GPII 1994 Insegnamenti - Alla comunità musulmana della Bosnia Erzegovina

Alla comunità musulmana della Bosnia Erzegovina

Titolo: Concreta solidarietà nei confronti delle vittime dell'oppressione

(Discorso preparato, ma non pronunciato dal Santo Padre:) Cari amici musulmani,


1. Sono lieto di potermi incontrare con voi e di salutare in voi l'intera comunità islamica, che vive in questa regione.

Nei momenti più difficili, quando sembra spegnersi ogni speranza e tutto appare avvolto nelle tenebre della disperazione, della violenza e dell'odio, ai credenti è affidato il compito di ricercare la luce del Dio Altissimo perché rischiari la vita e le coscienze degli uomini.

Siamo chiamati a cercare la pace e la giustizia e a promuoverLe fra gli uomini. "Pace", ecco uno dei nomi di quell'unico Dio che siamo lieti di adorare.

Essa è un dono della sua bontà e si manifesta nella vita dell'uomo come benevolenza, riconciliazione e perdono verso i suoi simili.

La concreta solidarietà si deve mostrare nei confronti delle vittime dell'oppressione, dell'odio e delle atrocità. Dobbiamo essere vicini a coloro le cui città sono state incendiate e bombardate; a quanti hanno dovuto lasciare le proprie case e rifugiarsi altrove; alle donne che hanno subito violenze; a chi è stato ingiustamente arrestato e rinchiuso in campi di concentramento.


2. Come ebbi modo di dire ad Assisi, in occasione dell'Incontro di preghiera per la pace nei Balcani del 9-10 gennaio 1993, "sia il Cristianesimo che l'Islam ci infondono l'impegno a perseverare per il raggiungimento della giustizia e della pace per tutte le vittime del conflitto. Dal momento che tutti gli esseri umani sono stati creati da Dio e sono tutti membri dell'unica famiglia umana, noi abbiamo il dovere di prestare aiuto a tutti loro" (in: L'Osservatore Romano, 11-12 Gennaio 1993, p. 9).

I Cristiani e i Musulmani, nel difendere insieme i valori della vita e del rispetto d'ogni persona, in uno spirito di collaborazione e dialogo, sono chiamati a mostrare la compassione e la misericordia di Dio, operando per rendere l'intero genere umano la famiglia di Dio sulla terra.

E' con questo spirito di solidarietà e di fraternità che potremo insieme contribuire al ristabilimento della necessaria pace e concordia fra gli uomini, specialmente in questa martoriata terra dei Balcani.


3. Ancora una volta, a conclusione di questo breve ma significativo incontro, voglio per offrire a voi ed alla comunità islamica che voi rappresentate i miei migliori auguri nella preghiera.

Possa Dio, misericordioso e compassionevole, che si prende cura del debole e dell'oppresso, ascoltare le nostre suppliche e benedire i nostri sforzi per servire la causa della giustizia e della pace.

Data: 1994-09-09 Data estesa: Venerdi 9 Settembre 1994





Alla comunità serbo-ortodossa della Bosnia Erzegovina

Titolo: Dobbiamo tendere a conoscerci maggiormente per arricchirci a vicenda

(Discorso preparato, ma non pronunciato dal Santo Padre:)


1. Rivolgo il mio cordiale saluto alla comunità serbo-ortodossa di Sarajevo ed, allo stesso tempo, intendo abbracciare spiritualmente l'intero popolo serbo.

Esprimo ad esso i miei più sentiti voti di pace e di fraternità.

Offro il bacio di pace a Sua Beatitudine il Patriarca Pavle, Pastore della Chiesa serbo-ortodossa e ai vescovi che lo coadiuvano. Desidero farlo con le parole della liturgia: "Cristo è in mezzo a noi".


2. In queste regioni dove si incontrano le due grandi correnti spirituali che hanno formato lo spirito dell'Europa, voglio dire con forza che quanti vivono di queste tradizioni non possono essere opposti gli uni agli altri, ma devono anzi rallegrarsi di aver ricevuto doni diversi in seno all'unica grande Tradizione apostolica.

Dobbiamo tendere a conoscerci maggiormente per arricchirci a vicenda mediante lo scambio di tali doni. Cristo ha voluto la Chiesa come comunione. E' per mezzo della comunione fraterna, sorgente indispensabile di una vera e giusta pace, che si renderà manifesta la glorificazione che Cristo offre al Padre nello Spirito Santo.

Soprattutto nelle circostanze presenti abbiamo il compito di annunciare la Croce salvifica del Redentore, poiché solo in essa i cuori degli uomini possono placare la loro sete di luce, di verità e di liberazione.


3. Dinanzi alle drammatiche vicende della storia moderna, in cui innumerevoli fratelli e sorelle sono stati condotti al martirio a causa dell'amore di Cristo, siamo uniti sulla montagna della fede su cui è piantata la Croce, segno di vittoria e di comunione tra il cielo e la terra. In quel Legno della vita l'uomo ritrova le sue radici. Non possiamo permettere che sia svuotata la Croce di Cristo: da essa regna Colui che, solo, ha parole di vita eterna.

A lui, nostra sicura speranza, affido le sofferenze e i desideri di bene del popolo serbo, e con le parole della grande veglia di Pasqua prego: "Croce, custode di tutto l'universo; Croce, decoro della Chiesa; Croce, fonte di ogni potestà; Croce, fermezza dei credenti; Croce, gloria degli angeli e rovina dei demoni": salvaci ora e sempre.

Data: 1994-09-09 Data estesa: Venerdi 9 Settembre 1994





Telegramma del Santo Padre al Presidente della Repubblica Italiana

Titolo: I miei più fervidi auguri

Nel momento in cui lascio il suolo italiano per recarmi in visita pastorale a Zagabria, dove intendo partecipare alla gioia di quella Arcidiocesi nel IX centenario di fondazione, mi è caro far pervenire a Lei Signor Presidente ed a tutto il popolo italiano il mio benedicente pensiero mentre le rinnovo i miei più fervidi auguri per la sua festa genetliaca.


IOANNES PAULUS PP. II

Data: 1994-09-10 Data estesa: Sabato 10 Settembre 1994





Il discorso del Papa durante la cerimonia di benvenuto nell'aeroporto internazionale di Zagabria

Titolo: "Vengo come inerme pellegrino del Vangelo annuncio d'amore, di concordia e di pace"

Signor Presidente della Repubblica, Signori Rappresentanti del Governo, Signori Rappresentanti delle Comunità religiose non cattoliche, Signor Cardinale e Fratelli nell'Episcopato, Carissimi cittadini della Croazia!


1. Nel momento in cui, per la prima volta, metto piede sul suolo croato e lo bacio con commozione, mi è gradito indirizzare un affettuoso saluto a questa amata Terra e a tutti coloro che vi abitano.

Ma il mio saluto va anche più lontano: va verso la Bosnia ed Erzegovina, va a Sarajevo, la città martire che era mio ardente desiderio visitare come pellegrino di pace e di speranza. Volevo portare alle martoriate popolazioni che colà vivono una parola di conforto e di solidarietà, ponendomi anche fisicamente al loro fianco. Da troppo tempo la guerra infuria in una terra i cui abitanti erano abituati da secoli a rapporti di reciproca tolleranza e di collaborazione esemplare.

Per fermare la sanguinosa guerra fratricida ho tentato ogni via, ho bussato ad ogni porta. Anche la progettata visita dello scorso 8 settembre intendeva collocarsi in questa stessa linea. Affido a Dio l'amarezza in me suscitata dalla forzata rinuncia e chiedo a Lui di far giungere ugualmente al cuore di tutti gli interessati il mio accorato invito alla riconciliazione ed alla pace.


2. Oggi sono qui, in terra croata, come inerme pellegrino del Vangelo di Gesù, che è annuncio di amore, di concordia e di pace.

Rivolgo, in primo luogo, un saluto a Lei, Signor Presidente della Repubblica, che porta la grave responsabilità delle sorti di tutti gli abitanti della Croazia e La ringrazio per le sue elevate parole di benvenuto. Il mio deferente pensiero va poi alle altre Autorità civili ed a quanti si prodigano per il bene di questa Nazione.

Come Successore dell'apostolo Pietro nella Sede di Roma, abbraccio con fraterno affetto il Signor Cardinale Franjo Kuharic e tutti gli altri Pastori dell'amata Comunità Cattolica, le famiglie, in particolare gli infermi e i sofferenti. Un pensiero speciale va agli esuli ed ai rifugiati presenti attualmente in questo Paese; ad essi rivolgo, con il saluto, l'augurio cordiale di poter fare ritorno quanto prima alle loro case.

Il mio saluto si estende altresi a tutte le Comunità cristiane in Croazia e, in modo particolare, alla Chiesa Ortodossa Serba ed ai suoi Pastori; saluto anche la Comunità Islamica, notevolmente accresciuta negli ultimi anni in seguito ai forzati spostamenti della popolazione dalle martoriate regioni della Bosnia ed Erzegovina; saluto poi la Comunità Ebraica, radicata da secoli in terra croata.


3. Carissimi cittadini di Zagabria, sono lieto di trovarmi fra voi. Sono venuto per celebrare con voi uno storico evento dell'Arcidiocesi, il nono centenario della sua erezione. Ogni viaggio del Papa ha sempre una missione pastorale. Questo di oggi è un pellegrinaggio apostolico di comunione ecclesiale, che si propone di confermare i legami esistenti tra la Sede di Pietro e la popolazione cattolica in Croazia. Come Ella, Signor Presidente, ha ricordato, lunghissima è la storia del Cristianesimo in questa vostra Terra. Già prima dell'arrivo dei Croati nella regione, il seme del Vangelo fu diffuso nelle province imperiali della Dalmazia e della Pannonia. I vostri avi iniziarono ad accoglierlo - secondo la testimonianza di Costantino Porfirogenito - fin dai tempi dell'Imperatore Eraclio e di Papa Agatone, nel secolo settimo. I rapporti tra la Croazia e la Santa Sede andarono in seguito intensificandosi, specie nel secolo nono, col consolidamento dello Stato croato, al tempo del duca Branimiro e del pontificato di Giovanni VIII. Fu quella l'epoca della missione generosa e lungimirante dei santi Fratelli tessalonicesi Cirillo e Metodio tra le popolazioni slave della Grande Moravia, attività destinata a lasciare un segno indelebile nell'espressione linguistica e liturgica - soprattutto nella tradizione glagolitica - anche in alcune zone della Croazia.


4. I contatti tra la Comunità cattolica croata e la Sede Apostolica non si sono mai affievoliti. Nel succedersi dei secoli i cristiani di questa Terra, che non poche volte hanno dovuto combattere "per la santa Croce e il tesoro della libertà", sono rimasti nel loro insieme fedeli al Vangelo ed uniti al Romano Pontefice, nonostante persecuzioni ed avversità di ogni genere.

Mi è caro, a questo proposito, richiamare alla memoria generazioni di credenti - sacerdoti, religiosi e laici - che si sono prodigati per proporre a tutti, anche ai popoli più lontani, le ricchezze del Vangelo di Cristo, impegnandosi con generosa dedizione nella cura pastorale e nella promozione umana nei diversi campi dell'educazione, della sanità, delle opere di misericordia verso i più poveri.

In particolare vorrei rendere omaggio ai Croati che si sono distinti nelle virtù evangeliche, dando prova di vita santa ed esemplare: penso, tra gli altri, al martire san Nicola Tavelic, francescano (m. 1391); al padre cappuccino san Leopoldo Bogdan Mandic, apostolo della Confessione, che ho avuto la gioia di canonizzare nel 1983; penso al beato Agostino Kazotic (m. 1323), illustre Pastore di questa diocesi, come pure al sacerdote e martire beato Marko da Crisio (m.


1619). E' doveroso poi ricordare l'eminente e venerata figura del Cardinale Servo di Dio Alojzije Stepinac, baluardo della Chiesa in Croazia, e gli innumerevoli figli e figlie di questa Terra, che hanno dato prova di fede e di coraggio, anche in tempi recenti, nel resistere all'oppressione del comunismo ateo, in nome dei diritti dell'uomo e del valore della libertà, specie di quella religiosa.


5. Signor Presidente, nel suo indirizzo di benvenuto, Ella ha accennato agli eventi che hanno interessato di recente la Croazia. Un evento di rilevante significato si è avuto nel 1992, quando il crollo del regime comunista, la proclamazione della sovranità croata ed il successivo riconoscimento internazionale portarono - per la prima volta nella storia più che millenaria della Nazione croata - allo scambio di Rappresentanze diplomatiche tra la Croazia e la Santa Sede.

Purtroppo, simile gioia è stata offuscata dalle atroci sofferenze di un conflitto che lascia tuttora profonde ferite nel Paese. Chi non ricorda Vukovar, Dubrovnik, Zara e tante altre città e villaggi croati, travolti dall'uragano della guerra? Sopito in Croazia, il conflitto è poi malauguratamente divampato nella vicina Bosnia ed Erzegovina. Quanto sangue innocente è stato versato! Quante lacrime hanno rigato il volto di mamme e bambini, di anziani e di giovani! La Santa Sede continua ad adoperarsi con ogni mezzo disponibile per il superamento delle tensioni esistenti e per il ripristino della giustizia e della pace nei Balcani. Quantunque ardua, la fatica della pace è un dovere sacro per ogni credente.

La pace, se la si vuole veramente, è sempre possibile! Per poterla costruire sulle fondamenta della giustizia e della verità, essa va innanzitutto implorata da Dio. E' a tal fine che nel gennaio del 1993 ho invitato ad Assisi i cattolici e i rappresentanti di altre confessioni cristiane e di religioni non cristiane, mentre un'analoga celebrazione ho promosso quest'anno nella Basilica di san Pietro, a conclusione della Settimana di preghiera per l'unità dei cristiani.

Ma alla preghiera deve accompagnarsi l'iniziativa generosa degli uomini di buona volontà. E' necessario promuovere una cultura della pace, ispirata a sentimenti di tolleranza e di universale solidarietà. Una tale cultura non respinge un sano patriottismo, ma lo tiene lontano da esasperazioni e chiusure nazionalistiche. Essa è capace di formare animi grandi e nobili, ben consapevoli che le ferite prodotte dall'odio non si sanano col rancore, ma piuttosto con la terapia della pazienza e col balsamo del perdono: perdono da chiedere e da concedere, con umile e generosa magnanimità.

Senza questa cultura di pace, la guerra resta sempre in agguato, e cova anche sotto la cenere di fragili tregue. Con cristiana speranza, io desidero pertanto profittare di questa solenne circostanza per elevare il mio appello accorato: cessi finalmente il linguaggio delle armi ed i cuori si aprano al compito appassionante di costruire la pace! Pertanto, auguro che i responsabili della vita pubblica di questa nobile Nazione seguano sempre un cammino di pace, confortato dall'appoggio della comunità internazionale, per risolvere i difficili e delicati problemi ancora pendenti, come quelli riguardanti la sovranità sull'intero territorio nazionale, il ritorno dei profughi e la ricostruzione di quanto è stato distrutto dalla guerra.


6. Carissimi, è proprio nella parola "Pace" che vorrei riassumere il mio augurio al vostro popolo. Con questa parola Gesù risorto si rivolse agli Apostoli nel giorno di Pasqua. così desidero anch'io ripetere, oggi, a tutte le vostre città e contrade, ad ogni famiglia, specialmente a quelle più provate e sofferenti: la pace sia con voi! Pellegrino di riconciliazione, il Papa vi invita a guardare al grande Giubileo del Duemila ed a prepararvi a tale storico appuntamento lavorando, alla luce dei valori del Vangelo, alla costruzione di una società tollerante, giusta, concorde, solidale.

Al vostro popolo generoso, alla vostra Repubblica sovrana, a tutti i cittadini senza distinzione di lingua, tradizioni religiose e sentimenti nazionali, in special modo alla Chiesa di Dio che è in Croazia auguro, per intercessione di Maria, Vergine Santissima, ogni vero bene nel Signore.

E quale segno di abbondanti grazie celesti, a tutti i presenti, a quanti ci seguono mediante la radio e la televisione ed a tutti gli abitanti della Croazia imparto di cuore l'Apostolica Benedizione.

Siano lodati Gesù e Maria!

Data: 1994-09-10 Data estesa: Sabato 10 Settembre 1994





Vespri: l'omelia durante l'incontro di preghiera con i sacerdoti, i seminaristi, i religiosi, le religiose - Cattedrale di Zagabria

Titolo: "In questo duro momento storico un grande compito grava su tutti voi: riconciliare gli uomini con Dio e fra loro"

Signor Cardinale, Venerati Fratelli nell'Episcopato Cari sacerdoti e seminaristi, religiosi e religiose!


1. Sono lieto di potermi incontrare con voi in questa Cattedrale, che costituisce il centro spirituale dell'Arcidiocesi. Saluto cordialmente non soltanto voi qui presenti, ma tutti coloro ai quali il lavoro, le condizioni di salute o altre difficoltà non hanno permesso di partecipare a questo momento di comunione e di preghiera. Voi costituite una parte eletta del Popolo di Dio che è in Croazia ed è giusto, quindi, che nella visita del Papa ci sia uno speciale spazio per voi.

Cari sacerdoti, cari religiosi, il Cardinale Luigi Stepinac, del quale questa Cattedrale custodisce le spoglie mortali, era solito chiamarvi "pupilla dei suoi occhi". Diceva bene, perché voi non potete non essere al centro delle sollecitudini della Chiesa, dal momento che la sua azione nel mondo dipende in gran parte dal vostro ministero. In virtù della sacra ordinazione e della missione che avete ricevuto dal Vescovo, voi siete chiamati a far rivivere tra gli uomini d'oggi il servizio di Cristo Profeta, Sacerdote e Re.

Non solo la Chiesa, ma anche la società ha bisogno di sacerdoti e di persone consacrate a Dio, perché - nonostante le apparenze contrarie - l'uomo di oggi sente in modo particolarmente vivo il bisogno di Dio. I soli beni materiali non bastano, e il cuore dell'uomo è inquieto, perennemente alla ricerca di ciò che può dare senso e valore alla sua vita. I sacerdoti sono necessari al mondo, perché Cristo è necessario. Le persone consacrate a Dio sono necessarie, perché l'uomo ha bisogno di essere costantemente richiamato ai valori spirituali ed eterni.

Siate sempre profondamente convinti che il futuro della Chiesa dipende in gran parte da sacerdoti e da religiosi santi, innamorati di Cristo e pieni di zelo per i propri fratelli; sacerdoti e religiosi formanti un cuor solo ed un'anima sola con i propri Vescovi e con gli altri confratelli; sacerdoti e religiosi impegnati ad approfondire nello studio e nella preghiera la parola di Dio, per trarne orientamento e sostegno nella propria vita consacrata e nell'azione pastorale di ogni giorno.


2. Un grande compito grava sulle vostre spalle, carissimi sacerdoti e religiosi: riconciliare gli uomini con Dio e fra di loro. E' un dovere che vi incalza soprattutto in questo duro momento storico, in cui un'assurda e crudele guerra ha devastato i Balcani, segnando anche la vostra patria, e scavando solchi di odio che solo l'amore suscitato dallo Spirito di Dio può colmare.

Spetta soprattutto a voi sacerdoti, che durante la santa Messa vivete e ripresentate "in persona Christi" il sacrificio del Golgota, essere testimoni convinti di Colui che morendo non esito a dire: "Padre, perdona loro"!. Guardando a voi, al ministero della riconciliazione che voi esercitate, ma soprattutto all'esempio che generosamente date, il vostro popolo trovi la forza di perdonare, e, ove occorra, di chiedere perdono. Ciò richiede umiltà e apertura di spirito, amore per la verità e ricerca dell'autentica pace. A voi, apostoli e testimoni di perdono e di riconciliazione, affido tale ardua, ma indispensabile opera.

Siate fedeli alla vostra identità sacerdotale e fate dell'Eucaristia, della liturgia, dei Sacramenti e della preghiera la ragione del vostro apostolato, sorretti dalla convinzione che lo Spirito di Dio vince il male, che la sua grazia è più forte della cattiveria umana, che l'amore e non l'odio avrà l'ultima parola.

Nell'imitare Cristo brilli poi in voi la fedeltà al celibato, che vi permette di donarvi con cuore indiviso al servizio del Signore e del prossimo. Al riguardo, non posso non elogiare tanti sacerdoti, religiosi e religiose, che nei momenti tragici della recente guerra hanno saputo condividere con il loro popolo la condizione di profughi, adattandosi a vivere in situazioni precarie e spesso umilianti. Continuate, carissimi, a stare vicini ai vostri fedeli tanto provati che hanno bisogno del vostro affetto e del vostro generoso ministero per resistere ai disagi del momento presente e mantenere viva la speranza in un domani migliore.

Dalle vostre parole e dal vostro comportamento traspaia sempre la chiara convinzione che gli esseri umani, a qualunque etnia o popolo appartengano, sono tutti figli dello stesso Padre che sta nei cieli.

In tale prospettiva va situato il dialogo ecumenico che molto sta a cuore a voi ed ai vostri Pastori, pur nelle attuali difficili circostanze. Non vi scoraggiate nel proseguire su tale cammino voluto dal Signore; Egli saprà coronarlo a suo tempo con i frutti desiderati.


3. Nell'arco di vari secoli, esempi insigni di sacerdoti e religiosi croati hanno lasciato una straordinaria eredità spirituale. Penso, in modo particolare, ai vostri due santi, al francescano Nikola Tavelic e al cappuccino Leoplodo Bogdan Mandic. Sono lieto di poter consegnare quest'oggi al Signor Cardinale Franjo Kuharic, Presidente della Conferenza Episcopale Croata, una reliquia di San Leopoldo, grande santo del sacramento della Confessione. Questo eminente figlio del vostro popolo diventi, anche per mezzo di questo segno, un invito per tutti voi a realizzare nella vita ciò che costituisce quotidiano oggetto della vostra predicazione.

Della lunga serie di uomini e donne, che si sono distinti ai giorni nostri nell'esercizio delle virtù cristiane, desidero ricordare i servi di Dio: Josip Lang, Vescovo Ausiliare di Zagabria, i francescani Vendelin Vosnjak ed Ante Antic, oltre ad Ivan Merz, laico attivamente impegnato nella testimonianza evangelica nel mondo di oggi. La figura più prestigiosa resta comunque quella dell'Arcivescovo e Cardinale Luigi Stepinac. Con la sua presenza, con il lavoro, con il coraggio e la pazienza, con il silenzio e, infine, con la morte egli mostro di essere un vero uomo di Chiesa, disposto al sacrificio supremo pur di non rinnegare la fede. In ogni circostanza, nella libertà, nel carcere o al confino, veglio sempre come vero Pastore sul suo gregge; e quando capi che, mediante l'adesione ad associazioni politiche, si voleva dividere il clero e distaccare il Popolo di Dio dalla Chiesa di Roma, non esito ad opporsi con ogni energia, pagando col carcere il suo coraggio.

Egli interpretava in quel momento convulso della storia nazionale la più autentica tradizione del vostro popolo, che fin dagli inizi della sua conversione a Cristo ha sempre professato una profonda comunione con la Sede di Pietro. Lo riconoscevo già nel 1979, durante la solenne celebrazione eucaristica in occasione del pellegrinaggio nazionale croato. Allora, richiamando le parole del Papa Giovanni VIII nella sua Epistula ad populum et clerum croatum allorché scriveva: "Con le braccia aperte vi stringo a me e con amore paterno vi accolgo", sottolineavo "l'amore e l'adesione dei croati alla Chiesa romana, alla Cattedra di San Pietro" (Insegnamenti, vol. II/1, 1979, p. 1024 s.).


4. I tempi nuovi esigono metodi appropriati di evangelizzazione. L'instaurarsi del regime democratico in Croazia ha aperto nuove possibilità all'attività pastorale nel campo dell'insegnamento, dei mezzi di comunicazione sociale, dell'assistenza spirituale ai militari, ai malati, ai prigionieri. Occorre avvalersene dando prova di creatività, in piena sintonia con i Vescovi e con il resto del presbiterio diocesano e nazionale.

In tale opera di vigile cura pastorale da espletarsi in ogni campo, si inserisce il prezioso apporto dei religiosi fratelli, che opportunamente valorizzati, possono efficacemente contribuire all'edificazione della Comunità cristiana.

Si rende anche necessario ed urgente promuovere un laicato ben formato che sappia collaborare con voi, specialmente nella catechesi e nell'assistenza sociale, permettendovi di dedicarvi maggiormente alla vostra specifica attività ministeriale.


5. Voglio rivolgere ora una speciale parola alle Suore. Carissime Sorelle, conosco bene la vostra gioiosa testimonianza di amore a Cristo ed ai fratelli, conosco le vostre speranze come pure i vostri problemi e tutto quello che avete sofferto.

Desidero esprimere il mio apprezzamento per il vostro lavoro nelle Parrocchie come catechiste, sagrestane, organiste; apprezzo il vostro impegno con i bambini, gli anziani; la vostra opera negli ospedali. Vi dico: perseverate con letizia nell'opera dell'evangelizzazione e nella testimonianza della carità. Il Signore è con voi e si serve pure del vostro servizio, tanto prezioso quanto nascosto, per continuare la sua opera di salvezza fra le popolazioni di questa Terra a Lui tanto cara.

Saluto infine con singolare affetto le monache di clausura in Croazia: le clarisse e le carmelitane scalze, nonché le monache benedettine. Il Cardinale Stepinac fece di tutto per avere un monastero di carmelitane scalze a Brezovica.

Egli voleva che in diocesi non mancasse un'oasi di preghiera da cui si elevassero costanti suppliche per i sacerdoti, per i religiosi e per il popolo croato. Care monache di clausura, rimanete fedeli al vostro carisma originario. Voi esprimete l'anima contemplativa della Chiesa: perseverate nel vostro compito di vigili sentinelle dell'Assoluto, costantemente in dialogo con Dio, per presentargli "le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini di oggi" (GS 1) e per raccoglierne misericordia e perdono da riversare su tanti fratelli e sorelle in difficoltà. Il clero, la comunità religiosa ed il popolo croato hanno grande bisogno delle vostre preghiere e della vostra testimonianza di vita totalmente giocata sull'eterno.


6. In questa grandiosa Cattedrale, che conserva memoria di tanti uomini illustri del vostro popolo, ricordo con riconoscenza il benemerito Card. Franjo Seper, che ho avuto modo di conoscere e di apprezzare. Egli, come Pastore di questa Arcidiocesi e poi come Prefetto della Congregazione per la Dottrina della fede, ha reso un prezioso servizio alla Chiesa.

Cari sacerdoti, seminaristi, religiosi e religiose, nel congedarmi da voi vi affido alla Madonna, che il popolo croato ama invocare come propria "Regina". Un rapporto vero con Gesù Cristo non può non essere accompagnato da un'autentica devozione a Maria, Madre sua e Madre nostra amatissima. Maria vi accompagni sempre e guidi i vostri passi al servizio della Chiesa e della Nazione.

Con quest'auspicio imparto di cuore a tutti voi, ai vostri familiari ed alle persone affidate alle vostre sollecitudini pastorali la mia Benedizione.

Data: 1994-09-10 Data estesa: Sabato 10 Settembre 1994





L'omelia del Papa durante la Concelebrazione Eucaristica presieduta domenica alla presenza di oltre un milione di fedeli

Titolo: Il futuro delle Nazioni balcaniche ha un solo nome: pace! Essa si impone come propsettiva di realismo storico




1. Tu sei il Cristo (Mc 8,29).

Con queste parole Pietro, a nome anche del collegio apostolico, proclama nel Vangelo dell'odierna liturgia la sua fede nel Figlio di Dio.

La stessa professione di fede il Successore di Pietro rinnova oggi insieme ai suoi fratelli di questa antica ed illustre Chiesa di Zagabria, nel giorno solenne e gioioso in cui si commemora il nono centenario della sua fondazione.

Nel mistero della comunione dei santi, sono uniti in questa celebrazione i credenti di oggi e le generazioni che li hanno preceduti. Se oggi ricordiamo gli inizi del cristianesimo in questa terra, non è solo per soddisfare un naturale sentimento di amore per le proprie radici, ma soprattutto per rendere lode allo Spirito di Dio, che lungo novecento anni non ha cessato di edificare questa chiesa, rendendola segno vivente dell'amore del Padre celeste in terra croata.


2. Tu sei il Cristo! A questa professione di fede i croati, tra i popoli slavi, giunsero per primi. Insediandosi infatti in questo territorio, nella prima metà del secolo VII, essi ebbero contatti con il cristianesimo, all'epoca fiorente in Pannonia ed in Dalmazia. Il primo incontro tra la Santa Sede e il popolo croato risale ad oltre 13 secoli fa, quando il Papa Giovanni IV, di origine dalmata, invio in questa regione l'Abate Martino. L'opera di evangelizzazione prosegui poi attraverso il lavoro apostolico dei missionari giunti da Roma, arricchendosi nei secoli successivi dei frutti dovuti all'opera dei Santi Fratelli Cirillo e Metodio. I due apostoli degli slavi, infatti, influirono notevolmente anche sullo sviluppo religioso e culturale dell'intera area balcanica. La loro attività lascio tracce profonde nella liturgia e nella lingua di alcune zone della Croazia, nelle quali fino a pochi anni or sono la liturgia romana usava la lingua veteroslava.


3. Tu sei il Cristo! La Chiesa di Zagabria ha ereditato la fede dal patrimonio paleocristiano della Croazia continentale, di cui sono testimoni numerosi santi: San Quirino, Vescovo di Siscia; i santi Eusebio Vescovo e Pollione lettore di Cibale, ai quali si aggiungono nelle regioni dalmatiche ed istriane i Santi Venanzio e Domnio di Salona e San Mauro di Parentium.

Su tali radici è cresciuto lungo l'arco di questi novecento anni l'edificio spirituale della Comunità cattolica di Zagabria, inserendosi organicamente nella comunione delle altre Chiese locali.

Come non rendere grazie a Dio per tutto ciò? Come non ringraziarlo del fatto che la maggior parte dei Croati sono rimasti costantemente fedeli a Roma e per questo sono stati capaci di affrontare e superare non poche difficoltà e avversità? Penso in questo momento alle luminose figure di numerosi santi vostri conterranei a voi ben noti. Penso, in particolare, con viva commozione alla recente pagina di fedeltà a Cristo ed al Sommo Pontefice, scritta negli anni immediatamente seguenti il secondo conflitto mondiale e di cui l'Arcivescovo di Zagabria, Cardinale Alojzje Stepinac, è stato protagonista, pagando con sofferenze e prove di ogni genere la sua coraggiosa adesione al Vangelo.


4. Tutta questa storia di grazia diventa oggi per voi stimolo a riflettere sul vostro presente e appello a costruire il futuro che vi attende. Soprattutto diventa invito a levare la vostra supplica ardente e fiduciosa per la pace.

Il pensiero va infatti con nostalgia al tempo in cui, in queste terre, tutti i credenti erano in piena comunione fra loro ed attestavano, ciascuno con la propria sensibilità e la propria cultura, la medesima adesione al Vangelo di Cristo.

Le attuali tragiche divisioni e tensioni non devono far dimenticare che sono molti gli elementi che uniscono i popoli oggi in guerra, ed è urgente e doveroso raccogliere tutto ciò che unisce - e non è poco - per ricostruire con esso nuove prospettive di fraterna solidarietà.

La pace nei Balcani - desidero affermarlo con forza in questo momento di sofferenza - non è utopia! Essa si impone anzi come prospettiva di realismo storico! Per secoli i popoli di queste regioni si sono reciprocamente accettati, sviluppando molteplici scambi nell'ambito dell'arte, della lingua, della scrittura, della cultura popolare. E non è forse una ricchezza comune anche la tradizione di tolleranza religiosa che, nell'arco di quasi un millennio, non è venuta meno neppure nei periodi più oscuri? No, non è lecito attribuire alla religione il fenomeno delle insofferenze nazionalistiche che sta imperversando in queste Regioni! Ciò vale non soltanto per i cristiani delle diverse confessioni, che oggi Dio chiama a un impegno straordinario per raggiungere la piena comunione, ma anche per i credenti delle altre religioni, in particolare i musulmani, che hanno consolidato nei Balcani una loro cospicua presenza, nel quadro di una rispettosa e civile convivenza.


5. Tu, Chiesa di Zagabria, che oggi commemori i novecento anni delle misericordie del Signore, sei chiamata, insieme con le altre Chiese della Croazia, a farti apostola di una rinnovata concordia. Non ci ha forse ricordato il Concilio che la Chiesa è "sacramento" non solo dell'intima unione con Dio, ma anche dell'unità di tutto il genere umano? (cfr. LG 1).

La fede, in queste regioni oggi così provate, deve tornare ad essere forza unificante e benefica come i fiumi che le attraversano. Penso al fiume Sava, che nascendo in Slovenia attraversa la vostra Patria, correndo lungo la frontiera tra la Croazia e la Bosnia ed Erzegovina, per confluire, in terra serba, nel Danubio: altro grande fiume che unisce la terra croata e quella serba da una parte con altri grandi paesi dell'Europa orientale, centrale ed occidentale. Due fiumi che si incontrano, come sono chiamati a fare i tanti popoli che essi congiungono, come soprattutto devono fare le due espressioni del cristianesimo, quella occidentale e quella orientale, che in queste terre da sempre convivono.

In questa metafora dei fiumi, possiamo quasi cogliere la traccia del cammino che Dio vi chiama a percorrere in questa difficile ora storica.


7. E' un cammino di unità e di pace a cui nessuno può sottrarsi. Lo esige la ragione, prima ancora che la fede.

La storia non ha forse creato mille indistruttibili vincoli tra i vostri popoli? Le stesse lingue, pur diverse, non sono forse tra loro così affini, da consentire di parlarvi e di capirvi più di quanto non sia possibile ad altri popoli e in altre regioni dell'Europa? Suggerisce la pace la stessa collocazione geografica, che fa delle terre balcaniche un punto di passaggio obbligato tra il vicino Oriente e l'area mitteleuropea. Proprio da questo è derivata nel corso dei secoli la fioritura di attività mercantili, finanziarie, imprenditoriali, che hanno assicurato abbondanza di benefici per tutti. In questa linea sta dunque anche il futuro della penisola balcanica. Nella collaborazione e nella solidarietà si possono affrontare e risolvere i molti problemi con cui si stanno misurando i popoli balcanici. Il progresso e il bene delle nazioni balcaniche hanno un nome solo: pace!


8. Ma al di là delle umane convenienze, a questo urgente compito di pace tu, Chiesa di Zagabria e dell'intera Croazia, sei chiamata da un categorico imperativo morale. E' l'imperativo che si affaccia irresistibilmente ad ogni coscienza credente, ogni volta che sulle labbra risuona la preghiera del "Padre nostro" Con queste parole Cristo ci ha insegnato a rivolgerci a Dio. "Padre": appellativo dolce, ma anche estremamente impegnativo! Se infatti Dio ci è Padre, allora noi tutti siamo e dobbiamo sentirci fratelli. Prima di tutte le differenze, prima di tutte le appartenenze, prima di tutte le nazionalità, c'è un'unità di fondo che accomuna ogni essere umano, e noi cristiani siamo chiamati a testimoniarla con particolare forza e responsabilità.

Non sarebbe forse intollerabile ipocrisia ripetere "Padre nostro", mentre si coltivano sentimenti di rancore e di odio, o addirittura propositi di rappresaglia e di vendetta? Il "Padre nostro" in realtà contiene in germe un progetto di società, che non solo esclude ogni violenza, ma si struttura in ogni suo aspetto secondo criteri di fraterna solidarietà.

E' la società concepita come una grande famiglia, in cui singoli e gruppi, senza alcuna discriminazione, si sentono accolti, rispettati e amati.

Questa cultura della solidarietà passa specialmente attraverso l'esperienza della famiglia, a cui l'Anno della Famiglia invita a dedicare particolare attenzione. E' necessario che le famiglie siano autentiche "scuole di amore": famiglie profondamente unite e insieme aperte all'intera società; famiglie dove la vita umana è accolta con sacro rispetto fin dal momento del concepimento e dove ci si educa all'amore di ogni essere umano, senza distinguere tra amici e nemici. Se amassimo solo quelli che ci amano - ci ammonisce Gesù - che merito avremmo? "Non fanno così anche i pagani?" (Mt 5,47).


9. Questo meraviglioso progetto è purtroppo esposto all'umana fragilità. Per questo la stessa preghiera del Signore ci indica la strada maestra per riprendere il cammino, dopo ognuno dei nostri fallimenti: è la strada del perdono. "Rimetti a noi i nostri debiti, come noi li rimettiamo ai nostri debitori".

Dobbiamo riflettere attentamente, carissimi, sulla forza di quel "come", sulla promessa e sulla minaccia che quell'avverbio racchiude. La minaccia: solo un cuore che si è liberato da ogni rancore può ricevere il perdono di Dio. La promessa: non c'è condanna per chi, anche colpevole, esprime il suo pentimento usando misericordia ai suoi fratelli.

E' l'ora, per la Chiesa di Zagabria e dell'intera Croazia, di farsi promotrice di reciproco perdono e di riconciliazione. "Chiedere perdono e perdonare": così potrebbe essere sintetizzato l'impegno che su tutti incombe, se si vogliono mettere premesse solide per il raggiungimento di una pace vera e duratura.


10. Questa, carissimi fratelli e sorelle, è la consegna che viene a voi dai novecento anni di storia cristiana che oggi celebrate. Siete chiamati ad essere degni eredi dei credenti che vi hanno preceduti, emuli dei vostri martiri e dei vostri santi.

Questa consegna oggi vi lascia il Successore di Pietro, mentre vi saluta ed abbraccia affettuosamente. Il mio pensiero va in questo momento innanzitutto al venerato Fratello, il Cardinale Franjo Kuharic, vostro amato Pastore, ai Vescovi suoi Ausiliari ed ai Presuli dell'intero Episcopato croato presenti al sacro rito.

Saluto poi i sacerdoti, i religiosi e le religiose e tutti i membri del popolo di Dio, in special modo i giovani, gli ammalati e le famiglie. Saluto i profughi e tutti coloro che soffrono per la guerra nei Balcani. Saluto inoltre il Presidente della Repubblica e le Autorità, la cui presenza a questa solenne celebrazione rafforza il valore ed il significato dei legami di ininterrotta sintonia fra la Nazione croata e la Santa Sede.


11. Tutto questo amato popolo affido all'intercessione della Vergine Santissima, tanto venerata in questa Arcidiocesi e in tutta la Croazia. La "Madonna della Porta di Pietra", protettrice della Città di Zagabria, avvalori i propositi che questa ricorrenza centenaria suscita negli animi dei Pastori e dei fedeli di questa illustre Chiesa.

I sentimenti presenti nel nostro spirito in questo momento solenne trovano adeguata espressione nel cantico di lode e di ringraziamento: il "Te Deum". Questo antico inno si conclude con una accorata invocazione a Dio affinché salvi i suoi fedeli: "Salvum fac populum tuum, Domine".

E' questa l'invocazione che si leva oggi come un grido dai nostri cuori: salvi il Signore il suo popolo che vive in Croazia; salvi i popoli dei Balcani e quelli che in ogni parte della terra sono ancora in cerca di pace. Salvos fac populos tuos, Domine! Salvaci, Signore! La nostra speranza è riposta unicamente in te: "In te, Domine, speravi, non confundar in aeternum!".

Siano lodati Gesù e Maria! (Al termine della Celebrazione Eucaristica, Giovanni Paolo II ha rivolto particolari espressioni di saluto ad alcuni gruppi presenti all'ippodromo di Zagabria:) Al termine di questa solenne celebrazione, desidero rivolgere un pensiero ai pellegrini qui convenuti da vari Paesi vicini.

Saluto i fedeli italiani, esortandoli a rinnovare sempre alle sorgenti del Vangelo il loro inestimabile patrimonio di fede e di cultura cristiana.

Vi saluto cordialmente, cari pellegrini giunti dai Paesi di lingua tedesca. Contribuite anche in futuro con la vostra forza, affinché la dignità e i diritti dei fratelli di tutti i popoli e di tutte le Nazioni vengano riconosciuti e rispettati.

Porgo un cordiale benvenuto a tutti i presenti di nazionalità slovena, con l'auspicio che possano essere nel loro Paese artefici di uno sviluppo basato sugli autentici valori dell'uomo.

Vi saluto cordialmente, cari pellegrini di lingua ungherese. Siate anche in futuro collaboratori della pace fra i popoli e le nazioni. Sia lodato Gesù Cristo.

Saluto i pellegrini di lingua albanese, e porgo loro l'augurio di civile progresso nella concordia e nella pace.

Un pensiero ai pellegrini provenienti dalla Repubblica Ceca, dalla Repubblica Slovacca e dalla Romania, ai quali formulo auguri di pace e prosperità nella vicendevole collaborazione.

Saluto con grande cordialità la comunità serba, che vive in Zagabria e nell'intero Paese, augurando a tutti i suoi componenti una prospera convivenza in Croazia ed ogni bene nel Signore Gesù Cristo al quale in comunione di fede eleviamo la nostra lode.

Un pensiero speciale rivolgo infine ai profughi della Bosnia ed Erzegovina, esprimendo loro la mia solidarietà, la mia vicinanza ed il mio incoraggiamento.

Vorrei dire loro la grande sofferenza che ha comportato per me il dover differire la programmata visita a Sarajevo.

E vorrei anche ripetere a quanti vivono nella martoriata città di Sarajevo che non devono sentirsi soli; sono loro accanto con la preghiera, col cuore, col pensiero e col desiderio di compiere tale viaggio appena le circostanze lo permetteranno.

(Al termine della celebrazione eucaristica, il Santo Padre ha salutato i presenti con queste parole:) Voglio adesso ancora esprimere la mia gratitudine per tutti quelli che hanno preparato questo splendido incontro. Voglio esprimere la mia ammirazione per la vostra partecipazione a questa grande preghiera, per la grande pazienza nonostante il tempo abbastanza caldo. La mia visita è breve, un giorno solo, ma molto intensa. Spero che in futuro sarà possibile ancora vedere la vostra Patria e le diverse città, le diverse Chiese che vivono in Croazia.

Data: 1994-09-11 Data estesa: Domenica 11 Settembre 1994






GPII 1994 Insegnamenti - Alla comunità musulmana della Bosnia Erzegovina