GPII 1995 Insegnamenti



Giovanni Paolo II

1995 Insegnamenti

Angelus: la preghiera del Papa con i fedeli per la XXVIII Giornata Mondiale della Pace - Piazza San Pietro, Città del Vaticano

Titolo: "Ispira, Maria, propositi di dialogo e di riconciliazione nei responsabili delle Nazioni"

Carissimi fratelli e sorelle, Buon anno!

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1. Nel primo giorno del 1995 rivolgo a ciascuno un augurio di felice Anno Nuovo.

Sia un anno veramente sereno e gioioso per tutti.

"Il Signore rivolga su di te il suo volto e ti conceda pace" (
Nb 6,26).

E' con queste parole della Sacra Scrittura, carissimi Fratelli e Sorelle, che desidero formularvi i miei più cordiali voti augurali per l'anno appena iniziato domandando a Dio il dono della pace per le famiglie, per le nazioni, per l'intera umanità.

Ci conceda il Signore la sua pace! Questa è la nostra costante invocazione che va sostenuta da gesti ed iniziative concreti. Quante sono le occasioni per riflettere sull'urgenza di costruire la pace! Il 1995, ad esempio, richiama alla mente la fine dei funesti eventi della II Guerra Mondiale. Sono pure passati cinquant'anni dall'immane tragedia di Hiroshima e Nagasaki, che ha segnato profondamente la coscienza degli uomini del nostro tempo.

Come non auspicare, nel ricordo di tali avvenimenti e guardando alle regioni del mondo dove purtroppo si continua a combattere, che il nuovo anno rechi finalmente in ogni parte della terra la pace tanto desiderata? Questo è il nostro ardente auspicio; l'auspicio che vogliamo avvalorare con l'incessante preghiera rivolta al Bambino adagiato nel presepe. "Principe della Pace" (Is 9,5), venuto nel mondo per offrire agli uomini la riconciliazione e l'autentica pace, donaci la pace; rendici tutti costruttori di pace.

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2. Proseguendo la riflessione avviata nel Messaggio dello scorso anno, "Anno della Famiglia", ho fatto pervenire ad ogni Capo di Stato, per l'odierna circostanza, un Messaggio, che ha per tema: "La donna: educatrice alla pace". In esso ho sottolineato il significativo contributo che le donne possono offrire al raggiungimento di una pace che incida in ogni aspetto del vivere umano. Mi sono rivolto ad esse invitandole a "farsi educatrici di pace con tutto il loro essere e con tutto il loro operare: siano testimoni, messaggere, maestre di pace nei rapporti tra le persone e le generazioni, nella famiglia, nella vita culturale, sociale e politica delle nazioni, in modo particolare nelle situazioni di conflitto e di guerra" (n. 2).

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3. Le accompagni in quest'esigente missione, Maria. A Lei rivolgiamo il nostro sguardo all'inizio del nuovo anno, che segna un primo avvio nella preparazione del Grande Giubileo del 2000. La Chiesa oggi l'invoca come "Madre di Dio", Madre del "Principe della Pace".

Ispira, o Maria, propositi di dialogo e di riconciliazione nei responsabili delle Nazioni, guida gli sforzi messi in atto dagli uomini di buona volontà; sostieni in particolare le donne nella loro naturale vocazione di educatrici alla pace in famiglia, nella società e in ogni contesto sociale.

(Dopo l'accorato appello alla pace e alla riconciliazione, Giovanni Paolo II ha rivolto particolari parole di augurio ai diversi gruppi di pellegrini presenti in Piazza San Pietro nelle diverse espressioni linguistiche.] (Al termine ha salutato ancora i fedeli presenti con queste parole:] Alla fine ringraziamo per questa pioggia che è anche un segno dell'Avvento compiuto: "Rorate Caeli desuper", abbiamo la pioggia.

Buon Anno, sia lodato Gesù Cristo!

Data: 1995-01-01 Data estesa: Domenica 1 Gennaio 1995

L'omelia del Papa durante la Santa Messa celebrata in onore di Maria Santissima Madre di Dio

Titolo: 1995: un nuovo anno, un nuovo tratto del tempo umano compreso nell'eternità di Dio



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1. "Quando venne la pienezza del tempo..." (
Ga 4,4).

Oggi, primo giorno del Nuovo Anno, siamo indotti a riflettere sul significato del tempo. Con le parole "venne la pienezza del tempo" l'Apostolo Paolo sembra voler indicare il fatto che il tempo tende ad un compimento. Il tempo, infatti, non è soltanto una dimensione del divenire a cui è soggetta ogni realtà creata, e dunque anche l'uomo. Il tempo è soprattutto la misura del "tendere" dell'uomo verso l'assoluto e, come tale, è attesa di un compimento.

L'essere umano inscrive nella sua storia personale e in quella dell'intera umanità questo secondo e più importante significato.

"Quando venne la pienezza del tempo, Dio mando il suo Figlio, nato da donna" (Ga 4,4). Dando alla luce un figlio, ogni donna dà inizio, in un certo senso, ad un nuovo "tendere". La stessa nascita di un figlio è il compimento delle attese dei genitori e, in particolare, della madre. D'altra parte, costituisce l'inizio di una nuova attesa, indissolubilmente unita all'essere umano che è nato.

Venendo al mondo l'uomo porta già con sé l'annuncio della propria morte.

Una certa corrente della filosofia contemporanea interpreta l'esistenza come una vita intrinsecamente orientata alla morte. Ma l'uomo non può realizzarsi nella morte: egli raggiunge il proprio compimento soltanto mediante una vita piena e definitiva. Se il tempo umano è un'attesa, e se questa è aspirazione al compimento, allora nel tempo umano si nasconde la consapevolezza di una vita oltre il limite della morte. Tale consapevolezza è evidenziata in tutte le religioni e, in modo particolare, nella semplice e primordiale venerazione degli antenati, che costituisce una conferma dell'attesa dell'immortalità, innata nell'uomo.

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2. Queste riflessioni indicano che il tempo umano costituisce già una certa partecipazione all'eternità di Dio, il solo veramente eterno. Ogni nato da donna viene alla luce per lasciare questo mondo attraverso la morte; viene al mondo già orientato verso l'immortalità. Immortalità che non è una dimensione propria del mondo, ma lo trascende e rivela l'eternità divina. Dicendo: "venne la pienezza del tempo" l'apostolo Paolo sembra non solo voler indicare tutto questo, ma affermare qualcosa di più e di assolutamente nuovo: nella venuta di Cristo Dio ha colmato il tempo umano con la sua eternità in maniera nuova e prima sconosciuta. Egli prosegue: "Dio mando il suo Figlio, nato da donna... perché ricevessimo l'adozione a figli" (
Ga 4,4-5).

La divina figliolanza è allora il contenuto più profondo della nostra immortalità. L'uomo partecipa all'eternità di Dio non solo attraverso l'immortalità per cui la sua anima non può morire, ma soprattutto mediante la figliolanza adottiva, attraverso la quale prende parte alla vita stessa di Dio, a somiglianza di Gesù Cristo, Figlio di Dio.

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3. "Dio mando il suo Figlio".

Nell'odierna liturgia approfondiamo il significato dell'evento celebrato otto giorni fa e che pervade di gioia tutta l'Ottava del Natale. La nascita del Figlio di Maria a Betlemme è la risposta di Dio al mistero della "pienezza del tempo".

Nel Natale di Cristo, infatti, si compie la vocazione dell'uomo all'immortalità. L'invio del Figlio nel mondo è la rivelazione della verità sul significato del tempo, prima sconosciuta ad ogni altra religione e filosofia umana.

L'Apostolo parla dell'invio del Figlio in stretta relazione con l'invio dello Spirito Santo: "E che voi siete figli ne è prova il fatto che Dio ha mandato nei nostri cuori lo Spirito del suo Figlio che grida: Abbà, Padre!" (
Ga 4,6).

Queste ultime parole confermano la totale novità di quanto ha portato con sé la prima venuta di Cristo. La figliolanza adottiva non è pertanto un'espressione vuota di contenuto, è piuttosto autentica realtà interiore, svelata dallo Spirito Santo come dimensione soprannaturale dell'esistenza umana in Dio. Soltanto se è veramente figlio adottivo l'uomo trova in sé la piena garanzia per dire a Dio: Abbà, Padre! Lo Spirito Santo, che procede dal Padre e dal Figlio, fa si che questa figliolanza soprannaturale diventi uno stato reale nella vita dell'uomo, lo stato della grazia santificante.

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4. La riflessione sul significato cristiano del tempo è un complemento indispensabile nella straordinaria ricchezza della liturgia e dell'annuncio natalizio. Possiamo ancora domandarci se questa verità sul compimento del tempo si riferisca soltanto all'era cristiana intesa in senso storico. In tal caso, tutto ciò che accadde prima della venuta di Cristo rimarrebbe escluso dalla dimensione soprannaturale del tempo.

L'Apostolo sembra, in realtà, indicare che quanto appartiene alla "pienezza del tempo" compie l'intera estensione temporale dell'esistenza umana sulla terra. Questa inizia con la creazione dell'uomo; infatti già il primo Adamo portava in sé la vocazione ad entrare in comunione con l'eternità divina, mediante la partecipazione filiale alla stessa vita di Dio. Era pero necessaria la venuta di Cristo - secondo Adamo - affinché tale vocazione, offuscata dal peccato, rinascesse per poter giungere alla sua piena e consapevole attuazione e diventare "Vangelo", la Buona Novella.

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5. Il brano della Lettera ai Galati oggi proclamato è l'unico testo paolino in cui si parla della Madre di Cristo. Ciò che san Paolo dice qui in modo sintetico, contiene pero quanto il Nuovo Testamento afferma di Maria, ricollegandosi a tutto l'Antico Testamento.

Che cosa è la maternità se non l'inizio di una vita che porta già in sé la prospettiva dell'immortalità? Tutte le madri, cominciando da Eva, partecipano intimamente a quella aspirazione di vita che sconfina oltre il tempo; prendono parte all'attesa di un essere chiamato all'immortalità. Più esse se ne rendono conto e più ricca diventerà spiritualmente la loro maternità.

Esistono nell'Antica Alleanza, nella tradizione cristiana, come pure in altri contesti religiosi, straordinarie figure di madri, che testimoniano questa tensione all'eternità di Dio: ad esempio, la madre dei Maccabei (cfr. 2 Mac 7,1,41), la vedova di Nain, a cui Gesù risuscito il figlio (cfr.
Lc 7,11-17), santa Monica madre di sant'Agostino e, nel nostro secolo, la Beata Gianna Beretta Molla. Soprattutto per opera di Maria, grazie al suo "fiat", la "pienezza del tempo" si è manifestata come il compimento del soprannaturale donarsi di Dio all'uomo. Con la sua maternità il valore del tempo si unisce singolarmente al mistero dell'adozione degli uomini, chiamati ad essere figli di Dio; si unisce all'invio nei nostri cuori dello Spirito del Figlio, lo Spirito Santo che grida: Abbà, Padre! Davvero grandi e profondi sono allora i motivi per cui la Chiesa, in questo primo giorno dell'anno, celebra con tanta solennità la maternità della Madre di Dio!

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6. A Maria la Chiesa affida in questo giorno le aspirazioni di verità e di giustizia, di solidarietà e di pace che abitano il cuore d'ogni credente. Essa invoca Maria, Madre di Dio, Madre del Principe della pace. Ogni anno, poi, da quando il mio venerato predecessore, il servo di Dio Paolo VI, istitui la Giornata Mondiale della Pace, il Papa rivolge per l'odierna circostanza uno specifico Messaggio. Quest'anno il tema è "La donna, educatrice alla pace". Facendo seguito a quello dello scorso anno incentrato sul rapporto tra la famiglia e la pace, ho voluto sottolineare quanto siano importanti il ruolo e la missione della donna, chiamata ad essere testimone, messaggera e maestra di pace. La donna ha una peculiare vocazione in ordine alla promozione della pace in famiglia e in ogni ambito della "vita sociale, economica e politica a livello locale, nazionale ed internazionale" (Messaggio, n. 9).

Possano le donne credenti, guardando a Maria, prendere sempre più viva coscienza del loro compito nella Chiesa e nel mondo ed offrire il loro decisivo contributo alla realizzazione del disegno divino relativo all'intera umanità.

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7. Celebriamo oggi nel primo giorno del Nuovo Anno solare la divina Maternità di Maria. Con tale celebrazione la Chiesa che cosa vuole dire? Non vuole forse attestare che la nostra speranza è colma d'immortalità (cfr.
Ps 3,4)? Non vuole essa insegnare che ogni tempo umano, e dunque anche quest'anno che inizia, è compreso nell'eternità di Dio, alla quale siamo chiamati come esseri creati a sua immagine e somiglianza? Si! La Chiesa desidera che tutti i fedeli vivano nella consapevolezza di questa adozione a figli in Cristo: figli che, avendo ricevuto lo Spirito Santo, gridano a Dio: Abbà, Padre! Figli che, consapevoli della loro condizione, diventino nell'esistenza quotidiana sempre più coerenti eredi del Regno, portato nel mondo ed offerto agli uomini dal Figlio di Dio.

Figli nel Figlio, per la crescita nel mondo del Regno di Dio.

Amen!

Data: 1995-01-01 Data estesa: Domenica 1 Gennaio 1995

Udienza: Giovanni Paolo II al Capitolo Generale dell'Unione Santa Caterina da Siena delle Missionarie della Scuola

Titolo: L'apostolato dell'insegnamento è necessario per rispondere alla sfida dell'indifferenza religiosa

Carissime Sorelle!

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1. In occasione del decimo Capitolo Generale della vostra Unione Santa Caterina da Siena delle Missionarie della Scuola, nella fausta ricorrenza del settantesimo anno di fondazione, avete desiderato incontrarvi con il Papa per esprimere nuovamente i vostri sentimenti di fedele adesione alla Chiesa e al Successore di Pietro.

Sono lieto di accogliervi in questa Udienza, ricordando quella concessa da Paolo VI, il 28 agosto 1974, per il cinquantesimo del vostro Istituto ed i numerosi incontri avuti con i miei venerati Predecessori dalla vostra Fondatrice, la Serva di Dio Madre Luigia Tincani.

Vi sono grato per questo vostro gesto di devoto ossequio e a tutte porgo il mio cordiale saluto. In modo speciale saluto la nuova Superiora Generale, Madre Maria Grazia Bianco, e Madre Anna Maria Balducci, che, succeduta a Madre Tincani, per tanti anni ha retto la vostra Istituzione con zelo ed intelligenza. Il mio affettuoso pensiero si estende poi a tutte le Consorelle, che in Italia, in Pakistan, in India, in Olanda e in Polonia lavorano con umiltà e dedizione nel campo della scuola, così decisivo per il bene delle persone e della società.

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2. Il tema che avete scelto per il Capitolo Generale è di grande attualità. Esso, formulato così: "La nostra missionarietà tra stabilità e agilità. Nella sequela di Gesù Verbo Incarnato: infinita possibilità di donazione", mette bene in luce il vostro desiderio di rispondere pienamente alle attese della Chiesa, seguendo le orme di Santa Caterina e di Madre Tincani.

La vostra vocazione vi colloca nel cuore della Chiesa e della sua missione: annunziare il Vangelo a tutte le genti, illuminare e salvare le anime, convertendole all'unica vera fede rivelata da Dio stesso per mezzo di Gesù Cristo.

Madre Tincani, che univa una spiccata preparazione teologica all'affabilità del temperamento, così scriveva: "La prima e fondamentale Verità che la Chiesa custodisce e comunica alle anime è la realtà dell'amore di Dio per la sua creatura... Questa rivelazione dell'amore di Dio conduce l'uomo ad amare Dio, che tanto l'ama... L'itinerario della salvezza è, dunque, tutto un itinerario di verità e di luce: luce di fede! E tutto è affidato alla santa Chiesa!" (Luigia Tincani, Santa Caterina da Siena. Per la Chiesa e per il Papa, Ed. Cateriniane, Roma, 1977, p. 47).

Ecco un programma spirituale ed apostolico valido anche oggi; anzi, ancora più valido in questi nostri tempi, in cui la società, profondamente travagliata, avverte un grande bisogno di essere illuminata e guidata ad incontrare e sperimentare l'amore e la misericordia di Dio.

Siete delle consacrate, delle religiose chiamate a testimoniare nella sua radicalità la sequela Christi.

Siete missionarie. La vostra forma di vita, come scriveva il Papa Paolo VI, "vuole prolungare quella di Gesù Maestro, di Gesù Sapienza eterna del Padre che illumina ogni uomo e gli dischiude la fonte della verità e della luce" (Insegnamenti Paolo VI, XII, 1974, p.771). Siete chiamate ad esercitare la carità della verità, col cuore aperto soprattutto ai poveri dell'anima.

Come scriveva Madre Tincani, la chiamata all'apostolato "è dopo la Redenzione operata dal nostro Sposo Crocifisso il più grande segno di amore che il Creatore possa dare alla sua povera piccola creatura" (30.I.1927).

Una seria sfida per l'annuncio del Vangelo è, in questa nostra epoca, l'indifferenza religiosa. Essa, come ho avuto modo di ribadire nella Lettera Apostolica Tertio Millennio adveniente, porta molti uomini di oggi a vivere come se Dio non ci fosse o ad accontentarsi di una religiosità vaga, incapace di misurarsi con il problema della verità e con il dovere della coerenza. Ho pure osservato come "la vita spirituale in molti cristiani attraversa un momento di incertezza, che coinvolge non solo la vita morale, ma anche la preghiera e la stessa rettitudine teologale della fede" (
TMA 36).

Quanto importante è, allora, l'apostolato dell'insegnamento nella scuola per formare le giovani generazioni alla vera fede cristiana e per aiutarle ad accettare e praticare con sincerità, convinzione e coraggio tutte le esigenti norme del Vangelo.

Alle tre tentazioni, quasi tipiche dell'epoca moderna: l'autonomia senza misura, l'edonismo e la confusione, voi intendete rispondere con tre fondamentali atteggiamenti, che si ricavano dalla vita e dal messaggio di Madre Tincani: l'impegno costante della propria santificazione, una seria preparazione teologica e professionale ed uno stile di vita affabile ed amorevole verso tutti, specialmente verso i giovani, che sentono il bisogno di essere compresi, amati e guidati in modo sicuro e convincente.

La fedeltà alla vostra vocazione può richiedere da parte vostra, alla luce della pedagogia cristiana e della dottrina evangelica, iniziative originali e geniali per andare incontro alle aspirazioni delle persone e alle esigenze spirituali e intellettuali del nostro tempo.

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3. Carissime Missionarie della scuola! Il 31 maggio 1976, giorno liturgico della Visitazione, la vostra Fondatrice lasciava questa terra per il cielo. Qualche anno prima aveva composto una bella preghiera, che mi piace ricordare a conclusione di questo nostro Incontro: "Luce intellettual piena d'amore riempi le nostre anime! Facci limpide e serene, generose, forti. Facci buone, facci liete della santa letizia che sorpassa ogni sacrificio e ogni fatica, perché l'amore che ci muove è "amor di vero ben pien di letizia". Santa Caterina, ottieni da Dio a tutte noi di essere "fortes in fide", forti nella luce della fede! Facci partecipi del dono che Egli fece a te quando ti tolse dalla pace della contemplazione per gettarti nel mare tempestoso dell'apostolato del mondo. Amen!".

Vi assista sempre Maria, la Vergine della Saggezza.

Sia di conforto, inoltre, a voi e a tutte le vostre Consorelle la mia Benedizione!

Data: 1995-01-02 Data estesa: Lunedi 2 Gennaio 1995


Udienza: il discorso di Giovanni Paolo II alla 34 Congregazione Generale della Compagnia di Gesù - Città del Vaticano

Titolo: Il vostro carisma vi chiede di essere testimoni del primato di Dio e della sua volontà

Carissimi Delegati della Compagnia di Gesù,

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1. Con la Celebrazione Eucaristica, nel corso della quale avete invocato lo Spirito Santo, è iniziata stamane la vostra Congregazione Generale, i cui lavori si protrarranno nelle prossime settimane.

E subito all'inizio avete voluto collocare l'incontro col Papa, per sottolineare il singolare carisma d'adesione al Successore di Pietro che, secondo Sant'Ignazio, deve caratterizzare la Compagnia di Gesù. Da Lui voi attendete di ricevere le "missioni", "affinché - come si legge nelle Costituzioni del vostro Istituto - in tutto sia maggiormente servito Dio nostro Signore e la Sede Apostolica" (Cost., 612). Nella scia del vostro Fondatore e dei suoi primi compagni, con questo gesto di adesione al ministero del Romano Pontefice dichiarate che la Compagnia è, totalmente e senza reticenze, della Chiesa, nella Chiesa e per la Chiesa.

Vi saluto con grande gioia, Religiosi carissimi, rivolgendo il mio pensiero anzitutto al Preposito Generale, Padre Peter-Hans Kolvenbach, che ringrazio per i sentimenti espressi a nome di tutti nell'indirizzo poc'anzi pronunziato. Con lui saluto il Consiglio generale e i 243 delegati che, rappresentando i Gesuiti di tutto il mondo, manifestano, con la varietà dei problemi e delle situazioni, la vitalità e la fecondità della Compagnia di Gesù.

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2. Questa vostra Congregazione Generale riveste sicuramente una particolare importanza nell'attuale momento storico, essendo consacrata essenzialmente a discernere il contributo specifico che il vostro Istituto è chiamato ad offrire alla nuova evangelizzazione, alle soglie ormai del terzo millennio cristiano, e ad aggiornare l'organizzazione e la legislazione della Compagnia di Gesù per rendere un servizio sempre più adeguato e fedele alla Chiesa.

Perché possiate meglio svolgere il compito che vi accingete ad intraprendere, vorrei richiamare alla vostra riflessione alcuni punti di riferimento, già del resto ben presenti al vostro spirito. Essi, ne sono certo, vi aiuteranno a definire meglio il vostro contributo alla missione evangelizzatrice della Chiesa nel mondo contemporaneo, specialmente nella prospettiva del Grande Giubileo del 2000, dal quale dovrà essere rivelata una "nuova primavera di vita cristiana", grazie alla docilità dei credenti all'azione dello Spirito Santo (cfr.
TMA 18).

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3. La Compagnia di Gesù è chiamata, innanzitutto, a riaffermare, senza equivoci e senza esitazioni, la sua specifica via a Dio, quale sant'Ignazio ha tracciato nella Formula Instituti: la fedeltà amorosa al vostro carisma sarà sicura fonte di rinnovata fecondità. Lo ricordava ai partecipanti alla trentaduesima Congregazione Generale il Servo di Dio Paolo VI: "Avete una spiritualità fortemente tracciata, un'identità inequivocabile, una conferma secolare che giunge dalla bontà dei metodi, che, passati attraverso il crogiuolo della storia, portano tuttora l'impronta della forte spiritualità di sant'Ignazio. Allora non bisognerà assolutamente mettere in dubbio che un più profondo impegno nella via fin qui percorsa, nel carisma proprio, non sia nuovamente fonte di fecondità spirituale e apostolica". L'indimenticabile Pontefice aggiungeva: "Tutti dobbiamo vegliare affinché l'adattamento necessario non si compia a detrimento dell'identità fondamentale, dell'essenzialità della figura del gesuita, quale è descritta nella Formula Instituti, quale la storia e la spiritualità propria dell'Ordine la propongono, e quale l'interpretazione autentica dei bisogni stessi dei tempi sembra ancora oggi reclamare. Quell'immagine non deve essere alterata, non deve essere sfigurata" (Insegnamenti di Paolo VI, vol. XII, 1974, pp. 1181-1182).

Non abbiate perciò paura di essere sempre più autentici figli di sant'Ignazio, vivendone pienamente l'originale ispirazione e il carisma in questo ultimo scorcio del secolo, approfondendo la vostra piena adesione alla Compagnia di Gesù. Il vostro carisma vi chiede di essere testimoni del primato di Dio e della sua volontà. "Ad maiorem Dei gloriam": la vita religiosa, l'apostolato, l'impegno nel mondo della cultura e del "sociale", la sollecitudine per i poveri devono sempre avere come unica finalità la maggior gloria del Signore. Tutto ciò porta da sé ad evidenziare fortemente il primato della spiritualità e della preghiera: disattenderlo significherebbe tradire il dono che voi siete chiamati ad essere per la Chiesa e per il mondo.

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4. Su questa esigente condizione spirituale ed ascetica, che deve essere alla base di ogni attività apostolica, poggia l'impegno per la nuova evangelizzazione nella prospettiva del terzo millennio. Si richiede innanzitutto un rinnovato slancio nell'attuazione del mandato del Signore affidato alla Chiesa: "Andate per tutto il mondo e predicate il Vangelo ad ogni creatura" (
Mc 16,15). Questo mandato di Cristo costituisce un compito essenziale della missione della Chiesa.

La Compagnia di Gesù, "ad hoc potissimum instituta ut ad fidei defensionem et propagationem... praecipue intendat" (Formula Instituti, 1), seguendo l'esempio di sant'Ignazio e del suo compagno prediletto, san Francesco Saverio, ha dato in tutti i tempi della sua esistenza un contributo significativo, anche col sangue di martiri, all'attuazione nelle diverse parti del mondo di questo compito missionario della Chiesa.

Sono certo che la Congregazione Generale non mancherà di prestare la dovuta attenzione ad un aspetto così fondamentale del vostro apostolato. Oggi, come ben sapete, i nuovi nazionalismi, le ideologie radicalizzate, il sincretismo religioso, certe interpretazioni teologiche del mistero di Cristo e della sua opera soteriologica, la difficoltà di trovare l'equilibrio fra l'esigenza dell'inculturazione del Vangelo e l'unità del messaggio in esso contenuto, come pure altre circostanze di carattere politico, sociologico e religioso rischiano di compromettere in radice la vostra presenza e la vostra attività evangelizzatrice in molti Paesi. Nonostante queste difficoltà, esorto l'intera Compagnia a perseverare nella missione di annunciare il Vangelo sulle linee avanzate del Regno di Dio.

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5. L'impegno di evangelizzazione richiede anche una più generosa dedizione per favorire la piena comunione di tutti i cristiani. Nella recente Lettera Apostolica Tertio millennio adveniente, ho indicato l'obiettivo dell'unità dei cristiani come preminente: "Tra le suppliche più ardenti di questa ora eccezionale, all'avvicinarsi del nuovo Millennio, la Chiesa implora dal Signore che cresca l'unità tra tutti i cristiani delle diverse Confessioni fino al raggiungimento della piena comunione" (
TMA 16). Questo grande sforzo di tutta la Chiesa deve vedere la Compagnia in prima linea: resistendo ad ogni tentazione di individualismo, d'indipendenza e di parallelismo, essa è chiamata ad esprimere una grande testimonianza di fraterna concordia e di ecclesiale armonia. Sono note le energie che la Compagnia dispiega per collaborare con tutte le forze vive della Chiesa. A tale riguardo, vorrei invitarvi, da una parte, a mantenere vivo lo slancio proprio del vostro carisma per il servizio alla Chiesa universale, vincendo ogni tentazione di chiusura, di provincialismo o regionalismo, che potrebbe mettere in pericolo l'esistenza stessa di certe opere di carattere internazionale o interprovinciale di grande importanza per il bene della Chiesa universale e delle singole Chiese particolari, come, ad esempio, la Pontificia Università Gregoriana, il Pontificio Istituto Biblico, il Pontificio Istituto Orientale e la stessa Radio Vaticana, opere tutte per le quali vorrei ringraziare la Compagnia in questa occasione; d'altra parte, pero, dovete condividere docilmente, nei luoghi in cui esercitate il vostro servizio, le preoccupazioni dei Pastori nel loro magistero e nella loro sollecitudine per la Comunità particolare ad essi affidata.

Un uguale atteggiamento interiore dovrà ispirare la ricerca teologica, che il Gesuita animato da spirito di fede svilupperà in docile sintonia con le indicazioni del Magistero. Che dire poi dell'insegnamento volto a formare le giovani generazioni? Esso dovrà mirare a fornire agli studenti una conoscenza chiara, solida e organica della dottrina cattolica, orientando a saper distinguere le affermazioni che devono essere ritenute da quelle lasciate alla libera discussione e da quelle che non possono essere accettate.

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6. Su tali basi sarà possibile attuare ciò che nella preparazione della Congregazione Generale è emerso come istanza prioritaria in vista del terzo millennio cristiano: lo slancio missionario e la promozione di un dinamismo di comunione ecclesiale che si prolunghi in ecumenismo, guidi il dialogo interreligioso ed ispiri il servizio alla causa dei diritti umani e della pace, quali fondamenti della civiltà dell'Amore.

E' evidente che non può ambire a sanare le ferite e le divisioni del mondo chi non si pone con tutto se stesso al servizio della comunione nella Chiesa. Occorre perciò vigilare attentamente affinché non accada che i fedeli vengano disorientati da insegnamenti dubbiosi, da pubblicazioni o discorsi in aperto contrasto con la fede e la morale ecclesiali, da atteggiamenti che offendono la comunione dello Spirito. Vorrei, qui, rendere grazie al Signore per il bene che i Gesuiti realizzano nel mondo diffondendo il Vangelo della salvezza mediante la testimonianza della parola e della vita. Vi incoraggio a proseguire, carissimi Fratelli, su questo cammino superando ogni difficoltà e contando sulla costante assistenza divina, nonché sul sostegno della Sede Apostolica, che molto da voi attende in questo periodo della storia dell'umanità, travagliato, si, ma ricco di provvidenziali possibilità apostoliche e missionarie.

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7. Questo è il tempo della nuova evangelizzazione, la quale domanda alla Compagnia un impegno apostolico anche più concreto e rinnovato "nel suo ardore, nei suoi metodi, nelle sue espressioni" ( , vol. VI/1, 1983, p.698).

Un tale impegno deve innanzitutto partire dalla fiducia verso il Signore, che può efficacemente sostenere la Compagnia anche in un momento non facile come questo, affinché essa non cessi di operare generosamente in ordine alla crescita del Regno "per publicas praedicationes, lectiones et aliud quodcumque verbi Dei ministerium ac Spiritualia Exercitia, puerorum ac rudium in christianismo institutionem, Christi fidelium, in Confessionibus audiendis ac ceteris Sacramentis administrandis, spiritualem consolationem" (Formula Instituti, n. 1). Del Signore Gesù è infatti la Compagnia, suo è il bene che quotidianamente essa compie a servizio della cultura, in particolare nel mondo universitario, della formazione dei giovani, del sostegno spirituale a tanti sacerdoti, religiosi e laici. Frutto della grazia divina è inoltre l'apostolato nelle parrocchie, nei centri sociali, nell'ambito dei mass-media e nei molti "santuari" della sofferenza umana.

Tutta questa ricchezza va inserita nel dinamismo della nuova evangelizzazione, non partendo da calcoli umani o da raffinate strategie, ma da una umile e confidente adesione a Colui che è il primo evangelizzatore, il Cristo: "L'ardore apostolico della nuova evangelizzazione - si legge nel Documento finale dell'Assemblea dei Vescovi Latino-americani del 1992 a Santo Domingo - scaturisce da una radicale conformazione a Gesù Cristo, il primo evangelizzatore" (n. 28). E' soprattutto sull'annuncio di Cristo Redentore dell'uomo che occorre concentrare ogni sforzo apostolico, per attuare autentiche forme di inculturazione della fede e promuovere, come frutti della vita cristiana, i valori della giustizia, della pace e della solidarietà, tanto necessari oggi specialmente in alcune Nazioni del mondo.

Certo, la Compagnia deve sentirsi fortemente impegnata nel "sociale" e nel servizio agli ultimi. Come potrebbe non farlo? Come potrebbe perseguire in tutto la "maggior gloria di Dio" dimenticando, come dice sant'Ireneo, che "l'uomo vivente è la gloria di Dio"? Ma tale dimensione mai dovrà essere estrapolata da un servizio globale alla missione evangelizzatrice della Chiesa, che si fa carico della salvezza di tutti gli uomini e di tutto l'uomo, a partire dal suo destino soprannaturale.

Il discernimento che voi, carissimi Fratelli, siete chiamati a compiere nella presente Congregazione Generale non può, conseguentemente, non mirare a qualificare sempre più l'apostolato come missione evangelizzatrice, ricca di trasparenza e caratterizzata da un forte senso di Dio, dall'amore alla Chiesa e all'uomo "via della Chiesa", dalla riconoscenza per il dono della vocazione e dalla gioia della fedeltà alla misericordia divina.

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8. Formare i futuri apostoli a tali traguardi ascetici e pastorali: questa è l'esigenza fondamentale. Una formazione solida e prolungata dei professi della Compagnia deve costituire la vostra incessante preoccupazione. Lo stesso Fondatore domandava esplicitamente che nessuno fosse ammesso alla professione senza una formazione esigente (cfr. Formula Instituti, n. 9). Il Papa Paolo VI riconobbe che "ovunque nella Chiesa, anche nei campi più difficili e di punta, nei crocevia delle ideologie, nelle trincee sociali, vi è stato e vi è il confronto tra le esigenze brucianti dell'uomo e il perenne messaggio del Vangelo, là vi sono stati e vi sono i Gesuiti" (Insegnamenti di Paolo VI, vol. XII, 1974, p.1181). Perché ciò continui ad essere vero occorre "non cedere alla facile tentazione di addolcire questa formazione, che riveste una tale importanza in ciascuno dei suoi aspetti: umano, spirituale, dottrinale, disciplinare e pastorale" (Insegnamenti di Giovanni Paolo II, vol. V/1, 1982, p. 715).

Esprimo il mio riconoscimento per il grande sforzo che viene dispiegato per rispondere a tali attese. A questo proposito, vorrei anche manifestare apprezzamento per quanto la Compagnia di Gesù compie a favore della formazione dei Fratelli Coadiutori, insostituibili elementi della vita del vostro Ordine e del suo apostolato.

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9. Carissimi Gesuiti, il recente Sinodo dei Vescovi, dedicato alla vita consacrata e alla sua missione nella Chiesa e nel mondo, ha rivolto a tutti i religiosi una pressante esortazione perché pongano la loro missione profetica a servizio della nuova evangelizzazione, testimoniando visibilmente e chiaramente nello stile di vita, nel lavoro e nella preghiera l'imitazione radicale del Signore, casto, povero ed obbediente. Quest'invito orienti ed accompagni i lavori che vi accingete ad intraprendere, guidi le scelte che siete chiamati a compiere. Siate ben persuasi che la Chiesa ha bisogno del vostro qualificato contributo per annunciare più efficacemente il Vangelo di Cristo all'uomo del nostro tempo.

Maria Santissima, che sostenne e illumino il vostro Fondatore, vi aiuti ad "avere dinanzi agli occhi prima di ogni altra cosa Dio e poi la forma di questo suo Istituto" (Formula Instituti, 1) e maternamente vi guidi.

A sostegno di ogni vostro generoso proposito, mentre invoco copiosi doni celesti, imparto di cuore a voi e a tutti i membri della Compagnia di Gesù una speciale Benedizione Apostolica.

Data: 1995-01-05 Data estesa: Giovedi 5 Gennaio 1995


GPII 1995 Insegnamenti