GPII 1994 Insegnamenti - Udienza: Giovanni Paolo II alle famiglie del Cammino Neocatecumenale - Città del Vaticano

Udienza: Giovanni Paolo II alle famiglie del Cammino Neocatecumenale - Città del Vaticano

Titolo: "Famiglie per le famiglie" in un profondo vincolo di unità e in un vivo slancio missionario

Carissimi Fratelli e Sorelle!


1. Siate i benvenuti nella Sede di Pietro, che oggi diventa per molti di voi come un porto da cui sciogliere le vele: siete infatti venuti per uno speciale mandato missionario, che riguarda direttamente oltre duecento famiglie, ma che giustamente coinvolge anche le rispettive comunità di appartenenza.

Non è questo il primo incontro del Papa con le famiglie del Cammino Neocatecumenale. In varie altre occasioni ho potuto vedere gruppi del Movimento.

Ricordo, in particolare, l'incontro del 1988, a Porto San Giorgio, quando celebrai con voi l'Eucaristia nella Festa della Santa Famiglia, e consegnai il crocifisso a 72 famiglie in partenza per il servizio itinerante. In quella circostanza vi parlai della Trinità in missione e della famiglia in missione.

A quell'incontro si collega l'attuale, che giunge pero arricchito dal cammino di questi anni in cui la Chiesa ha affrettato il passo verso il terzo millennio cristiano. Oggi, poi, ci collochiamo su uno sfondo ben preciso: l'Anno della Famiglia, che volge ormai al termine e che ha vissuto il suo momento culminante l'8 e il 9 ottobre scorso, quando in Piazza San Pietro si raccolsero numerosissime famiglie provenienti da tutto il mondo.

Guardando in avanti, vediamo ormai vicino il grande Giubileo del 2000, per la cui preparazione ho indirizzato a tutto il popolo di Dio la Lettera Apostolica Tertio Millennio adveniente. La Chiesa, Famiglia di famiglie, è decisamente incamminata verso tale traguardo, ed è molto importante che essa vi giunga quanto più possibile unita e missionaria, stretta dalla carità intorno all'unico Signore e al tempo stesso proiettata dal suo Santo Spirito all'evangelizzazione del mondo.


2. L'Anno della Famiglia ha costituito per tutta la Chiesa anzitutto una corale professione di fede delle famiglie in Dio Creatore, Redentore e Santificatore della vita. In questo Anno sta emergendo con forza alla coscienza della Chiesa e agli occhi del mondo la dimensione familiare di quella che il Vaticano II chiama "partecipazione dei laici alla funzione profetica del Cristo" (LG 35). La famiglia, in quanto "piccola chiesa" e "comunità domestica", è chiamata ad esercitare un servizio sacerdotale, profetico e regale. E' quanto il Concilio espressamente sottolinea: "In questo ordine di funzioni appare di grande valore quello stato di vita che è santificato da uno speciale sacramento: la vita matrimoniale e familiare" ().

Le radici di tale vocazione si trovano naturalmente nel Battesimo, e il Cammino Neocatecumenale consiste proprio in un itinerario di riscoperta del Battesimo. E' molto significativo, perciò, che nelle Comunità si impegnino non solo singole persone, ma anche famiglie, disposte ad affrontare di comune accordo, senza venir meno ai doveri del patto coniugale, le difficoltà e le responsabilità che un simile compito comporta.


3. Oggi, cari Fratelli e Sorelle, siete qui per testimoniare proprio la dimensione missionaria e profetica del vostro cammino di fede. E volete sottolineare che questa dimensione missionaria investe la famiglia in quanto tale, giacché la rinascita battesimale non ne tocca i componenti solo singolarmente, ma li coinvolge tutti insieme impegnandoli come comunità familiare in un più profondo vincolo di unità nella carità e in un più vivo slancio missionario.

Ecco, carissimi, ciò che sta alla radice della vostra "partenza". Non dimenticatelo mai! Il Crocifisso che riceverete vi ricordi ogni giorno che, se siete partiti in missione, è perché voi per primi siete stati raggiunti e rinnovati dall'amore misericordioso di Dio, come famiglie per le famiglie.

Andate, dunque, care famiglie missionarie. La grazia del Battesimo, della Confermazione e del Matrimonio, rinnovata nell'Eucaristia e nella Riconciliazione, vi sosterrà in ogni momento della vita. Forti di questo sostegno soprannaturale, siate pronte a rendere testimonianza della speranza che è in voi (cfr. 1P 3,15). La Santa Famiglia di Nazaret sia il vostro modello e la vostra Patrona. Vi accompagni anche la Benedizione Apostolica, che ora imparto di cuore a voi e alle vostre Comunità.

Data: 1994-12-12 Data estesa: Lunedi 12 Dicembre 1994





Il Santo Padre ai Dirigenti del Touring Club Italiano - Città del Vaticano

Titolo: Il Grande Giubileo del 2000 importante evento della fede che comporterà celebrazioni a Roma, a Gerusalemme e in tutte le diocesi del mondo

Carissimi Fratelli e Sorelle,


1. Sono lieto di porgere a tutti voi un cordiale benvenuto in quest'incontro che si svolge in occasione del primo centenario di fondazione del "Touring Club Italiano". Saluto con stima ciascuno dei Dirigenti e dei Soci presenti e ringrazio in particolare il Presidente, Dott. Giancarlo Lunati, per le cortesi parole che ha voluto rivolgermi a nome di tutti.

In un'epoca di rapidi e talora inattesi cambiamenti, in un mondo dove le distanze sembrano accorciarsi ogni giorno di più grazie allo sviluppo delle vie di comunicazione ed alla crescente celerità di spostamento, i valori fondamentali che hanno ispirato e guidato la vostra benemerita Istituzione appaiono particolarmente attuali. Voi ricordate che al centro di ogni iniziativa turistica deve sempre essere posta l'attenzione all'uomo, alle sue più nobili esigenze, alla sua dignità e al suo integrale sviluppo. Per fare ciò occorre superare l'atteggiamento di immediatezza e di superficialità che accompagna, non di rado, la moderna mentalità consumistica ed edonistica, per cercare un contatto ed un incontro più profondo ed arricchente con i beni naturali, culturali ed umani offerti al turista.


2. Mi è caro, in questa circostanza, dare atto al Touring Club Italiano del costante sforzo dispiegato nel promuovere, attraverso molteplici iniziative turistiche, editoriali e ambientali, la conoscenza e la valorizzazione del grande patrimonio storico, artistico e naturale dell'Italia. Il turismo può divenire così un'occasione privilegiata di incontro tra persone di diversa formazione e di approccio ad inesplorate fonti di cultura e di spiritualità.

Ciò avviene se l'attività turistica nel suo insieme è sempre orientata al servizio della persona. Esigenza, questa, che comporta un costante atteggiamento di ascolto e di rispetto per le tradizioni e le culture locali, una rigorosa tutela dei beni artistici, storici e naturali, una vigile attenzione verso le persone e le abitudini del luogo, ed un impegno a non deturpare né danneggiare il patrimonio ambientale. E' indispensabile, a tal fine, promuovere iniziative a tutela delle aree turistiche, per prevenire il degrado a cui, a causa di un turismo consumistico ed edonistico, possono andare incontro zone un tempo splendide per bellezze naturali ed artistiche.

Sono persuaso che il Touring Club, forte delle valide esperienze di questi cento anni di vita, non cesserà di intensificare gli forzi per offrire ai Soci ed a quanti usufruiscono dei suoi molteplici servizi un turismo autenticamente umano, sempre più aperto ad ogni valore dello spirito, ivi compreso quello religioso.


3. L'immagine del turista richiama immediatamente quella del pellegrino, che si allontana dai ritmi di vita quotidiani per recarsi presso luoghi sacri, altamente significativi per la sua esperienza spirituale. In una attività turistica realmente attenta alle esigenze della persona deve trovare spazio adeguato anche l'aspetto religioso, sia come richiamo al senso trascendente dell'esistenza che ogni viaggio quasi naturalmente evoca, sia come incontro privilegiato con secolari testimonianze della vita dello spirito.

In tale prospettiva è spontaneo il riferimento al Grande Giubileo del 2000; esso costituirà per molti credenti un forte richiamo a rivisitare i luoghi più significativi dell'esperienza cristiana ripercorrendo le varie tappe dell'irraggiamento evangelico sulle strade della terra.

Auspico che il Touring Club possa offrire il proprio qualificato contributo di esperienza, di servizi e di iniziative a questo importante evento della fede che comporterà appuntamenti e celebrazioni a Roma, a Gerusalemme e nelle diocesi del mondo intero. Ci stiamo avvicinando ad esso a grandi passi ed il mio augurio è che si possa giungere a tale storico traguardo spiritualmente pronti per varcare, animati da forte speranza, la soglia del terzo millennio.

Con tali auspici, mentre ringrazio di cuore tutti voi, qui presenti, per l'odierna visita e per la tessera di Socio onorario che avete voluto offrirmi, affido le vostre persone alla celeste protezione della Madre di Dio, ed imparto volentieri a Voi, alle rispettive famiglie ed ai numerosi soci del Touring Club Italiano la mia Benedizione.

Data: 1994-12-12 Data estesa: Lunedi 12 Dicembre 1994





Lettera del Papa ai bambini nell'Anno della Famiglia - Città del Vaticano

Titolo: Cari bambini!

Nasce Gesù Tra pochi giorni celebreremo il Natale, festa intensamente sentita da tutti i bambini in ogni famiglia. Quest'anno lo sarà ancora di più, perché è l'Anno della Famiglia. Prima che esso finisca, desidero rivolgermi a voi, bambini del mondo intero, per condividere con voi la gioia di questa suggestiva ricorrenza.

Il Natale è la festa di un Bambino, di un Neonato. E' perciò la vostra festa! Voi l'attendete con impazienza e ad essa vi preparate con gioia, contando i giorni e quasi le ore che mancano alla Santa Notte di Betlemme.

Mi pare di vedervi: voi state preparando in casa, in parrocchia, in ogni angolo del mondo il presepe, ricostruendo il clima e l'ambiente in cui il Salvatore è nato. E' vero! Nel periodo natalizio la stalla con la mangiatoia occupa nella Chiesa il posto centrale. E tutti si affrettano a recarvisi in pellegrinaggio spirituale, come i pastori nella notte della nascita di Gesù. Più tardi saranno i Magi a venire dal lontano Oriente, seguendo la stella, fino al luogo dove è stato deposto il Redentore dell'universo.

Ed anche voi, nei giorni di Natale, visitate i presepi, fermandovi a guardare il Bambino deposto sulla paglia. Fissate sua Madre, San Giuseppe, custode del Redentore. Contemplando la Santa Famiglia, pensate alla vostra famiglia, quella in cui siete venuti al mondo. Pensate alla vostra mamma, che vi ha dato alla luce e al vostro papà. Essi si prendono cura del mantenimento della famiglia e della vostra educazione. Compito dei genitori infatti non è soltanto quello di generare i figli, ma anche di educarli sin dalla loro nascita.

Cari bambini, vi scrivo pensando a quando anch'io molti anni fa ero bambino come voi. Allora anch'io vivevo l'atmosfera serena del Natale, e quando brillava la stella di Betlemme andavo in fretta al presepe insieme con i miei coetanei, per rivivere ciò che avvenne 2000 anni fa in Palestina. Noi bambini esprimevamo la nostra gioia prima di tutto col canto. Quanto sono belli e commoventi i canti natalizi, che nella tradizione di ogni popolo si intrecciano intorno al presepe! Quali pensieri profondi vi sono contenuti, e soprattutto quale gioia e quale tenerezza essi esprimono verso il divino Bambino venuto al mondo nella Notte Santa! Pure i giorni che seguono la nascita di Gesù sono giorni di festa: così, otto giorni dopo, si ricorda che, come voleva la tradizione dell'Antico Testamento, al Bambino fu dato un nome: fu chiamato Gesù. Dopo quaranta giorni, si commemora la sua presentazione al Tempio, come avveniva per ogni figlio primogenito d'Israele. In quell'occasione ebbe luogo un incontro straordinario: alla Madonna, giunta al Tempio col Bambino, venne incontro il vecchio Simeone, che prese tra le braccia il piccolo Gesù e pronuncio queste parole profetiche: "Ora lascia, o Signore, che il tuo servo vada in pace secondo la tua parola; perché i miei occhi han visto la tua salvezza, preparata da te davanti a tutti i popoli, luce per illuminare le genti e gloria del tuo popolo Israele" (Lc 2,29-32). Poi, rivolgendosi a Maria, sua madre, aggiunse: "Egli è qui per la rovina e la risurrezione di molti in Israele, segno di contraddizione perché siano svelati i pensieri di molti cuori. E anche a te una spada trafiggerà l'anima" (Lc 2,34-35).

Così dunque, già nei primi giorni della vita di Gesù, risuona l'annuncio della Passione, alla quale un giorno sarà associata anche la Mamma, Maria: il Venerdi Santo Ella starà silenziosa sotto la Croce del Figlio. Del resto, non dovrà trascorrere molto tempo dalla nascita prima che il piccolo Gesù si trovi esposto ad un grave pericolo: il crudele re Erode ordinerà di uccidere i bambini al di sotto dei due anni, e per questo egli sarà costretto a fuggire con i genitori in Egitto.

Voi conoscete certo molto bene questi eventi legati alla nascita di Gesù. Ve li raccontano i vostri genitori, i sacerdoti, gli insegnanti, i catechisti, ed ogni anno li rivivete spiritualmente nel periodo delle feste natalizie, insieme a tutta la Chiesa: voi quindi sapete di questi aspetti drammatici dell'infanzia di Gesù.

Cari amici! Nelle vicende del Bimbo di Betlemme potete riconoscere le sorti dei bambini di tutto il mondo. Se è vero che un bambino rappresenta la gioia non solo dei genitori, ma della Chiesa e dell'intera società, è vero pure che ai nostri tempi molti bambini, purtroppo, in varie parti del mondo soffrono e sono minacciati: patiscono la fame e la miseria, muoiono a causa delle malattie e della denutrizione, cadono vittime delle guerre, vengono abbandonati dai genitori e condannati a rimanere senza casa, privi del calore di una propria famiglia, subiscono molte forme di violenza e di prepotenza da parte degli adulti. Come è possibile rimanere indifferenti di fronte alla sofferenza di tanti bambini, specialmente quando è causata in qualche modo dagli adulti? Gesù dona la Verità Il Bambino, che a Natale contempliamo deposto nella mangiatoia, col passar degli anni crebbe. A dodici anni, come sapete, si reco per la prima volta, insieme a Maria e Giuseppe, da Nazaret a Gerusalemme in occasione della Festa di Pasqua. Li, confuso tra la folla dei pellegrini, si stacco dai genitori e, insieme con altri suoi coetanei, si pose in ascolto dei dottori del Tempio, quasi per una "lezione di catechismo". Le feste in effetti erano occasioni adatte per trasmettere la fede ai ragazzi dell'età, più o meno, di Gesù. Avvenne pero che, durante tale incontro, l'Adolescente straordinario, giunto da Nazaret, non solo pose delle domande assai intelligenti, ma egli stesso comincio a dare delle risposte profonde a coloro che lo stavano ammaestrando. Le domande e più ancora le risposte sbalordirono i dottori del Tempio. Era lo stesso stupore che, in seguito, avrebbe accompagnato la predicazione pubblica di Gesù: l'episodio del Tempio di Gerusalemme non era che l'inizio e quasi il preannuncio di ciò che sarebbe avvenuto alcuni anni più tardi.

Cari ragazzi e ragazze, coetanei di Gesù dodicenne, non vi tornano alla mente, a questo punto, le lezioni di religione che si svolgono in parrocchia ed a scuola, lezioni alle quali siete invitati a prender parte? Vorrei allora porvi alcune domande: qual è il vostro atteggiamento di fronte alle lezioni di religione? Vi fate coinvolgere come Gesù dodicenne al Tempio? Siete diligenti nel frequentarle a scuola e in parrocchia? Vi aiutano in questo i vostri genitori? Gesù dodicenne fu così preso da quella catechesi nel Tempio di Gerusalemme che, in un certo senso, dimentico persino i propri genitori. Maria e Giuseppe, incamminati insieme ad altri pellegrini sulla strada del ritorno verso Nazaret, si resero conto ben presto della sua assenza. Lunghe furono le ricerche.

Ritornarono sui loro passi e soltanto il terzo giorno riuscirono a trovarlo a Gerusalemme nel Tempio. "Figlio, perché ci hai fatto così? Ecco, tuo padre e io, angosciati, ti cercavamo" (Lc 2,48). Com'è strana la risposta di Gesù e come fa riflettere! "Perché mi cercavate? - egli disse - Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?" (Lc 2,49). Era una risposta difficile da accettare. L'evangelista Luca aggiunge semplicemente che Maria "serbava tutte queste cose nel suo cuore" (2,51). In effetti, era una risposta che si sarebbe resa comprensibile solo più tardi, quando Gesù, ormai adulto, avrebbe iniziato a predicare, dichiarando che per il suo Padre celeste era disposto ad affrontare ogni sofferenza e persino la morte sulla croce.

Da Gerusalemme Gesù torno con Maria e Giuseppe a Nazaret, ove visse loro sottomesso (cfr. Lc 2,51). Circa questo periodo, prima dell'inizio della predicazione pubblica, il Vangelo nota soltanto che Gesù "cresceva in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini" (Lc 2,52).

Cari ragazzi, nel Bambino che ammirate nel presepe sappiate vedere già il ragazzo dodicenne che nel Tempio di Gerusalemme dialoga con i dottori. Egli è lo stesso uomo adulto che più tardi, a trent'anni, comincerà ad annunciare la parola di Dio, si sceglierà i dodici Apostoli, sarà seguito da moltitudini assetate di verità. Egli confermerà ad ogni passo il suo straordinario insegnamento con i segni della potenza divina: restituirà la vista ai ciechi, guarirà i malati, risusciterà persino i morti. E tra i morti richiamati alla vita ci sarà la dodicenne figlia di Giairo, ci sarà il figlio della vedova di Nain, restituito vivo alla madre in pianto.

E' proprio così: questo Bambino, ora appena nato, una volta diventato grande, come Maestro della Verità divina, mostrerà uno straordinario affetto per i bambini. Dirà agli Apostoli: "Lasciate che i bambini vengano a me e non glielo impedite", e aggiungerà: "Perché a chi è come loro appartiene il Regno di Dio" (Mc 10,14). Un'altra volta, agli Apostoli che discutevano su chi fosse il più grande metterà davanti un bambino e dirà: "Se non vi convertirete e non diventerete come i bambini, non entrerete nel Regno dei cieli" (Mt 18,3). In quella occasione pronuncerà anche parole severissime di ammonimento: "Chi scandalizza anche uno solo di questi piccoli che credono in me, sarebbe meglio per lui che gli fosse appesa al collo una macina girata da asino, e fosse gettato negli abissi del mare" (Mt 18,6).

Quanto importante è il bambino agli occhi di Gesù! Si potrebbe addirittura osservare che il Vangelo è profondamente permeato dalla verità sul bambino. Lo si potrebbe persino leggere nel suo insieme come il "Vangelo del bambino".

Che vuol dire infatti: "Se non vi convertirete e non diventerete come i bambini, non entrerete nel Regno dei cieli"? Non pone forse Gesù il bambino come modello anche per gli adulti? Nel bambino c'è qualcosa che mai può mancare in chi vuol entrare nel Regno dei cieli. Al cielo sono destinati quanti sono semplici come i bambini, quanti come loro sono pieni di fiducioso abbandono, ricchi di bontà e puri. Questi solamente possono ritrovare in Dio un Padre, e diventare a loro volta, grazie a Gesù, altrettanti figli di Dio.

Non è questo il principale messaggio del Natale? Leggiamo in san Giovanni: "E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi" (1,14); ed ancora: "A quanti l'hanno accolto ha dato il potere di diventare figli di Dio " (1,12). Figli di Dio! Voi, cari ragazzi, siete figli e figlie dei vostri genitori.

Ebbene, Dio vuole che tutti siamo suoi figli adottivi mediante la grazia. Sta qui la vera fonte della gioia del Natale, della quale vi scrivo al termine ormai dell'Anno della Famiglia. Rallegratevi di questo "Vangelo della divina figliolanza". In questa gioia portino abbondanti frutti le prossime feste natalizie, nell'Anno della Famiglia.

Gesù dona se stesso Cari amici, incontro indimenticabile con Gesù è senz'altro la Prima Comunione, giorno da ricordare come uno dei più belli della vita. L'Eucaristia, istituita da Cristo la vigilia della sua passione durante l'Ultima Cena, è un sacramento della Nuova Alleanza, anzi, il più grande dei sacramenti. In esso il Signore si fa cibo delle anime sotto le specie del pane e del vino. I bambini lo ricevono solennemente una prima volta - nella Prima Comunione, appunto - e sono invitati a riceverlo in seguito il più spesso possibile per rimanere in intima amicizia con Gesù.

Per accostarsi alla Santa Comunione, come sapete, occorre aver ricevuto il Battesimo: questo è il primo dei sacramenti e il più necessario per la salvezza. E' un grande avvenimento il Battesimo! Nei primi secoli della Chiesa, quando a ricevere il Battesimo erano soprattutto gli adulti, il rito si concludeva con la partecipazione all'Eucaristia ed aveva la solennità che oggi accompagna la Prima Comunione. Successivamente, quando s'incomincio a dare il Battesimo soprattutto ai neonati - è il caso anche di molti fra voi, cari bambini, che infatti non ricordate il giorno del vostro Battesimo - la festa più solenne fu spostata al momento della Prima Comunione. Ogni ragazzo e ogni ragazza di famiglia cattolica conosce bene questa consuetudine: la Prima Comunione è vissuta come una grande festa di famiglia. In quel giorno, insieme con il festeggiato, in genere si accostano all'Eucaristia i genitori, i fratelli, le sorelle, i parenti, i padrini, talora anche gli insegnanti e gli educatori.

Il giorno della Prima Comunione è inoltre una grande festa nella parrocchia. Ricordo come fosse oggi quando, insieme con i miei coetanei, ricevetti per la prima volta l'Eucaristia nella chiesa parrocchiale del mio paese. Si suole fissare quest'evento nelle foto di famiglia, perché non venga dimenticato. Tali istantanee seguono in genere la persona per il resto degli anni. Col passare del tempo, si rivive, sfogliandole, l'atmosfera di quei momenti; si torna alla purezza e alla gioia sperimentate nell'incontro con Gesù, fattosi per amore Redentore dell'uomo.

Per quanti bambini nella storia della Chiesa l'Eucaristia è stata fonte di forza spirituale, a volte addirittura eroica! Come non ricordare, ad esempio, ragazzi e ragazze santi, vissuti nei primi secoli ed ancora oggi conosciuti e venerati in tutta la Chiesa? Sant'Agnese, che visse a Roma; sant'Agata, martirizzata in Sicilia; san Tarcisio, un ragazzo ben a ragione chiamato martire dell'Eucaristia, perché preferi morire piuttosto che cedere Gesù, che portava con sé sotto le specie del pane.

E così lungo i secoli, sino ai nostri tempi, non mancano bambini e ragazzi tra i santi e i beati della Chiesa. Come nel Vangelo Gesù manifesta particolare fiducia nei bambini, così la Mamma sua, Maria, non ha mancato di riservare ai piccoli, nel corso della storia, la sua materna premura. Pensate a santa Bernardetta di Lourdes, ai fanciulli di La Salette e, nel nostro secolo, a Lucia, Francesco e Giacinta di Fatima.

Vi parlavo prima del "Vangelo del bambino": non ha avuto esso in questa nostra epoca un'espressione particolare nella spiritualità di santa Teresa di Gesù Bambino? E' proprio vero: Gesù e la sua Mamma scelgono spesso i bambini per affidare loro compiti grandi per la vita della Chiesa e dell'umanità. Ne ho nominato solo alcuni universalmente conosciuti, ma quanti altri meno noti ne esistono! Il Redentore dell'umanità sembra condividere con loro la sollecitudine per gli altri: per i genitori, per i compagni e le compagne. Egli attende tanto la loro preghiera. Che potenza enorme ha la preghiera dei bambini! Essa diventa un modello per gli stessi adulti: pregare con fiducia semplice e totale vuol dire pregare come sanno pregare i bambini.

Ed arrivo ad un punto importante di questa mia Lettera: al termine ormai dell'Anno della Famiglia, è alla vostra preghiera, cari piccoli amici, che desidero affidare i problemi della vostra e di tutte le famiglie del mondo. E non soltanto questo: ho ancora altre intenzioni da raccomandarvi. Il Papa conta molto sulle vostre preghiere. Dobbiamo pregare insieme e molto, affinché l'umanità, formata da diversi miliardi di esseri umani, diventi sempre più la famiglia di Dio, e possa vivere nella pace. Ho ricordato all'inizio le indicibili sofferenze che tanti bambini hanno sperimentato in questo secolo, e quelle che molti di loro continuano a subire anche in questo momento. Quanti, anche in questi giorni, cadono vittime dell'odio che imperversa in diverse regioni della terra: nei Balcani, ad esempio, ed in alcuni Paesi dell'Africa. Proprio meditando su questi fatti, che colmano di dolore i nostri cuori, ho deciso di chiedere a voi, cari bambini e ragazzi, di farvi carico della preghiera per la pace. Lo sapete bene: l'amore e la concordia costruiscono la pace, l'odio e la violenza la distruggono.

Voi rifuggite istintivamente dall'odio e siete attratti dall'amore: per questo il Papa è certo che non respingerete la sua richiesta, ma vi unirete alla sua preghiera per la pace nel mondo con lo stesso slancio con cui pregate per la pace e la concordia nelle vostre famiglie.

Lodate il nome del Signore! Permettete, cari ragazzi e ragazze, che al termine di questa Lettera ricordi le parole di un Salmo che mi hanno sempre commosso: Laudate pueri Dominum! Lodate, fanciulli del Signore, lodate il nome del Signore. Sia benedetto il nome del Signore, ora e sempre. Dal sorgere del sole al suo tramonto sia lodato il nome del Signore! (cfr. Ps 112/113,1-3). Mentre medito le parole di questo Salmo, mi passano davanti agli occhi i volti dei bambini di tutto il mondo: dall'oriente all'occidente, dal settentrione al mezzogiorno. E' a voi, piccoli amici, senza differenze di lingua, di razza o nazionalità, che dico: Lodate il nome del Signore! E poiché l'uomo deve lodare Dio prima di tutto con la vita, non dimenticatevi di ciò che Gesù dodicenne disse a sua Madre e a Giuseppe nel Tempio di Gerusalemme: "Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?" (Lc 2,49). L'uomo loda Dio seguendo la voce della propria vocazione. Dio chiama ogni uomo e la sua voce si fa sentire già nell'anima del bambino: chiama a vivere nel matrimonio oppure ad essere sacerdote; chiama alla vita consacrata o forse al lavoro nelle missioni... Chi sa? Pregate, cari ragazzi e ragazze, per scoprire qual è la vostra vocazione, per poi seguirla generosamente.

Lodate il nome del Signore! I bambini di ogni Continente, nella notte di Betlemme, guardano con fede al neonato Bambino e vivono la grande gioia del Natale. Cantando nelle loro lingue, lodano il nome del Signore. così per tutta la terra si diffondono le suggestive melodie del Natale. Sono parole tenere, commoventi che risuonano in tutte le lingue umane; è come un festoso canto elevato da tutta la terra, che s'unisce a quello degli Angeli, messaggeri della gloria di Dio, sopra la stalla di Betlemme: "Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini che egli ama" (Lc 2,14). Il Figlio prediletto di Dio si presenta tra noi come un neonato; intorno a Lui i bambini di ogni Nazione della terra sentono su di sé lo sguardo colmo d'amore del Padre celeste e gioiscono perché Dio li ama. L'uomo non può vivere senza amore. Egli è chiamato ad amare Dio e il prossimo, ma per amare veramente deve avere la certezza che Dio gli vuole bene.

Dio vi ama, cari ragazzi! Questo voglio dirvi al termine dell'Anno della Famiglia e in occasione di queste feste natalizie che sono in modo particolare le vostre feste.

Vi auguro che esse siano gioiose e serene; vi auguro di fare in esse una più intensa esperienza dell'amore dei vostri genitori, dei fratelli, delle sorelle e degli altri membri della vostra famiglia. Quest'amore poi si estenda all'intera vostra comunità, anzi a tutto il mondo, grazie proprio a voi, cari ragazzi e bambini. L'amore allora raggiungerà quanti ne hanno particolare bisogno, specialmente i sofferenti e gli abbandonati. Quale gioia è più grande di quella portata dall'amore? Quale gioia è più grande di quella che tu, Gesù, porti a Natale nell'animo degli uomini, e particolarmente dei bambini? Alza la tua manina, divino Bambino, e benedici questi tuoi piccoli amici, benedici i bambini di tutta la terra! Dal Vaticano, 13 dicembre 1994.

Data: 1994-12-13 Data estesa: Martedi 13 Dicembre 1994







L'omelia durante la Santa Messa per gli universitari romani in preparazione al Natale - Città del Vaticano

Titolo: Giovanni Paolo II augura ai giovani il "bell'amore" nel quale è presente Dio




1. Ancora una volta, in questo giorno di Avvento, ci troviamo raccolti per la celebrazione dell'Eucaristia. Questi incontri, durante l'Avvento, del Vescovo di Roma con la famiglia universitaria costituiscono una tradizione che conta ormai quindici anni.

Sono contento di potere anche quest'anno riflettere con voi sulla parola di Dio all'avvicinarsi del Santo Natale. Rivolgo un cordiale benvenuto a tutti coloro che qui rappresentano i vari ambienti accademici di Roma e d'Italia: a voi Rettori, Professori e Studenti, ed anche a Lei, Signor Ministro dell'Università e della Ricerca scientifica.

Con gioia vivo questo incontro con il mondo accademico, convinto come sono della sua rilevanza per la crescita del Paese. In questo senso ritengo anche significativo il Convegno degli Studenti universitari, promosso dalla diocesi di Roma per il prossimo maggio, sul tema "Testimoni del Vangelo in Università". Il messaggio cristiano ha orientato il cammino di civiltà percorso dall'Italia in questi venti secoli di storia. Esso potrà ancora illuminare e sostenere l'impegno di chi vuol recare il proprio contributo al progresso culturale e civile della Nazione in questo speciale Avvento che ci porta verso la soglia del terzo millennio.


2. L'Avvento è tempo di attesa. Tutta la vita è in verità tempo d'attesa. E' colma di attese di vario genere: attese che a volte si compiono, altre volte rimangono deluse o si dimostrano ingannevoli. Tuttavia, l'attesa appartiene, in un certo senso, all'essenza stessa dell'uomo.

Il Creatore modello questo essere "a sua immagine e somiglianza", così che in esso si trovano inscritte la capacità e l'esigenza dell'attesa. Aristotele l'espresse con il concetto: perseguire uno scopo. Si, l'uomo perseguendo uno scopo "attende" il proprio compimento e, allo stesso tempo, vi "tende". In questo consiste l'interiore dinamismo della sua esistenza, un dinamismo che il tempo d'Avvento ci svela in modo singolare.


3. L'attesa, in Avvento, si accompagna con la certezza del compimento: sappiamo che, dopo un preciso numero di settimane e di giorni, verrà il Natale del Signore.

Ogni giorno d'Avvento ci avvicina a quella data, quando la liturgia ci ricorderà: "Ecco, vi è nato il Salvatore del mondo" (cfr. Lc 2,10-11) e ci esorterà ad una grande gioia. Noi accoglieremo questa esortazione anche come risposta ad un intimo bisogno del cuore. Se, infatti, durante l'Avvento siamo in attesa, lo siamo proprio per esprimere, dopo, la gioia del Natale in tante e diverse forme legate alle usanze, alla tradizione e alla cultura di ogni singola Nazione. Sappiamo che la ricchezza di contenuti legati al Natale ha fecondato in gran parte la cultura della vita familiare e nazionale dei Paesi d'Europa e degli altri Continenti.

Si tratta di un patrimonio di grande valore, che aiuta l'uomo a vivere: lo aiuta, infatti, a comprendere il bisogno e il senso dell'attesa e lo convince che all'attesa corrisponde l'incontro. Dio stesso viene incontro all'uomo, perché l'uomo possa incontrarlo. Nella liturgia dell'Avvento questo incontro viene annunciato da san Giovanni Battista. A lui, come leggiamo nell'odierno testo evangelico, Cristo rende testimonianza con parole significative: "Io vi dico, tra i nati di donna non c'è nessuno più grande di Giovanni" (Lc 7,28).


4. Il Natale del Signore è la festa della famiglia. E' così ogni anno. Tuttavia in quest'anno, che, come sappiamo, è l'Anno della Famiglia, il Natale acquista un particolare significato. Mentre lo dico a voi, stimati Professori degli Atenei Romani, ho davanti agli occhi le vostre famiglie ed auguro ad esse la grazia e la serenità delle feste del Natale del Signore.

Quando invece penso a voi, cari giovani, mi rendo conto che ognuno di voi non si prepara soltanto a completare gli studi, ma anche a fondare la propria famiglia. L'uomo e la donna abbandonano il padre e la madre e si uniscono alla propria moglie o al proprio marito per dare inizio ad una nuova famiglia (cfr. Gn 2,24). Il libro della Genesi con parole semplicissime ma molto suggestive presenta questa vocazione della creatura umana. Ad un certo momento della vita il giovane, ragazzo o ragazza, percepisce e prende consapevolezza di questa chiamata. Certo, è chiamata diversa dalla vocazione sacerdotale o religiosa, per la quale è decisivo uno speciale invito da parte di Cristo, un personale appello a seguirlo: "Seguimi!" (cfr. Mt 4,19). Tuttavia, anche la consapevolezza della via che porta alla fondazione di una famiglia è una vocazione, nei confronti della quale va operato un chiaro discernimento. Bisogna accoglierla consapevolmente e, a questo fine, occorre farla oggetto di prolungata preghiera.

Tutto ciò mette in evidenza un'attesa, che è anzitutto attesa di una persona: lui o lei; e contemporaneamente è attesa dell'amore. Soltanto l'amore, infatti, può realmente far capire a due giovani che sono chiamati a camminare insieme nella vita.


5. Vi devo confessare che, specialmente in anni lontani, mi è capitato spesso di essere non soltanto testimone di queste importanti vicende personali, ma qualcosa di più: di essere, cioè, colui al quale i giovani confidavano i segreti dei loro cuori, colui con il quale volentieri parlavano della loro vocazione al matrimonio e alla vita familiare. Appresi allora la grande verità sull'amore e sulla responsabilità, e ad essa dedicai anche un libro. Quel testo nacque nel clima di molteplici attese dell'amore ed anche di molteplici sforzi per conferire all'amore una forma matura, si da poter poggiare su di esso l'intera esistenza nella comunità familiare.

Al contrario di quanto forse si vuol far credere e di quanto più volte e in vari modi viene perfino propagandato, l'amore è una particolare chiamata alla responsabilità. Prima di tutto, alla responsabilità verso un'altra persona, che mai va delusa. Ma chiamata anche alla responsabilità verso il "comune futuro dei coniugi" e non soltanto verso il loro personale futuro, bensi anche verso quello dei figli, ai quali daranno la vita: il futuro, cioè, di una famiglia come comunione di vita e d'amore. L'esperienza insegna che la famiglia può realizzare le attese dei giovani, ma può anche deluderle. E' la famiglia a deludere le attese dei giovani o non sono piuttosto loro a deludere se stessi? Questa domanda da sola è sufficiente per rendersi conto di quanto l'amore sia unito alla responsabilità, e di quale tipo di responsabilità si tratti.


6. La lettura del libro del profeta Isaia ci presenta oggi Dio che, Creatore e Redentore dell'uomo, è allo stesso tempo lo Sposo: "Poiché tuo sposo è il tuo Creatore... tuo Redentore è il Santo di Israele" (54,5). Ritroviamo questa immagine dell'Antico Testamento nel Vangelo e nelle Lettere di san Paolo, dove emerge in modo chiaro quanto profondamente la vocazione al matrimonio e alla vita in famiglia sia radicata nel mistero di Dio. Il brano di Isaia come pure quello della Lettera di san Paolo apostolo agli Efesini parlano dell'amore sponsale di Dio. Ecco la caratteristica dell'amore su cui si basa il matrimonio e la famiglia: fa di due giovani uno sposo e una sposa.

L'amore sponsale s'esprime nella donazione totale. La persona umana può donarsi totalmente e senza riserve a Dio nella vocazione religiosa o sacerdotale.

Essa può donarsi senza riserve anche ad un'altra persona - l'uomo alla donna, e la donna all'uomo - e la disponibilità ad un tale dono di sé decide della vocazione al matrimonio e alla vita familiare. Tutti i testi della Sacra Scrittura che parlano di amore sponsale, parlano allo stesso tempo della vocazione al matrimonio.

Il Signore Gesù, sin dall'inizio della sua attività messianica, preannuncio, mediante la sua presenza a Cana di Galilea, il carattere sacramentale di questa vocazione. E quando rispose alla domanda dei farisei sull'indissolubilità del matrimonio, espresse con altre parole il disegno iniziale di Dio sull'amore sponsale (cfr. Mt 19,3-9). Infatti solo l'amore sponsale può far si che l'uomo abbandoni la propria madre ed il proprio padre e si unisca a sua moglie così strettamente da diventare una sola carne (cfr. Gn 2,24). E lo stesso, ovviamente, avviene per la donna. Questa unità, di cui parla il libro della Genesi e che viene confermata da Cristo, il quale la eleverà alla dignità di sacramento, è frutto del reciproco amore sponsale e della grazia divina. Donandosi reciprocamente nell'alleanza coniugale, l'uomo e la donna si giurano l'un l'altro fedeltà, amore ed onestà per "tutti i giorni della loro vita", e nel loro consenso è contenuta la prospettiva della paternità e della maternità. Gli sposi si riconoscono come futuri genitori, come padre e madre, manifestando la volontà di perseverare nell'unità coniugale anche in considerazione della prole che Dio darà loro. Le parole del consenso matrimoniale esprimono la responsabilità che testimonia nel modo più completo l'amore. Donandosi ed accettandosi reciprocamente, gli sposi confermano, davanti a Dio e agli uomini, che il loro amore è maturo per un simile impegno. Quando il Signore Gesù pone alla folla la domanda riguardante la persona di Giovanni Battista: "Che cosa siete andati a vedere nel deserto? Una canna agitata dal vento?" (Lc 7,24), dice una cosa che può essere riferita anche alla maturità interiore richiesta agli sposi quando prendono una decisione che li vincolerà per tutta la vita. Non possono essere come "canne agitate dal vento".


7. All'inizio dell'Anno della Famiglia ho indirizzato una Lettera personale a tutte le famiglie della personale a tutte le famiglie della Chiesa e del mondo.

Certamente è arrivata tra le mani di molti di voi qui presenti e penso che essa potrebbe essere utile ai giovani che si preparano al matrimonio: essi devono essere condotti a tale impegnativo passo da un amore che è in se stesso qualcosa di bello. La "Lettera alle Famiglie" si sofferma ampiamente sul significato del "bell'amore".

Oggi, in quest'incontro nel periodo d'Avvento, desidero augurare a tutti voi il bell'amore: ai coniugi che vivono il matrimonio ed ai giovani che vi si preparano. L'amore è bello quando è vero, quando è capace di far fronte alle esperienze e alle prove della vita. Nel "bell'amore" è presente Dio. Lui stesso, infatti, è amore nel senso più pieno della parola (cfr. 1Jn 4,8). Cristo ci insegna il "bell'amore" in ogni pagina del Vangelo e specialmente nel sacrificio della Croce, col quale offre se stesso. Questa interpretazione della Croce con il "bell'amore", questa interpretazione dell'amore con la Croce: è un mistero, è una realtà: cercate di approfondirla. Una meravigliosa esposizione del "bell'amore" la troviamo nella prima lettera di san Paolo ai Corinzi, della quale voglio riportare qui un passo: "La carità è paziente, è benigna la carità; non è invidiosa la carità, non vi vanta, non si gonfia, non manca di rispetto, non cerca il suo interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto, non gode dell'ingiustizia, ma si compiace della verità. Tutto copre, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta" (1Co 13,4-7).

Prima di tessere quest'inno alla carità, san Paolo dice ai destinatari: "Aspirate ai carismi più grandi!" (1Co 12,31). E il "carisma più grande" è l'amore.

Vorrei formulare con queste parole dell'Apostolo delle Genti gli auguri per voi, cari amici: "Aemulamini autem charismata maiora!". Vi auguro l'amore che merita il nome di grande, di vero, di bello! Cristo Signore, nel mistero del suo Natale, schiuda davanti a voi la prospettiva di tale amore, che colma e realizza le più profonde attese dell'animo umano.

Vorrei alla fine, insieme con il Cardinale Vicario, i Vescovi ed i collaboratori della Diocesi di Roma, con tutti i sacerdoti, i parroci romani, con i vostri cappellani che concelebrano l'Eucaristia con me, augurare a tutti i presenti, a tutta la grande comunità universitaria di Roma, Buon Natale! Sia lodato Gesù Cristo.

Data: 1994-12-15 Data estesa: Giovedi 15 Dicembre 1994






GPII 1994 Insegnamenti - Udienza: Giovanni Paolo II alle famiglie del Cammino Neocatecumenale - Città del Vaticano