GPII 1994 Insegnamenti - Udienza: Papa alla Signora Nafis Sadik, Segretario Generale della Conferenza Internazionale su Popolazione e Sviluppo 1994 - Città del Vaticano (Roma)

Udienza: Papa alla Signora Nafis Sadik, Segretario Generale della Conferenza Internazionale su Popolazione e Sviluppo 1994 - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Trattare senza una base etica fondamentali questioni quali la famiglia, la trasmissione della vita, l'autentico progresso morale e materiale significa mettere in discussione il futuro stesso dell'umanità

Alla Signora Nafis Sadik Segretario Generale della Conferenza Internazionale su Popolazione e Sviluppo del 1994 e Direttore Esecutivo del Fondo delle Nazioni Unite per le Attività sulla Popolazione


1. Le do il benvenuto, Segretario Generale, in un momento in cui Lei è molto impegnata nella preparazione della Conferenza Internazionale su Popolazione e Sviluppo 1994, che si terrà al Cairo a settembre. La sua visita mi offre l'opportunità di fare con Lei alcune riflessioni su un tema che, secondo tutti noi, è di vitale importanza per il benessere e il progresso della famiglia umana.

Il tema della Conferenza del Cairo assume un grande significato alla luce del fatto che il divario fra i ricchi e i poveri nel mondo diviene sempre più profondo, situazione questa che rappresenta una minaccia sempre crescente per la pace a cui aspira l'umanità.

La situazione della popolazione mondiale è molto complessa: esistono differenze non soltanto fra un continente e l'altro, ma anche fra una regione e l'altra. Gli studi delle Nazioni Unite ci informano che durante gli anni Novanta si verificherà probabilmente una rapida crescita della popolazione mondiale, che continuerà anche nel prossimo secolo. Allo stesso tempo, il tasso di crescita resta alto in alcune delle nazioni meno sviluppate del mondo, mentre la crescita demografica è notevolmente diminuita nelle nazioni industrializzate.


2. La Santa Sede ha seguito con attenzione questi temi, preoccupandosi in particolare di fare degli accertamenti demografici accurati e obiettivi e di promuovere la solidarietà mondiale in rapporto alle strategie di sviluppo in quanto queste ultime riguardano particolarmente le nazioni in via di sviluppo.

Abbiamo tratto beneficio dalla partecipazione agli incontri della Commissione delle Nazioni Unite sulla Popolazione e dagli studi della Divisione delle Nazioni Unite sulla Popolazione. La Santa Sede ha inoltre partecipato a tutti gli incontri preparatori regionali della Conferenza del Cairo, riuscendo a comprendere meglio le differenze regionali e contribuendo in ogni occasione al dibattito.

In conformità alla sua competenza e alla sua missione specifiche, la Santa Sede s'impegna affinché venga rivolta un'adeguata attenzione ai principi etici che determinano iniziative conseguenti all'analisi demografica, sociologica e sociale dei dati sulle tendenze demografiche. Quindi, la Santa Sede cerca di rivolgere la propria attenzione ad alcune verità fondamentali: che ogni persona, indipendentemente dall'età, dal sesso, dalla religione e dell'appartenenza nazionale, possiede una dignità e un valore incondizionati e inalienabili; che la stessa vita umana, dal momento del concepimento fino a quello della morte naturale, è sacra; che i diritti dell'uomo sono innati e prescindono da qualsiasi ordine costituzionale e che l'unità fondamentale della razza umana esige che tutti s'impegnino a edificare una comunità libera dall'ingiustizia e che lotta per promuovere e tutelare il bene comune. Queste verità circa la persona umana costituiscono la misura di qualsiasi risposta ai risultati che emergono dall'analisi dei dati demografici. E' alla luce degli autentici valori umani riconosciuti da popoli di diverse culture e tradizioni religiose e nazionali nel mondo, che si debbono fare tutte le scelte. Nessuno scopo e nessuna politica sortiranno risultati positivi per i popoli se non rispetteranno la dignità unica e i bisogni obiettivi di questi stessi popoli.


3. Siamo tutti d'accordo che una politica demografica è soltanto una parte di una strategia di sviluppo globale. Di conseguenza è importante che tutti i dibattiti sulle politiche demografiche prendano in considerazione lo sviluppo attuale e futuro delle nazioni e delle regioni. Allo stesso tempo è impossibile non tener conto dell'autentica natura del significato del termine "sviluppo". Qualsiasi sviluppo degno di questo nome deve essere completo, ossia deve essere rivolto al bene autentico di ogni persona e dell'intera persona. Lo sviluppo autentico non può consistere nel semplice accumulo di benessere e in una più grande disponibilità di beni e di servizi, ma deve essere perseguito con la dovuta considerazione per le dimensioni sociali, culturali e spirituali dell'essere umano. I programmi di sviluppo devono basarsi sulla giustizia e sull'uguaglianza, permettendo alle persone di vivere in dignità, armonia e pace. Devono rispettare l'eredità culturale dei popoli e delle nazioni, quelle qualità e virtù sociali che riflettono la dignità conferita da Dio a ogni persona e il disegno divino che esorta tutti all'unità. E' importante che gli uomini e le donne siano agenti attivi del loro sviluppo poiché trattarli come meri oggetti di uno schema o di un piano significherebbe inibire quella capacità di libertà e responsabilità che è fondamentale per il bene della persona umana.


4. Lo sviluppo è stato e rimane il giusto contesto per la considerazione delle questioni demografiche da parte della comunità internazionale. Nell'ambito di tali dibattiti emergono naturalmente questioni relative alla trasmissione e allo sviluppo della vita umana. Ma formulare i temi demografici in termini di "diritti sessuali e riproduttivi" individuali o persino in termini di "diritti delle donne", significa cambiare l'ottica, il che dovrebbe essere preoccupazione dei governi e delle agenzie internazionali. Affermo ciò senza volere in alcun modo diminuire l'importanza del dover assicurare la giustizia e l'uguaglianza alle donne.

Inoltre, le questioni riguardanti la trasmissione della vita e il suo successivo sviluppo non possono essere trattate in maniera adeguata se si prescinde dal bene della famiglia: quella comunione di persone instaurata dal matrimonio fra marito e moglie, che è, come afferma la Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo, "la cellula naturale e fondamentale della società" (art. 16.3). La famiglia è un'istituzione fondata sull'autentica natura della persona umana ed è l'ambiente adeguato al concepimento, alla nascita e alla crescita dei figli. In questo momento storico, in cui così tante forze sono dispiegate contro la famiglia, è più importante che mai che la Conferenza su Popolazione e Sviluppo risponda alla sfida implicita nella designazione dell'anno 1994 come "Anno Internazionale della Famiglia" da parte delle Nazioni Unite, facendo tutto il possibile affinché la famiglia riceva dalla "società e dallo stato" quella protezione a cui essa, come afferma la stessa dichiarazione universale, "ha diritto" (Ibid).

Il non rispetto di ciò sarebbe un tradimento dei più nobili ideali delle Nazioni Unite.


5. Oggi, il dovere di tutelare la famiglia esige che venga rivolta una particolare attenzione affinché al marito e alla moglie venga assicurata la libertà di decidere responsabilmente, liberi da qualsiasi coercizione sociale o legale, il numero di figli e l'intervallo tra una nascita e l'altra. Intento dei governi o delle altre agenzie non dovrebbe essere quello di decidere per le coppie ma, piuttosto, di creare le condizini sociali che permettano loro di prendere decisioni corrette alla luce delle loro responsabilità di fronte a Dio, a se stessi, alla società di cui fanno parte e all'ordine morale oggettivo. Ciò che la Chiesa chiama "paternità responsabile" non è una questione di procreazione illimitata o di mancanza di consapevolezza circa il significato di allevare figli, ma piuttosto la possibilità data alle coppie di utilizzare la loro inviolabile libertà saggiamente e responsabilmente, tenendo presente le realtà sociali e demografiche così come la propria situazione e i legittimi desideri alla luce di obiettivi criteri morali. Si devono evitare con decisione la propaganda e la cattiva informazione volte a persuadere le coppie a limitare la propria famiglia a uno o due figli e si devono appoggiare quelle coppie che scelgono generosamente di creare famiglie numerose. In difesa della persona umana, la Chiesa si oppone all'imposizione di limiti riguardanti il numero dei membri di una famiglia e alla promozione di metodi per la limitazione delle nascite che pregiudicano le dimensioni aggregranti e procreative del rapporto coniugale, metodi contrari alla legge morale inscritta nel cuore umano o che costituiscono un attacco alla sacralità della vita. Quindi la sterilizzazione, che viene sempre più promossa come metodo di pianificazione familiare, a causa della sua finalità e del suo potenziale di violazione dei diritti umani, e in particolare delle donne, è chiaramente inaccettabile; essa rappresenta la più grave minaccia alla dignità e alla libertà umane quando viene promossa come parte di una politica demografica.

L'aborto, che distrugge la vita umana esistente, è un male nefasto e non è mai un metodo accettabile di pianificazione familiare, come del resto è stato riconosciuto consensualmente durante la Conferenza Internazionale delle Nazioni Unite sulla Popolazione svoltasi a Città del Messico nel 1984.


6. In breve, desidero sottolineare ancora una volta ciò che ho scritto nell'Enciclica Centesimus annus: "Occorre tornare a considerare la famiglia come il santuario della vita. Essa, infatti, è sacra: è il luogo in cui la vita, dono di Dio, può essere adeguatamente accolta e protetta contro i molteplici attacchi a cui è esposta, e può svilupparsi secondo le esigenze di un'autentica crescita umana. Contro la cosiddetta cultura della morte, la famiglia costituisce la sede della cultura della vita.

"L'ingegno dell'uomo sembra orientarsi, in questo campo, più a limitare, sopprimere o annullare le fonti della vita ricorrendo perfino all'aborto, purtroppo così diffuso nel mondo, che a difendere e ad aprire le possibilità della vita stessa" (CA 39).


7. Oltre a riaffermare il ruolo fondamentale della famiglia nella società, desidero rivolgere una particolare attenzione alla condizione dei bambini e delle donne, che troppo spesso sono i membri più vulnerabili delle nostre comunità. I bambini non devono essere trattati come un peso o un inconveniente ma dovrebbero essere amati in quanto portatori di speranza e promesse per il futuro. La cura, essenziale alla loro crescita e al loro sviluppo, deve venire principalmente dai loro genitori, tuttavia la società deve contribuire a sostenere la famiglia nei suoi bisogni e nei suoi sforzi per mantenere un ambiente sollecito in cui i figli possano crescere. La società dovrebbe promuovere "politiche sociali, che abbiano come principale obiettivo la famiglia stessa, aiutandola, mediante l'assegnazione di adeguate risorse e di efficienti strumenti di sostegno, sia nell'educazione dei figli sia nella cura degli anziani evitando il loro allontanamento dal nucleo familiare e rinsaldando i rapporti tra le generazioni" (CA 49).

Una società non può affermare di trattare i bambini con giustizia o di proteggere i loro interessi se le sue leggi non tutelano i loro diritti e non rispettano la responsabilità dei genitori per il loro benessere.


8. E' triste per la condizione umana che ancora oggi, alla fine del XX secolo, sia necessario affermare che ogni donna è uguale in dignità all'uomo ed è un membro a tutti gli effetti della famiglia umana, nell'ambito della quale essa occupa un posto importante ed ha una vocazione che è complementare ma in nessun modo inferiore a quella dell'uomo. Nella maggior parte dei paesi del mondo molto deve essere ancora fatto per soddisfare le esigenze relative all'educazione e alla salute delle adolescenti e delle giovani donne affinché possano realizzarsi pienamente nella società.

Nella famiglia che una donna crea con il marito, essa gode del ruolo unico e del privilegio della maternità. In particolar modo ha il compito di nutrire la nuova vita del bambino dal momento del concepimento. In particolare, la madre circonda il nuovo nato d'amore e di sicurezza e crea un ambiente adatto alla sua crescita e al suo sviluppo. La società non dovrebbe permettere che venga svilito il ruolo materno della donna o considerarlo un valore meno importante rispetto a altre possibilità. Si dovrebbe rivolgere una maggiore considerazione al ruolo sociale delle madri e si dovrebbero sostenere programmi volti ad abbassare il tasso di mortalità materna, fornendo cure prima, durante e dopo il parto, soddisfacendo i bisogni nutrizionali delle donne incinte e delle puerpere e aiutando le madri stesse a fornire cure preventive ai loro figli. A questo proposito bisognerebbe rivolgere l'attenzione ai benefici dell'allattamento naturale e della prevenzione delle malattie nei neonati così come alla maternità stessa e all'intervallo fra le nascite.


9. Lo studio su popolazione e sviluppo fa emergere inevitabilmente la questione delle implicazioni ambientali della crescita demografica. Anche l'ecologia è fondamentalmente una questione morale. Mentre la crescita demografica viene spesso biasimata per motivi ambientali, sappiamo che il problema è più complesso. I modelli di consumo e di spreco, in particolare nelle nazioni sviluppate, l'esaurimento delle risorse naturali, l'assenza di limiti o di salvaguardia in alcuni processi industriali o produttivi, danneggiano l'ambiente naturale.

La Conferenza del Cairo rivolgerà la dovuta attenzione alle malattie, alla mortalità e alla necessità di eliminare tutte le malattie letali. Sono stati fatti progressi che hanno portato a un aumento della durata della vita, ma bisogna anche fornire assistenza agli anziani e occuparsi del contributo che questi ultimi apporteranno alla società una volta in pensione. La società dovrebbe sviluppare strategie che soddisfino i loro bisogni relativi alla sicurezza sociale, all'assistenza sanitaria e alla loro attiva partecipazione alla vita della comunità.

Anche quello della migrazione è un aspetto importante nell'esame dei dati demografici e la comunità internazionale deve garantire che i diritti dei migranti vengano riconosciuti e tutelati. A questo proposito rivolgo una particolare attenzione alla situazione delle famiglie migranti. Lo stato ha il compito di garantire che alle famiglie di immigranti non manchi ciò che è generalmente garantito ai suoi cittadini così come di proteggerli da qualsiasi tentativo di emarginazione, intolleranza o razzismo e di promuovere un atteggiamento di autentica e attiva solidarietà in tale ambito (cfr. Messaggio per la Giornata Mondiale dei Migranti, 1993-1994, n. 1).

Mentre proseguono i preparativi per la Conferenza del Cairo, desidero assicurarLa, Segretario Generale, del fatto che la Santa Sede è pienamente consapevole della complessità delle questioni trattate. Proprio questa complessità esige da parte nostra un'attenta valutazione delle conseguenze che le strategie e le raccomandazioni proposte avranno per le generazioni presenti e future. In questo contesto, la bozza del documento finale della Conferenza del Cairo, che è già stata diffusa, è per me causa di grande preoccupazione. Nelle sue pagine non trovano posto o sono poco considerati molti dei principi che ho appena menzionato.

Infatti alcune delle sue proposte contraddicono alcuni principi etici fondamentali. Considerazioni ideologiche e politiche non possono costituire, da sole, la base di decisioni fondamentali per il futuro della nostra società. E' qui in discussione il futuro dell'umanità. Questioni fondamentali come la trasmissione della vita, la famiglia e lo sviluppo morale e materiale della società, devono essere prese seriamente in considerazione.

Ad esempio, la bozza del documento ignora completamente il consenso internazionale manifestato durante la Conferenza Internazionale sulla Popolazione svoltasi a Città del Messico nel 1984, sul fatto che "in nessun caso l'aborto deve essere promosso come metodo di pianificazione familiare". In effetti c'è la tendenza a promuovere il diritto internazionalmente riconosciuto a poter abortire su richiesta, senza alcuna restrizione e senza alcun riguardo verso i diritti dei nascituri, in un modo che supera ciò che anche ora purtroppo è ammesso dalle leggi di alcune nazioni. La visione della sessualità che ispira il documento è individualistica. Il matrimonio viene ignorato come se appartenesse al passato.

Un'istituzione così naturale, universale e fondamentale come la famiglia non può essere manipolata senza causare seri danni al tessuto e alla stabilità sociali.

La gravità delle sfide che i governi e, soprattutto i genitori devono affrontare nell'educazione delle giovani generazioni dimostrano che non possiamo abdicare alla nostra responsabilità di portare i giovani a una più profonda comprensione della loro dignità e della loro potenzialità di persone. Quale futuro proponiamo agli adolescenti se lasciamo che questi, nella loro immaturità, seguano i loro istinti senza prender in considerazione le implicazioni interpersonali e morali della loro condotta sessuale? Non abbiamo forse l'obbligo di renderli consapevoli dei danni e delle sofferenze a cui può condurli una condotta sessuale moralmente irresponsabile? Non è nostro compito sfidarli mediante un'etica esigente che rispetti pienamente la loro dignità e che li porti a quell'autocontrollo necessario per affrontare le molteplici esigenze della vita? Sono certo, Segretario Generale, che, nel restante periodo di preparazione alla Conferenza del Cairo, lei e i suoi collaboratori, così come le nazioni che parteciperanno alla conferenza stessa, rivolgeranno un'adeguata attenzione a queste questioni così importanti.

Nessuno dei temi che verranno discussi è soltanto di natura economica o demografica, ma, alla radice, ognuno di essi ha un profondo significato morale dalle ampie implicazioni. Per questo, il contributo della Santa Sede consisterà nel fornire un punto di vista etico sui temi trattati, sempre con la convinzione che gli sforzi dell'umanità volti a rispettare e a conformarsi al disegno provvidenziale di Dio sono l'unico mezzo per riuscire a edificare un mondo di uguaglianza, unità e pace autentiche.

Possa Dio Onnipotente illuminare tutti i partecipanti alla Conferenza.

Città del Vaticano, 18 marzo 1994.

Data: 1994-03-18 Data estesa: Venerdi 18 Marzo 1994





Visita "ad limina" - La traduzione del discorso del Papa ai Presuli della Conferenza Episcopale del Paese delle Antille

Titolo: "Siano soddisfatte le aspirazioni alla verità, alla giustizia, alla libertà e all'amore del popolo di Haiti"

Cari Fratelli nell'Episcopato,


1. Un anno e mezzo fa, quando la Provvidenza diresse i miei passi verso il Nuovo Mondo per le celebrazioni del quinto centenario dell'evangelizzazione del vostro continente, voi vi siete recati da me a Santo Domingo con una delegazione del vostro popolo. Oggi ci rivediamo in Vaticano in occasione della vostra visita ad limina e io sono molto felice di accogliervi qui. Ringrazio vivamente Monsignore François Gayot, Arcivescovo di Cap-Haïtien e Presidente della Conferenza Episcopale per le cordiali parole che mi ha rivolto a nome vostro.

Le visite presso le tombe degli Apostoli, fatte periodicamente dai vescovi in comunione con la Sede Apostolica, sono per le guide delle diocesi un mezzo per renderle più coscienti della loro responsabilità di successori degli Apostoli e per vivere più intensamente i vincoli che le uniscono al successore di Pietro. Esse sono dunque una manifestazione visibile della comunione vitale tra Chiesa di Roma e le Chiese particolari, così come l'espressione di una stessa sollecitudine pastorale operante nella Chiesa intera. Questa profonda comunione tra i pastori sta alla base di quella che unisce i fedeli ovunque nel mondo.


2. Se ho tenuto a ricordare il senso della visita ad limina e l'importanza della comunione ecclesiale, di cui essa è un segno, è per incoraggiarvi, cari Fratelli, a mantenere ben vivo ciò che è stato finora e dovrà sempre esserlo nel futuro l'autentica forza della Chiesa ad Haiti: la sua unione con le Chiese-Sorelle e, in particolar modo, la sua unione con il Successore di Pietro. Allentare questi vincoli di comunione ecclesiale significherebbe indebolire l'azione della Chiesa ad Haiti.

Nel ribardire ciò, sto pensando soprattutto ai vostri collaboratori immediati, i sacerdoti, e a tutti coloro che, in un modo o nell'altro, sono chiamati a collaborare con voi nell'opera d'evangelizzazione, conformemente alle vostre direttive per i diversi ambiti dell'apostolato; penso in particolare ai religiosi e alle religiose, che rappresentano una parte considerevole tra gli operai del Vangelo ad Haiti.

In effetti l'opera di evangelizzazione riguarda tutti i membri della Chiesa; essa presuppone una comunione di grazia, di spirito e di cuore, di sentimento e di azione. A questo proposito Papa Paolo VI scriveva: "Il testamento spirituale del Signore ci dice che l'unità tra i suoi seguaci non è soltanto la prova che noi siamo suoi, ma anche che egli è l'inviato del Padre, criterio di credibilità dei cristiani e di Cristo medesimo" (EN 77). Gli evangelizzatori devono dunque offrire - continuava il mio venerato predecessore - "l'immagine non di uomini divisi e separati da litigi che non edificano affatto, ma di persone mature nella fede, capaci di ritrovarsi insieme al di sopra delle tensioni concrete, grazie alla ricerca comune, sincera e disinteressata della verità" ().


3. Giunto a questo punto del mio discorso, cari Fratelli, desidero esprimervi tutta la mia stima per il modo in cui esercitate il vostro ministero nelle circostanze particolarmente difficili che voi vivete e desidero anche incoraggiarvi nel dono generoso di voi stessi al servizio del popolo che vi è stato affidato, cercando di superare i timori suscitati dalle difficoltà attuali del vostro Paese e rimanendo fisicamente vicini ai vostri fedeli affinché questi sentano concretamente la vostra solidarietà.

In effetti la lettura dei vostri resoconti quinquennali testimonia i numerosi ostacoli che dovete affrontare quotidianamente nello svolgere i vostri compiti: l'assenza di infrastrutture, che rendono difficili i vostri spostamenti, la mancanza di mezzi di comunicazione adeguati, che ostacolano gli scambi necessari tra di voi; a ciò si aggiungono gli assillanti problemi creati dall'instabilità politica e dall'embargo economico, e soprattutto lo spettacolo sconvolgente di un popolo che vive nel disagio, che si dibatte giorno per giorno per sopravvivere.

A questo proposito, mi sia permesso di rinnovare a tutte le componenti della società haitiana l'appello al dialogo che ho lanciato durante il mio incontro con i membri del Corpo diplomatico il 15 gennaio scorso, affinché si persegua insieme il vero bene della nazione! Spetta agli haitiani edificare il loro proprio futuro secondo i principi che avete rammentato loro recentemente.

Come pastori zelanti, continuate a confortare e a guidare il vostro popolo lungo il suo cammino, come l'avete fatto con il commovente messaggio di Natale che avete rivolto ai vostri fedeli e a tutti gli uomini di buona volontà.

Questo messaggio rivela ancora una volta la vostra preoccupazione, nell'attuale congiuntura del Paese, di venire in aiuto alle vostre comunità, di ridare loro speranza e di guidare la loro azione. Dinnanzi al deterioramento della qualità della vita, dinnanzi al non rispetto della dignità dell'uomo, dinnanzi al rifiuto del progresso, voi ricordate i principi fondamentali della morale cristiana e in particolare della dottrina sociale della Chiesa. Auspico che il vostro insegnamento sia compreso e messo in pratica affinché siano soddisfatte le aspirazioni alla verità, alla giustizia, alla libertà e all'amore, che stanno a cuore ai vostri compatrioti.

Come vi ho già detto a Santo Domingo, porto davanti a Dio le pene degli uni e degli altri, e vi assicuro nuovamente della mia sollecitudine paterna. E ripeto per gli abitanti di Haiti ciò che ho dichiarato riguardo alle popolazioni martoriate dei Balcani, durante la messa del 13 gennaio nella Basilica Vaticana: "Che non si sentano soli e abbandonati: non siete abbandonati, siamo con voi e saremo con voi e sempre più saremo con voi!".


4. La celebrazione dell'Anno della Famiglia mi offre naturalmente l'opportunità di dirvi una parola su questa "via" lungo la quale l'uomo è chiamato a camminare, "una via comune, pur rimanendo particolare, unica ed irripetibile, come irripetibile è ogni uomo; una via dalla quale l'essere umano non può distaccarsi" (LF 2).

La promozione della vita coniugale e delle strutture familiari secondo il disegno di Dio, di cui è incaricata la Chiesa, è uno dei vostri obiettivi pastorali più importanti. Lo scorso anno, visitando un'isola della vostra regione, la Giamaica, ho parlato del ruolo fondamentale della famiglia. Forme sistematiche di sfruttamento come la schiavitù hanno generato nella vostra società modelli di irresponsabilità sessuale e situazioni di vita non conformi alla dignità cristiana come il "plaçage". E' quindi opportuno che proclamiate a tempo e a controtempo l'insegnamento della Chiesa sulla famiglia.

L'alleanza matrimoniale, mediante la quale un uomo e una donna instaurano tra di loro un'intima comunità di vita e d'amore, è stata fondata e dotata delle sue proprie leggi dal Creatore. Per sua natura, essa è volta al bene dei coniugi così come alla procreazione e all'educazione dei figli. Per i battezzati, essa è stata elevata da Cristo alla dignità di sacramento. Inoltre la famiglia è atta, in modo unico, a comunicare valori culturali, etici, sociali e spirituali, essenziali allo sviluppo dell'uomo. Tutto ciò che avrete fatto per l'edificazione di famiglie autentiche produrrà a lungo termine frutti di giustizia, di felicità e di prosperità per il vostro Paese e per la Chiesa, oltre al risveglio di vocazioni sacerdotali o religiose, di cui le vere famiglie cristiane costituiscono il terreno più fertile.


5. La questione della formazione dei seminaristi e della costituzione di buoni gruppi di educatori per guidare i candidati al sacerdozio resta anch'esso per voi un compito prioritario.

Vi esorto ad affrontare questo problema con determinazione. E' un ambito molto importante poiché coinvolge il futuro della Chiesa. I vescovi sono i responsabili principali dei loro futuri collaboratori: è quindi normale che seguano da vicino l'andamento dei loro seminari. Il documento "Direttive sulla preparazione degli educatori nei seminari", pubblicato dalla Santa Sede il 4 novembre 1993, vi risulterà prezioso a tale fine.

Vi invito a restare fermi in ciò che concerne l'ammissione di candidati alla vita sacerdotale; conviene presentare loro fin dall'inizio le esigenze di tale stato. Le domande di ammissione ai seminari haitiani sono in aumento. Senza dubbio, considerate le attuali incertezze del Paese, alcuni giovani possono essere tentati a cercare rifugio nel seminario ed a ottenere così una promozione sociale.

Un approfondito discernimento delle chiamate di Dio diviene ancora più necessario.

Come raccomanda l'esortazione Pastores dabo vobis (cfr. PDV 60-62), auspico che il seminario sia veramente, nel cuore della Chiesa locale, "una comunità educativa in cammino" che forma i futuri sacerdoti mediante l'insegnamento e l'azione dei responsabili, ma anche grazie alla qualità della vita comunitaria diretta e animata spiritualmente da tutto il gruppo degli educatori. Più che un gruppo di studenti, la comunità del seminario è una comunità di discepoli di Cristo, unita nella celebrazione dell'Eucaristia, nell'ascolto della Parola di Dio, nella carità fraterna così come nella condivisione di aspirazione e di progetti apostolici.

Infine, è necessario che la formazione prosegua anche dopo l'ordinazione al fine di permettere ai sacerdoti di restare al passo con i loro tempi e di accettare le nuove sfide pastorali. Questa formazione può essere ottenuta non solo con i seminari o i corsi pratici ma anche con lo studio personale. A questo proposito, vi invito a cogliere l'opportunità che vi è stata offerta d'inviare a Roma alcuni dei vostri sacerdoti affinché vi ricevano un insegnamento complementare per l'arricchimento della loro vita sacerdotale.


6. L'importanza che l'infanzia e la gioventù rivestono per il futuro della Chiesa non può essere sottovalutata: voi ne siete coscienti. I giovani non devono essere guardati solo come l'oggetto della sollecitudine pastorale della Chiesa: infatti essi sono e devono essere incoraggiati a essere subito soggetti attivi dell'evangelizzazione e a partecipare in prima persona al rinnovamento sociale del Paese.

Con la loro sensibilità, i giovani percepiscono profondamente i valori di giustizia, di non violenza e di pace; il loro cuore è aperto alla fratellanza e alla solidarietà. Essi si mobilitano volentieri a favore di cause come la qualità della vita e la tutela della natura. Hanno anche le loro preoccupazioni e paure.

E' quindi opportuno avere una pastorale adatta ai loro bisogni per intraprendere con essi un dialogo cordiale e coraggioso, nella più grande chiarezza. Le attività per i giovani e le associazioni giovanili devono avere come fine non solo il benessere dei loro membri ma anche la formazione di testimoni della fede tra i loro coetanei.


7. Il compito dell'inculturazione, ossia il processo mediante il quale la fede cristiana s'incarna in una cultura, è inerente all'annuncio stesso del Vangelo. E' quindi per voi, pastori haitiani, una grande preoccupazione.

La popolazione di Haiti, dal noto fascino e dai reali talenti artistici, è attraversata da una corrente dominante che, a volte, tende a ridurre la cultura haitiana alle dimensioni del voodoo. Anche se prende a prestito numerosi elementi dall'espressione religiosa haitiana, il voodoo - lo riconoscete nei vostri resoconti - non si identifica con la cultura haitiana. Sarebbe persino pericoloso favorire, mediante esso, un nazionalismo di cattiva lega. E' un ambito che richiede da parte vostra un discernimento giudizioso e una grande prudenza, unitamente a una chiara presa di posizione per evitare il pericolo di confusione, d'eccletismo e di sincretismo religiosi.


8. In vista del Sinodo dei vescovi sulla Vita consacrata, invito i religiosi e le religiose di Haiti a un rinnovato approfondimento del senso del loro impegno. Sono in molti a dare in modo concreto un esempio ammirevole di dedizione e di grande vicinanza al popolo dei fedeli, facendosi portatori di speranza presso i più bisognosi.

Li esorto a proseguire, nella più perfetta comunione con voi che siete i pastori della Chiesa, la loro opera multiforme e benefica negli ambiti della catechesi, della sanità, dell'educazione, dell'assistenza, dell'azione sociale e della promozione umana. Essi dovranno anche continuare ad aiutare con voi i fedeli laici a crescere secondo i principi della fede, a approfondire le proprie conoscenze cristiane, a far fronte ai propri impegni nella vita sociale e politica, e a rispondere anche alle sfide del proselitismo delle sette.


9. Prima di concludere, desidero affidare alla vostra preghiera la prossima Assemblea Speciale per l'Africa del Sinodo dei Vescovi: è un avvenimento che interessa anche voi e al quale parteciperete mediante il vostro rappresentante, Monsignore Joseph Lafontant, Amministratore Apostolico "sede plena" di Port-au- Prince.

Infine rinnovo l'augurio che la Chiesa in Haiti resti più che mai, grazie alla sua unità, una forza spirituale e morale dalla crescente influenza.

In modo particolare auspico che si promuova una profonda attenzione per l'uomo e per il carattere sacro della vita. Insieme a voi prego affinché scompaia tutto ciò che alimenta la paura e l'odio, la divisione e l'ingiustizia. Lo chiedo a Dio per intercessione di Nostra Signora del Perpetuo Soccorso e di tutto cuore imparto a voi e alle vostre comunità diocesane la mia Benedizione Apostolica.

Data: 1994-03-18 Data estesa: Venerdi 18 Marzo 1994






GPII 1994 Insegnamenti - Udienza: Papa alla Signora Nafis Sadik, Segretario Generale della Conferenza Internazionale su Popolazione e Sviluppo 1994 - Città del Vaticano (Roma)