GPII 1995 Insegnamenti 906

L'omelia del Papa alla Messa di canonizzazione ad Olomouc - Repubblica Ceca

Titolo: Possa questo giorno segnare un nuovo inizio



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1. "Vado e torno a voi" (cfr.
Jn 14,28).

Gesù pronuncia queste parole nel Cenacolo, il giorno prima della sua morte. Esse racchiudono in estrema sintesi l'evento pasquale: la dipartita mediante la morte di croce e la nuova venuta nella risurrezione.

Ma il contesto dell'odierno Vangelo indica anche un'altra dimensione.

Dopo la risurrezione, il quarantesimo giorno, Cristo lascerà gli Apostoli tornando al Padre. Questa definitiva dipartita, è contemporaneamente la condizione per un'ulteriore presenza, che si estenderà di generazione in generazione, secondo le parole stesse di Cristo: "Io sono con voi tutti i giorni, sino alla fine del mondo" (Mt 28,20).

"Sono con voi" vuol dire: sono con la Chiesa edificata su di voi, e vengo sempre in virtù dello Spirito Santo. E' questa una multiforme venuta: nella parola del Vangelo, nei sacramenti, specialmente nell'Eucaristia, nella misteriosa inabitazione del cuore mediante la grazia. A quest'ultima venuta si riferiscono le parole che abbiamo ascoltato: "Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui" (Jn 14,23).

L'amore fa si che le persone dimorino spiritualmente l'una nell'altra.

E' così nella dimensione umana; ciò avviene in modo ancora più profondo nella dimensione divino-umana. "Se uno mi ama (...) il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui" (Jn 14,23). L'amore per Cristo dunque attira l'amore del Padre e fa si che il Figlio ed il Padre siano presenti nell'anima dell'uomo, si abbandonino intimamente all'uomo. Tale "dono" è opera dello Spirito Santo, l'Amore increato. Effuso nel cuore dell'uomo, Egli fa si che tutta la Santissima Trinità sia presente in lui e dimori in lui.

Questa inabitazione, che scaturisce dall'amore e arricchisce l'amore, esige di attuarsi nella verità. Chi ama Gesù osserva la sua parola, quella parola di cui Egli dice: "Non è mia, ma del Padre che mi ha mandato" (Jn 14,24). Chi ama Gesù vive del suo Vangelo.

Cristo è il Verbo del Padre. In Lui si realizza la pienezza della verità, che è in Dio e che è Dio stesso. Egli "si fece carne" (Jn 1,14) per trasmetterci questa verità con parole umane, con opere umane e, definitivamente, nell'evento pasquale della croce e della risurrezione. Ora Cristo dice: "Vado al Padre" (Jn 14,28). Ciò è per lui motivo di gioia divina, una gioia che Egli desidera trasmettere ai suoi discepoli. Con l'umanità che ha assunto, il Verbo torna alla propria Fonte - a quell'Eterno Alveo da cui, senza un inizio, attinge il suo inizio.

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2. "Vado e torno a voi".

Torno in virtù dello Spirito Santo. Cristo promette: "Il Consolatore, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, egli v'insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto" (
Jn 14,26). La Liturgia, riproponendo oggi queste parole, pronunciate da Gesù nel Cenacolo il giorno prima della Passione, orienta i nostri pensieri verso i misteri ormai vicini dell'Ascensione del Signore e della Pentecoste. Gli Apostoli hanno già ricevuto lo Spirito Santo la sera del giorno di Pasqua, quando il Risorto, venuto in mezzo a loro nel Cenacolo, mostrando le ferite delle mani e del costato, ha detto loro: "Ricevete lo Spirito Santo" (Jn 20,22).

Ciò che si è compiuto nell'intimità, deve ora compiersi in mezzo alla gente riunita a Gerusalemme per la festa di Pentecoste. Non ci sarà più Gesù con gli Apostoli nel Cenacolo, ma la venuta dello Spirito Santo farà si che il Cristo cominci ad operare con efficacia nuova in loro e mediante loro: ad operare come verità e come amore.

Il Consolatore, lo Spirito Santo insegnerà agli Apostoli e alla Chiesa sino alla fine del mondo tutto ciò che Cristo stesso ha detto loro. Egli veglierà affinché l'insegnamento di Gesù, la sua verità duri incessantemente nella Chiesa; affinché il Verbo, uno col Padre nella divinità, possa continuare ad unire tra loro gli uomini di generazione in generazione con quella verità e quell'amore che Egli ha rivelato con la sua prima venuta nel mondo. così dunque il Vangelo dell'odierna domenica ci orienta ormai molto chiaramente verso la nascita della Chiesa e verso la sua missione.

"Vi lascio la pace, vi do la mia pace" (Jn 14,27). Cristo dice questo nel momento in cui i volti degli Apostoli lasciano intuire un senso di preoccupazione e di ansia. Sono infatti le ultime ore prima della passione. E perciò Egli dice loro: "Non sia turbato il vostro cuore e non abbia timore" (Jn 14,27). Sarete, è vero, testimoni della mia umiliazione, della mia crocifissione e morte infame sulla croce. E' comprensibile che siate angosciati da una simile prospettiva, che soffriate all'idea che il vostro Maestro debba lasciarvi in questo modo. Ma non siate turbati! Dopo la mia dipartita tornero da voi risorto e godrete la pace che io vi do. In mezzo alle inquietudini del mondo, questa pace vi permetterà di essere miei testimoni, vi permetterà di annunziare il Vangelo e di condurre gli uomini alla santità.

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3. "Vado e torno a voi".

Le parole pronunciate da Cristo nel Cenacolo si compiono di generazione in generazione. Gli Apostoli, a partire dal giorno di Pentecoste, sono andati nel mondo intero per annunziare il Vangelo a tutte le nazioni, come ci ha ricordato la prima lettura, tratta dagli Atti degli Apostoli. Il Vangelo fu annunziato, per bocca di Paolo e di Barnaba, tra i popoli pagani. E tale apertura al mondo fu confermata dallo Spirito per bocca della comunità apostolica, come è attestato nel cosiddetto Concilio di Gerusalemme.

Questo medesimo Vangelo della verità e della santità raggiunse a suo tempo le nostre terre slave - arrivo in Boemia e in Moravia, e qui si stabili, come pure nelle regioni limitrofe. Esso ha prodotto frutti sovrabbondanti di grazia e di santità attraverso i secoli. Li ha prodotti anche in questa vostra Chiesa, antica ed illustre, che oggi ho la gioia di visitare. Saluto il vostro Arcivescovo, il caro Mons. Jan Graubner, che ringrazio per il cordiale indirizzo e per i gentili auguri che a nome di tutti mi ha rivolto. Con lui saluto il Vescovo Ausiliare e gli altri Presuli presenti. Saluto anche i sacerdoti, i religiosi e le religiose, i catechisti, i laici impegnati e tutti voi che siete intervenuti a questa solenne celebrazione.

Oggi, infatti, qui in Olomouc, ho il privilegio di celebrare insieme con voi la canonizzazione del beato Jan Sarkander e della beata Zdislava di Lemberk.

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4. La vicenda umana di santa Zdislava, nata in Moravia e vissuta in Boemia settentrionale nel secolo XIII, si distingue per una straordinaria capacità di donazione agli altri. Lo testimonia innanzitutto il suo comportamento in famiglia ove, come sposa del conte Havel di Lemberk, fu - secondo le parole del mio venerato predecessore Paolo VI - "esempio di fedeltà coniugale, sostegno di spiritualità domestica e di onestà dei costumi". Lo conferma poi il suo impegno generoso nel campo caritativo e assistenziale, specialmente al capezzale dei malati, ai quali riservo sempre tali sollecitudini e premure da essere ancor oggi ricordata come "guaritrice".

Santa Zdislava, vivendo intensamente la spiritualità di terziaria domenicana, seppe fare di se stessa un dono, secondo la parola di Gesù: "Vi è più gioia nel dare che nel ricevere" (
Ac 20,35). Ecco il segreto della grande simpatia che la sua figura ha sempre suscitato già in vita, come poi dopo la morte e fino ad oggi. Il suo esempio appare di notevole attualità, soprattutto in riferimento al valore della famiglia, che - ella ci insegna - dev'essere aperta a Dio, al dono della vita e alle necessità dei poveri. La nostra santa è una mirabile testimone del "Vangelo della famiglia" e del "Vangelo della vita", che la Chiesa è più che mai impegnata a diffondere in questo passaggio dal secondo al terzo millennio cristiano.

Famiglie della Boemia, famiglie della Moravia, tesoro inestimabile di questa nazione, diventate ciò che siete nel piano di Dio, specchiandovi nell'esempio dei vostri santi! E tu, Zdislava di Lemberk, guida le famiglie della tua Patria e del mondo intero alla conoscenza sempre più profonda della loro missione, rendile aperte al dono, tu, madre dolce e forte, caritatevole e pia!

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5. Quasi quattro secoli dopo incontriamo Jan Sarkander, sacerdote e martire. Egli è vanto soprattutto vostro, carissimi Moravi, che da sempre lo amate e venerate come protettore, specie nelle ore più penose della vostra storia.

La sua figura si accende di luce eccezionale soprattutto alla fine della vita, quando viene imprigionato e riceve dal Signore la grazia del martirio. In un'epoca di turbolenze, egli si pone come segno della presenza di Dio, della sua fedeltà in mezzo alle contraddizioni della storia.

Ancor oggi ci colpisce l'adamantina fermezza di questo prete semplice e generoso: la sua fedele dedizione al dovere, fino alla morte. Nella segreta del carcere di Olomouc - di cui conservo ancora la forte impressione ricevuta nel visitarla - egli, sottoposto per settimane ad atroci supplizi, prega, e il Signore gli dona di offrire un raro esempio di pazienza e di costanza.

Forse oggi più che mai, all'indomani del Concilio Vaticano II e alle soglie del Terzo Millennio cristiano, ci è dato di cogliere la misteriosa consegna di Jan Sarkander per la Chiesa in Europa e nel mondo. La sua canonizzazione va anzitutto ad onore di tutti coloro che, in questo secolo, non solo in Moravia e Boemia ma in tutta l'Europa dell'Est, hanno preferito la privazione dei beni, l'emarginazione, la morte, piuttosto che piegarsi all'oppressione e alla violenza.

Questa canonizzazione non deve in nessun caso aprire di nuovo le ferite dolorose che in passato hanno segnato in queste terre il Corpo di Cristo. Anzi, oggi io, Papa della Chiesa di Roma, a nome di tutti i cattolici, chiedo perdono dei torti inflitti ai non cattolici nel corso della storia turbolenta di queste genti; e al tempo stesso assicuro il perdono della Chiesa cattolica per quello che di male hanno patito i suoi figli. Possa questo giorno segnare un nuovo inizio nello sforzo comune di seguire Cristo, il suo Vangelo, la sua legge d'amore, il suo anelito supremo all'unità dei credenti in Lui: "Che tutti siano uno" (
Jn 17,21).

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6. "Popoli tutti, lodate il Signore" (Rit. Salmo resp.).

Così canta la Chiesa nell'odierna Domenica del tempo pasquale. "Esultino le genti e si rallegrino, perché giudichi i popoli con giustizia, governi le nazioni sulla terra" (Ps 66(67], 5). Questo invito alla gioia trae origine dal compimento delle promesse di Cristo nel Cenacolo durante l'ultima Cena: esso scaturisce dal mistero pasquale della sua morte e risurrezione.

E' la gioia della Pentecoste. Infatti, in virtù dello Spirito Santo, gli Apostoli di Cristo e i loro successori hanno evangelizzato i popoli e le nazioni del mondo intero, affinché si conoscesse sulla terra la via che è Cristo, fra tutte le genti si accogliesse la sua salvezza (cfr. Ps 66(67],3).

Oggi questa gioia coinvolge in modo particolare le nazioni slave di Boemia e Moravia, dove la via del Vangelo è aperta ormai da oltre dieci secoli.

Fonte della nostra esultanza sono, oggi, in particolare coloro che hanno seguito tale via e ci guidano su di essa verso l'incontro con Cristo: santa Zdislava e san Jan Sarkander. Per la loro testimonianza la luce del Regno di Dio si è avvicinata agli uomini ed illumina il cammino delle generazioni verso la celeste Gerusalemme ov'è la dimora eterna in Dio.

Data: 1995-05-21 Data estesa: Domenica 21 Maggio 1995

L'incontro con i giovani: l'omelia nuove generazioni riunite davanti al Santuario Mariano di Svaty Kopecek - Repubblica Ceca

Titolo: "Anche noi, oggi, in questa grande assemblea vogliamo presentare a Dio il nostro "si""

Cari giovani amici, ragazzi e ragazze!

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1. Ricambio di cuore la vostra calorosa accoglienza: vitam vas! Siete passati cantando davanti a me e vi siete presentati, diocesi per diocesi: giovani e ragazze di Brno, di Ceské Budejovice, di Plzen, di Litomerice, di Hradec Kralové, di Praga, di Olomouc! Voi di Olomouc vi siete messi ultimi per dovere di ospitalità: bravi! Tutti vi saluto e abbraccio con grande affetto. E saluto anche i giovani, provenienti da altri Paesi: dalla Polonia, dalla Slovacchia, dall'Austria, dalla Germania, e quanti sono qui presenti. Saluto il vostro Arcivescovo, i Vescovi, i sacerdoti, i religiosi e le religiose che vi accompagnano.

Nel giorno festoso della canonizzazione di san Jan Sarkander e di santa Zdislava, ci incontriamo su questa stupenda "Sacra Collina" ("Svaty Kopecek"), presso il Santuario mariano, per metterci in ascolto della Madre Santissima. Ho visto che avete rappresentato la scena del "giovane ricco" e la sua domanda a Gesù: "Maestro buono, che cosa devo fare per avere la vita eterna?" (
Mc 10,17).

Questo episodio evangelico mi è molto caro, ed è stato il punto di partenza di molte mie riflessioni, specialmente rivolte ai giovani.

Oggi, qui a Svaty Kopecek, è Maria a suggerire la risposta a quella domanda: "Fate quello che Egli vi dirà" (Jn 2,5). Sono le parole pronunciate alle Nozze di Cana. Poche semplici parole che costituiscono un programma di vita cristiana, un programma di vita per ogni uomo. Maria le pronuncio allo scopo di preparare le condizioni per l'intervento miracoloso del Figlio. Possano queste parole ispirare il nostro incontro di oggi, come ispirarono e guidarono tutta la vita di san Jan Sarkander e di santa Zdislava.

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2. "Fate quello che Egli vi dirà!". E che cosa ci dice Cristo? Ci ripete tutto ciò che è stato scritto nei Vangeli. Ci parla non soltanto con le sue parole, ma ancor più con le sue opere: "Passo facendo del bene" (cfr.
Ac 10,38), come testimonia l'apostolo Pietro. Ci parla in modo particolare col suo mistero pasquale: con l'offrire se stesso alla morte per i peccati del mondo, mosso dall'amore per il Padre e per noi, suoi fratelli e sorelle; ci parla con la sua risurrezione gloriosa nella quale, vincendo la morte, ha aperto davanti a noi la prospettiva della risurrezione futura.

E' impossibile racchiudere in una breve meditazione il contenuto dei quattro Vangeli, secondo Matteo, Marco, Luca e Giovanni. Certamente voi li conoscete bene. Da parte mia vi esorto con forza a ritornare incessantemente alla lettura dei Vangeli! Ora vorrei soffermarmi sulle parole che stanno indubbiamente nel cuore stesso del Vangelo, e che Gesù pronunzio un giorno rispondendo agli Apostoli, quando Gli domandarono di insegnare loro a pregare. Egli rispose: "Quando pregate, dite: Padre..." (Lc 11,2). E insegno loro la sua preghiera, la Preghiera "del Signore".

Recitiamola insieme! (Dopo aver guidato la recita del "Padre Nostro" Giovanni Paolo II si è così rivolto ai giovani:]

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3. "Padre". E' la parola che nel Vangelo ricorre più frequentemente sulle labbra di Cristo. Egli parla sempre del Padre e costantemente si rivolge al Padre, ed insegna a noi a fare altrettanto. Si può dire che in questa parola e in questo riferimento al Padre si riassume tutto il contenuto del Vangelo. L'uomo che, animato dallo Spirito di Cristo, invoca Dio chiamandolo "Padre" (cfr.
Ga 4,6), è l'uomo nuovo, il figlio rinato dall'amore misericordioso di Dio. E' il "giovane di spirito". Ecco perché nel 1991, a Czestochowa, i giovani cantavano continuamente "Abbà, Ojcze", "Abbà, Padre", e quel canto riecheggia ancora nel loro, nel vostro peregrinare attraverso le Giornate Mondiali della Gioventù.

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4. "Sia santificato il tuo nome". Questo è il primo desiderio che sgorga dal cuore orante di Cristo: che tutti amino Dio e rendano gloria al suo nome. Questo è anche il desiderio della Chiesa, come si legge in una bella preghiera eucaristica del II secolo: "Ti ringraziamo, o Padre santo, per il tuo santo nome, che hai fatto abitare nei nostri cuori (...) Tu, Signore onnipotente, hai creato tutte le cose a gloria del tuo nome" (Didachè, 10,2-3). E voi, cari ragazzi e ragazze, sapete mettere Dio al primo posto, facendogli spazio nei vostri cuori? Sapete riconoscerne l'onnipotenza nelle bellezze del creato, amandolo "con tutto il cuore, con tutta la mente e con tutte le forze" (cfr.
Dt 6,5)?

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5. "Venga il tuo regno". Gesù annunziava il Vangelo del regno di Dio. Interrogato da Pilato se fosse re, rispose: "Il mio regno non è di questo mondo; se il mio regno fosse di questo mondo, i miei servitori avrebbero combattuto perché non fossi consegnato ai Giudei; ma il mio regno non è di quaggiù" (
Jn 18,36). E quando Pilato disse: "Dunque tu sei re?", Gesù rispose: "Io sono re. Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per rendere testimonianza alla verità.

Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce" (Jn 18,37).

Il regno di Dio non si afferma con i mezzi e le forze dei regni terreni.

"La verità - come insegna il Concilio Vaticano II - non si impone che in forza della stessa verità, la quale penetra nelle menti soavemente e insieme con vigore" (Decr. DH 1). In questa terra, dove in passato i cristiani si sono combattuti con violenza per motivi religiosi, voglio ribadire quanto ho scritto nella Lettera Tertio millennio adveniente: "La considerazione delle circostanze attenuanti non esonera la Chiesa dal dovere di rammaricarsi profondamente per le debolezze di tanti suoi figli, che ne hanno deturpato il volto, impedendole di riflettere pienamente l'immagine del suo Signore crocifisso, testimone insuperabile di amore paziente e di umile mitezza" (TMA 35). Carissimi giovani, testimoniate la verità con la forza della verità, e sarete costruttori del Regno di Dio!

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6. "Sia fatta la tua volontà". Nel Getsemani, Gesù prego che il Padre allontanasse da Lui il calice amaro della passione, ma subito aggiunse: "Tuttavia non sia fatta la mia, ma la tua volontà" (
Lc 22,42). In questa preghiera è contenuta la profondissima convinzione che Dio vuole sempre il bene. Perfino quando permette il male nella vita dell'uomo, o nella storia dell'umanità, lo fa con la prospettiva di un bene maggiore per l'uomo stesso. Per questo l'apostolo Paolo ha potuto scrivere che "tutto concorre al bene di coloro che amano Dio" (Rm 8,28).

Da una tale fede era guidata nella sua vita coniugale e familiare santa Zdislava. Questa speranza sostenne san Jan Sarkander nella sua missione sacerdotale, specialmente quando venne per lui l'ora del Getsemani ed egli dovette avviarsi verso il calvario del martirio: fu quello un momento di durissima prova, in cui la fede in Cristo e la preghiera del Signore lo aiutarono a non perdersi d'animo e a conservare la certezza che il bene è più forte del male.

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7. "Dacci oggi il nostro pane quotidiano". Gesù ci insegna a pregare per avere il pane quotidiano, poiché ogni cosa necessaria alla vita temporale è prima di tutto un dono di Dio. Al tempo stesso, pero, il provvedere al "pane" è anche un compito per l'uomo, un compito affidato alla sua laboriosità e capacità di prevedere, alla sua intelligenza e buona volontà. Negli anni della giovinezza, l'uomo è chiamato a prepararsi a questo con lo studio e la formazione professionale. Egli infatti dovrà poi collaborare con la Divina Provvidenza ad assicurare quanto è necessario alla vita della propria famiglia, contribuendo così al bene della società ed al suo sano progresso, anche economico. La Chiesa ha sempre insegnato ed insegna che Dio è Provvidenza nei riguardi di tutto il mondo, ma vuole che anche l'uomo, usando della propria intelligenza, sia "provvidenza" a se stesso.

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8. "E rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori".

Questa domanda della Preghiera del Signore ha una molteplice applicazione: a partire da quella che essa trovo nella testimonianza di san Jan Sarkander. La sua morte fu profondamente pervasa dalla preghiera per ottenere il perdono di Dio ai suoi torturatori ed uccisori.

Il suo martirio acquista in tal modo una straordinaria eloquenza ecumenica: esso parla a tutti i cristiani separati a causa di tristi vicende storiche. Parla, da un lato, della responsabilità che essi hanno per il peccato della divisione, e della conseguente disgregazione di tanta parte della Chiesa; dall'altro, esso ricorda quanto sia importante la preghiera per la remissione delle colpe. Siamo infatti reciprocamente debitori gli uni nei riguardi degli altri.

Queste parole possiedono anche un enorme significato nella vita delle nazioni e delle società. Sono ricorso ad esse l'anno passato, a proposito del conflitto che purtroppo perdura nei Balcani, nel territorio della ex Iugoslavia.

So infatti per esperienza quale grande valore abbia avuto questa supplica per la riconciliazione tra la nazione polacca e quella tedesca: "Perdoniamo e chiediamo perdono!".

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9. L'ultima domanda del "Padre nostro" è la più concisa, ma in qualche modo la più toccante: "Non ci indurre in tentazione, ma liberaci dal male". Scaturisce dal profondo del cuore di Cristo e riecheggia nel cuore di tutta la Chiesa. Cristo infatti venne nel mondo come Salvatore. Tutta la sua missione messianica è stata una missione salvifica: curare le debolezze umane, guarire gli infermi, risuscitare i morti, liberare l'uomo dai molteplici mali e, in particolare, dal male del peccato e della morte eterna.

In questa domanda finale si esprime al tempo stesso la fede profonda che Dio è il bene e la fonte del bene, che Egli è Padre. E in tal modo la conclusione della Preghiera del Signore si ricollega alla sua prima invocazione: "Padre nostro...".

10. "Amen", infine, significa: così avvenga. E' quasi un raccogliere e riassumere tutta la preghiera in un unico "si". Anche noi, oggi, in questa grande assemblea di giovani convocata presso il Santuario di Svaty Kopecek, vogliamo presentare a Dio il nostro "si", il nostro "amen", in comunione con Cristo, con la Madre sua e con tutti i santi di questa terra.

Lo presenta insieme con noi la gioventù del mondo intero, come testimoniano gli innumerevoli incontri di questi anni, confluiti in un itinerario ormai ricco di tappe: le Giornate Mondiali della Gioventù e gli Incontri mondiali dei giovani col Papa, di cui l'ultimo si è svolto a Manila e il prossimo avverrà a Parigi nel 1997. In preparazione ravvicinata è, poi, il pellegrinaggio della gioventù europea al Santuario della Madonna di Loreto, previsto per il prossimo settembre. Oggi, inscriviamo nel grande pellegrinaggio dei giovani anche questo incontro di Olomouc.

Carissimi giovani della Repubblica Ceca, seguite Cristo! Portate la sua santa Croce, che ha redento il mondo: essa non è segno di sconfitta, ma di vittoria: è la vittoria dell'autentico amore, vittoria di Dio e dell'uomo in Cristo. Portatela con fierezza e coraggio, e troverete la pienezza della vita, la vita eterna, che colma di gioia il vostro cuore. Seguite Cristo, ascoltatelo e, con la guida di Maria, "fate quello che Egli vi dirà" (
Jn 2,5).

Data: 1995-05-21 Data estesa: Domenica 21 Maggio 1995

Telegramma al Cardinale Bernardin Gantin, Decano del Collegio Cardinalizio

Titolo: Il dolore del Santo Padre per la morte del Card. Agnelo Rossi

Appresa con emozione la notizia della pia dipartita del Venerato Cardinale Agnelo Rossi, Le porgo le mie sentite condoglianze per il lutto che ha colpito codesto Collegio Cardinalizio del quale egli fu Decano. Nel ricordarne con vivo e affettuoso rimpianto la profonda spiritualità, il generoso impegno pastorale, lo slancio nella evangelizzazione delle Comunità diocesane a lui affidate e la preziosa collaborazione nella Curia Romana, quale Prefetto della Congregazione per l'Evangelizzazione dei Popoli e Presidente dell'Amministrazione della Sede Apostolica, rendo grazie al Signore per aver donato alla Chiesa una così eminente figura di Sacerdote e di Vescovo zelante ed elevo al tempo stesso fervide preghiere perché accolga questo suo servo buono e fedele nel gaudio eterno, che ben merita chi, come lui, ha speso tutta la vita nella continua dedizione alla gloria di Dio e al bene delle anime, mentre invio a Lei ai Signori Cardinali ed a quanti condividono il dolore per la sua scomparsa la confortatrice Benedizione Apostolica, segno della mia intensa partecipazione al comune lutto.

IOANNES PAULUS PP. II Moreira Neves, Presidente della Conferenza Episcopale Brasiliana e all'Arcivescovo di Campinas, S.E. Mons. Gilberto Pereira Lopes. Analoghi telegrammi di cordoglio sono stati inviati dal Cardinale Segretario di Stato Angelo Sodano, e dal Sostituto della Segreteria di Stato Arcivescovo Giovanni Battista Re.]

Data: 1995-05-21 Data estesa: Domenica 21 Maggio 1995

Incontro ecumenico: l'auspicio formulato dal Santo Padre durante la breve visita alla comunità evangelico-luterana di Skoczow - Repubblica Ceca

Titolo: "Intensifichiamo gli sforzi affinché l'anno Duemila ci trovi meno divisi se non completamente riuniti"

La grazia del Signore nostro Gesù Cristo, l'amore di Dio Padre e la comunione dello Spirito Santo sia con tutti voi.

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1. Con queste parole saluto di tutto cuore voi, Fratelli e Sorelle della comunità della Chiesa evangelica-luterana, presenti qui con a capo PaweL Anweiler, Vescovo della Diocesi di Cieszyn, e con un gruppo di pastori. Vi ringrazio molto per questo incontro di preghiera. Programmando la visita nella Diocesi di Bielsko-Z\ywiec, sin dall'inizio ero consapevole che questo incontro non sarebbe potuto mancare.

Anche se esso è forzatamente molto breve, tuttavia il suo significato è estremamente importante. Esso costituisce infatti la testimonianza del nostro comune desiderio di cercare le vie opportune per la piena unità dei cristiani, conformemente alla volontà del nostro Maestro e Signore: "Perché tutti siano una sola cosa. Come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch'essi in noi una cosa sola, perché il mondo creda che tu mi hai mandato" (
Jn 17,21).

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2. La regione in cui ci troviamo, cioè la terra di Bielsko e la Slesia di Cieszyn, è conosciuta in Polonia come luogo di una particolare testimonianza ecumenica. Da tempo è il terreno di un'armoniosa convivenza tra i fedeli della Chiesa cattolica e quelli della Chiesa evangelica-luterana, e d'intenso dialogo ecumenico. Esso viene condotto qui con la profonda convinzione che c'è molto che ci unisce: ci unisce la comune fede in Cristo e la Patria comune. In occasione dell'odierno incontro, desidero esprimere la mia personale soddisfazione e gratitudine perché questo dialogo ecumenico si sviluppa e si approfondisce e trova espressione anche in varie forme di concreta collaborazione: sia a livello diocesano che nelle singole parrocchie.

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3. Parlando del dialogo ecumenico, è difficile non menzionare che la Polonia ha una ricca tradizione per quanto riguarda il dialogo che la Chiesa cattolica intrattiene sia con la Chiesa ortodossa che con le Chiese e le Comunità della Riforma. Mi sia consentito di ricordare soltanto un esempio. Una vera pietra miliare sul cammino ecumenico fu certamente il Colloquium Charitativum, cioè l'incontro dei rappresentanti dei cattolici, dei luterani e dei calvinisti di tutta l'Europa, convocato a Torun nel 1645 dal re polacco Ladislao IV.

L'iniziativa era partita dai Vescovi polacchi, e lo scopo dell'incontro fu la restaurazione dell'unità tra le Chiese partecipanti al Colloquium. Nell'anno corrente celebriamo il 350 di questo evento ecumenico estremamente importante.

Anche se non porto i risultati attesi, tuttavia, considerando i tempi, bisogna riconoscere che esso possedeva carattere pionieristico e fu per l'Europa, divisa da conflitti religiosi, un ammonimento importante: esso fece capire che la via verso l'unità è quella del dialogo e non quella della sopraffazione, come allora ritenevano, purtroppo, molti. L'idea della libertà di coscienza maturava con difficoltà nella consapevolezza europea. Furono necessarie molte vittime - da una parte e dall'altra - perché conquistasse il definitivo diritto di cittadinanza.

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4. I discepoli di Cristo oggi sempre più spesso guardano verso l'anno 2000. Questa è una data che ha una grande eloquenza per noi tutti. Ci induce prima di tutto alla preghiera di lode e di ringraziamento per il dono dell'Incarnazione del Figlio di Dio e per quello della Redenzione. Ma è anche un'occasione per un esame di coscienza. Nella Lettera apostolica Tertio millennio adveniente scrissi: "E' giusto pertanto che, mentre il secondo Millennio del cristianesimo volge al termine, la Chiesa si faccia carico con più viva consapevolezza del peccato dei suoi figli nel ricordo di tutte quelle circostanze in cui, nell'arco della storia, essi si sono allontanati dallo Spirito di Cristo e del suo Vangelo, offrendo al mondo, anziché la testimonianza di una vita ispirata ai valori della fede, lo spettacolo di modi di pensare e di agire che erano vere forme di antitestimonianza e di scandalo" (
TMA 33). Tra i peccati che esigono un particolare sforzo di penitenza e di conversione certamente vanno annoverati quelli che hanno intaccato l'unità della Chiesa di Cristo, "talora non senza colpa di uomini di entrambe le parti" (Decr. UR 3).

Oggi la Chiesa si sente sollecitata dal suo Maestro ad intensificare gli sforzi ecumenici, affinché l'anno 2000 ci trovi, se non completamente riuniti, almeno meno divisi. Pregheremo per questo con la Preghiera del Signore, che tra qualche istante reciteremo insieme. Padre nostro, venga il tuo regno: regno d'amore, d'unità e di pace! Nel concludere queste mie parole, ancora una volta ringrazio i presenti per aver resa possibile l'attuazione di questo incontro e saluto tutti cordialmente.

Data: 1995-05-22 Data estesa: Lunedi 22 Maggio 1995

Celebrazione eucaristica: l'omelia della Santa Messa in onore di S. Jan Sarkander, sulla spianata Kaplicowka di Skoczow - Repubblica Ceca

Titolo: "Oggi la Polonia ha urgente bisogno soprattutto di uomini di coscienza!"



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1. Sia lodato Gesù Cristo! Cari Fratelli e Sorelle! Ecco le parole di S. Paolo dalla seconda lettera ai Corinzi: "Portiamo sempre e dovunque nel nostro corpo la morte di Gesù, perché anche la vita di Gesù si manifesti nel nostro corpo" (cfr.
2Co 4,10).

Queste parole hanno un significato universale. Si riferiscono a tutti gli uomini, perché tutti sono stati redenti da Cristo e in tutti Egli continua la sua agonia, la sua morte e la sua resurrezione. In modo particolare, queste parole si riferiscono a tutti i battezzati, cioè a coloro che mediante il Battesimo sono stati immersi nella morte di Cristo, per partecipare in modo sacramentale alla sua resurrezione (cfr. Rm 6,3-4).

Oggi pero la Chiesa riferisce queste parole in modo particolare a san Jan Sarkander. Ieri mi è stato dato di compiere l'atto solenne della sua canonizzazione a Olomouc in Moravia. E' stato elevato all'onore degli altari insieme a santa Zdislava, il cui nome viene molto spesso scelto dai genitori per i loro figli e figlie anche in Polonia.

Oggi mi è dato di trovarmi a Skoczow, in Terra di Slesia, nel territorio della nuova diocesi di Bielsko-Z\ywiec. Fu proprio qui, a Skoczow, che venne al mondo san Jan Sarkander, sacerdote e martire, la cui vita fu legata sia alla Slesia di Cieszyn, sia alla vicina Olomouc in Moravia. perciò lo veneriamo come Patrono della Slesia e della Moravia. Subi la morte per martirio come parroco a Holeszow, nel difficile periodo del Dopo-Riforma, quando le società venivano governate secondo un principio disumano: "cuius regio eius religio". In virtù di tale principio i regnanti, violando i diritti fondamentali delle coscienze, imponevano con sopraffazione ai loro sudditi le proprie convinzioni religiose. Jan Sarkander sperimento l'incidenza operativa di tale principio sin dai primissimi anni della sua vita. La sperimento in modo particolare il giorno in cui gli fu dato di offrire la vita per Cristo. Egli resta come un testimone particolare di quell'epoca così difficile per la Chiesa e per il mondo.

Ed oggi Jan Sarkander si presenta davanti a noi come un nuovo Santo, un martire, che la Chiesa iscrive nel suo Martyrologium. Lo iscrive in modo particolare la Chiesa che è in Boemia e in Moravia, e la Chiesa che è in Polonia.

Ecco ancora uno di coloro di cui l'odierna liturgia parla con le espressioni di san Paolo: "Portiamo sempre e dovunque nel nostro corpo la morte di Gesù, perché anche la vita di Gesù si manifesti nel nostro corpo" (cfr. 2Co 4,10).

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2. In questo giorno, giorno della a solenne liturgia, che celebro il giorno dopo la canonizzazione di san Jan Sarkander, voglio salutare tutti i presenti, e specialmente voi, che siete suoi connazionali. Anche se dalla sua epoca ci separano quasi quattrocento anni, resta il fatto che egli fu figlio di questa stessa Terra di Slesia, e che qui, dopo la sua morte per martirio, la sua figura venne circondata da un culto speciale, prima di tutto a Skoczow.

Vedendovi qui riuniti così numerosi, guardo ancora una volta come Vescovo di Roma questa bella Terra di Slesia, che più volte mi fu dato di visitare nella mia giovinezza, e in seguito come sacerdote e Vescovo, e specialmente come Metropolita di Cracovia. Oggi saluto questa terra con particolare commozione, poiché in essa è iscritta anche la storia della mia famiglia, specialmente di quella di mio padre e del mio fratello maggiore.

E salutando questa terra, saluto anche la Chiesa, prima di tutto nella tua persona, Monsignor Taddeo, primo Pastore della diocesi di Bielsko-Z\ywiec, e nella persona del tuo Vescovo ausiliare, Monsignor Janusz. Sono contento che in così poco tempo dopo la erezione della diocesi di Belsko-Z\ywiec posso visitarla e proprio in una occasione così straordinaria. Saluto da qui tutta la Polonia e tutta la Chiesa in Polonia ed il Cardinale Primate. Saluto il Signor Cardinale Primate, come pure i Signori Cardinali, i Metropoliti - in particolare i Metropoliti di Cracovia, di Breslavia, di Katowice e di Czestochowa, e tutti i Vescovi delle Diocesi della Polonia. Saluto il Signor Cardinale di Praga, il Metropolita di Olomouc. Devo aggiungere che anche se oggi sono a Skoczow sono sempre il loro ospite e devo ancora ritornare da loro. Ritorno da loro volentieri stasera. Do il benvenuto a tutti i Vescovi di tutta la regione della Moravia, della Boemia e della Slovacchia e a tutti gli altri ospiti che sono venuti qui oggi. Non possiamo dimenticare, cari Fratelli, che un tempo, ancora nel secolo X, proprio attraverso la Porta Morava il Vangelo si introdusse nelle terre polacche: che per questa via giunse da noi sant'Adalberto, Vescovo di Praga, il quale, insieme a san Stanislao, Vescovo di Cracovia, è il principale Patrono della Polonia: entrambi, Vescovi e martiri, condividono tale protezione con la Madonna di Jasna Gora, Regina della Polonia.

Rivolgo il mio saluto anche al Signor Presidente della Repubblica della Polonia Lech WaLesa, qui presente insieme alla consorte, al Signor Primo Ministro, ai rappresentanti del Governo e ai rappresentanti delle autorità provinciali e cittadine di Bielsko-BiaLa e di Skoczow.

Infine mi rivolgo a tutti voi, miei connazionali, esprimendo la mia gioia perché, dopo quattro anni di lontananza, la Divina Provvidenza mi ha permesso nuovamente di trovarmi in mezzo a voi, nella dilettissima terra patria.

Questa volta (sono venuto) non a Varsavia, non a Cracovia, ma a Skoczow.

Forse bisognerà continuare a fare così. Non (andare) al centro, ma più vicino alle montagne e più vicino al mare.

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3. Gesù dice nel Vangelo di oggi: "Se hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi - se hanno osservato la mia parola, osserveranno anche la vostra...

Ricordatevi della parola che vi ho detto: Un servo non è più grande del suo padrone" (
Jn 15,20).

Jan Sarkander di Skoczow conosceva queste parole, le aveva lette più volte e forse le conosceva a memoria. Avevano accompagnato la sua vita sin dalla prima giovinezza e poi sul cammino della vocazione sacerdotale, come parroco. Esse risuonarono sicuramente con forza particolare nella sua coscienza, quando si trovo faccia a faccia col martirio e dovette dare la vita per il suo gregge, a somiglianza di Cristo.

Il martirio - un corpo umano martoriato, il corpo di un sacerdote - di un parroco, sottoposto a prove, a torture, annientato fino alla morte...

Cari Fratelli e Sorelle! La testimonianza dei martiri è sempre per noi una sfida, ci provoca, ci costringe a riflettere. Di fronte a chi preferisce dare la vita piuttosto che tradire la voce della propria coscienza si può provare ammirazione oppure odio, ma certamente non si può restare indifferenti. I martiri hanno tante cose da dirci; innanzitutto pero essi ci interpellano circa lo stato delle nostre coscienze, interpellano ciascuno circa la fedeltà alla propria coscienza. La coscienza... Il Concilio Vaticano II chiama la coscienza "il nucleo più segreto e il sacrario dell'uomo" e spiega: "Nell'intimo della coscienza l'uomo scopre una legge che non è lui a darsi, ma alla quale invece deve obbedire. Questa voce, che lo chiama sempre ad amare, a fare il bene e a fuggire il male, al momento opportuno risuona nell'intimità del cuore: fa' questo, evita quest'altro" (GS 16).

Come si vede dal testo citato, la coscienza è per ogni uomo una questione di essenziale importanza. E' la nostra guida interiore ed è anche il giudice dei nostri atti. Quanto è importante, dunque, che le nostre coscienze siano rette, che esprimano giudizi basati sulla verità, che chiamino il bene bene, e il male male, che sappiano - secondo le parole dell'Apostolo - "discernere la volontà di Dio, ciò che è buono, a lui gradito e perfetto" (Rm 12,2).

La nostra Patria si trova oggi dinanzi a numerosi, difficili problemi sociali, economici ed anche politici. Bisogna risolverli con saggezza e perseveranza. Più importante di tutti rimane tuttavia il problema di un giusto ordine morale. Questo ordine è fondamento della vita di ogni uomo e di ogni società. perciò oggi la Polonia ha urgente bisogno soprattutto di uomini di coscienza! Essere un uomo di coscienza vuol dire, prima di tutto, obbedire in ogni situazione alla propria coscienza e non far tacere la sua voce dentro di sé, anche se a volte è voce severa ed esigente; vuol dire impegnarsi nel bene e moltiplicarlo in sé ed intorno a sé, e vuol dire anche mai cedere al male, nello spirito delle parole di san Paolo: "Non lasciarti vincere dal male, ma vinci con il bene il male" (Rm 12,21). Essere un uomo di coscienza vuol dire essere esigenti con se stessi, rialzarsi dalle proprie cadute, sempre nuovamente convertirsi.

Essere un uomo di coscienza vuol dire impegnarsi nell'edificazione del Regno di Dio - Regno di verità e di vita, di giustizia, d'amore e di pace - nelle nostre famiglie, nelle comunità in cui viviamo e in tutta la Patria; vuol dire anche assumersi con coraggio la responsabilità per le cose pubbliche; vuol dire essere solleciti per il bene comune e non chiudere gli occhi alle miserie e alle necessità del prossimo, in spirito di solidarietà evangelica: "Portate i pesi gli uni degli altri" (Ga 6,2). Ricordo di aver detto queste parole a Danzica durante la visita a Zaspa nel 1987.

Il nostro XX secolo è stato un periodo di particolari violenze inflitte alle coscienze umane. Nel nome delle ideologie totalitarie milioni di persone sono state costrette ad azioni in disaccordo con le loro più profonde convinzioni.

Esperienze eccezionalmente dolorose sotto questo aspetto ha vissuto tutta l'Europa centro-orientale. Ricordiamo questo periodo di soggiogamento delle coscienze, periodo di disprezzo per la dignità dell'uomo, periodo di sofferenze di tanti uomini innocenti, che decisero di rimanere fedeli alle proprie convinzioni.

Ricordiamo l'eminente ruolo svolto in quei tempi difficili dalla Chiesa a difesa dei diritti della coscienza, e non soltanto a vantaggio dei credenti.

In quegli anni ci domandavamo spesso: può la storia andare contro la corrente delle coscienze? A quale prezzo lo "può"? Insisto: a quale prezzo?...

Questo prezzo sono purtroppo le profonde ferite nel tessuto morale della Nazione, e prima di tutto nelle anime dei Polacchi, ferite non rimarginate, che dovranno essere curare per lungo tempo ancora.

Quei tempi, tempi di grande prova per le coscienze devono essere ricordati, poiché costituiscono per noi un avvertimento e un'esortazione alla vigilanza sempre attuali: affinché le coscienze dei polacchi non cedano alla demoralizzazione, affinché non si arrendano alle correnti del permissivismo morale, affinché sappiano scoprire il carattere liberatorio dell'insegnamento evangelico e dei comandamenti di Dio, affinché sappiano operare delle scelte, memori dell'avvertimento di Cristo: "Che giova infatti all'uomo guadagnare il mondo intero, se poi perde la propria anima? E che cosa potrebbe mai dare un uomo in cambio della propria anima?" (Mc 8,36-37).

Nonostante le apparenze, i diritti della coscienza vanno difesi anche oggi. Sotto l'insegna della tolleranza si diffonde, spesso, nella vita pubblica e nei mezzi di comunicazione di massa un'intolleranza forte, forse sempre più forte.

I credenti lo risentono dolorosamente. Essi avvertono crescenti tendenze alla loro emarginazione nella vita sociale: si deride, a volte, e si schernisce ciò che per loro è più sacro. Queste forme di ritornante discriminazione destano inquietudine e devono fare molto pensare.

Fratelli e Sorelle! Il tempo di prova per le coscienze dei polacchi continua! Dovete essere forti nella fede! Oggi, mentre lottate per una nuova forma della vostra vita sociale e dello Stato, non dimenticate che essa dipende prima di tutto da come sarà l'uomo, da come sarà la sua coscienza. perciò innalziamo il nostro grido di preghiera: "Vieni, Santo Spirito... vieni, Luce dei cuori...

Lava ciò che è sordido, bagna ciò che è arido...

scalda ciò che è gelido, drizza ciò che è sviato...".

Vieni, Luce delle coscienze!

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4. "Stat crux dum volvitur orbis".

Sulle vie delle coscienze degli uomini, a volte tanto difficili e tanto ingarbugliate, Dio ha posto una grande "segnalazione stradale", che conferisce il senso definitivo e la direzione alla vita umana. E' la Croce del nostro Signore Gesù Cristo.

Nessuno come i martiri ha approfondito il mistero della Croce di Cristo.

Nella loro vita il mistero della Croce e della sua potenza si manifesta in un modo particolarmente leggibile ad ogni uomo. Non è dunque a caso che, venerando il Martire di Skoczow, san Jan Sarkander, ci raduniamo oggi sotto la Croce. E questa è una Croce particolare, testimone del memorabile incontro del Papa con il Popolo di Dio della Slesia nell'anno 1983. E' eloquente questo segno di continuità. E' eloquente anche il fatto che sono proprio le croci a diventare quasi delle pietre miliari nei percorsi dei pellegrinaggi papali.

Sii salutata, o Croce di Cristo! La Croce di Cristo è il segno della nostra salvezza, il segno della nostra fede e il segno della nostra speranza. Scrive san Paolo: "Noi predichiamo Cristo crocifisso, scandalo per i Giudei, stoltezza per i pagani; ma per coloro che sono chiamati... potenza di Dio e sapienza di Dio" (
1Co 1,23-24).

La Croce ci ricorda il prezzo della nostra salvezza. Dice quale grande valore ha l'uomo agli occhi di Dio - ogni uomo! - se Dio l'ha amato fino alla croce: "Dopo aver amato i suoi che erano nel mondo, li amo sino alla fine" (Jn 13,1). Quanto ci dice questo "sino alla fine"! così ama Dio, Egli ama l'uomo "sino alla fine". Prova di ciò è proprio la Croce di Cristo. Si può rimanere indifferenti di fronte ad una tale prova d'amore? Cari Fratelli e Sorelle! Nella nostra terra polacca la Croce ha la sua lunga storia, ormai ultramillenaria. E' la storia della salvezza che si è venuta iscrivendo in quella della grande comunità umana che è la Nazione. Lungo i secoli, nei periodi di prove molto dure, la Nazione ha cercato e trovato la forza per sopravvivere e per alzarsi dalle storiche sconfitte proprio in essa, nella Croce di Cristo! E mai è stata delusa! E' stata forte della forza e della sapienza della Croce! Si può dimenticarlo? In questo momento mi vengono alla memoria le parole che dissi nel BLonia Krakowskie durante il mio primo pellegrinaggio in Polonia, nel 1979. Sedici anni sono passati da quel momento e l'attualità di quelle parole sempre aumenta. Dicevo allora: "Si può rifiutare Cristo e tutto ciò che Egli ha portato nella storia dell'uomo? Egli! Certamente si può. L'uomo è libero. L'uomo può dire a Cristo: no.

Ma rimane la domanda fondamentale: è lecito farlo? e nel nome di che cosa è lecito? Quale argomento razionale, quale valore della volontà e del cuore puoi tu mettere dinanzi a te stesso, al prossimo, ai connazionali e alla nazione, per respingere, per dire "no" a ciò di cui tutti abbiamo vissuto per mille anni? A ciò che ha creato ed ha sempre costituito le basi della nostra identità?".

Oggi, mentre la Polonia getta le basi per la sua esistenza libera e sovrana, dopo tanti anni di esperienze di totalitarismo, bisogna ricordare queste parole. Dopo sedici anni occorre, alla luce di esse, fare un profondo esame di coscienza: Dove andiamo? In quale direzione vanno le coscienze? Cari Fratelli e Sorelle, cari connazionali! Su questa grande svolta della storia patria, quando si decide la futura forma della nostra Repubblica, il Papa, vostro connazionale, non si stanca di chiedervi di accogliere nuovamente con fede e amore quest'eredità della Croce di Cristo. Che di nuovo, in modo libero e maturo, scegliate la Croce di Cristo, come la scelse una volta san Jan Sarkander e tanti altri santi e martiri. Che vi assumiate la responsabilità della presenza della Croce nella vita di ciascuno e di ciascuna di voi, nella vita delle vostre famiglie e nella vita di questa grande Comunità che è la Polonia. Difendetela! L'Apostolo infatti dice: "Abbiamo questo tesoro in vasi di creta" (2Co 4,7).

Cristo attende la nostra risposta...

Quale risposta darà a Cristo la Polonia oggi, alla soglia del Grande Giubileo dell'Anno 2000?...

Ecco le parole di un canto della Quaresima: "Signore, tu vedi che non temo la croce, Signore, tu vedi che non mi vergogno della croce.

Bacio la tua croce, mi inginocchio davanti ad essa, Perché su questa croce vedo il mio Dio..." (Canto polacco).

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5. "Noi ti lodiamo, Dio, ti proclamiamo Signore... Ti acclama... la candida schiera dei martiri".

Sono parole dell'inno Te Deum. Ricordiamo ancora quel grande Te Deum del Millennio del Battesimo della Polonia, che quasi trent'anni fa risuonava nella nostra terra patria, dall'Ovest all'Est e dal Baltico fino ai Tatra. Oggi esso si fa sentire qui a Skoczow. Si fa sentire come un inno di ringraziamento per il santo martire Jan Sarkander, il quale proprio da questa terra di Slesia è salito alla gloria degli altari.

Ed ecco, si presenta davanti a noi, al termine di questa meditazione, il Cristo dell'Apocalisse di san Giovanni, il Cristo Buon Pastore ed insieme il Cristo Agnello di Dio, che ha dato la sua vita per il suo gregge (cfr.
Ap 7,9-14).

Quel Cristo è stato il Maestro di Jan Sarkander! E' stato lui ad insegnargli a dare la vita per il suo gregge. Ed ora riceve il suo fedele discepolo nel mistero della comunione dei Santi. Lo abbraccia con l'eterna luce della comunione con il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo - faccia a faccia. Lo conduce alle più profonde fonti della vita. E noi, che partecipiamo a questa Eucaristia, a questo solenne ringraziamento per il dono della sua canonizzazione, desideriamo arrivare alle stesse fonti di vita, guardando al suo esempio e fidando nella sua intercessione.

Amen.

Data: 1995-05-22 Data estesa: Lunedi 22 Maggio 1995


GPII 1995 Insegnamenti 906