GPII 1994 Insegnamenti - Udienza: ai partecipanti ad un Convegno di Vescovi del Continente - Sala Clementina, Città del Vaticano (Roma)

Udienza: ai partecipanti ad un Convegno di Vescovi del Continente - Sala Clementina, Città del Vaticano (Roma)

Titolo: L'Africa attende nuovi evangelizzatori

Venerati fratelli nell'Episcopato! Carissimi fratelli e sorelle!


1. Vi accolgo con gioia, carissimi Cardinali e Vescovi di 30 nazioni africane, insieme agli iniziatori del Cammino Neocatecumenale ed ai numerosi catechisti itineranti che nel Continente d'Africa lavorano per il Regno di Dio. La pace sia con tutti voi.

Alle soglie del terzo millennio cristiano vi siete riuniti a Roma per chiedere al Signore un nuovo slancio missionario in vista dell'Assemblea del Sinodo dei Vescovi per l'Africa che sarà celebrata il prossimo mese di aprile.

Anche nel vostro continente, giovane e dinamico, la Chiesa attende con ansia un'accoglienza più vasta e più profonda delle ricchezze teologico-pastorali riscoperte dal Vaticano II.

L'umanità di oggi ha bisogno di una testimonianza che tocchi il cuore.

Solo così nascerà l'uomo nuovo. Solo così non ci sarà più né giudeo né greco, né schiavo né libero, né uomo né donna, né bianco né nero (cfr. Col 3,10s; Ga 3,28).

L'uomo nuovo supera la religiosità naturale, la sua paura del divino e la continua tentazione di venerare Dio al solo scopo di ottenerne una vita facile e sicura.

L'uomo "naturalmente" religioso non conosce ancora la dimensione profonda del Cristianesimo.

Il Continente africano sta vivendo, in proposito, un momento di portata storica. E questo rappresenta per voi un "tempo favorevole", a lungo atteso e preparato, nel quale le Comunità ecclesiali sono chiamate a manifestare in pienezza il loro "camminare insieme". L'imminente assise sicuramente costituisce un evento provvidenziale, che si inserisce nella promettente stagione pastorale della nuova evangelizzazione.

Anche per l'Africa c'è bisogno di un itinerario catecumenale che oltrepassi la religiosità naturale e conduca alla vera fede. Nella Chiesa dei primi secoli ciò è avvenuto con i popoli del bacino mediterraneo, anch'essi ferventi di una religiosità naturale e al tempo stesso disposti ad accogliere il messaggio evangelico. Il Vangelo semina nel cuore dell'uomo la charitas, l'amore come Cristo ci ha amato, l'amore divino, l'amore totale, l'amore per il nemico come è stato vissuto da Cristo che ha dato la vita per noi quando eravamo nemici di Dio (cfr. Rm 5,10). L'amore che fa di uomini diversi una sola cosa, affinché il mondo creda che Gesù Cristo è l'inviato del Padre (cfr. Jn 17). A cent'anni dalla prima evangelizzazione, fecondata dal sangue dei martiri e dalla testimonianza di tanti missionari, l'Africa attende nuovi santi che portino il Vangelo incarnato in loro, nuovi evangelizzatori con i quali Cristo Risorto operi confermando la loro parola (cfr. Mc 16,20).


2. Venerati fratelli nell'Episcopato! In quanto Vescovi, voi siete anzitutto "apostoli", inviati ad annunciare la Buona Novella! Voi siete i primi responsabili dell'annuncio di Cristo nella Chiesa. Tale responsabilità comporta essenzialmente due attenzioni fondamentali: la prima, che Cristo sia annunciato; la seconda, che l'annuncio, per così dire, "prenda corpo" nella vita concreta della gente.

Tocchiamo qui un nodo centrale della pastorale: quello della cosiddetta inculturazione della fede.

L'evangelizzazione, infatti, si rinnova là dove Cristo è annunciato con la potenza dello Spirito e al tempo stesso con sincero amore per l'uomo e la sua storia. Ebbene, tra gli strumenti provvidenziali di questa inculturazione vi è anche il Cammino Neocatecumenale. Vedo con gioia che in molte delle vostre diocesi, in culture diverse, come nello Zambia, nello Zaire, in Costa d'Avorio ed in altre nazioni, esso porta i suoi frutti. Si sono formate piccole comunità, nelle quali la famiglia viene sostenuta e aiutata nella sua missione fondamentale di proclamare Cristo portando la Croce della salvezza con Lui.


3. Il Pastore, mandato a discernere e valorizzare i doni dispensati per la crescita della Comunità, vigilerà, in particolare, perché si impostino nel modo opportuno il rapporto tra il cherigma e la cultura locale e quello tra le Comunità del Cammino e le Comunità parrocchiali.

E' anzitutto dovere del Vescovo orientare le scelte di fondo del Cammino Neocatecumenale, il quale, essendo nato ed essendosi sviluppato in ambienti europei e latinoamericani, necessita della guida di illuminati Pastori africani o di esperti missionari per essere adattato alle esigenze particolari e missionarie delle varie nazioni.

Riguardo ai rapporti intraecclesiali tra le Comunità neocatecumenali e la Parrocchia, la Provvidenza vi viene incontro, cari Fratelli, proprio mediante l'esperienza sinodale. "Sinodo", infatti, significa "cammino fatto insieme". Il cristianesimo, secondo la primitiva denominazione, è esso stesso la "via".

L'itinerario neocatecumenale, che ha scelto per sé questo bel nome di "Cammino", si pone al servizio della riscoperta della "via" del Vangelo, anzitutto per coloro che ne sono lontani. Esso pertanto può essere valorizzato per l'edificazione di una Parrocchia capace di formare adulti saldamente innestati in Cristo, nella sua parola e nei suoi Misteri.

Penso alle esortazioni dell'apostolo Paolo ai Tessalonicesi: "Non spegnete lo Spirito" (Th 5,19) ed ai Corinzi: "Tutto si faccia per l'edificazione" (1Co 14,26). E' necessario "camminare insieme", armonizzando le comunità ed i gruppi ecclesiali in ordine alla crescita dell'intera Comunità parrocchiale sotto la guida del parroco e dei suoi collaboratori. Il Cammino Neocatecumenale, ben inserito nel piano pastorale della Comunità, in armonia con altri carismi che in essa operano, contribuirà efficacemente ad imprimere alle Parrocchie lo stile tipico della nuova evangelizzazione: stile fatto di essenzialità e di radicalità, di immersione nel mistero di Cristo morto e risorto e di coraggiosa apertura ai bisogni dell'uomo contemporaneo.


4. Di tale rinnovata azione missionaria la famiglia è senz'altro un soggetto primario nel duplice senso di destinataria e insieme veicolo della Buona Notizia.

Tale stupenda realtà, manifestatasi subito nella Comunità primitiva, è tornata in piena evidenza dopo il Concilio Vaticano II, e rappresenta una vera struttura portante della Chiesa di ogni epoca. La famiglia non è la naturale culla dei Santi? E le vocazioni, non germogliano più facilmente in un nucleo familiare fedele al Vangelo? All'interno del Cammino Neocatecumenale numerose famiglie, spinte dalla forza della parola di Dio e dalla partecipazione ai santi misteri, hanno abbracciato con generosità le esigenze della missione, offrendo un prezioso aiuto a voi Pastori, che siete alla ricerca non solo di Sacerdoti e di catechisti, ma anche di coniugi e di famiglie in grado di prestare voce e cuore al Messaggio della salvezza.

Carissimi, vi aiuti ed accompagni nel vostro sforzo missionario Maria, la Vergine del Cammino. Ella, che si mise in viaggio per offrire all'anziana parente Elisabetta la pienezza di carità e di gioia di cui era ricolma (cfr. Lc 1,39-45), faccia si che il vostro servizio sia generoso e ricco di frutti per l'edificazione delle Comunità ecclesiali dell'Africa. Camminate nella fedeltà verso Cristo e verso i fratelli! Camminate insieme! Di cuore tutti vi benedico.

Data: 1994-01-31 Data estesa: Lunedi 31 Gennaio 1994





L'omelia alla Messa nella Festa della Presentazione al Tempio - Basilica Vaticano, Città del Vaticano (Roma)

Titolo: La vita consacrata: Epifania della gloria di Dio




1. "Alzatevi, porte antiche, ed entri il re della gloria" (Ps 23,7 (24),7).

Con queste parole del salmo la liturgia della festa odierna saluta Gesù, nato a Betlemme, mentre per la prima volta varca la soglia del tempio di Gerusalemme. Quaranta giorni dopo la sua nascita, Maria e Giuseppe lo portano al tempio, per adempiere la legge di Mosè: "Ogni maschio primogenito sarà sacro al Signore" (Lc 2,23 cfr. Ex 13,2 Lc 13,11).

L'evangelista Luca mette in evidenza che i genitori di Gesù sono fedeli alla legge del Signore, la quale consigliava la presentazione del neonato e prescriveva la purificazione della madre. Tuttavia, non è su questi riti che la parola di Dio intende attirare la nostra attenzione, bensi sul mistero del tempio che oggi accoglie colui che l'antica Alleanza ha promesso e i profeti hanno atteso. A lui il tempio era destinato. Doveva arrivare il giorno in cui egli vi sarebbe entrato come "l'angelo dell'alleanza" (cfr. Ml 3,1) e si sarebbe rivelato come "luce per illuminare le genti e gloria del popolo (di Dio), Israele" (Lc 2,32).


2. La festa odierna è come una grande anticipazione: essa anticipa la Pasqua. Nei testi e nei segni liturgici, infatti, intravvediamo, quasi in un solenne annuncio messianico, quanto dovrà compiersi al termine della missione di Gesù nel mistero della sua Pasqua. Tutti i presenti nel tempio di Gerusalemme si trovano ad essere quasi testimoni inconsapevoli dell'anticipo della Pasqua della Nuova Alleanza, di un evento ormai vicino nel misterioso Bambino, un evento atto a conferire nuovo significato ad ogni cosa.

Le porte del santuario si aprono al mirabile re, che "è qui per la rovina e la risurrezione di molti in Israele, segno di contraddizione" (Lc 2,34).

Al momento, nulla lascia trasparire la sua regalità. Quel neonato di quaranta giorni è un normale bambino, figlio di genitori poveri. I più intimi sanno che è nato in una stalla nei pressi di Betlemme. Ricordano i canti celestiali e la visita dei pastori, ma come possono pensare, persino i più vicini, persino Maria e Giuseppe, che quel bambino - secondo le parole della Lettera agli Ebrei - è destinato a prendersi cura della discendenza di Abramo, unico sommo sacerdote davanti a Dio per espiare i peccati del mondo (cfr. He 2,16-17)? In realtà la presentazione di questo bambino al tempio, come di uno dei primogeniti delle famiglie d'Israele, proprio di questo è segno; è l'annuncio di tutte le esperienze, le sofferenze e le prove alle quali egli stesso si sottoporrà per venire in aiuto all'umanità, a quegli uomini che la vita molto spesso mette a dura prova.

Sarà lui, misericordioso, unico ed eterno Sacerdote della nuova ed immutabile Alleanza di Dio con l'umanità, a rivelare la misericordia divina. Lui, il rivelatore del Padre, che "ha tanto amato il mondo" (Jn 3,16). Lui luce, luce che illumina ogni uomo, nel succedersi delle varie fasi della storia.

Ma, sempre per questo motivo, in ogni epoca Cristo diventa "segno di contraddizione" (Lc 2,34). Maria che oggi, come giovane madre, lo porta in braccio, diventerà, in modo singolare, partecipe delle sue sofferenze: l'anima della Vergine sarà trapassata da una spada, e questo suo soffrire insieme al Redentore servirà a portare la verità nei cuori degli uomini (cfr. Lc 2,35).


3. Il tempio di Gerusalemme diventa così teatro dell'evento messianico. Dopo la notte di Betlemme, ecco la prima eloquente manifestazione del mistero del divino Natale. E' una rivelazione che viene come dal profondo dell'Antica Alleanza.

Chi è infatti Simeone, le cui parole ispirate dallo Spirito Santo risuonano sotto la volta del tempio di Gerusalemme? E' uno di coloro che "aspettavano il conforto di Israele", la cui attesa era colma di fede incrollabile (cfr. Lc 2,25). Simeone viveva della certezza che non sarebbe morto prima di aver visto il Messia del Signore: certezza proveniente dallo Spirito Santo (cfr. ibid. Lc 2,26).

E chi è Anna, figlia di Fanuele? Una vedova anziana, chiamata dal Vangelo "profetessa", che non lasciava mai il tempio e serviva Dio con digiuni e preghiere giorno e notte (cfr. ibid. Lc 2,36-37).


4. I personaggi, che prendono parte all'evento oggi commemorato, sono tutti compresi in un grande simbolo: il simbolo del tempio, il tempio di Gerusalemme, costruito da Salomone, i cui pinnacoli indicano le vie della preghiera per ogni generazione d'Israele. Il santuario è in effetti il coronamento del cammino del popolo attraverso il deserto verso la Terra promessa, ed esprime una grande attesa. Di questa attesa parla tutta la liturgia odierna.

Il destino del tempio di Gerusalemme, infatti, non si esaurisce nel rappresentare l'Antica Alleanza. Il suo vero significato era sin dall'inizio l'attesa del Messia: il tempio, costruito dagli uomini per la gloria di Dio vero, avrebbe dovuto cedere il posto ad un altro tempio, che Dio stesso avrebbe edificato li, a Gerusalemme.

Oggi, viene al tempio colui che dice di compierne il destino e lo deve "riedificare". Un giorno, proprio insegnando nel tempio, Gesù dirà che quell'edificio costruito dalle mani dell'uomo, già distrutto dagli invasori e ricostruito, sarebbe stato distrutto di nuovo, ma tale distruzione avrebbe segnato come l'inizio di un tempio indistruttibile. I discepoli, dopo la sua risurrezione, capirono che egli chiamava "tempio" il suo corpo (cfr. Jn 2,20-21).


5. Oggi, dunque, carissimi, stiamo vivendo una singolare rivelazione del mistero del tempio, che è uno solo: Cristo stesso. Il santuario, anche questa Basilica, non deve servire tanto al culto, quanto alla santità. Tutto ciò che ha a che fare con la benedizione, in particolare con la dedicazione degli edifici sacri, anche nella Nuova Alleanza, esprime la santità di Dio, che si dona all'uomo in Gesù e nello Spirito Santo.

L'opera santificatrice di Dio tocca i templi fatti dalla mano dell'uomo, ma il suo spazio più appropriato è l'uomo stesso. La consacrazione degli edifici, pur architettonicamente magnifici, è simbolo della santificazione che l'uomo attinge da Dio mediante Cristo. Per mezzo di Cristo ogni persona, uomo o donna, è chiamata a diventare un tempio vivo nello Spirito Santo: tempio in cui realmente abita Dio. Di un tale tempio spirituale Gesù parlo nel colloquio con la samaritana, rivelando chi sono i veri adoratori di Dio, coloro cioè che gli rendono gloria "in spirito e verità" (cfr. Jn 4,23-24).


6. Carissimi, la Basilica di San Pietro è rallegrata oggi dalla vostra presenza, cari Fratelli e Sorelle, che, provenendo da svariate comunità, rappresentate il mondo delle persone consacrate. E' una bella tradizione che siate proprio voi a formare la santa assemblea in questa solenne celebrazione di Cristo "luce delle genti". Nelle vostre mani portate i ceri accesi, nei vostri cuori portate la luce di Cristo, uniti spiritualmente a tutti i vostri fratelli e sorelle consacrati in ogni angolo della terra: voi costituite l'insostituibile ed inestimabile tesoro della Chiesa.

La storia del cristianesimo conferma il valore della vostra vocazione religiosa: soprattutto a voi, attraverso i secoli, è legata la diffusione della potenza salvifica del Vangelo tra i popoli e le nazioni, nel continente europeo e poi nel Nuovo Mondo, nell'Africa e nel lontano Oriente.

Vogliamo ricordarlo specialmente quest'anno, nel corso del quale si terrà l'assemblea del Sinodo dei Vescovi dedicata alla vita consacrata nella Chiesa. Dobbiamo ricordarlo per rendere gloria al Signore e per pregare perché una così importante vocazione, unitamente a quella familiare, non venga soffocata in alcun modo nel nostro tempo, e neppure nel terzo millennio ormai prossimo.


7. L'odierna Celebrazione eucaristica raduna persone consacrate che operano a Roma, ma con la mente e col cuore ci uniamo ai membri degli Ordini, delle Congregazioni Religiose e degli Istituti Secolari, sparsi nel mondo intero, a coloro specialmente che rendono a Cristo una particolare testimonianza, pagandola con enormi sacrifici, non escluso talora il martirio. Con speciale affetto penso ai Religiosi e alle Religiose presenti nelle regioni della ex Jugoslavia e negli altri territori del mondo, vittime di una assurda violenza fratricida.

Salutando voi, saluto anche gli altri rappresentanti della Congregazione per gli Istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica, il Cardinale Prefetto, il Segretario e tutti i collaboratori. E' la vostra festa comune.

Sia glorificato in voi, care Sorelle e cari Fratelli, Cristo luce del mondo! Sia glorificato Cristo, segno di contraddizione per questo mondo. In lui vive l'uomo: in lui ognuno diventa gloria di Dio, come insegna Sant'Ireneo (cfr. Adv. haer. 4,20,7). Voi siete epifania di questa verità. Ecco perché siete tanto amati nella Chiesa e diffondete una grande speranza nell'umanità. Oggi, in modo particolare, supplichiamo il Signore perché il lievito evangelico della vostra vocazione raggiunga sempre più numerosi cuori di giovani e di ragazze e li spinga a consacrarsi senza riserve al servizio del Regno.

Questo lo dico pensando anche agli altri presenti che sono venuti per l'udienza generale del mercoledi. Certamente, molti di loro conoscono le persone consacrate, si rendono conto del prezzo di questa consacrazione personale nella Chiesa, devono tanto alle suore, ai fratelli religiosi che operano nelle cliniche, nelle scuole, nei diversi ambienti di ciascun popolo del mondo, attraverso tutta la terra. Vorrei invitare questi ospiti della nostra odierna udienza generale, dedicata alla vita religiosa, a pregare per tutte le persone consacrate del mondo, a pregare per le vocazioni. Forse questa preghiera susciterà qualche vocazione nei cuori dei giovani.


8. Insieme con Maria e Giuseppe ci rechiamo oggi in spirituale pellegrinaggio al tempio di Gerusalemme, città del grande incontro. E con la Liturgia diciamo: "Alzatevi, porte antiche...". Quanti appartengono alla discendenza della fede di Abramo vi trovano un comune punto di riferimento. Tutti desiderano che essa diventi un significativo centro di pace, affinché - secondo la parola profetica dell'Apocalisse - Dio vi asciughi ogni lacrima dagli occhi degli uomini (cfr. Ap 21,4), e quel muro, rimasto nei secoli come resto dell'antico tempio di Salomone, cessi di essere il "muro del pianto", per diventare luogo di pace e di riconciliazione per i credenti nell'unico vero Dio.

Ci rechiamo oggi in pellegrinaggio a quella città, in modo particolare, noi che dal mistero di Cristo abbiamo attinto l'ispirazione di tutta la vita: una vita dedicata senza riserve al Regno di Dio. Il nostro pellegrinaggio culmina nella comunione con il Corpo e il Sangue, che l'eterno Figlio di Dio ha preso per sé facendosi uomo, per presentarsi al Padre, nella carne della sua umanità, quale sacrificio spirituale perfetto, e dare così compimento all'Alleanza stretta da Dio con Abramo, nostro padre nella fede e portata alla perfezione in Cristo (cfr. Rm 4,16).

Il Vescovo di Roma guarda con amore verso Gerusalemme, da cui un giorno parti il suo primo Predecessore, Pietro, e venne a Roma spinto dalla vocazione apostolica. Dopo di lui anche l'apostolo Paolo.

Al termine del secondo millennio, il Successore di Pietro piega le ginocchia su quei luoghi santificati dalla presenza del Dio vivo. Peregrinando per il mondo, attraverso città, paesi, continenti, egli rimane in comunione con la luce divina brillata proprio li, nella terra veramente santa duemila anni fa per illuminare le nazioni e i popoli del mondo intero per illuminarci, carissimi.

Data: 1994-02-02 Data estesa: Mercoledi 2 Febbraio 1994





Lettera al Maestro Direttore Perpetuo della Cappella Musicale Pontificia, Monsignor Domenico Bartolucci


Titolo: In occasione del IV centenario della morte di Giovanni Pierluigi da Palestrina

Al diletto Figlio Monsignor Domenico Bartolucci Maestro Direttore Perpetuo della Cappella Musicale Pontificia La celebrazione del quarto centenario della morte di Giovanni Pierluigi da Palestrina, mentre propone alla considerazione della Comunità cristiana e del mondo l'abbondanza della produzione musicale e la qualità dello stile, delle ricerche, degli approfondimenti e delle elaborazioni del grande Compositore, invita a riscoprire la permanente attualità dello straordinario contributo che egli ha offerto alla cultura musicale e alla tradizione liturgica della Chiesa. A 400 anni dalla morte, Giovanni Pierluigi rimane infatti un maestro sempre attuale, capace di dettare insegnamenti utili soprattutto al musicista liturgico ed al credente, sulle soglie ormai del terzo millennio cristiano.

Cresciuto alla scuola contrappuntistica e vocale della prima metà del'500, Pierluigi da Palestrina seppe armonizzare lo sviluppo di eccezionali talenti artistici con i contenuti di una salda formazione di fede. La sua vita di compositore fu segnata da due costanti, la cui importanza permane al di là dei limiti di spazio e di tempo: una diuturna laboriosità a servizio del culto del popolo cristiano ed una vigile attenzione alla Parola di Dio.

Con pazienza egli si impegno nello studio di quanto poteva accrescere in lui una solida preparazione, sempre adattandosi e alle esigenze della celebrazione liturgica e alla cultura del popolo di Dio nella Chiesa particolare in cui si trovava ad operare. così lo vediamo in contatto con Mantova seguendo in parte programmi musicali diversi da quelli già a lui familiari per l'attività romana nella Cappella Giulia della Basilica Vaticana e nella Cappella Sistina per le celebrazioni papali.

La Parola di Dio fu da lui conosciuta ed amata a partire dalla proclamazione liturgica e, in modo singolarmente intenso, dai testi che la lunga tradizione del culto aveva inserito nel cuore dei riti, per cantare i misteri del Signore. I numerosi Mottetti mostrano con quanta intensità ed efficacia il sapiente Compositore sia riuscito ad esprimere la verità contenuta nel messaggio della Parola divina.

Attraverso la ricchezza e l'originalità della struttura polifonica, la musica sacra fa percepire al credente in religioso ascolto il contenuto denso ed emozionante del testo, coinvolgendolo nel mistero. Allo stesso modo, la fede della Chiesa, comunicata attraverso gli inni e i canti della Messa e della liturgia di lode, si radica nelle coscienze e consolida l'unità dell'assemblea orante, convocata come corpo mistico di Cristo, per rendere, in comunione con il suo Signore, il culto dovuto all'Eterno Padre (cfr. SC 7).

Infaticabile lavoratore, Pierluigi da Palestrina condusse un'esistenza segnata da febbrile attività e da costante fervore apostolico. Maestro geniale, e nello stesso tempo permanente ricercatore di nuove espressioni nell'arte, egli seppe trovare soluzioni originali per la polifonia corale, scegliendo con sapienza fra le ampie risorse contrappuntistiche correnti quanto di volta in volta poteva meglio aiutarlo nel rigoroso impegno di comunicare agli uomini la Parola rivelata in piena sintonia con la fede della Chiesa. Egli, pertanto, non trascuro lo studio e la ricerca di nuove soluzioni per un fecondo ed adeguato rapporto tra il testo e la musica. Per questo l'arte di Palestrina si propone ancor oggi non solo come sublime manifestazione di fede accolta e testimoniata, ma anche come una permanente espressione di musica religiosa.

Dalla linfa feconda del repertorio gregoriano, assimilato durante i numerosi anni di servizio presso le Cappelle romane in qualità di Cantore, di Maestro e soprattutto di Compositore, egli seppe trarre temi suggestivi e fortemente connessi con la tradizione del canto sacro.

Soprattutto, egli si lascio guidare dallo spirito liturgico per la ricerca di un linguaggio che, senza rinunciare all'emozione ed all'originalità, non cadesse in soggettivismi esasperati o banali. Queste qualità, sempre presenti nella sua vasta opera musicale, hanno contribuito a creare uno stile divenuto classico, universalmente riconosciuto come esemplare nell'ambito della composizione destinata alla chiesa.

E' a questa scuola che occorre rivolgersi ancora nel nostro tempo, per essere discepoli e continuatori dell'opera di Giovanni Pierluigi da Palestrina, in sintonia con il rinnovamento liturgico e musicale auspicato dal Concilio Vaticano II: "La musica sacra sarà tanto più santa quanto più strettamente sarà unita all'azione liturgica, sia esprimendo più dolcemente la preghiera e favorendo l'unanimità, sia arricchendo di maggior solennità i riti sacri" (SC 112).

Oggi come ieri, i musicisti, i compositori, i cantori delle Cappelle liturgiche, gli organisti e gli strumentisti di chiesa devono avvertire la necessità di una seria e rigorosa formazione professionale. Soprattutto dovranno essere consapevoli che ogni loro creazione o interpretazione non si sottrae all'esigenza di essere opera ispirata, corretta, attenta alla dignità estetica, si da trasformarsi in preghiera adorante quando, all'interno dell'azione liturgica, esprime nel suono il mistero della fede. Ogni credente, che nella celebrazione eucaristica trova la fonte e il culmine della manifestazione della propria adesione a Dio e che nella vita quotidiana è chiamato a tradurre il messaggio assimilato nell'assemblea mediante il canto sacro, saprà così profittare con gioia del servizio autentico della musica sacra e potrà ripetere anche nel suo animo il canto che esalta la Parola divina e la fede cristiana.

Nell'attuale momento di impegno per una nuova evangelizzazione e di ricerca di rinnovati canoni estetici per tutta l'arte sacra, sono persuaso che il centenario palestriniano offrirà un contributo opportuno e significativo. Come è noto, la Chiesa di Roma, sede del Successore di Pietro, fin dai tempi antichi ha dimostrato grande attenzione e stima per la musica destinata al culto, ed ha via via proposto modelli cospicui di canto liturgico, preoccupata di offrire validi spunti anche per le altre Comunità ecclesiali. Questa singolare tradizione trova nella storia di codesta antica ed illustre Cappella Musicale la testimonianza più evidente. Sono perciò convinto che essa, fedele all'eredità lasciatale da Palestrina, continuerà ad impegnarsi con ardore rinnovato a promuovere il decoro del solenne servizio liturgico nel Tempio maggiore della Cristianità.

Nell'esprimere a Lei, Monsignore, ed ai Componenti della Cappella Musicale il mio vivo apprezzamento, auspico che le celebrazioni giubilari palestriniane diventino un'opportuna occasione per incoraggiare rinnovati propositi artistici e spirituali.

Con tali voti imparto volentieri a Lei, ai componenti del Coro ed a coloro che in tutte le chiese cantano le lodi di Dio nella musica sacra e nel servizio liturgico, una speciale Benedizione Apostolica, con l'augurio che il Signore accompagni e renda fecondo il loro impegno per lo splendore del culto divino.

Dal Vaticano, 2 Febbraio 1994.

Data: 1994-02-02 Data estesa: Mercoledi 2 Febbraio 1994





Messaggio per il I Congresso Latinoamericano sulle Vocazioni - Città del Vaticano

Titolo: La Chiesa in America Latina ha bisogno di numerose vocazioni

(Testo letto dal Card. Pio Laghi:)

Cari Fratelli nell'Episcopato, amati sacerdoti, religiose, religiosi e laici: Nel mio Messaggio di quest'anno, per la Giornata Mondiale della Preghiera per le Vocazioni, ho ricordato a tutta la Chiesa l'avvenimento ecclesiale che vi preparate a celebrare: il Primo Congresso Continentale Latinoamericano sulle Vocazioni, a Itaici-San Paolo (Brasile), dal 23 al 27 maggio prossimo. Ho voluto citarlo per la sua importanza e affinché tutta la comunità ecclesiale si senta con solidarietà impegnata con voi e vi accompagni con la sua vicinanza spirituale e con la sua fervida preghiera, attorno a Maria, la Madre di Gesù.

Questo Congresso in America Latina è il primo a livello continentale e con esso si inaugura una serie che, con l'aiuto di Dio, si andrà svolgendo nei vari Continenti in cui la Chiesa è sacramento di unità e annunciatrice del messaggio di Cristo fra le genti. Ho apprezzato il vivo interesse con cui avete accolto la proposta della Santa Sede perché questo Congresso venisse realizzato nel cosiddetto Continente della speranza.

E ancora recente la commemorazione del V Centenario dell'arrivo del Vangelo nel Nuovo Mondo. Nel segno di questa data, i Pastori dell'America Latina - riuniti nella IV Conferenza Generale dell'Episcopato Latinoamericano, a Santo Domingo, sotto il motto "Nuova Evangelizzazione, Promozione Umana, Cultura Cristiana. Gesù Cristo ieri, oggi e sempre" - hanno assunto con forza e grande speranza la missione di una rinnovata azione evangelica in tutto il Continente.

Questo Congresso si inserisce proprio in tale contesto, poiché, per portare a compimento la missione della Nuova Evangelizzazione dei popoli latinoamericani, è essenziale "intraprendere una vigorosa pastorale delle vocazioni" (Conclusiones, Santo Domingo, n. 293; cfr. nn. 79-82).

Sono convinto che questo incontro ecclesiale costituirà, per voi e per tutta la Chiesa, una particolare benedizione del Signore, Padrone della messe, che impegna ad una risposta generosa che porti a promuovere numerose e sante vocazioni al sacerdozio, alla vita consacrata e ad altre forme di consacrazione speciale al Vangelo.

E opportuno rilevare anche che questo Congresso rappresenta un eloquente gesto di comunione ecclesiale. Infatti, fin dai primi momenti ha voluto essere espressione di corresponsabilità e di stretta collaborazione fra la Sede Apostolica, il Consiglio Episcopale Latinoamericano (CELAM) e la Confederazione Latinoamericana dei Religiosi (CLAR). Con questo Messaggio desidero anche confermarvi nel vostro impegno di collaborazione congiunta a favore della pastorale delle vocazioni e, allo stesso tempo, esortarvi ad incrementare, mediante opportune iniziative, la partecipazione delle famiglie cristiane e di tutti i fedeli a quest'opera di così grande importanza per la Chiesa.


1. Il momento attuale in America Latina Sapete bene, amati fratelli, che l'America Latina sta vivendo un momento particolarmente importante della sua storia.

Il vostro è un continente giovane e pieno di possibilità, il quale pero sta affrontando grandi sfide che richiedono una decisa volontà di superamento da parte di tutti. I suoi popoli sono desiderosi di libertà, di un maggiore riconoscimento della loro dignità e di una crescente partecipazione nel campo della vita sociopolitica e all'interno della stessa comunità ecclesiale. Il loro volto, presentato dai Vescovi con tratti vivaci ed eloquenti, soprattutto nei documenti di Puebla e di Santo Domingo (cfr. Puebla, 31-37; Santo Domingo, 178), riflette le sfide e i problemi di chi, con sforzo, si sta aprendo una strada verso il futuro. Ma nel volto sofferente di ogni uomo, come nel volto intero dell'America Latina, si riflette anche la luce della speranza e il desiderio di tempi migliori.

La Chiesa fa suo questo lungo cammino dell'America, mentre continua ad annunciare e a testimoniare il grande amore di Cristo, Redentore dell'uomo, Salvatore del mondo, presente in essa. I Pastori, le comunità religiose e i laici impegnati la accompagnano con fede e speranza nelle parrocchie, nelle scuole, negli ospedali, nelle missioni e in tante altre iniziative pastorali in mezzo ai poveri e agli emarginati, fra i giovani e gli adulti e nei diversi strati socio-culturali della popolazione (cfr. EN 69). La missione degli evangelizzatori consiste nel ravvivare sempre di più la speranza con la luce e la forza che provengono dal Signore, mossi dall'urgenza di farla brillare nei "centri in cui nasce un'umanità nuova" (RMi 37).

La Chiesa è consapevole dell'enorme sfida che il momento attuale rappresenta per la sua missione; essa sa di essere, pur nella debolezza, portatrice della speranza della vita nuova alla quale il popolo latinoamericano aspira e che può venire solo da Cristo, Signore della Vita. perciò, sente la stringente necessità di più "operai per la messe" (cfr. Mt 9,38): religiosi e religiose, persone consacrate degli Istituti secolari e laici impegnati, che dedichino le loro energie migliori e tutta la loro vita ad essere artefici e segni di speranza evangelica.

Constatiamo con gioia che, in questi ultimi anni, all'interno di famiglie cristiane profondamente radicate nella fede, è sorto un maggior numero di vocazioni. I seminari diocesani e le Comunità religiose hanno visto aumentare il numero dei loro membri, cosa molto incoraggiante. Grazie alla testimonianza di una Chiesa di servizio e vicina al popolo, il Signore ha fatto nascere uomini e donne desiderosi di dedicare tutta la loro vita alla causa di Cristo; e, a partire da comunità che lasciano trasparire i valori evangelici, Egli ha moltiplicato in tanti giovani il desiderio di seguirlo più da vicino. Come non rendere grazie a Dio per questa consolante realtà! Allo stesso tempo, senza dubbio, le necessità pastorali del Continente sono aumentate e il numero di sacerdoti, religiose, religiosi e altre persone consacrate che lavorano in America Latina risulta del tutto insufficiente a soddisfare l'urgente domanda di attenzione pastorale.

E sorprendente constatare come la carenza più impellente di sacerdoti si registri proprio in America Latina, il Continente che ha la più alta percentuale di cattolici rispetto alla popolazione totale e che, in assoluto, possiede il maggior numero di cattolici del mondo. Mancano operai del Vangelo alla periferia delle grandi metropoli, nelle zone rurali, fra gli abitanti delle cime delle Ande e nelle immensità dei boschi. Mancano servi della Buona Novella che si dedichino ai giovani, alle famiglie, agli anziani e agli ammalati, agli operai, agli intellettuali, ai costruttori della società, così come ai più poveri e agli emarginati. E necessaria la presenza di un maggior numero di sacerdoti e di religiosi nelle parrocchie, nei movimenti apostolici, nelle comunità ecclesiali di base, nelle scuole e nelle università, e in tanti altri settori, come ho messo in rilievo nell'Enciclica Redemptoris Missio (cfr. RMi 37). D'altra parte, guardando ai vasti orizzonti della missione universale affidata alla Chiesa mancano anche missionari e missionarie che vadano al di là delle vostre frontiere per annunciare fino ai confini del mondo le "imperscrutabili ricchezze di Cristo" (Ep 3,8 cfr. Conclusiones, Santo Domingo, Ep 121-125).


2. E necessaria un'incisiva pastorale delle vocazioni Per tutto questo, diventa sempre più impellente la necessità di una pastorale delle vocazioni rinnovata e concepita, in primo luogo, come dimensione obbligatoria dell'intero piano pastorale e, allo stesso tempo, come specifico campo di azione che accompagni il risveglio, la valutazione e lo sviluppo della risposta vocazionale di quelli che il Signore chiama a seguirLo. Nell'azione pastorale non bisogna mai dimenticare che educare alla fede significa anche sviluppare il dinamismo vocazionale proprio della vita cristiana. Essere cristiano è già di per sé una vocazione, una chiamata: la vocazione più alta, sorgente e base di tutta la sequela specifica all'interno della comunità ecclesiale.

perciò è necessario fin dall'infanzia sviluppare la dimensione vocazionale della vita battesimale. Nel corso di tutto il suo processo evolutivo, il cristiano deve abituare sempre di più il proprio udito ad ascoltare la voce di Dio che lo chiama; deve aprire sempre di più il proprio cuore per accogliere il suo invito; deve predisporre sempre meglio la propria volontà a camminare nella via del Signore che ci precede nell'annuncio del suo Regno. In questo modo, fin dal grembo delle madri cristiane e dal calore e dall'assiduità della preghiera di famiglie credenti, il bambino e il giovane impareranno a considerare la loro vita come un richiamo a dare e a darsi. "La pastorale vocazionale trova il suo primo e naturale ambiente nella famiglia", dicevo nel mio messaggio per la Giornata Mondiale di Preghiera per le Vocazioni, di quest'anno. Si, la famiglia è chiamata a dare ai figli la gioiosa esperienza della vocazione cristiana, preparandosi, essa stessa, a ricevere come un dono particolarmente apprezzato la chiamata di qualche suo figlio al ministero sacerdotale o alla vita consacrata.

Non c'è dubbio, comunque, che il periodo più importante e favorevole per ascoltare, valutare e seguire la voce del Signore è la gioventù, età in cui la persona umana si apre con maggiore generosità all'orizzonte della donazione totale. Il Vangelo racconta come Gesù, nel moltiplicare i pani per saziare la fame di tanta gente che Lo seguiva, ebbe bisogno della generosità di un giovane che Gli offri tutto ciò che aveva: i suoi pani e i suoi pesci (cfr. Jn 6,9); e come in Galilea aveva affascinato Giovanni e Andrea, che Lo seguirono, rimasero con Lui (cfr. Jn 1,39).

Non vi stancate, quindi, di dare impulso ad una pastorale giovanile efficace, ricca di vita evangelica e portatrice di chiare proposte vocazionali: presentate ai giovani un'affascinante esperienza di amicizia con il Signore, una solida formazione catechetica e un responsabile impegno apostolico. I giovani d'oggi sono capaci di generosità e sapranno rispondere, con un si generoso, al Signore che li chiama.


3. Con metodi adeguati Il problema delle vocazioni riguarda la vita stessa della Chiesa. Senza un numero sufficiente di "operai della messe", essa non può realizzare il mandato di Cristo - che è la ragione stessa della sua esistenza e della sua missione nella storia -: "Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni" (Mt 28,19). E non potrebbe neanche rinnovare ogni giorno il sacrificio eucaristico: "Fate questo... in memoria di me" (1Co 11,25 cfr. PDV 1).

Consapevoli dell'incalzante richiamo del momento attuale, vi incoraggio a tradurre la vostra sollecitudine di pastori in programmi organici e in audaci progetti pastorali che diano ulteriore impulso e coordinamento a quello che, in questo campo, si sta già facendo in ogni Diocesi e in ogni Paese. C'è da augurarsi che il Congresso Continentale che state celebrando rappresenti un nuovo stimolo ad incrementare tutto il positivo che già sta nascendo e che fa ben sperare.

Vorrei sottolineare anche alcuni elementi che bisogna tener presente nei progetti di pastorale delle vocazioni: - La pastorale delle vocazioni esige, in primo luogo, una testimonianza di fede autentica, di gioiosa speranza e di carità operativa. Richiede comunità ecclesiali che compiano reali sforzi per vivere la comunione fraterna, frutto della partecipazione eucaristica, che siano perseveranti nella preghiera, assidue nell'ascolto della Parola e nell'esercizio della carità. In effetti, la testimonianza continua ad essere la forza di attrazione più convincente di cui dispongono i discepoli di Cristo.

- Inoltre, non dovrebbe mancare nelle diocesi, nelle parrocchie e nelle comunità di vita consacrata, la preghiera frequente ed esplicita per le vocazioni.

Promuovete comunità cristiane assidue nella preghiera, consapevoli che non potranno mai, da sole, dotarsi delle vocazioni di cui hanno bisogno e, di conseguenza, sempre disposte ad accoglierle, accompagnarle e sostenerle come un autentico dono che viene dall'alto.

- La pastorale vocazionale presuppone e necessita anche di seguire attentamente e concretamente le vocazioni. Ciò richiede persone preparate dal punto di vista spirituale, teologico e pedagogico, che si dedichino a questa importante missione ecclesiale; spazi diversi ed efficienti di accoglienza e di sostegno; itinerari adeguati e organici di formazione cristiana, di valutazione e di accompagnamento vocazionale; collaborazione sincera e leale fra i diversi responsabili della pastorale vocazionale nei vari ambienti e ai diversi livelli ecclesiali.

Queste sono, cari fratelli, alcune considerazioni che sgorgano dal mio cuore di pastore e che consegno nelle mani di Maria, Madre e Regina degli Apostoli, affinché interceda presso il suo divino Figlio per il buon esito del Congresso.

La Chiesa in America Latina ha bisogno e aspetta numerose e sante vocazioni, che dedichino tutta la loro vita alla Nuova Evangelizzazione. Dai tanti Santuari sparsi nelle vostre Nazioni, dalle comunità ecclesiali e dalle famiglie cristiane si innalzi unanime questa preghiera: Signore Gesù Cristo, mandato dal Padre e unto dallo Spirito, che hai affidato ai tuoi discepoli l'annuncio della salvezza, affinché giunga fino ai confini della terra e fino alla fine dei tempi, suscita in America Latina una nuova primavera di vocazioni.

Tu che conosci ognuno per nome e hai parole di vita eterna, rinnova nel Continente della speranza l'invito a lasciare tutto e a seguirti, affinché molti giovani si consacrino a te nel ministero sacerdotale e nella vita consacrata, dedicandosi completamente al servizio del Vangelo.

Tu che confidi ai tuoi amici le parole del Padre, sii l'unico Signore e Maestro di tutti i chiamati.

Spargi sulle comunità ecclesiali i doni del tuo Spirito, affinché una nuova generazione di apostoli annunci la tua Risurrezione a tutti gli uomini e li riunisca nella tua Chiesa.

Rinnova in tutti i battezzati l'incalzante appello alla Nuova Evangelizzazione, affinché siano testimoni della tua Verità e della tua Vita, in mezzo agli uomini e donne del nostro tempo.

Te lo chiediamo per intercessione della Vergine Maria, modello di dedizione totale al tuo servizio e Madre di tutti i chiamati ad essere apostoli del tuo Regno.

Amen.

Con la mia Benedizione Apostolica.

Vaticano, 2 febbraio, Festa della Presentazione del Signore, Anno 1994.

IOANNES PAULUS PP. II (Traduzione dallo spagnolo)

Data: 1994-02-02 Data estesa: Mercoledi 2 Febbraio 1994






GPII 1994 Insegnamenti - Udienza: ai partecipanti ad un Convegno di Vescovi del Continente - Sala Clementina, Città del Vaticano (Roma)