GPII 1994 Insegnamenti - Udienza: il Papa ai partecipanti ad un corso promosso dall'Università Cattolica del Sacro Cuore - Città del Vaticano

Udienza: il Papa ai partecipanti ad un corso promosso dall'Università Cattolica del Sacro Cuore - Città del Vaticano

Titolo: Il coraggio di andare "contro corrente" nel promuovere la formazione ai valori del dono, dell'amore e della vita

Carissimi Fratelli e Sorelle!


1. Sono lieto di incontrarmi anche quest'anno con voi, che partecipate al Corso di formazione per insegnanti, promosso dal "Centro Studi e Ricerche sulla regolazione naturale della fertilità", dell'Università Cattolica del Sacro Cuore.

La preziosità del vostro impegno, volto a favorire una procreazione autenticamente responsabile, risalta in maniera più chiara in quest'Anno della Famiglia, che sta per chiudersi. Nel corso di questi mesi l'attenzione della comunità cristiana s'è accentrata in modo particolare su questa fondamentale istituzione, diventata tema di impegno pastorale privilegiato per tutta la Chiesa.

E come avrebbe potuto essere altrimenti, dal momento che la famiglia è "la prima e la più importante via della missione della Chiesa" (LF 2)?


2. La famiglia, che nasce dall'unione indissolubile dell'uomo e della donna, è il santuario della vita, la cellula fondamentale di quella "civiltà dell'amore", da cui dipende il futuro dell'umanità.

La vostra opera di approfondimento e di diffusione dei metodi naturali per una paternità e maternità responsabili si colloca al servizio della famiglia, per far si che essa diventi quello che è chiamata ad essere nel disegno di Dio. Si tratta di promuovere l'attuazione della verità dell'amore coniugale all'interno della famiglia, in modo che l'esercizio della sessualità e l'apertura alla procreazione si realizzino nel rispetto delle dimensioni costitutive del dono sponsale.

Un'autentica "cultura dell'amore" esige infatti che l'incontro sessuale tra l'uomo e la donna sia visto non come occasione di godimento utilitaristico, ma come espressione del dono delle persone, nell'integralità delle loro dimensioni corporee e spirituali e nella generosa e responsabile apertura alla vita. Che famiglia sarebbe quella in cui l'amore fosse profanato e degradato? Oppure quella in cui il prevalere di interessi egoistici privasse i coniugi della presenza di bambini e bambine, frutto del loro amore? Si, una vera civiltà dell'amore comporta necessariamente il rispetto nella vita coniugale di quella legge, intrinseca al dono sponsale, per cui i significati unitivo e procreativo dell'atto coniugale debbono rimanere uniti.


3. Voi siete ben consapevoli che l'affermazione di questi valori personalistici della sessualità esige il coraggio di andare "contro corrente". La vostra azione, pertanto, non si limita alla divulgazione di quelle conoscenze scientifiche che permettono di accertare, con sempre maggior sicurezza e facilità, i ritmi di fertilità femminile. Essa si spinge, ben più profondamente, a promuovere una formazione umana e cristiana a quei valori del dono, dell'amore, della vita, senza i quali la stessa pratica dei metodi naturali per la procreazione responsabile è semplicemente impossibile. Questi ultimi infatti non sono una tecnica da usare, ma una via di crescita personale da percorrere. Non si pongono nella linea di una civiltà dell'avere, ma dell'essere.

E così, anche da questo punto di vista, risulta evidente che il vostro impegno per i metodi naturali è un contributo alla civiltà dell'amore, giacché mira a far si che le persone dei coniugi crescano nell'ascolto reciproco, nella capacità di sacrificio, nella disponibilità al dono, nella responsabilità e nell'apertura alla vita.


4. Perseverate, dunque, con rinnovato slancio in questo compito, che può ambire alla qualifica di vera missione. Estendo questo incoraggiamento a tutti quelli che, come voi, in tante generose iniziative analoghe collaborano alla pastorale familiare. Penso a quegli "esperti, medici e educatori, veri apostoli laici, per i quali la valorizzazione della dignità del matrimonio e della famiglia è diventata un compito importante della loro vita. A nome della Chiesa dico a tutti il mio grazie! Che cosa potrebbero fare senza di loro i sacerdoti, i vescovi e persino lo stesso successore di Pietro?" (LF 12).

Implorando sul vostro ministero i doni divini della carità e della sapienza, di cuore vi imparto l'Apostolica Benedizione, che nell'imminenza delle festività natalizie estendo a tutti i vostri cari e a tutte le famiglie con cui verrete a contatto nella vostra azione.

Data: 1994-12-16 Data estesa: Venerdi 16 Dicembre 1994





Udienza: il saluto del Santo Padre al Presidente e ai pellegrini della Slovacchia per la consegna dell'albero di Natale - Città del Vaticano

Titolo: "Sappiate essere sempre grati a Dio e restate saldi nell'adesione agli eterni valori del Vangelo"

Signor Presidente!


1. Le rinnovo il mio cordiale benvenuto in questo nostro secondo incontro, dopo quello ufficiale, avvenuto il 7 giugno dello scorso anno, e La ringrazio sentitamente per le gentili espressioni rivoltemi.

Estendo volentieri il mio saluto al Signor Presidente del Parlamento, al Signor Ministro degli Affari Esteri, al Signor Ministro della Cultura ed agli altri Membri della Delegazione, come pure al folto gruppo di connazionali che L'accompagnano per questa lieta circostanza.

Saluto con viva cordialità i Cardinali Jozef Tomko e Jan Chryzostom Korec, il Presidente della Conferenza Episcopale Slovacca e tutti i Vescovi slovacchi qui presenti insieme col primo Nunzio Apostolico.

Ella Signor Presidente, è qui con questa ampia rappresentanza di cittadini slovacchi per far dono dell'albero natalizio, destinato ad essere posto in Piazza San Pietro accanto al presepio. La ringrazio vivamente per tale gesto di cordialità, nel quale vedo espressi i sentimenti di affettuosa vicinanza dell'intera Nazione slovacca. La visita odierna intende riaffermare, infatti, i profondi ed intensi legami che uniscono il Suo paese alla Sede di Pietro.


2. L'albero donato reca con sé un duplice e profondo significato di gioia e di pace. Esso sta accanto al presepe innanzitutto quale simbolo della letizia di tutta la creazione per la nascita del Redentore dell'uomo. Tale gioia s'esprime in modo consapevole nei cuori e nelle menti di coloro che hanno accolto il dono della fede e, facendosi voce di tutto il creato, elevano canti di lode al Dio incarnato.

Ma a questa spirituale atmosfera prende parte in qualche modo ogni famiglia, ogni città e paese, in cui a Natale si vivono con singolare intensità i valori della bontà e della fraterna solidarietà.

Emerge così il secondo significato dell'albero: esso è simbolo di pace.

Il clima di fiducia e di speranza che reca con sé la nascita del Figlio di Dio contribuisce grandemente a far si che ogni comunità ravvivi la consapevolezza del suo dovere di promuovere la pace al suo interno e nei confronti di tutti. Nel presepe, memoria viva di Dio che si fa uno di noi, risplende il Principe della pace che si dona per restituire all'uomo la sua piena umanità.


3. Il mio pensiero si rivolge ora ai luoghi da cui proviene il dono: penso alla verde bellezza dei Malà Fatra, nella regione di Orava.

Quelle montagne richiamano allo spirito, il dovere della gratitudine verso Dio, Creatore di ogni bellezza della natura. Con la loro saldezza rammentano anche la costanza con cui ogni uomo deve impegnarsi nel difendere e promuovere i valori, superando ogni difficoltà. E' una lezione che voi, cari fedeli della Slovacchia, non mancherete certamente di fare vostra. Sappiate essere sempre grati a Dio, fonte di ogni bene, e restate saldi nell'adesione agli eterni valori del Vangelo.


4. Signor Presidente, mentre rinnovo il mio apprezzamento per il significativo dono, auguro di vero cuore prosperità e pace al suo Paese. Possa il Verbo incarnato portare i doni auspicati di serenità e di gioia ad ogni famiglia dell'amata Nazione slovacca. La Vergine, Madre di Dio, particolarmente presente nella liturgia del tempo natalizio, protegga e sostenga tutti nel quotidiano impegno.

Con tali auspici, invoco su di Lei, su quanti L'accompagnano, sulle rispettive famiglie e su tutti i Suoi connazionali l'abbondanza delle benedizioni divine.

Data: 1994-12-17 Data estesa: Sabato 17 Dicembre 1994





Angelus: la preghiera di Giovanni Paolo II con i fedeli in Piazza San Pietro - Città del Vaticano

Titolo: I doni di Natale non siano mai un'offesa per i poveri e per chi è nel bisogno




1. "Beata colei che ha creduto!" (Lc 1,45). Oggi è la quarta domenica di Avvento e la liturgia, con le parole di Elisabetta, ci invita a guardare alla Madre dei credenti per imparare ad accogliere e a donare Gesù.

In questa settimana che ci separa dal Natale siamo così invitati in modo particolare a metterci alla scuola di Maria per riconoscere il Verbo fatto carne ed accoglierLo con gioia. Affinché sia intensa e proficua l'attesa, la Vergine del Magnificat ci suggerisce di alimentare la nostra fede con la Parola del Signore; comprenderemo allora le meraviglie che Iddio realizza in chi lo cerca con cuore sincero e puro.

Maria è beata proprio perché, ascoltando la parola del Signore, ha riconosciuto ed ha accolto senza riserve il Figlio di Dio nel suo cuore, prima che nel suo grembo verginale.


2. La visita di Maria ad Elisabetta, di cui oggi parla il Vangelo di Luca, ricorda che la fede spinge il credente a portare Gesù ai fratelli. Essa ci fa capire quali prodigi i cristiani possono compiere: portando il Signore possono contagiare il mondo di gioia. Infatti, quante situazioni di tristezza, di ingiustizia, di violenza e di solitudine attendono dai fedeli una presenza che sia conforto e speranza per tutti! In questi giorni si pensa ai doni di Natale: il dono è un segno gioioso di amore. Nel seguire questa tradizione natalizia, il cristiano non deve dimenticare chi si trova nell'indigenza ed abita forse non lontano dalla sua casa.

I doni agli amici ed alle persone care non siano mai un'offesa per i poveri e per chi è nel bisogno.

La Vergine Santa ci insegna soprattutto che il Signore, da ricco fattosi povero per amore, chiede ad ogni suo discepolo di rendersi, egli stesso, dono per i fratelli.


3. Giovedi scorso è stata resa pubblica la Lettera che ho inviato ai bambini di tutto il mondo. Al termine dell'Anno della Famiglia ho desiderato rivolgermi direttamente ad essi per invitarli a porre la loro semplicità, la loro gioia di vivere, la loro spontaneità, la loro fede piena di stupore, a servizio della pace e della concordia nelle famiglie e nel mondo.

Ho guardato con loro alla sorte di tanti bambini segnati spesso dalla fame, dalla miseria, dalla malattia, dalla guerra, dalla prepotenza e persino dall'abbandono dei genitori, e li ho invitati a venire in soccorso di questi loro coetanei soprattutto con la solidarietà dell'amore e della preghiera.

Per prepararsi ad essere costruttori di pace e annunciatori di gioia, ho chiesto loro di appassionarsi come Gesù "alle cose del Padre", cioè alla parola di Dio esposta nella catechesi parrocchiale e scolastica; ho chiesto loro, in particolare, di accogliere con fede Gesù nella santa Comunione, per trarre dall'Eucaristia quella forza spirituale che ha fatto di altri loro coetanei degli eroi e dei santi.

Auguro ai bambini del mondo intero che il Natale ormai vicino li aiuti a donare a piene mani la gioia accesa dal divino Bambino nel loro cuore in attesa.

Sarà allora una celebrazione del Natale del Signore veramente ricca di frutti spirituali per le famiglie e per tutti.

Questa lettera ai bambini naturalmente è indirizzata ai bambini.

Essi sono i destinatari, sono invitati a pregare per la pace, dappertutto. Dovunque c'è la guerra, dovunque manca la pace, là c'è bisogno della preghiera dei bambini.

Così questa lettera è indirizzata anche a quelli che sono responsabili delle guerre, lontane e vicine. Pensiamo a tutti, ma forse con speciale insistenza a quelli vicini, dell'altra sponda dell'Adriatico.

A questi diciamo oggi, quarta Domenica d'Avvento, sei giorni prima di Natale: fermatevi, fermatevi davanti al bambino! Sia lodato Gesù Cristo! Buon Natale!

Data: 1994-12-18 Data estesa: Domenica 18 Dicembre 1994





Udienza: al capitolo Generale delle Suore Francescane Alcantarine - Città del Vaticano

Titolo: Essere coraggiosamente fedeli alla Chiesa, alla volontà di Dio, alla propria missione

Carissime Suore Francescane Alcantarine!


1. Sono lieto di questo incontro al termine del Capitolo Generale della vostra Congregazione. Nel rivolgervi il mio cordiale saluto, porgo uno speciale augurio alla nuova Madre Generale, Suor Pia Ammirati, che, insieme col nuovo Consiglio, si assume il grave, ma anche soave, peso della direzione dell'Istituto. Desidero esprimere, al tempo stesso, apprezzamento e riconoscenza alla Superiora Generale uscente, Suor Giovanna Achille, che per ben diciotto anni ha guidato la Congregazione.

Il mio pensiero grato e affettuoso si estende anche a tutte le Consorelle che in Italia e all'Estero lavorano in umiltà e in silenzio a servizio della Chiesa e della società.


2. Nel corso del vostro Capitolo non avete certo mancato di ritornare con la memoria agli inizi della Congregazione, quando a Castellammare di Stabia, il 17 settembre 1870, il Canonico Vincenzo Gargiulo, impressionato dalle tante necessità materiali e spirituali del popolo, raccolse il primo nucleo della vostra Famiglia religiosa, proponendo ad essa come ideale la spiritualità francescana di San Pietro d'Alcàntara, il celebre riformatore dell'Ordine francescano, padre spirituale di Santa Teresa d'Avila, e sostenitore della Riforma carmelitana.

Anche quelli erano momenti difficili: dopo l'unità della Nazione il Vescovo della città, Monsignore Francesco Saverio Petagna, difensore della fede e apostolo della carità, ritornato finalmente in diocesi dopo un non breve periodo di esilio, così scriveva alle vostre Consorelle di allora: "Ricordatevi, come prescrivono le vostre Costituzioni, di istruire la gioventù povera nell'intelletto e nella pietà... Tutte aiutino i parroci nelle opere di misericordia, poiché è prescritto nelle vostre Costituzioni di collaborare con essi specialmente nel visitare ed aver cura delle donne inferme, nonché istruirle nei principi della fede e disporle a ricevere i Sacramenti".

E' questo un programma pastorale intelligente e concreto, che la Congregazione ha cercato di realizzare nei decenni trascorsi e che è necessario attualizzare con slancio ancora maggiore nell'avvenire. E' quanto vi siete proposto nell'attuale Capitolo, fissando l'obiettivo dei prossimi sei anni nel "rilancio della vostra vita carismatica di Suore Francescane Alcantarine, alla soglia del 2000, per un servizio sempre più efficace alla Chiesa e al Regno di Dio". Vi incoraggio a perseverare con impegno su questa linea.


3. Nell'ormai immediata vicinanza del Natale, ricordando la parola del Salmo che l'Autore della Lettera agli Ebrei attribuisce al Divin Salvatore Gesù nato a Betlemme: "Ecco, io vengo per fare, o Signore, la tua volontà" (He 10,9), desidero anch'io esortarvi di cuore ad essere sempre serenamente e coraggiosamente fedeli alla volontà di Dio.

Essere fedeli alla volontà di Dio significa prima di tutto "fedeltà alla sua parola". Si sente a volte lamentare il "silenzio di Dio" nelle tormentate vicende della storia umana e anche della propria esistenza. E' lamento psicologicamente comprensibile, se si considera l'oscurità delle vicende umane, entro le quali la Provvidenza sviluppa i suoi misteriosi disegni. Il credente pero sa che "Dio ha parlato nei tempi antichi molte volte e in diversi modi ai padri per mezzo dei profeti, e ultimamente in questi giorni ha parlato a noi per mezzo del Figlio" (He 1,1-2). Chi sa mettersi in ascolto di Cristo trova nel Vangelo la risposta ad ogni suo vitale interrogativo. Siate dunque sempre fedeli al Verbo divino, che è Luce, Via, Verità e Vita: nelle tenebre del mondo, Lui solo è la luce "che illumina tutti gli uomini"! Essere fedeli alla volontà di Dio significa inoltre "fedeltà alla Chiesa": Gesù, che è verità per essenza essendo il Verbo divino incarnato, ha fondato la Chiesa appunto per diffondere il suo messaggio e trasmettere a tutti i sacramenti della salvezza. Distaccarsi dalla Chiesa significa fatalmente distaccarsi dalla Luce che è Cristo e cadere nella confusione, nella contraddizione, nell'insicurezza.

Infine, fedeltà alla volontà di Dio significa anche "fedeltà alla propria missione": ciascuno nei piani di Dio ha un proprio compito da svolgere; un compito lo ha, in particolare, ogni Congregazione che Dio suscita nella Chiesa per realizzare il suo disegno di salvezza. Siate dunque fedeli alla vostra consacrazione ed al vostro carisma francescano e alcantarino. E' vocazione esigente, la vostra, ma è vocazione di santità. Accettando con gioia e serenità i sacrifici che la vita consacrata vi impone, voi potete essere certe di camminare sulla strada che vi conduce alla piena comunione con Dio, fonte di ogni santità.


4. Carissime Sorelle! Alla culla del Bambino Gesù, che tra poco la liturgia ci inviterà ad adorare nel presepio, portate il vostro dono di fedeltà! Di questo fondamentale proposito hanno bisogno la Chiesa e l'intera umanità oggi, mentre ci si appresta a varcare la soglia del terzo millennio cristiano.

Maria Santissima, che dall'Annunciazione alla Croce ed alla Pentecoste fu sempre mirabilmente fedele, vi illumini e vi accompagni! E vi sia anche di conforto la Benedizione Apostolica che con affetto vi imparto.

Data: 1994-12-19 Data estesa: Lunedi 19 Dicembre 1994





Il discorso del Papa ai Cardinali, alla Famiglia Pontificia, alla Curia e alla Prelatura Romana per la presentazione degli auguri natalizi - Città del Vaticano

Titolo: 1994 - Un anno per la famiglia, per i bambini, per la vita

Signori Cardinali, Venerati Fratelli nell'Episcopato e nel Sacerdozio, Carissimi Fratelli e Sorelle!


1. In questo incontro che si svolge nella luce del Natale ormai prossimo, voglio iniziare il mio discorso con alcune accorate parole di Madre Teresa di Calcutta.

"Vi parlo dal profondo del cuore - ella disse intervenendo alla recente Conferenza Internazionale del Cairo su "Popolazione e Sviluppo" convocata dall'Organizzazione Mondiale delle Nazioni Unite - parlo ad ogni uomo in tutti i paesi del mondo... Ognuno di noi oggi è qui grazie all'amore di Dio che ci ha creati, e ai nostri genitori, che ci hanno accolti e hanno voluto darci la vita.

La vita è il più grande dono di Dio. E' per questo che è penoso vedere cosa accade oggi in tante parti del mondo: la vita viene deliberatamente distrutta dalla guerra, dalla violenza, dall'aborto. E noi siamo stati creati da Dio per cose più grandi - amare ed essere amati.

"Ho spesso affermato, e io ne sono sicura, che il più grande distruttore di pace nel mondo di oggi è l'aborto. Se una madre può uccidere il suo proprio figlio, che cosa potrà fermare te e me dall'ucciderci reciprocamente? Il solo che ha il diritto di togliere la vita è Colui che l'ha creata. Nessun altro ha quel diritto; né la madre, né il padre, né il dottore, né un'agenzia, né una conferenza, né un governo.

"Sono certa che nel profondo del vostro cuore sapete che il bambino non nato è un uomo amato da Dio, come voi e come me. Colui che lo sa può deliberatamente distruggere la vita? Mi terrorizza il pensiero di tutti coloro che uccidono la propria coscienza, per poter compiere l'aborto. Dopo la morte ci troveremo faccia a faccia con Dio, Datore della vita. Chi si assumerà la responsabilità davanti a Dio per milioni e milioni di bambini ai quali non è stata data la possibilità di vivere, di amare e di essere amati? "Dio ha creato un mondo grande abbastanza per tutte le vite che Egli desidera nascano. Sono soltanto i nostri cuori che non sono grandi abbastanza per desiderarle ed accettarle (...) Se vi è un bambino che non desiderate o non potete curare o educare, date quel bimbo a me. Non voglio rifiutare nessun bambino. Gli offriro una casa, o gli trovero genitori amorosi...".


2. Ho voluto riportare queste parole di Madre Teresa di Calcutta nell'odierno incontro prima del Natale, poiché esse sembrano mettere in evidenza una particolare caratteristica dell'anno che sta per concludersi. Il 1994 è stato un anno dedicato alla famiglia: l'Organizzazione delle Nazioni Unite lo ha proclamato Anno Internazionale della Famiglia. La Chiesa si è unita a tale proposta, celebrando in tutto il mondo l'Anno della Famiglia. Nell'iniziativa delle Nazioni Unite, infatti, abbiamo colto un grande tema che non può non sollecitare la nostra attenzione nel cammino di preparazione del terzo millennio ormai vicino. Durante i mesi scorsi in tutta la Chiesa si è pregato per le famiglie e con le famiglie e sono stati organizzati pellegrinaggi a vari santuari; le famiglie si sono incontrate in molteplici convegni, per dibattere i loro problemi e cercare opportune soluzioni; a coronamento di tutto si è tenuto a Roma l'8 e il 9 ottobre l'"incontro mondiale delle famiglie".

Oggi, raccolti davanti al mistero del Natale del Signore, ci rendiamo veramente conto dell'importanza che la famiglia ha nell'itinerario di preparazione al prossimo Grande Giubileo. Nella Santa Famiglia, Dio ha esaltato ogni famiglia umana. L'ha esaltata, divenendo un neonato - il Figlio dell'uomo. Parlando di sé, il Signore volentieri ricorreva a questa definizione tratta dal libro del profeta Daniele (cfr. Da 7,9-14). Colui che Pietro confesso Figlio di Dio (cfr. Mt 16,16) e che la Chiesa proclama Figlio consustanziale al Padre, Dio da Dio, amava qualificare se stesso come Figlio dell'uomo. Nato dalla Vergine Maria, crebbe infatti in una famiglia umana e, come Figlio di Dio, volle elargire a questa famiglia l'inesauribile ricchezza della santità divina.


3. Celebrando l'Anno della Famiglia nella prospettiva di tale mistero, la Chiesa ha inteso al tempo stesso mettere in rilievo la bellezza e la sublimità della vocazione coniugale e di quella di genitori. Ha desiderato ricordare a tutti gli uomini quanto ognuno di noi debba alla propria famiglia, sottolineando nuovamente quel che il Concilio Vaticano II ha espresso in modo così appropriato nella Costituzione pastorale "Gaudium et spes" sulla Chiesa nel mondo contemporaneo, là dove parla della valorizzazione della dignità del matrimonio e della famiglia.

Un aspetto peculiare dell'interesse della Chiesa per la famiglia è sicuramente la sollecitudine per il bambino. Potrebbe del resto la Chiesa, che è madre, non avere questa sollecitudine, quando da tante parti si sente riferire di fatti veramente terrificanti? Penso, in particolare, allo sterminio brutale dei bambini della strada, alla costrizione di bambini alla prostituzione, al commercio di bambini da parte di organizzazioni che si occupano di trapianti di organi; penso ai minori vittime della violenza e della guerra e a quelli utilizzati per il traffico e lo spaccio della droga o per altre attività criminali. Tutte aberrazioni, queste, che fanno inorridire al solo nominarle.

Quali compiti pastorali si delineano per la Chiesa di fronte a problemi tanto urgenti e gravi! L'Anno della Famiglia ha sicuramente contribuito a suscitare nei vari ambienti ecclesiali una più viva sensibilità al riguardo. Le molteplici iniziative promosse in questi mesi hanno dato nuovo impulso alla pastorale familiare, stimolando l'impegno apostolico dei singoli membri della famiglia, nella linea di quella che è forse la più specifica dimensione dell'impegno dei laici nella Chiesa. Il Pontificio Consiglio per la Famiglia ha partecipato a tutta questa ricca attività ed ha intrapreso iniziative proprie.

Desidero pertanto esprimere oggi un particolare ringraziamento al suo Presidente, il Signor Cardinale Alfonso Lopez Trujillo ed a tutti i suoi Collaboratori.


4. Di pari passo con l'attenzione al bambino e alla famiglia si è sviluppata la considerazione per la vita. Il matrimonio e la famiglia devono costituire un ambiente di amore responsabile, proprio perché l'amore coniugale è orientato alla vita. E' quanto già sottolineava Papa Paolo VI nell'enciclica Humanae vitae, testo che col passare degli anni si conferma sempre più come intervento profetico e provvidenziale.

L'anno che volge ormai al suo termine ne ha offerto una prova particolarmente significativa. In occasione della Conferenza del Cairo l'umanità si è trovata, infatti, di fronte ad un progetto di documento preparato da un Organismo facente capo all'Organizzazione delle Nazioni Unite, sotto l'influsso di alcuni Governi ed Organizzazioni Non Governative. Nella sua formulazione originaria tale documento costituiva una seria minaccia per la dignità del matrimonio e della famiglia, e in special modo per quella vita di cui, secondo il piano del Creatore, matrimonio e famiglia devono essere al servizio.

La Chiesa ha sempre insegnato che tale servizio deve svolgersi in modo responsabile. Negli ultimi anni, di fronte al problema del crescente popolamento del pianeta, essa non soltanto ha insegnato il principio della paternità e maternità responsabili, ma ha anche operato con impegno pastorale per orientare le coscienze verso una sua conveniente attuazione.

Quanto pero si voleva realizzare in questo ambito nel progetto iniziale della Conferenza del Cairo era assolutamente inaccettabile. In esso, in pratica, si tentava di includere, con linguaggio ambiguo, l'aborto tra gli altri mezzi per il controllo delle nascite. Fortunatamente, le preoccupanti proposte iniziali sono state poi ridimensionate nel corso dei lavori della Conferenza ed un richiamo al rispetto per i valori religiosi ed etici è entrato tra i principi che ispirano il documento finale. La voce della Chiesa ha cercato in ogni modo di farsi sentire, per contribuire al risveglio delle coscienze. Ciò ha suscitato un'eco favorevole non soltanto tra i cattolici e i cristiani, ma anche tra i seguaci della Legge di Mosè, tra i Musulmani, tra i rappresentanti di altre religioni non cristiane, nonché tra persone di buona volontà non legate ad un credo religioso. Il quinto comandamento del Decalogo "Non uccidere!" rispecchia un principio primordiale della legge naturale, valido per tutti allo stesso modo.


5. L'anno che sta per finire si è rivelato, inoltre, opportuno per suscitare nelle coscienze una più acuta sensibilità verso il valore della vita, compresa anche la vita dei non nati. Vorrei qui ricordare l'attività generosa ed illuminante svolta in questo campo da numerosi laici, soprattutto tra gli scienziati e i medici. E tra questi mi pare doveroso fare esplicita menzione di un uomo a tutti ben noto, che il Signore ha chiamato a sé il giorno di Pasqua del corrente anno: parlo del Prof. Jerôme Lejeune. E' partita da lui l'iniziativa di fondare la Pontificia Accademia per la Vita, nella quale si raccolgono scienziati ed esperti che intendono dedicarsi alla difesa della vita ed alla sua promozione nella società.

Compito dell'Accademia è, in particolare, di promuovere gli studi scientifici sulla vita, valore fondamentale da coltivare in ogni modo e con ogni mezzo, in stretto contatto con la comunità ecclesiale e con il mondo. Sono invitate a far parte dell'Accademia come membri corrispondenti persone che dedicano al tema della vita la loro attività professionale ed apostolica, operando in questo campo a prezzo talora di non pochi sacrifici.

La Pontificia Accademia per la Vita ha dunque carattere di organismo scientifico e pastorale. Come Pio XI nel suo pontificato promosse il rapporto della Chiesa con le scienze mediante l'istituzione della Pontificia Accademia delle Scienze, così nei nostri tempi si è sentito il bisogno di un'istituzione accademica dedicata alla vita. Essa rimarrà in stretto contatto sia con il Pontificio Consiglio per la Famiglia che con il Pontificio Consiglio della Pastorale per gli Operatori Sanitari. La responsabilità per la vita, infatti, è strettamente connessa con il servizio compiuto dai medici e da tutti gli operatori della sanità. Sono riconoscente al Signor Cardinale Fiorenzo Angelini per le iniziative di studio, i convegni e le altre attività che costantemente promuove per diffondere i principi etici cristiani nell'ambiente sanitario.


6. L'anno che sta per finire s'è rivelato particolarmente favorevole per le Istituzioni della Sede Apostolica. Nei mesi scorsi, infatti, ha preso felicemente avvio anche la Pontificia Accademia delle Scienze Sociali. Nel ringraziare vivamente il Cardinale Roger Etchegaray, Presidente del Pontificio Consiglio "Iustitia et Pax" e quanti ne sono stati promotori e organizzatori, esprimo l'auspicio che la Sede Apostolica e in particolare il predetto Pontificio Consiglio possano trovare nella nuova Accademia un valido aiuto.

La dottrina sociale della Chiesa si è sviluppata infatti anche per merito di tanti esperti di scienze sociali, che hanno aiutato lo stesso Magistero a illustrare sempre meglio le esigenze evangeliche in rapporto alle sfide della storia.

Mi piace a tal proposito menzionare il contributo che grandi pensatori cattolici diedero all'elaborazione del concetto cristiano di democrazia. Me ne offre l'occasione una significativa ricorrenza, che cade esattamente in questi giorni: cinquant'anni fa, in occasione del Natale del 1944, Papa Pio XII pronuncio un memorabile radiomessaggio proprio sulla democrazia. Sullo sfondo dei disastri provocati dai totalitarismi e dalla guerra, il grande Pontefice volle esaminare secondo quali norme la democrazia deve essere regolata "per potersi dire una vera e sana democrazia" (Discorsi e radiomessaggi di Sua Santità Pio XII, vol. VI, p. 237). E ricordo a tal proposito che un'autentica democrazia suppone un popolo consapevole dei suoi diritti e dei suoi doveri, capace di darsi governanti all'altezza dei loro compiti, dotati cioè di una "chiara intelligenza dei fini assegnati da Dio ad ogni società umana, congiunta col sentimento profondo dei sublimi doveri dell'opera sociale" (Ibid., p. 241). Solo a queste condizioni, infatti, quelli a cui è affidato il potere possono adempiere i propri obblighi "con quella coscienza della propria responsabilità, con quella oggettività, con quella imparzialità, con quella generosità, con quella incorruttibilità, senza le quali un governo democratico difficilmente riuscirebbe ad ottenere il rispetto, la fiducia e l'adesione della parte migliore del popolo" (ibid.).


7. Su questo come su altri importanti temi del vivere sociale il Magistero della Chiesa è sempre nuovamente sollecitato. Alla Pontificia Accademia delle Scienze Sociali, dunque, il compito di favorire il fecondo rapporto tra studiosi della società e Pastori della Chiesa. In particolare, si tratta di affrontare le problematiche che nascono da ingiustizie sociali oggi presenti in forme nuove rispetto a quelle denunciate cento anni fa nell'enciclica "Rerum novarum". Ne hanno già parlato i Papi Giovanni XXIII nell'enciclica "Mater et magistra" e Paolo VI nella "Populorum progressio". Le forme d'ingiustizia sociale dei giorni nostri assumono dimensioni ben più vaste che nel passato, giacché non interessano soltanto le classi all'interno delle singole Nazioni, ma dilagano oltre i confini degli Stati per interessare i rapporti internazionali e persino intercontinentali.

E' difficile in questo momento svolgere un'analisi più ampia. Tuttavia, anche semplicemente osservando alcune tendenze presenti nella recente Conferenza del Cairo su "Popolazione e Sviluppo", non si può non cogliere il tentativo di avallare un'ingiustizia a spese delle fasce sociali più umili del cosiddetto terzo mondo. Piuttosto che intraprendere un'azione mirante ad una più giusta distribuzione dei beni, promuovendo uno sviluppo integrale, si è cercato di proporre, e in un certo senso perfino di imporre, alle Nazioni più povere e in via di sviluppo delle soluzioni che includono l'aborto come loro componente essenziale, senza alcun rispetto per il valore fondamentale della vita.

A questo proposito, esprimo l'auspicio che ben diverso indirizzo possa caratterizzare il "vertice mondiale sullo sviluppo sociale" che si terrà a Copenaghen nel marzo prossimo e che affronterà i temi della lotta contro la povertà, della creazione di posti di lavoro produttivo e dell'integrazione sociale, temi tutti che la dottrina sociale della Chiesa ritiene importanti ed urgenti.


8. Da tutto ciò si può capire quanto sia necessario che i grandi problemi della giustizia sociale siano affrontati con sollecitudine operosa ed insieme con chiari e solidi principi etici, se si vuole evitare il rischio del ricorso a rimedi peggiori dello stesso male. Proprio a questo scopo fu promosso, come uno dei primi frutti del Vaticano II, il Pontificio Consiglio "Iustitia et Pax". Nel periodo postconciliare si è dimostrato quanto opportunamente esso rispondesse ai bisogni del tempo, e quanto indispensabile esso fosse per dare alla Chiesa possibilità di adempiere ai suoi compiti, a servizio del Vangelo e a servizio dell'uomo.

Ciò vale anche per il Consiglio della Cultura e per gli altri Dicasteri della Santa Sede. Se essi servono la Chiesa "ad intra", nello stesso tempo non cessano di assumersi compiti "ad extra", in collaborazione con gli Episcopati di tutti i Paesi, insieme con i quali cercano le vie di opportune soluzioni.

Desidero porgere oggi un cordiale ringraziamento ai Signori Cardinali e Arcivescovi, Presidenti dei vari Dicasteri, ed ai loro collaboratori: sacerdoti, religiosi, religiose e laici. Nell'Anno della Famiglia lo faccio pensando, in particolare, alle famiglie dei collaboratori laici, ed auspico che la Curia Romana rivesta sempre più il carattere di una speciale famiglia. Con uguale affetto esprimo il mio augurio ai Superiori ed al personale del Governatorato dello Stato della Città del Vaticano, a tutti ed a ciascuno in particolare.


9. L'anno che sta per finire ha visto la celebrazione a Roma di due Sinodi dei Vescovi: in primavera un sinodo continentale, dedicato ai problemi della Chiesa nel Continente africano; in autunno, quello dedicato alla vita consacrata e alla sua missione nella Chiesa e nel mondo. Si può dire che in entrambi si è potuto rivivere in qualche modo l'esperienza del Concilio Vaticano II e del suo spirito.

E' un'esperienza che permette di analizzare con il metodo sinodale i problemi via via emergenti e di cercarne la soluzione. Nell'arco degli anni trascorsi dalla conclusione del Concilio ad oggi, questo metodo si è molto rinnovato. Per decidere questioni di grande importanza, c'è bisogno del Sinodo, di un incontro cioè di Pastori coadiuvati da esperti, i quali mediante la preghiera e lo scambio di esperienze siano in grado di proporre indicazioni operative utili per quell'annuncio del Vangelo che si attua con la parola e con la vita.

Ci prepariamo così al termine del secondo millennio. Nell'Anno giubilare la Chiesa vuole presentarsi davanti al suo Maestro e Signore come sposa fedele, che lo ama ed è sollecita della sua missione salvifica nel mondo. Quando infatti il Figlio dell'uomo viene tra noi, mistero che si rinnova liturgicamente nel tempo natalizio, ci porta sempre lo stesso messaggio, fonte di una speranza che è più forte di qualunque paura: "Dio ha tanto amato il mondo, da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna" (Jn 3,16).

Con questi sentimenti, grato per le parole del Cardinale Decano, desidero porgere i più cordiali auguri a tutti i Signori Cardinali, Arcivescovi e Vescovi, come pure ai presbiteri, ai diaconi, ai religiosi, alle religiose e ai dipendenti laici: la speranza e la gioia del Natale del Signore siano la nostra parte nella notte di Natale e durante l'intero periodo delle feste natalizie! Auguri!

Data: 1994-12-22 Data estesa: Giovedi 22 Dicembre 1994






GPII 1994 Insegnamenti - Udienza: il Papa ai partecipanti ad un corso promosso dall'Università Cattolica del Sacro Cuore - Città del Vaticano