GPII 1995 Insegnamenti 1060

Udienza: il discorso di Giovanni Paolo II ai partecipanti al IV Convegno internazionale della pastorale per gli zingari - Città del Vaticano

Titolo: La nuova evangelizzazione del popolo zingaro non deve perdere la memoria di una storia segnata da tragedie



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1. Benvenuti, rappresentanti del popolo zingaro ed operatori pastorali che vi prodigate con generosità al suo servizio! Il Papa è lieto di accogliervi in occasione del vostro quarto Convegno internazionale, opportunamente organizzato dal Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti sul tema: "Zingari oggi: tra storia e nuove esigenze pastorali".

Siete venuti dall'Europa dell'Est e dell'Ovest e da altre parti del mondo per rinvigorire il vostro impegno cristiano mediante la preghiera, la riflessione sulle sfide a cui va incontro la fede oggi, lo scambio di esperienze e la ricerca di una sempre crescente solidarietà ed apertura ai fratelli.

Nell'attuale momento storico voi siete alla ricerca di nuove forme di partecipazione del popolo zingaro alla vita sociale e di nuove espressioni del suo senso religioso.

Non siete venuti a mani vuote! A nome del popolo zingaro voi rinnovate la disponibilità ad offrire uno specifico contributo alla convivenza e alla costruzione di una società più giusta ed armoniosa, sottolineando quei valori che contraddistinguono la cultura di tale popolo, come, ad esempio, il rispetto per gli anziani e per la famiglia, l'amore per la libertà, il giusto orgoglio delle proprie tradizioni e il generoso sostegno alla pace.

Voi date altresi rinnovata espressione alla volontà che il popolo zingaro ha di cooperare attivamente alla soluzione dei complessi problemi che ancora affliggono la sua vita in varie parti del mondo: la discriminazione e il razzismo, la mancanza di alloggio e di campi-sosta attrezzati, il rifiuto dell'accoglienza, l'inadeguatezza dell'educazione e l'emarginazione. Al tempo stesso, riconoscete che gli zingari, sia che abbiano una vita sedentaria, sia che conducano un'esistenza itinerante, non possono non sentirsi impegnati alla cooperazione con le popolazioni in mezzo alle quali si trovano, apprezzandone le qualità, accettandone le leggi e fornendo il proprio apporto per la necessaria conoscenza reciproca e la ricerca congiunta di una fruttuosa convivenza.

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2. Nella Chiesa, Popolo di Dio in cammino verso il Padre, come ricorda il Concilio Vaticano II (cfr.
LG 9), nessun gruppo etnico e linguistico deve sentirsi estraneo: tutti vi devono essere accolti e pienamente valorizzati. Il mio venerato predecessore Paolo VI, incontrando il primo pellegrinaggio degli zingari, ebbe a dire trent'anni fa: "Voi siete nel cuore della Chiesa" (Insegnamenti III, (1965], p. 492).

Desidero oggi far mie quelle parole, auspicando che la Chiesa, la cui azione si sta riorganizzando anche nell'Est europeo, continui ad interessarsi attivamente degli zingari attraverso generosi operatori pastorali ed iniziative che testimonino nella quotidianità della vita l'amore di Gesù, Buon Pastore, verso i piccoli e i deboli.

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3. L'evangelizzazione del popolo zingaro non deve perdere la memoria della sua storia, spesso segnata da tragiche sofferenze e gravi ostilità. Nel recente Messaggio in occasione del cinquantesimo anniversario della fine in Europa della seconda guerra mondiale ho chiesto di coltivare la memoria di quanto accadde in quei terribili anni, perché "i ricordi non devono impallidire; devono piuttosto farsi lezione severa per la nostra e per le future generazioni" (L'Osservatore Romano, 17 Maggio 1995, p. 1). Nei campi di sterminio nazisti, come ho voluto ricordare, "hanno trovato la morte, in condizioni drammatiche, milioni di Ebrei, centinaia di migliaia di zingari e di altri esseri umani, colpevoli solo di appartenere a popoli diversi" (). Dimenticare quanto è accaduto in passato può aprire la strada a nuove forme di rifiuto e di aggressività.

L'indifferenza può tornare ad uccidere anche oggi. Come non stigmatizzare allora, in questo contesto, recenti atti di violenza, di cui sono stati oggetto gli zingari, in particolare persone indifese come i bambini? Episodi del genere non possono passare inosservati.

Gli amministratori pubblici, le comunità ecclesiali, il volontariato, gli operatori della comunicazione sociale devono concordemente impegnarsi, perché tali deprecabili episodi siano prevenuti e si consolidi un clima sociale di tolleranza e di autentica solidarietà.

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4. Sensibile ed attenta al mondo degli zingari, la Chiesa ricorda che la vocazione alla santità è universale. La testimonianza di Ceferino Jimenez Malla, zingaro e cristiano eroico fino al dono della propria vita, ne costituisce un luminoso esempio. In questi nostri tempi il popolo zingaro attraversa un periodo di forte riadattamento delle proprie tradizioni e si trova per questo a dover affrontare il pericolo di uno sgretolamento della sua stessa vita comunitaria. E' importante che la fede cristiana sia ripresentata con vigore e saldezza. Occorre una nuova evangelizzazione rivolta ad ogni suo membro come ad una amata porzione del Popolo di Dio pellegrinante, per aiutarlo a superare la duplice tentazione di chiudersi in se stesso, cercando scampo nelle sette, oppure di disperdere il proprio patrimonio religioso in un materialismo soffocante ogni richiamo al divino.

L'azione pastorale nelle sue molteplici sfaccettature svolta da gruppi di zingari apostolicamente impegnati, dalle Scuole di Fede e dalle Scuole della Parola, dai Servizi nazionali e diocesani, dalle cappellanie per gli zingari ed infine dal Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti, manifesta quanto sia profondo l'amore della Chiesa per il popolo zingaro. A tutti desidero esprimere il mio vivo ringraziamento per questa indispensabile missione, incoraggiando ciascuno a proseguire con sempre crescente entusiasmo su questa strada.

Cari zingari e operatori pastorali, tenete sempre lo sguardo fisso su Gesù Redentore e su Maria, sua e nostra Madre! Anche il Signore fu costretto, nella sua vita terrena, a spostarsi da un luogo ad un altro. Egli, che diceva di sé di non avere dove posare il capo (cfr.
Lc 9,58), vi guidi e porti a compimento ogni vostro impegno apostolico.

E Maria, da voi invocata come "AMARI DEVELESKERIDAJ" - "Nostra Madre di Dio" -, sia sempre la Stella del vostro cammino. Vi accompagni anche la mia Benedizione, che con affetto imparto a voi qui presenti, alle vostre Comunità nomadi e a tutti gli appartenenti al vostro popolo.

Data: 1995-06-08 Data estesa: Giovedi 8 Giugno 1995

L'omelia del Papa durante la Concelebrazione Eucaristica in occasione del 50° anniversario della fine della seconda guerra mondiale - Basilica Vaticana, Città del Vaticano

Titolo: Un ponte di pace verso i secoli e le generazioni del Terzo Millennio



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1. "Gloria Tibi, Trinitas aequalis, una Deitas; et ante omnia saecula et nunc et in perpetuum".

Quante volte ho cantato questa antifona nella Cattedrale di Wawel in Cracovia iniziando la solenne liturgia della Pasqua! La Risurrezione di Cristo è la conferma della verità rivelata del Dio vivente, Padre, Figlio e Spirito Santo nell'unità della natura divina. Dio esiste eternamente, prima del mondo e di tutti i secoli, Signore anche di ogni tempo futuro: "et nunc et in perpetuum" ("ora e sempre"). Dio tutto comprende; in Lui "viviamo, ci muoviamo ed esistiamo" (
Ac 17,28). Egli è l'onnipotenza, che nella morte e risurrezione di Cristo s'è rivelata come amore (cfr. Jn 4,8 Jn 4,16).

Da ciò trae ispirazione quest'inno in onore della Santissima Trinità, inno che proclama la gloria di "Colui che è, che era e che viene" (Ap 1,4). Esso risuona con singolare potenza espressiva nel giorno di Pasqua, segnando l'inizio del periodo pasquale, durante il quale la Chiesa rivive il mistero della Risurrezione, dell'Ascensione di Cristo e della effusione dello Spirito Santo.

Oggi, prima domenica dopo Pentecoste, Festa solenne della Santissima Trinità, la Chiesa canta quest'inno trinitario con rinnovato trasporto.

La vita della Chiesa e del cristiano è compresa e pervasa dalla presenza della Santissima Trinità e dalla sua azione salvifica. Lo pone bene in luce ogni segno di croce che facciamo all'inizio e al termine della giornata, incominciando la preghiera o il lavoro, e in tante altre occasioni. Lo sottolinea la dossologia che chiude ogni salmo nella Liturgia delle Ore: "Gloria al Padre e al Figlio e allo Spirito Santo. Come era nel principio, e ora e sempre nei secoli dei secoli".

E quando ci rivolgiamo a Dio con una preghiera di impetrazione, terminiamo sempre con le parole: "Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell'unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli".

La Santissima Trinità è, dunque, incessantemente sulla bocca e nel cuore dei cristiani. Ed oggi l'adoriamo in modo particolare: "Gloria Tibi, Trinitas aequalis, una Deitas; et ante omnia saecula, et nunc et in perpetuum".

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2. Quest'anno, nella solennità della Santissima Trinità, commemoriamo il cinquantesimo anniversario della fine della seconda guerra mondiale e riferiamo questo evento a Dio, Signore della storia, in religioso ascolto della sua parola, fissando lo sguardo sul mistero della divina Sapienza. Siamo aiutati dalle parole del Libro dei Proverbi, nelle quali la Sapienza di Dio, presentandosi agli uomini come capolavoro del Creatore, dice di sé: "Dall'eternità sono stata costituita, fin dal principio, dagli inizi della terra" (
Pr 8,23). La terra ed ogni opera divina sono state create alla luce di questa eterna Sapienza.

Il Salmo responsoriale, invece, si concentra su quell'opera eminente della Sapienza di Dio che è l'uomo. Il Salmista domanda: "Che cosa è l'uomo perché te ne ricordi, il figlio dell'uomo perché te ne curi? Eppure l'hai fatto poco meno degli angeli, di gloria e di onore lo hai coronato: gli hai dato potere sulle opere delle tue mani, tutto hai posto sotto i suoi piedi" (Ps 8,5-7). Ecco l'uomo! Immagine e somiglianza di Dio. Riflesso della sua gloria. Egli solo, nel grande libro del cosmo, può leggere l'eterno mistero della Sapienza divina. Il mondo gli è stato affidato, perché in esso viva e si sviluppi facendo buon uso delle creature e custodendo l'Alleanza stretta da Dio con l'intera creazione.

Questa è un'Alleanza di pace! A tale Alleanza di pace è contraria ogni guerra, perché la guerra scaturisce dall'odio e dalla violenza. Con la guerra l'uomo trasforma il mondo creato in luogo di morte e di distruzione. così facendo lo priva del suo senso profondo, lo spoglia della gloria di Dio in esso riflessa e lo sottomette ad interessi per lo più miopi, per i quali ogni creatura, e prima di tutto l'uomo stesso, paga il prezzo della distruzione e della morte.

La seconda guerra mondiale, che s'è conclusa cinquant'anni fa, non costituisce forse la più evidente conferma di questa dolorosa verità? Tutti i sopravvissuti lo sanno per esperienza. Coloro che caddero vittime meritano oggi un particolare ricordo davanti a Dio. Per loro eleviamo il nostro suffragio in questa Santa Messa, nella quale sono presenti, tra i Concelebranti, alcuni Confratelli nell'episcopato o nel sacerdozio che durante l'ultima guerra mondiale furono feriti o fatti prigionieri o deportati in campi di concentramento o che sono Pastori in città allora drammaticamente colpite dalla guerra come Hiroshima e Nagasaki. Li saluto cordialmente insieme con quanti hanno voluto prender parte a questo solenne rito: in primo luogo il Presidente della Repubblica Italiana, poi i membri del Corpo Diplomatico in rappresentanza dei vari Paesi, le Autorità civili e militari, l'Associazione degli ex combattenti e tutti coloro che hanno sofferto a causa della guerra.

Sentiamo accanto a noi la sterminata schiera delle vittime della guerra.

Se la memoria degli uomini è di breve durata, certamente le innumerevoli anime dei civili e militari caduti, dei torturati a morte nei campi di sterminio, sono nelle mani del Dio vivente (cfr. Sg 3,1). Con la sua morte e risurrezione Cristo, il Figlio dell'eterno Padre, tutte le ha abbracciate e per la potenza dello Spirito Santo ha accolto anche questa grande ecatombe della storia nel suo Sacrificio redentore. Al di sopra del mondo che passa, al di sopra dell'uomo che muore, vi è infatti il Padre e il Figlio e lo Spirito Santo; vi è quella pienezza di Vita, che tutto comprende e tutto sostiene mediante l'amore, nello splendore dell'eterna gloria.

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3. Scrive san Paolo nella Lettera ai Romani: "Giustificati dunque per la fede, noi siamo in pace con Dio per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo" (5,1). La solennità della Santissima Trinità è un singolare appello alla pace. La pace è gloria di Dio nell'alto dei cieli, come annunciano gli angeli nella notte di Natale, ed è in terra eredità degli uomini di buona volontà (cfr.
Lc 2,14).

Che cosa fare perché permanga e si consolidi la buona volontà indispensabile all'umanità per vivere nella pace? Come far si che i popoli dell'Europa e del mondo intero vivano in pace al termine del ventesimo secolo e costruiscano un ponte di pace verso i secoli e le generazioni del terzo millennio? Come fare per spegnere i focolai di guerra presenti, purtroppo, nei Balcani, nel Caucaso, nel Rwanda ed in altre parti della terra? Cristo risponde con le parole dell'odierno Vangelo secondo san Giovanni.

Il giorno prima della sua passione, Egli annunzia agli Apostoli nel Cenacolo la venuta dello Spirito Santo: "Quando verrà lo Spirito di verità, Egli vi guiderà alla verità tutta intera, perché non parlerà da sé, ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi annunzierà le cose future" (16,13).

La Chiesa si pone in ascolto di queste parole del Redentore, con la convinzione che soltanto lo Spirito di verità può consolidare nell'uomo e tra gli uomini il bene prezioso della pace. Se, infatti, la pace è opera della giustizia, opus iustitiae pax, a sua volta condizione della giustizia è la verità: ogni verità, e specialmente la verità sull'uomo.

Non fu per questo che, al termine della seconda guerra mondiale, si senti il bisogno di ritornare anzitutto alla verità sull'uomo? Tale è il significato dell'universale "Dichiarazione dei diritti dell'uomo", della quale l'Enciclica Pacem in terris del mio venerato predecessore Giovanni XXIII offre, alla luce della fede, un commento di grande autorevolezza.

Come sono attuali le parole di quegli articoli! Come sono a volte, purtroppo, tragicamente attuali! E come è indispensabile che tale Dichiarazione diventi un costante criterio di condotta per gli Stati e per la Comunità internazionale! Quanto è importante che venga dappertutto rispettato il primo e fondamentale diritto dell'uomo, cioè il diritto alla vita, dal primo istante dell'esistenza nel grembo della madre fino al suo tramonto naturale! Sant'Ireneo insegna che "la gloria di Dio è l'uomo vivente" e le sue parole costituiscono un'eco della preghiera di Cristo che nel Cenacolo, riguardo allo Spirito Santo, preannuncia: "Egli mi glorificherà, perché prenderà del mio e ve l'annunzierà. Tutto quello che il Padre possiede è mio; per questo ho detto che prenderà del mio e ve l'annunzierà" (Jn 16,14-15). Queste parole riguardano tutti gli uomini, perché esprimono la piena verità sulla vita alla quale è chiamato ogni essere umano. Se, infatti, la gloria di Dio è l'uomo vivente, "la vita dell'uomo - completa subito Ireneo - è la visione di Dio", cioè la partecipazione alla vita trinitaria di Dio. Ecco la definitiva vocazione dell'uomo in Gesù Cristo.

Mentre rinnoviamo la nostra adesione di fede a tale stupenda vocazione, ci accostiamo all'altare contemplando il Mistero della morte e risurrezione di Cristo ed intoniamo con tutta la Chiesa l'inno in onore della Santissima Trinità, fonte e termine di ogni essere e di ogni vita. Lo facciamo nel giorno in cui la Chiesa commemora con tutti i popoli d'Europa e del mondo il cinquantesimo anniversario della fine della seconda guerra mondiale, ricordando davanti a Dio coloro che sono caduti e tutte le vittime: Gloria Tibi, Trinitas! Gloria Tibi, Trinitas! Gloria Tibi, Trinitas aequalis, una Deitas nunc et in perpetuum! Amen!

Data: 1995-06-11 Data estesa: Domenica 11 Giugno 1995

Il messaggio di Giovanni Paolo II per la Giornata Missionaria Mondiale

Titolo: La vocazione "ad gentes" e "ad vitam" paradigma dell'impegno missionario di tutta la Chiesa

Carissimi Fratelli e Sorelle!

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1. "La Chiesa ha ricevuto il Vangelo come annuncio e fonte di gioia e di salvezza.

L'ha ricevuto in dono da Gesù, inviato dal Padre "per annunziare ai poveri un lieto messaggio" (
Lc 4,18). L'ha ricevuto mediante gli Apostoli, da Lui mandati in tutto il mondo (cfr. Mc 16,15 Mt 28,19-20). Nata da questa azione evangelizzatrice, la Chiesa sente risuonare in se stessa ogni giorno la parola ammonitrice dell'Apostolo: "Guai a me se non predicassi il Vangelo" (1Co 9,16)" (Lett. enc. EV 78).

Dono del Padre all'umanità e prolungamento della missione del Figlio, la Chiesa sa che esiste per portare, fino agli estremi confini della terra, la lieta notizia del Vangelo, finché non passerà la scena di questo mondo (cfr. Mt 28,19-20).

Il mandato missionario, pertanto, è sempre valido e attuale e impegna i cristiani a testimoniare gioiosamente la Buona Notizia ai vicini ed ai lontani, mettendo a disposizione energie, mezzi e persino la vita.

La missione passa attraverso la croce ed il dono di sé: come il Risorto, colui che ne è investito è chiamato a mostrare ai fratelli i segni dell'amore per vincere la loro incredulità e le loro paure.

"Avrete forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi e mi sarete testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samaria e fino agli estremi confini della terra" (Ac 1,8). Nell'accogliere con gioia la chiamata a cooperare alla missione di salvezza, ogni cristiano sa di poter contare sulla presenza di Gesù e sulla forza dello Spirito Santo. Questa certezza dà vigore al suo servizio evangelico e lo spinge ad essere audace e pieno di speranza, nonostante le difficoltà, i pericoli, l'indifferenza e le sconfitte.

La Giornata Missionaria Mondiale è l'occasione per implorare dal Signore una sempre più grande passione per l'evangelizzazione: ecco il primo e maggior servizio che i cristiani possono rendere alle donne e agli uomini del nostro tempo, segnato da odi, violenze, ingiustizie e, soprattutto, dallo smarrimento del senso vero della vita. Infatti, nulla aiuta ad affrontare il conflitto tra la morte e la vita, nel quale siamo immersi, come la fede nel Figlio di Dio che si è fatto uomo ed è venuto fra gli uomini perché "abbiano la vita e l'abbiano in abbondanza" (Jn 10,10): è la fede nel Risorto, che ha vinto la morte; è la fede nel sangue di Cristo dalla voce più eloquente di quello di Abele, che dà speranza e ridona all'umanità il suo autentico volto.

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2. Coraggio, non abbiate paura, annunciate che Gesù è il Signore: "In nessun altro nome c'è salvezza" (
Ac 4,12)! Possa l'annuale Giornata delle Missioni trovare l'intera Chiesa pronta ad annunciare la Verità e l'Amore di Dio specialmente per gli uomini e le donne non ancora raggiunti dalla Buona Notizia di Gesù Cristo! Con grande affetto e riconoscenza mi rivolgo, innanzitutto, a voi, cari missionari e missionarie, e, particolarmente, a coloro che stanno soffrendo per il nome di Gesù.

Dite a tutti che "aprirsi all'amore di Cristo è la vera liberazione. In Lui, soltanto in Lui siamo liberati da ogni alienazione e smarrimento, dalla schiavitù al potere del peccato e della morte" (Lett. enc. RMi 11). E' Lui via e verità, resurrezione e vita (cfr. Jn 14,6 Jn 11,25), è Lui il "Verbo della vita" (cfr. Jn 1,1)! Annunciate Cristo con la Parola, annunciatelo con gesti concreti di solidarietà, rendete visibile il suo amore per l'uomo, ponendovi, con la Chiesa e nella Chiesa, sempre "in prima linea su queste frontiere della carità" dove "tanti suoi figli e figlie, specialmente religiose e religiosi, in forme antiche e sempre nuove, hanno consacrato e continuano a consacrare la loro vita a Dio donandola per amore del prossimo più debole e bisognoso" (Lett. enc. EV 27).

La vostra vocazione speciale ad gentes e ad vitam conserva tutta la sua validità: essa rappresenta il paradigma dell'impegno missionario di tutta la Chiesa, che ha sempre bisogno di donazioni radicali e totali, di impulsi nuovi e arditi. Avete consacrato a Dio la vita per testimoniare fra le genti il Risorto: non lasciatevi intimorire da dubbi, difficoltà, rifiuti, persecuzioni; rivivendo la grazia del vostro carisma specifico, continuate senza tentennamenti il cammino che con tanta fede e generosità avete intrapreso (cfr. Lett. enc. RMi 66).

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3. La medesima esortazione rivolgo alle Chiese di antica e di recente fondazione, ai loro Pastori, "consacrati non soltanto per una diocesi, ma per la salvezza di tutto il mondo" (
AGD 38), spesso provati dalla mancanza di vocazioni e di mezzi.

Mi rivolgo singolarmente alle comunità cristiane in situazione di minoranza.

Riascoltando la parola del Maestro: "Non temere, piccolo gregge, perché al Padre vostro è piaciuto darvi il suo regno" (Lc 12,32), fate trasparire la gioia della fede nell'unico Redentore, date ragione della speranza che vi anima e testimoniate l'amore che in Gesù Cristo vi ha intimamente rinnovati.

Per essere artefice della nuova evangelizzazione, ogni comunità cristiana deve far propria la logica del dono e della gratuità, che trova nella missione ad gentes non solo l'occasione per sostenere chi è nel bisogno spirituale e materiale, ma soprattutto una straordinaria opportunità di crescita verso la maturità della fede.

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4. L'annuncio coraggioso del Vangelo è affidato in modo speciale a voi giovani. A Manila vi ricordavo che il Signore "esigerà molte cose da voi; chiederà il massimo impegno di tutto il vostro essere nell'annuncio del Vangelo e nel servizio del suo Popolo. Ma non abbiate paura! Le sue richieste sono anche la misura del suo amore per ognuno di voi" (OR 14.1.1995). Non lasciatevi intristire e impoverire ripiegandovi su voi stessi; aprite la mente e il cuore agli infiniti orizzonti della missione. Non temete! Se il Signore vi chiama a partire dalla vostra terra per andare verso altri popoli, altre culture, altre comunità ecclesiali, aderite generosamente al suo invito. Ed io vorrei ripetervi ancora una volta: "Venite con me nel Terzo Millennio a salvare il mondo" (cfr. ).

Abbiate sempre l'audacia di annunciare il Signore Gesù alle famiglie, ai sacerdoti, alle religiose, ai religiosi e a tutti i credenti in Cristo. Ogni credente è chiamato a cooperare alla diffusione del Vangelo e a vivere lo spirito e i gesti della missione nel dono gratuito di sé ai fratelli. Come ricordavo nell'Enciclica "Evangelium vitae", siamo un popolo di inviati e sappiamo che "nel nostro cammino ci guida e ci sostiene la legge dell'amore: è l'amore di cui è sorgente e modello il Figlio di Dio fatto uomo, che morendo ha dato la vita al mondo" (
EV 79).

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5. Carissimi Fratelli e Sorelle! La Giornata Missionaria Mondiale sia per tutti i cristiani una grande occasione per verificare il proprio amore per Cristo e per il prossimo. Sia inoltre opportuna circostanza per prendere coscienza che nessuno deve far mancare la preghiera, il sacrificio, e l'aiuto concreto alle missioni, avamposti della civiltà dell'amore. Lo Spirito del Signore anima e porta a compimento ogni progetto missionario.

Mentre incoraggio e benedico quanti attivamente si dedicano all'azione missionaria, penso in particolare ai responsabili della Pontificia Opera della Propagazione della Fede, alla quale è affidata l'animazione di questa Giornata, e a coloro che sono impegnati nelle altre Pontificie Opere Missionarie, indispensabili strutture di formazione per la cooperazione, e preziosi strumenti per aiutare in maniera equa e attenta tutti i missionari.

Maria, Regina dell'evangelizzazione, sostenga e guidi il prezioso lavoro degli operai del Vangelo e doni ai cristiani gioia ed entusiasmo sempre nuovi per annunciare Gesù Cristo con la parola e con la vita.

A tutti, quale conforto nei rispettivi compiti a servizio del Vangelo, invio una speciale Benedizione Apostolica.

Dal Vaticano, 11 Giugno, Solennità della Santissima Trinità, dell'anno 1995, diciassettesimo di Pontificato.

Data: 1995-06-11 Data estesa: Domenica 11 Giugno 1995

Recita dell'Angelus in Piazza San Pietro - Città del Vaticano

Titolo: La lezione della II Guerra Mondiale

Carissimi Fratelli e Sorelle!

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1. Si è da poco conclusa, nella Basilica di San Pietro, la Celebrazione Eucaristica in occasione del cinquantesimo anniversario della fine della seconda guerra mondiale. Abbiamo voluto pregare per tutte le vittime di quell'immane tragedia proprio nell'odierna domenica dedicata alla SS. Trinità, per collocarne il ricordo nell'orizzonte di Dio, Signore della storia.

Dio è Amore e in Lui non v'è ombra di male. Da dove viene dunque tanta violenza che devasta così di frequente la storia umana? Il credente conosce la risposta: essa viene dal cattivo uso di quel dono meraviglioso che è la libertà; viene dall'egoismo umano che asseconda i richiami menzogneri del diavolo, nemico di Dio e dell'uomo. Dio vuole che l'umanità formi sempre più una sola famiglia; ma un nemico semina zizzania per suscitare inimicizia tra l'uomo e Dio e tra uomo e uomo (cfr.
Mt 13,24-30 Mt 13,36-43). Cristo Gesù, con la sua morte e risurrezione, ci ha liberato dal potere del peccato. Egli è la nostra Pasqua e la nostra Pace!

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2. E importante che sul secondo conflitto mondiale, guerra di proporzioni mai viste, si continui a riflettere nella luce del mistero pasquale. Mantenere viva la memoria di quanto è accaduto è un'esigenza non solo storica, ma morale. Non bisogna dimenticare! Non c'è futuro senza memoria. Non c'è pace senza memoria! Sostando presso tutte le lapidi dei caduti di allora, meditiamo sui frutti della violenza e dell'odio. Risuona nel nostro spirito una domanda decisiva: si sono tratte le dovute conseguenze da quella tragedia? Questi ultimi cinquant'anni dimostrano che la lezione di allora non è stata recepita pienamente.

Si continua purtroppo a sparare, ad uccidere in tante regioni del mondo.

Occorre per questo gridare con forza: Basta con la guerra! Costruiamo la pace! Ed occorre lavorare attivamente per abbattere le barriere e gli ostacoli che impediscono la realizzazione della pace. La pace è comune vocazione d'ogni uomo e di tutti i popoli; la pace è la nostra missione.

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3. Carissimi, rivolgiamoci a Colei che è Madre di tutti gli uomini. Attraverso le vicende drammatiche della storia, Ella invita i suoi figli a seguire le vie del Signore: "Convertitevi all'amore di Dio - ripete - e conoscerete la vera pace!".

Oh Mariia, Madre di Cristo nostra Pace! Ti affidiamo le vittime della seconda guerra mondiale e di ogni altro conflitto.

Aiutaci ad essere umili e vigilanti, memori delle lezioni del passato.

Aiutaci ad imparare dagli errori dell'egoismo umano a convertirci alla volontà di Dio, che è amore, gioia e pace, per varcare insieme nella speranza la soglia del nuovo millennio.

Regina della pace, prega per noi! (Dopo aver impartito la Benedizione Apostolica il Santo Padre si è rivolto così ai diversi gruppi di pellegrini presenti.] (Ai fedeli italiani:] Saluto i pellegrini e i visitatori presenti a Roma, come pure quanti ci seguono per radio e per televisione.

Un saluto particolare rivolgo ai fedeli delle parrocchie della Cattedrale e dell'Immacolata in Macerata, accompagnati dal loro Vescovo, Mons.

Tarcisio Carboni a quelli di Castellamonte (Diocesi di Ivrea) ed ai ragazzi di Castrezzato (Diocesi di Brescia). Auguro che la sosta presso la tomba di San Pietro rafforzi in. tutti la fede e la testimonianza cristiana.

(Ai pellegrini di espressione spagnola:] Saluto ora con affetto tutti i pellegrini di lingua spagnola, in modo speciale il gruppo dei Francescani Missionari della Natività di Nostra Signora (Darderas), nel primo centenario della morte della loro Fondatrice.

Nell'incoraggiarvi a rimanere fedeli al carisma del vostro Istituto, vi raccomando alla materna protezione della Vergine Maria e imparto su voi la mia Benedizione Apostolica.

(Ai pellegrini polacchi:] Saluto anche tutti i polacchi. Il cinquantesimo anniversario della fine della seconda guerra mondiale ha per noi un significato particolare. L'abbiamo manifestato ricordando questo cinquantesimo anniversario 1'8 maggio. Oggi hanno concelebrato con noi anche i Vescovi polacchi ex prigionieri di Dachau: Mons.

Kazimierz Majdanski, Mons. Ignacy Jez. Tutto ciò rimane ancora una testimonianza, la testimonianza della nostra partecipazione alla seconda guerra mondiale, insieme a coloro che hanno combattuto, che sono caduti sui vari fronti, che hanno sofferto nei campi di concentramento. Recitiamo il "Requiem aeternum" per i caduti.

Preghiamo anche perché la lezione che ci ha dato la seconda guerra mondiale possa contribuire alla ricostruzione della nostra indipendenza e favorire l'uso maturo del dono della libertà.

Sia lodato Gesù Cristo!

Data: 1995-06-11 Data estesa: Domenica 11 Giugno 1995

Per una Conferenza promossa dalla "Paine Webber" - Città del Vaticano

Titolo: Lavorate per una sana economia

Signore e Signori, E per me un piacere salutare i partecipanti alla Conferenza promossa dall'Istituzione "Paine Webber" che si tiene quest'anno a Roma. Sono certo che il vostro incontro vi offrirà la possibilità di riflettere sulle importanti responsabilità che su voi ricadono all'interno della comunità economica, in un mondo sempre più interdipendente. I drammatici mutamenti politici ed economici degli ultimi anni hanno creato notevoli opportunità per gli investimenti e per lo sviluppo di nuovi mercati, ma hanno anche attirato l'attenzione sulle molte situazioni di povertà e di ingiustizia in cui così tanti membri della famiglia umana continuano a vivere.

Il bisogno impellente di uno sviluppo integrale dell'uomo su scala mondiale è una delle sfide morali di questo nostro secolo ed esige che ognuno trovi nuovi modi di pensare e proponga modelli di crescita economica che difendano e favoriscano la dignità e la libertà di ciascun individuo e di ciascuna comunità.

Come ho avuto modo di scrivere nella lettera enciclica Centesimus Annus, "lo sviluppo non deve essere inteso in un modo esclusivamente economico, ma in senso integralmente umano" (CA 29). Auspico che il vostro contributo per la crescita di una sana economia mondiale sia sempre guidato dallo spirito di solidarietà con gli uomini e le donne dei Paesi in via di sviluppo, e dall'impegno ad assicurare che la crescita economica sia veramente al servizio dell'autentico benessere dell'umanità, cosa che non può non tener conto del valore spirituale e trascendente della nostra natura e del nostro destino.

Con questi sentimenti, cari amici, invoco di cuore su voi e sulle vostre famiglie la benedizione e la pace del Signore.

(Traduzione dall'inglese]

Data: 1995-06-12 Data estesa: Lunedi 12 Giugno 1995

Udienza: il discorso del Papa ai partecipanti al Capitolo Generale dell'Ordine dei Frati Minori Conventuali - Città del Vaticano

Titolo: Continuità carismatica della tradizione francescana per incarnarla nelle mutevoli situazioni del nostro tempo

Carissimi Frati Minori Conventuali,

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1. Vi accolgo con gioia, mentre si va concludendo il vostro Capitolo Generale, che vi ha offerto l'occasione di pregare insieme e di riflettere sulle attese e le iniziative apostoliche che la vostra Famiglia francescana intende attivamente promuovere nella prospettiva del terzo Millennio cristiano.

Il Capitolo ha avuto anche il compito di nominare il nuovo Ministro Generale ed il Consiglio che deve coadiuvarlo nella guida dell'Istituto per il sessennio che si apre. Saluto il Padre Agostino Gardin, chiamato ad assolvere il delicato ufficio di Ministro. Egli viene da Padova ed è spontaneo impetrare su di lui la luce e la protezione di Sant'Antonio, di cui stiamo celebrando l'ottavo centenario della nascita. Il mio pensiero va anche al Padre Lanfranco Serrini, che per dodici anni ha guidato l'Ordine: a lui esprimo apprezzamento per la sollecitudine con cui ha favorito lo sviluppo missionario ed ha generosamente accompagnato il consolidarsi della presenza francescana nell'Europa Orientale. Un saluto cordiale rivolgo a ciascuno di voi e, attraverso di voi, all'intera vostra Famiglia religiosa: il Signore vi conceda di approfondire sempre più lo spirito del Poverello di Assisi e del suo degno seguace, sant'Antonio.

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2. Un Capitolo, carissimi Fratelli, costituisce sempre un invito a tornare alla fonte, che è Cristo, da cui ogni religioso è chiamato ad attingere la linfa quotidiana per vivere appieno la propria condizione di anima consacrata.

L'efficacia della testimonianza religiosa sta proprio nell'essere lievito del Regno di Dio e richiamo ai valori perenni del Vangelo. Questo attende la Chiesa da voi; questo attende il mondo stesso, magari senza saperlo.

Per rispondere a così impegnativo compito avete bisogno di quell'incessante ispirazione che proviene solamente da uno stretto e profondo contatto con il Signore, nella preghiera e nella adesione docile alla sua volontà.

Questo aveva ben compreso san Francesco e questo egli ha lasciato come compito a voi, suoi figli spirituali, che ne emulate lo spirito contemplativo, riconoscendo in lui l'"uomo fatto preghiera".

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3. Quando si parla del Poverello, il pensiero si porta quasi naturalmente alla pace, realtà tanto desiderata ma anche tanto insidiata. Ho avuto la grazia di sostare per ben quattro volte ad Assisi presso la tomba di san Francesco. A lui ho affidato il presente ed il futuro dell'Italia della quale è Patrono. A lui, serafico in ardore, ho raccomandato in più circostanze la pace in Europa e soprattutto nei Balcani.

Ottenga Francesco il dono della vera pace ai popoli in guerra! Troppo sangue è già stato versato! Fedele araldo di Cristo, Francesco ci insegna che solo diffondendo e praticando il Vangelo della pace e dell'amore è possibile trasformare il volto del mondo e renderlo più conforme al progetto di Dio.

Per sua intercessione, possa affermarsi sempre più lo "spirito di Assisi", che dal 27 ottobre 1986 continua a infondere speranza nei credenti e in tante persone di buona volontà.

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4. Durante i lavori capitolari voi avete riflettuto su un altro valore che rifulge nel vostro Serafico Padre e trova singolare risalto anche nella vita di sant'Antonio: l'amore al Vangelo, Parola del Dio vivente. Questo amore, che è all'origine della vocazione di Francesco, passo intatto nella predicazione di Antonio, che la Chiesa venera come "Dottore evangelico".

Come non pensare qui al Santuario di Padova, dove specialmente quest'anno accorrono migliaia e migliaia di pellegrini? Ben conosce quella consolante realtà di fede popolare il vostro nuovo Ministro Generale, il quale ha vissuto a lungo all'ombra della Basilica Antoniana. Sono certo che egli opererà con vigore perché la fedeltà al Vangelo nella forma tipica espressa da sant'Antonio trovi impulso rinnovato sia in quanti, religiosi e laici, compongono la grande famiglia francescana, sia nei fedeli affidati alle cure pastorali dei Minori Conventuali.

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5. Dal vostro Fondatore e dai suoi figli santi l'Ordine attinge la continuità carismatica della tradizione francescana, per incarnarla nelle mutevoli situazioni del nostro tempo. Tra questi santi, mi piace ricordare san Massimiliano Maria Kolbe, "Patrono del nostro difficile secolo". La sua memoria è singolarmente attuale quest'anno, in cui commemoriamo i 50 anni della fine della seconda guerra mondiale. Egli si unisce alla schiera di testimoni francescani per incitarvi a proseguire con rinnovato slancio la vostra testimonianza missionaria, sostenuta dalla protezione della Vergine Immacolata.

Tra le nuove frontiere del vostro apostolato, come ben avete posto in rilievo durante il Capitolo Generale, spiccano l'impegno per l'unità dei cristiani, da me recentemente riproposta come esigenza prioritaria dell'azione apostolica della Chiesa in vista del terzo millennio, l'attenzione alla salvaguardia del creato, la risposta coraggiosa alle sfide della nuova evangelizzazione e la presenza missionaria nei Paesi vittime di recenti e prolungate persecuzioni religiose.

A proposito di quest'ultimo aspetto, so che siete impegnati al servizio dei fratelli che hanno bisogno di ricostruire quanto è stato distrutto da oppressioni spesso lunghe e pesanti. La voce che parlo a Francesco ripete ancora oggi a voi: "Va' e ripara la mia Chiesa". E voi avete risposto con slancio, memori delle parole del Signore: "Tutto quello che avete fatto ad uno di questi piccoli, l'avete fatto a me" (cfr.
Mt 25,40). Il Signore, siatene certi, benedirà ogni vostro sforzo! Carissimi Fratelli, mentre rendo grazie al Signore per il servizio che il vostro Ordine rende alla Chiesa ed alla stessa Sede Apostolica, affido a Lui i propositi del presente Capitolo Generale, perché ne derivino frutti abbondanti.

Invoco per tutti in modo particolare l'intercessione di sant'Antonio, nella vigilia della sua festa liturgica, ed assicuro una speciale preghiera per i Confratelli dell'intero vostro Ordine, come pure per quanti beneficiano della vostra azione pastorale.

Con tali sentimenti, di cuore vi benedico.

Data: 1995-06-12 Data estesa: Lunedi 12 Giugno 1995


GPII 1995 Insegnamenti 1060