescere la cooperazione politica e sociale fra le nazioni e a stabilire vincoli più saldi di solidarietà fra i popoli.

Purtroppo, tuttavia, viviamo in un mondo lacerato da dolorosi conflitti, in cui i ripetuti inviti al dialogo e alla negoziazione vengono troppo spesso ignorati e le sofferenze delle vittime innocenti si moltiplicano ogni giorno. Il bisogno di pace e di solidarietà che porta a un reale sviluppo viene sentito in modo particolare dai Paesi più giovani, specialmente da quelli dell'emisfero meridionale. Essi cercano modelli di progresso che possano renderli in grado di vivere dignitosamente, liberi dalla schiavitù della povertà, della fame e dell'indebitamento. Essi desiderano costruire un futuro di libertà e autodeterminazione in accordo con le proprie tradizioni culturali e religiose. Il bisogno di pace è sentito altresi dalle più sviluppate società dell'Est e dell'Ovest, dal momento che esse aspirano a un rinnovamento dei valori morali e spirituali necessari per rapporti giusti e pacifici ad ogni livello della loro coesistenza.

Con la sua presenza nella comunità internazionale, la Santa Sede cerca, in modo consono alla natura e alla missione specifiche della Chiesa, di servire l'umanità proprio promuovendo questa indispensabile cultura di cooperazione e solidarietà, basata sul rispetto per le verità di ordine morale, sulla sollecitudine verso l'autentico sviluppo umano e la difesa della dignità umana.

Allo stesso modo, i membri della Chiesa, ispirati dal messaggio del Vangelo, desiderano servire il bene comune attraverso le opere educative, caritative e sociali laddove esprimono la propria fede in Cristo. Essi chiedono e attendono giustamente il riconoscimento della libertà di essere parte attiva nella vita dei loro rispettivi Paesi e di portare, nelle questioni critiche che la società si trova ad affrontare, la prospettiva della loro fede cristiana.

La Santa Sede quindi guarda a voi come collaboratori nel servizio della famiglia umana. La Chiesa vi incoraggia nella vostra opera come artigiani di pace! Essa sa che la pace è un dono di Dio Onnipotente che si radica non solo nelle istituzioni e nelle strutture, ma ancor più nelle profondità del cuore umano. Per questo motivo, essa è convinta del fatto che "il traguardo della pace, tanto desiderata da tutti, sarà certamente raggiunto con l'attuazione della giustizia sociale e internazionale, ma anche con la pratica delle virtù che favoriscono la convivenza e ci insegnano a vivere uniti, per costruire uniti, dando e ricevendo, una società nuova e un mondo migliore" (SRS 39).

Eccellenze, vi faccio i miei migliori auguri all'inizio della vostra missione. Su di voi e sui popoli che rappresentate invoco di tutto cuore l'abbondanza delle benedizioni divine.

Data: 1994-01-13 Data estesa: Giovedi 13 Gennaio 1994





Angelus - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: "Imploriamo da Dio una pace giusta e durevole nella martoriata regione della Bosnia-Erzegovina"

Carissimi fratelli e sorelle!


1. Da martedi 18 al 25 gennaio celebreremo la "Settimana di preghiere per l'unità dei Cristiani". Essa avrà quest'anno come tema: "Chiamati ad avere un cuor solo e un'anima sola", stimolante invito alla riflessione proposto dal comitato misto dei rappresentanti della Chiesa cattolica e del Consiglio Ecumenico delle Chiese.

Sullo sfondo dell'Anno della Famiglia appena iniziato, tutti i cristiani sparsi nei cinque Continenti sono chiamati a riscoprire l'esigenza dell'unità della Chiesa quale famiglia di Dio. Il modello a cui si deve guardare è la comunità primitiva descritta dagli Atti degli Apostoli: "La moltitudine di coloro che eran venuti alla fede aveva un cuor solo e un'anima sola e nessuno diceva sua proprietà quello che gli apparteneva, ma ogni cosa era fra loro comune. Con grande forza gli Apostoli rendevano testimonianza della risurrezione del Signore" (Ac 4,32-33).

Questo quadro veramente suggestivo ci mostra quale efficacia trasformante possegga la risurrezione del Signore per coloro che accolgono il Maestro divino nella loro vita. Quanti infatti si aprono a Lui senza riserve acquistano un "cuore nuovo", e diventano capaci di essere tra di loro un "cuor solo e un'anima sola".

Non ci si illuda! Solo un'umile e sincera accoglienza di Cristo può aiutare i credenti a ricomporre le divisioni ancora esistenti, dando così un contributo più efficace alla soluzione dei conflitti che dilaniano diverse regioni del mondo.


2. In questa "Settimana" si leverà, dunque, in ogni angolo della terra una invocazione corale per l'unità dei discepoli di Cristo. Sarà l'occasione propizia per fare un bilancio, considerando i progressi realizzati nell'ambito ecumenico, gli impedimenti rimossi, le difficoltà ancora allo studio, il dialogo incessante e sincero. Sarà, soprattutto, una intensa e perseverante esperienza di preghiera, col rinnovato proposito di obbedire alla volontà del Signore, che chiama i suoi amici ad una comunione sempre più piena, perché la Chiesa sia per tutti "sacramento di unità" (cfr. LG 1).

In tale prospettiva cade opportuna la Giornata di preghiera del 23 gennaio prossimo, preceduta da un giorno di digiuno, il 21 gennaio, per implorare da Dio una pace giusta e durevole nella martoriata regione della Bosnia-Erzegovina. I cristiani devono essere ministri di riconciliazione sempre e dappertutto, ma specialmente dove la pace è più oltraggiata sino a sembrare umanamente inattuabile. Per questo immane compito non c'è forza più efficace della preghiera: nulla è impossibile a Dio!


3. Chiediamo a Maria, Madre della Chiesa, di dar vigore con la sua intercessione al nostro impegno. Come per la prima comunità, stretta intorno a Lei nell'attesa della Pentecoste, così per i cristiani di oggi voglia Ella ottenere la piena accoglienza del dono sempre nuovo dello Spirito di Dio, che è il vero artefice della comunione ecclesiale e della pace nell'intera famiglia umana.

(Dopo la recita dell'Angelus, il Papa ha rivolto un particolare saluto ad un gruppo di fedeli di Benevento:) Rivolgo ora un particolare saluto ai membri della "Schola Cantorum" della Cattedrale di Benevento, che oggi hanno animato la celebrazione eucaristica nella Basilica di San Pietro. Ad essi auguro di servire sempre con letizia il Signore nella partecipazione alla liturgia e nella vita.

(Il Santo Padre ha quindi aggiunto le seguenti parole di augurio a tutti i presenti, invitandoli ancora una volta alla preghiera per la pace in Bosnia ed Erzegovina:) Saluto anche tutti i presenti, romani e pellegrini, augurando una buona continuazione del nuovo anno, in un periodo molto significativo da diversi punti di vista, dal punto di vista anche della Chiesa che si raccoglie in preghiera per l'unità dei cristiani e per la pace dovunque, specialmente nei Balcani.

Data: 1994-01-14 Data estesa: Venerdi 14 Gennaio 1994





L'udienza ai membri del Corpo Diplomatico accrediato presso la Santa Sede - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: E' tempo dell'audacia della fraternità: la guerra non è una fatalità, la pace è possibile perché l'uomo ha una coscienza e un cuore

Scambio degli auguri di "buon anno" Eccellenze, Signore e Signori,


1. "I progetti che faccio per voi sono dei progetti di pace e non di sventura, per concedervi un futuro e una speranza". così il profeta Geremia riporta le parole ricevute da Dio stesso (cfr. 29,11).

Futuro e speranza. Questi sono i miei auguri per voi, Eccellenze, Signore, Signori, per le vostre famiglie e per le vostre patrie. Voi rappresentate la maggior parte dei popoli della terra. così, attraverso di voi, saluto tutti i vostri compatrioti, ai quali porgo i miei fervidi auguri affinché siano concesse a ognuno felicità e prosperità, nella libertà e nella giustizia. Questi auguri li formulo anche, con la stessa simpatia, a tutte le nazioni che non sono ancora rappresentate presso la Santa Sede, ma che hanno ugualmente un loro posto nel cuore e nella preghiera del Papa.

Il vostro Decano, il caro Signor Joseph Amichia, ha voluto ricordare, con la sua abituale delicatezza, le mie diverse attività nel corso dell'anno che si è appena concluso. Lo ringrazio vivamente per le sue parole di stima e di auguri così cordiali che mi ha rivolto a vostro nome. Vi vedo un incoraggiamento per tutta la Chiesa cattolica a continuare a svolgere il suo compito di testimone della fede nella "bontà di Dio" (Tt 3,4), quella che la festa del Natale ci ha appena rivelato, ancora una volta, nella sua sorprendente freschezza.

IL MEDIO-ORIENTE La pace nella Regione, dovere delle nazioni


2. Poiché il Natale non è altro che la rivelazione dell'amore divino, offerto a tutti gli uomini. E' la luce che ha rischiarato la notte di Betlemme; è la Buona Novella annunciata a tutti i popoli, il giorno dell'Epifania. Queste recenti celebrazioni hanno naturalmente indirizzato i nostri pensieri verso la Terra Santa dove Gesù è nato e dove ci siamo recati spiritualmente in pellegrinaggio.

Per la prima volta da lungo tempo, la pace sembra possibile, grazie alla buona volontà dei popoli che vi abitano oggi. I nemici di ieri si parlano e parlano insieme del futuro. La dinamica della Conferenza di Madrid, inaugurata nel 1991, continua a ispirare tutti coloro che si adoperano coraggiosamente per fare in modo che trionfino il dialogo e il negoziato sugli estremismi e sugli egoismi di ogni sorta. Israeliani e palestinesi, figli d'Isacco e di Ismaele, hanno aperto una via: tutti i loro amici hanno il dovere di aiutarli a percorrerla fino alla fine. Si tratta di un dovere urgente, poiché perpetuare una situazione d'incertezza e soprattutto di pesanti sofferenze per le popolazioni palestinesi - prove che conosciamo bene - rende più gravi le difficoltà presenti e rischia di allontanare nuovamente i frutti concreti tanto attesi del dialogo avviato.

Gli accordi tra la Santa Sede e Israele E' in questo contesto di speranza e di fragilità che si collocano i colloqui che hanno permesso allo Stato d'Israele e alla Santa Sede di firmare un accordo su alcuni principi fondamentali atti a regolare le loro relazioni reciproche e a garantire condizioni di esistenza normali alla Chiesa cattolica che si trova in questo Paese. Non vi è dubbio che tutti i credenti ne trarranno uguale beneficio. Inoltre, la Santa Sede è convinta che questa nuova forma di rapporto con lo Stato d'Israele le consentirà, tutelando la propria specificità spirituale e morale, di aiutare a rafforzare il desiderio di giustizia e di pace di tutti coloro che sono impegnati nel processo di pace. Senza rinunciare a nessuno dei principi che hanno ispirato la sua azione nel passato, continuerà dunque ad operare affinché, nel rispetto del diritto e delle aspirazioni legittime delle persone e dei popoli, si riesca a trovare senza indugio soluzioni ad altre questioni che hanno finora ricevuto solo risposte parziali. E' superfluo sottolineare oltre misura che tra queste questioni figura lo statuto della Città Santa di Gerusalemme, alla quale si interessano in primo luogo i credenti delle religioni del Libro.

Il Libano e l'Irak devono poter beneficiare della pace In realtà, tutta la regione dovrebbe beneficiare di questa felice evoluzione. Penso in particolare al Libano, la cui sovranità e la cui unità non sono ancora adeguatamente garantite. E non dimentico, non lontano da qui, l'Irak, i cui abitanti continuano a pagare molto caro il prezzo della guerra.

L'ORIENTE Afghanistan: appello alla comunità internazionale


3. Guardando più a Oriente, vorrei richiamare la vostra attenzione sull'Afghanistan. Si sono forse dimenticate le sofferenze delle sue popolazioni, prigioniere di divisioni e di violenze che non conoscono tregua. Colgo l'occasione che oggi mi è stata offerta per invitare la comunità internazionale a non disinteressarsi di questo paese e a favorire una soluzione regionale che potrebbe dargli alcune garanzie per il futuro.

Gli sforzi realizzati in Cina, in Vietnam e in Cambogia Nel continente asiatico vivono popoli laboriosi che si sforzano di sviluppare la loro economia, al prezzo di grandi sacrifici sul piano materiale e umano. Penso al grande popolo della Cina, certamente, ma anche alla nazione vietnamita, di cui dobbiamo accogliere gli sforzi di apertura e di reinserimento internazionali.

Saluto i progressi pacificamente compiuti dalla Cambogia, con il sostegno delle Nazioni Unite, che consentono di guardare al futuro in modo più sereno.

Le drammatiche sofferenze nello Sri Lanka, nel Timor orientale e nell'Isola di Bougainville Purtroppo, esistono ancora delle zone d'ombra in questa parte del mondo.

Le etnie dello Sri Lanka si affrontano senza pietà. La popolazione del Timor orientale aspira a vedere meglio tutelata la sua identità culturale e religiosa.

Gli abitanti dell'Isola di Bougainville, drammaticamente isolata dal resto del mondo, sono vittime di cruenti rivalità. Noi non dovremmo dimenticare le loro prove.

Diritto alla pratica religiosa per i cattolici e all'assistenza di sacerdoti In questa vasta area dell'Estremo Oriente, vivono delle ferventi comunità cattoliche, di un sorprendente vigore apostolico. Molte di esse, lo dico con profondo dolore, vengono oggi ancora ostacolate nelle loro più fondamentali libertà, vittime di discriminazioni inammissibili. Alcune sono ridotte a sopravvivere con difficoltà, non potendo, per esempio, ricorrere all'aiuto di missionari il cui accesso viene reso quasi impossibile da misure amministrative.

Ad altre comunità non è concesso di riunirsi per il culto o di diffondere liberamente gli scritti religiosi. Ad altre ancora viene negato il diritto di organizzarsi conformemente al diritto della Chiesa o a mantenere contatti normali con la Sede Apostolica. Ve ne sono persino alcune che conoscono la dura condizione della clandestinità. Richiamando la vostra attenzione su queste dolorose situazioni, desidererei che i responsabili delle nazioni collaborassero generosamente alle necessarie soluzioni, poiché si tratta anche di un problema di giustizia.

L'AMERICA LATINA Progressi nella vita democratica e nell'economia, ma è necessario che il Continente dia prova di un sussulto morale


4. Lo scorso anno, l'America latina ha continuato a essere una regione tormentata.

Certo, con qualche eccezione, i governanti al potere hanno indetto elezioni democratiche. L'inflazione e il fardello del debito sono leggermente diminuiti, anche se i costi sociali sono aumentati e se l'indice di povertà assoluta si è accresciuto.

Appello al dialogo per risolvere le gravi tensioni in Messico Questo inizio anno è stato infelicemente segnato da gravi tensioni e dalla violenza che si sono propagate in alcune regioni del Messico. Ci auguriamo che, anche li, il dialogo prevalga, affinché l'accordo consenta di individuare meglio le cause di questi dolorosi eventi e affinché si possa rispondere nel rispetto reciproco alle legittime aspirazioni delle popolazioni coinvolte.

Non vi sono dubbi che i paesi americani dell'emisfero Sud hanno delle potenzialità umane e materiali ancora inadeguatamente utilizzate. Bisogna favorire strutture di dialogo, come quelle che già esistono (penso per esempio al Gruppo di Contadora o al Mercato Comune del Cono Sud). I vertici regolari tra i capi di Stato e la recente firma dell'accordo di libero scambio tra gli Stati Uniti, il Messico e il Canada si sono venuti ad aggiungere a queste istanze tradizionali. Ci auguriamo che ne derivino dei reali benefici per tutte le popolazioni più bisognose.

Urgenza del disarmo e di riforme in Guatemala e in El Salvador Necessità di un progetto sociale per il Nicaragua E' parimenti urgente accelerare la normalizzazione delle situazioni politiche ancora precarie. In Guatemala e in Salvador, il disarmo delle fazioni armate, il reinserimento degli ex combattenti, le riforme politiche e sociali progrediscono troppo lentamente e a volte regrediscono. Un'autentica cultura della pace non si è ancora affermata in questa regione, malgrado gli sforzi realizzati da molti responsabili, in particolare dalla Chiesa cattolica e dai suoi Pastori.

Il Nicaragua vive, anch'esso, una congiuntura preoccupante, poiché le diverse componenti della società non riescono sempre ad accordarsi su un progetto di società che si fondi su valori condivisi da tutti.

Ruolo della Chiesa per contribuire ad una presa di coscienza dei principi sociali fondamentali Grandi Paesi continuano a essere vittima di mali endemici come il divario sempre più marcato tra ricchi e poveri, la corruzione amministrativa, il terrorismo e il traffico di droga. Tutte queste nazioni, piccole e grandi, hanno bisogno di uno slancio di vigore morale che non dovrebbe essere impossibile, visto che le loro popolazioni professano la fede cristiana.

Significa che la Chiesa cattolica si sente investita di una responsabilità particolare, come ho avuto occasione di sottolineare durante le mie visite apostoliche in questa parte del mondo. Gli Episcopati, d'altronde, esprimono con vigore i principi essenziali della dottrina sociale cattolica. E' necessario che il bene comune sia l'unico obiettivo dei governanti e dei governati, "per il bene di tutti e di ciascuno, perché tutti siano veramente responsabili di tutti" (SRS 38).

Non possiamo allontanarci da questa regione del globo senza far menzione di due paesi particolarmente provati: Cuba e Haiti.

Appello alle nazioni per non isolare Cuba La popolazione di Cuba sperimenta delle difficoltà materiali particolarmente gravi, dovute a dei fattori interni ed esterni. E' importante non lasciare questo Paese nell'isolamento; bisogna aiutare i cubani a riacquistare fiducia in se stessi. Nel loro coraggioso messaggio, "l'amore spera tutto", i Vescovi hanno indicato una priorità: "Ravvivare la speranza dei cubani". Tutti noi dobbiamo aiutarli a ritrovarsi unanimi sul cammino verso una società sempre più solidale e più rispettosa dei valori che ognuno porta in sé. In ogni caso, la Chiesa cattolica a Cuba ha manifestato chiaramente il suo desiderio di offrire al Paese il suo apporto spirituale e morale promuovendo l'educazione al perdono, alla riconciliazione e al dialogo, che sono le fondamenta sulle quali si edifica una società dove ognuno si sente a casa sua.

Haiti chiamata alla riconciliazione Non lontano da li, Haiti continua a vivere interminabili prove. Nel loro recente messaggio di Natale, i Vescovi di Haiti hanno ben descritto le "miserie fisiche e morali che attanagliano il popolo, erodono il corpo sociale e portano alla distruzione del Paese". Anche ad Haiti, la totale riconciliazione degli spiriti e la rinuncia alle divisioni, che si sono rafforzate in questi ultimi due anni, devono diventare realtà. E ciò avverrà solo mediante il dialogo di tutte le componenti della società. Un dialogo onesto, rispettoso, senza pregiudizi, con un solo e unico fine: perseguire in modo disinteressato l'autentico bene della nazione. Non posso che invitare la comunità internazionale a contribuire per quanto possibile alla rapida realizzazione di un tale disegno. Non si potrebbero imporre agli abitanti di Haiti delle formule politiche già fatte, con il rischio di provocare nuove divisioni. Sono gli stessi abitanti di Haiti che devono costruire il loro futuro, secondo i principi così opportunamente ricordati dall'Episcopato nel messaggio già menzionato: il fine non giustifica i mezzi; la forza non può prevalere sul diritto; la vita politica è inscindibile dalla morale.

L'AFRICA Le legittime rivendicazioni democratiche


5. Soffermiamoci ora a considerare la situazione in Africa, continente che cambia e che attraversa un periodo chiave della sua storia. Numerosi popoli hanno manifestato nuovamente in questi ultimi mesi le loro legittime rivendicazioni pluraliste e democratiche. E' una realtà positiva, di cui dobbiamo tener conto.

Non possiamo tornare indietro! E' di buon auspicio il fatto che numerose nazioni abbiano intrapreso, mediante vie pacifiche, un grande sforzo di rinnovamento istituzionale.

Pace e democrazia si consolidano nel Mozambico, in Sudafrica e in Madagascar Il processo di pace si sta consolidando in Mozambico, certo lentamente, ma con la prospettiva di elezioni nell'autunno 1994. Il Sud Africa ha coraggiosamente superato gli ultimi ostacoli creati dai riflessi razziali, per fondare una società plurietnica dove ognuno dovrebbe sentirsi responsabile della felicità dell'altro.

Nel vicino Oceano Indiano, il Madagascar ha saputo effettuare pacificamente la transizione verso una società democratica. Ci auguriamo che questi esempi siano contagiosi, poiché a troppi Paesi africani viene ancora impedito di impegnarsi lungo il cammino di un rinnovamento politico e sociale.

Alcuni Paesi vivono dei drammi e si disgregano: Angola, Burundi e Zaire Il caso dell'Angola è drammatico. Le elezioni sono state seguite dalla ripresa dei combattimenti tra fazioni, e ciò senza riguardo per le scelte della popolazione. Recenti notizie testimoniano, tuttavia, un ritorno al dialogo.

Possano gli abitanti dell'Angola comprendere che nessuno uscirà vincitore da tali scontri fratricidi! In ogni caso, il popolo non può che soffrirne, ridotto a condizioni di vita non degne dell'uomo.

Il Burundi ha recentemente visto riaccendersi rivalità etniche che lo hanno fatto ripiombare negli orrori della barbarie e della miseria, indebolendo gravemente le sue più fondamentali strutture istituzionali. Dopo i massacri dello scorso autunno, è giunto il momento del perdono e della riconciliazione. Dio si aspetta ciò dagli abitanti del Burundi. L'elezione di un nuovo Presidente della Repubblica, svoltasi due giorni fa, è di buon augurio.

Non lontano da li, un vasto Paese dalle considerevoli risorse umane e materiali sta per disgregarsi: lo Zaire. Esso attraversa una crisi politica che potrebbe facilmente degenerare in una guerra civile incontrollabile. Vorrei qui lanciare un appello paterno ma deciso a tutti coloro che hanno una qualche responsabilità nel protrarsi e nel degradarsi della situazione: le cose devono cambiare rapidamente. Nessuna causa e nessuna ambizione può giustificare lo stato di deterioramento istituzionale e materiale nel quale sono costretti a vivere più di trenta milioni di cittadini. Gli interessi delle persone e dei gruppi devono eclissarsi di fronte al bene comune e alle aspirazioni legittime dell'insieme della comunità nazionale. Altrimenti, il caos prevarrà, l'isolamento internazionale sarà più duro e infine il futuro del Paese sarà ipotecato per lunghi anni.

Il popolo deve essere ascoltato per la ricostruzione nazionale in Congo e nel Togo Nel vicino Congo, e anche nel Togo, dobbiamo rammaricarci del fatto che i desideri espressi dalla popolazione non si siano potuti ancora realizzare. Non sono certamente le indecisioni politiche o il ricorso alla forza a poter far germogliare un ordine credibile e motivare la collaborazione delle popolazioni a un progetto di società.

Auspici per alcuni Paesi in pieno mutamento: Gabon, Nigeria, Liberia e Eritrea Speriamo anche che il processo di democratizzazione avviato nel Gabon non venga definitivamente frenato e che coloro che detengono il potere abbiano la lungimiranza di permettere a tutti gli abitanti del Gabon di essere essi stessi gli artefici di un futuro migliore.

Ci auguriamo anche che la Nigeria sappia evitare gli autoritarismi affinché le sue popolazioni possano liberamente ritrovarsi intorno a valori comuni: ciò infine renderebbe possibile lo sviluppo delle potenzialità economiche di questo grande Paese nell'ordine e nella stabilità.

Possa la Liberia, che cerca di uscire dalla guerra che la devasta dal 1989, essere aiutata dai suoi alleati tradizionali nei suoi primi passi lungo il cammino della pace e della ricostruzione! Se volgiamo il nostro sguardo verso l'Est del continente, ci rallegriamo nel vedere l'Eritrea consolidarsi nella stabilità e sperimentare una certa crescita, anche se questa rimane ancora modesta.

Alcuni Paesi sono dilaniati da guerre fratricide: Somalia, Sudan e Algeria Sfortunatamente, rimangono due focolai di guerra, che seminano morte e desolazione: ovviamente penso agli scontri che devastano ancora la Somalia e il Sudan. Ai morti si aggiungono i feriti e il dramma dei profughi, condannati alla precarietà materiale e morale. Come non invitare tutte le parti implicate in questi conflitti, che assumono molto spesso dimensioni tribali, a intraprendere un dialogo serio? Auspico che le competenti Organizzazioni Internazionali si adoperino a rivolgere un appello alle persone e ai gruppi locali più desiderosi di pace e che esse sostengano parimenti le istituzioni capaci di far prevalere in quei luoghi un coraggioso e indispensabile processo di ritorno alla fratellanza.

Poiché la pace e la sicurezza possono solo provenire dagli stessi abitanti della Somalia e del Sudan.

Devo ancora ricordare la grave crisi che colpisce l'Algeria. La spirale della violenza armata e l'aumento del terrorismo sembrano aver posto questo paese in una situazione di stallo politico. Occorre che le diverse istanze del popolo algerino si rincontrino. Gli amici di questo grande Paese dovrebbero aiutarlo a instaurare un dialogo leale fra tutti, al fine di uscire dal circolo vizioso del disprezzo, della vendetta e dei massacri. Che sia risparmiata al Mediterraneo, luogo di civiltà per eccellenza, una nuova ferita! Cooperazioni necessarie per lo sviluppo, in aiuto dei profughi e contro l'Aids In molti Paesi dell'Africa, ci troviamo dinnanzi a nuove forme di intervento dei popoli nella costruzione del loro futuro. Ammettiamo spesso che si tratta di un movimento irreversibile. Ma bisogna che l'alternativa politica non si traduca in una alternanza etnica: sarebbe la prova che nulla sta cambiando. Sono persuaso che l'originalità delle strutture etniche, culturali e sociali dell'Africa possa permettere a ciascuna nazione di ideare il suo proprio stato di diritto e di democrazia. Ciò che urge è porre fine allo Stato di non-diritto che si estende a troppi paesi africani. Converrebbe tener presente questo fattore nello stabilire programmi di cooperazione con quegli Stati. Poiché la cooperazione è sempre necessaria: gli africani devono poter contare sul diversificato aiuto dei loro amici - specialmente dei loro alleati europei - affinché lo sviluppo materiale e tecnico vada di pari passo con il loro sviluppo democratico. E' chiaro, in particolare, che essi necessitano di essere sostenuti di fronte al flagello costituito dall'epidemia di Aids, inoltre, per l'accoglienza e il sostentamento dei profughi e dei rifugiati così numerosi in questo continente.

Il Sinodo per la Chiesa in Africa E' in questo contesto tormentato del continente che la Chiesa cattolica celebrerà presto l'Assemblea Speciale del Sinodo dei Vescovi per l'Africa. Con l'aiuto di Dio, questo sarà un grande momento di preghiera e di riflessione che permetterà ai cattolici di queste regioni, Pastori e fedeli, di rimettersi alla presenza di Dio per riorganizzare la loro vita personale e collettiva, di guardarsi anche intorno per imparare a vedere in ogni Africano l'essere umano che esso è e non la sua appartenenza etnica. Bisogna costruire ponti e non muri fra le persone, così come fra le nazioni e i diversi gruppi che le compongono.

L'EUROPA Paradosso tra la costruzione europea in corso e i nazionalismi che insanguinano il Continente: Caucaso, Bosnia ed Erzegovina.

Condanna categorica della guerra e speranza, poiché la pace è possibile


6. Ed eccoci giunti alle rive del "vecchio continente", combattuto fra l'integrazione e la frammentazione. Da una parte, infatti, l'Europa possiede una rete di istituzioni pluri-statali che dovrebbero permetterle di portare a termine il suo nobile progetto comunitario. Ma, dall'altra, questa stessa Europa è come debilitata da tendenze al particolarismo che si vanno accentuando e che generano azioni ispirate dal razzismo e dal nazionalismo più primitivi. I conflitti che insanguinano il Caucaso e la Bosnia ed Erzegovina ne sono l'espressione.

Queste contraddizioni europee sembrano aver lasciato i responsabili politici sprovvisti, senza possibilità di gestire queste paradossali tendenze in modo globale e attraverso il negoziato.

E' certo che la guerra barbara e ingiustificabile che, da quasi due anni, sta insanguinando la Bosnia ed Erzegovina, dopo aver devastato la Croazia, ha intaccato considerevolmente il capitale di fiducia di cui godeva l'Europa. I combattimenti continuano. Gli estremismi più iniqui continuano ad affermarsi. Le popolazioni sono ancora nelle mani di carnefici senza morale. Civili innocenti divengono sistematicamente bersaglio di cecchini nascosti. Moschee e chiese vengono distrutte. Non si contano più i villaggi svuotati della loro popolazione.

Questa mattina, dinnanzi a voi, Signore e Signori, vorrei condannare ancora una volta, nel modo più categorico, i crimini contro l'uomo e l'umanità che vengono perpetrati sotto i nostri occhi. Vorrei ancora appellarmi alla coscienza di ciascuno: - a tutti coloro che hanno un'arma in mano, chiedo che la depongano; ciò che viene conquistato o eliminato con la forza non fa mai onore a un uomo o alla causa che desidera promuovere; - alle organizzazioni umanitarie, esprimo la mia ammirazione per il lavoro che compiono, al prezzo di tanti sacrifici, e chiedo loro di andare avanti senza scoraggiarsi; - supplico i responsabili politici europei di intensificare i loro sforzi di persuasione presso le fazioni in lotta affinché la ragione finisca col prevalere; - ai popoli dell'Europa, chiedo di non dimenticare assolutamente, per indifferenza o per egoismo, quei fratelli intrappolati in conflitti loro imposti dai capi. Vorrei condividere con tutti voi una profonda convinzione che è in me: la guerra non è una fatalità; la pace è possibile! E' possibile perché l'uomo ha una coscienza e un cuore. E' possibile perché Dio ama ognuno di noi, così com'è, per trasformarlo e farlo crescere.

Si intravede la pace nell'Irlanda del Nord E' così che, dopo tanti anni, la pace nell'Irlanda del Nord potrà divenire realtà. Che nessuno la respinga! Dipende dalla buona volontà di ciascuna persona e di ciascun gruppo che la speranza di oggi non sia che un'illusione.

Sarebbe scandaloso, infatti, vedere l'Europa rassegnarsi e accettare che il diritto sia definitivamente schernito, che l'ordine internazionale sia posto in ridicolo dall'azione di bande armate, che dei progetti di società siano concepiti in funzione della supremazia di una nazionalità. Il fatto che l'Organizzazione delle Nazioni Unite abbia istituito un tribunale per giudicare i crimini di guerra e i crimini contro l'umanità perpetrati nella vecchia Federazione jugoslava è un segno che si è sempre più consapevoli dell'ignominia che in essa si consuma.

Alcuni chiedono addirittura la costituzione di un Tribunale internazionale permanente incaricato di giudicare i crimini contro l'umanità. Ciò non dimostra forse che, lungi dal progredire, la società internazionale rischia seriamente di regredire? VISIONE D'INSIEME In Europa come in Africa i nazionalismi esasperati non possono dare origine a costruzioni nazionali


7. Se riflettiamo su ciò che è alla base dei comportamenti collettivi che abbiamo appena ricordato in Africa o in Europa, scopriamo facilmente la presenza di nazionalismi esacerbati. E non si tratta in quel caso di amore legittimo per la patria o di stima per la sua identità, ma di un rifiuto dell'altro nella sua diversità per meglio imporsi a lui. Tutti i mezzi sono buoni: l'esaltazione della razza che giunge fino a identificare nazione ed etnia; la sopravvalutazione dello Stato che pensa e decide per tutti; l'imposizione di un modello economico uniforme; il livellamento delle specificità culturali. Ci troviamo dinnanzi a un nuovo paganesimo: la divinizzazione della nazione. La storia ha dimostrato che, dal nazionalismo, si passa velocemente al totalitarismo e che, quando gli Stati non sono più uguali, le persone finiscono, anch'esse, per non esserlo più. così la solidarietà naturale fra i popoli viene annientata, il senso delle proporzioni stravolto, il principio dell'unità del genere umano disprezzato.

La Chiesa desidera ricordare il posto che spetta ad ogni uomo in seno alle nazioni La Chiesa cattolica non potrebbe accettare una simile visione delle cose. Universale per natura, essa è al servizio di tutti e non si identifica mai con una comunità nazionale particolare. Essa accoglie in sé tutte le nazioni, tutte le razze, tutte le culture. Essa si ricorda - anzi, si sente depositaria - del disegno di Dio per l'umanità: riunire tutti gli uomini in una stessa famiglia.

E ciò perché Egli è Creatore e Padre di tutti. Ecco perché, ogni volta che il cristianesimo - sia di tradizione occidentale che orientale - diviene lo strumento di un nazionalismo, è come ferito nel suo stesso cuore e reso sterile. Il mio predecessore Papa Pio XI aveva già stigmatizzato queste gravi deviazioni nel 1937 nella sua Enciclica Mit brennender Sorge, quando affermava: "Chi peraltro distacca la razza o il popolo, o lo Stato, o una sua determinata forma, o i rappresentanti del potere statale, o altri elementi fondamentali della società umana... divinizzandoli con culto idolatrico perverte e falsifica l'ordine da Dio creato e imposto" (cfr. AAS 29, 1937, pag. 149).

L'Europa è ormai composta in maggioranza da Stati di piccole o medie dimensioni. Ma tutti hanno il proprio patrimonio di valori, la stessa dignità e gli stessi diritti. Nessuna autorità può limitare i loro diritti fondamentali, a meno che essi non mettano in pericolo quelli di altre nazioni. Se la comunità internazionale non arriva ad accordarsi sui mezzi per risolvere alla fonte il problema delle rivendicazioni nazionaliste, si può prevedere che interi continenti saranno come dilaniati e si ritornerà progressivamente a rapporti di potenza a causa dei quali le persone saranno le prime a soffrire. Poiché i diritti dei popoli vanno di pari passo con i diritti dell'uomo.

Appello ai capi delle nazioni affinché siano servitori probi dei loro fratelli


8. Vorrei ricordare a tale proposito, dinnanzi a diplomatici qualificati come voi, la grande responsabilità che grava su coloro che amministrano la cosa pubblica.

Essi sono innanzitutto i servitori dei loro fratelli, e, in un mondo incerto come il nostro, questi ultimi li considerano come punti di riferimento. Nella mia ultima Enciclica, ho ricordato che "la trasparenza nella pubblica amministrazione, l'imparzialità nel servizio della cosa pubblica, il rispetto dei diritti degli avversari politici, la tutela dei diritti degli accusati contro processi e condanne sommarie, l'uso giusto e onesto del pubblico denaro, il rifiuto di mezzi equivoci o illeciti per conquistare, mantenere e aumentare ad ogni costo il potere, sono principi che trovano la loro radice prima (...) nel valore trascendente della persona e nelle esigenze morali oggettive di funzionamento degli Stati" (VS 101).

In troppe società, comprese quelle europee, i responsabili sembrano aver abdicato dinnanzi alle esigenze di un'etica politica che tenga conto della trascendenza dell'uomo e della relatività dei sistemi di organizzazione della società. E' tempo che si ritrovino unanimi per conformarsi a certe esigenze morali che concernono sia i poteri pubblici che i cittadini. A questo proposito, scrivevo nella stessa Enciclica: "Di fronte alle gravi forme di ingiustizia sociale ed economica e di corruzione politica di cui sono investiti interi popoli e nazioni, cresce l'indignata reazione di moltissime persone calpestate e umiliate nei loro fondamentali diritti umani e si fa sempre più diffuso e acuto il bisogno di un radicale rinnovamento personale e sociale capace di assicurare giustizia, solidarietà, onestà, trasparenza" (VS 98).

Appello ai cristiani affinché prendano parte attiva all'opera comune In questa difficile, ma tanto necessaria opera di sollevamento morale, i cattolici, con gli altri credenti, sono chiamati ad assumersi le proprie responsabilità di testimoni. La presenza di cattolici nella gestione delle società fa parte della dottrina sociale della Chiesa, e le autorità civili così come i cittadini devono poter contare su di essa. Si tratta di una forma di annuncio del Vangelo e dei valori che esso racchiude, utile, ossia necessaria per la costruzione di una società più umana. Sono persuaso che, come hanno saputo fare ieri in tanti Paesi della vecchia Europa, i cristiani sapranno ancora impegnarsi politicamente e socialmente per dire, e ancor più per dimostrare, con la loro generosità e il loro disinteresse, che non siamo i creatori del mondo. Noi lo riceviamo al contrario di Dio che lo crea e ci crea. Noi non siamo quindi altro che degli intendenti che, nel rispetto del disegno di Dio, devono valorizzare dei beni al fine di condividerli. Vorrei citarvi queste forti parole di San Paolo: "Voi infatti, fratelli, siete stati chiamati a libertà... mediante la carità siate a servizio gli uni degli altri.. Ma se vi mordete e divorate a vicenda, guardate almeno di non distruggervi del tutto gli uni gli altri!" (Ga 5,13-15).

Augurio finale: che il mondo sia una grande famiglia e abbia l'audacia della fraternità


9. Dopo aver conosciuto per troppi anni una divisione che gli è stata imposta da ideologie riduttive, il mondo non potrà conoscere adesso il tempo delle esclusioni! E' al contrario il tempo dell'incontro e della solidarietà fra l'Est e l'Ovest, fra il Nord e il Sud. Dando uno sguardo a questo mondo di oggi, come abbiamo fatto, non possiamo che constatare con amarezza che troppi uomini sono ancora vittima dei loro fratelli. Ma non possiamo rassegnarci a ciò.

Entrati nell'anno che l'Organizzazione delle Nazioni Unite dedica alla Famiglia, facciamo si che l'umanità somigli sempre più a una vera famiglia in cui ognuno si senta ascoltato, apprezzato e amato, in cui ciascuno sia pronto a sacrificarsi affinché l'altro cresca, in cui nessuno esiti ad aiutare chi è più debole. Sappiamo ascoltare l'appello dell'Apostolo Giovanni: "Ma se uno ha ricchezze di questo mondo e vedendo il suo fratello in necessità, gli chiude il proprio cuore, come dimora in lui l'amore di Dio?" (1Jn 3,17).

In questo periodo del Natale, l'inaudita tenerezza di Dio è offerta ad ogni uomo; il Bambino del presepe la rappresenta così bene! Ognuno di noi è esortato all'audacia della fraternità. E' questo il mio augurio più caro, a ciascuno di voi, a ciascuno dei vostri compatrioti, a tutte le nazioni della terra.

Data: 1994-01-15 Data estesa: Sabato 15 Gennaio 1994






GPII 1994 Insegnamenti - Al termine dell'Angelus, per l'annuale "Giornata del Seminario" - Città del Vaticano (Roma)