GPII 1994 Insegnamenti - La consegna di Giovanni Paolo II alle nuove generazioni dell'Arcidiocesi - Lecce

La consegna di Giovanni Paolo II alle nuove generazioni dell'Arcidiocesi - Lecce

Titolo: Il progetto di ogni giovane per la realizzazione della propria vita ha un solo nome: vocazione

Affido a Maria, Madre della Chiesa, il Sinodo diocesano di Lecce, che oggi incomincia i suoi lavori, e auguro che sia un lavoro fruttuoso, per voi stessi, per la vostra qualità di membra della Chiesa, di pietre vive della Chiesa, di padri di famiglia, di madri di famiglia, di giovani, anche anziani, sacerdoti, religiosi, religiose: che sia fruttuoso il Sinodo per ritrovare un senso più profondo di tutto quello che vuol dire essere cristiano, essere sacerdote, anzi, essere Vescovo, essere Papa, essere religioso, essere persona consacrata, essere giovane, essere scienziato, essere professore universitario, studente. Tutto questo ha una sua connotazione cristiana, anzi, nella fede si trova la profondità di ogni nostra vocazione. E io vi auguro che il Sinodo diocesano vi aiuti a scoprire meglio la vostra vocazione cristiana o le vostre vocazioni cristiane, perché sono molte e diverse, come già ha insegnato San Paolo.

Questa Casa, il Seminario, così vicino alla Casa del Clero, deve aiutare voi, seminaristi, a scoprire la vostra vocazione sacerdotale. Siete ancora giovani. Il sacerdozio è un progetto, è una voce che vi chiama, che sentire nei vostri cuori. Ma dovete ancora provare, dovete sperimentare voi stessi nella preghiera, nello sforzo educativo, intellettuale, dovete ancora provare se questa strada è la vostra, se la voce che vi chiama veramente è voce che viene dal Signore.

La vocazione al sacerdozio, la vocazione che porta in sè ogni Seminario, sia anche la parte privilegiata di questo Seminario che oggi si benedice come edificio, ma soprattutto come comunità di seminaristi, di educatori e di educandi.

E' bene che la Casa del Clero sia vicina al Seminario, perché così i sacerdoti, qualche volta anche i sacerdoti anziani, possono avvicinarsi ai seminaristi, possono vedere un po' questa nuova generazione che una volta deve succedere alla loro vocazione, al loro servizio e ministero. E' bene che queste due Case siano così vicine, anche geograficamente, topograficamente, e spiritualmente, senza dubbio.

Questa doppia inaugurazione - il Sinodo, che ha una sua caratteristica canonica e pastorale insieme, e il Seminario, con una sua caratteristica ecclesiale così importante per la diocesi di Lecce - avviene alla presenza di tanti giovani. I giovani sono venuti qui per chiedere al Papa, per porre al Papa le loro diverse domande. Mi ha detto l'Arcivescovo Ruppi che erano tante domande e per il Papa sarebbe un lavoro probabilmente impossibile da realizzare: dare risposta ad ogni domanda. Pero queste domande numerosissime molte volte si ripetono, perché i giovani hanno problemi molto simili. C'è un denominatore comune a tutte queste domande, a tutti questi problemi della gioventù. E ogni problema ha una sua dimensione personale, che è irripetibile, ma ha anche una sua dimensione comune, comunitaria, perché voi giovani vivete in una certa epoca, in una certa cultura, in una certa civiltà, e le difficoltà che avete e anche le aspirazioni che avete, tutto questo è un po' comune, benché sempre personale.

Io, che ho avuto tante volte già la possibilità di incontrare giovani in latitudini diverse, in ogni parrocchia romana, in tante diocesi italiane, durante tante visite pastorali nei diversi Paesi, e specialmente durante queste Giornate Mondiali della gioventù, ho potuto vedere, crearmi una visione di quello che è essere giovane, di quello che è la gioventù odierna, dall'ovest all'est, dal nord al sud. Io penso che si deve comprendere l'importanza della giovinezza: che cosa è la giovinezza? Giovinezza è questa epoca della vita umana, dove si progetta tutta la vita. Il giovane comincia a progettare la sua vita e vive con questo progetto e cerca di realizzare questo progetto, di prepararsi alla sua realizzazione. In altre parole, questo si chiama anche vocazione, perché quel progetto che tu, cara ragazza, caro ragazzo, trovi come tua proprietà viene anche nello stesso tempo da Dio, viene suggerito dallo Spirito Santo, e ci vuole una collaborazione con lo Spirito Santo per identificare questo progetto, approfondirlo, e poi per realizzarlo bene, per trovare la felicità, perché il progetto realizzato porta con sé questa felicità, questa felicità a cui Dio ci chiama. Noi siamo tutti chiamati alla felicità in Dio, attraverso questo nostro progetto che viene anche da Lui.

Viene accettato da noi, viene realizzato da noi e poi trova la sua ultima tappa in Dio stesso.

Allora, carissimi ragazze e ragazzi, giovani, forse queste brevi parole bastano a riassumere un po' tutto quello che volevate presentarmi, le vostre domande, le vostre inquietudini, le vostre angosce, i vostri desideri. Io penso di nuovo che San Francesco, in modo geniale, ha saputo rispondere ad ogni epoca del mondo, della storia del mondo, e ai giovani di tutte le epoche, quando cantava il suo "Cantico delle creature": lodate, lodate! Ecco, questo è lo scopo di tutte le creature e di ciascuno di noi: lodate, date gloria al Signore. Diceva un grande santo e un grande teologo e martire di Lione, in Francia, vissuto nel secolo II, Sant'Ireneo: "Gloria Dei vivens homo". L'uomo che vive, la persona umana che si realizza, che vive la pienezza della vita umana e divina, questo uomo che vive così è "gloria Dei".

Allora, auguro a tutti voi giovani di comprendere così la vostra vocazione, di situare così il vostro progetto di vita. Esso può essere diverso, secondo i diversi talenti; pero ha un denominatore comune: è sempre un progetto in cui si vuole realizzare, si deve realizzare il progetto di Dio, e Dio vuole per noi tutti che siamo santi, vuole santità per tutti noi e da tutti noi. Questo vi auguro di cuore.

Ancora una parola su questo cuore che vedo, dove sta scritto: "we love you". Incontro molte volte questa parola e questo cuore. E' un simbolo profondo perché questo amore - "we love" - deve venire, viene dallo Spirito Santo. E' bene che all'inizio, all'inaugurazione della nostra assemblea il coro ci abbia cantato: "Veni Sancte Spiritus", perché questa è la preghiera che ci introduce nell'amore, nel vero amore. Ringrazio anche il coro, perché ha cantato il "Tu es Petrus". I due cantici vanno insieme. Sappiamo bene che Pietro deve essere ministro, servitore di questo amore che costituisce la Chiesa. E ringrazio il Signore che mi ha dato di servire la Chiesa ieri e oggi. Ringrazio che mi ha dato di compiere il Ministero Petrino nella vostra diocesi.

Allora, speriamo che anche il Seminario avrà una vita entusiastica, gioiosa. E speriamo che anche il Sinodo avrà una continuazione entusiastica e gioiosa. Dove è lo Spirito Santo, dove è l'amore, è anche la gioia. Questo vi auguro.

Data: 1994-09-18 Data estesa: Domenica 18 Settembre 1994






In occasione dei lavori della IX sessione plenaria del Consiglio Internazionale per la Catechesi - Città del Vaticano

Titolo: Lettera del Papa al Card. José T. Sanchez

Al Venerato Fratello Cardinale JOSE' T. SANCHEZ Prefetto della Congregazione per il Clero


1. Ho appreso con piacere che il Consiglio Internazionale per la Catechesi s'è raccolto in sessione plenaria per provvedere all'aggiornamento del Direttorio Catechistico Generale, aggiornamento resosi particolarmente urgente dopo la pubblicazione del Catechismo della Chiesa Cattolica. Affido a Lei, Signor Cardinale, il compito di recare il mio saluto cordiale ai partecipanti alla sessione ed a quanti, in codesta Congregazione, hanno contribuito alla sua realizzazione.

Il tema dei lavori è senza dubbio di grande portata. Il Concilio Vaticano II, che più volte parlo della catechesi sottolineandone l'importanza, nel Decreto Christus Dominus propose la redazione di "un direttorio per l'istruzione catechistica del popolo" (CD 44). In adempimento del mandato conciliare, tale direttorio fu preparato da una commissione internazionale di esperti sulla base di un'ampia consultazione e venne pubblicato l'11 aprile 1971.

A distanza di oltre un ventennio si può dire che esso ha esercitato un influsso molto positivo sul rinnovamento della catechesi, ponendosi come valido punto di riferimento sia quanto ai contenuti che quanto alla metodologia.


2. In questo arco di tempo, tuttavia, a causa della rapida evoluzione del contesto culturale mondiale, sono emerse nuove sfide che toccano la vita della Chiesa anche sul piano dell'evangelizzazione e della catechesi.

Ad esse il Magistero della Chiesa non ha mancato di volgere la sua attenzione, come mostrano le due Esortazioni Apostoliche Evangelii Nuntiandi (8 dicembre 1975) e Catechesi Tradendae (16 ottobre 1979) e, in special modo, il Catechismo della Chiesa Cattolica, presentato ai Vescovi con la Costituzione Apostolica Fidei Depositum (11 ottobre 1992).

Su questa base si imponeva per il Direttorio Catechistico Generale una revisione che ne adeguasse le indicazioni alla nuova situazione. Opportunamente, pertanto, il Consiglio Internazionale per la Catechesi ha dedicato interamente la presente sessione plenaria a questo importante compito.

Il lavoro, svolto in questi giorni sulla base di precedenti studi, osservazioni e suggerimenti di esperti, si è concluso portando alla luce sia le sezioni del Direttorio che vanno conservate, sia quelle da riscrivere, in riferimento ai problemi più scottanti che la catechesi dei prossimi anni dovrà necessariamente affrontare. Tra questi, particolare rilievo nel contesto del mondo d'oggi ha sicuramente l'inculturazione. La pluralità delle culture è infatti sempre più marcata anche nelle regioni di antica tradizione cristiana. A maggior ragione essa costituisce una sfida nei continenti in cui più recente è l'annuncio del cristianesimo, come ha sottolineato la recente assemblea speciale del Sinodo dei Vescovi per l'Africa.


3. Il compito della Chiesa di annunciare la Parola di Dio "a tutte le genti" (cfr. Mt 28,19) esige per sua natura uno sforzo continuo di "traduzione" di tale Parola, per renderla accessibile a tutti i suoi destinatari così che, accolta nel pensiero e nella vita, possa diventare lievito di tutte le culture, dando vita a prassi, costumi, istituzioni cristianamente ispirati.

L'inculturazione si configura così come uno dei compiti più necessari e vitali dell'evangelizzazione e della catechesi, ma anche come uno dei più difficili e delicati. Essa impegna la Chiesa a un continuo sforzo di discernimento da compiere in obbedienza alla Parola di Dio, in cordiale attenzione all'uomo, sotto la guida dello Spirito Santo.

Il paradigma di tale compito è la stessa Incarnazione del Verbo di Dio, evento storico-salvifico su cui poggia la fede cristiana. In Cristo, il Verbo si è fatto carne (cfr. Jn 1,14), assumendo tutto ciò che è proprio dell'uomo, eccetto il peccato (cfr. He 4,15). Anche l'annuncio di Cristo agli uomini non può non seguire la stessa dinamica, proponendo il messaggio rivelato in modo che ogni cultura lo possa veramente sentire qual esso è, valido e arricchente, contemporaneo di ogni tempo e di tutte le generazioni.


4. Spetta dunque a un'autentica teologia dell'incarnazione indicare le coordinate dell'inculturazione, segnandone i limiti, oltre i quali l'illusione di "tradurre" sarebbe un "tradire".

Pietra angolare di ogni processo di inculturazione della fede è l'annuncio dell'Incarnazione come fatto storico unico e irripetibile. Il Figlio di Dio si è incarnato una volta per sempre in un determinato luogo e in un determinato tempo. Ogni cultura che si apre a Cristo non può non stabilire un vincolo permanente con la storia concreta dell'Incarnazione, con la parola biblica che ce la svela, con la tradizione ecclesiale che ce la consegna, con i segni sacramentali in cui essa continua ad operare.

L'Incarnazione è poi in intima connessione col mistero pasquale di morte e risurrezione. L'accoglienza di questo evento suppone la presa di coscienza del peccato che segna la storia umana e la rende radicalmente bisognosa di redenzione.

Quando si annuncia il Cristo, non si può mai, per un equivoco irenismo, dimenticare che esiste il "mysterium iniquitatis", che ha profondamente turbato l'originaria bontà della creazione. "Grano" e "zizzania" crescono insieme (cfr. Mt 13,39) nel cuore dell'uomo come nelle culture e nella società. Non tutto dunque è conciliabile col messaggio cristiano. Molto può essere valorizzato, altro deve essere rigettato, tutto deve essere purificato e migliorato.


5. L'Incarnazione ha la sua pienezza nella glorificazione di Cristo. Dal Risorto sgorga perennemente per l'intera umanità il dono dello Spirito, principio di vita nuova che si realizzerà compiutamente nell'escatologia, ma che ha già storicamente una concreta anticipazione nella vita della Chiesa, corpo e sposa di Cristo.

L'incontro delle culture con Cristo implica un cammino di elevazione, fino alla "piena maturità di Cristo" (Ep 4,13). Nel Corpo mistico di Cristo le autentiche ricchezze umane sono purificate, consolidate, unificate. Non può esserci dunque vero annuncio di Cristo che non sia anche una proposta di comunione ecclesiale: "Quello che abbiamo veduto e udito, noi lo annunziamo anche a voi, perché anche voi siate in comunione con noi. La nostra comunione è col Padre e col Figlio suo Gesù Cristo" (1Jn 1,3).

In questa linea si muove il vostro lavoro, per il quale formulo l'auspicio di un felice esito, sotto lo sguardo materno di Maria, che ci precede nella "peregrinazione" della fede e sta davanti a noi quale modello di adesione incondizionata al progetto di Dio.

Con questi sentimenti imparto a Lei, Signor Cardinale, ai suoi collaboratori ed a tutti i partecipanti alla Sessione del Consiglio Internazionale per la Catechesi l'Apostolica Benedizione.

Dal Vaticano, 21 Settembre 1994.


IOANNES PAULUS PP. II

Data: 1994-09-21 Data estesa: Mercoledi 21 Settembre 1994





Lettera all'Arcivescovo di Split-Makarska - Città del Vaticano

Titolo: Per il XIII Congresso Internazionale di Archeologia Cristiana

Al Venerato Fratello Nostro Ante Juric Arcivescovo di Split-Makarska Col favore di Dio, nella nobile città di Spalato sarà solennemente aperto domenica prossima, 25 settembre 1994, e si chiuderà il sabato seguente a Parenzo, in Istria, il XIII Congresso Internazionale di Archeologia Cristiana, organizzato dal Comitato per la promozione dei Congressi Internazionali di Archeologia Cristiana, che ha sede a Roma presso il Nostro Istituto di Archeologia Cristiana, in collaborazione con il Comitato Nazionale Croato presso il Museo Archeologico di Spalato.

Nel prossimo incontro sarà ricordato il primo Congresso Internazionale di questo genere, che fu celebrato a Salona cento anni or sono, nel 1894, grazie soprattutto all'impegno e alla cura del Reverendo Padre Frane Bulic, del presbiterio di Spalato, come pure il centesimo Anniversario della pia morte di quell'uomo illustrissimo che fu Giovanni Battista De Rossi, Romano, giustamente considerato il fondatore della Archeologia Cristiana, e che mori a Castel Gandolfo il 20 settembre di quello stesso anno 1894.

Oltre al carattere commemorativo, questo Congresso di Spalato e Parento si propone di occuparsi più da vicino dell'età di Giustiniano, cioè dei secoli VI e VII, studiando le testimonianze archeologiche della vita e della trama civile, sociale, ecclesiastica e politica che caratterizzo quei tempi, nei quali dalle rovine del mondo romano ormai distrutto nascevano a poco a poco, impercettibilmente, le fondamenta di quegli elementi e di quell'ordine, che dal di dentro diedero forma al cosiddetto medioevo.

Non si deve a questo punto dimenticare che fin dall'antichità furono stretti solidi legami tra la Città di Roma la Sede Apostolica e le vostre regioni, situate sulla sponda orientale del Mare Adriatico, per cui a poco a poco accadeva che Dalmazia e Istria, a cui poi si aggiunsero tutte le altre zone della Croazia, si unissero in un intimo vincolo di culto e di umanità con il mondo occidentale.

Celeberrima testimonianza di questo legame è la notizia del Liber pontificalis, riguardante il Nostro Predecessore di venerata memoria Papa Giovanni IV (640-642), nella quale si legge che il Pontefice stesso "appartenendo alla Nazione Dalmata, durante il suo regno invio molto denaro in tutta la Dalmazia e l'Istria, per mezzo del santissimo e fedelissimo abate Martino, per il riscatto dei prigionieri che erano stati catturati dai pagani, e fece costruire a Roma una chiesa ai martiri Venanzio, Anastasio, Mauro e moltissimi altri, le cui reliquie aveva comandato fossero fatte venire dalla Dalmazia e dall'Istria e riposte in quella chiesa, vicino al battistero Lateranense, nei pressi dell'oratorio del beato Giovanni evangelista" (cfr. Liber Pontificalis, ed. L. Duchesne, I, pag.


330).

Noi pure siamo assai lieti delle iniziative promosse con esito felice dal primo e dalla successiva serie dei precedenti Congressi di Archeologia Cristiana. Dopo Spalato e Salona questi incontri si svolsero: a Roma (1900), Ravenna (1932), di nuovo a Roma (1938), ad Aix (1954), nuovamente a Ravenna (1962), a Treviri (1965), a Barcellona (1969), per la terza volta a Roma (1975), a Salonicco (1980), Lione-Grenoble-Ginevra-Aosta (1986), Bonn (1991); perciò speriamo che anche questo Congresso porti buoni e abbondanti frutti. Confidando in ciò, auspichiamo dal profondo del cuore che un incontro di esperti in questa materia - sotto la guida del sopra lodato Comitato Romano per la promozione dei Congressi Internazionali di Archeologia Cristiana - si ponga a servizio delle giuste cause della scienza e della vera cultura.

Infatti lo studio della Archeologia Cristiana non offrirà soltanto "documenti storici", ma svelerà agli studiosi della vita della Chiesa le "vestigia del popolo di Dio", ed offrirà testimonianze di grande importanza sulla fede di coloro che ci hanno preceduto, così che sempre più la Chiesa apparirà quale "segno levato fra le Nazioni".

Con questa Nostra Lettera auguriamo a Lei, Venerato Fratello Nostro, e a tutti i promotori, relatori e partecipanti ogni successo, e con grande piacere impartiamo la Benedizione Apostolica, pegno di celeste grazia.

Dal Vaticano, 21 settembre 1994, sedicesimo anno del Nostro Pontificato.

IOANNES PAULUS PP. II (Traduzione dal latino) 17/01/19102 Pag. 20488

Data: 1994-09-21 Data estesa: Mercoledi 21 Settembre 1994





Ai membri del 31° Stormo dell'Areonautica Militare Italiana - Città del Vaticano

Titolo: Vi sono grato per la generosità e sollecitudine che offrite al Successore di Pietro

Signor Comandante, Signori Ufficiali, Sottufficiali e Piloti del trentunesimo Stormo dell'Aeronautica Militare Italiana, Carissimi Fratelli e Sorelle!


1. Sono molto lieto di accogliervi in occasione di quest'Udienza speciale, divenuta ormai una gradita consuetudine, che mi offre l'opportunità di esprimervi la mia sentita riconoscenza per l'apprezzato servizio che il vostro Stormo offre all'attività pastorale del Papa. Rivolgo un cordiale benvenuto a ciascuno dei presenti e, in particolare, ringrazio il Signor Comandante per le cortesi parole che mi ha rivolto a nome di tutti.

Con il vostro contributo professionale, premuroso e preciso, durante il corrente anno ho potuto compiere in modo comodo e sicuro diversi spostamenti all'interno del territorio italiano. Vi sono molto grato per l'aiuto che offrite con puntualità e generosità alla sollecitudine pastorale del Successore di Pietro.

Vi esorto ad ispirarvi sempre, sia nel lavoro che in ogni altra situazione della vita, agli alti ideali di fede, onestà e solidarietà.


2. Rivolgo uno speciale saluto ai vostri familiari, che vi hanno accompagnato a questa Udienza. Vedo nella loro presenza una conferma dell'unione profonda che deve animare e sostenere la vita dei vostri focolari domestici. In questo anno dedicato in modo speciale alla famiglia desidero incoraggiarvi a proseguire generosamente nell'impegno di fedeltà nell'amore coniugale e nella volontà di trasmettere ai figli i fondamentali valori dell'etica umana e cristiana.

Dalla vostra attività di avieri, che vi porta a sollevarvi frequentemente dal suolo usufruendo delle ampie possibilità offerte oggi dalla scienza e dalla tecnica aeronautiche, prendete spunto per innalzarvi non solo materialmente ma anche spiritualmente verso il cielo. L'esperienza del volo, infatti, è fra le più significative per lo spirito umano e spontaneamente richiama la tensione dell'uomo verso il cielo e gli spazi infiniti. Sappiate infondere alla vostra attività questo contenuto spirituale, in modo da prestare un servizio che si mantenga in sintonia con le aspirazioni più profonde della vita dell'uomo.


3. Nel rinnovare a voi tutti, Avieri qui presenti, il mio vivo apprezzamento per le alte doti di professionalità e di dedizione ai rispettivi compiti, formulo cordiali auspici per un sereno e proficuo proseguimento delle vostre attività. Le onorificenze pontificie con cui alcuni di voi saranno insigniti siano il segno tangibile della riconoscenza del Papa non solo nei confronti di coloro che le ricevono, ma anche verso l'intero Stormo, di cui fanno parte.

Con questi sentimenti, mentre invoco su tutti i presenti e sulle rispettive famiglie la celeste protezione della Beata Vergine di Loreto, vostra speciale patrona, di cuore imparto a ciascuno la Benedizione Apostolica.

Data: 1994-09-23 Data estesa: Venerdi 23 Settembre 1994





Per il Colloquio su "Matrimonio e famiglia nel Mondo di oggi" - Città del Vaticano

Titolo: La Famiglia è l'unica via per difendere la dignità umana

Cari Amici, Sono felice di incontrare i partecipanti al Colloquio Interreligioso su: "Matrimonio e famiglia nel Mondo di oggi" organizzato dal Pontificio Consiglio per il dialogo Interreligioso in collaborazione con il Pontificio Consiglio per la Famiglia.

Il vostro Colloquio vi ha riuniti per uno scambio di idee su un tema che riguarda la società umana in ogni parte del globo. All'interno del contesto dell'Anno Internazionale della Famiglia, l'oggetto della vostra discussione ha già ricevuto una diffusa attenzione.

La Chiesa ha avuto molte occasioni per parlare della Famiglia durante quest'anno, incluso il mio messaggio in occasione della Giornata Mondiale della Pace sul tema: La Famiglia crea la Pace dell'Umana Famiglia. La dottrina della Chiesa sottolinea che la famiglia è la cellula di base della società, il primo luogo in cui i valori culturali, sociali e religiosi sono trasmessi ed assimilati.

Ed è normalmente all'interno di una famiglia che una persona sperimenta per la prima volta l'amore e la compassione e impara a mostrarne verso gli altri. La famiglia è il luogo in cui ogni individuo è aiutato a giungere alla piena maturità e a costruire così una società di armonia, solidarietà e pace.

Allo stesso tempo, dobbiamo riconoscere che la famiglia è oggi sotto minaccia in molti modi. Dove regna una visione materialistica e un approccio individualistico alla vita, li si sviluppa una tendenza a mettere in questione le verità fondamentali e i valori su cui il matrimonio e la famiglia sono basati.

Altrove sono le dure condizioni materiali, una completa povertà, o la dispersione causata dal conflitto armato, che ostacola la famiglia dall'adempiere alla sua missione con dignità.

Quali membri dell'unica razza umana, anche più consci della nostra interdipendenza, e uniti come credenti, sebbene appartenenti a differenti tradizioni religiose, noi dobbiamo lavorare insieme così che la società civile possa riconoscere e salvaguardare l'inviolabilità della vita umana ad ogni grado e promuovere la famiglia come l'unica via per difendere la dignità umana.

Possa Dio, da cui vengono tutte le cose buone, assisterci nel realizzare questo comune incarico. E possa la sua benedizione essere sopra ognuno di voi.

(Traduzione dall'inglese)

Data: 1994-09-23 Data estesa: Venerdi 23 Settembre 1994





Udienza: il discorso del Papa durante l'incontro con i membri della Fondazione "Centesimus Annus - Pro Pontifice" - Città del Vaticano

Titolo: Un vasto campo vi attende: sviluppare la presenza e l'operatività della Chiesa nei Paesi prostrati dalla guerra




1. La ringrazio, Signor Cardinale, per le amabili parole con cui si è fatto interprete dei sentimenti dei membri fondatori e degli aderenti alla Fondazione "Centesimus Annus - Pro Pontifice", e me ne ha illustrato l'attività e le prospettive. A ciascuno di essi, e ai familiari che li accompagnano, rivolgo un saluto cordiale: la vostra presenza, carissimi, è per me motivo di gioia.


2. Di particolare conforto mi è stata l'espressione dell'adesione al mio impegno per la pace. Si, la pace è un impegno primario del Papa: perché Dio si fa invocare con il nome di Padre; perché Cristo, "Principe della Pace", ha dato nuove dimensioni al comandamento dell'amore e ci ha lasciato quella pace che il mondo non può dare; e perché lo Spirito Santo, che infonde l'amore di Dio nei nostri cuori, ha tra i suoi frutti più preziosi - con la carità e la gioia - la pace (Ga 5,22).

In quest'azione a servizio della pace so di adempiere la volontà di Dio, che è Amore; e in ogni istante mi sento sorretto e, per così dire, come sospinto dal desiderio profondo e dalla preghiera ardente di tutta la Chiesa. Per questo dico ora a voi il mio grazie sentito per la vostra adesione.


3. Come il Cardinale Castillo Lara ha già accennato, la realizzazione della giustizia sociale rientra fra i presupposti inderogabili per costruire una pace autentica e stabile. In effetti, nell'attuale contesto di "mondializzazione dell'economia", a cui si riferisce anche l'Enciclica Centesimus Annus (cfr. CA 58), appare sempre più manifesto che non può esservi pace, se col progresso economico non si coniugano anche sviluppo integrale dell'uomo e solidarietà sociale.

La Fondazione "Centesimus Annus - Pro Pontifice" ha, tra le finalità che la caratterizzano, la conoscenza, la diffusione e la realizzazione della dottrina della Chiesa in materia sociale. Mi è dunque spontaneo, nell'interesse stesso del contributo che può derivarne per il bene sommo della pace, di incoraggiarvi ad operare con rinnovato slancio secondo gli obiettivi stabiliti nel vostro Statuto.

Ciò che la Fondazione potrà fare, secondo le sue finalità, in un contesto economico e politico molto delicato, è degno di elogio. Mi rallegro che nuove iniziative siano allo studio per accrescere le adesioni e per ampliare ed intensificare l'attività della Fondazione.


4. In Italia, in ogni regione italiana, vi sono molte forze imprenditoriali e finanziarie moralmente sane, ricche di creatività, desiderose di potersi esprimere secondo le loro migliori potenzialità; e ciò non solo per ricavare un legittimo profitto, ma anche per mettere doverosamente a frutto i propri talenti ed espandersi in una partecipazione di solidarietà.

Per esse la vostra Fondazione potrebbe essere un idoneo ambiente di riflessione e di elaborazione di idee e di propositi.

Secondo una ben caratteristica finalità sancita nel vostro Statuto, la Fondazione, tra l'altro, "favorisce iniziative per sviluppare la presenza e l'operatività della Chiesa nei vari ambiti della società contemporanea" (art. 3, lett. b). Tale clausola apre un vasto campo per la messa a frutto della vostra riconosciuta esperienza e delle vostre capacità inventive, e potrà trovare applicazione non solo entro i confini dell'Italia, ma anche in altri Paesi nei quali più grande è il bisogno, a partire da quelli prostrati da guerre nefaste, non appena condizioni di pace lo consentano.


5. Vorrei, infine, esprimere la mia gratitudine per i fondi raccolti dalla Fondazione nel 1993, primo anno della sua attività, e messi a disposizione della Santa Sede. Sono una testimonianza rilevante della vostra generosità. Voi sapete che, agli occhi del Signore, nulla va perduto di quanto date per il sostegno della sua Chiesa.


6. Nel vostro impegno in favore della Fondazione "Centesimus Annus - Pro Pontifice", come pure nelle occupazioni quotidiane, vi accompagni la Benedizione Apostolica, che v'imparto, estendendola volentieri ai vostri Cari, ai Collaboratori e a tutti i vostri Dipendenti.

Data: 1994-09-24 Data estesa: Sabato 24 Settembre 1994





Udienza: il discorso di Giovanni Paolo II al pellegrinaggio della diocesi di Adria-Rovigo - Città del Vaticano

Titolo: Il secolarismo, travestito da umanesimo, si oppone oggi al Vangelo diffondendo una falsa immagine di Dio e dell'uomo

Carissimi Fratelli e Sorelle della Diocesi di Adria-Rovigo!


1. La pace sia con voi! Accolgo con gioia il vostro pellegrinaggio, che mi offre la possibilità di ravvivare i vincoli di comunione con una antica e fervente Comunità ecclesiale.

Abbraccio il vostro Vescovo, Mons. Martino Gomiero, che ha voluto e preparato questo speciale incontro col Papa, ed insieme con lui i presbiteri suoi collaboratori; saluto le persone consacrate e tutti i laici, con un pensiero particolare alle famiglie, che quest'anno sono più che mai nel cuore della Chiesa.

Il motivo che vi ha condotto a questa Udienza è di ordine squisitamente pastorale: la vostra diocesi, infatti, sotto la guida del Vescovo, ha concluso un periodo di quattro anni dedicato all'approfondimento della fede alla luce degli insegnamenti del Concilio Ecumenico Vaticano II. Avete voluto coronare questo cammino con un pellegrinaggio alla Sede di Pietro che ne fosse come il sigillo ed ora siete qui per invocare, accanto alla tomba dell'Apostolo, abbondanti frutti di grazia.

Desidero anzitutto manifestare il mio apprezzamento per questa iniziativa, con la quale vi siete orientati a vivere in modo attivo e consapevole l'ormai vicino Giubileo del bimillenario cristiano, come avete felicemente espresso nel motto: "Con Cristo verso il Duemila". Tale orientamento è in sintonia con quello della Chiesa universale e con le intenzioni del Papa, che ormai da tempo invita a guardare con gli occhi della fede verso lo storico traguardo; e certamente potete considerare l'odierno incontro come un passo in questa direzione.


2. E' molto importante leggere il recente quadriennio pastorale sullo sfondo della lunga storia della Chiesa particolare di Adria-Rovigo, per poterne cogliere in pienezza il senso ed il valore. Lo sguardo dunque si volge all'indietro, fino alle vostre antiche origini cristiane, ai primi secoli della nostra èra, quando il Vangelo giunse a quella terra tra i Colli Euganei e il delta del Po, che era stata abitata dai Veneti, poi, forse, dai Galli e poi dai Romani.

La fede, che è stata oggetto della vostra intensa riflessione in questi anni, si può ben considerare l'eredità più preziosa trasmessa dai vostri avi: un patrimonio che, attraverso le alterne vicende dell'età medioevale e moderna, è giunto a voi ed oggi vi è affidato sul finire del secondo millennio ed alla vigilia del terzo.

Vorrei sottolineare, in tale prospettiva, un significativo parallelismo tra la nostra epoca e quella in cui visse San Bellino, Vescovo di Padova e martire, Patrono della vostra Diocesi. San Bellino fu presbitero e poi Vescovo nella prima metà del dodicesimo secolo, negli anni in cui lo Spirito Santo animava nella Chiesa un profondo rinnovamento, tendente a restituirle piena libertà per la sua missione. Era l'età della "riforma gregoriana", alla quale Bellino si dedico senza riserve, con sapiente generosità e santità di vita.

Anche nei nostri tempi lo Spirito ha suscitato un "vento favorevole", che gonfia le vele della Chiesa verso il terzo millennio cristiano; e l'evento più significativo di questa nuova riforma contemporanea è proprio il Concilio Vaticano II. Molto opportunamente, quindi, avete cercato nelle Costituzioni conciliari le grandi direttrici che vi conducono "con Cristo verso il Duemila".


3. L'"impero" da cui prender le distanze, perché minaccia di soffocare la libertà della Chiesa, è oggi meno visibile e concreto, ma non meno reale ed insidioso: si tratta di quel "secolarismo" che, travestito da umanesimo, si oppone al Vangelo diffondendo una falsa immagine di Dio e dell'uomo.

"In realtà - afferma il Vaticano II - solamente nel mistero del Verbo incarnato trova vera luce il mistero dell'uomo" (GS 22). Se per "modernità" vogliamo intendere un insieme di condizioni che meglio permettano all'uomo di esprimere la propria maturità spirituale, morale e culturale in dialogo col Creatore ed il creato, ebbene la Chiesa del Concilio si è proposta come "anima" della modernità. Concludendo i lavori conciliari il Papa Paolo VI affermava: "mai forse come in questa occasione la Chiesa ha sentito il bisogno di conoscere, di avvicinare, di comprendere, di penetrare, di servire, di evangelizzare la società circostante, e di coglierla, quasi di rincorrerla nel suo rapido e continuo mutamento" (Omelia nella IX Sessione, in EV, 1,454*).


4. Da parte loro, i Vescovi italiani hanno offerto, nel corso di questi trent'anni, una serie di puntuali orientamenti pastorali miranti a promuovere il rinnovamento conciliare nel ricco e multiforme panorama delle diocesi, in mezzo alle quali si colloca anche la vostra, con le sue peculiari caratteristiche.

Voi, carissimi, vi distinguete per il sincero attaccamento alla Chiesa.

Il popolo cristiano della vostra terra è molto legato alle sue parrocchie, alla santa Messa, al sacramento della Penitenza. Vi dico quindi: non disperdete questo patrimonio, custoditelo con cura. Ma non lasciate neppure che esso rimanga inerte, magari soffocato dalle preoccupazioni del mondo; illuminatelo piuttosto con gli insegnamenti del Vaticano II circa la Chiesa e la sacra Liturgia. Al tempo stesso, vi esorto a sviluppare ed approfondire la conoscenza della Sacra Scrittura, perché la vostra fede sia sempre più consapevole e siate in grado di renderne ragione, anche di fronte al diffuso fenomeno delle sette, le quali spesso fanno leva per il loro proselitismo sull'impreparazione biblica dei fedeli cattolici.


5. Penso a questo proposito alla necessità di potenziare la catechesi degli adulti, in forme - a seconda delle esigenze - di primo annuncio o di approfondimento sistematico. Sono molte infatti le persone che hanno come perso la memoria del Battesimo e dalla Cresima ed hanno bisogno di riscoprirli per riappropriarsi della grazia che da essi promana e che è in grado di infondere nuovo vigore alla vita cristiana. Tale lavoro di rinnovata evangelizzazione non va delegato a qualche gruppo o movimento, ma va assunto in proprio dalla diocesi e dalle parrocchie come esigenza della pastorale ordinaria, anche se il contributo dei movimenti è prezioso e alcune occasioni propizie vanno certamente valorizzate.

La parrocchia dev'essere infatti l'ambito primario in cui si attua tale evangelizzazione. E qui viene spontaneo pensare nuovamente al vostro Patrono San Bellino, il quale fu ai suoi tempi promotore delle cosiddette "capellae", cioè di una prima organizzazione parrocchiale dove i presbiteri lavoravano alla cura delle anime dei quartieri della città. Con ciò egli favori anche la collaborazione pastorale tra i sacerdoti, fattore di grande importanza ed attualità, giacché non è pensabile una fruttuosa opera di evangelizzazione senza la fattiva intesa tra i presbiteri e tra questi e il loro Vescovo.


6. Un'ultima parola desidero dedicare all'impegno vocazionale, che il Vescovo ha scelto come obiettivo prioritario dell'anno pastorale appena iniziato. Vorrei sottolineare con compiacimento che esso è considerato come parte integrante della pastorale ordinaria della Chiesa locale. E al riguardo ribadisco il ruolo fondamentale della famiglia: il Signore infatti semina sempre a piene mani germi di vocazione, anche di speciale consacrazione, e molto dipende per il loro sviluppo proprio dall'ambiente familiare.

Una famiglia nella quale il Vangelo è ascoltato e praticato, che si considera parte della Chiesa e ne condivide il cammino, che nelle scelte concrete è sempre attenta ai più bisognosi, una famiglia così è un "piccolo seminario domestico", dove la chiamata del Signore può risuonare con efficacia.

Ecco, carissimi, questo è l'augurio che vi lascio per il vostro itinerario "con Cristo verso il Duemila": che la Diocesi di Adria-Rovigo abbia il dono di veder crescere famiglie veramente cristiane, dalle quali sboccino numerose vocazioni per il Regno di Dio. Chiedo per tale grazia l'intercessione di Maria Santissima e di San Bellino, mentre di cuore imparto a voi qui convenuti la Benedizione Apostolica, estendendola volentieri ai vostri cari e a tutti i fedeli della Diocesi.

Data: 1994-09-24 Data estesa: Sabato 24 Settembre 1994






GPII 1994 Insegnamenti - La consegna di Giovanni Paolo II alle nuove generazioni dell'Arcidiocesi - Lecce