GPII 1994 Insegnamenti - La meditazione del Santo Padre prima della recita della preghiera mariana dell'Angelus Domini - Città del Vaticano

La meditazione del Santo Padre prima della recita della preghiera mariana dell'Angelus Domini - Città del Vaticano

Titolo: Il consacrato, vivente profezia dell'amore di Dio tra gli uomini smarriti di oggi

Carissimi Fratelli e Sorelle!


1. Con la solenne celebrazione eucaristica, che ho presieduto poc'anzi, sono oggi iniziati i lavori della IX Assemblea generale del Sinodo dei Vescovi dedicata alla vita consacrata in tutte le sue espressioni, quelle classiche dei vari Ordini e Congregazioni religiose, e quelle più recenti espresse dagli Istituti Secolari e dalle Società di Vita Apostolica: le une e le altre doni dello Spirito di Dio alla Chiesa.

Religiosi, membri degli Istituti secolari e membri delle Società di vita apostolica costituiscono in effetti una parte eletta del popolo di Dio, chiamati come sono a vivere una forma speciale e particolarmente significativa di quella perfezione della carità a cui tutti i discepoli di Cristo sono chiamati. La loro scelta di vita, specialmente mediante la pratica dei consigli evangelici di castità, povertà e obbedienza, non è che una grande scelta di amore, si direbbe una "sovrabbondanza di amore". Essa nasce dall'ascolto della voce di Cristo: "se vuoi essere perfetto va', vendi quello che possiedi, dallo ai poveri e avrai un tesoro nel cielo; poi, vieni e seguimi" (Mt 19,21). L'adesione a tale invito colloca i consacrati nel cuore stesso della Chiesa, Sposa di Cristo, a Lui totalmente dedicata, in operosa e trepida attesa del suo ritorno.

Cristo è tutto per la Chiesa! Se è vero che ogni battezzato, anche nelle condizioni ordinarie della vita laicale, deve vivere questa professione di fede e di amore, il consacrato è chiamato a farlo in modo del tutto singolare. La sua è un'esistenza-segno: tutto, in lui, deve echeggiare il grido di amore dell'apostolo Paolo: "Per me vivere è Cristo!" (Ph 1,21).


2. I lavori sinodali daranno certamente un impulso alla vita consacrata, approfondendone l'identità e la missione alla luce del disegno di Dio, in questi anni che precedono il Terzo Millennio cristiano.

Promuovendo la vita consacrata la Chiesa non intende solo provvedere al suo interno rinnovamento, ma rende anche un servizio all'umanità. I consacrati, infatti, proprio perché dedicati totalmente a Dio, si sentono anche naturalmente votati, a seconda dei carismi propri di ogni Istituto, al servizio dei fratelli, specialmente dei più poveri. Il consacrato è per antonomasia il "fratello universale", su cui gli altri fratelli sanno di poter sempre contare, trovando ascolto, accoglienza, condivisione. Il servizio più specifico che ai consacrati è oggi richiesto è di andare incontro alla più grande delle povertà del nostro tempo: a causa del rifiuto di Dio, molti oggi hanno smarrito il senso della vita.

Il consacrato si pone in mezzo a loro come vivente profezia dell'amore salvifico di Dio e, per ciò stesso, come testimone di gioia e di speranza, come costruttore di futuro nella prospettiva del Regno.


3. Voglia la Vergine Santa ottenere ai Padri sinodali abbondanza di luce, per approfondire adeguatamente i temi proposti alla loro riflessione. La testimonianza dei consacrati nel nostro tempo sarà efficace nella misura della loro fedeltà a Cristo che li chiama. Che il Sinodo si ponga in ascolto della voce dello Spirito, e sia davvero un evento di grazia, ricco di frutti di rinnovamento e di santità.

(Al termine della preghiera dell'Angelus, recitata con i pellegrini in Piazza San Pietro nella mattinata di domenica 2 ottobre, Giovanni Paolo II ha pronunciato le seguenti parole:) Desidero ora invitarvi a pregare per le vittime di due recenti calamità.

Mi riferisco al naufragio, avvenuto nelle acque del Mar Baltico quattro giorni fa, nel quale hanno perso la vita centinaia di passeggeri di un traghetto estone, ed all'eruzione vulcanica della scorsa settimana in Papua Nuova Guinea, che ha costretto gli abitanti della città di Rabaul ad abbandonare le loro case, rimaste sepolte sotto la cenere. Affidiamo alla misericordia di Dio quanti sono morti nel corso di così tragici eventi; preghiamo per i loro familiari e per i senzatetto; auguro di cuore che non manchi a questi nostri fratelli, in momenti di così grande difficoltà, il sostegno di un generoso aiuto umanitario.

Data: 1994-10-02 Data estesa: Domenica 2 Ottobre 1994





Lettera Pontificia: ai membri della Confederazione dell'Oratorio per il IV centenario della morte di San Filippo Neri - Città del Vaticano

Titolo: "Profeta della gioia" e "riformatore della Città eterna" nel contesto del Rinascimento romano

Reverendo Padre, Nella ricorrenza del IV Centenario del "dies natalis" di san Filippo Neri, fiorentino di origine e romano d'adozione, sono lieto di rivolgermi a Lei e a tutti i Membri della Confederazione dell'Oratorio, per ricordare l'esempio di santità del Fondatore e per corroborare in ciascuno l'impegno della fede, l'operosità della carità e la costanza della speranza (cfr. 1Th 1,3).


1. L'amabile figura del "Santo della gioia" mantiene ancor oggi intatto quell'irresistibile fascino che egli esercitava su quanti a lui s'avvicinavano per imparare a conoscere e sperimentare le autentiche fonti della letizia cristiana.

Ripercorrendo la biografia di san Filippo si resta, in effetti, sorpresi e affascinati dal modo ilare e disteso con cui egli sapeva educare, ponendosi accanto ad ognuno con fraterna condivisione e pazienza. Com'è noto, il Santo soleva raccogliere il suo insegnamento in brevi e sapide massime: "State buoni, se potete"; "Scrupoli e malinconia, fuori di casa mia"; "Siate umili e state bassi"; "L'uomo che non prega è un animale senza parola"; e, portando la mano alla fronte, "La santità consiste in tre dita di spazio". Dietro l'arguzia di questi e di tanti altri "detti" è possibile avvertire l'acuta e realistica conoscenza che egli era andato acquistando della natura umana e della dinamica della grazia. In questi insegnamenti rapidi e concisi egli traduceva l'esperienza della sua lunga vita e la sapienza di un cuore abitato dallo Spirito Santo. Questi aforismi sono diventati, ormai, per la spiritualità cristiana, una sorta di patrimonio sapienziale.


2. San Filippo si presenta nel panorama del Rinascimento romano come il "profeta della gioia", che ha saputo porsi alla sequela di Gesù, pur inserendosi attivamente nella civiltà del suo tempo, per tanti aspetti singolarmente vicina a quella di oggi.

L'Umanesimo, tutto concentrato sull'uomo e sulle sue singolari capacità intellettuali e pratiche, proponeva, contro una certa mal intesa cupezza medievale, la riscoperta di una gioiosa freschezza naturalistica, priva di remore e di inibizioni. L'uomo, presentato quasi come un dio pagano, veniva così situato in una posizione di protagonismo assoluto. Si era operata, inoltre, una sorta di revisione della Legge morale allo scopo di ricercare e garantire la felicità.

San Filippo, aperto alle istanze della società del suo tempo, non rifiuto questo anelito alla gioia, ma si impegno a proporne la vera sorgente, che egli aveva individuato nel messaggio evangelico. E' la parola di Cristo a delineare il volto autentico dell'uomo, svelandone i tratti che ne fanno un figlio amato dal Padre, accolto come fratello dal Verbo incarnato, e santificato dallo Spirito Santo. Sono le leggi del Vangelo e i comandi di Cristo che conducono alla gioia e alla felicità: questa è la verità proclamata da san Filippo Neri ai giovani che incontrava nel suo quotidiano lavoro apostolico. Era, il suo, un annuncio dettato dall'intima esperienza di Dio fatta soprattutto nell'orazione. La preghiera notturna alle Catacombe di san Sebastiano, ove non di rado si appartava, non era solo una ricerca di solitudine, bensi un voler intrattenersi a colloquio con i testimoni della fede, un volerli interrogare - così come i dotti del Rinascimento tessevano colloqui con i Classici dell'antichità: e dalla conoscenza veniva l'imitazione e poi l'emulazione.

In san Filippo, al quale durante la veglia di Pentecoste del 1544 lo Spirito dette un "cuore di fuoco", è possibile intravvedere l'allegoria delle grandi e divine trasformazioni operate nella preghiera. Un fecondo e sicuro programma di formazione alla gioia - insegna il nostro Santo - si alimenta e poggia su una costellazione armoniosa di scelte: la preghiera assidua, l'Eucaristia frequente, la riscoperta e la valorizzazione del sacramento della Riconciliazione, il familiare e quotidiano contatto con la Parola di Dio, l'esercizio fecondo della carità fraterna e del servizio; e poi la devozione alla Madonna, modello e vera causa della nostra letizia. Come dimenticare, in proposito, il suo monito sapiente ed efficace: "Figlioli miei, siate devoti di Maria: so quel che dico! Siate devoti di Maria!".


3. Qualificato come il "santo della gioia" per antonomasia, san Filippo dev'essere pure riconosciuto come l'"apostolo di Roma", anzi come il "riformatore della Città eterna". Lo divenne quasi per naturale evoluzione e maturazione delle scelte operate sotto l'illuminazione della Grazia. Egli fu veramente la luce e il sale di Roma, secondo la parola del Vangelo (cfr. Mt 5,13-16). Seppe essere "luce" in quella civiltà certamente splendida, ma spesso soltanto per le luci oblique e radenti del paganesimo. In tale contesto sociale Filippo rimase ossequiente all'Autorità, devotissimo al deposito della Verità, intrepido nell'annuncio del messaggio cristiano. così fu sorgente di luce per tutti.

Egli non scelse la vita solitaria; ma, svolgendo il suo ministero fra la gente del popolo, si propose di essere anche "sale" per quanti lo incontravano.

Come Gesù, seppe calarsi nella miseria umana ristagnante sia nei palazzi nobiliari che nei vicoli della Roma rinascimentale. Egli era, a volta a volta, cireneo e coscienza critica, consigliere illuminato e maestro sorridente.

Proprio per questo, non fu tanto lui ad adottare Roma, quanto Roma ad adottare lui! Per 60 anni visse in questa Città, che si andava intanto popolando di Santi. Se nelle vie incontrava l'umanità dolorante per confortarla e sorreggerla con la carità di una parola sapiente e umanissima, preferiva raccogliere la gioventù nell'Oratorio, la sua vera invenzione! Ne fece un luogo d'incontro gioioso, una palestra di formazione, un centro di irradiazione dell'arte.

Fu nell'Oratorio che san Filippo, accanto alla coltivazione della religiosità nelle sue espressioni consuete e nuove, s'impegno a riformare ed innalzare l'arte, riconducendola al servizio di Dio e della Chiesa. Convinto com'era che il bello conduce al bene, fece rientrare nel suo disegno educativo tutto ciò che avesse un'impronta artistica. E divenne lui stesso mecenate delle diverse espressioni artistiche, promovendo iniziative capaci di portare al vero e al buono.

Incisivo ed esemplare fu il contributo che san Filippo seppe dare alla musica sacra, spingendola ad elevarsi da motivo di fatuo divertimento ad opera ri-creatrice dello spirito. Fu dietro suo stimolo che musicisti e compositori iniziarono una riforma che toccherà in Pier Luigi da Palestrina il vertice più alto.


4. San Filippo, uomo amabile e generoso, santo casto e umile, apostolo attivo e contemplativo, resti il costante modello dei Membri della Congregazione dell'Oratorio! Egli consegna a tutti gli Oratoriani un programma ed uno stile di vita che conservano ancor oggi una singolare attualità. Il cosiddetto "quadrilatero" - umiltà, carità, preghiera e gioia - resta sempre una base solidissima su cui poggiare l'edificio interiore della propria vita spirituale.

Se sapranno seguire l'esempio del loro Fondatore, gli Oratoriani continueranno a svolgere un ruolo significativo nelle vicende della Chiesa. Esorto pertanto tutti i figli e le figlie di san Filippo Neri ad essere sempre fedeli alla vocazione oratoriana, ricercando Cristo, aderendo a Lui con perseveranza e divenendo generosi seminatori di gioia in mezzo ai giovani, spesso tentati dalla sfiducia e dallo scoramento.

Con questi auspici mi è caro invocare la celeste protezione di san Filippo Neri sull'intera Comunità Oratoriana, formulando il cordiale augurio che le celebrazioni giubilari diventino occasione per una stimolante riscoperta della figura e dell'opera di questo singolare testimone di Cristo, che tanto può ancora insegnare, in questo ultimo scorcio di secolo, ai cristiani impegnati nella nuova evangelizzazione.

Accompagno tali voti con una speciale Benedizione Apostolica, che imparto di cuore a Lei, ai Membri della Confederazione dell'Oratorio, ed a quanti attingono alla spiritualità del "Santo della gioia".

Dal Vaticano, 7 Ottobre 1994.

Data: 1994-10-07 Data estesa: Venerdi 7 Ottobre 1994





Il discorso di Giovanni Paolo II durante l'incontro di sabato pomeriggio, 8 ottobre

Titolo: "Famiglia, che cosa dici di te stessa? Io sono "gaudium et spes""




1. Familia, quid dicis de te ipsa? Parole simili ho ascoltato per la prima volta nell'Aula Conciliare, all'inizio del Concilio Vaticano II. Ma il Cardinale che le pronunciava, in luogo di "familia", diceva "Ecclesia, quid dicis de te ipsa?".

Ecco, un parallelismo. Quando ho riflettuto e pregato prima di questo incontro, questo parallelismo fra le due domande mi si è iscritto nel cuore e nella memoria: Familia, quid dicis de te ipsa? Una domanda, una domanda che aspetta una risposta.

Possiamo dire che questo Anno della Famiglia è una grande risposta esattamente a questa domanda. Quid dicis de te ipsa? Famiglia, famiglia cristiana: che cosa sei tu? Troviamo una risposta già nei primi tempi cristiani. Nel periodo post-apostolico: "Io sono la Chiesa domestica". In altre parole: io sono una Ecclesiola; una chiesa domestica. E di nuovo vediamo lo stesso parallelismo: Famiglia-Chiesa; dimensione apostolica e universale della Chiesa, da una parte; dimensione familiare, domestica della Chiesa, dall'altra parte.

L'una e l'altra vivono delle stesse sorgenti. Hanno la stessa genealogia in Dio: in Dio, Padre, Figlio e Spirito Santo. Con questa genealogia divina si costituiscono attraverso il grande mistero del divino Amore. Questo mistero si chiama "Deus homo", incarnazione di Dio che ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio Unigenito, perché nessuno che Lo segue si perda. Dio Padre, Dio Figlio, Dio Spirito Santo. Un solo Dio, tre Persone: un mistero insondabile. In questo mistero trova la sua sorgente la Chiesa, e trova la sua sorgente la famiglia, chiesa domestica.


2. Carissimi Fratelli e Sorelle, venuti da cento Paesi diversi per questo importante appuntamento in occasione dell'Anno della Famiglia! "Grazia a voi e pace da Dio, Padre Nostro!" (Col 1,2).

Ho ascoltato con grande attenzione le testimonianze e le riflessioni che sono state presentate poc'anzi. Ringrazio il Cardinale Lopez Trujillo per le parole che mi ha rivolto e per l'impegno che, con i suoi Collaboratori, ha posto nel realizzare questa celebrazione, e tante altre celebrazioni in questo Anno della Famiglia. Vi saluto insieme con tutti quelli che sono qui presenti, Cardinali e Vescovi, Membri del Sinodo, Sinodo che adesso lavora su un tema importantissimo: il tema della consacrazione, delle persone e delle comunità consacrate nella Chiesa. Si poteva pensare ad un tema diverso, ma si vede tanta vicinanza tra questi due temi. Perché nel mistero della Chiesa, famiglia e consacrazione vanno insieme. Non ha detto anche il Concilio Vaticano II che gli sposi, nel sacramento del matrimonio, si consacrano quasi a Dio? Si consacrano per creare un ambiente di amore e un ambiente di vita. Amore e vita. Questa è la vostra vocazione, carissimi fratelli e sorelle; la vostra vocazione, carissime famiglie. Questa è la vostra vocazione che attraversa tutte le generazioni, cominciando dagli avi, dai nonni, fino ai nipotini, pro-nipotini: una famiglia di generazioni. Nella stessa famiglia c'è questo pellegrinaggio di generazioni lungo la vita terrestre, per arrivare nella casa del Padre.

Vorrei ancora, in questa occasione, nella quale tutti portano la loro testimonianza, vorrei offrire anche una testimonianza da parte della Chiesa di Roma e da parte dell'Ufficio petrino su che cosa si è cercato di fare per la famiglia nei nostri ultimi tempi. Possiamo cominciare dal Vaticano II: "Familia, quid dicis de te ipsa?". "Chiesa, tu che dici di te stessa?".

Ecco, per la famiglia, nella Gaudium et Spes c'è un capitolo a parte che parla della promozione della famiglia, della promozione della dignità della famiglia. Ecco la prospettiva giusta; lo stesso titolo basta per riflettere profondamente su quello che vuol dire essere famiglia, essere sposo e sposa, marito e moglie, su quello che vuol dire essere padre e madre, e anche figlio e figlia, e anche nipotini. Tutto questo si trova in definitiva nella dimensione di una comune dignità, dignità della famiglia, promozione della dignità della famiglia. Appunto questa promozione della dignità della famiglia è il faro con cui il Concilio Vaticano II ha aperto, possiamo dire, questo Anno della Famiglia.

Questo Anno della Famiglia, lo sapete bene, è stato aperto a Nazaret. Ma è stato aperto anche in tempi meno vicini, durante il Concilio Vaticano II, in quello stupendo documento che è la Gaudium et Spes, dove si parla della promozione della dignità della famiglia.

E poi debbo citare Paolo VI: è merito imperituro di questo Papa l'aver donato alla Chiesa l'Enciclica Humanae vitae (1968), enciclica che a suo tempo non venne compresa in tutta la sua portata, ma che col passare degli anni è venuta rivelando la sua carica profetica: nell'Humanae vitae, Paolo VI, il grande Pontefice indicava i criteri per salvaguardare l'amore della coppia dal pericolo dell'egoismo edonistico, che, in non poche parti del mondo, tende a spegnere la vitalità delle famiglie e quasi sterilizza i matrimoni. Nell'altra sua storica Enciclica, la Populorum progressio, Papa Paolo si faceva voce dei popoli in via di sviluppo, invitando i paesi ricchi a una politica di vera solidarietà, ben lontana dalla subdola forma di neocolonialismo che impone progetti di denatalità programmata.

Della famiglia si è occupato, inoltre, il Sinodo Episcopale del 1980, dal quale è scaturita l'Esortazione Apostolica Familiaris Consortio, che ha dato un'impostazione sistematica alla pastorale della famiglia come scelta prioritaria e cardine della nuova evangelizzazione. Con questo Sinodo, e con quest'Esortazione Post-sinodale Familiaris Consortio, è idealmente collegata la redazione della Carta dei diritti della Famiglia del 1983.

Vorrei ricordare qui anche le mie catechesi su questo tema, sviluppate in una serie di Udienze generali del mercoledi e raccolte nel volume intitolato "Maschio e femmina li creo". Ad esse vanno aggiunti numerosi altri interventi in occasioni diverse, e ultimamente quella Lettera alle Famiglie, con la quale ho bussato alla porta di ogni casa, per annunciare il "Vangelo della famiglia", ben consapevole che la famiglia è la prima e la più importante via della Chiesa (LF 1).


3. L'attenzione alla famiglia ha spinto la Chiesa in questi anni a creare strutture nuove al suo servizio. Allora, non solamente documenti, ma anche strutture, realizzazioni.

Il 13 maggio 1981, data assai significativa, è stato creato il Pontificio Consiglio per la Famiglia, e quindi l'Istituto di Studi, a carattere accademico, su Matrimonio e Famiglia. Sono stato spinto a promuovere tali istituzioni anche dalle esperienze che hanno segnato la mia attività sacerdotale ed episcopale già nella mia Patria, dove ho sempre riservato una attenzione privilegiata ai giovani e alle famiglie.

Proprio da quelle esperienze ho appreso che in questo campo è indispensabile una approfondita formazione intellettuale e teologica per poter sviluppare in maniera adeguata gli orientamenti etici concernenti il valore della corporeità, il senso del matrimonio e della famiglia, la questione della paternità e della maternità responsabili.

Quanto ciò sia importante è emerso specialmente nel corrente anno 1994, che per iniziativa delle Nazioni Unite è stato dedicato alla Famiglia. Una certa tendenza emersa nella recente Conferenza del Cairo su "popolazione e sviluppo" ed in altri incontri svoltisi nei mesi scorsi, come pure alcuni tentativi fatti nelle sedi parlamentari di stravolgere il senso della famiglia privandola del naturale riferimento al matrimonio, hanno dimostrato quanto necessari fossero i passi compiuti dalla Chiesa a sostegno della famiglia e del suo indispensabile ruolo nella società.


4. Grazie alla concorde azione degli Episcopati e dei laici consapevoli, abbiamo affrontato numerosi ostacoli ed incomprensioni, pur di offrire questa testimonianza di amore, che ha sottolineato l'inscindibile vincolo di solidarietà che esiste tra Chiesa e Famiglia. Ma certo è ancora grande il compito che ci attende. E voi, care famiglie, siete qui anche per farvi carico di tale ulteriore impegno, in questo tema decisivo che chiede la vigile e responsabile partecipazione non solo dei cristiani ma di tutta la società.

Siamo infatti persuasi che la società non può fare a meno dell'istituto familiare per la semplice ragione che essa stessa nasce nelle famiglie e trae consistenza dalle famiglie.

Di fronte al degrado culturale e sociale in atto, in presenza del diffondersi di piaghe come la violenza, la droga, la criminalità organizzata, quale migliore garanzia di prevenzione e di riscatto di una famiglia unita, moralmente sana e civilmente impegnata? E' in siffatte famiglie che ci si forma alle virtù e ai valori sociali di solidarietà, accoglienza, lealtà, rispetto dell'altro e della sua dignità.


5. Vorrei ancora, tornando all'importanza di questo Anno, ricordare che stiamo preparandoci all'Anno Duemila, il Grande Giubileo della venuta di Cristo, dell'Incarnazione. Per questa data, per questa ricorrenza bi-millenaria, ci siamo preparati attraverso diverse tappe: l'Anno della Redenzione nel 1983; l'Anno Mariano nel 1987-1988. Ed ora quest'Anno della Famiglia costituisce sicuramente una tappa importante nella preparazione del Grande Giubileo del Duemila. A Dio piacendo, a chiusura di quest'Anno, come uno dei suoi frutti più preziosi e come programma per il futuro, cerchero di pubblicare la preannunciata Enciclica sulla vita.

Questa Enciclica è stata richiesta dai Padri Cardinali già due anni fa.

Penso che abbiamo adesso una buona circostanza per preparare e pubblicare questa Enciclica sulla vita, sulla vita umana, sulla santità della vita. E sarebbe quasi in ideale accordo con la prima Enciclica di questo periodo, che riguarda anch'essa la vita, perché comincia con le parole "Humanae vitae"...

Io debbo dire che mi hanno concesso 25 minuti, e non so se questi 25 minuti sono già passati, o non ancora... Ecco, vedete che il Papa è sottoposto a costrizioni rigorose, molto rigorose, ma non vorrei prolungare...


6. Allora, carissimi: queste luci che si vedono, sono le luci che vengono da tutto il mondo. Ogni famiglia porta una luce, e ogni famiglia è una luce! E' una luce, un faro, che deve illuminare la strada della Chiesa e del mondo nel futuro, verso la fine di questo millennio, ed anche oltre, fintanto che Dio permetterà a questo mondo di esistere.

Cari sposi, cari genitori! La comunione dell'uomo e della donna nel matrimonio, voi lo sapete, risponde alle esigenze proprie della natura umana, ed è insieme un riflesso della bontà divina, che si fa paternità e maternità. La grazia sacramentale - del Battesimo e della Cresima prima, del Matrimonio poi - ha immesso un'onda fresca e possente di amore soprannaturale nei vostri cuori. E' amore che scaturisce dal seno della Trinità, di cui la famiglia umana è immagine eloquente e viva. E' una realtà soprannaturale che vi aiuta a santificare le gioie, ad affrontare le difficoltà e le sofferenze, a superare le crisi e i momenti di stanchezza; in una parola, è per voi sorgente di santificazione e forza di donazione.

Essa cresce con l'orazione costante e soprattutto con la partecipazione ai Sacramenti della Riconciliazione e dell'Eucaristia.

Forti di questo sostegno soprannaturale, siate pronte, care famiglie, a rendere testimonianza della speranza che è in voi (cfr. 1P 3,15).

La vostra sia sempre una testimonianza di accoglienza, di dedizione e di generosità. Conservate, aiutate, promuovete la vita di ogni persona, specialmente di chi è debole, infermo o handicappato; testimoniate e seminate a piene mani l'amore alla vita. Siate artefici della cultura della vita e della civiltà dell'amore.

Nella Chiesa e nella società questa è l'ora della famiglia. Essa è chiamata ad un ruolo di primo piano nell'opera della nuova evangelizzazione. Dal seno di famiglie, dedite alla preghiera, all'apostolato e alla vita ecclesiale matureranno genuine vocazioni non solo per la formazione di altre famiglie, ma anche per la vita di speciale consacrazione, di cui proprio in questi giorni l'Assemblea Sinodale sta illustrando la bellezza e la missione.


7. Tornerei per finire a quello che ho detto all'inizio: Familia, quid dicis de te ipsa? Qui, in questa nostra assemblea di Piazza San Pietro, la famiglia ha cercato di rispondere a questa domanda: Quid dicis de te ipsa? Ecco: "Io sono", dice la famiglia. "Perché tu sei?": Io sono perché Colui che ha detto di se stesso, "Solo Io sono quello che sono", mi ha dato il diritto e la forza di essere. Io sono, io sono famiglia, sono l'ambiente dell'amore; sono l'ambiente della vita; io sono.

Che cosa dici di te stessa? Quid dicis de te ipsa? Io sono gaudium et spes! E così possiamo terminare questa improvvisazione, perché... Ci sono le carte, è vero, ma metà del mio discorso è stato improvvisato, dettato dal cuore, e ricercato da parecchi giorni nella preghiera.

Data: 1994-10-08 Data estesa: Sabato 8 Ottobre 1994





L'omelia pronunciata dal Santo Padre durante la celebrazione eucaristica - Piazza San Pietro, Città del Vaticano

Titolo: Il "credo" del matrimonio, della famiglia, della vita




1. "Credo in Dio, Padre onnipotente, Creatore...".

Carissimi Fratelli e Sorelle! Famiglie pellegrine! Il Vescovo di Roma vi saluta oggi in Piazza San Pietro, in occasione della solenne Eucaristia che stiamo celebrando. Questa è l'Eucaristia dell'Anno della Famiglia. Ci uniamo spiritualmente a tutti coloro che hanno accolto il richiamo di quest'Anno, e sono oggi qui con noi, presenti nello spirito. Con loro professiamo la nostra fede in Dio, Padre onnipotente, Creatore del cielo e della terra.

La liturgia dell'odierna domenica nella prima lettura, tratta dal Libro della Genesi, richiama alla verità sulla creazione. In particolare, ricorda la verità sulla creazione dell'uomo "ad immagine e somiglianza di Dio" (cfr. 1,27).

Come maschio e femmina, l'uomo è stato creato ad immagine e somiglianza di Dio stesso: "maschio e femmina li creo" (cfr. ). In essi prende inizio la comunione delle persone umane. L'uomo - maschio, "abbandona suo padre e sua madre e si unisce a sua moglie così che i due diventano una sola carne" (cfr. Gn 2,24).

In tale unità essi trasmettono la vita ai nuovi esseri umani: diventano genitori.

Partecipano alla potenza creatrice di Dio stesso.

Oggi, tutti coloro che mediante la loro maternità e paternità hanno parte al mistero della creazione, professano "Dio - Padre onnipotente, Creatore...".

Professano Dio come Padre, perché a Lui devono la loro umana maternità e paternità. E, professando la loro fede, s'affidano a questo Dio, "dal quale ogni paternità nei cieli e sulla terra prende nome" (Ep 3,15), per il grande compito che li tocca personalmente in quanto genitori: l'opera dell'educazione dei figli.

"Essere padre - essere madre", significa "essere impegnati ad educare". Ed educare vuol dire anche "generare": generare nel senso spirituale.


2. "Credo in un solo Signore Gesù Cristo, unigenito Figlio di Dio... per opera dello Spirito Santo si è incarnato nel seno della Vergine Maria e si è fatto uomo".

Crediamo in Cristo che è Verbo eterno: "Dio da Dio, Luce da Luce". Egli, in quanto consustanziale al Padre, è Colui nel quale tutto è stato creato. Si è fatto uomo per noi e per la nostra salvezza. Come Figlio dell'uomo ha santificato la Famiglia di Nazareth, che Lo aveva accolto nella notte di Betlemme e che Lo aveva salvato di fronte alla crudeltà di Erode. Questa Famiglia - nella quale Giuseppe, sposo della purissima Vergine Maria, faceva le veci, per il Figlio, del Padre celeste - è diventata dono di Dio stesso a tutte le famiglie: la Sacra Famiglia.

Crediamo in Gesù Cristo, che, vivendo per trent'anni nella casa di Nazareth, santifico la vita familiare. Santifico anche il lavoro umano, aiutando Giuseppe nella fatica di mantenere la Sacra Famiglia.

Crediamo in Gesù Cristo, il quale ha confermato e rinnovato il sacramento primordiale del matrimonio e della famiglia, come ci ricorda il brano evangelico poc'anzi proclamato (cfr. Mc 10,2-16). In esso abbiamo ascoltato Cristo che nel suo colloquio con i farisei, fa riferimento all'"inizio", quando Dio "creo l'uomo - maschio e femmina li creo", perché, divenendo "una sola carne" (cfr. Mc 10,6-8), trasmettessero la vita ai nuovi esseri umani. Cristo dice: "Sicché non sono più due, ma una sola carne. L'uomo dunque non separi ciò che Dio ha congiunto" (Mc 10,8-9). Cristo, Testimone del Padre e del suo Amore, costruisce la famiglia umana su un matrimonio indissolubile.


3. Credo - crediamo - in Gesù Cristo, che fu crocifisso - condannato alla morte di croce da Ponzio Pilato. Accettando liberamente la passione e la morte di croce, egli redense il mondo. Risorgendo il terzo giorno, confermo la sua Potenza divina ed annunzio la vittoria della vita sulla morte.

In tal modo Cristo è entrato nella storia di tutte le famiglie, perché la loro vocazione è servire la vita. La storia della vita e della morte di ogni essere umano è innestata nella vocazione di ogni umana famiglia, la quale dà la vita, ma anche partecipa in modo tutto particolare all'esperienza della sofferenza e della morte. In questa esperienza è presente Cristo che dice: "Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me... non morirà in eterno!" (Jn 11,25-26).

Crediamo in Gesù Cristo, che, quale Redentore, è lo Sposo della Chiesa, come ci insegna san Paolo nella Lettera agli Efesini. Su quest'amore sponsale si basa il sacramento del matrimonio e della famiglia nella Nuova Alleanza. "Cristo ha amato la Chiesa e ha dato se stesso per lei (...). così anche i mariti hanno il dovere di amare le mogli come il proprio corpo" (Ep 5,25 Ep 5,28). Nello stesso spirito san Giovanni esorta tutti (e in particolare gli sposi e le famiglie) - all'amore scambievole: "Se ci amiamo gli uni gli altri, Dio rimane in noi e l'amore di lui è perfetto in noi" (1Jn 4,12).

Cari Fratelli e Sorelle! Oggi ringraziamo in maniera particolare per quell'amore che Cristo ci ha insegnato: l'amore che "è stato riversato nei vostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato" (Rm 5,5), l'amore che è stato dato a voi nel sacramento del matrimonio e che da allora non ha cessato di alimentare il vostro rapporto, spingendovi al reciproco dono. Col passare degli anni esso ha abbracciato anche i vostri figli, che a voi devono il dono della vita. Quanta gioia suscita in noi l'amore che, secondo il Vangelo di oggi, Gesù manifestava ai bambini: "Lasciate che i bambini vengano a me e non glielo impedite, perché a chi è come loro appartiene il regno di Dio" (Mc 10,14).

Oggi chiediamo a Cristo che tutti i genitori e gli educatori nel mondo abbiano la loro parte in quell'amore con cui Egli abbraccia i bambini e i giovani al modo loro proprio. Egli guarda nei loro cuori con l'amore e con la sollecitudine di un padre e al tempo stesso di una madre.


4. "Credo nello Spirito Santo". Crediamo nello Spirito Paraclito, in Colui che dà la Vita, ed è "Signore e Datore di Vita" ("Dominum et Vivificantem"). Non è forse Lui, che ha innestato nei vostri cuori quell'amore che vi permette di stare insieme come mariti e come mogli, come padri e come madri, per il bene di quella comunità fondamentale che è la famiglia? Nel giorno in cui gli sposi si giuravano vicendevolmente "fedeltà, amore e rispetto per tutta la vita", la Chiesa invocava lo Spirito Santo con questa preghiera commovente: "Effondi su di loro la grazia dello Spirito Santo affinché, in virtù del tuo amore riversato nei loro cuori, perseverino fedeli nell'alleanza coniugale" (Rituale Romanum, Ordo celebrandi matrimonium, n.74).

Parole davvero commoventi! Ecco i cuori umani, invasi da vicendevole amore sponsale, gridano, perché il loro amore possa sempre attingere alla "potenza dall'alto" (cfr. Ac 1,8). Solo grazie a quella potenza che scaturisce dall'unità della Santissima Trinità, possono formare l'unità - l'unità fino alla morte. Solo grazie allo Spirito Santo il loro amore riuscirà ad affrontare i compiti, sia quelli di marito e moglie, che quelli di genitori. Proprio tale amore lo Spirito Santo "effonde" nei cuori umani. E' un amore nobile e puro. E' un amore fecondo.

E' un amore che dà la vita. Un amore bello. Tutto ciò che san Paolo ha incluso nel suo "Inno all'amore" (cfr. 1Co 13,1-13) costituisce il fondamento più profondo della vita familiare.

Per questa ragione oggi, in presenza di tante famiglie di tutto il mondo, rinnoviamo la nostra fede nello Spirito Santo, pregando, perché nelle famiglie rimangano sempre tutti i suoi doni: il dono della sapienza e dell'intelletto, il dono del consiglio e della scienza, il dono della fortezza e della pietà. E anche il dono del timore di Dio, che è "principio della saggezza" (Ps 111,10).


5. O Fratelli e Sorelle! O voi tutte Famiglie qui riunite! O voi tutte Famiglie cristiane del mondo intero, costruite la vostra esistenza sul fondamento di quel sacramento che l'Apostolo chiama "grande" (cfr. Ep 5,32)! Non vedete, forse, quanto siete inscritte nel mistero del Dio Vivente - di quel Dio che professiamo nel nostro "Credo" apostolico? "Credo nello Spirito Santo (...). Credo la Chiesa santa" ("unam, sanctam, catholicam et apostolicam Ecclesiam"). Voi siete "Chiesa domestica" (cfr. LG 11), come hanno insegnato già i Padri e gli scrittori dei primi secoli. La Chiesa costruita sul fondamento degli Apostoli prende in voi il suo inizio: "Ecclesiola - Chiesa domestica". Dunque, la Chiesa è la Famiglia delle famiglie.

La fede nella Chiesa ravviva la nostra fede nella famiglia. Il mistero della Chiesa - questo mistero affascinante, così profondamente presentato nell'insegnamento del Concilio Vaticano II, trova il suo riflesso appunto nelle famiglie.

Cari Fratelli e Sorelle! Vivete in questa luce! Che la Chiesa, dappertutto nel mondo, maturi come viva unità delle Chiese: communio Ecclesiarum - anche di quelle "chiese domestiche" che siete voi! E quando pronunciate le parole del "Credo" che si riferiscono alla Chiesa, sappiate che esse riguardano voi!


6. Professiamo la fede nella Chiesa e questa fede rimane strettamente unita al principio della "vita nuova", alla quale Dio ci ha chiamati in Cristo. Professiamo questa Vita. E professandola, ricordiamo i tanti battisteri nel mondo, nei quali siamo stati generati a questa Vita. E poi a questi battisteri avete portato i vostri figli e le vostre figlie. Professiamo che il battesimo è un sacramento di rigenerazione "da acqua e da Spirito" (Jn 3,5). In questo sacramento ci viene rimesso il peccato originale come ogni altro peccato e noi diventiamo figli adottivi di Dio a somiglianza di Cristo, che solo è Figlio "Unigenito" ed "Eterno" del Padre.

O Fratelli e Sorelle! O Famiglie! Quanto immenso è il mistero di cui siete diventati partecipi! Quanto profondamente la vostra paternità e la vostra maternità - cari padri e care madri - si collega, mediante la Chiesa, con l'eterna paternità di Dio stesso!


7. Crediamo nella Santa Chiesa! Crediamo nella Comunione dei Santi. Crediamo nella remissione dei peccati, nella risurrezione dei morti e nella vita del mondo che verrà.

Non è forse necessario, alla vigilia ormai del terzo Millennio, che ci si impegni a vivere quest'Anno particolare, l'Anno della Famiglia, in una simile prospettiva di salvezza? Dal mistero della creazione dell'uomo come "communio personarum" siamo passati così al mistero della "communio sanctorum". La vita umana, che prende inizio da Dio stesso, ha li la sua mèta, il suo compimento. La Chiesa vive in continua comunione con tutti i santi e i beati, che vivono in Dio.

In Dio c'è anche l'eterna "comunione" di tutti coloro che, qui sulla terra, sono stati padri e madri, figli e figlie. Tutti loro non sono separati da noi. Sono uniti con la comune storia della salvezza, che mediante la vittoria sul peccato e sulla morte conduce alla vita eterna, dove Dio "tergerà ogni lacrima dagli occhi umani" (cfr. Ap 21,4). Dove noi Lo ritroveremo come Padre, Figlio e Spirito Santo.

Lui, a sua volta, ritroverà noi. Lui dimorerà in noi, perché allora si manifesterà che Egli - Egli solo, che è "l'Alfa, l'Omega, il Primo e l'Ultimo" (Ap 22,13) - sarà "tutto in tutti" (1Co 15,28).


8. Carissime Famiglie qui riunite! Famiglie di tutto il mondo! Auguro che mediante l'odierna Eucaristia, mediante la nostra comune preghiera, sappiate sempre riconoscere la vostra vocazione - la vostra grande vocazione nella Chiesa e nel mondo. Questa vocazione l'avete ricevuta da Cristo che "ci santifica" e che "non si vergogna di chiamarci fratelli e sorelle", come abbiamo letto nel brano della Lettera agli Ebrei (cfr. He 2,11). Ecco, questo Cristo dice a tutti voi oggi: "Andate dunque in tutto il mondo e ammaestrate tutte le famiglie" (cfr. Mt 28,19).

Annunziate loro il Vangelo della salvezza eterna, che è il "Vangelo delle famiglie". Il Vangelo - la Buona Novella - è Cristo. "Non vi è infatti altro nome dato agli uomini sotto il cielo nel quale è stabilito che possiamo essere salvati" (Ac 4,12). E Cristo è sempre. Cristo è "lo stesso ieri, oggi e sempre!" (He 13,8).

Amen!

Data: 1994-10-09 Data estesa: Domenica 9 Ottobre 1994






GPII 1994 Insegnamenti - La meditazione del Santo Padre prima della recita della preghiera mariana dell'Angelus Domini - Città del Vaticano