GPII 1994 Insegnamenti - Udienza: il saluto del Papa ai rappresentanti dell'Azione Cattolica Ragazzi - Città del Vaticano

Udienza: il saluto del Papa ai rappresentanti dell'Azione Cattolica Ragazzi - Città del Vaticano

Titolo: La preghiera dei bambini è quella che il Signore ascolta di più

Vorrei ringraziare per la vostra presenza qui, per questi auguri, per questi diversi doni che avete portato dalle diverse regioni, dalle diverse diocesi d'Italia. Ma avete portato soprattutto il dono che siete voi stessi, bambini e giovani di A.C.R.

Siete venuti qui anche con i vostri Superiori dell'Azione Cattolica, anche con il Presidente. Ma lui non sapeva cantare quel canto che avete eseguito... Deve entrare nell'A.C.R...

Un anno fa è incominciato l'Anno della Famiglia con una Lettera, perché le famiglie sono fatte da persone, e alle persone si scrive, si scrive una Lettera alle famiglie. così, con questa Lettera alle Famiglie, abbiamo camminato tutto l'anno attraverso l'Italia e tutti i Paesi, i Continenti. Tutti hanno letto e meditato questa Lettera alle Famiglie e l'hanno anche certamente completata nella propria esperienza.

Nell'avvicinarsi alla conclusione di questo anno, un Vescovo dell'India mi ha detto: "Si deve assolutamente scrivere una Lettera ai bambini!". Ha insistito e io ho ceduto. Ho scritto questa Lettera ai bambini come conclusione: è una bella conclusione se si considera la circostanza, perché la famiglia va avanti con i bambini. Dalla famiglia escono i bambini e poi essi stessi creano le loro famiglie. così cammina il mondo attraverso la storia. Ma questa conclusione è bella soprattutto perché è nel giorno del Natale. Nella grotta di Betlemme nasce il Bambino, il Bambino Gesù, Figlio di Dio, Figlio di Maria, Figlio di Dio e Figlio dell'uomo.

Allora, è bene che tutti i bambini, i coetanei del Bambino Gesù della nostra epoca, abbiano questa Lettera, questo segno di ciò che la Chiesa di Cristo pensa di loro: la Chiesa li ama, li sollecita per il loro futuro, per il loro bene, prega per loro e con loro, specialmente con loro. Ho poi anche ricordato nell'Angelus di domenica scorsa che i bambini devono pregare molto per la pace, perché loro sono quelli che il Signore ascolta di più. Hanno i cuori puri, hanno quella semplicità che vince anche il cuore di Dio.

Allora, carissimi bambini, vedete la vostra importanza nella Chiesa e nel mondo, in Vaticano e dappertutto, in ogni diocesi, soprattutto in ogni famiglia. così io vi auguro di avere buone famiglie, buoni genitori, buoni fratelli, sorelle, per poter vivere bene la vostra fanciullezza e la vostra giovinezza: vivere bene, crescere negli anni e nella grazia, nelle forze fisiche e spirituali. Questo è il mio augurio che voglio trasmettere dal cuore di Gesù a voi tutti qui presenti.

Buon Natale e buon anno!

Data: 1994-12-22 Data estesa: Giovedi 22 Dicembre 1994





Ai membri del Servizio Missionario Giovanile - Città del Vaticano

Titolo: La fedeltà del Signore è il fondamento della speranza

Carissimi amici del Servizio Missionario Giovanile!


1. Sono particolarmente lieto di accogliervi quest'oggi in occasione del trentesimo anno di vita della vostra "famiglia". Ringrazio per i sentimenti manifestati a nome di tutti voi il Signor Ernesto Olivero, che dell'azione svolta in questi trent'anni è il primo animatore.

E spontaneo, in un momento come questo, guardare al cammino percorso.

Guardare al passato, per il credente, non è gesto nostalgico, ma atto di doverosa riconoscenza verso il Signore. Quante prove della sua presenza Egli vi ha dato in questi anni, manifestandosi in mille modi e in mille volti, segni tutti della sua Provvidenza.

La fedeltà del Signore è il fondamento della speranza. Secondo la Rivelazione, infatti, la speranza non è un'elaborazione intellettuale o un'effusione sentimentale, ma una virtù teologale, che esprime l'atteggiamento interiore dell'uomo che ha incontrato Dio ed ha sperimentato le grandi opere del suo amore. E la speranza di Abramo, che supera ogni speranza umana (cfr. Rm 4,18).

E la speranza di Maria di Nazareth, che accoglie con docile responsabilità il disegno divino nella sua esistenza. E la speranza degli Apostoli e dei martiri che, in mezzo alle prove, non hanno mai dubitato di Colui che con la sua morte e risurrezione, ha posto nel mondo il seme della Vita eterna.


2. Carissimi, il Signore conduce le comunità ecclesiali a scoprire, per tappe e per gradi, l'essenziale della loro missione, aiutandole passo dopo passo, con la luce e la forza dello Spirito Santo, a leggere i segni della storia. Il fatto che il Servizio Missionario Giovanile sia giunto, a trent'anni dalla sua nascita, a chiamarsi "Fraternità della Speranza", non è un caso, né uno slogan.

Il Papa ha intitolato il volume recentemente pubblicato "Varcare la soglia della speranza", e questo non per usare una frase ad effetto, bensi per sottolineare ulteriormente che la speranza è una dimensione essenziale del cammino del cristiano. Essa deve essere vissuta con singolare intensità nel passaggio tra il secondo e il terzo millennio cristiano.


3. Impresa non facile in questa nostra epoca, disillusa sul piano ideologico, debole sul piano filosofico e confusa su quello culturale. Esperienze come la vostra - e, grazie a Dio, ve ne sono molteplici, diverse e tutte magnifiche, nella Chiesa universale! - rispondono sicuramente al provvidenziale disegno di suscitare la speranza nei cuori degli uomini. E lo fanno mediante la testimonianza della carità.

Giustamente la Chiesa italiana ha scelto questa via per il suo cammino nell'ultimo decennio del secolo e del millennio. Anche questo è provvidenziale: l'evangelizzazione - sempre, ma specialmente in un'epoca come la nostra - deve passare attraverso la testimonianza della carità. La speranza infatti si comunica dimostrando una tenace e gioiosa capacità di farsi prossimo all'uomo come ad un fratello, specialmente quando è povero, piccolo, solo, emarginato. Questo pero non può avvenire senza preghiera, senza una fede costantemente alimentata alle sorgenti della Parola e dello Spirito, senza lunghi e profondi silenzi, capaci di dare spessore ai gesti ed alle parole.

Il Servizio Missionario Giovanile ha capito tutto ciò per esperienza e per tale ragione siete oggi colmi di riconoscenza verso il Signore. Se voi lo invocherete fiduciosi, Iddio continuerà a mostrarvi le sue vie che sono anche le "vie della Chiesa", e vi condurrà incontro all'uomo, alla famiglia, ai bambini, dovunque c'è una vita da accogliere, da difendere, da promuovere.

Carissimi, grazie per la vostra visita e la vostra testimonianza; auguri per l'oggi e per il domani. Vi illumini il divino fulgore del Bambino di Betlemme.

Vi protegga sempre Maria, Vergine della Speranza, e vi incoraggi la mia Benedizione, che imparto di cuore a voi qui presenti e a tutti gli amici del Servizio Missionario Giovanile "Fraternità della Speranza".

Data: 1994-12-23 Data estesa: Venerdi 23 Dicembre 1994





Messa di Mezzanotte: l'omelia di Giovanni Paolo II durante la Messa "in Nocte Sancta" celebrata nella Basilica Vaticana - Città del Vaticano

Titolo: La via della salvezza passa attraverso la famiglia




1. "Puer est natus nobis, Filius datus est nobis": "Un bambino è nato per noi, ci è stato dato un figlio" (Is 9,5).

In questa notte, in cui si celebra il Natale del Signore, le parole del profeta Isaia acquistano una particolare attualità. Ecco: nasce il Bambino. Scrive l'evangelista Luca: "Si compirono per lei i giorni del parto. Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo depose in una mangiatoia, perché non c'era posto per loro nell'albergo" (2,6-7). Sono parole che ben conosciamo.

Parlano a noi da innumerevoli rappresentazioni artistiche e da tanti brani di letteratura. Esse si trovano al centro della cultura cristiana e, in certo senso, anche di quella universale.

Nasce il Dio-Uomo, scegliendo di venire al mondo dal grembo di una madre come ogni uomo. E' il primogenito, il primo e l'unico, dato alla luce da Maria.

Come avviene per ogni neonato, anch'egli è lasciato alle premure della sua Genitrice e di Giuseppe, il carpentiere, che per volontà del Padre celeste ne diviene il custode sulla terra.

Il tempo della sua nascita ha una precisa collocazione storica: Gesù viene alla luce al tempo di Cesare Augusto, mentre Quirino è il governatore romano della Siria ed ha sotto la sua giurisdizione anche la Palestina. Gesù nasce durante il censimento disposto da Augusto per tutto l'impero. Per sottomettersi a tale ordine, Giuseppe e Maria si recano da Nazaret a Betlemme, perché appartenenti entrambi alla stirpe di Davide. Ma ciò che ha una particolare eloquenza è il fatto che, appena nato, il bambino Gesù "venne deposto in una mangiatoia, perché non c'era posto per loro nell'albergo" (Lc 2,7).


2. "Puer est natus nobis, Filius datus est nobis...".

Il Vangelo di san Luca ci racconta tutto ciò che riguarda la nascita del Bambino: era un puer, cioè un maschio; la madre era vergine, sposa di un uomo della casa di Davide (cfr. 1,27), il luogo della nascita Betlemme (cfr. 2,4), la culla una semplice mangiatoia (cfr. 2,7). Esponendo l'evento, Luca lascia intravedere allo stesso tempo il contesto familiare. Come ogni famiglia umana, anche quella di Gesù attraversa i suoi momenti difficili. Poco dopo la nascita del Bambino, infatti, essa dovrà fuggire davanti alla crudeltà di Erode e, dopo la morte di questi, tornata in Galilea, condividerà la sorte di tanta gente semplice d'Israele.

Questa Famiglia è stata lungo l'arco di quest'anno il modello di tutte le famiglie umane, e lo rimane per sempre. Essa è, infatti, la Santa Famiglia. E' la Famiglia nella quale venne al mondo il Figlio di Dio, il Redentore del mondo.

Nella notte del Natale del Signore, i pastori, che custodivano il gregge nei campi intorno a Betlemme, udirono le parole che li invitavano al luogo dove era deposto il Bambino. Un angelo disse loro: "Ecco, vi annunzio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi vi è nato nella città di Davide un Salvatore, che è il Cristo Signore. Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, che giace in una mangiatoia" (Lc 2,10-12). I pastori di Betlemme possono così convincersi che la via della salvezza passa attraverso la famiglia.

Anche noi abbiamo potuto nuovamente convincerci di tale verità nel corso di quest'anno che sta ormai per terminare. Esso in tutto il mondo e nella Chiesa è stato l'Anno della Famiglia.


3. "Filius datus est nobis...": "Ci è stato dato un figlio..." (Is 9,5).

Come è precisa la distinzione applicata dal profeta Isaia! Egli preannuncia la nascita del Signore, così come la raccontano il Vangelo di Luca e di Matteo, come pure quello di Giovanni. Se, infatti, il Bambino è nato come Figlio dell'uomo, figlio di una Madre umana, allo stesso tempo questo Figlio è stato dato dal Padre celeste come il più grande dono per l'uomo. Qui riuniti, siamo testimoni del mistero dell'Incarnazione. Il Figlio consustanziale al Padre, Colui che professiamo nel Credo con le parole: "Dio da Dio, Luce da Luce", si fa uomo. "Il Verbo si fece carne", scrive san Giovanni nel suo Vangelo (1,14).

Con la sua nascita il Dio-Uomo introduce l'intera umanità nella dimensione della divinità, elargisce ad ogni uomo, che nella fede si apre ad accogliere il dono, la partecipazione alla vita divina. Proprio questo è il significato di quella salvezza di cui odono parlare i pastori nella notte di Betlemme: "Vi è nato un Salvatore..." (Lc 2,11).

La via della salvezza passa attraverso la famiglia, non soltanto nel primordiale senso umano del termine, ma più ancora in ragione di quello che scaturisce dal Natale del Signore. Quando infatti l'eterno Padre ci consegna il suo Figlio perché questi dimori tra noi, egli dona a noi anche se stesso, ci dona insieme a lui la sua paternità, offrendo a tutti, all'umanità intera, la possibilità di entrare a far parte della grande famiglia divina. Le vie della salvezza dell'uomo si uniscono con quella Famiglia divina che si manifesto nella notte di Betlemme. L'Anno della Famiglia, che sta per finire, aiuti noi tutti ad approfondire questo mistero, per il bene di tutti gli uomini e di tutte le Nazioni del mondo.


4. Leggiamo in Isaia: "Il popolo che camminava nelle tenebre vide una grande luce; su coloro che abitavano in terra tenebrosa una luce rifulse. Hai moltiplicato la gioia, hai aumentato la letizia" (9,1-2).

Come avviene che il Natale del Signore sia un evento di gioia? E' quanto accade, infatti, non solo per i cristiani, ma anche per gli altri. Il periodo di Natale è, nella liturgia e nella tradizione, un periodo di particolare letizia. La troviamo nei canti che oggi, sin dalla mezzanotte, risuonano qui nella Basilica di San Pietro e in tutto l'orbe terrestre. Essi risuonano perfino in mezzo alla sofferenza, come possono testimoniare quanti stanno vivendo l'esperienza del carcere, del campo di concentramento, dell'ospedale o di altri luoghi, nei quali si è sofferto o si continua a soffrire. La gioia per la nascita del Figlio di Dio è più grande della sofferenza. E io condivido questa gioia con voi tutti e tutti ad essa invito con le parole angeliche: "Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini che egli ama" (Lc 2,14).

Cari Fratelli e Sorelle, vi annunzio una grande gioia: per mezzo del Figlio, che s'è fatto uomo per noi, Dio ci ama!

Data: 1994-12-24 Data estesa: Sabato 24 Dicembre 1994





Udienza: il discorso del Papa alla comunità polacca in occasione del tradizionale scambio di auguri natalizi - Città del Vaticano

Titolo: Dividendo il pane della vigilia, la comunità della Nazione deve misurarsi col tempo presente guardando al futuro

Miei cari Fratelli e Sorelle!


1. La Vigilia del Natale del Signore ha una particolare eloquenza. Ci troviamo alla soglia di questa santa notte, che ci ricorderà l'evento di Betlemme descritto da S. Luca Evangelista (cfr. 2,1-20). S. Giovanni nel suo Vangelo esprimerà in un altro modo lo stesso evento: "E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi" (1,14). E' infatti possibile descrivere l'evento di Betlemme dalla parte degli uomini, concentrando l'attenzione su quanto avveniva allora a Betlemme in occasione del censimento della popolazione: da parte di Maria e di Giuseppe, in cerca di un tetto, affinché il Figlio che attendevano potesse venire al mondo in condizioni umane; ed anche da parte dei pastori, che per primi salutarono la venuta del Figlio di Dio in carne umana. Tutto questo lo leggiamo in S. Luca.

S. Giovanni Evangelista invece è più conciso e va al fondo stesso del Mistero: "E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi". Questo Verbo è l'eterno Figlio del Padre, è Dio da Dio e Luce da Luce. Per mezzo di lui tutto è stato creato. In lui era ed è la vita: la quale non ha termine. E proprio questa vita è la luce degli uomini (cfr. Jn 1,1-5). Grazie a lui l'uomo vive nella prospettiva dell'immortalità, nella prospettiva dell'eterna vita in Dio. E per aprire una tale prospettiva davanti all'uomo "il Verbo si fece carne". Il Figlio di Dio assunse la natura umana e si fece uomo, cioè uno di noi. Dal primo istante della sua esistenza terrena accetto la povertà, poi anche la sofferenza e la morte in croce, per rivelare, mediante la sua risurrezione, la vita che in lui è più forte della morte. In questo modo getto sulla nostra umana esistenza la luce della Buona Novella.


2. Tutto questo inizia proprio nella notte del Natale del Signore. "Questa notte è per noi santa", scrisse Wyspianski in "Wyzwolenie" ("Liberazione") e le sue parole confermano il sentimento comune che accompagna la vigilia, la notte e la festa del Natale del Signore. La sacralità di questo evento corrisponde alla grandezza del Mistero, che viene intuito perfino da coloro che si trovano fuori del cristianesimo. Per tutti il Natale significa in qualche modo un nuovo inizio e un nuovo senso della vita umana. Grazie a ciò in questi giorni, e specialmente la sera della vigilia, le persone si sentono più vicine tra loro. Si incontrano alla cena della vigilia e si scambiano gli auguri. Dividono il pane bianco di Natale.

Qui il pane di Natale è un simbolo eucaristico. Non è un sacramento, ma è un simbolo dell'amore lasciatoci da Cristo sotto la specie del pane. Il pane della vigilia ricorda il suo amore ed esorta noi, uomini, all'amore, prima di tutto nelle famiglie in cui viviamo, ed anche, ovunque incontriamo i nostri prossimi.

Noi, Polacchi che viviamo a Roma, sentiamo lo stesso bisogno.

Desideriamo spezzare il pane bianco di Natale e sperimentare la vicinanza che ci unisce. Desideriamo farci vicendevolmente gli auguri, e in questi auguri della vigilia sempre risuona qualche eco di quella grande "benevolenza", dimostrataci da Dio stesso. "E' apparsa infatti la grazia, apportatrice di salvezza per tutti gli uomini", scrive S. Paolo (Tt 2,11). La grazia ossia "la benevolenza": la benevolenza di Dio per tutti noi. Anche noi desideriamo avere una parte in questa divina "benevolenza" per l'uomo, in questa salvifica "filantropia", senza la quale è difficile vivere e convivere con gli altri. così dunque ci incontriamo per dividere il pane di Natale, augurandoci vicendevolmente il bene che proviene da Dio e che per volontà di Dio deve raggiungerci mediante gli uomini. Ci apriamo a questo bene che gli altri ci augurano. Il bene deve dimostrare di essere più forte del male (cfr. Rm 12,21). Proprio grazie a Cristo, simboleggiato dal pane della vigilia, il bene dimostra di essere più forte del male. Cristo, infatti, ha vinto il male e "ha fatto risplendere la vita e l'immortalità per mezzo del Vangelo" (2Tm 1,10), per mezzo della Buona Novella.


3. Spezzando il pane della vigilia pensiamo allo stesso tempo a tutti i nostri Connazionali che vivono in Patria e a quelli dispersi su tutta la terra. Di nuovo vengono in mente le parole dello stesso poeta, scritte in "Wyzwolenie" ("Liberazione") all'inizio del nostro secolo: "Dacci di sentire la forza e dacci la Polonia viva affinché si compiano le parole sopra questa terra felice". Verso la fine di questo secolo si può dire che le parole del poeta si sono compiute. Dio ha dato ai Polacchi "di sentire la forza", grazie alla quale dopo la prima guerra mondiale hanno potuto ricostruire la loro Patria indipendente. Dio ci ha dato anche "di sentire la forza", per poter far fronte al pericolo mortale nei riguardi della nostra indipendenza dall'Occidente e dall'Oriente durante la seconda guerra mondiale. E ci ha dato infine "di sentire la forza", per poter far fronte al pericolo portato con sé dal sistema totalitario, costruito sull'ideologia marxista e sulla prepotenza. Le nostre vigilie polacche del Natale di anno in anno si allontanano da quelle esperienze storiche, che hanno segnato il secolo che volge al termine e che in qualche modo servirono al compimento della preghiera di Corrado in "Wyzwolenie" ("Liberazione") di Wyspianski.

Per che cosa dobbiamo pregare nella notte del Natale del 1994? L'esperienza degli ultimi anni ci insegna che continua ad essere attuale la domanda rivolta a Cristo per "sentire la forza", quella forza che dà la vita, che rende la vita in terra patria, nella Polonia indipendente, più umana, più cristiana; che costruisce il futuro di ogni uomo e di tutta la società.

L'esperienza di questi ultimi anni indica anche il fatto che l'indipendenza della Patria crea un nuovo genere e una nuova scala di compiti, che si pongono davanti a tutta la società e davanti ad ogni Polacco. A volte sembra che questi compiti siano più difficili di quelli che dovevamo assumerci prima. In ogni caso questi sono compiti nuovi. Dividendo il pane della vigilia, nella grande comunità della nostra Nazione, ci facciamo gli auguri che ognuno di noi sappia discernere ed assumersi questi compiti a misura del tempo in cui viviamo.

Guardiamo al futuro. Il secolo XX volge al suo termine. Guardiamo in questa direzione e contemporaneamente spingiamoci con lo sguardo oltre alla storica soglia del secondo millennio. Se ne vanno gradualmente gli uomini che formarono la loro e la nostra vita comune nel secolo ventesimo e vengono i nuovi, i giovani, il cui futuro appartiene ormai al successivo millennio. Dividendo il pane della vigilia, che ci ricorda Cristo, desidero ardentemente augurare a tutti i miei Connazionali che lo sguardo della loro anima sia costantemente fisso sul Salvatore del mondo, nato nella notte di Betlemme, a Cristo che è "la via, la verità e la vita" (Jn 14,6), che è "lo stesso ieri, oggi e sempre" (He 13,8).

Data: 1994-12-24 Data estesa: Sabato 24 Dicembre 1994





Messaggio "Urbi et Orbi" rivolto da Giovanni Paolo II dalla Loggia della Basilica Vaticana ai fedeli di tutto il mondo - Città del Vaticano

Titolo: Il cuore del Papa palpita per le famiglie di tutta la terra e per la grande famiglia umana lacerata da egoismi e violenze




1. "Il Signore Gesù quando prega il Padre perché "tutti siano una cosa sola" (Jn 17,21), ...ci ha suggerito una certa similitudine tra l'unione delle persone divine e l'unione dei figli di Dio nella verità e nella carità". così leggiamo nella Costituzione pastorale del Concilio Ecumenico Vaticano Secondo Gaudium et spes sulla Chiesa nel mondo contemporaneo (GS 24).

Dopo aver dischiuso davanti alla ragione umana le inaccessibili prospettive della fede, il Concilio continua: "Questa similitudine manifesta che l'uomo, il quale in terra è la sola creatura che Iddio abbia voluto per se stessa, non può ritrovarsi pienamente se non attraverso il dono sincero di sé" (GS 24).


2. Oggi è il giorno del Natale del Signore! Il Padre ci ha donato il suo Figlio: per questo ineffabile dono siamo pieni di gioia.

Il Figlio di Dio, concepito per opera dello Spirito Santo nel grembo dell'Immacolata Vergine Maria e nato nella grotta di Betlemme, ha scelto di entrare nel mondo all'interno di una famiglia, la Santa Famiglia di Nazaret.

Davanti al presepe, gli occhi del cuore e della fede si concentrano su questa Famiglia: su Gesù, su Maria e su Giuseppe.

Durante l'intero periodo natalizio i nostri sguardi gioiranno per il mistero della Santa Famiglia, così come gioiscono i bambini quando fissano il presepe, riconoscendo in esso quasi un prototipo della loro famiglia, la famiglia nella quale sono venuti al mondo.

Quanti presepi ci sono nel mondo! Nelle chiese, nelle piazze, come qui in Piazza San Pietro, nelle case e perfino nei luoghi di lavoro. Il Natale del Signore ci allieta, ci allieta il mistero della Santa Famiglia. Tutti desiderano aver parte a questa gioia: è gioia che oggi vogliamo augurare a tutti.


3. Il mio Messaggio natalizio quest'anno è indirizzato soprattutto alle famiglie.

Al termine dell'anno ad esse particolarmente dedicato, là torna il pensiero, al mistero della Santa Famiglia, da cui la celebrazione ha preso l'avvio.

Il Legato Pontificio si recherà nuovamente a Nazaret, nella Festa della Santa Famiglia, per concludere solennemente quest'Anno nel luogo santificato dalla presenza umile e laboriosa di Maria, di Giuseppe e di Gesù.

Con questo Messaggio vorrei richiamare alla mente quanto nel febbraio scorso ebbi a dire alle famiglie del mondo intero mediante la speciale Lettera ad esse indirizzata. Desidero rendere grazie per tutti i frutti che l'Anno della Famiglia ha recato nelle singole Comunità ecclesiali e nei Paesi di ogni continente. Sono innumerevoli le iniziative promosse nel corso di questi mesi a favore della famiglia: esse hanno avuto il loro coronamento nell'indimenticabile raduno delle famiglie venute da tutto il mondo qui, in questa Piazza, l'8 e il 9 ottobre scorso. Con quale gioia abbiamo celebrato allora quella grande festa, nella quale la famiglia - piccola chiesa domestica - si è fatta presente in maniera veramente universale. E' emerso quanto impegno creativo sia stato profuso per favorire la dignità del matrimonio e della famiglia, secondo l'espressione della Gaudium et spes, e nel promuovere iniziative a favore della sua santità.

Ricordando tutto questo, mi sale dal profondo del cuore l'implorazione: Famiglia, Santa Famiglia, guidaci con il tuo esempio e proteggici!


4. Gesù prega il Padre celeste perché tutti siano una cosa sola (cfr. Jn 17,21): è preghiera fiorita sulle sue labbra il giorno prima della Passione; preghiera che, pero, egli porta già con sé nel momento della sua nascita: Padre, fa' che "siano come noi una cosa sola" (Jn 17,22). Non pregava in quel momento anche per l'unità delle famiglie umane? Pregava certo innanzitutto per l'unità della Chiesa; ma la famiglia, sostenuta da uno speciale Sacramento, è cellula vitale della Chiesa, anzi, secondo l'insegnamento dei Padri, è una piccola chiesa domestica. Dunque, Gesù ha pregato fin dalla sua venuta nel mondo perché quanti credono in Lui esprimano la loro comunione a partire dalla profonda unità delle loro famiglie; unità che del resto è insita "fin dal principio" nel progetto di Dio sull'amore coniugale, da cui la famiglia prende origine (cfr. Mt 19,4-6). Possiamo dunque pensare che Gesù ha pregato per la sacra e fondamentale unità di ogni famiglia. Ha pregato per "l'unione dei figli di Dio nella verità e nella carità". Lui, fattosi "dono sincero di sé" nel venire in questo mondo, ha pregato perché tutti gli uomini, fondando la famiglia, diventassero per il bene di essa un reciproco sincero dono di sé: mariti e mogli, genitori e figli, e tutte le generazioni che compongono la famiglia, ognuno offrendo il proprio peculiare apporto.


5. Famiglia, Santa Famiglia - Famiglia così strettamente unita al mistero che contempliamo nel giorno del Natale del Signore, guida con il tuo esempio le famiglie di tutta la terra! Ad esse voglio rivolgere ora un saluto e gli auguri che scaturiscono dal mistero del Natale del Signore.

Figlio di Dio, venuto fra noi nel calore di una famiglia, concedi a tutte le famiglie di crescere nell'amore e di collaborare al bene dell'intera umanità mediante l'impegno dell'unità fedele e feconda, mediante il rispetto della vita e la ricerca della fraterna solidarietà con tutti.

Insegna loro a rinunciare per questo all'egoismo, alla menzogna e alla ricerca spregiudicata del proprio tornaconto.

Aiutale a sviluppare le immense risorse del cuore e dell'intelligenza, che crescono quando sei Tu ad ispirarle.


6. Ma, mentre guardo alle famiglie alla luce del Santo Natale, non posso non volgere il pensiero alla grande famiglia umana, lacerata purtroppo da perduranti egoismi e violenze.

La tragedia della guerra in molte parti del mondo continua a causare innumerevoli vittime anche tra persone innocenti ed inermi. Come non pensare all'interminabile conflitto bellico che strazia, nel cuore dell'Europa, i Balcani? Nuovi focolai di tensione rischiano di coinvolgere altre regioni del mondo, come il Caucaso, dove la situazione si fa sempre più preoccupante; l'Angola, che continua ad essere preda delle convulsioni di una lotta fratricida mai sopita; il Rwanda, che dopo aver subito gravi e profonde ferite, tenta di sollevarsi dall'abisso nel quale è stato sprofondato da irrazionali passioni; il Burundi, paese anch'esso segnato da allarmante malessere. Che dire poi del Sudan con la sua guerra "dimenticata" e dell'Algeria, dove la violenza omicida tiene in ostaggio l'intero popolo? E la stessa terra dove Gesù è nato non continua forse ad essere teatro di scontri e luogo di divisione? Giunga a tutti il mio auspicio di pace, in questo giorno che celebra il Principe della Pace.

Giunga particolarmente alle famiglie, ai fanciulli, alle donne, agli anziani, ai portatori di handicap, spesso vittime indifese dell'egoismo e dell'emarginazione.

Chiedo al Signore, piccolo ed inerme come ci appare nel presepe, di suscitare in ogni cuore tenerezza e compassione:


7. Asciuga, bambino Gesù, le lacrime dei fanciulli! Accarezza il malato e l'anziano! Spingi gli uomini a deporre le armi e a stringersi in un universale abbraccio di pace! Invita i popoli, misericordioso Gesù, ad abbattere i muri creati dalla miseria e dalla disoccupazione, dall'ignoranza e dall'indifferenza, dalla discriminazione e dall'intolleranza.

Sei Tu, Divino Bambino di Betlemme, che ci salvi, liberandoci dal peccato.

Sei Tu il vero ed unico Salvatore, che l'umanità spesso cerca a tentoni.

Dio della pace, dono di pace per l'intera umanità, vieni a vivere nel cuore di ogni uomo e di ogni famiglia.

Sii Tu la nostra pace e la nostra gioia! Amen! (Quindi il Santo Padre si è rivolto ai fedeli italiani:) A tutti voi carissimi Romani e Italiani, buon Natale! Giunga a ciascuno un saluto particolarmente caloroso. Restate ancorati saldamente ai genuini valori della vostra tradizione civile e religiosa. Potrete così trovare le soluzioni più idonee per fronteggiare le difficoltà e costruire un presente ed un futuro ricco di speranza per l'intera Nazione. La grande Preghiera per l'Italia e con l'Italia, che lungo quest'anno ci ha accompagnati, prosegua nelle famiglie: essa recherà dappertutto frutti di serena concordia e di fraterna solidarietà.

Data: 1994-12-25 Data estesa: Domenica 25 Dicembre 1994





Angelus: la riflessione del Papa prima della recita della preghiera mariana nella festa di Santo Stefano - Città del Vaticano

Titolo: La grande causa di Dio tra gli uomini è stata alimentata, particolarmente nel nostro secolo, dal sangue dei martiri




1. Abbiamo commemorato ieri la nascita del Figlio unigenito del Padre ed abbiamo cantato: "Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini che egli ama" (Lc 2,14).

In questo clima di gioia e di viva gratitudine verso il Signore, la Chiesa ricorda oggi il protomartire Stefano, che fu pronto a dare la suprema testimonianza a Cristo con l'effusione del proprio sangue.

Di fronte ai suoi accusatori egli confesso: "Ecco, io contemplo i cieli aperti e il Figlio dell'uomo che sta alla destra di Dio" (Ac 7,56).

Il diacono Stefano fu il primo di una lunga schiera di testimoni, dal cui sangue la Chiesa fu irrorata e da cui prese vigore la sua rapida diffusione nel mondo intero: Sanguis martyrum-semen christianorum, il sangue dei martiri è germe di cristiani, osservava Tertulliano (Apol., 50,13). Se non fosse stato per quella seminagione di martiri e per quel patrimonio di santità che caratterizzarono le prime generazioni cristiane, forse la Chiesa non avrebbe avuto lo sviluppo che tutti conosciamo.


2. Nei duemila anni di vita e, in modo particolare, nel nostro secolo, la Chiesa è stata in effetti costantemente irrobustita dal contributo dei martiri che, come santo Stefano, si sono sacrificati per la grande causa di Dio tra gli uomini. Il popolo cristiano, pertanto, non può e non deve dimenticare il dono che gli hanno recato questi suoi membri eletti: essi costituiscono un patrimonio comune di tutti i credenti. L'esempio poi dei martiri e dei santi rappresenta un invito alla piena comunione tra tutti i discepoli di Cristo.

Nella recente Lettera Apostolica "Tertio Millennio adveniente" ho manifestato l'intenzione della Santa Sede di aggiornare i martirologi, osservando che "il più grande omaggio che tutte le Chiese renderanno a Cristo alla soglia del terzo millennio, sarà la dimostrazione dell'onnipotente presenza del Redentore mediante i frutti di fede, di speranza e di carità in uomini e donne di tante lingue e razze, che hanno seguito Cristo nelle varie forme della vocazione cristiana" (TMA 37).

Maria, Regina dei martiri, associata al Figlio in un unico martirio, accompagni ciascuno di noi nelle piccole e grandi occasioni in cui è richiesta la nostra fedele testimonianza evangelica. Ci conforti con il suo amore di Madre nel quotidiano impegno a seguire Cristo, specialmente nelle situazioni complesse e difficili.

L'amore per Cristo, che animo il martire Stefano, alimenti come linfa vitale la nostra esistenza di ogni giorno.

(Infine il Santo Padre, rispondendo ai molti giovani che gridavano: "Viva il Papa", ha detto:) Con questo grido sarà difficile morire, ma arriverà il momento.

Data: 1994-12-26 Data estesa: Lunedi 26 Dicembre 1994






GPII 1994 Insegnamenti - Udienza: il saluto del Papa ai rappresentanti dell'Azione Cattolica Ragazzi - Città del Vaticano