GPII 1995 Insegnamenti 944

Udienza: Giovanni Paolo II ad una Delegazione ufficiale della Repubblica di Bulgaria - Città del Vaticano

Titolo: I Santi che servirono l'unità della Chiesa

Signor Ministro della Cultura! Distinti Signori e cari Fratelli!

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1. Rivolgo il mio più cordiale benvenuto a voi, componenti la delegazione ufficiale della Bulgaria, che, ogni anno, secondo una consuetudine ormai consolidata e di grande valore spirituale ed ecumenico, viene a Roma per celebrare con solennità la festa degli evangelizzatori dei popoli slavi, i Santi Cirillo e Metodio. Gli stretti legami spirituali che tali popoli mantengono con i due Fratelli di Tessalonica, da me proclamati co-patroni d'Europa assieme a San Benedetto, ispirano la Chiesa e la Nazione bulgara ad unirsi in questo pellegrinaggio annuale, che porta a Roma i suoi rappresentanti e che pone in luce come il messaggio di Cirillo e Metodio, profondamente radicato nella coscienza delle Nazioni slave, costituisca il modello esemplare che orienta verso l'unità ecclesiale e l'intesa civile.

Ho scritto recentemente che la communio Sanctorum parla ai popoli con voce più alta dei fattori di divisione (cfr. Lettera Apostolica
TMA 37). Alle soglie del terzo millennio, siamo incoraggiati a leggere più attentamente i segni dei tempi: ci sta dinanzi l'ecumenismo dei martiri e dei santi, la testimonianza, cioè, di tanti figli e figlie delle varie Chiese e Comunità ecclesiali, il cui esempio è già patrimonio condiviso da tutti i cristiani. A maggior ragione Cirillo e Metodio meritano una rilettura nell'ottica del nuovo millennio. Essi sono Santi del periodo della nostra comune storia. La loro vita e la loro opera appartengono ad un'epoca nella quale non si era ancora consumata la frattura fra l'Oriente e l'Occidente cristiano. Le situazioni di contrasto, che andavano crescendo con la loro carica di potenziali ambiguità e di dolorose complessità, lasciavano già indovinare l'allontanamento tra la cristianità orientale e quella occidentale. Cirillo e Metodio pagarono un prezzo molto alto per aver voluto, fino in fondo, servire il bene delle genti slave e l'unità della Chiesa universale (cfr. Ep. Enc. Slavorum Apostoli, n. 10).

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2. Alle soglie del terzo millennio, l'esempio dei Santi Fratelli di Tessalonica, non può non ispirare ancora più profondamente ai credenti ed agli uomini di buona volontà intenti di mutua comprensione e di fraterna intesa. Cirillo e Metodio seppero tradurre le verità evangeliche in una lingua nuova e contribuirono così, come opportunamente ha ricordato poc'anzi l'Onorevole Ministro, allo sviluppo della cultura dei popoli slavi e del mondo intero.

Possa questo retaggio di santità, che Cirillo e Metodio hanno per sempre stabilito e che salda insieme l'Oriente e l'Occidente cristiano, infondere in ciascuno di noi il desiderio più ardente dell'unità tra la Chiesa Cattolica e le Chiese Ortodosse. Il loro esempio ci spinge a percorrere ogni strada per approfondire le relazioni, la collaborazione, la fiducia, il dialogo teologico e il dialogo della carità. La nostra testimonianza di unità davanti al mondo non potrà che recare vantaggio alla compagine civile, contribuendo all'edificazione di una società più umana, più giusta, più armonica.

Porgo, per il vostro tramite, il mio saluto al popolo bulgaro e alle sue Autorità ed i miei più fervidi auguri di prosperità e di pace. Vi incarico anche di trasmettere i miei sentimenti di carità fraterna al Patriarca di Bulgaria, Sua Beatitudine Maxime ed alla antica e nobile Chiesa di Sofia.

Data: 1995-05-23 Data estesa: Martedi 23 Maggio 1995







Udienza: il discorso del Santo Padre ai Vescovi della Conferenza Episcopale Italiana riuniti nell'Aula del Sinodo

Titolo: "Noi riaffermiamo l'impegno del servizio al popolo italiano, grande nelle sue tradizioni religiose ed insieme bisognoso di sentire di nuovo il Vangelo di sempre"



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1. A Gesù Cristo, "il testimone fedele, il primogenito dei morti e il principe dei re della terra", a Lui "che ci ama e ci ha liberati dai nostri peccati con il suo sangue, che ha fatto di noi un regno di sacerdoti per il suo Dio e Padre, la gloria e la potenza nei secoli dei secoli. Amen" (
Ap 1,5-6).

Carissimi Fratelli nell'episcopato, la lode al Cristo risorto sale dai nostri cuori e risuona sulle nostre labbra, nella gioia di questo rinnovato incontro. Il mistero dell'Ascensione del Signore che la liturgia ci invita oggi a contemplare, arricchisce di significati profondi il saluto con cui intendo manifestare il mio grande affetto verso le Chiese che sono in Italia e che voi qui rappresentate. Guardando Gesù che sale a prendere il suo posto accanto al Padre, noi riaffermiamo l'impegno del servizio al popolo italiano, grande nelle sue tradizioni religiose ed insieme bisognoso di sentire di nuovo il Vangelo di sempre.

Ma come è possibile questo? Quali sono le vie che la Provvidenza sta aprendo alle nostre comunità ecclesiali in Italia, in questo "tertio millennio adveniente"? A quali scelte di fedeltà e di coraggio creativo ci chiama Colui che dice: "Ecco, io faccio nuove tutte le cose" (Ap 21,5)? In questi giorni, la vostra Assemblea s'è posta in ascolto di "ciò che lo Spirito dice alle Chiese" (Ap 2,7) sulle sfide della nuova evangelizzazione e sta ora cercando di concretizzare le linee operative opportune per un'efficace azione pastorale.

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2. Indicazioni illuminanti al riguardo possono essere tratte dall'esperienza delle prime comunità cristiane. In questo tempo pasquale la liturgia, attraverso le pagine della Scrittura, ci presenta alcuni momenti significativi della loro esistenza, rilevandone il costante riferimento agli eventi pasquali. In particolare, essa ci riporta all'effusione rinnovatrice dello Spirito ed ai momenti essenziali e qualificanti dell'ascolto della Parola dalla bocca degli Apostoli, della frazione del Pane nell'Eucaristia, della vita di comunione e della diaconia della carità (cfr.
Ac 2,42-48). Questo stile di vita, permeato di "letizia e di semplicità di cuore" (Ac 2,46), ha in sé quella carica missionaria che si sprigiona irresistibilmente dalla risurrezione di Gesù. Scrive infatti Luca: "Con grande forza gli apostoli rendevano testimonianza della risurrezione del Signore Gesù e tutti essi godevano di grande simpatia" (Ac 4,33), anzi tutta la comunità cristiana godeva della "simpatia di tutto il popolo" (Ac 2,47). Non a caso l'evangelista può annotare: "Intanto il Signore ogni giorno aggiungeva alla comunità quelli che erano salvati" (Ac 2,48).

E' dono dello Spirito e compito che Egli ci affida celebrare oggi la Risurrezione non solo nel rito liturgico, ma anche mostrando al mondo che ci circonda - come allora fecero gli Apostoli e i primi fedeli - segni concreti di risurrezione, ossia comunità che, proprio incontrando nella Parola e nel Pane la presenza di Gesù risorto, operano per diffonderne il messaggio nel mondo, contribuendo anche alla crescita di una nuova società, strutturata secondo le esigenze dell'amore.

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3. Il ricordo di ciò che avvenne all'inizio della Chiesa non deve, tuttavia, indurci ad un ripiegamento nostalgico sull'opera allora compiuta dal Signore. Esso deve piuttosto impegnarci a riconoscerlo e ad incontrarlo nel presente come "Colui che era, che è e che viene" (
Ap 1,8), perché "Gesù Cristo è lo stesso ieri, oggi e sempre!" (He 13,8).

Il traguardo spirituale del grande Giubileo, che non può non segnare in profondità il lavoro pastorale della Chiesa in Italia, richiama, come ho scritto nella Lettera Tertio Millennio adveniente, "il compito urgente di offrire nuovamente agli uomini e alle donne dell'Europa il messaggio liberante del Vangelo" (TMA 57).

Fate dunque bene a riflettere da Pastori sul rapporto fede-cultura, giacché è proprio della cultura essere uno dei "luoghi" caratteristici in cui il Verbo si fa presente e operante in mezzo a noi. E quali e quanti siano i bisogni e le urgenze, le difficoltà e le resistenze, ma anche le sensibilità e le disponibilità per un rinnovamento culturale di questa società italiana, è a tutti voi ben noto. Urge riproporre all'uomo di oggi la piena verità su se stesso, quella che risiede nella sua natura di essere creato ad immagine di Dio e chiamato perciò a trovare in Lui soltanto piena risposta alla fame e alla sete di libertà e di solidarietà presenti nel suo cuore. Possa il vostro impegno episcopale esprimersi con unità di intenti, coraggio di decisione, fiducia illimitata in Dio e cordiale dialogo con le persone del nostro tempo!

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4. Mi rallegro, a questo proposito, per la pubblicazione da parte della CEI del Catechismo degli adulti: La verità vi farà liberi. Il testo, attento e fedele alle indicazioni del Catechismo della Chiesa Cattolica, fondamento e "punto di riferimento per i catechismi e compendi che vengono preparati nei diversi paesi" (
CEC 11), costituisce un prezioso e valido strumento per l'inculturazione della fede in Italia.

La corale partecipazione di tutto l'Episcopato al lungo cammino della sua redazione e l'approvazione della Santa Sede gli conferiscono singolare autorevolezza. Esso, pertanto, s'impone, unitamente e in modo coordinato con il Catechismo della Chiesa Cattolica, a tutte le comunità ecclesiali in Italia come libro della fede per gli adulti. Condivido con voi l'auspicio che il nuovo volume costituisca un valido sussidio per la catechesi degli adulti, e più in generale per la loro formazione: resta questa, infatti, la preoccupazione primaria e centrale dell'impegno pastorale in ogni epoca.

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5. Tra gli avvenimenti più rilevanti della Chiesa italiana in questo 1995 si colloca certamente il prossimo Convegno ecclesiale di Palermo. Giustamente voi gli attribuite grande importanza, e vi sforzate di sensibilizzare alle problematiche che esso affronterà tutte le comunità cristiane ed anzi, in certo modo, tutto il Paese. I Convegni ecclesiali hanno scandito le varie fasi del progetto pastorale che, a partire dagli anni '70, vede impegnata la Chiesa in Italia. Ora, a Palermo, avete il fondamentale obiettivo di ridefinire, con la grazia dello Spirito del Risorto, l'identità e la presenza della Chiesa nell'attuale contesto storico italiano. Il tema scelto, "Il Vangelo della carità per una nuova società in Italia", è prospettiva di grande respiro, che bene esplicita e incarna nella situazione italiana quell'Evangelium vitae che ho voluto riproporre ai cristiani e ad ogni uomo di buona volontà.

In particolare, merita di essere sottolineato il rapporto tra le esigenze della libertà, l'affermazione della giustizia e la ricerca della solidarietà, su cui voi intendete insistere vedendovi un dono ed un'esigenza del Vangelo della carità. Il primo atto della solidarietà cristiana, infatti, sta nel riconoscere a ciascuno la sua dignità di uomo e di figlio di Dio, secondo i suoi diritti e doveri. Libertà e giustizia, d'altra parte, richiedono l'esercizio di una effettiva e generosa solidarietà, così che i diritti e i doveri di tutti possano essere rispettati.

A Dio piacendo, avro la gioia di essere con voi a Palermo. Intanto, in questa come in ogni altra esperienza di Chiesa, non possiamo non affidarci allo Spirito Santo, perché apra mente e cuore di ciascuno infondendo il discernimento e il coraggio necessari per cogliere la volontà di Dio nel momento presente. A questo scopo mira la preghiera espressamente composta per il Convegno di Palermo.

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6. Il riferimento alla preghiera ci rammenta che la storia della salvezza è anche storia della preghiera. così è stato già nell'antico Testamento per le grandi figure del popolo eletto, dai patriarchi a Mosè ed ai profeti. così è stato anche nel Nuovo Testamento, per Maria, per Pietro, per Paolo, per l'intera comunità dei tempi apostolici.

Il Grande Giubileo, che confessa e celebra l'ingresso del Figlio di Dio nel tempo "propter nos homines et propter nostram salutem", è per se stesso un invito a ripercorrere nella preghiera i diversi momenti del mistero della salvezza, deciso dall'amore del Padre, attuato nel sacrificio generoso del Figlio, reso perennemente operante mediante l'effusione dello Spirito.

Qui in Italia, poi, il cammino della Chiesa durante lo scorso anno è stato accompagnato dalla "grande preghiera" del popolo di Dio. Questa esperienza deve continuare, perché molte incognite permangono e le difficoltà sono tutt'altro che superate. Più volte ho avuto occasione di esprimere la mia ammirazione per le tante qualità del popolo italiano e per la ricchezza del suo patrimonio civile e religioso. Oggi, di fronte alle difficoltà economiche, sociali e politiche che il Paese attraversa, esprimo il mio cordiale incoraggiamento e nello spirito della "Grande Preghiera", sottolineo ancora una volta quanto prezioso sia l'apporto dei valori cristiani per l'edificazione di una società veramente degna dell'uomo. Per una proposta convincente del messaggio evangelico nel mondo di oggi è, pero, necessario che ciascun membro del popolo di Dio ricuperi e mantenga una solida spiritualità così da discernere in chiave evangelica i segni del bene e del male ed avere forza interiore sufficiente per affrontare senza paure le situazioni inedite e le diverse sfide che il mondo contemporaneo presenta. Solo così sarà possibile proporre in maniera incisiva il "Vangelo della vita" ottenendo sui valori fondamentali il consenso e la collaborazione anche di chi non condivide la stessa visione di fede. "Il popolo della vita - ho scritto nella recente Enciclica - gioisce di poter condividere con tanti altri il suo impegno, così che sempre più numeroso sia "il popolo per la vita" e la nuova cultura dell'amore e della solidarietà possa crescere per il vero bene della città degli uomini" (
EV 101). Nel cuore di questa "Grande Preghiera", accanto e di fronte a noi incontriamo Maria, protagonista silenziosa ed efficace dello schiudersi del terzo millennio, come lo fu degli inizi del primo.

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7. Non posso tralasciare di ricordare che in questa Assemblea Generale siete chiamati a svolgere - secondo lo statuto della CEI - gli impegni di avvicendamento delle responsabilità e dunque la nomina di quanti svolgeranno un compito nei diversi organismi. Mentre esprimo viva riconoscenza al Presidente della Conferenza Episcopale, Cardinale Camillo Ruini, per la dedizione e la saggezza con cui svolge il suo impegnativo compito, ringrazio tutti coloro che ora concludono il loro mandato ed in particolare esprimo grato apprezzamento ai due Vicepresidenti uscenti, i Cardinali Silvano Piovanelli e Giovanni Saldarini, come pure ai Presidenti ed ai Membri delle diverse Commissioni. Un vivo ringraziamento rivolgo al Segretario Generale, Monsignor Dionigi Tettamanzi, ora chiamato ad esercitare il suo servizio pastorale nella Arcidiocesi di Genova, e con lui mi congratulo per la nomina a Vicepresidente; nomina che egli condivide con Monsignor Alberto Ablondi, al quale pure vanno le mie felicitazioni e i miei auguri.

Con affetto saluto il nuovo Segretario Generale, Monsignor Ennio Antonelli, finora Arcivescovo di Perugia, incoraggiandolo a mettere le proprie doti umane e pastorali a piena disposizione della Conferenza Episcopale Italiana.

Porgo infine voti augurali anche ai nuovi Presidenti delle Commissioni Episcopali per il servizio che si apprestano ad offrire alle Chiese che sono in Italia.

Vedo nel rinnovamento di tali periodici incarichi un'opportuna occasione per approfondire la coscienza della comunione episcopale ed il senso di servizio che ogni Vescovo deve coltivare anche verso le porzioni del Popolo di Dio affidate agli altri Pastori. Il vincolo di unità sentita ed operosa, che in tale modo traspare, riveste un valore esemplare, che si rivela tanto più utile quanto maggiore è la frammentazione sociale e culturale del contesto in cui viviamo.

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8. Le scelte pastorali a cui vi siete impegnati sono esigenti. Non mancheranno, certo, le difficoltà nel servire il Vangelo in un mondo non di rado sordo o indifferente al dono di Gesù Cristo. Abbiamo bisogno tutti di una grande fede, tanto intraprendente quanto paziente e tranquilla (cfr. Ps 130(131],2-3).

Il Cristo dell'Apocalisse, icona biblica che guida il cammino delle Chiese in Italia verso il Convegno ecclesiale di Palermo, è per tutti noi certezza di vittoria, splendore di luce che viene ad abbattere le tenebre del mondo. In Cristo confermiamo la nostra fede e insieme lo invochiamo: "Amen. Vieni, Signore Gesù. La grazia del Signore Gesù sia con tutti voi. Amen" (
Ap 22,20).

Con tali sentimenti ed auspici, benedico di cuore ciascuno di voi e quanti sono affidati alle vostre cure pastorali.

Data: 1995-05-25 Data estesa: Giovedi 25 Maggio 1995

Messaggio al Segretario Generale della IV Conferenza dell'ONU

Titolo: Occorre una reale visione della dignità della donna

Alla Signora Gertrude Mongella Segretario Generale della IV Conferenza Mondiale delle Nazioni Unite sulla Donna

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1. E per me un vero piacere darLe il benvenuto in Vaticano in questo momento che vede Lei e i Suoi collaboratori impegnati alla preparazione della IV Conferenza Mondiale delle Nazioni Unite sulla Donna che si terrà, in settembre, a Pechino. In quella occasione l'attenzione della comunità internazionale sarà concentrata su importanti e pressanti questioni riguardanti la dignità, il ruolo e i diritti della donna. La Sua visita mi offre la possibilità di esprimere profondo apprezzamento per gli sforzi da Lei compiuti perché la Conferenza sul tema "Azione per l'eguaglianza, lo sviluppo e la pace", sia occasione di una serena ed obiettiva riflessione su questi traguardi fondamentali e sul ruolo della donna nel loro raggiungimento.

La Conferenza ha suscitato grande attesa in ampi settori dell'opinione pubblica. Consapevole di cosa questo significhi per il benessere di milioni di donne in tutto il mondo, la Santa Sede, come Lei ben sa, ha attivamente partecipato agli incontri preparatori e locali che hanno preceduto questa Conferenza. In tal modo la Santa Sede ha esaminato questioni locali e generali di particolare interesse per le donne non solo con le altre delegazioni e organizzazioni, ma soprattutto con le donne stesse. La delegazione della Santa Sede, per lo più composta da donne, ha ascoltato con sincero interesse e apprezzamento le speranze e i timori, le preoccupazioni e le richieste delle donne di tutto il mondo.

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2. Se si vuole che le soluzioni alle problematiche e alle questioni sollevate dalla Conferenza siano concrete e durature è necessario che queste siano fondate sul riconoscimento dell'intrinseca e dell'inalienabile dignità della donna e dell'importanza della sua presenza e partecipazione in tutti gli ambiti della vita sociale. La buona riuscita della Conferenza dipenderà dalla capacità di fornire o meno una reale visione della dignità e delle aspirazioni della donna, una visione in grado di ispirare e sostenere risposte obiettive e realistiche alle sofferenze, alle lotte e alle frustrazioni che continuano a essere presenti nella vita di troppe donne.

Infatti, il riconoscimento della dignità di ogni essere umano è fondamento e sostegno dell'idea di diritti umani universali. Per i credenti, questa dignità e i diritti che da essa originano sono saldamente fondati nella verità della creazione dell'essere umano a immagine e somiglianza di Dio. La Carta delle Nazioni Unite fa riferimento a questa dignità quando riconosce la parità dei diritti di uomini e donne (cfr. Preambolo, par. 2), un concetto fondamentale in quasi tutti i documenti sui diritti umani. Se le potenzialità e le aspirazioni di molte delle donne nel mondo non si sono realizzate si deve in gran parte al fatto che i loro diritti umani, così come riconosciuto da questi documenti, non vengono sostenuti. In questo senso la Conferenza può lanciare il dovuto appello e invitare governi e organizzazioni a operare concretamente per assicurare la garanzia legale della dignità e dei diritti della donna.

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3. Come molte donne rivendicano, parità di dignità non significa "essere la stessa cosa dell'uomo". Questo porterebbe solo a un impoverimento della donna e di tutta la società, con la deformazione o la perdita di quella ricchezza unica e di quel valore propri della femminilità. Nella visione della Chiesa, uomini e donne sono stati chiamati dal Creatore a vivere in profonda comunione tra loro, nella reciproca conoscenza e nel reciproco dono di sé, perché operassero insieme per il bene comune con le loro caratteristiche complementari dell'elemento maschile e di quello femminile.

Allo stesso tempo non bisogna dimenticare che, a livello personale, la dignità di ciascuno non rappresenta il risultato dell'affermazione dei diritti sul piano giuridico e internazionale, ma la conseguenza naturale di concrete cure materiali, emotive e spirituali ricevute in seno alla propria famiglia. Nessuna risposta alle problematiche femminili può ignorare il ruolo della donna nella famiglia o sottovalutare il fatto che ogni nuova vita è totalmente affidata alla protezione e alle cure della donna che la porta in grembo (cfr. Lettera Enciclica
EV 58). Perché questo ordine naturale delle cose venga rispettato è necessario combattere l'errata opinione che il ruolo di madre sia per le donne oppressivo e che dedicarsi alla famiglia, e soprattutto ai suoi figli, impedisca alla donna di raggiungere una realizzazione personale e alle donne in generale di avere una loro importanza nella società. Far sentire una donna colpevole perché desidera rimanere in casa e allevare e curare i propri figli significa rendere un cattivo servizio non solo ai bambini, ma anche alle donne e alla stessa società. La presenza della madre nella famiglia, così importante per la stabilità e la crescita dell'unità fondamentale della società, dovrebbe invece essere riconosciuta, plaudita e sostenuta in ogni modo possibile. Per lo stesso motivo è necessario che la società richiami i mariti e i padri alle loro responsabilità familiari, cercando di creare condizioni in cui non siano costretti dalla situazione economica ad allontanarsi da casa in cerca di lavoro.

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4. Nel mondo d'oggi, inoltre, quando i bambini fanno esperienza di situazioni tragiche che non solo minacciano il loro sviluppo futuro, ma la loro stessa vita, è assolutamente necessario ristabilire e riaffermare quella sicurezza che genitori, madre e padre, responsabili possono offrire nel contesto della famiglia.

I bambini hanno bisogno dell'ambiente positivo di una vita familiare stabile che assicuri il loro sviluppo verso la maturità di uomini e dove le ragazze abbiano gli stessi diritti dei ragazzi. La Chiesa ha nel corso della storia dimostrato, con le parole e con i fatti, quanto sia importante educare le bambine e fornire loro assistenza medica, soprattutto là dove non potrebbero altrimenti godere di questi vantaggi. Per continuare nella missione della Chiesa e offrire sostegno ai traguardi che la Conferenza sulla Donna si pone, le istituzioni e le associazioni cattoliche di tutto il mondo verranno incoraggiate a continuare la loro opera di assistenza e di cura particolare delle bambine.

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5. Nel mio Messaggio per Giornata Mondiale della Pace di quest'anno sul tema "La donna educatrice di pace", ho avuto modo di scrivere che il mondo ha un urgente bisogno "di ascoltare le aspirazioni di pace che esse, (le donne], esprimono con parole e gesti e, nei momenti più drammatici, con la muta eloquenza del loro dolore" (Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 1995). Dovrebbe infatti essere evidente che "quando le donne hanno la possibilità di trasmettere in pienezza i loro doni all'intera comunità, la stessa modalità con cui la società si comprende e si organizza ne risulta positivamente trasformata" (Ibidem, p. 9/1, n. 9). E questo un riconoscimento dell'eccezionalità del ruolo che le donne rivestono nell'umanizzare la società e nell'indirizzarla verso i traguardi della solidarietà e della pace. Lungi dalle intenzioni della Santa Sede cercare di limitare l'importanza e l'attività della donna nella società. Al contrario, senza sminuire il suo ruolo nella famiglia, la Chiesa riconosce che il contributo della donna al benessere e al progresso della società è inestimabile e guarda alla donna perché faccia ancor di più per salvare la società dal letale virus, oggi in tragica crescita, della degradazione e della violenza.

Dovrebbe essere fuor di dubbio che sulla base della parità di dignità con gli uomini "le donne hanno pieno diritto di inserirsi attivamente in tutti gli ambiti pubblici e il loro diritto va affermato e protetto anche attraverso strumenti legali laddove si rivelino necessari" (Ibidem, n. 9). In alcune società la donna ha fatto grandi passi in questa direzione ed è riuscita, dopo aver dovuto superare numerosi ostacoli, ad avere un ruolo più decisivo nella vita culturale, sociale, economica e politica (cfr. Ibidem, n. 4). E questa una tendenza positiva e ricca di speranze che la Conferenza di Pechino può aiutare a consolidare, soprattutto invitando tutti i Paesi ad eliminare quelle situazioni che impediscono alla donna di essere riconosciuta, rispettata e apprezzata nella sua dignità e nelle sue competenze. Sono necessari profondi cambiamenti nell'atteggiamento e nell'organizzazione della società per favorire la partecipazione delle donne alla vita pubblica, ed è allo stesso tempo necessario pensare alle particolari responsabilità delle donne e degli uomini nei confronti delle loro famiglie. In alcuni casi bisogna operare cambiamenti che permettano alle donne di avere accesso alla proprietà e alla gestione dei loro patrimoni, e non trascurare le difficoltà e i problemi incontrati dalle donne che vivono da sole o che sono a capo di una famiglia.

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6. Sviluppo e progresso, infatti, presuppongono l'accesso a risorse e opportunità, un pari accesso non solo tra i paesi meno sviluppati, quelli in via di sviluppo e quelli ricchi, e tra classi sociali ed economiche, ma anche tra uomini e donne (cfr. Concilio Vaticano II, Costituzione sulla Chiesa nel mondo contemporaneo
GS 9). Si rende necessario uno sforzo maggiore perché le donne non siano discriminate in settori che comprendono l'educazione, l'assistenza medica e l'occupazione. Là dove taluni gruppi o classi sono sistematicamente esclusi da questi benefici o dove comunità o Paesi mancano delle infrastrutture sociali di base e delle opportunità economiche, le donne e i bambini sono i primi ad essere emarginati. E tuttavia, là dove regna la povertà, dinanzi alle devastazioni provocate da guerre e conflitti o alla tragedia dell'emigrazione, forzata o meno, è spesso la donna a conservare quanto resta della dignità umana, a difendere la famiglia, a preservare i valori culturali e religiosi. La storia è quasi esclusivamente scritta come una narrazione di conquiste degli uomini, mentre in realtà la sua parte migliore si deve assai spesso a donne che con determinazione e perseveranza agiscono a favore del bene. Ho avuto altrove occasione di scrivere del debito che l'uomo contrae nei confronti della donna per quanto riguarda la vita e la difesa della vita (cfr. Lettera Apostolica MD 18).

Quanto ancora ci sarebbe da scrivere e da dire sull'enorme debito che l'uomo contrae nei confronti della donna in tutti gli altri ambiti del progresso sociale e culturale! La Chiesa e la società umana sono stati, e continuano ad essere, arricchiti in modo incommensurabile dalla presenza e dagli eccezionali doni delle donne, in special modo di quante si sono consacrate al Signore e in lui si sono dedicate al servizio degli altri.

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7. La Conferenza di Pechino porterà sicuramente l'attenzione sul terribile sfruttamento di donne e ragazze esistente in ogni parte del globo. L'opinione pubblica solo ora comincia a prendere coscienza delle condizioni disumane in cui donne e bambine sono spesso costrette a lavorare, specialmente nelle zone meno sviluppate della terra, in cambio di un piccolo o di nessun compenso, senza alcuna tutela dei loro diritti o della loro sicurezza sul lavoro. E cosa dire dello sfruttamento sessuale di donne e bambini? La volgarizzazione della sessualità, specialmente nei media, e l'accettazione da parte di alcune società di una sessualità priva di vincoli morali e irresponsabile, danneggiano in particolare le donne, accrescendo le minacce che sono costrette ad affrontare per difendere la propria dignità personale e il loro servizio alla vita. In una società in tal senso orientata è fortissima la tentazione di fare uso dell'aborto come cosiddetta "soluzione" alle indesiderate conseguenze della promiscuità e dell'irresponsabilità sessuali. E ancora una volta, anche in questo caso è la donna a dover portare il fardello più pesante: spesso abbandonata o spinta a porre fine alla vita del suo bambino prima della nascita, la donna dovrà sopportare il peso della sua coscienza che per sempre le ricorderà di aver tolto la vita al proprio figlio (cfr.
MD 14).

Una radicale solidarietà con le donne richiede che vengano affrontate le cause primarie che rendono un figlio indesiderato. Non ci sarà mai quella giustizia che include l'eguaglianza, lo sviluppo e la pace, per le donne e per gli uomini, senza l'incrollabile determinazione a rispettare, proteggere, amare e servire la vita - ogni vita umana, in ogni suo stadio e in ogni situazione (cfr. EV 5 EV 87). E ben noto che questa è una delle preoccupazioni principali della Santa Sede ed essa si rifletterà nella posizione della Delegazione della Santa Sede alla Conferenza di Pechino.

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8. La sfida che molte società si trovano ad affrontare è quella di sostenere e rafforzare il ruolo della donna nella famiglia e allo stesso tempo permettere che essa possa utilizzare tutte le sue qualità ed esercitare tutti i suoi diritti nella costruzione della società. Ma una sua maggiore presenza nel mondo del lavoro, nella vita pubblica e in generale nel processo decisionale che guida la società non sarà facile fin tanto che i costi continueranno a ricadere sul privato. In questo senso lo Stato ha il dovere di sussidiarietà, che deve essere esercitato attraverso idonee iniziative legislative e di sicurezza sociale. Nelle condizioni di una politica di libero mercato non regolato sono ben poche possibilità che le donne possano superare gli ostacoli posti sul loro cammino.

Sono molte le sfide che la Conferenza di Pechino dovrà affrontare.

Dobbiamo sperare che la Conferenza tracci una rotta che eviti gli scogli di un individualismo esasperato, con il relativismo morale che è sua diretta conseguenza, o, dall'altro canto, gli scogli di un condizionamento sociale e culturale che non permetta alle donne di prendere coscienza della propria dignità, con drammatiche conseguenze per un corretto equilibrio sociale e l'immutato dolore e disperazione di così tante donne.

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9. Signora Segretario Generale, è mia speranza e preghiera che i partecipanti alla Conferenza comprendano l'importanza di quanto dovrà essere li deciso e le sue implicazioni per milioni di donne in tutto il mondo. E necessaria una grande sensibilità per evitare il rischio di stabilire azioni lontane dai bisogni della vita reale e dalle aspirazioni delle donne che la Conferenza dovrebbe invece servire e difendere. Possa l'Onnipotente aiutare Lei e quanti con Lei impegnati a lavorare con mente illuminata e cuore retto per il pieno raggiungimento dei traguardi di parità, sviluppo e pace.

Dal Vaticano, 26 maggio 1995.

IOANNES PAULUS PP. II (Traduzione dall'inglese]

Data: 1995-05-26 Data estesa: Venerdi 26 Maggio 1995

Ai Presidenti delle Commissioni Episcopali per la famiglia dell'Asia - Città del Vaticano

Titolo: Il Vangelo di Cristo deve essere proclamato dalla famiglia e nella famiglia

Sua Eminenza, Loro Eccellenze,

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1. E per me un piacere porgere il benvenuto ai Presidenti delle Commissioni Episcopali per la Famiglia dei vari paesi dell'Asia, riuniti qui a Roma su invito del Pontificio Consiglio per la Famiglia. Vi siete incontrati per riflettere sulla situazione della famiglia e per rispondere con rinnovato vigore alle molte sfide che minacciano la vita della famiglia all'interno della Chiesa e della società.

In occasione di un incontro come il presente ebbi modo di dire ai Vescovi Presidenti delle Commissioni Episcopali per la Famiglia in Africa che "la famiglia è il cuore della nuova evangelizzazione" (2 ottobre 1992). Mi sembra che questa affermazione sia particolarmente vera guardando al vostro continente, con il suo ricco retaggio culturale, le sue enormi dimensioni e la sua numerosa popolazione e dove la Chiesa rappresenta un "piccolo gregge". Il Vangelo di Cristo deve essere proclamato con nuovo entusiasmo e vigore nella famiglia e dalla famiglia.

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2. Le famiglie che, in Cristo, formano una vera comunità basata sul matrimonio, una comunione di vita e di amore - stabile, responsabile e aperta alla vita - costituiscono una testimonianza che è una vivente e potente proclamazione della Buona Novella, e specificatamente del "Vangelo della Famiglia".

La testimonianza della famiglia dipende in primo luogo dalla fedeltà degli sposi nel loro reciproco dono di sé che riempie la vita di gioia e significato. La Chiesa afferma che nella famiglia cristiana, attraverso il Sacramento del Matrimonio, è presente e opera il Signore, lo Sposo, il solo mediatore tra Dio e il genere umano, il nostro salvatore, Gesù Cristo (cfr. Lettera alle famiglie Gratissimam sane,
LF 18). Egli, il Signore della Vita, rende la famiglia santuario della vita.

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3. Nel corso di questi giorni avete esaminato le particolari difficoltà che le famiglie dell'Asia si trovano ad affrontare: povertà, emigrazione, politiche di controllo delle nascite e molte altre. E ancora una volta siete giunti alla conclusione che il benessere degli individui, dei popoli e delle nazioni dipende direttamente dal benessere delle famiglie.

Infatti, come da me notato nell'enciclica Evangelium Vitae, esiste una strettissima correlazione tra la famiglia e la cultura della vita (cfr.
EV 92).

Ogni qualvolta la famiglia, cellula fondamentale della società, è minacciata, la vita stessa è messa seriamente in pericolo. Le famiglie devono essere soprattutto messe in grado di resistere e sconfiggere la cultura della morte, quel diffuso ordine di valori e di atteggiamenti che a volte in modo impercettibile, a volte in modo abbastanza smaccato, disgrega i diritti umani e nega la santità della vita.

Inoltre, specialmente nel contesto asiatico, gli sforzi per costruire una cultura della vita fondata sulla famiglia offrono terreno fertile alla cooperazione ecumenica e interreligiosa "Alla vigilia del terzo millennio... solo la concorde cooperazione di quanti credono nel valore della vita potrà evitare una sconfitta della civiltà dalle conseguenze imprevedibili" (Ibidem, EV 91).

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4. So bene che tutto ciò che riguarda la cura pastorale della famiglia e la difesa della vita ha un posto privilegiato, così come deve essere, nei programmi pastorali delle vostre Conferenze e diocesi, e che questi giorni a Roma aiuteranno molto il vostro lavoro.

Di cuore invoco l'amore e la protezione dell'Onnipotente sulle famiglie dell'Asia e chiedo al Signore che in particolare le famiglie cattoliche crescano nell'amore e nella fede, sull'esempio della Sacra Famiglia di Nazareth. Mosso da questi sentimenti con gioia vi imparto la mia Benedizione Apostolica.

(Traduzione dall'inglese]

Data: 1995-05-26 Data estesa: Venerdi 26 Maggio 1995


GPII 1995 Insegnamenti 944