GPII 1994 Insegnamenti - Immacolata Concezione: la preghiera del Santo Padre con i romani in Piazza di Spagna ai piedi della Vergine - Roma

Immacolata Concezione: la preghiera del Santo Padre con i romani in Piazza di Spagna ai piedi della Vergine - Roma

Titolo: "Sin da bambino ho imparato a cantare il mistero dell'Immacolata Concezione"




1. "Ti saluto, o piena di grazia, il Signore è con te" (Lc 1,28).

O Regina Immacolata, seguendo una tradizione più che centenaria, ogni anno il popolo romano accorre qui, per incontrarti nel giorno della tua festa.

Anche noi siamo venuti qui oggi, per proclamare con tutta la Chiesa il mistero grande della tua Immacolata Concezione.

Perché chiamata ad esser Madre del Figlio di Dio, sei stata redenta nell'istante della tua concezione: mai la tua anima è stata sfiorata dall'eredità del peccato originale.

"Salve, Signora del mondo, Regina dei cieli; salve, Vergine delle vergini, Stella del mattino.

Salve, o piena di grazia, fulgida di luce divina; affrettati, o Signora, in aiuto del mondo.

"Ab eterno" il Signore ti ha predestinata quale Madre dell'Unigenito Verbo, mediante il quale ha creato la terra, il mare, i cieli; e ti ha adornato come sua splendida Sposa, non raggiunta dal peccato di Adamo".

Sin da bambino, in Polonia, ho imparato a cantare così nel "Piccolo Ufficio in onore dall'Immacolata Concezione di Maria Santissima".

Vi è espresso con linguaggio semplice e profondo il mistero dell'Immacolata Concezione.


2. "Salve, o piena di grazia, fulgida di luce divina; affrettati, o Signora, in aiuto del mondo...".

L'Immacolata che in questa Piazza si venera è la Fanciulla, la Vergine che nel Vangelo di Luca, dopo l'annuncio dell'Angelo, s'affretta per soccorrere la parente Elisabetta, in attesa di dare alla luce il suo primogenito (cfr. Lc 1,39-56).

Voglia la Vergine Santa estendere la sua sollecitudine ad ogni famiglia, soprattutto in questo anno che nella Chiesa e nel mondo celebriamo come Anno della Famiglia.

Ho chiesto questo, Madre di Dio, nella Lettera che all'inizio dell'anno, ho inviato alle famiglie del mondo intero.

Ti ho invitata ad affrettarti per recare ad ogni famiglia lo stesso messaggio di salvezza che portasti ad Elisabetta, nel giorno della Visitazione.

Nel corso di quest'anno, in diversi luoghi e momenti Ti abbiamo pregato, Madre di Dio, di accorrere in aiuto delle famiglie, specialmente di quelle che, per qualche ragione, sono esposte ad incombenti pericoli.

Come Madre della Santa Famiglia, Tu sai di poter essere invocata - sempre e non soltanto in quest'Anno - con particolare diritto da ogni famiglia desiderosa di essere ambiente di amore e di vita per ciascuno dei suoi membri, a cominciare dai più deboli e indifesi.

Nessuna forza umana possa distruggere il bene e la bellezza che la famiglia soltanto può innestare nei cuori delle nuove generazioni.


3. Oggi, mentre l'Anno della Famiglia volge al suo termine, desideriamo rendere grazie per tutto il bene che esso ha apportato alle famiglie del mondo intero.

Nello stesso tempo vogliamo chiederti, Madre di Dio, Vergine Immacolata, che il bene trionfi sull'umana debolezza e sui rischi della civiltà contemporanea, ogni volta che essa rifiuta di preservare e sostenere la dignità del matrimonio e della famiglia.

Madre della Famiglia di Nazaret, fa' che Dio continui ad essere la forza della famiglia! Madre del bell'amore, Immacolata Madre di Dio, sii con noi in ogni tempo! Amen.

(Al termine della preghiera il Santo Padre ha voluto sottolineare il momento vissuto con i fedeli in Piazza di Spagna, in un luogo cioè particolarmente significativo per i fedeli romani. Queste le sue parole:) Ci troviamo in un ambiente segnato da profondissimi misteri. Sopra di noi la Santissima Trinità, Trinità dei Monti, e qui, l'Immacolata. Si potrebbe prendere il Vangelo di Luca e leggere il capitolo in cui l'Evangelista descrive l'Annunciazione, e guardare verso la Santissima Trinità e verso questa giovane Vergine che riceve il grande messaggio, il più grande nella storia del mondo, il più importante per la nostra salvezza.

Hanno fatto bene i romani ad elevare qui, in questa Piazza di Spagna, la colonna dedicata all'Immacolata per ricordare i misteri, per ritrovare la dimensione profonda della loro vita, perché, carissimi fratelli e sorelle, la nostra vita è profondamente iscritta nei divini misteri. Là, sono le profondissime ragioni del nostro essere umano e cristiano.

Vorrei ringraziare ancora una volta voi tutti, che circondate sempre questa Colonna di Piazza di Spagna nel giorno dell'Immacolata, per contemplare i grandi misteri divini, per ritrovare le più profonde ragioni della nostra vita.

Sia lodato Gesù Cristo!

Data: 1994-12-08 Data estesa: Giovedi 8 Dicembre 1994





Lettera del Papa al Card. Vinko Puljic in occasione del 750° anniversario della Cattedrale di S. Pietro di Vrhbosna, Sarajevo - Città del Vaticano

Titolo: "La Chiesa di Sarajevo continui ad essere segno di dialogo di fronte all'odio e alla violenza. Non siete soli: è con voi il Successore di Pietro"

Al Venerato Fratello Cardinale VINKO PULJIC Arcivescovo di Vrhbosna La celebrazione del 750 anniversario dell'antica Cattedrale di san Pietro a Vrhbosna, oggi Sarajevo, mi offre l'occasione per rivolgermi, ancora una volta, alla cara Comunità cattolica di codesta Arcidiocesi, sempre presente nei miei pensieri e vicina al mio cuore. Saluto con particolare affetto Lei, venerato e caro Fratello Vinko Puljic, Pastore solerte e generoso, che in questa occasione riceve per la prima volta come Cardinale l'abbraccio dei suoi fedeli, Saluto il Vescovo Ausiliare, Mons. Pero Sudar, i Sacerdoti, i Religiosi, le Religiose e il popolo di Dio che vive nella Bosnia ed Erzegovina. "Grazia a voi e pace da parte di Dio Padre nostro e dal Signore Gesù Cristo" (Ga 1,3). Un saluto particolare vada anche ai concittadini ortodossi, ebrei e musulmani che si uniscono a queste celebrazioni.

Il 1244, anno della fondazione della Cattedrale di Vrhbosna, costituisce una tappa significativa per l'evangelizzazione in Bosnia ed Erzegovina. Il primo edificio, di cui resta solo l'altare, rivive nella Cattedrale del Sacro Cuore, quale segno della Chiesa di Dio pellegrina sulla terra.

Ma il ricordo dell'originaria Cattedrale, testimonianza concreta della fede dei Padri, rappresenta per i cattolici di oggi una grande occasione per affermare la propria identità e per guardare con speranza verso il futuro. In particolare l'altare, centro della Cattedrale di Vrhbosna, rimasto intatto nel corso di eventi spesso tragici, costituisce come una sorta di ammonimento: esso ricorda che per costruire un futuro di pace, di fratellanza e di giustizia occorre conservare intatto il cuore della propria cultura: la fede in Cristo.

"Voi siete l'edificio di Dio" (1Co 3,9). Queste parole dell'apostolo Paolo ben sottolineano il senso dell'odierna fausta ricorrenza. Nel tempio fatto di pietre, i vostri Padri nella fede hanno visto un segno tangibile della Chiesa viva, edificio spirituale che ha come pietra angolare lo stesso Cristo ed è costruita dagli Apostoli. In essa infatti, come ci ricorda il Concilio Vaticano II, "quali pietre viventi veniamo a formare su questa terra un tempio spirituale" (LG 6).

Nella liturgia la Chiesa viva si rivolge al Signore dicendo: "Tu ci hai dato la gioia di costruirti tra le nostre case una dimora dove continui a colmare di favori la tua famiglia pellegrina sulla terra e ci offri il segno e lo strumento della nostra comunione con te. In questo luogo santo, tu ci edifichi come tempio vivo e raduni e fai crescere come corpo del Signore la tua Chiesa diffusa nel mondo, finché raggiunga la sua pienezza nella visione di pace della città celeste, la santa Gerusalemme" (Prefazio della Dedicazione).

Convocato nel nome del Padre del Figlio e dello Spirito Santo, il Popolo di Dio riceve qui il dono della salvezza nei Sacramenti della fede e, mediante l'ascolto della Parola e la "frazione del Pane", si apre alle prospettive dell'amore di Dio e alla solidarietà verso i fratelli più poveri.

La fondazione dell'antica Cattedrale di Vrhbosna evoca, inoltre, il lungo cammino del popolo di Dio in terra di Bosnia ed Erzegovina e testimonia la fede conservata integra nel corso della storia anche in momenti di umiliazioni e di persecuzioni. "Non temere Sion, non lasciarti cadere le braccia, il Signore tuo Dio in mezzo a te è un salvatore potente" (So 3,16) proclama la Parola del Signore, per bocca del profeta Sofonia.

Venerato e caro Fratello nell'Episcopato, le presenti celebrazioni, alle soglie ormai del terzo millennio cristiano, siano per la vostra Chiesa occasione di una rinnovata, generosa risposta di fede alla chiamata del Signore: possa essa continuare ad essere segno di intesa e di dialogo di fronte all'odio ed alla violenza, miniera di vocazioni al servizio della nuova evangelizzazione, testimonianza di coraggiosa adesione allo spirito delle Beatitudini.

In questo compito, certamente non facile, non siete soli: è con voi il Successore di Pietro, vi sono vicini la Chiesa Cattolica e tanti uomini e donne di buona volontà che ogni giorno pregano e vi accompagnano con la loro fattiva solidarietà.

Affido la vostra Comunità di Vrhbosna, Sarajevo e tutta la Chiesa di Bosnia ed Erzegovina al Cuore Immacolato di Maria, nostra Madre. A Lei consegno le ferite, le sofferenze e le speranze del vostro Popolo: sia per tutti e per ciascuno di voi Madre di misericordia e Regina di Pace.

E come pegno dell'amore fedele di Dio nonché del mio particolare affetto, imparto di cuore alla vostra Arcidiocesi, al vostro Paese, ai cattolici presenti a Sarajevo, alle famiglie segnate dall'odio e dalla guerra, ai profughi ed agli esuli che sperano ardentemente di tornare nei loro paesi d'origine, la confortatrice Benedizione Apostolica.

Dal Vaticano, solennità dell'Immacolata Concezione della B.V. Maria, 8 dicembre 1994.


IOANNES PAULUS PP. II

Data: 1994-12-08 Data estesa: Giovedi 8 Dicembre 1994





Lettera al Vescovo di Nevers - Città del Vaticano

Titolo: Per il 500 della rivista di liturgia "La Maison-Dieu"

A Monsignor Michel Moutel Vescovo di Nevers Presidente della Commissione episcopale di Pastorale liturgica e sacramentale La rivista di liturgia La Maison-Dieu, celebra il cinquantesimo anniversario della sua fondazione.

Desidero unirmi a voi e a tutti quelli che collaborano a questa prestigiosa pubblicazione, per rendere grazie a Dio della considerevole opera compiuta, in particolare perché essa ha, per la sua chiarezza, saputo mostrare al popolo cristiano la grandezza della liturgia e sottolineare la sua dimensione spirituale.

Fin dalla sua fondazione per opera dei Padri Pie Duployé e Aymon-Marie Roguet nel 1945, "La Maison-Dieu" è stata uno degli agenti attivi del movimento liturgico da cui il Concilio Vaticano II ha raccolto i frutti.

Facendo appello ai migliori specialisti, la rivista ha per scopo l'approfondimento del tesoro della tradizione liturgica tramite lo studio della Parola di Dio nella proclamazione in seno alle assemblee ecclesiali, attraverso l'esame attento delle fonti storiche e attraverso una continua e sempre nuova riflessione sugli elementi costitutivi del culto divino.

Al seguito della promulgazione della Costituzione Sacrosanctum Concilium, La Maison-Dieu si è impegnata nella realizzazione della riforma liturgica.

Essa contribuisce alla comprensione del significato teologico e del valore pastorale dei nuovi libri liturgici e nello stesso tempo opera, nel loro utilizzo, il discernimento necessario. Nel corso degli anni, la rivista non cessa di portare un valido sostegno ai pastori e ai vari responsabili della liturgia nel dominio francofono.

Lo scopo della rivista così come del Centro nazionale di Pastorale liturgica resta il servizio di ciò che il Concilio chiama "il culmine verso cui tende l'azione della Chiesa e, al tempo stesso, la fonte da cui promana tutta la sua energia... La liturgia spinge i fedeli, nutriti dei "sacramenti pasquali", a vivere "in perfetta unione"; prega affinché "esprimano nella vita quanto hanno ricevuto mediante la fede"; la rinnovazione poi dell'alleanza di Dio con gli uomini nell'eucaristia introduce i fedeli nella pressante carità di Cristo e li infiamma con essa" (SC 10). Occorre incoraggiare la meditazione e la messa in pratica dell'insegnamento del Concilio Vaticano II.

Impegnarsi per una celebrazione degna e fedele della liturgia, significa lavorare affinché la Chiesa compia la sua missione. Come ho già detto, "esiste un legame strettissimo e organico tra il rinnovamento della liturgia e il rinnovamento di tutta la vita della Chiesa" (Lettera Dominicae Cenae, n. 13).

E un bene che la nuova pubblicazione si apra con una serie di studi sul tema "Liturgia e Santità".

Il Vaticano II sottolinea che "Giustamente la liturgia è considerata come l'esercizio della funzione sacerdotale di Gesù Cristo. In essa, la santificazione dell'uomo è significata per mezzo di segni sensibili e realizzata in modo proprio a ciascuno di essi; in essa il culto pubblico integrale è esercitato dal corpo mistico di Gesù Cristo..." (SC 7).

Mi auguro che i fedeli sappiano accogliere i preziosi doni che il Signore concede alla sua Chiesa attraverso la liturgia, opera di santificazione degli uomini e celebrazione della santità di Dio; appello alla sequela Christi e cammino di perfezione. Vivere intensamente la liturgia, fonte e culmine della vita cristiana, apre alla lode di Dio tre volte santo, all'offerta al Padre delle membra del Corpo unito al Cristo Capo, alla comunione fraterna e all'impeto missionario nello Spirito di santità.

Augurandovi di cuore un felice proseguimento nella missione ecclesiale, affidata alla "Maison-Dieu", imparto ai responsabili, ai collaboratori della rivista, ai lettori e agli amici, la Benedizione apostolica.

Vaticano, 8 dicembre 1994.

IOANNES PAULUS PP. II (Traduzione dal francese)

Data: 1994-12-08 Data estesa: Giovedi 8 Dicembre 1994





Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 1995 - Città del Vaticano

Titolo: La donna educatrice di pace




1. All'inizio del 1995, con lo sguardo proteso verso il nuovo millennio ormai vicino, rivolgo ancora una volta a voi tutti, uomini e donne di buona volontà, il mio appello accorato per la pace nel mondo.

La violenza che tante persone e popoli continuano a subire, le guerre che tuttora insanguinano numerose parti del mondo, l'ingiustizia che grava sulla vita di interi continenti non sono più tollerabili.

E tempo di passare dalle parole ai fatti: i singoli cittadini e le famiglie, i credenti e le Chiese, gli Stati e gli Organismi Internazionali, tutti si sentano chiamati a porre mano con rinnovato impegno alla promozione della pace! Ben sappiamo quanto quest'opera sia difficile. Essa infatti, per essere efficace e duratura, non può limitarsi agli aspetti esteriori della convivenza, ma deve piuttosto incidere sugli animi e far leva su una rinnovata coscienza della dignità umana. Bisogna riaffermarlo con forza: una vera pace non è possibile se non si promuove, a tutti i livelli, il riconoscimento della dignità della persona umana, offrendo ad ogni individuo la possibilità di vivere in conformità con questa dignità. "In una convivenza ordinata e feconda, va posto come fondamento il principio che ogni essere umano è persona, cioè una natura dotata di intelligenza e di volontà libera; e quindi è soggetto di diritti e di doveri che scaturiscono immediatamente e simultaneamente dalla sua stessa natura; diritti e doveri che sono perciò universali, inviolabili, inalienabili" (Giovanni XXIII, Lett. enc. Pacem in terris (11 aprile 1963), PT 1: AAS 55 (1963), 259).

Questa verità sull'uomo è la chiave di volta per la soluzione di tutti i problemi che riguardano la promozione della pace. Educare a questa verità è una delle più feconde e durevoli vie per affermare il valore della pace.


2. Educare alla pace significa far dischiudere le menti e i cuori all'accoglienza dei valori indicati da Papa Giovanni XXIII nell'Enciclica Pacem in terris come basilari per una società pacifica: la verità, la giustizia, l'amore, la libertà (cfr. l.c., 259-264). Si tratta di un progetto educativo che coinvolge tutta la vita e dura per tutta la vita. Esso fa della persona un essere responsabile di sé e degli altri, capace di promuovere, con coraggio e intelligenza, il bene di tutto l'uomo e di tutti gli uomini, come ebbe a sottolineare anche il Papa Paolo VI nell'Enciclica Populorum Progressio (cfr. Paolo VI, Lett. enc. Populorum Progressio (26 marzo 1967), PP 14: AAS 59 (1967), 264). Questa formazione alla pace sarà tanto più efficace, quanto più convergente risulterà l'azione di coloro che, a diverso titolo, condividono responsabilità educative e sociali. Il tempo dedicato all'educazione è il meglio impiegato, perché decide del futuro della persona e, conseguentemente, della famiglia e dell'intera società.

In questa prospettiva desidero rivolgere il Messaggio per la presente Giornata della Pace soprattutto alle donne, chiedendo loro di farsi educatrici di pace con tutto il loro essere e con tutto il loro operare: siano testimoni, messaggere, maestre di pace nei rapporti tra le persone e le generazioni, nella famiglia, nella vita culturale, sociale e politica delle nazioni, in modo particolare nelle situazioni di conflitto e di guerra. Possano continuare il cammino verso la pace già intrapreso prima di loro da molte donne coraggiose e lungimiranti!


3. Questo invito particolarmente rivolto alla donna perché si faccia educatrice di pace poggia sulla considerazione che ad essa Dio "affida in modo speciale l'uomo, l'essere umano" (Giovanni Paolo II, Lett. ap. Mulieris Dignitatem (15 agosto 1988), MD 30: AAS 80 (1988), 1725). Ciò non va tuttavia inteso in senso esclusivo, ma piuttosto secondo la logica di ruoli complementari nella comune vocazione all'amore, che chiama gli uomini e le donne ad aspirare concordemente alla pace e a costruirla insieme. Fin dalle prime pagine della Bibbia, infatti, è mirabilmente espresso il progetto di Dio: Egli ha voluto che tra l'uomo e la donna vigesse un rapporto di profonda comunione, nella perfetta reciprocità di conoscenza e di dono (cfr. CEC 371). Nella donna, l'uomo trova un'interlocutrice con cui dialogare sul piano della totale parità. Questa aspirazione, non soddisfatta da alcun altro essere vivente, spiega il grido di ammirazione che esce spontaneo dalla bocca dell'uomo quando la donna, secondo il suggestivo simbolismo biblico, fu plasmata da una sua costola. "Questa volta essa è carne dalla mia carne e osso dalle mie ossa" (Gn 2,23). E il primo grido di amore risuonato sulla terra! Se l'uomo e la donna sono fatti l'uno per l'altro, ciò non significa che Dio li abbia creati incompleti. Dio "li ha creati per una comunione di persone, nella quale ognuno può essere "aiuto" per l'altro, perché sono ad un tempo uguali in quanto persone ("osso dalle mie ossa...") e complementari in quanto maschio e femmina" (CEC 372). Reciprocità e complementarità sono le due caratteristiche fondamentali della coppia umana.


4. Purtroppo, una lunga storia di peccato ha turbato e continua a turbare l'originario progetto di Dio sulla coppia, sull'"essere-uomo" e sull'"essere-donna", impedendone la piena realizzazione. Bisogna ad esso ritornare, annunciandolo con vigore, perché soprattutto le donne, che più hanno sofferto per tale mancata realizzazione, possano finalmente esprimere in pienezza la loro femminilità e la loro dignità.

Per la verità, nel nostro tempo le donne hanno compiuto passi importanti in questa direzione, giungendo ad esprimersi a livelli rilevanti nella vita culturale, sociale, economica e politica, oltre che, ovviamente, nella vita familiare. E stato un cammino difficile e complesso e, qualche volta, non privo di errori, ma sostanzialmente positivo, anche se ancora incompiuto per i tanti ostacoli che, in varie parti del mondo, si frappongono a che la donna sia riconosciuta, rispettata, valorizzata nella sua peculiare dignità (cfr. Giovanni Paolo II, Lett. ap. Mulieris Dignitatem (15 agosto 1988), MD 29: AAS 80 (1988), 1723). La costruzione della pace, in effetti, non può prescindere dal riconoscimento e dalla promozione della dignità personale delle donne, chiamate a svolgere un compito insostituibile proprio nell'educazione alla pace. Rivolgo perciò a tutti un pressante invito a riflettere sull'importanza decisiva del ruolo delle donne nella famiglia e nella società e ad ascoltare le aspirazioni di pace che esse esprimono con parole e gesti e, nei momenti più drammatici, con la muta eloquenza del loro dolore.


5. Per educare alla pace, la donna deve innanzitutto coltivarla in se stessa. La pace interiore viene dal sapersi amati da Dio e dalla volontà di corrispondere al suo amore. La storia è ricca di mirabili esempi di donne che, sostenute da questa coscienza, hanno saputo affrontare con successo difficili situazioni di sfruttamento, di discriminazione, di violenza e di guerra.

Molte donne, specie a causa dei condizionamenti sociali e culturali, non giungono pero ad una piena consapevolezza della loro dignità. Altre sono vittime di una mentalità materialistica ed edonistica che le considera un puro strumento di piacere e non esita ad organizzarne lo sfruttamento con ignobile commercio, persino in giovanissima età. Ad esse va rivolta un'attenzione speciale soprattutto da parte di quelle donne che, per educazione e sensibilità, sono in grado di aiutarle a scoprire la propria ricchezza interiore. Le donne aiutino le donne, traendo sostegno dal prezioso ed efficace contributo che associazioni, movimenti e gruppi, molti dei quali di ispirazione religiosa, hanno mostrato di saper offrire a questo fine.


6. Nell'educazione dei figli ha un ruolo di primissimo piano la madre. Per il rapporto speciale che la lega al bambino soprattutto nei primi anni di vita, essa gli offre quel senso di sicurezza e di fiducia senza il quale gli sarebbe difficile sviluppare correttamente la propria identità personale e, successivamente, stabilire relazioni positive e feconde con gli altri. Questa originaria relazione tra madre e figlio ha inoltre una valenza educativa tutta particolare sul piano religioso, perché permette di orientare a Dio la mente e il cuore del bambino molto prima che inizi una formale educazione religiosa.

In questo compito, decisivo e delicato, nessuna madre deve essere lasciata sola. I figli hanno bisogno della presenza e della cura di entrambi i genitori, i quali realizzano il loro compito educativo innanzitutto mediante l'influsso derivante dal loro comportamento. La qualità del rapporto che si stabilisce tra gli sposi incide profondamente sulla psicologia del figlio e condiziona non poco le relazioni che egli stabilisce con l'ambiente circostante, come anche quelle che intreccerà lungo l'arco della sua esistenza.

Questa prima educazione è di capitale importanza. Se i rapporti con i genitori e con gli altri familiari sono contrassegnati da una relazionalità affettuosa e positiva, i bambini imparano dalla viva esperienza i valori che promuovono la pace: l'amore per la verità e la giustizia, il senso di una libertà responsabile, la stima e il rispetto dell'altro. Al tempo stesso, crescendo in un ambiente accogliente e caldo, essi hanno la possibilità di percepire, riflesso nelle loro relazioni familiari, l'amore stesso di Dio e questo li fa maturare in un clima spirituale capace di orientarli all'apertura verso gli altri e al dono di sé al prossimo. L'educazione alla pace, naturalmente, continua in ogni periodo dello sviluppo ed è particolarmente da coltivare nella difficile fase dell'adolescenza, nella quale il passaggio dall'infanzia all'età adulta non è senza rischi per gli adolescenti, chiamati a scelte decisive per la vita.


7. Di fronte alla sfida dell'educazione, la famiglia si presenta come "la prima e fondamentale scuola di socialità" (Giovanni Paolo II, Esort. ap. Familiaris Consortio (22 novembre 1981), FC 37: AAS 74 (1982), 127), la prima e fondamentale scuola di pace. Non è pertanto difficile intuire le conseguenze drammatiche alle quali si va incontro quando la famiglia è segnata da crisi profonde che ne minano o addirittura ne sconvolgono gli interni equilibri. Spesso, in queste circostanze, le donne sono lasciate sole. E necessario invece che, proprio allora, esse siano adeguatamente aiutate non solo dalla concreta solidarietà di altre famiglie, di comunità a carattere religioso, di gruppi di volontariato, ma anche dallo Stato e dalle Organizzazioni Internazionali mediante appropriate strutture di supporto umano, sociale ed economico che consentano loro di far fronte alle necessità dei figli, senza essere costrette a privarli oltre misura della loro indispensabile presenza.


8. Un altro serio problema si registra là dove perdura la consuetudine intollerabile di discriminare, fin dai primissimi anni, bambini e bambine. Se le bambine, già nella più tenera età, vengono emarginate o considerate di minor valore, sarà gravemente intaccato il senso della loro dignità e inevitabilmente compromesso il loro armonioso sviluppo. L'iniziale discriminazione si ripercuoterà su tutta la loro esistenza, impedendo un pieno inserimento nella vita sociale.

Come dunque non riconoscere e incoraggiare l'opera inestimabile di tante donne, come pure di tante Congregazioni religiose femminili, che nei vari continenti e in ogni contesto culturale fanno dell'educazione delle bambine e delle donne lo scopo precipuo del loro servizio? Come non ricordare altresi con animo grato tutte le donne che hanno operato e continuano ad operare sul fronte della salute, spesso in circostanze assai precarie, riuscendo non di rado ad assicurare la sopravvivenza stessa di innumerevoli bambine?


9. Quando le donne hanno la possibilità di trasmettere in pienezza i loro doni all'intera comunità, la stessa modalità con cui la società si comprende e si organizza ne risulta positivamente trasformata, giungendo a riflettere meglio la sostanziale unità della famiglia umana. Sta qui la premessa più valida per il consolidamento di un'autentica pace. E dunque un benefico processo quello della crescente presenza delle donne nella vita sociale, economica e politica a livello locale, nazionale e internazionale. Le donne hanno pieno diritto di inserirsi attivamente in tutti gli ambiti pubblici e il loro diritto va affermato e protetto anche attraverso strumenti legali laddove si rivelino necessari.

Il riconoscimento del ruolo pubblico delle donne non deve, tuttavia, sminuirne quello insostituibile all'interno della famiglia: qui il loro contributo al bene e al progresso sociale, anche se poco considerato, è di valore veramente inestimabile. In proposito, non mi stanchero mai di chiedere che si compiano decisivi passi in avanti in ordine al riconoscimento e alla promozione di così importante realtà.


10. Assistiamo oggi, attoniti e preoccupati, al drammatico "crescendo" di ogni tipo di violenza: non solo singoli individui, ma interi gruppi sembrano aver smarrito ogni senso di rispetto nei confronti della vita umana. Le donne e perfino i bambini sono, purtroppo, tra le vittime più frequenti di tale cieca violenza. Si tratta di forme esecrabili di barbarie che ripugnano profondamente alla coscienza umana.

Tutti siamo interpellati a fare il possibile per allontanare dalla società non soltanto la tragedia della guerra, ma anche ogni violazione dei diritti umani, a partire da quello indiscutibile alla vita, di cui la persona è depositaria fin dal suo concepimento. Nella violazione del diritto alla vita del singolo essere umano è contenuta in germe anche l'estrema violenza della guerra.

Chiedo pertanto alle donne di schierarsi tutte e sempre dalla parte della vita; e chiedo al tempo stesso a tutti di aiutare le donne che soffrono e in particolare, i bambini, specialmente quelli segnati dal trauma doloroso di esperienze belliche sconvolgenti: solo l'attenzione amorevole e premurosa potrà far si che essi tornino a guardare al futuro con fiducia e speranza.


1l. Quando il mio amato predecessore Papa Giovanni XXIII individuo nella partecipazione delle donne alla vita pubblica uno dei segni del nostro tempo non manco di annunciare che esse, consapevoli della loro dignità, non avrebbero più tollerato di essere trattate in maniera strumentale (cfr. Giovanni XXIII, Lett. enc. Pacem in terris (11 aprile 1963), PT 1 I: AAS 55 (1963), 267-268).

Le donne hanno il diritto di esigere che la loro dignità venga rispettata. Allo stesso tempo, esse hanno il dovere di lavorare per la promozione della dignità di tutte le persone, degli uomini come delle donne.

In questa prospettiva auspico che le numerose iniziative internazionali previste per il 1995 - di esse alcune saranno dedicate specificamente alla donna, come la Conferenza Mondiale promossa dalle Nazioni Unite a Pechino sul tema dell'azione per l'uguaglianza, lo sviluppo e la pace - costituiscano un'occasione importante per umanizzare i rapporti interpersonali e sociali nel segno della pace.


12. Maria, Regina della pace, con la sua maternità, con l'esempio della sua disponibilità ai bisogni degli altri, con la testimonianza del suo dolore è vicina alle donne del nostro tempo. Ella visse con profondo senso di responsabilità il progetto che Dio intendeva realizzare in lei per la salvezza dell'intera umanità.

Consapevole del prodigio che Dio aveva operato in lei, rendendola Madre del suo Figlio fatto uomo, come primo pensiero ebbe quello di andare a visitare l'anziana cugina Elisabetta per prestarle i suoi servizi. L'incontro le offri l'occasione di esprimere, col mirabile canto del Magnificat (Lc 1,46-55) la sua gratitudine a Dio che con lei e attraverso di lei aveva dato avvio ad una nuova creazione, ad una storia nuova.

Chiedo alla Vergine Santissima di sostenere gli uomini e le donne che, servendo la vita, s'impegnano a costruire la pace. Con il suo aiuto possano testimoniare a tutti, specialmente a coloro che vivendo nell'oscurità e nella sofferenza hanno fame e sete di giustizia, la presenza amorevole del Dio della pace! Dal Vaticano, 8 dicembre dell'anno 1994.


IOANNES PAULUS PP. II

Data: 1994-12-08 Data estesa: Giovedi 8 Dicembre 1994





Udienza: il discorso del Papa all'Associazione Medici Cattolic Italiani ricevuti in occasione del 50° di fondazione - Città del Vaticano

Titolo: La vostra opera è una forma privilegiata di solidarietà umana e di testimonianza cristiana




1. Sono veramente lieto di rivolgere il mio saluto e la mia parola a voi tutti, carissimi Fratelli e Sorelle, riuniti a Roma per ricordare, con pregevoli iniziative - prima fra tutte il vostro ventesimo Congresso Nazionale, del quale saluto gli Illustri Relatori - il cinquantesimo anniversario di fondazione dell'Associazione dei Medici Cattolici Italiani.

Un particolare saluto dirigo al vostro Assistente Ecclesiastico, il Signor Cardinale Fiorenzo Angelini, che dal 1959 condivide con voi la vita dell'Associazione animandola con sempre giovanile entusiasmo, ai Soci Fondatori qui presenti, i Professori Luigi Gedda ed Agostino Maltarello, al vostro Presidente Professor Domenico Di Virgilio, ai membri della Presidenza e del Consiglio Nazionale, ai Delegati Regionali, nonché agli Illustri Soci già Presidenti nazionali.


2. Per misterioso disegno divino, tra le tante grazie di cui il Signore ha voluto arricchire il mio Pontificato, ho avuto anche quella, che ritengo del tutto peculiare, di un particolare rapporto con voi medici. Consentitemi, quindi, di sentirmi "in famiglia" tra voi, di alcuni dei quali ho anche avuto l'opportunità di conoscere direttamente la grande perizia professionale, la profonda umanità, lo spirito di sacrificio e di dedizione.

Citando il passo biblico "Sii deferente al medico, poiché... anch'egli è stato istituito da Dio" (Si 38,1), il mio venerato predecessore Pio XII, che tanto ebbe a cuore la vostra Associazione, affermava: "Il medico è un dono di Dio; per tale motivo egli ha diritto non solo agli onori ed alla stima degli uomini, ma anche alla loro riconoscenza e alla loro fiducia" (Discorsi e radiomessaggi di Sua Santità Pio XII, vol. XIV, p. 107).

A questo doveroso riconoscimento mi associo di cuore, consapevole e grato di aver potuto anch'io beneficiare di questo "dono di Dio".


3. Voi vi professate e siete medici cattolici. Come ebbi a ricordare in altra circostanza, "è una qualifica, questa di cattolici, che vi impegna a testimoniare con la parola e con l'esempio la fede in una vita che trascende la vicenda terrena e si colloca in un disegno superiore e divino" (, vol. V/3, 1982, p. 675).

La vostra opera, quindi, è una forma privilegiata di solidarietà umana e di testimonianza cristiana. Voi qualificate il vostro lavoro arricchendolo con lo spirito di fede. Questo non compromette la vostra collaborazione con coloro che - forse in una diversa prospettiva religiosa o senza alcuna opinione certa sulle questioni religiose - riconoscono la dignità e l'eccellenza della persona umana quale criterio della loro attività. La Chiesa è per la vita e la sua preoccupazione è che nulla sia contro la vita nella realtà di una esistenza concreta, per quanto debole o priva di difese, per quanto non sviluppata o poco avanzata.

Essere medici cattolici, quindi, è sentirsi operatori sanitari che dalla fede e dalla comunione con la Chiesa ricevono sprone a rendere sempre più matura la propria formazione cristiana e professionale, infaticabile la propria dedizione, inesauribile il bisogno di penetrare e conoscere - secondo la preziosa indicazione della Humanae vitae (cfr. HV 24) - le leggi della natura per meglio servire la vita.


4. Conosco la fedeltà, il coraggio, la coerenza con cui la vostra Associazione, nel corso dei suoi cinquant'anni di vita, ha tenuto fede al suo impegno cattolico rispettando rigorosamente la finalità statutaria di recepire, attuare e diffondere l'insegnamento della Chiesa e le direttive del suo Magistero nel campo medico-morale. Questo, che avete sempre considerato come il vostro criterio di riconoscimento, ha dato prove esemplari ogni qual volta siete stati chiamati ad offrire la vostra collaborazione all'azione ministeriale e pastorale della Chiesa nel difendere la vita umana dal suo concepimento fino al suo termine naturale, la qualità dell'esistenza, il rispetto dei più deboli, l'umanizzazione della medicina e la sua piena socializzazione. Questa fedeltà ha richiesto e richiede sacrifici che, in particolari circostanze, possono giungere all'eroismo, come quando il servizio alla verità vi obbliga alla doverosa obiezione di coscienza.


5. La Chiesa è consapevole dell'importanza della vostra partecipazione attiva alla sua vita e alla sua missione. Tale azione - come ha dichiarato il Concilio Vaticano II - è "talmente necessaria che, senza di essa, lo stesso apostolato dei Pastori non può per lo più raggiungere la sua piena efficacia" (Decreto AA 10). Oggi particolarmente si avverte la necessità e l'urgenza che questa azione si presenti con carattere di inconfondibile chiarezza sul piano sia della testimonianza personale che della testimonianza associativa.

La Carta degli Operatori Sanitari, recentemente pubblicata dal Pontificio Consiglio della Pastorale per gli Operatori Sanitari dopo diligente e meditata preparazione, traccia con grande chiarezza di lineamenti la figura di chi (medico, farmacista, infermiere religioso o laico, volontario dell'assistenza sanitaria) è chiamato a svolgere la sua professione nella realtà attuale, contrassegnata dal crescente ed obbligato coinvolgimento nei complessi problemi della bioetica.

La Chiesa ha dettato, al riguardo, chiare direttive. L'impegno del medico, che si professa cattolico e che vuole far parte di una Associazione riconosciuta dall'Autorità ecclesiastica quale forma di apostolato dei laici, non può non comportare l'accettazione di una norma statutaria che contempla l'adesione piena e costante ai principi della dottrina cattolica e alle direttive del magistero della Chiesa particolarmente in materia di bioetica.


6. La fedeltà alle direttive del Magistero è stata nel passato salvaguardia di unità, fattore di crescita, qualifica di coerenza e criterio di riconoscimento della vostra Associazione. Deve continuare ad esserlo anche per il futuro. Ciò è tanto più necessario in un tempo in cui la vostra testimonianza è chiamata a farsi trasparente e inconfondibile, nella sicurezza che la Chiesa è accanto alla scienza nella sua incessante ricerca. Infatti "lo sviluppo della scienza e della tecnica, splendida testimonianza della capacità dell'intelligenza e della tenacia degli uomini, non dispensa dagli interrogativi religiosi ultimi l'umanità, ma piuttosto la stimola ad affrontare le lotte più dolorose e decisive, quelle del cuore e della coscienza morale" (Lett. enc. VS 1).

Nessuno scontro, quindi, tra scienza e fede nel campo della ricerca e della prassi medica di fronte alle sfide della bioetica, ma piuttosto fecondo incontro, propiziato dalla comune finalità di celebrare nell'uomo quella vita che è dono di Dio. In questo senso, il vostro servizio alla vita diventa una forma qualificante di apostolato che ben può inserirsi nell'impegno della nuova evangelizzazione. perciò, dieci anni orsono volli istituire il Pontificio Consiglio della Pastorale per gli Operatori Sanitari che, per esplicita finalità, recepisce e dilata, sul piano della pastorale sanitaria, la testimonianza cristiana resa sia da voi medici cattolici sia da tutti coloro che operano nel campo della sanità e della salute (cfr. Motu proprio Dolentium hominum, 6).

Considerate, quindi, il Pontificio Consiglio come il vostro Dicastero, il primo e più efficace referente della dimensione apostolica del vostro impegno di medici cattolici, particolarmente per quanto riguarda il sempre più stretto ed efficace coordinamento con le altre Associazioni internazionali e nazionali di Medici cattolici.


7. La vostra Associazione gode di una sorta di primogenitura anagrafica rispetto alle Associazioni consimili via via sorte nel mondo. Sul vostro esempio, ed anche per vostra sollecitudine, si costituirono la Federazione Europea delle Associazioni dei Medici Cattolici (FEAMC) e la Federazione Internazionale delle Associazioni dei Medici Cattolici (FIAMC) all'interno delle quali voi siete autorevolmente rappresentati.

Questo vi impegna ad essere di esempio nell'esercizio della professione.

Molti occhi sono puntati su di voi. Le vostre parole, i vostri gesti, i vostri consigli, le vostre scelte hanno un'eco che travalica il campo strettamente professionale e diventa, se coerente, testimonianza di fede vissuta. La professione assurge così alla dignità di vero e proprio apostolato. Vi è infatti - come rilevavo già anni addietro - "una necessaria interazione tra esercizio della professione medica ed azione pastorale, poiché unico oggetto di entrambe è l'uomo, colto nella sua dignità di figlio di Dio, di fratello bisognoso al pari di noi di aiuto e di conforto" (, vol. V/3, 1982, p. 676).

E questo si conferma particolarmente vero nei settori più strettamente connessi con la promozione e la difesa della vita, ove sono in gioco leggi che ne regolano la trasmissione e la salvaguardia.


8. I cinquant'anni di vita della vostra benemerita Associazione siano sentiti da tutti non come un semplice dato storico, ma come una tappa significativa che vi impegna ad un ulteriore cammino di crescita e di maturazione per poter assumere, in un mondo sempre più socializzato, compiti progressivamente più delicati e complessi. Apritevi alla collaborazione con tutte le persone e le istituzioni che con voi condividono l'amore alla vita e si adoperano per servirla nella sua dignità, sacralità e inviolabilità. In particolare, sappiate armonizzare i vostri sforzi con quelli dei sacerdoti, dei religiosi e delle religiose e di tutti gli operatori della pastorale sanitaria, ponendovi insieme con loro accanto alle persone che soffrono: esse hanno grande bisogno dell'apporto vostro e loro. Siate ministri, oltre che di cure, di fraterna carità, trasmettendo a quanti avvicinate, con l'apporto delle vostre conoscenze, la ricchezza del vostro "cuore".

L'augurio cordiale, che porgo singolarmente a ciascuno di voi, è che sappiate essere accanto a coloro che assistete con la stessa premura con cui alcuni di voi sono stati accanto a me quando ho avuto bisogno delle loro cure.

Insieme alla scuola della sofferenza assegnatami da Dio, ho potuto frequentare la scuola di umanità di cui i medici che mi hanno assistito sono stati veri maestri.

La Vergine Santissima, che la vostra Associazione venera particolarmente come Salus Infirmorum e Mater Scientiae, benedica i propositi con i quali - a ricordo efficace dei vostri primi cinquant'anni di vita - intendete predisporre l'azione futura.

In pegno di questo cordiale augurio e con l'implorazione dell'assistenza divina su voi, sui vostri familiari, sull'intera Associazione dei Medici Cattolici Italiani, a tutti imparto la mia affettuosa Benedizione.

Data: 1994-12-09 Data estesa: Venerdi 9 Dicembre 1994






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