GPII 1994 Insegnamenti - Udienza ai partecipanti al Congresso nazionale dell'Unione Cattolica Farmacisti Italiani - Città del Vaticano (Roma)

Udienza ai partecipanti al Congresso nazionale dell'Unione Cattolica Farmacisti Italiani - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: In un contesto sociale e culturale complesso e difficile siete chiamati ad offrire un servizio alla sacralità della vita

Carissimi Farmacisti,


1. Sono lieto di porgervi oggi il mio cordiale benvenuto alla conclusione del Congresso Nazionale organizzato dall'Unione Cattolica dei Farmacisti Italiani.

Sono grato al Presidente Dottor Lino Mottironi per le gentili espressioni che, anche a nome vostro, mi ha ora rivolto; ringrazio l'Assistente Ecclesiastico, Padre Elia Tripaldi dei Fatebenefratelli, che si è prodigato per la buona riuscita di questo nostro incontro. Saluto con uguale stima anche i Rappresentanti della Federazione dell'Ordine, e quanti hanno desiderato unirsi a voi nella visita al Successore di Pietro.

Con tale gesto la vostra Associazione desidera riaffermare la sua fedeltà al Magistero della Chiesa, dopo aver rinsaldato i vincoli di collaborazione con la Conferenza Episcopale Italiana mediante il nuovo Statuto recentemente approvato. L'opera instancabile del Cardinale Fiorenzo Angelini, cui rivolgo il mio riconoscente pensiero, ha aiutato il vostro sodalizio a trovare nuovo impulso, collegando le esperienze del passato al presente, fedele ai valori cristiani che ne ispirano l'operato.


2. La Chiesa è ben cosciente che Dio, autore della vita, ha dato all'uomo l'intelligenza anche per acquisire la duplice abilità di preservare l'essere umano dalle malattie e di curarlo quando afflitto da infermità con rimedi adeguati. Fin dall'antichità, la nobile arte farmaceutica, mossa dalla consapevolezza della sacralità della vita umana, ha grandemente contribuito alla sua protezione.

Il servizio all'integrità e al benessere della persona è l'ideale che deve costantemente orientare il farmacista cattolico, il quale si ispira, nell'esercizio della sua professione, all'esempio di "Gesù di Nazaret, che "passo beneficando e risanando" (Ac 10,38) quanti si avvicinavano a lui. Compito del farmacista, dunque, è di "contribuire al sollievo della sofferenza, al benessere e alla guarigione dell'uomo", cosciente che dove c'è la vita, c'è lo Spirito di Dio che è creatore e consolatore (Paolo VI, Discorso alla Federazione Internazionale Farmaceutica, 7.IX.1974, Insegnamenti, XII, 798-801).

Il servizio che voi offrite alla sacralità della vita si esprime, a volte, in un contesto sociale e culturale complesso e difficile. Penso ad esempio a certe forme di malattia che si diffondono con impressionante rapidità e che a volte sono conseguenza di una sbagliata concezione della libertà e della dignità umana o, peggio, della ricerca di forme di evasione che alienano la capacità dell'uomo di affrontare la vita con responsabilità.

Di fronte a tali situazioni, l'insegnamento della Chiesa è sempre stato coerente nel difendere i valori che nobilitano l'uomo e il senso della sofferenza.

Ancora oggi, riecheggiando l'insegnamento dei Pontefici Pio XII e Paolo VI, essa ripete che "non si può accettare di prendere parte agli attentati contro la vita o l'integrità dell'individuo, contro la procreazione o la sanità morale e mentale dell'umanità" (Pio XII, Discorso ai farmacisti cattolici 2 sett. 1950, in Discorsi e radiomessaggi, pp. 177-178). Né si può in coscienza "cercare un beneficio economico mediante la distribuzione di prodotti che avviliscono l'uomo" (Paolo VI, Discorso alla Federazione Internazionale Farmaceutica, 7 sett. 1974, Insegnamenti XII, 798-801) e la sua dignità.

Ho già avuto modo di sottolineare che "la distribuzione delle medicine - come anche la loro concezione e il loro uso - deve essere regolata da un codice morale rigoroso, osservato scrupolosamente. Il rispetto di tale codice di comportamento presuppone la fedeltà a certi principi intoccabili che la missione dei battezzati e il dovere della testimonianza cristiana rendono particolarmente attuali" (Alla Federazione Internazionale dei Farmacisti Cattolici, 3 nov. 1990, in Insegnamenti, XIII/2, p. 991).


3. Il vostro lavoro, tuttavia, non si limita a dispensare prodotti destinati al benessere psico-fisico. Quali operatori cattolici, che agiscono nell'ambito della sanità, voi siete chiamati a svolgere un importante ruolo umano, sociale ed etico.

Attraverso il contatto con quanti ricorrono alla vostra competenza, voi avete modo di diventare anche consiglieri e persino evangelizzatori, proprio perché la vostra professione presuppone fiducia nella vostra arte e nella vostra umanità. Il conforto morale e psicologico che potete offrire a chi soffre è grande, se esso è frutto di una maturità umana e di una ricchezza di valori derivanti dai principi immutabili dell'etica naturale ed evangelica. Alla vostra professione avete modo di aggiungere così una dimensione di autentica solidarietà cristiana, avendo presente l'immagine del Buon Samaritano, che non offre soltanto un aiuto immediato, ma accetta la prospettiva di prendersi cura anche in seguito del fratello (cfr. Lc 10,29-37).


4. Carissimi farmacisti! La professione da voi esercitata esige profonde qualità umane, etiche e spirituali; domanda saggezza e prudenza unite a un vivo senso di onestà e di probità. Il vostro posto di lavoro non è il terminale di una catena di produzione, dove approda la competizione mercantile di complessi industriali. Esso deve essere piuttosto un luogo dove la sofferenza trova rimedio per il corpo e comprensione per le ferite dell'anima.

Vi aiuti la Vergine Maria, invocata con il titolo di "Salus infirmorum", a svolgere la vostra missione con diligenza e pazienza a servizio della vita; vi guidi l'esempio dei santi martiri Cosma e Damiano, che venerate quali vostri protettori, ad essere saldi nella fedeltà ai principi del Vangelo; vi accompagni la mia Benedizione, che volentieri estendo ai vostri collaboratori e a quanti vi sono cari.

Data: 1994-01-29 Data estesa: Sabato 29 Gennaio 1994





Visita "ad limina": ai Presuli della Conferenza Episcopale delle Antille - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Fedeltà reciproca e impegno verso i figli: pressanti doveri dei coniugi cristiani per dissipare l'oscurità del peccato

Cari fratelli Vescovi,


1. Sono lieto di dare il benvenuto a voi, membri della Conferenza Episcopale delle Antille, a Roma in occasione della vostra visita ad Limina Apostolorum. Provenendo da 24 differenti territori - così diversi per storia, formazione culturale e composizione etnica e così frammentati geograficamente - la vostra Conferenza è essa stessa un chiaro segno dell'universalità della comunione Cattolica. Il mistero dell'unità nella Chiesa permette, attraverso il potere della divina carità, a uomini "di ogni tribù, lingua, popolo e nazione" (Ap 5,9) di superare le proprie differenze senza distruggerle, poiché essi sono modellati dallo Spirito Santo in un solo corpo (cfr. 1Co 10,17). Ringrazio il nostro Padre Celeste del fatto che il mistero cresce sempre di più in mezzo a voi.

Durante il mio pontificato, i miei viaggi pastorali mi hanno portato spesso nell'area caraibica per constatare personalmente la fede e l'amore del vostro popolo. Questi sono ricordi che conservo, e prego sempre affinché ai vostri sacerdoti, religiosi e laici "nessun dono di grazia più" manchi "mentre" aspettano "la manifestazione del Signore nostro Gesù Cristo" (1Co 1,7).


2. La mia visita dello scorso anno in Giamaica è stata per molti versi una continuazione della celebrazione del quinto centenario in cui la Chiesa ha commemorato non principalmente un evento di storia secolare, ma il primo e duraturo annuncio del Vangelo nell'emisfero occidentale. Infatti, è stato Cristo, il suo Signore, e le opere della sua grazia che la Chiesa ha celebrato e per questo l'intera Chiesa nel Nuovo Mondo è chiamata a conferire nuovo vigore per un rinnovato annuncio della Parola di Dio nelle Americhe.

Nella vostra lettera pastorale Evangelizzazione per rinnovare i Caraibi avete esortato i fedeli a donarsi generosamente alla Nuova Evangelizzazione, cosicché la società possa sbocciare in una civiltà d'amore (cfr. ibidem n. 10-12).

Ciò è possibile poiché la Buona Novella "rinnova continuamente la vita e la cultura dell'uomo decaduto, combatte e rimuove gli errori e i mali, derivanti dalla sempre minacciosa seduzione del peccato... continuamente purifica ed eleva la moralità dei popoli... feconda come dall'interno, fortifica, completa e restaura in Cristo le qualità dello spirito e le doti di ciascun popolo" (GS 58). Il contesto sociale in cui voi sostenete il popolo di Dio, così pieno di sfide e di enormi difficoltà, non deve mai portarvi a perdere fiducia nel potere del Vangelo di lenire e di ispirare giustizia e santità autentiche.


3. Il ruolo delle famiglie forti e unite nel generare una cultura di solidarietà è insostituibile. A Kingston, l'estate scorsa, non ho potuto fare a meno di parlare dell'importanza della famiglia. Ho sottolineato che in un contesto in cui forme sistematiche di sfruttamento, quali lo schiavismo, hanno contribuito a produrre comportamenti di irresponsabilità sessuale, le mogli e i mariti cristiani hanno il dovere pressante di dissipare l'oscurità del peccato e dell'egoismo attraverso la reciproca e duratura fedeltà e l'impegno verso i bambini nati dalla loro unione (cfr. Omelia, Kingston, 10 agosto 1993, n. 6). In tal modo, essi testimoniano la verità secondo la quale è solo attraverso un sincero dono di sé che una persona può trovare se stessa (cfr. GS 24).

Nel matrimonio gli sposi fanno dono di sé secondo la natura della propria identità sessuale. Come moglie e madre, la donna manifesta e sviluppa la sua femminilità in una profonda comunione d'amore con il marito e allevando i figli che fin dal primo momento della propria esistenza assorbono le sue energie spirituali e fisiche (cfr. MD 18,29-30). Il marito realizza e perfeziona la sua mascolinità offrendo tutto ciò che è e tutto ciò che ha alla moglie e ai figli e adempiendo generosamente alla responsabilità di assicurare il loro benessere (cfr. FC 25). Quando così tante voci conducono le persone a una errata interpretazione di quello che sono e in cosa consiste la loro felicità, è più che mai importante che noi Pastori predichiamo la verità: l'autentico criterio del successo di una coppia e la via per la sua piena realizzazione dipendono dalla misura in cui essi assicurano il benessere spirituale e materiale a se stessi e ai loro figli.

Il vostro impegno verso l'annuncio di queste e di altre verità che formano l'insegnamento della Chiesa circa la famiglia è una risposta indispensabile alla crisi che colpisce la vita familiare nelle Antille. Il numero di bambini nati al di fuori del matrimonio, la pratica sempre più diffusa dell'aborto e l'aumento dei divorzi sono segni preoccupanti delle difficoltà che bisogna affrontare. Questi gravi problemi vengono ancor più acuiti dalla disoccupazione, dal dilagare della tossicodipendenza e dalla diffusione di una morale basata sul materialismo e sull'egocentrismo. Facendo della catechesi e della formazione alla vita familiare una priorità di tutto il programma pastorale e un punto costante di riferimento nell'attività di tutte le parrocchie, voi e i vostri collaboratori rinvigorirete la cellula fondamentale della comunità cristiana e dell'intera società nei Caraibi. Confido nel fatto che riterrete il Catechismo della Chiesa Cattolica uno strumento provvidenziale per una evangelizzazione e un rinnovamento ecclesiale più profondi. Una solida educazione nella fede offrirà, allo stesso modo, ai fedeli quell'aiuto così necessario per affrontare l'urgente sfida lanciata dalla proliferazione delle sette e dei nuovi movimenti religiosi.

Il rinnovamento della famiglia porta necessariamente al rafforzamento di molti altri elementi di vita ecclesiale. può esserci un autentico progresso nel ripristinare l'integrità del matrimonio cristiano, un mistero di amorevole comunione, se gli sposi e i figli non condividono il mistero della comunione trinitaria attraverso la Santa Eucaristia? Il fatto che a volte la partecipazione alla liturgia sia scarsa non è al tempo stesso causa ed effetto di un'instabile vita familiare? Se la "chiesa domestica" è in crisi, a molti membri della Chiesa locale non mancheranno forse quei requisiti che rendono la sacra liturgia in grado di "ottenere questa piena efficacia" (SC 11)?


4. La formazione alla vita cristiana è necessaria a ogni stadio, ma la Chiesa rivolge un'attenzione particolare ai bambini e agli adolescenti, soprattutto nelle sue scuole. Le scuole cattoliche nei Caraibi sono tenute in grande considerazione e io incoraggio i vostri sforzi per sostenerle e migliorarle. Affinché queste scuole realizzino al massimo proprie potenzialità per il servizio ecclesiale, è importante che l'istruzione religiosa rivesta un ruolo di primo piano nel corso di studi. Il messaggio di Cristo è la chiave per la crescita dello studente in maturità e in virtù, che a sua volta è la condizione necessaria per il suo progresso nell'apprendimento. La luce del Vangelo offre ai vostri giovani la forza di impegnarsi al servizio del bene comune, e infonde in essi il coraggio di affrontare anche le fasi di crisi economica e sociale con serena speranza.


5. I vostri resoconti nella preparazione di questa visita parlano con caloroso apprezzamento dei numerosi e generosi sacerdoti che sono vostri collaboratori nel ministero volto a insegnare, santificare e governare quella porzione del Popolo di Dio affidato alla vostra cura pastorale (cfr. CIC 369). Mi unisco a voi nel ringraziare Gesù Cristo, l'Eterno Sommo Sacerdote, per questi degni "amministratori dei misteri di Dio" (1Co 4,1). Qualsiasi cosa facciate per incoraggiarli, sostenerli e aiutarli nella loro fedeltà è una stupenda forma di carità verso di essi e verso la Chiesa. L'Esortazione Apostolica "Pastores dabo vobis", che è frutto della ricca eredità del Sinodo dei Vescovi del 1990, esorta i Vescovi a promuovere un programma ben organizzato di formazione permanente, essenziale se i sacerdoti devono mantenere e consolidare la loro efficacia e il loro zelo (cfr. PDV 78-79). Le opportunità per una formazione permanente sono particolarmente necessarie quando si scoprono delle lacune nell'educazione ricevuta nei seminari, sia nella pratica di un'autentica spiritualità sacerdotale sia in altri aspetti della vita sacerdotale. L'obiettivo di ogni sacerdote deve essere sempre di "ravvivare il dono di Dio che è in lui" (2Tm 1,6), in particolar modo rafforzando lo spirito di amorevole servizio, la semplicità di vita, la fedeltà al celibato e l'ubbidienza al Vescovo.


6. I vostri resoconti indicano anche che vi state adoperando per migliorare il Seminario Maggiore Regionale a Port-of-Spain, così come per riesaminare un gran numero di altre questioni relative alla formazione sacerdotale. Rimangono alcune difficili questioni, ma sono sicuro che la vostra cooperazione fraterna e il vostro senso di responsabilità condivisa vi porteranno ad anteporre il vero bene della Chiesa agli interessi particolari. Dato che i docenti di un seminario devono distinguersi non solo per il loro insegnamento ma anche per il loro esempio sacerdotale, richiamo la vostra attenzione sulle Direttive sulla Preparazione degli Educatori nei Seminari, pubblicate poco tempo fa dalla Congregazione per l'Educazione Cattolica. Questo testo vi risulterà sicuramente utile. Il rinnovamento dell'educazione ricevuta in seminario, unitamente a un'adeguata formazione pre-seminariale e a un intenso programma di selezione in ogni diocesi, contribuirà ad assicurare che i fedeli abbiano "pastori secondo il mio (del Signore) cuore" (Jr 3,15).


7. Vi chiedo in modo particolare di portare fino alle Antille i miei saluti ai religiosi e alle religiose in missione nella vigna del Signore. Il loro contributo alla vita della Chiesa nei Caraibi è una gloriosa pagina della storia. I Padri del Concilio Vaticano II ci ricordano che l'origine di innumerevoli opere buone compiute dai religiosi è la loro consacrazione a Cristo. Imitando la sua castità, la sua povertà e la sua ubbidienza, e "animati dalla carità che lo Spirito Santo infonde nei loro cuori, (i religiosi) sempre più vivano per Cristo e per il suo corpo che è la Chiesa" (PC 1). Il sostegno e i consigli che offrite ai membri delle vostre comunità ecclesiali, specialmente con la vostra vicinanza e mediante i contatti con la Conferenza regionale dei Superiori maggiori, sono fondamentali per aiutarli a restare fedeli a un'autentica visione del Concilio.

Cari fratelli, la vostra visita ad limina è un momento prezioso per esprimere e per approfondire la nostra comunione ecclesiale, in una salda unione di cuore e di anima (cfr. Ac 4,32). Prego affinché, grazie al vostro pellegrinaggio presso le tombe dei Santi Apostoli, la carità soprannaturale che vi unisce al Vescovo di Roma e che ci unisce a Pietro e agli altri Apostoli, divenga ancora più viva. In ogni cosa, un Vescovo è ministro della comunione, servitore della partecipazione del suo popolo alla vita del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Chiedo al Signore di unire ancora più saldamente nell'amore i vostri sacerdoti, i vostri religiosi e religiose così come i vostri fedeli laici grazie al vostro ministero e, in questi giorni vicini alla Settimana di Preghiera per l'Unità dei Cristiani, prego affinché le vostre numerose iniziative ecumeniche portino abbondanti frutti. Affidando voi e tutti i membri delle Chiese locali nelle Antille alla tenera protezione della Madre di Dio, vi imparto di tutto cuore la mia Benedizione Apostolica.

Data: 1994-01-29 Data estesa: Sabato 29 Gennaio 1994





Angelus con i numerosi fedeli riuniti in Piazza San Pietro - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: L'Anno della Famiglia è tempo di testimonianza e di annuncio, di riflessione e di conversione ma soprattutto di speciale preghiera

Carissimi fratelli e sorelle! Carissimi ragazzi dell'Azione Cattolica!


1. La famiglia è, da sempre, al centro dell'attenzione ecclesiale. Lo è, in particolare, nel corso di questo Anno ad essa dedicato. Se ci chiediamo il "perché" di tanto interesse, non è difficile trovarlo nell'amore e nel servizio che la Chiesa deve all'uomo. Il Cristianesimo è la religione dell'incarnazione, è l'annuncio gioioso di un Dio che viene incontro all'uomo e si fa uomo. Per questo, fin dalla mia prima enciclica, non ho esitato ad affermare che l'uomo è la "via della Chiesa" (RH 14), intendendo così richiamare e quasi ricalcare la via da Dio stesso percorsa, quando, attraverso l'Incarnazione e la Redenzione, si è messo sulla strada della sua creatura.

Ma come incontrare l'uomo, senza incontrare la famiglia? L'uomo è essenzialmente un essere "sociale"; a maggior ragione lo si può dire un essere "familiare". La famiglia è il luogo naturale della sua venuta al mondo, è l'ambiente in cui normalmente riceve quanto gli è necessario per svilupparsi, è il nucleo affettivo primordiale che gli dà consistenza e sicurezza, è la prima scuola di relazioni sociali.

Di tutto questo la Chiesa coglie la radice ultima nel progetto di Dio, anzi nel mistero stesso della sua vita. Dio, infatti, pur essendo uno ed unico, si è rivelato come ineffabile mistero trinitario di tre Persone - Padre, Figlio e Spirito Santo - in reciproca relazione di amore. L'amore dei coniugi, come quello che lega tutti i membri della famiglia, genitori e figli, è un riflesso nel tempo di tale eterna comunione.


2. Possiamo dire: ecco il "Vangelo della famiglia" che la Chiesa intende proporre con rinnovato slancio. Ecco l'Anno della famiglia! Quest'anno ha preso il suo avvio con una solenne celebrazione a Nazaret, culla della Santa Famiglia. Questo anno, che il Signore ci offre, vuole essere testimonianza e annuncio, vuole essere tempo di riflessione e tempo di conversione: tempo di speciale preghiera, preghiera per le famiglie, preghiera nelle famiglie, preghiera delle famiglie.

E' ora di riscoprire, cari Fratelli e Sorelle, il valore della preghiera, la sua forza misteriosa, la sua capacità non solo di ricondurci a Dio, ma di introdurci alla verità radicale dell'essere umano. Avvia alla conversione, alla conversione alla sua piena umanità, quella cristiana, e poi conversione alla famiglia, alla solidarietà, all'amore, proprio di questo nucleo di tutte le relazioni sociali nel mondo.

Quando l'uomo prega, si pone di fronte a Dio, a un Tu, un Tu divino, e coglie insieme l'intima verità del proprio "io": Tu divino, io umano, essere personale creato ad immagine di Dio.

Altrettanto succede nella preghiera familiare: ponendosi alla luce del Signore, la famiglia si sperimenta profondamente come soggetto comunitario, un "noi" cementato da un eterno disegno di amore, che nulla al mondo può distruggere.


3. E come al solito, prima dell'Angelus, guardiamo a Maria, sposa e madre della Famiglia di Nazaret. E' viva icona di preghiera, in una famiglia di preghiera.

Proprio per questo è anche immagine di serenità e di pace, di dedizione e di fedeltà, di tenerezza e di speranza. E questo lo è, deve essere anche ogni famiglia.

A te, Vergine Santa, chiediamo di educarci alla preghiera. A te preghiamo il grande dono dell'amore in tutte le famiglie del mondo. E con questa intenzione adesso reciteremo insieme l'Angelus Domini.

Data: 1994-01-30 Data estesa: Domenica 30 Gennaio 1994





Al termine della recita dell'Angelus - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Ricordo della celebrazione della Giornata mondiale dei malati di lebbra

Si celebra oggi la Giornata mondiale dei malati di lebbra. Questo annuale appuntamento ci invita a mantenere viva la solidarietà verso le vittime di tale malattia e ci spinge ad una rinnovata sollecitudine nei confronti di un problema che l'impegno di tutti potrebbe risolvere senza eccessive difficoltà.

Desidero manifestare fervida riconoscenza e vivo incoraggiamento ai missionari, ai religiosi, alle religiose, ai laici e a quanti operano per debellare il flagello della lebbra. Ricordo in particolare - salutando i membri del gruppo romano qui presenti - l'Associazione Italiana "Amici di Raoul Follereau", che da lungo tempo lavora con carità cristiana in questo campo.

Proseguite, carissimi fratelli e sorelle, con entusiasmo e dedizione il vostro coraggioso servizio, certi che quanto fate a favore di ciascuno dei fratelli sofferenti è rivolto allo stesso Signore Gesù. così lo sentiva anche il grande Padre Damiano De Veuster. Quest'anno dovremo celebrare la sua Beatificazione in Belgio.

(Quindi il Papa ha salutato le comunità neocatecumenali provenienti dalla Toscana.

Ecco le sue parole:) Saluto inoltre le comunità neocatecumenali provenienti dalla Toscana.

Carissimi, il cammino di riscoperta del Battesimo che state compiendo infonda in voi la gioia e la pace di Cristo Risorto, perché possiate farne dono a quanti le cercano. Grazie per la vostra partecipazione all'Angelus.

(Giovanni Paolo II si è infine rivolto ai ragazzi dell'Azione Cattolica della diocesi di Roma:) Rivolgo ora un saluto affettuoso ai ragazzi dell'Azione Cattolica della diocesi di Roma, voi avete dedicato il mese di gennaio alla riflessione sulla famiglia come indispensabile "cantiere" della pace. E vi saluto. Vi ho salutato all'inizio e ancora per la seconda volta vi saluto: benvenuti in Piazza San Pietro. Oggi sono qui convenuti per offrire i loro sforzi e il loro impegno alla Vergine santissima, Regina della Pace.

Debbo esprimervi il mio compiacimento, grande compiacimento, per la vostra iniziativa. Non stancatevi mai di pregare per la pace e di esserne costruttori. La pace non è una meta irraggiungibile, ma un grande dono che Dio offre all'uomo, e le famiglie fondate sull'amore ne costituiscono il "veicolo privilegiato" di trasmissione e di testimonianza della pace. Sono gli operatori della pace, quelli di cui parla Gesù nelle Beatitudini.

Adesso libereremo le colombe, come al solito. Queste colombe sono segno della pace. Siano esse segno della speranza che ci anima e del nostro impegno ad edificare un mondo solidale e fraterno. Oggi le colombe sono andate volentieri, perché fa' sole e si sentono bene nell'aria romana. Un grande successo! Ancora una volta vi ringrazio e vi auguro una bella domenica e una buona settimana. Sia lodato Gesù Cristo!

Data: 1994-01-30 Data estesa: Domenica 30 Gennaio 1994





Visita pastorale: l'omelia durante la Messa celebrata nella Parrocchia di Santa Gemma Galgani - Roma

Titolo: Un Sinodo per dire: "Tu, antica Chiesa di Roma, sei partecipe della missione profetica di Cristo davanti al mondo!"

Cari fratelli e sorelle della parrocchia di Santa Gemma Galgani! Vi saluto nel nome del Verbo di Dio. Verbo di Dio che abbiamo ascoltato e che ci spinge ad una meditazione. Sono molti gli aspetti della ricchezza del Verbo di Dio che la Chiesa ci offre oggi che è domenica. Cominciamo dalla prima lettura nella quale Mosè sente la Parola del Signore Jhavè: "Io suscitero per voi un profeta". E lo dice ad un profeta, perchè Mosè era un grande profeta del suo popolo, e non solamente del suo popolo ma anche di tutta l'umanità chiamata da Dio. Gli parlava una fiamma ardente. Dio infatti si presentava a lui come una fiamma, come realtà suprema, più piena, più perfetta e più aperta a tutte le sue creature.

Ecco, Mosè in quel momento ripete la promessa di un altro profeta che Dio susciterà in futuro. Questo testo del Vecchio Testamento parla di Gesù, certamente. Lui è questo grande profeta, questo profeta più grande di tutti i tempi perchè non solamente parla in nome di Dio, ma parla come Verbo di Dio Incarnato, Parola di Dio incarnata. Dobbiamo ritenere profondamente questa riflessione sul profeta. Sembra che quella del profeta sia una realtà del passato, quando Dio suscitava profeti per Israele. Sono conosciuti i loro nomi, soprattutto quelli di alcuni che sentiamo più volte. Ma l'unico profeta nel senso altissimo è Gesù, Parola di Dio incarnata, Parola di Dio vivente che parla con forza, come abbiamo sentito nel Vangelo, che dà una manifestazione diretta della potenza di Dio quando esercita il suo potere taumaturgico, quando domina i demoni, il maligno; là si manifesta la forza di Dio che accompagna la sua Parola. Ecco cosa vorrei dire soprattutto oggi: vorrei dire che il Concilio Vaticano II ci ha ricordato che tutti noi siamo partecipi della missione profetica di Cristo. Questa è una definizione della Chiesa. Conosciamo diverse definizioni della Chiesa dal catechismo; ma questa definizione è specialmente suggestiva. La Chiesa è partecipe, e noi tutti nella Chiesa, che abbiamo ricevuto il battesimo e che siamo stati confermati, siamo partecipi di questa missione profetica che è propria di Cristo, di Cristo Messia, di Cristo Salvatore. Questa verità della fede apostolica, che viene da San Pietro, ricordata dal Concilio Vaticano II, è tornata negli studi del nostro Sinodo Romano.

Perchè si è dovuto convocare il Sinodo Romano e poi celebrarlo? Perchè si doveva dire a questa antica Chiesa di Roma, Chiesa apostolica, Chiesa di martiri, si doveva dire a questa Chiesa "Tu Roma sei partecipe della missione profetica di Cristo! Sei partecipe davanti al mondo odierno!". Ci voleva questa rinnovata convinzione che noi tutti, romani, cristiani di Roma, battezzati di Roma, noi siamo partecipi della missione profetica di Cristo, davanti al mondo come lo erano i nostri Apostoli Pietro e Paolo, come lo erano i nostri martiri, i nostri santi. Cosa vuol dire essere profeti? Essere profeti vuol dire parlare con la Parola di Dio e predicare nel nome di Dio, annunciare la Verità che viene da Dio. Una mamma che insegna al suo bambino a fare il segno della croce e a pregare compie questa missione, è nel centro della missione profetica della Chiesa. Un papà che dà il buon esempio ai suoi bambini, ai suoi vicini, certamente fa la stessa cosa, perchè la Verità di Dio, la verità della fede non si professa solamente con le parole, ma anche con le opere, anzi soprattutto con le opere.

Allora il Concilio Vaticano II, prima, ed il Sinodo di Roma, successivamente, ci hanno ricordato questa profonda verità su Cristo e su noi stessi. Cristo è più vicino a noi di quanto possiamo pensare. Si immedesima con noi facendoci partecipi della sua vita divina e della sua missione. Una missione sacerdotale, come abbiamo già sentito una volta, e una missione profetica.

Cosa voglio ora augurare alla vostra comunità, a voi che oggi mi avete accolto con tanta gentilezza e con tanta ospitalità? Voglio augurarvi che questa Verità della nostra fede, della nostra fede cristiana, questa verità ricordata dal Concilio e poi approfondita dal Sinodo Romano sia riconosciuta ma soprattutto sia esercitata, messa in pratica da voi tutti. Questo lo si fa certamente nella comunità parrocchiale, lo si fa attraverso la catechesi, attraverso la predicazione, lo si fa attraverso le opere della carità e attraverso tutti i segni della bontà umana, della solidarietà. Questo volevo augurare alla vostra comunità.

Vi saluto tutti di cuore; saluto il Cardinale Vicario, saluto Monsignor Dieci che è il Vescovo Ausiliare di questo settore, e poi saluto il vostro parroco che mi ha già fatto visita qualche giorno fa e mi ha illustrato la realtà della vostra parrocchia.

E' per me, carissimi romani, una grande ricchezza poter visitare le parrocchie di Roma perchè sono il vostro Vescovo. Come successore di Pietro io sono in modo speciale partecipe di questa missione profetica di Cristo, davanti al mondo intero. Tanti domandano al Papa che sia un profeta, naturalmente non nel nome suo perchè nessun profeta lo è nel nome suo: che sia un profeta nel nome di Cristo. Vorrei poi ringraziarvi per tutti i vostri impegni specifici, per tutto ciò che fate nei diversi gruppi, nelle diverse associazioni che fanno penetrare più profondamente la Parola di Dio e la realtà di Cristo nella vostra comunità.

Volevo salutare specialmente i vostri malati, i sofferenti. Essi portano la croce di Cristo. Ciascuno di loro è un grande profeta, un grandissimo profeta che porta la croce di Cristo con la sua forza, nella sua luce, come dice San Paolo. Ecco così celebriamo la nostra eucaristia domenicale. La celebriamo insieme. Io gioisco molto nel poter celebrare l'Eucaristia insieme con voi; questo è il mio compito principale, il compito di ogni Sacerdote, di ogni Vescovo, di ogni Papa. E vi auguro una buona partecipazione a questa comunione eucaristica; vi auguro frutti abbondanti per la vostra vita eterna, per la vostra salvezza, per le vostre famiglie, per la vostra vita quotidiana. Sia vostra forza la Parola di Cristo, l'Eucaristia di Cristo. Amen.

Data: 1994-01-30 Data estesa: Domenica 30 Gennaio 1994





Udienza: al Sindaco e ai rappresentanti dell'Amministrazione Capitolina - Sala del Concistoro, Città del Vaticano (Roma)

Titolo: A Roma i problemi del lavoro, della casa, della qualità della vita incidono soprattutto sulla stabilità e sul futuro della famiglia

Onorevole Signor Sindaco! Signori rappresentanti dell'Amministrazione Capitolina!


1. Grazie della vostra visita! Con grande gioia vi do quest'oggi il benvenuto nella Sede di Pietro. Voi siete alle prime battute di un esigente e non facile servizio a questa Città, il cui volto porta i segni dei millenni, e che si apre ora con rinnovata speranza al suo futuro. Vi ringrazio tutti per la vostra presenza. Sono grato, in particolare, al Signor Sindaco per le cortesi parole che ha voluto rivolgermi.

L'odierno appuntamento conferma una tradizione di reciproca e rispettosa attenzione fra i Rappresentanti dell'Amministrazione Comunale di Roma ed il Successore di Pietro, che tale è proprio in quanto Vescovo di Roma. Da quando Pietro, insieme con l'Apostolo delle Genti, testimonio in questa Città con l'effusione del sangue la sua fede e il suo amore per Cristo, Roma sarebbe incomprensibile senza il Cristianesimo. Le sue radici pre-cristiane e le molteplici influenze culturali, che l'hanno segnata lungo i secoli, non sono state mortificate, ma al contrario hanno tratto giovamento dal sapiente discernimento del Cristianesimo, capace di accogliere ogni autentico valore umano e di portarlo alla sua piena maturazione. Quanto ho scritto nella mia recente Lettera ai Vescovi italiani su "le responsabilità dei cattolici di fronte alle sfide dell'attuale momento storico" vale pertanto a maggior titolo per Roma. Qui infatti si tocca con mano quella triplice eredità di fede, cultura ed unità che "si misura non sugli anni, ma su lunghi secoli di storia", ricchezza "a cui si guarda con ammirazione e, potremmo dire, con invidia da ogni parte del mondo" (Lettera di Giovanni Paolo II ai Vescovi italiani, n. 1).


2. Roma è davvero la "città italiana" per eccellenza. Lo è perché capitale, lo è perché punto di coagulo, sociale e culturale, delle popolazioni qui affluite da ogni regione d'Italia. Essa purtroppo non manca di difficoltà, del resto comuni a tutto il Paese, specialmente per ciò che riguarda il lavoro e l'occupazione. Roma deve misurarsi con i disagi per lo più tipici delle metropoli, soggette spesso a forme di degrado urbanistico ed ecologico e cariche di problemi organizzativi che ne turbano la vivibilità. A tutto ciò si aggiungono problematiche di natura culturale e morale, che pregiudicano non solo la qualità della vita, ma lo stesso rispetto della vita umana. Esse incidono non poco sulla famiglia, insidiata dall'instabilità del legame matrimoniale e talvolta attanagliata, di fronte all'incerto futuro, da una comprensibile angoscia che, insieme ad altre cause, ha la sua parte di responsabilità nella stessa diminuzione delle nascite. A condizionare poi le scelte e i comportamenti, si aggiungono gravi inconvenienti, come la carenza di alloggi disponibili e accessibili per le giovani coppie. E' una situazione preoccupante, dovuta anche al diffondersi di pratiche speculative che offendono gravemente le esigenze della giustizia. Come non lamentare questo dato increscioso, che, insieme con la disoccupazione e la precarietà del lavoro, talora dissuade dall'assumersi la responsabilità di un nuovo focolare domestico, o comunque ne intralcia il progetto e, una volta attuato, può pregiudicarne la serenità?


3. La vostra Amministrazione sta cercando di affrontare situazioni così complesse e la Chiesa offre, come in passato, la sua leale ed aperta collaborazione, attenta sempre, secondo il richiamo evangelico, alla difesa e alla tutela dei diritti di ogni essere umano, specialmente dei più poveri ed emarginati. Tra questi, come non ricordare gli immigrati da altri Paesi, specie del Terzo Mondo, presenti nella nostra Città in alto numero? Verso di loro, come verso tutti i concittadini stretti da difficili condizioni, deve manifestarsi l'attenzione accogliente e solidale dell'intera Comunità romana. E' grande, sotto questo profilo, il compito che grava sulla pubblica amministrazione, e il mio augurio è che tale responsabilità sia assunta con coraggio, in ossequio ai valori umani e cristiani, ben radicati nella storia religiosa e civile della nostra Città.

Ma è grande anche la responsabilità di tutti i Romani, e di tale responsabilità la Chiesa di Roma si sente intimamente partecipe.


4. Signor Sindaco, nel suo indirizzo di omaggio, Ella ha fatto opportunamente riferimento al Sinodo diocesano, da poco concluso e ora in via di concreta attuazione. Esso, facendo seguito alla costante attività pastorale e sociale della diocesi, ha sviluppato un approfondito e articolato "Confronto con la Città", teso ad individuare le aree di più acuta sofferenza e gli ambiti e le direzioni di più promettente e significativo sviluppo che possono aprirsi davanti alla grande comunità cittadina. Il Sinodo ha anche riflettuto sulle vie più appropriate attraverso le quali la Chiesa di Roma può dare il suo specifico contributo a lenire tali sofferenze e a promuovere lo sviluppo, attingendo all'ispirazione della dottrina sociale cristiana e facendo leva sulla generosità di tanti suoi figli, impegnati in un servizio qualificato e responsabile. Penso qui alle multiformi iniziative cattoliche nel campo della carità e dell'assistenza, della sanità, dell'educazione, della scuola, della famiglia, della cultura. Penso alle stesse parrocchie romane, veri centri di aggregazione, assistenza e promozione sociale e morale per bambini e giovani, famiglie, anziani, oltre che luoghi di culto e di formazione cristiana. Specialmente nelle periferie della Città, che purtroppo, pur avendone maggior bisogno, sono spesso ancora prive di adeguate strutture parrocchiali, la Chiesa di Roma, come Ella, Signor Sindaco, ha ricordato, si sta adoperando per la realizzazione di nuove parrocchie ed è grata all'Amministrazione per la promessa collaborazione a tutto vantaggio della nostra gente.


5. Roma, questa nostra amata Città, riveste un significato universale ed è chiamata a svolgere una peculiare missione a servizio della Chiesa e dell'intera famiglia umana. A questo riguardo è tempo ormai di rivolgere l'attenzione e l'impegno al traguardo, non lontano, del grande Giubileo del secondo millennio cristiano. Allo storico appuntamento dell'anno 2000, Ella, Signor sindaco, ha riservato parole che ho seguito con grande attenzione. Si richiede certo, in questo tempo, una concreta cooperazione, nella distinzione delle competenze, tra la Chiesa di Roma, le autorità cittadine e quelle dello Stato, affinché la nostra Città, "communis Patria", possa svolgere adeguatamente il suo ruolo di centro vivo della cristianità.

A tal fine occorre certo, in primo luogo, che la comunità ecclesiale di Roma viva pienamente la fede, la speranza e l'amore cristiano, rinnovando il suo volto con la preghiera e un intenso impegno di evangelizzazione, secondo le direttive del Sinodo diocesano, così da offrire a quanti verranno qui come pellegrini, insieme al messaggio sempre attuale delle perenni memorie cristiane, una vivente esperienza ecclesiale nel contesto di una metropoli moderna, pur attraversata da forti correnti di secolarizzazione.

E' anche necessario pero predisporre per tempo quanto occorre ad una adeguata accoglienza, con attrezzature e infrastrutture che mettano Roma in condizione di ospitare degnamente quanti vi affluiranno e di far loro ammirare la ricchezza del suo patrimonio storico e artistico, civile e religioso, a beneficio dei visitatori e dei cittadini.


6. So bene, cari Rappresentanti dell'Amministrazione Capitolina, che assumendo il compito del servizio alla Città, vi siete assunti un impegno veramente difficile, di grande serietà e responsabilità. Desidero esprimervi il mio incoraggiamento: la Chiesa vi è vicina! Vicina con la sua preghiera e il suo sostegno fattivo, nei modi consoni alla sua missione. Un dialogo sincero ci aiuterà a trovare sempre le vie più opportune di un'auspicabile e necessaria collaborazione. Voglia il Signore benedire gli sforzi di quanti si impegnano a servizio dell'uomo, per assicurare a questa Città il suo volto migliore, degno della sua storia e della sua fede.

Data: 1994-01-31 Data estesa: Lunedi 31 Gennaio 1994






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