GPII 1995 Insegnamenti 429

La meditazione del Papa prima della recita dell'Angelus con i fedeli radunati dinanzi al Santuario - Castelpetroso

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Titolo: "O Maria, Madre di Gesù e sposa di Giuseppe artigiano, proteggi tutte le donne che faticano quotidianamente, forti nella speranza e nelle tribolazioni, artigiane, come Te, dell'autentica pace"

Carissimi Fratelli e Sorelle!


1. Questo odierno mio pellegrinaggio si compie in occasione della festa di san Giuseppe, ed il pensiero va naturalmente al mondo del lavoro, segnato quest'anno, in particolare, dall'incontro con gli artigiani. Come non pensare allora alla casa di Nazaret, dove Giuseppe e Maria si aiutavano reciprocamente nella conduzione della loro famiglia e nella cura del bambino Gesù? Giuseppe, come falegname, era un artigiano nel senso più vero del termine. Maria, che si occupava delle faccende domestiche, potrebbe essere oggi considerata una casalinga e, come tale, modello di tutte quelle donne che sono delle vere "artigiane della casa".

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2. Da più parti oggi, dopo un periodo caratterizzato da una certa confusione e pressione di tipo ideologico, viene l'invito ad affrontare con maggiore serenità ed obiettività il rapporto tra donna, famiglia e lavoro, al fine di poter rivalutare la presenza femminile nell'ambito familiare. "L'esperienza conferma - scrivevo nell'Enciclica Laborem exercens - che bisogna adoperarsi per la rivalutazione sociale dei compiti materni, della fatica ad essi unita e del bisogno che i figli hanno di cura, di amore e di affetto" (
LE 9).

Anche in questo la Famiglia di Nazaret offre un significativo esempio: Maria lavora accanto a Giuseppe, secondo uno stile personale e femminile, che i racconti evangelici lasciano intuire. La loro armonia è senza dubbio maggiormente favorita dal lavoro artigianale del marito: Giuseppe infatti può operare vicino alla famiglia, avviando il piccolo Gesù al suo stesso mestiere di carpentiere.

E' a Maria che ora vogliamo rivolgere la nostra preghiera, affidandole le speranze e le preoccupazioni d'ogni famiglia, specialmente di quelle esposte alle difficoltà connesse con il lavoro.

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3. O Maria, Madre di Gesù e sposa di Giuseppe artigiano, nel tuo cuore sono raccolte le gioie e le fatiche della Santa Famiglia.

Anche le ore del dolore offrivi a Dio sempre confidando nella sua Provvidenza.

Proteggi, ti preghiamo, tutte le donne che faticano quotidianamente, perché la comunità domestica possa vivere in operosa armonia.

Ottieni loro di essere donne cristianamente sapienti, esperte di preghiera e di umanità, forti nella speranza e nelle tribolazioni, artigiane, come Te, dell'autentica pace. Amen.

(Al termine della recita dell'Angelus Domini il Santo Padre ha detto:] Ci vuole ancora una parola sul vento, che ci ha assistito tutto il tempo, ha lottato con noi, sembrava che volesse lottare con noi. E noi abbiamo vinto in qualche modo. Ma io penso che questo vento ci ha protetto contro la pioggia. Non è da escludere, un'ipotesi non del tutto scientifica. Allora vi auguro una buona continuazione in questa domenica. Auguro tutto il bene a coloro che portano il nome di San Giuseppe, Giuseppe e Giuseppina.

Sia lodato Gesù Cristo!

Data: 1995-03-19 Data estesa: Domenica 19 Marzo 1995

Il festoso e intenso incontro del Santo Padre con i rappresentanti dei lavoratori della regione - Agnone

Titolo: Le dimensioni spirituale, divina, sociale, morale e planetaria garantisono il primato dell'uomo su ogni tipo di lavoro

Carissimi Fratelli e Sorelle!

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1. Sono riconoscente al Presidente della Regione ed al Signor Sindaco di Agnone per le gentili parole che mi hanno rivolto, interpretando i comuni sentimenti e ricordando le tradizioni cristiane e l'intelligente operosità della gente molisana. Ringrazio anche i rappresentanti degli agricoltori e degli artigiani, che hanno voluto dare voce delle aspettative ed ai problemi delle campagne e dell'artigianato dell'Alto Molise.

Porgo il mio fraterno saluto al Pastore di questa Diocesi, Monsignor Antonio Santucci, e ai Vescovi della Regione ecclesiastica Abruzzo-Molise, qui convenuti come anche ai sacerdoti presenti. Saluto pure le Autorità civili e militari presenti, non senza riservare un particolare pensiero per il Prefetto Enrico Marinelli, che incontro volentieri nella sua terra natale.

Rivolgo, infine, il mio cordiale benvenuto a voi, lavoratori molisani, e in particolare a voi artigiani, ai quali ho desiderato dedicare l'annuale incontro con il mondo del lavoro nella festa di San Giuseppe. Sono felice di essere in mezzo a voi in questo antico Centro del Molise, che ha diffuso nel mondo messaggi di cultura e di fede, veicolati dal lavoro dei suoi figli e, in qualche modo, anche dal suono delle sue famose campane.

Avro tra poco la gioia di assistere alla "colata" di una nuova campana della Fonderia Marinelli: una campana che recherà in bassorilievo la profezia di pace di Isaia (2,4) e che saro lieto di donare, quale simbolo di preghiera e di pace, all'Organizzazione delle Nazioni Unite, in occasione della mia visita in autunno a tale alto Consesso Internazionale. La fusione del bronzo e di altri metalli per la realizzazione della campana mi sembra una bella metafora augurale per un mondo che ha più che mai bisogno di armonizzare, e quasi di "fondere" le sue diversità in un solido progetto di pace. Trovo inoltre molto significativo che la colata delle campane di Agnone sia accompagnata dalla preghiera, specialmente dall'invocazione della Madre di Dio. Questo antico rito, mentre esalta il senso profondo del lavoro umano santificato dalla fede e dall'orazione, esprime la profonda religiosità che alimenta la vita e la storia di questa Città. E questo introduce molto bene il nostro incontro dedicato al lavoro.

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2. Il ricordo di San Giuseppe, l'umile carpentiere di Nazaret, e del suo lavoro, santificato dalla presenza del Figlio di Dio, sollecita a riaffermare con forza la dignità di quella dimensione fondamentale dell'esistenza umana che è il lavoro, e stimola all'impegno per assicurare un'occupazione dignitosa a tanti che in questo momento vivono il dramma della disoccupazione o sono vittime di condizioni di lavoro indegne dell'uomo.

In contrasto con quanti considerano il lavoro come una merce e l'uomo come uno strumento di produzione, la Chiesa, fedele alla Parola di Dio, sottolinea costantemente il principio secondo cui "il lavoro è per l'uomo e non l'uomo per il lavoro" (
LE 6). Essa proclama senza sosta il primato dell'uomo sull'opera delle sue mani. Tutto deve essere subordinato alla realizzazione della persona umana: il capitale, la scienza, la tecnica, le risorse pubbliche e la stessa proprietà privata.

Questo primato dell'uomo va concretamente garantito in ogni situazione, evitando che la logica capitalistica ed economicistica introduca forme aperte o latenti di subordinazione del lavoro al profitto. Ciò comporta il riconoscimento della dignità del lavoro umano nelle sue molteplici dimensioni: la dimensione spirituale e, in certo senso, divina, che lo rivela quale continuazione dell'opera amorevole del Creatore e ne fa comprendere ed accettare gli aspetti penosi nella luce del mistero pasquale di Cristo; la dimensione sociale, che fa del lavoro un veicolo di solidarietà e di condivisione, specie in rapporto alle esigenze della famiglia e alla promozione del bene comune; la dimensione morale, grazie alla quale il lavoro è vissuto come responsabile accoglienza del progetto di Dio, nell'adempimento della sua legge; la dimensione planetaria, che esige il superamento di quelle strutture di peccato che sono cause non secondarie del tragico e crescente sottosviluppo in tante aree del pianeta. Sono dimensioni inerenti a ogni tipo di lavoro, anche se quest'oggi ne facciamo una speciale applicazione al settore dell'artigianato.

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3. Cari artigiani, la vostra cultura e la vostra tradizione vi portano a cogliere quasi d'istinto il senso di queste esigenze della dottrina sociale della Chiesa. I ritmi e le condizioni di vita, imposti alle persone ed alle famiglie dalla società industriale, hanno introdotto mutamenti non sempre positivi nel modo di concepire l'operosa attività dell'uomo. Tra questi destano preoccupazione la disaffezione dal lavoro, la perdita del senso del suo valore per la crescita della persona, la frequente ricerca di un'occupazione in vista della sola retribuzione. In tale contesto, talora frustrante e disumanizzante, che porta a sottovalutare la dimensione soggettiva del lavoro, occorre un'opera paziente e coraggiosa di ricostruzione del sano rapporto tra lavoro e persona, tra impresa e protagonismo del singolo, tra profitto e bene comune.

Proprio questi obiettivi trovano sovente una felice realizzazione nelle imprese artigiane. In esse, infatti, la relazione diretta dell'uomo con la sua opera e l'autonomia di scelta nelle attività portano a privilegiare il profilo qualitativo del lavoro, lo spirito d'iniziativa, la promozione delle facoltà artistiche e la libertà del lavoratore, nonché il rapporto corretto dell'uomo con la macchina, la tecnologia e lo stesso ambiente.

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4. Grandi sono i meriti accumulati dall'artigianato nel corso dei tempi: basti pensare al contributo che, in tante Nazioni europee, la vita delle corporazioni artigiane ha dato alla presa di coscienza della dignità dell'uomo e allo sviluppo della democrazia. La civiltà artigiana ha costruito, altresi, grandi occasioni di benessere e di incontro tra i popoli, consegnando alle epoche successive mirabili sintesi di cultura e di fede.

Che dire poi dell'opera formativa svolta nelle botteghe artigiane? Esse risultano autentiche scuole in cui il giovane viene iniziato all'arte, ma soprattutto alla vita: l'opera competente ed autorevole del maestro, infatti, formando in lui l'artigiano, lo educa alle grandi virtù dell'umiltà, dell'ascolto, della pazienza, della costanza, del sacrificio, essenziali per la maturazione della persona.

Inoltre, lo stretto collegamento tra impresa artigiana e famiglia ha creato le condizioni ideali di un processo educativo incentrato sull'affettività, sulla laboriosità e sulla socialità. Nella vostra terra, poi, la famiglia ha avuto un ruolo determinante anche in ambito economico. Intorno ad essa, infatti, ruotava tutto un sistema di interessi, di valori e di comportamenti, in cui erano ben armonizzate le esigenze della vita sociale e quella di una sana economia. Alla famiglia era in gran parte affidata la custodia delle risorse naturali del territorio, della sua vitalità produttiva, del suo equilibrio tra ambiente, ricchezza e lavoro dell'uomo.

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5. La storia recente della vostra terra coincide molto spesso con quella delle difficoltà dell'artigianato e con il rilevante fenomeno dell'emigrazione.

Quest'ultimo ha portato altrove notevoli energie fisiche e intellettuali, impoverendo il tessuto umano e culturale delle vostre contrade e mettendo in crisi le tradizioni artigiane un tempo fiorenti. Di tali eventi rimangono segnali, spesso drammatici, l'invecchiamento della popolazione e lo spopolamento di paesi in passato ricchi di vita e di attività.

Di fronte a questa difficile situazione, non sono mancati, tra voi, lodevoli tentativi volti a sostenere e rilanciare l'impresa artigiana adeguandola alle mutate leggi dell'economia e del mercato. Per continuare a coniugare benessere e cultura, il mondo artigiano non può ridursi ad una sopravvivenza elitaria e volontaristica, ma necessita di una programmazione attenta e costante e del sostegno di tutte le componenti della società.

In proposito, desidero esprimere vivo apprezzamento per quanto le Chiese locali stanno facendo, ormai da alcuni anni, per lo studio della situazione e la sensibilizzazione ai problemi del territorio, nonché per la promozione di iniziative di formazione socio-politica. Un contributo significativo a tale impegno verrà anche dalla prossima celebrazione del Sinodo della Diocesi di Trivento, che si propone di sviluppare i temi della nuova evangelizzazione e della promozione umana. Sono, questi, segni di speranza che meritano un fattivo incoraggiamento e un generoso coinvolgimento da parte di tutti.

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6. Carissimi artigiani e voi tutti contadini e lavoratori del Molise, non arrendetevi di fronte ai gravi problemi del momento e non rinunciate a progettare il vostro futuro! Nonostante il declino di molti settori, voi avete continuato con pazienza e tenacia a custodire una cultura produttiva silenziosa ma efficace, che oggi può diventare fattore determinante per l'avvenire della vostra Terra.

Non può mancare, tuttavia, il forte e convinto impegno delle Pubbliche Autorità, per una politica di sostegno di tutta l'attività economica della Regione: un programma concreto ed immediato di sviluppo che stimoli individui e comunità a riconsiderare la potenzialità delle risorse esistenti, e ripensi tutta la politica degli investimenti, impedendo l'ulteriore declino dell'occupazione, l'esodo e l'insicurezza di prospettive in alcune zone della Regione nonché l'inurbamento selvaggio in altre.

Un sostegno equilibrato e attento a tutti i settori dell'economia regionale dovrà essere guidato dalla consapevolezza della pari dignità e della complementarità tra le varie espressioni economiche, compresa quella dell'artigianato che tanto rilievo conserva per lo sviluppo integrale della compagine regionale.

Sarà doveroso, inoltre, proteggere la qualità del territorio, superando la tentazione di emarginare, rispetto ai servizi essenziali, le zone più ferite dall'emigrazione, dallo spopolamento: solo ripristinando dappertutto condizioni di vita ottimali, si consentirà a ciascuno di rimanere nella terra dei suoi avi e nella sua casa. Si tratta di problemi che vanno risolti alla luce di una forte cultura della solidarietà e della giustizia: non si promuove vero progresso, se si abbandonano a se stessi i più piccoli e gli ultimi.

Occorre, infine, investire risorse ed energie in progetti di formazione che promuovano, soprattutto tra le giovani generazioni, un'attenzione nuova al rapporto natura-uomo-ambiente e una mentalità imprenditoriale aperta al dialogo tra imprese artigiane, mercati e nuove tecnologie.

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7. Cari artigiani, cari agricoltori, lavoratori tutti, prima di incontrarvi ho celebrato l'Eucarestia nel santuario mariano di Castelpetroso, tanto caro ai Molisani. I vostri avi hanno trovato nell'incontro con il dolore e l'offerta di Maria e con la Croce del Signore la forza per riprendere il cammino e per puntare verso traguardi più grandi.

Il terzo millennio cristiano, ormai alle porte, trovi anche voi pronti ad imparare dalla Vergine la grande virtù della speranza, che anche nella fatica quotidiana e, non di rado, nell'incertezza per il domani fa camminare fiduciosi verso il futuro.

Vi protegga San Giuseppe. E siano per voi modelli e guide sicure i Santi e i testimoni della fede del Molise: San Francesco Caracciolo, il Beato Antonio Lucci e il Servo di Dio Padre Matteo da Agnone.

Di cuore tutti vi benedico.

(Al termine del discorso il Santo Padre ha detto:] Vorrei dire alla fine a San Giuseppe, nel nome di tutti coloro che si incontrano qui: ecco vedi come abbiamo cercato di festeggiare la tua solennità, San Giuseppe artigiano, San Giuseppe sposo di Maria, San Giuseppe padre putativo del nostro Salvatore, ti salutiamo e ti ringraziamo per la tua protezione sui valori fondamentali dell'uomo, il valore della famiglia e il valore del lavoro umano. A tutti vorrei offrire una benedizione nel nome della Santissima Trinità e con l'invocazione di Maria e di San Giuseppe.

(Alla conclusione dell'incontro, i lavoratori hanno presentato al Santo Padre i loro doni. Ringraziandoli Giovanni Paolo II ha detto:] Voglio ancora ringraziare per questa accoglienza, accoglienza calorosa, anzi più che calorosa. Anche la temperatura è aumentata qui, il vento è meno forte. Allora grazie per questa accoglienza e per i tanti doni che ho ricevuto. E soprattutto per il dono di questa accoglienza con cuore aperto. Io ho visto, ho sentito nelle parole dei vostri rappresentanti, e anche del Vescovo, che questa visita è molto apprezzata dai molisani. Valeva la pena di venire qui. Alcuni hanno capito meglio il mistero di Cristo, dell'Incarnazione, che oggi si celebra attraverso la figura di San Giuseppe, che era così vicino, così introdotto nel mistero dell'Incarnazione. Valeva la pena per il Figlio di Dio, per il Verbo eterno, venire in questa terra, farsi uomo; valeva la pena perché ha trovato accoglienza nella cittadina piccola di Betlemme, perché ha incontrato accoglienza buona tra gli umili, tra i puri di cuore, tra i semplici. E' questa una lezione evangelica che si scrive senza parole, si scrive dall'esperienza vissuta. Ecco l'esperienza vissuta oggi, in questa visita in Molise, è questa. E volevo dirvi alla fine che questa è la lezione evangelica che avete dato voi al vostro Papa.

Ringrazio San Giuseppe che mi ha portato qui, ringrazio San Giuseppe che ci porta in tanti posti umili del mondo, e oggi per avermi portato qui. Auguro alle vostre famiglie e al vostro lavoro tutta la benedizione del Signore. Sia lodato Gesù Cristo!

Data: 1995-03-19 Data estesa: Domenica 19 Marzo 1995

Visita "ad limina": la traduzione del discorso del Papa ai Vescovi della Regione Sud 1 del Paese latinoamericano

Titolo: La preoccupante situazione della società brasiliana reclama l'impegno di tutti e una grande azione pastorale della Chiesa

Cari Fratelli nell'Episcopato,

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1. Come Pastori delle Diocesi della Regione Sud I dello Stato di San Paolo, la vostra visita ad limina Apostolorum vi porta nuovamente, attraverso il cammino di Pietro e di Paolo, ad abbeverarvi alle fonti vive della vostra missione, in comunione con il Vescovo di Roma.

Saluto il Cardinale Paulo Evaristo Arns, gli Arcivescovi e i Vescovi qui presenti. Sono lieto di darvi il benvenuto, con quell'affectus collegialis di cui il presente incontro è una delle manifestazioni concrete. Ringrazio l'Arcivescovo di San Paolo per le cordiali parole che mi ha rivolto e condivido le preoccupazioni che ha espresso e i problemi che ha esposto. Sono elementi importanti, poiché traducono le difficoltà quotidiane della missione ecclesiale e anche la speranza che anima voi e i vostri collaboratori. Ho a mente tutte le vostre domande, sebbene non possa rispondere oggi a tutti i punti; cerchero di tornare su di essi nei miei prossimi incontri con i vostri confratelli del Brasile.

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2. Provenite da una delle regioni più ricche del Brasile, con un'economia forte che è stata a volte considerata - specialmente nella Capitale dello Stato - come la "locomotiva del Paese". Dallo spirito imprenditoriale paolista sono emersi il dinamismo del progresso, il valore del lavoro e il risveglio di una cultura di grande importanza scientifica e artistica, con ripercussioni in tutto il Continente latino-americano.

La Chiesa, che ha gettato profonde radici nella vita del Paese, fin dalla sua scoperta, ha sempre avuto un ruolo di primo piano nella organizzazione della sua vita sociale e culturale. Il "Patio do Colégio" nel centro della città di San Paolo, è ancora oggi una delle testimonianze storiche di questa influenza benefica, dovuta non solo alla Compagnia di Gesù ma anche alle benemerite istituzioni francescane, benedettine e altre, che hanno contribuito alla creazione di una mentalità e di un ideale di brasilianità, aspirando sempre al bene comune della Nazione nel suo insieme.

Uno degli aspetti caratteristici della Chiesa nel vostro Paese è, indubbiamente, la sua grande sensibilità sociale, frutto della consapevolezza che la fede proclamata deve necessariamente ripercuotersi sul comportamento concreto dei cristiani, contribuendo efficacemente, a partire dai valori evangelici, alla costruzione di una società più giusta. Questa è una caratteristica che fa onore alle vostre Chiese particolari ma che, allo stesso tempo, costituisce per voi, per i vostri sacerdoti e per vostri i fedeli laici, una grave responsabilità e una grande sfida. Da molte parti della terra, in effetti, vi è chi guarda a voi con grande spirito di solidarietà, che si traduce in sostegno spirituale e materiale.

Vi sono anche quelli nei quali il vostro esempio risveglia una coscienza più chiara dell'impegno evangelico con cui la Chiesa deve volgersi verso le persone povere, abbandonate, sofferenti, costrette a condizioni di vita a volte disumane.

Essa lo fa, non mossa da ambizioni di potere sociale o politico, o ispirata da ingannevoli ideologie estranee al patrimonio cristiano, ma dalla fedeltà al suo Fondatore, poiché vede in tutti gli uomini senza eccezione, ma in particolare nei più piccoli ed indifesi, coloro che sono amati da Cristo, da lui riscattati e redenti, figli nel Figlio, chiamati a essere eredi del Regno eterno del Padre. Che il vostro comportamento in questo campo così importante dell'evangelizzazione, guidato dalla fedeltà a Cristo, possa diventare "modello per tutti i fedeli" (cfr.
1Th 1,7).

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3. Come Pastori siete chiamati a preservare e a intensificare la vita cristiana delle nostre Chiese. Da parte mia, ritengo importante ricordarvi, ancora una volta, la natura e i limiti della presenza della Chiesa nei problemi concreti di ordine socio-economico che interpellano la vostra coscienza cristiana. E' un dovere che mi viene dal ministero che mi è stato affidato, è mio dovere preservare la purezza della fede in tutta la Chiesa e confermare i fratelli che nutrono questa fede (cfr.
Lc 22,32). Siete, con me, custodi della sua integrità, maestri nella sua trasmissione e strumenti di Dio nell'applicazione concreta della sua verità e delle sue esigenze nella vita della Chiesa.

In primo luogo, occorre osservare che la missione della Chiesa è innanzitutto di ordine religioso. Certamente "da questa missione religiosa scaturiscono dei compiti, della luce e delle forze, che possono contribuire a costruire e a consolidare la comunità degli uomini secondo la legge divina (...) anch'essa può, anzi deve, suscitare opere destinate al servizio di tutti, ma specialmente dei bisognosi" (GS 42). Il suo campo di azione privilegiato, pertanto, consisterà sempre nell'annuncio a tutti gli uomini di Gesù Cristo - "lo stesso ieri, oggi e sempre" (He 13,8) - il Signore di tutto l'universo e l'unico Nome "dato agli uomini sotto il cielo nel quale sia stabilito che possiamo essere salvati" (Ac 4,12) (cfr. LG 1). Da questa verità deriva la "salus animarum" come fine principale della Chiesa e sua legge suprema. Da qui la distinzione tanto chiara e manifesta che il Concilio fa tra la Città terrestre che è la società civile, e la Chiesa che "riceve la missione di annunciare e instaurare in tutte le genti il regno di Cristo e di Dio e di questo regno costituisce in terra il germe e l'inizio" (LG 5 cfr. SRS 41). Per questo "la Chiesa, nella sua lettura dei problemi sociali, si pone in una linea che trascende i limiti della storia umana nella loro pura dimensione temporale. Essa non confonde mai il Regno di Dio con la costruzione della Città degli uomini. Né assorbe in sé questa città, come pretenderebbero gli schemi delle diverse forme di cristianità politica, né da questa si lascia assorbire, alla luce di altre sistematizzazioni, che pretendono di ridurre l'azione evangelica all'impegno socio-politico". (Discorso ai Vescovi della Regione Est 1, n. 7, 24-III-1990; cfr. Discorso, 13-X-1991).

In diverse altre occasioni, carissimi fratelli, ho affrontato questo punto. Posso menzionarvi il mio discorso ai Vescovi del CELAM, in cui ho ricordato loro il documento di Puebla che mostra le conseguenze del ricorso a una visione ideologica che pretendesse di illuminare l'azione della Chiesa e che alla fine quindi comporterebbe "la totale politicizzazione dell'esistenza cristiana, la dissoluzione del linguaggio della fede in quello delle scienze sociali e l'eliminazione della dimensione trascendente della salvezza cristiana" (n. 545).

Di conseguenza, i ministri sacri, così come i religiosi e le religiose consacrati, devono evitare attentamente qualsiasi coinvolgimento personale nel campo della politica o del potere temporale, come ha anche recentemente ricordato il "Direttorio per il Ministero e la vita dei Presbiteri": "Il sacerdote, servitore della Chiesa che per la sua universalità e cattolicità non può legarsi ad alcuna contingenza storica, starà al di sopra di qualsiasi parte politica. Egli non può aver parte attiva in partiti politici o nella conduzione di associazioni sindacali", e tutto ciò per poter "rimanere l'uomo di tutti in chiave di fraternità spirituale" (). E' l'esperienza che conferma la veridicità di questa affermazione: "la riduzione della sua missione a compiti temporali, puramente sociali o politici o comunque alieni alla sua identità, non è una conquista ma una perdita gravissima per la fecondità evangelica della Chiesa intera" (). Questo è anche l'insegnamento del Concilio Vaticano II, che ricordava che è attraverso i cristiani laici che la realtà temporale viene permeata dallo "spirito di Cristo" e raggiunge "più efficacemente il suo fine nella giustizia, nella carità e nella pace. Nel compiere nella sua universalità questo dovere i laici hanno il posto di primo piano" (LG 36).

Rafforzate sempre più, con il vostro ministero e con quello dei vostri sacerdoti, la formazione cristiana del vostro laicato, affinché illuminato dal Vangelo possa risanare "le istituzioni e le condizioni di vita del mondo, se ve ne sono che spingono i costumi al peccato" (ibidem LG 36).

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4. La solidarietà sociale e il rispetto del bene comune, da un lato, e la vita, la libertà e la dignità della persona umana dall'altro, sono, senza ombra di dubbio, i criteri fondamentali che devono essere oggetto dell'insegnamento della vostra pastorale sociale. Desidero per questo richiamare la vostra attenzione su alcuni aspetti della realtà sociale del Brasile che, in questi ultimi mesi, sono oggetto di preoccupazione da parte della Chiesa.

Il primo di questi aspetti si fonda sulla convinzione che il servizio al bene comune, nel pieno rispetto della dignità di ogni essere umano, costituisce il fondamento di qualsiasi ordinamento sociale, sia nella formulazione delle leggi, sia nella realizzazione dei progetti e delle azioni che mirano allo sviluppo socio-economico e che regolano i rapporti sociali fra gruppi e individui.

In questo campo è bene avere il coraggio di portare a conoscenza dell'opinione pubblica quelle azioni disoneste che ledono l'interesse comune; "i principi dell'etica professionale, dell'onestà, della verità, della sincerità e della morale cristiana - dicevo a Campo Grande - regnino in tutti gli ambienti del lavoro umano, sia nella sfera pubblica, sia nela sfera privata" (Discorso del 17-X-1991). Deve rimanere radicato nella coscienza delle persone il principio fondamentale della vita in società che è il necessario punto di convergenza degli interessi e dei diritti degli individui e dei gruppi, nella ricerca della promozione fondamentale del bene comune. E' questa armonia di interessi e aspirazioni che produce la pace sociale, la quale regna solo dove esiste nelle persone e nei gruppi il culto della verità, la promozione della giustizia, il senso di solidarietà e un clima di autentica libertà, come ha mostrato il mio predecessore Giovanni XXIII nella sua Encliclica di costante attualità, Pacem in terris.

D'altro canto, lo sviluppo della dottrina sociale della Chiesa ha confermato sempre più l'intuizione fondamentale della dichiarazione Dignitatis humanae del Concilio Vaticano II. In effetti la Chiesa si sente particolarmente vincolata alla libertà dell'uomo e alla sua esistenza nella società.

Non ho bisogno di dirvi, cari fratelli nell'episcopato, quanto sia urgente risvegliare la coscienza cristiana di ogni cittadino con una solidarietà attiva, esortandolo a collaborare, con i mezzi a sua disposizione, alla difesa del suo fratello contro qualsiasi abuso che attenti alla dignità umana.

La Chiesa, nell'evangelizzare, chiama e convoca tutti gli uomini. Il cristiano è una persona chiamata da Dio a una vita di comunione con Lui nell'amore. Qualsiasi uomo, con la profondità e la varietà di aspetti della sua esistenza, è chiamato in Cristo a questa comunione con Dio Padre e con tutti gli uomini a cui dà vita lo Spirito Santo.

Il lavoro umano fa parte di questa chiamata dell'uomo alla comunione con Dio e con tutti i fratelli; nel lavoro l'uomo acquisisce uno dei principali titoli di dignità, nella vocazione della persona alla comunione. La Chiesa, di conseguenza, difenderà e promuoverà sempre la dignità del lavoro umano, in particolare impegnandosi tenacemente contro qualsiasi forma di alienazione che svilisce l'essere umano trasformandolo in semplice mano d'opera o mercanzia.

Dovete chiedere a Dio la saggezza per agire con la prudenza e con la forza necessaria a denunciare le ingiustizie perpetrate contro l'individuo, soprattutto contro i più deboli e indifesi della società. L'emarginazione sociale raffigurata dai gruppi di mendicanti, dai minori abbandonati che vagano nelle vie delle grandi città; il dramma dei "boias-frias" (i braccianti) sottoposti a una condizione disumana di lavoro nelle campagne; i nomadi alla ricerca di terra da lavorare, per non parlare di altre situazioni ugualmente gravi come l'anonimato disumanizzante, il clima di insicurezza che regna nelle città, il traffico della droga, causa di innumerevoli vittime e fonte perenne di disgregazione delle famiglie, la prostituzione - persino di minori, anche nelle zone minerarie - costituiscono uno scenario preoccupante che esige uno sforzo congiunto di tutti i settori della società e a cui la Chiesa deve continuare a dedicare una parte consistente della sua azione pastorale.

Di recente ho appreso con soddisfazione dei propositi del governo da poco insediato che stabiliscono come prioritaria la giustizia sociale, con l'intenzione di affrontare coraggiosamente le forti disuguaglianze fra le regioni e i gruppi sociali. In questo senso, "l'umanità non solo può e deve sempre più rafforzare il suo dominio sul creato," ma "le compete inoltre instaurare un ordine politico, sociale ed economico che sempre più e meglio serva l'uomo e aiuti i singoli e i gruppi ad affermare e sviluppare la propria dignità" (
GS 9). Questa convinzione porto il Concilio Vaticano II a chiarire che il fine principale dello sviluppo economico "non consiste nel solo aumento dei beni produttivi né nella sola ricerca del profitto o del predominio economico, bensi nel servizio dell'uomo, dell'uomo integralmente considerato, tenendo cioè conto delle sue necessità di ordine materiale e delle sue esigenze per la vita intellettuale, morale, spirituale e religiosa" (ibidem, GS 64).

Dinanzi al quadro della situazione sociale brasiliana, queste dichiarazioni conciliari esigono da voi, in quanto Pastori di un immenso gregge, un costante processo di educazione della società che la porti a confidare, più che nelle azioni puramente tecniche, nella ricerca del cammino che conduce le persone fuori dallo stato di disordine morale nel quale si trovano. Dovete soprattutto intensificare nelle vostre Chiese, nelle scuole cattoliche e nei vostri mezzi di comunicazione sociale un corretto insegnamento della dottrina sociale della Chiesa. E' opportuno promuovere nuove iniziative pastorali per l'educazione dei laici, in particolare degli "agenti di pastorale", in modo che scoprano sempre più nella Dottrina Sociale quei criteri evangelici in grado di orientare la presenza cristiana nella vita familiare e sociale; ad essi, in effetti, spetta una legittima autonomia nelle questioni temporali come ha sottolineato il Concilio Vaticano II (cfr. LG 36 GS 43), separando in modo chiaro e sereno la pastorale sociale dalla militanza politica e di partito. Non bisogna neppure trascurare l'urgenza di offrire ai futuri sacerdoti - e anche nella formazione permanente del clero - un'adeguata istruzione in tal senso, attraverso lo studio dei principali documenti della Chiesa sulla dignità dell'uomo e sulla visione cristiana della società.

Il rispetto per l'uomo si esprime in un'infinità di campi: difendendo la vita già concepita, illuminando il cammino per un giusto sistema previdenziale, riconoscendo i reciproci diritti e doveri sia dei salariati sia degli imprenditori, riuscendo ad applicarli in modo concreto. So che alcune delle vostre diocesi già stanno facendo ciò, e auspico che una nuova consapevolezza cristiana di questa situazione con il tempo produca frutti di pace e di libertà per tutti.

Non dimenticate, pertanto, che "nessuno versa vino nuovo in otri vecchie" (Mc 2,22), ossia che la ricchezza della grazia divina non può agire in cuori induriti da una condotta morale contraria agli insegnamenti di Cristo. E' necessaria la conversione dei cuori e delle menti, senza la quale non potranno esistere l'autentica giustizia e la pace sociale.

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5. Vorrei, infine, richiamare la vostra attenzione su altri due aspetti particolari della problematica sociale in Brasile. Mi riferisco ai problemi degli alloggi e della terra.

La casa è una condizione essenziale per la normalità della vita familiare e per una maggior efficacia dei processi di educazione del bambino e del giovane, così come per la tutela della salute delle persone. Appare illusorio e persino irrazionale volere investire nell'educazione dei bambini mediante la costruzione di scuole o la formazione di insegnanti o nel miglioramento delle condizioni di salute del popolo mediante ospedali, ambulatori, se non esiste, contemporaneamente una politica di edilizia abitativa intelligente e coraggiosa.

E' vero che la condizione giuridica della proprietà delle case deve essere attentamente studiata per evitare la speculazione edilizia, ma è anche fondamentale comprendere che destinazione di ingenti risorse pubbliche alla costruzione di complessi abitativi adeguati, con infrastrutture, il risanamento e un servizio di trasporti di massa rapido ed economico non devono fondarsi solo sul calcolo del tornaconto economico, ma devono essere considerati come un investimento sociale di vasta portata.

La parola saggia ed equilibrata della Chiesa e, in alcuni casi anche il suo operato concreto, potranno costituire un aiuto inestimabile per i responsabili della politica sociale del Paese, affinché trovino le vie più giuste per la soluzione del serio deficit di abitazioni che affligge il Paese.

Anche il problema della terra, da alcuni decenni a questa parte, rappresenta una preoccupazione costante per l'episcopato brasiliano. Il principio della destinazione universale dei beni, in modo particolare della terra, è fondamentale nella dottrina sociale della Chiesa, con radici nelle Sacre Scritture, nella letteratura patristica e nell'insegnamento tomista, proposta con chiarezza nei grandi documenti del Magistero sociale, dalla Rerum novarum di Leone XIII fino alla mia ultima Encliclica sociale Centesimus annus.

Questo principio è fondamentale per chiarire la visione cristiana del problema della terra.

Non si può trattare con superficialità il tema dell'occupazione della terra e della sua proprietà. Non basta dare terra a chi vuole lavorare.

L'importante è garantire l'accesso alla terra a chi vuole, e ne ha effettivamente i mezzi, renderla produttiva, quando essa è oziosa e incolta (cfr. Omelia, 14. X. 1991, n. 4; Enciclica
MM 134-136). E' a tal fine necessaria la collaborazione chiara e costante con il potere pubblico a cui spetta dirigere il processo per la realizzazione di una nuova politica fondiaria che migliori la distribuzione delle terre e crei le condizioni concrete per un lavoro produttivo e vantaggioso sia per il produttore agricolo sia per il contadino. Inoltre, è necessario ricordare la dottrina tradizionale secondo cui la proprietà della terra "è giusta e legittima, se serve ad un lavoro utile; diventa, invece, illegittima, quando non viene valorizzata o serve ad impedire il lavoro di altri per ottenere un guadagno che non nasce dall'espansione globale del lavoro e dalla ricchezza sociale, ma piuttosto dalla loro compressione, dall'illecito sfruttamento, dalla speculazione e dalla rottura della solidarietà nel mondo del lavoro" (CA 43). Ricordo anche le parole del mio predecessore Leone XIII quando insegna che "né la giustizia né il pubblico bene consentono che si rechi danno alle altrui cose e per una malistesa idea di uguaglianza si invadano i beni altrui" (Rerum novarum, n. 30). La Chiesa non può promuovere, ispirare o appoggiare iniziative o movimenti di occupazione delle terre sia mediante invasioni con l'uso della forza sia mediante la penetrazione subdola nelle proprietà agricole.

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6. Per concludere questo incontro, desidero offrirvi il mio appoggio fraterno nel vostro compito pastorale. Conosco le sue difficoltà e ne ho appena ricordate alcune, che sono molto importanti, ma so anche che nelle vostre diocesi gli operai del Vangelo lavorano con entusiasmo e generosità; essi sanno che "la speranza poi non delude" (
Rm 5,5). Ai sacerdoti, ai diaconi, ai religiosi e alle religiose, ai laici impegnati in missioni pastorali specifiche e a tutti i fedeli delle vostre diocesi, portate il saluto cordiale del Successore di Pietro e esprimete loro il mio incoraggiamento per i loro compiti e la loro testimonianza. Che abbiano fiducia nello Spirito del Signore, Spirito di amore e di verità. Nel camminare con Cristo, possano dire come i discepoli di Emmaus: "non ci ardeva forse il cuore nel petto...?" (Lc 24,32). Vi affido all'intercessione della Madre del Signore e dei Santi delle vostre diocesi e invoco su tutti voi la benedizione di Dio.

Data: 1995-03-21 Data estesa: Martedi 21 Marzo 1995



GPII 1995 Insegnamenti 429