GPII 1995 Insegnamenti 1396

Udienza: ai Delegati della Santa Sede alla Conferenza di Pechino - Città del Vaticano

Titolo: Impegno di tutta la Chiesa Cattolica in favore della donna

Cara Signora Glendon, Membri della Delegazione della Santa Sede presso la Quarta Conferenza Mondiale sulla Donna, Mentre vi apprestate a partire per Pechino sono lieto di incontrare lei, Capo della Delegazione della Santa Sede alla Quarta Conferenza Mondiale sulla Donna e i Membri della Delegazione. Per vostro tramite, estendo i miei migliori auguri e le mie preghiere al Segretario Generale della Conferenza, alle nazioni e alle organizzazioni che vi parteciperanno e alle autorità del Paese ospite, la Repubblica Popolare Cinese.

Auguro il successo della Conferenza volta a garantire a tutte le donne del mondo "uguaglianza, sviluppo e pace", nel pieno rispetto della loro pari dignità e dei loro inalienabili diritti umani, affinché possano offrire il proprio contributo al bene della società.

Durante i mesi scorsi, in varie occasioni ho attirato l'attenzione sulle posizioni della Santa Sede e sull'insegnamento della Chiesa Cattolica circa la dignità, i diritti e le responsabilità delle donne nella società odierna: nella famiglia, sul posto di lavoro, nella vita pubblica. Ho tratto ispirazione dalla vita e dalla testimonianza di grandi donne nell'ambito della Chiesa nel corso dei secoli che sono state antesignane nella società, come madri, lavoratrici, responsabili nei campi sociali e politici, nelle professioni di assistenza e come pensatrici e guide spirituali.

Il Segretario Generale delle Nazioni Unite ha chiesto alle nazioni che prenderanno parte alla Conferenza di Pechino di assumere un impegno concreto per il miglioramento della condizione delle donne. Dopo aver esaminato le varie necessità delle donne nel mondo di oggi, la Santa Sede desidera fare una scelta specifica circa tale impegno: una scelta in favore delle ragazze e delle giovani.

Per questo, esorto tutte le istituzioni educative e assistenziali cattoliche ad adottare nei prossimi anni una strategia concertata e prioritaria rivolta alle ragazze e alle giovani, in particolare le più povere.

E' scoraggiante osservare come nel mondo di oggi, il semplice fatto di essere donna, piuttosto che uomo, possa ridurre la probabilità di nascere o di poter sopravvivere; può significare ricevere nutrizione e cure sanitarie meno adeguate e può aumentare la possibilità di restare analfabeti e di avere un accesso soltanto limitato, o perfino nullo, all'istruzione primaria.

Investire nella cura e nell'educazione delle ragazze, come pari diritto, è una chiave fondamentale per la promozione delle donne. E' per questo motivo che oggi: - Rivolgo un appello a tutti i servizi educativi collegati alla Chiesa Cattolica affinché garantiscano un pari accesso alle ragazze, educhino i ragazzi al senso della dignità e del valore delle donne, diano opportunità addizionali alle ragazze che hanno sofferto condizioni sfavorevoli, individuino le ragioni che portano all'esclusione delle ragazze dall'educazione primaria e vi pongano rimedio; - Rivolgo un appello a quelle istituzioni impegnate nella sanità, in particolare nelle cure sanitarie primarie, affinché facciano del miglioramento della cura e dell'educazione sanitarie di base il proprio marchio distintivo; - Faccio appello alle organizzazioni caritative e di sviluppo della Chiesa affinché diano priorità all'assegnazione di risorse e di personale per le necessità delle ragazze; - Faccio appello alle Congregazioni Religiose affinché, in fedeltà al carisma e alla missione particolari conferiti loro dai fondatori, individuino e raggiungano quelle ragazze e quelle giovani donne che sono più emarginate dalla società, che hanno sofferto più di tutte, fisicamente e moralmente e che hanno le minori opportunità. La loro opera di assistenza, cura e educazione rivolta ai più poveri è necessaria oggi in ogni parte del mondo; - Rivolgo un appello alle università e ai centri di istruzione superiore cattolici affinché garantiscano che, nella preparazione dei futuri responsabili della società, questi ultimi acquisiscano una particolare sensibilità circa i problemi delle giovani; - Mi rivolgo alle donne e alle organizzazioni femminili all'interno della Chiesa e attive nella società affinché stabiliscano modelli di solidarietà cosicché possano porre la loro guida al servizio delle ragazze e delle giovani.

In quanto seguaci di Gesù Cristo, che si identifica con i più piccoli, non possiamo rimanere insensibili alle necessità delle ragazze in difficoltà, in particolare di coloro che sono vittime della violenza e del mancato rispetto della propria dignità.

Nello spirito di quelle grandi donne cristiane che hanno illuminato la vita della Chiesa nel corso dei secoli e che hanno spesso richiamato la Chiesa alla sua missione e al suo servizio essenziali, rivolgo un appello alle donne della Chiesa di oggi affinché assumano nuove forme di guida nel servizio ed esorto tutte le istituzioni della Chiesa ad accogliere il contributo delle donne.

Esorto tutti gli uomini nella Chiesa a realizzare, dove necessario, un mutamento del cuore e a fare propria, come esigenza di fede, una visione positiva delle donne. Chiedo loro di diventare sempre più consapevoli delle condizioni sfavorevoli a cui le donne, e in particolare le giovani, sono state sottoposte e di esaminare dove l'atteggiamento degli uomini, la loro mancanza di sensibilità o di responsabilità possano esserne la causa.

Ancora una volta, per vostro tramite, desidero esprimere i miei migliori auguri a tutti i responsabili della Conferenza di Pechino e assicurarli del mio sostegno, di quello della Santa Sede e delle istituzioni della Chiesa Cattolica, per un rinnovato impegno di tutti per il bene delle donne del mondo.

Data: 1995-08-29 Data estesa: Martedi 29 Agosto 1995

Udienza: il discorso del Papa ai quindicimila partecipanti al Congresso del "Coetus Internationalis Ministrantium" - Città del Vaticano

Titolo: "Siate operatori di pace attraverso il servizio liturgico svolto con dedizione, dignità, competenza e amore"

Cari ragazzi e giovani!

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1. Eccovi nuovamente a Roma per l'incontro internazionale dei Ministranti. Vi accolgo tutti con gioia. Voi siete, ciascuno per la sua parte, la speranza ed il futuro della Chiesa sulla strada che ci conduce alla pienezza di vita in Cristo.

Ringrazio vivamente Mons. Pierre Raffin, vostro Presidente, per le parole che mi ha appena indirizzato a nome di tutti. Come egli ha detto, mi piace incontrare i giovani e mi piace incoraggiarli, perché la loro vita può essere straordinaria quando essi accettano che sia Dio a darle il senso autentico.

Questo senso, cari amici, per voi è radicato nella partecipazione attiva alla liturgia. Voi già vi premurate di assicurare un servizio durante la Messa della domenica. Continuate con ogni dedizione ad essere fedeli a questo impegno così prezioso! Non potete immaginare quanto i cristiani delle vostre parrocchie, delle vostre cappellanie e delle varie comunità che frequentate, siano contenti di vedere che il servizio dell'altare è assicurato con dignità, competenza e amore.

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2. Il vostro Congresso quest'anno ha per tema una frase del Vangelo, una parola di Gesù stesso: "Beati gli operatori di pace!" (
Mt 5,9). Ecco, cari amici, un programma splendido ed esigente! E' un motto che ciascuno di voi può prendere come impegno della propria vita, sia nella comunità cristiana che a scuola, sia per la strada che a casa. Voi conoscete, infatti, il ruolo che la pace occupa nella liturgia. Durante la Messa, appena prima della comunione, il celebrante riprende le parole stesse di Gesù: "Vi lascio la pace, vi do la mia pace" (Jn 14,27). E, subito dopo, Cristo Gesù, che è la "nostra pace" (Ep 2,14), si offre come cibo per unire le nostre vite alla sua.

Vedete, dunque, quanto la pace è essenziale alla vita della Chiesa, quanto essa è voluta dal Signore ed è al tempo stesso il frutto di un impegno.

Carissimi, siate "operatori di pace", a partire dalla liturgia. Premuratevi di mettere il servizio di Dio al di sopra della vostra soddisfazione personale. Siate aperti a ciò che vi dicono gli altri, senza transigere sulla verità, ma senza mai mancare di carità.

3 Sapete che il nostro tempo favorisce in modo particolare lo sviluppo dei mezzo di comunicazione e l'appropriazione della cultura. Chiunque oggi può avere accesso in breve tempo a tutte le fonti d'informazione. Gli studi scientifici sono aumentati enormemente, soprattutto quelli volti a scoprire la ricchezza della tradizione cristiana. Senza dubbio non avete ancora l'età sufficiente per fare degli studi approfonditi sulla liturgia. Ciononostante esistono buone pubblicazioni che permettono a tutti di accedere alla ricchezza dei simboli cristiani. Non esitate allora, cari amici miei, a spendere il vostro tempo per approfondire la ricchezza della tradizione nell'ambito liturgico. Non siate soltanto servitori dell'altare ma anche amici dell'altare perché siete stati toccati da Colui che questo rappresenta. Nella storia l'altare ha avuto diverse forme rimanendo pero sempre il simbolo di Cristo, che è l'altare, sacerdote e agnello sacrificale come dice la liturgia.

4 Saluto cordialmente i Vescovi e saluto di cuore voi Ministranti ungheresi qui presenti e quelli in patria. Abbiate coscienza della grandezza e dell'importanza del vostro impegno che svolgete accanto all'altare del Signore. Nella Santa Messa celebriamo il grande mistero della nostra fede: Cristo rinnova il sacrificio della croce e dona il suo santo corpo, il Pane della vita eterna, a coloro che hanno fede in Lui. Continuate quindi a svolgere con gioia e con dedizione il vostro servizio. Annunciate anche nella vita quotidiana la morte di Cristo e professate con fede la sua resurrezione, salvezza del mondo.

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5. Miei cari amici, non dovete mai smettere di rammentare quale sia l'essenza della nostra fede. La messa domenicale è quel momento privilegiato, quel momento unico della settimana in cui, con tutta la Chiesa, voi prendete parte al sacrificio di Cristo. Ogni volta che il sacerdote ripete i gesti di Cristo e le sue parole - questo è il mio corpo, questo è il mio sangue, fate questo in memoria di me - è Cristo stesso a essere presente tra noi. L'altare, al centro del coro, diventa allora quel luogo di grazia dove Cristo è realmente presente e dove Lui si dona ai membri del suo Corpo. E voi, servitori di questo mistero, ne siete i primi testimoni, prima di diventare forse un giorno, se il Signore vi chiamerà, gli attori privilegiati. Se Gesù vi chiede di seguirlo e di donargli la vostra vita diventando sacerdoti, rispondetegli! La celebrazione del mistero centrale della nostra fede deve essere circondato dal massimo rispetto e sono pertanto felice di vedere che avete ormai tutti l'edizione del Cerimoniale che Monsignor Raffin mi ha fatto pervenire.

Voi sarete dunque intorno all'altare come i servitori che si tengono pronti a ricever il Maestro al suo ritorno, "vigili nell'attesa e pieni di gioia" (Praefatio dell'Avvento). Vedete bene quanto sia grande il vostro compito e quanto la Chiesa abbia ragione di far conto su di voi.

Fiducioso nel vostro entusiasmo e nella forza che il Signore vi dona, vi rimando in missione. Siate testimoni della grandezza di Dio! Siate discepoli di Cristo! Con tutto il cuore vi imparto la mia Benedizione Apostolica e l'estendo in modo particolare alle vostre famiglie, ai vostri amici che non hanno potuto essere qui, oggi, e a quanti vi aiuteranno a progredire nel vostro cammino.

Data: 1995-08-29 Data estesa: Martedi 29 Agosto 1995


Il Rosario del Santo Padre trasmesso dalla Radio Vaticana

Titolo: Desidero salutare tutti i presenti

Desidero salutare tutti i presenti e coloro che si sono uniti mediante la radio e la televisione alla recita del Rosario in questo primo sabato di settembre. Tra i presenti, saluto in particolare le Religiose di varie Congregazioni, come pure i gruppi parrocchiali e in special modo i quarantenni di Cologno al Serio. La Madre del Redentore ottenga per tutti le grazie desiderate.

(In lingua inglese:] Sono lieto di dare il benvenuto ai nuovi studenti del Pontificio Collegio Americano del Nord, insieme al Rettore e ai membri della facoltà. Mentre iniziate i vostri studi per il sacerdozio nella Città Eterna, possa Maria Immacolata, patrona del vostro Collegio, guidarvi sempre più vicino a Gesù suo Figlio, così che possiate diventare fedeli testimoni del Vangelo e umili servitori dei vostri fratelli e sorelle nella Chiesa.

(Infine il Santo Padre ha così concluso:] Sabato prossimo abbiamo il pellegrinaggio dei giovani europei a Loreto.

Ci prepariamo. Auguro a tutti una buona domenica e buon settembre. Sia lodato Gesù Cristo!

Data: 1995-09-02 Data estesa: Sabato 2 Settembre 1995

Angelus: Giovanni Paolo II alla vigilia della IV Conferenza Mondiale sulla Donna indetta dall'Onu a Pechino - Castel Gandolfo

Titolo: Favorire la partecipazione femminile nella vita dell'intera comunità ecclesiale

Carissimi Fratelli e Sorelle!

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1. Martedi scorso, incontrando la Delegazione della Santa Sede alla IV Conferenza Mondiale sulla Donna, che inizia domani a Pechino, ho ribadito l'impegno della Chiesa in favore della donna, invitando le comunità e le istituzioni ecclesiali a porre gesti concreti, soprattutto a servizio delle bambine e delle adolescenti, specialmente delle più povere.

Faccio oggi appello all'intera comunità ecclesiale, perché voglia favorire in ogni modo, nella sua vita interna, la partecipazione femminile.

E' un impegno non certo nuovo, giacché trae ispirazione dall'esempio di Cristo stesso, che, se scelse tra gli uomini i suoi apostoli - scelta che resta normativa anche per i loro successori -, non manco tuttavia di valorizzare anche le donne per la causa del suo Regno, e le volle anzi prime testimoni e annunciatrici della sua Risurrezione. In effetti, molte sono le donne che si sono affermate nella storia della Chiesa per la loro santità e la loro operosa genialità. E la Chiesa avverte sempre più l'urgenza di una loro maggiore valorizzazione. Nella molteplicità dei doni diversi e complementari che arricchiscono la vita ecclesiale, sono molte, e di non poca importanza, le possibilità che loro si aprono. Il Sinodo sui laici del 1987 si fece appunto interprete di tale istanza, chiedendo che "le donne partecipino alla vita della Chiesa senza alcuna discriminazione, anche nelle consultazioni e nell'elaborazione delle decisioni" (Propositio 47: cfr.
CL 51).

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2. E' questa la strada che va percorsa con coraggio. In gran parte si tratta di valorizzare pienamente gli ampi spazi che la legge della Chiesa riconosce alla presenza laicale e femminile: penso, ad esempio, alla docenza teologica, alle forme consentite di ministerialità liturgica, compreso il servizio all'altare, ai Consigli pastorali e amministrativi, ai Sinodi diocesani e ai Concilî particolari, alle varie istituzioni ecclesiali, alle Curie e ai Tribunali ecclesiastici, a tante attività pastorali, fino alle nuove forme di partecipazione nella cura delle parrocchie, in caso di penuria del clero, salvo i compiti propriamente sacerdotali. Chi può immaginare quali grandi vantaggi verranno alla pastorale, quale nuova bellezza assumerà il volto della Chiesa, quando il genio femminile sarà pienamente riversato nei vari ambiti della sua vita?

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3. Voglia la Vergine Santissima, modello della Chiesa e ideale della femminilità, accompagnare e sorreggere gli sforzi di tante persone di buona volontà impegnate nella Conferenza di Pechino. Aiuti, la Madre del Signore, tutta l'umanità a progredire nel rispetto e nella promozione della vera dignità della donna. Ottenga alla comunità cristiana di essere, sull'esempio delle grandi donne che hanno costellato la sua storia, sempre più fedele al disegno di Dio.

(Dopo la Benedizione Apostolica, il Santo Padre ha rivolto particolari espressioni di saluto ai pellegrini di lingua francese, inglese, tedesca, spagnola, portoghese. Un particolare saluto lo ha rivolto ai giovani provenienti dalla Repubblica Ceca. Questa la traduzione italiana delle sue parole:] Saluto cordialmente il gruppo dei pellegrini provenienti dalla Moravia, i quali hanno attivamente partecipato ai preparativi per il mio incontro con i giovani della Repubblica Ceca a Svaty Kopecek.

I Ss. Venceslao e Ludmila - particolarmente venerati proprio in questo mese - intercedano presso il Signore, affinché conceda prosperità e pace a tutta la vostra cara nazione.

(Infine, il Santo Padre si è così rivolto ai fedeli italiani:] Rivolgo un cordiale saluto ai pellegrini italiani, in particolare al Coro "Armoniis" della parrocchia di Filettis di Bicinicco, diocesi di Udine, al gruppo dell'Istituto Permanente Attività Ricreative e Cultura di Bergamo, ed ai giovani della diocesi di Albano Laziale.

Accolgo con gioia il gruppo "Amore Misericordioso" proveniente dalla Romania. Cari giovani, siete venuti dalla vostra diocesi di Jasi, per partecipare al grande pellegrinaggio della gioventù d'Europa che si svolgerà nei prossimi giorni a Loreto. A voi, e a tutti i gruppi che si stanno muovendo verso la Santa Casa, auguro di vivere una forte esperienza di fede, di preghiera e di fraternità.

Data: 1995-09-03 Data estesa: Domenica 3 Settembre 1995

Udienza: il discorso del Papa alle religiose partecipanti al settimo Capitolo Generale delle Figlie di San Paolo - Palazzo Pontificio, Castel Gandolfo

Titolo: "Il dialogo con l'umanità non èuo e non deve mai essere improntato a cedimenti circa la Verità, a compromessi con uno stile di vita che allontani da Cristo"

Carissime Sorelle, "Figlie di San Paolo"!

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1. Da ben 50 Nazioni, siete venute a Roma per celebrare il settimo Capitolo Generale del vostro Istituto, avendo come tema le "Figlie di San Paolo, apostole di Gesù Cristo nel mondo della comunicazione".

Sono lieto di accogliervi e vi ringrazio per la vostra presenza, segno di fedeltà a Cristo ed alla Chiesa. Porgo il mio cordiale saluto alla Superiora Generale, Suor Giovanna Carrara, alle sue dirette Collaboratrici, a tutte voi, partecipanti al Capitolo ed a tutte le vostre Consorelle, sparse nel mondo per testimoniare la perenne validità del messaggio cristiano.

Mentre esprimo il mio vivo apprezzamento per l'opera che da tanti anni svolgete, auspico di cuore, con profonda fiducia nella grazia divina, che questo vostro Capitolo, importante e denso di prospettive, rechi all'intera Congregazione un rinnovato fervore, perché siate sempre più sollecite di ascoltare, per annunziarlo, Gesù, il divino Maestro. così diceva infatti don Giacomo Alberione, il vostro Fondatore: "Nessuna più grande ricchezza si può dare a questo mondo, povero e orgoglioso, che Gesù Cristo... Il mondo ha bisogno di Gesù Cristo Via, Verità e Vita".

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2. Il carisma delle Figlie di San Paolo consiste nell'essere testimoni di Gesù Maestro nel campo della comunicazione. Pertanto, la vostra prima fondamentale caratteristica sia la convinzione piena che Gesù, il Verbo Incarnato, è l'unico Maestro, assoluto, perenne, universale, perché è la Verità! La domanda che si faceva san Paolo: "Dov'è il sapiente? Dov'è il dotto? Dove mai il sottile ragionatore di questo mondo? Non ha forse Dio dimostrato stolta la sapienza di questo mondo?", riceve ancor oggi la medesima risposta: "Ciò che è stoltezza di Dio è più sapiente degli uomini, e ciò che è debolezza di Dio è più forte degli uomini" (
1Co 1,20 1Co 1,25).

Gesù, che ha assunto in sé la debolezza della carne umana, è e resta la manifestazione definitiva della sapienza "più forte" di Dio. Egli è la Verità e la Luce del mondo; il suo messaggio è immutabile e perenne. Attraverso le vicissitudini dei popoli e delle epoche, Egli è presente nel cammino del tempo con la sua parola e con l'insegnamento della Chiesa, alla quale ha promesso ed assicurato l'assistenza dello Spirito Santo: "Egli vi guiderà alla verità tutta intera, perché non parlerà da sé, ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi annunzierà la cose future" (Jn 16,13). Con la stessa certezza degli Apostoli noi affermiamo, pertanto, che Gesù Cristo è l'unico ed universale Redentore dell'uomo.

Che grande dono quello di poterlo annunciare con gli attuali mezzi di comunicazione tanto potenti ed efficaci! Che urgente responsabilità quella di far ritrovare con tali mezzi le sue umane e divine parole: "Venite a me, voi tutti, che siete affaticati e oppressi, e io vi ristorero... Imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per le vostre anime" (Mt 11,28-29).

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3. Carissime "Figlie di San Paolo"! Siate esempio di fedeltà alla Verità, di rispetto per l'uomo, di onestà nell'uso delle parole e delle immagini. Il vostro impegno di testimonianza è grande ed è anche grave, perché voi siete apostole della comunicazione. Gesù Maestro esige che il vostro servizio sia illuminante, coerente, confortante, mai deviante o provocatorio. Gesù Maestro vuole da voi adeguata conoscenza della Verità, da Lui rivelata, e perfetta adesione al Magistero della Chiesa, che si sviluppa nel tempo con continuità coerente e con premura pastorale. Il dialogo con l'umanità non può e non deve mai essere improntato a cedimenti circa la Verità, a compromessi con uno stile di vita che allontani da Cristo. Il rispetto e la carità verso le persone devono essere uniti alla convinzione che la verità di Cristo, unico vero Maestro dell'umanità, rende libero l'uomo, lo salva e lo eleva verso la piena comunione col Padre.

Don Giacomo Alberione nell'aprile 1960, durante il mese di Esercizi Spirituali dei Paolini, disse tra l'altro: "Vi è un'unica meta per i veri santi, un'unica consegna: "Vivit vero in me Christus". Siamo "ambasciatori di Cristo" ed Egli esorta per mezzo nostro. Il Signore ha trovato in noi dei docilissimi strumenti e ci fa muovere, ci chiama e ci fa passare attraverso varie vicende o difficoltà. Egli ci chiede di non venir meno nella fedeltà, di non cedere alle tentazioni di apparenti successi devianti".

Ecco la consegna del vostro Fondatore! A voi il compito di restarvi fedeli. Riprendendo dopo il Capitolo Generale il vostro impegno quotidiano, siate davvero "strumenti docilissimi" di Gesù Maestro. E, come diceva don Alberione, "amate tanto, con il cuore di Gesù, il cuore di Maria e il cuore di San Paolo".

Vi accompagna il mio augurio affettuoso, unito alla Benedizione Apostolica, che estendo all'intero Istituto e a tutte le persone care.

Data: 1995-09-04 Data estesa: Lunedi 4 Settembre 1995

Visita "ad limina": la traduzione del discorso del Santo Padre a Presuli della Conferenza Episcopale del Brasile - Città del Vaticano

Titolo: Rispondere alla carenza dottrinale e all'ignoranza religiosa per arginare il proselitismo ed il dilagare delle sètte tra il popolo

Cari Fratelli nell'Episcopato,

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1. Ho atteso con viva speranza questo incontro con voi, Vescovi delle regioni Nord-Est 1 e 4, in occasione della vostra visita ad Limina, e ora vi saluto con le parole di San Paolo: "la grazia del Signore Gesù Cristo, l'amore di Dio e la comunione della Spirito Santo siano con tutti voi" (
2Co 13,13)! Nel darvi il benvenuto, includo il clero, i religiosi, le religiose e i fedeli laici delle Provincie Ecclesiastiche di Fortaleza e di Teresina. Ringrazio di cuore il Cardinale Arcivescovo Aloisio Lorscheider per le delicate parole con cui, a vostro nome, ha delineato con competenza il quadro sereno e pieno di speranza della vita delle vostre Diocesi.

Il nostro incontro mostra la profonda comunione spirituale e visibile che esiste fra le vostre Chiese particolari e la Chiesa universale, una comunione che deriva dal fatto di essere stati "innestati" in Cristo (cfr. Rm 11,17ss).

Dobbiamo rivolgerci costantemente a Colui che è il Sommo Pastore (cfr. 1P 5,4), per prendere coscienza delle "imperscrutabili ricchezze" (Ep 3,8) che ci ha donato per edificare la sua Sposa Immacolata (cfr. Ap 19,7). Egli si unisce a lei mediante un'alleanza incrollabile, la cura e la nutre (cfr. Ep 5,29 cfr. Costituzione dogmatica LG 6). La nostra sicurezza e la nostra speranza risiedono in Lui e nel potere salvifico del suo Vangelo (cfr. Rm 1,16).

Dando seguito alle visite ad Limina dei vostri fratelli dell'Episcopato brasiliano, la vostra presenza qui ricorda vivamente non solo la vastità delle vostre Diocesi, ma anche le innumerevoli sfide insite nell'annuncio del Vangelo, che sono state evidenziate dalle "Direttive Generali dell'Azione Evangelizzatrice in Brasile" nella riunione di questo anno della vostra Conferenza Episcopale. Più specificatamente, negli incontri precedenti con i rappresentanti delle Provincie Ecclesiastiche di Parana e di Sao Paulo, ho avuto occasione di riflettere su alcuni aspetti della loro sollecitudine pastorale per la Chiesa, e li ho incoraggiati a essere vigili sentinelle della verità, Pastori che proclamano la verità di Cristo e della Chiesa, promotori del rinnovamento spirituale necessario in tutti gli ambiti delle vostre Chiese particolari (cfr. Discorsi, 17.02.1995; 21.03.1995). Oggi il nostro pensiero si rivolge ad alcuni altri aspetti del vostro ministero.

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2. "Perché tutti siano una sola cosa... perché siano come noi una cosa sola" (
Jn 17,21-22).

Con queste parole dell'Apostolo ed Evangelista Giovanni, desidero riunirmi con voi innanzitutto per accrescere la fede dei nostri fratelli delle comunità diocesane, di cui siete Pastori, affinché diventino sempre più reali le solenni parole: "come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch'essi in noi una cosa sola perché il mondo creda che tu mi hai mandato" (Jn 17,21).

In diverse occasioni, la Provvidenza mi ha permesso di insistere su una conclusione fondamentale del Concilio Vaticano II, secondo la quale è decisione della Chiesa assumere il compito ecumenico a favore dell'unità dei cristiani e proporlo in modo convinto e vigoroso (cfr. Decreto sull'ecumenismo UR 1). Esso è stato, di fatto, un segno indelebile del mio Pontificato che, come ricorderete, ho voluto rendere manifesto nel mio ultimo viaggio in Brasile (cfr. Discorso, 18.10.1991).

Ho già avuto occasione di affermare, anche recentemente, che "non si tratta in questo contesto di modificare il deposito della fede, di cambiare il significato dei dogmi, di eliminare da essi delle parole essenziali, di adattare la verità ai gusti di un'epoca, di cancellare certi articoli del Credo con il falso pretesto che essi non sono più compresi oggi. L'unità voluta da Dio può realizzarsi soltanto nella comune adesione all'integrità del contenuto della fede rivelata" (Lettera Enciclica UUS 18). Nel rivolgermi ai rappresentanti del mondo della cultura a Salvador di Bahia, ho ricordato che: "l'inculturazione del Vangelo non (è) un adattamento più o meno opportuno ai valori della cultura contingente, ma un'autentica incarnazione in questa cultura per purificarla e redimerla" (Discorso, 20. 10. 1991).

Lo stesso vale nell'ambito ecumenico. In effetti nel campo dell'inculturazione come in quello dell'ecumenismo si osserva come, con una certa facilità, la ricerca della comprensione, dell'accoglienza o dell'apertura ad altri gruppi o confessioni religiose abbia portato a serie mutilazioni nella chiara espressione del mistero della fede cattolica e nella preghiera liturgica, o a concessioni indebite relative alle esigenge obiettive della morale cattolica.

Ecumenismo non è irenismo (cfr. UR 4,11). Non si tratta di ricercare l'unità a qualsiasi costo. Il dialogo ecumenico deve essere alimentato dalla preghiera, definita dal Concilio Vaticano II come l'anima di qualsiasi movimento ecumenico. Questo dialogo, che ha senso solo se è una ricerca sincera della verità, potrà chiederci di trascurare quegli elementi secondari che potrebbero costituire un ostacolo di ordine psicologico per i nostri fratelli di diversa denominazione religiosa. Non sarà comunque mai vero, autentico, se implicherà una pur minima mutilazione di una verità della fede, l'abbandono della legittima espressione della pietà tradizionale del popolo cristiano e l'indebolimento delle esigenze maturate in secoli di disciplina ecclesiastica, o delle venerabili tradizioni liturgiche dell'Oriente, della Chiesa di Roma e delle altre Chiese dell'Occidente. Del resto, "oggi sappiamo che l'unità può essere realizzata dall'amore di Dio solo se le Chiese lo vorranno insieme, nel pieno rispetto delle singole tradizioni e della necessaria autonomia" (Lettera Apostolica Orientalem lumen, n. 20).

D'altro canto, per un esercizio fecondo di un autentico ecumenismo è necessaria una formazione ecumenica adeguata e strutture pastorali, come le commissioni ecumeniche, che collaborino alla promozione della piena unità. Il "Direttorio per l'Applicazione dei Principi e delle Norme sull'Ecumenismo", pubblicato nel 1993, dà indicazioni precise applicabili alle diverse situazioni.

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3. Nell'area latinoamericana, questa necessità di dialogo ecumenico è diventata urgente, in quanto ci si trova di fronte al grave problema delle sette che si stanno diffondendo a macchia d'olio, minacciando di far crollare la struttura di fede di tante nazioni.

Naturalmente, non mi riferisco in questo momento a quelle Chiese e comunità cristiane che possiedono una base obiettiva, sebbene imperfetta, di comunione con la Chiesa Cattolica; queste, come ha dichiarato il Concilio Vaticano II, possiedono "parecchi elementi di santificazione e di verità che, quali doni propri della Chiesa di Cristo, spingono verso l'unità cattolica" (Costituzione Dogmatica,
LG 8). Tuttavia, proprio perché la "'fraternità universale' dei cristiani è diventata una ferma convinzione ecumenica" (Lettera Enciclica UUS 42), dobbiamo vivere, promuovere e confermare la nostra fede nella ricerca dell'unità di tutti i cristiani.

L'espansione delle sette certamente "costituisce una minaccia per la Chiesa cattolica e per tutte le comunità ecclesiali con le quali essa intrattiene un dialogo" (Lettera Enciclica RMi 50).

A ragione, l'Episcopato latinoamericano, riunito a Santo Domingo, ha presentato con toni vivaci la sfida pastorale rappresentata oggi dalle sette in tutta l'America Latina. Il Documento Finale ha descritto con chiarezza e precisione queste sette e movimenti, ha mostrato le loro caratteristiche e i loro modi di agire, ha chiarito gli interessi politici ed economici implicati nella loro espansione in tutto il Continente e ha indicato le sfide pastorali e le possibili vie per operare in questo campo (cfr. Conclusioni della IV Conferenza Generale dell'Episcopato Latinoamericano, nn. 139-152).

Non è ora mia intenzione ripetere ciò che tutti conoscete bene. E' infatti nota l'intenzione, a volte maligna, di queste sette di minare le basi della fede del popolo, in particolare per ciò che riguarda il culto del Mistero Eucaristico e della Santissima Vergine, la struttura gerarchica della Chiesa e il primato di Pietro, che perdura nell'azione pastorale universale del Vescovo di Roma, e le espressioni di pietà popolare. E' chiaro anche che il successo della loro attività può essere spiegato con la carenza di cultura religiosa del popolo, dovuta, in buona parte, alla perdita del vissuto religioso, che coltivava nelle piccole città dell'interno dal popolo, ma che si è indebolito con la migrazione verso le periferie delle grandi città, in un processo quasi sempre doloroso di sradicamento culturale.

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4. Non si tratta di un atteggiamento pessimista di fronte alla situazione dominante: la Chiesa cattolica, la Sposa Immacolata di Cristo, ha in sé la garanzia dell'eternità che lo stesso Signore le ha assicurato (cfr.
Mt 28,19). Pur sapendo di possedere, per espressa volontà di Dio, la "pienezza dei mezzi di salvezza, ossia "tutti i mezzi dellla grazia, tuttavia i suoi membri non se ne servono per vivere con tutto il dovuto fervore" (UR 3-4).

Sono certo che questa affermazione concliliare non sarà per voi un semplice eufemismo al momento di affrontare la realtà quotidiana del vostro popolo, tanto sensibile alla trascendenza e ai valori cristiani della pietà e della fraternità.

Invece di guardare alla fredda statistica ottenuta dal movimento oscillante dei dati, molte volte contraddittori, circa il numero dei fedeli praticanti, dovremmo fare nostra la domanda posta nella Redazione Finale del Sinodo Straordinario dei Vescovi del 1985: "Di fronte alla proliferazione delle sette, non dovremmo forse domandarci se il senso del sacro sia stato sufficientemente manifestato?" (II, A.1.).

Vi preoccupano, e a ragione, la carenza dottrinale e l'ignoranza religiosa che lasciano il vostro popolo alla mercè delle influenze perniciose di un ambiente dove regna il permissivismo morale, che lo rende estremamente vulnerabile alla seduzione esercitata dalle sette e dai nuovi gruppi religiosi, specialmente quando questi adottano norme esigenti di marcata rigidità disciplinare. Lo stesso clima di relativismo morale, che si sta diffondendo con grande facilità attraverso i mezzi di comunicazione sociale, espone "l'uomo contemporaneo alla minaccia di un'eclisse della coscienza" di gravi proporzioni (Angelus, 14.03.1982), come dimostra il clima rarefatto che il divorzio, le unioni illecite e altre deformazioni creano nella vita familiare (cfr. Costituzione Pastorale GS 17). Per questo, insisto nuovamente sull'urgenza di "ricuperare e riproporre il vero volto della fede cristiana che non è semplicemente un insieme di proposizioni da cogliere e ratificare con la mente. E' invece una conoscienza vissuta di Cristo, una memoria vivente dei suoi comandamenti, una verità da vivere" (Lettera Enciclica VS 88).

In questa opera a voi spetta un compito insostituibile: la grande responsabilità di essere "Maestri nella fede". L'insegnamento e la stessa divulgazione del Catechismo della Chiesa Cattolica non intendono altro che conservare attentamente l'unità della fede e la fedeltà alla dottrina cattolica.

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5. Alcune fasce sociali sono tuttavia più vulnerabili. Da un lato, esiste la tendenza a credere in soluzioni facili ai problemi esistenziali, come se bastasse un pensiero positivo per lenire i conflitti generati dal dolore e dalla morte, dimenticando che la sofferenza umana non può essere separata dal peccato originale e neppure dallo "sfondo peccaminoso delle azioni personali e dei processi sociali nella storia dell'uomo" (Salvifici doloris, n. 15). Dall'altro, vi sono coloro che attendono una risposta immediata e semplice ai loro bisogni, inclusi quelli materiali. La ricerca della salvezza a qualsiasi costo, senza una garanzia della validità dei metodi, costituisce un incentivo ad aderire ad alcune denominazioni pseudo-religiose.

Preoccupa, in tal senso, il facile reclutamento di nuovi adepti, che sebbene siano sottomessi alla pressione psicologica di sostenere la propria setta con obblighi finanziari che vanno aldilà delle loro possibilità, li accettano passivamente pur di lenire i propri mali, ricevendo promesse assurde e temerarie, di guarigione o persino di salvezza, contrarie ai piani di Dio. Le sette causano seri danni religiosi ai loro seguaci. Non si tratta solamente dell'abbandono delle proprie credenze; passato l'entusiasmo dei rimedi fittizi, essi infatti non sempre ritornano alla fede e abbracciano l'indifferentismo. Inoltre, l'indifferentismo religioso genera l'incoerenza nei principi, al punto da far credere, falsamente, che sia possibile mantenere un nesso intimo e vivo con la Chiesa, con il suo ministero, con la sua vita e missione, conservando intatta la propria fede - includendo anche la pietà liturgica e sacramentale, il dogma e la morale cristiana - e aderire ad altri culti e denominazioni religiose. Si pretende dunque di ricevere i sacramenti anche se si partecipa o addirittura si contribuisce finanziariamente al sostentamento di "chiese", culti o istituzioni filantropiche che predicano, ad esempio, la reincarnazione.

Da dove proviene, in ultima analisi, questa scissione interiore dell'uomo? Detto in altre parole, cosa manca all'evangelizzazione per assicurare la fedeltà del Popolo di Dio, il cammino della Patria definitiva?

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6. Sono sicuro che concordate con me circa l'esistenza di alcune lacune nel processo evangelizzatore delle vostre Chiese, lacune del resto sottolineate quest'anno a Itaici dall'Episcopato brasiliano come un'urgenza, nel proporre di dare nuova vita alle diverse forme di celebrazione liturgica e di comunicazione della Parola, incentivando il mantenimento della qualità pastorale delle celebrazioni dei sacramenti (cfr. Direttive generali, n. 257).

E' proprio sulla scia di queste linee di azione che bisogna sottolineare, da un lato, la perdita della visibilità delle vostre comunità e dei vostri agenti, dall'altro, la presenza di difetti nel rapporto umano e nell'accoglienza delle persone; infine, come non notare una certa timidezza e inerzia nel processo di evangelizzazione del popolo? In cosa potrebbe consistere la mancanza di visibilità delle vostre comunità e dei vostri ministri? Tutti sappiamo che oggi viviamo in un mondo in cui è la comunicazione attraverso l'immagine è molto importante. I segni esterni della vita cristiana, soprattutto quelli più tradizionali, rappresentano, oggi come ieri, un grande appello per il vostro popolo, costituito da gente semplice la cui base culturale è stata profondamente segnata dalla fede cattolica in questi quattro secoli di evangelizzazione del Brasile.

In uno dei miei viaggi pastorali nella vostra terra - viaggio che mi fa ricordare l'amato popolo dello Stato di Piaui e del Ceara - mi sovvengo ancora che volli ringraziare l'Onnipotente per avere radicato così profondamente nel cuore del Popolo di Dio di questo Paese la croce, l'Eucaristia e l'"Aparecida" (cfr. X Congresso Eucaristico Nazionale di Fortaleza, 9.08.1980).

Si capisce pertanto quanto piacciano al brasiliano i segni esteriori della fede. Egli vuole vedere le Chiese con le loro caratteristiche religiose, con le espressioni autentiche dell'arte sacra in grado di risvegliare la pietà e d'invitare alla preghiera, al raccoglimento e alla contemplazione del mistero di Dio. Egli vuole udire con gioia il suono delle campane delle vostre chiese che convocano la gente alle celebrazioni liturgiche o alle preghiere del mattino o del pomeriggio per lodare la Vergine Maria! Una campana che suona - tanti la fanno tacere! - giunge a molte orecchie come un segno di vitalità ecclesiale. Il brasiliano vuole sentire nelle musiche delle vostre chiese l'invito a lodare Dio, a rendere grazie e a pregare umilmente e con fiducia, e si sente scoraggiato quando questi canti racchiudono nel loro testo un messaggio politico o puramente terreno, e quando con la loro espressione musicale non rispecchiano la musica religiosa, rivelandosi chiaramente profani nel ritmo, nella linea melodica e negli strumenti musicali di accompagnamento. Il vostro popolo gioisce della bellezza e della dignità del culto religioso, senza pompa né ostentazione, di un culto degno e pietoso, che sia realmente unito all'azione liturgica, in sintonia con quanto detto dal Concilio Vaticano II, "sia esprimendo più dolcemente la preghiera e favorendo l'umanità, sia arricchendo di maggiore solennità i riti sacri" (Cost. Ap.
SC 112).

Cercate di conferire un clima di pietà e di dignità alle celebrazioni liturgiche, rendendole gioiose nei momenti dovuti e sempre spiritualmente confortanti. Il ministero della Parola, che è intimamente legato alla Liturgia Eucaristica (cfr. Ibidem, SC 56), contenga sempre, dall'inizio alla fine, un messaggio spirituale. E' indubbio che vi sono tante persone che non possiedono quanto basta a placare la propria fame ma, generalmente, il popolo ha più fame di Dio che di pane materiale, poiché comprende che "non di solo pane vive l'uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio" (Mt 4,4). Bisogna vedere la Chiesa come Chiesa, e non come semplice promotrice della riforma sociale. Questo è un dovere che proviene dalla fede e non da un'esigenza previa alla predicazione del Vangelo. In questo modo, e in nessun altro, si possono comprendere le seguenti parole del Concilio Vaticano II: "nella parola di Dio poi è insita tanta efficacia e potenza, da essere sostegno e vigore della Chiesa, e per i figli della Chiesa saldezza della fede, cibo dell'anima, sorgente pura e perenne della vita spirituale" (Costituzione Dogmatica DV 21).

Il vostro popolo, carissimi Fratelli nell'Episcopato, vuole vedere nei Padri degli autentici ministri di Dio, anche nel loro abito e nel loro modo esteriore di agire. Esso vuole vedere l'uomo di Dio nei ministri della sua Chiesa, come una presenza che deve ispirargli amore, rispetto e fiducia. Il popolo ne ha diritto e può esigerlo ai suoi Pastori. Ciò che gli uomini desiderano, ciò che essi sperano è che il sacerdote, con la sua testimonianza di vita e con la sua parola, parli loro di Dio. Il carattere conferito dal sacramento dell'Ordine, permette al sacerdote di agire "in nome e nella persona di Cristo Capo (PO 2), partecipando dell'autorità con cui Cristo governa la sua Chiesa. D'altro canto, il ministro sacro è chiamato ad esercitare il "sacro potere dell'ordine per offrire il sacrificio e perdonare i peccati" e in nome di Cristo svolgere "per gli uomini in forma ufficiale la funzione sacerdotale" (Ibidem, PO 2). Per questo, è opportuno che entrambe le note del sacerdozio ministeriale conservino il loro giusto valore, tenendo presente che "in una società secolarizzata e tendenzialmente materialista... è particolarmente sentita la necessità che il presbitero - uomo di Dio, dispensatore dei suoi misteri - sia riconoscibile agli occhi della comunità, anche per l'abito che porta come segno inequivocabile della sua dedizione e della sua identità di detentore di un ministero pubblico" ().

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7. Bisogna ora prendere in considerazione un altro aspetto di non minore importanza. Si tratta dei rapporti con le persone e dell'accoglienza in seno alle vostre comunità. La Chiesa è la casa del Padre. Il più grande vincolo di unione dei membri della Chiesa è l'amore, l'amore di Dio che si estende nell'amore per il prossimo. E' stato proprio questo amore fraterno a conferire un'enorme capacità evangelizzatrice alle comunità primitive della Chiesa attraverso la loro testimonianza di vita in comune.

Ciò che vale per tutti i popoli, ha un'importanza fondamentale per il vostro popolo. Esso è prima di tutto cordiale. Nella sua carenza affettiva, ha bisogno di sentirsi amato e accolto. Il popolo è molto sensibile all'ambiente in cui vive e spera di trovarvi gioia, semplicità e calore umano. Il cattolico, a maggior ragione, di fronte al sorgere delle sette, deve assumere un atteggiamento caritatevole: "carità verso l'interlocutore, umiltà verso la verità che si scopre e che potrebbe richiedere revisioni di affermazioni e di atteggiamenti" (Lettera Enciclica
UUS 36). Non si tratta di ricorrere ad attacchi personali o di assumere posizioni contrarie allo spirito del Vangelo. Potrebbe servire da esperienza ciò che fu proposto come motto pastorale in una delle vostre Diocesi: "Accogliere per evangelizzare". E' importante prestare un'attenzione personale a quanti cercano la Chiesa, mantenersi disponibili, in segno di considerazione, di ascolto e di asilo ai bisognosi di sostegno spirituale. E' indubbio che la vostra opera evangelizzatrice sperimenterebbe un grande incremento se nelle vostre comunità venisse promosso quello che opportunamente definite come "ministero dell'accoglienza" delle persone, facilitandola ed esigendo dai Padri e dai loro collaboratori un atteggiamento sereno e cordiale.

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8. Infine, dove riscontriamo mancanza di ardore e di iniziativa nell'annuncio evangelico? L'evangelizzazione a cui la Chiesa è chiamata in questo fine secolo deve essere, come ho tante volte ripetuto, nuova nel suo ardore, nei suoi metodi e nella sua espressione. Questo ardore, come dissi a Santo Domingo, "presuppone una solida fede, un'intensa carità pastorale e una grande fedeltà, che, sotto l'azione dello Spirito, generino una mistica, un incontenibile entusiasmo nel compito di annunciare il Vangelo. Nel linguaggio neotestamentario è la 'parresia' che infiamma il cuore dell'apostolo" (Discorso inaugurale, n. 10).

Richiamano l'attenzione il proselitismo a ogni costo e l'entusiasmo degli operatori delle sette e di alcuni movimenti pseudo-spirituali. Non avete è forse diminuito l'impegno nella ricerca delle pecore che si sono allontanate? Al contrario di ciò che avviene nella parabola evangelica, non si è persa una sola pecora, ma un parte del gregge.

Per questo, nel XXV anniversario del Decreto Conciliare ad Gentes, desidero sottolineare che: "l'annuncio ha la priorità permanente nella missione... nella realtà complessa della missione il primo annunzio ha un ruolo centrale insostituibile, perché introduce 'nel mistero dell'amore di Dio, che chiama a stringere in Cristo una personale relazione con lui' ed apre la via alla conversione" (Lettera Enciclica
RMi 44). Proprio perché "l'amore di Cristo ci spinge" (2Co 5,14), la " missione è un problema di fede, è l'indice esatto della nostra fede in Cristo e nel suo amore per noi" (RMi 11).

Tutto ciò mostra, carissimi Fratelli, che non basta chiamare, convocare e attendere che le persone vengano. Come dice un altro motto dell'azione pastorale di una delle vostre Diocesi, dovete essere "una Chiesa che va incontro al Popolo"! Dovete essere una Chiesa che cerca le persone, che le invita non solo mediante l'appello generale dei mezzi di comunicazione sociale ma anche con l'invito personale, di casa in casa, di strada in strada, in un lavoro permanente, rispettoso ma presente in tutti i luoghi e gli ambienti.

Per questo è importante poter contare sulla generosità dei fedeli laici.

Mi riferisco, in particolare, a quanti cercano di vivere nel modo più intenso possibile la loro consacrazione battesimale, sia personalmente sia nelle tradizionali associazioni religiose o nei nuovi movimenti laici che, grazie all'azione dello Spirito Santo, stanno sorgendo nella Chiesa. Contate sul loro cammino spirituale e rispettatelo ma non cessate di invitarli a partecipare all'opera evangelizzatrice.


9. Il vostro compito è una sfida missionaria, quella di preparare la Chiesa del terzo millennio, riprendendo l'iniziativa della nuova evangelizzazione con sforzi ancora maggiori. Alla luce del comandamento dell'amore, venerati Fratelli nell'Episcopato, siate apostoli intrepidi della verità e costruttori di una comunità fraterna, rimanendo all'ascolto di Colui che vi ha consacrati (cfr. Is 61,1), per essere testimoni misericordiosi della benevolenza divina verso di voi.

Lo Spirito del Redentore, che vi ha guidato fino ad ora, non vi lascerà soli di fronte a queste sfide. La vostra visita ad Limina evidenzia positivamente la vostra unione con il Vescovo di Roma e la vostra appartenenza al Collegio Episcopale: che ciò vi sia da sostegno! Vorrei chiedervi di trasmettere il mio affettuoso incoraggiamento a quanti sono al servizio del Vangelo nelle vostre Diocesi: ai sacerdoti, ai religiosi e alle religiose, ai laici che si assumono responsabilità e svolgono molti compiti a beneficio delle comunità, così come a tutti i fedeli.

Affido alla Vergine Madre, Nossa Senhora Aparecida, i progetti, le speranze e le difficoltà dell'attuale momento della Nazione. In questa prospettiva, invoco la Benedizione del Signore su di voi, sui vostri sacerdoti, sui religiosi, sulle religiose e sui fedeli di questa Terra della Santa Croce che mi è particolarmente cara.

Data: 1995-09-05 Data estesa: Martedi 5 Settembre 1995



GPII 1995 Insegnamenti 1396