GPII 1995 Insegnamenti 1135

Visita "ad limina": la traduzione del discorso di Giovanni Paolo II a Presuli della Conferenza Episcopale del Brasile - Città del Vaticano

Titolo: Il lavoro umano è la via dei laici verso la santità: esso porta in sè una parte della Croce di Cristo

Venerati Fratelli nell'Episcopato,

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1. Sono lieto di accogliervi in occasione della vostra visita quinquennale sulle tombe dei Santi Pietro e Paolo. Come successori degli Apostoli, la cui testimonianza del Signore risorto è il fondamento sicuro della proclamazione del Vangelo da parte della Chiesa, in tutti i tempi e in tutti i luoghi, siete venuti a Roma per riconfermare la vostra comunione, nella fede e nella carità, con il Successore di Pietro. Vi saluto, Vescovi delle regioni Ovest 1 e 2, e abbraccio di cuore tutti i sacerdoti, i religiosi e i fedeli laici delle Diocesi delle Provincie ecclesiastiche del Mato Grosso e del Mato Grosso del Sud. Ringrazio l'Arcivescovo di Cuiaba, don Bonifacio Piccinini, per le cordiali parole di saluto. Insieme a San Paolo "ringrazio continuamente il mio Dio per voi a motivo della grazia di Dio che vi è stata data in Cristo Gesù... Egli vi confermerà sino alla fine" (
1Co 1,4-8).

Nel regno della fede, il vostro pellegrinaggio a questa Santa Sede rappresenta un incontro con le origini stesse della Chiesa: la missione degli Apostoli e la loro confessione di Gesù Cristo come Figlio di Dio e Salvatore del mondo.

Secondo il disegno del Padre, fu a Roma che Pietro e Paolo suggellarono la propria predicazione con la più eloquente delle testimonianze, a imitazione della libera abnegazione di Cristo: Pietro, qui sul colle vaticano, e Paolo fuori dalle mura della città, lungo la via per Ostia. Noi, che siamo i successori degli Apostoli, ascoltiamo Cristo che ci affida lo stesso mandato che diede loro: "Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni" (Mt 28,19). Prego Dio affinché questa visita ad Limina vi incoraggi nella vostra confessione del Signore e nell'impegno al Suo servizio.

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2. "Siate voi dunque perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste" (
Mt 5,48).

Cogliendo l'occasione di questo incontro, vorrei riflettere insieme a voi, cari Fratelli nell'Episcopato, sul mandato in cui Cristo non manifesta solo un desiderio, una formula o un consiglio; al contrario utilizza la forma verbale "sede" che indica un mandato imperativo, senza limiti, diretto a tutti: quando pronuncio queste parole in mezzo alla campagna probabilmente lo stavano ascoltando agricoltori e casalinghe, artigiani, mendicanti, piccoli commercianti, dottori della legge, bambini, malati... Dietro di essi il Signore avrà visto gli uomini di tutte le epoche, nazionalità e professioni. Ci avrà visto! Il mondo nel quale viviamo sta attraversando una fase di grande mutamento storico. Si stanno trasformando i volti dei Paesi, il progresso tecnologico sta facendo passi giganteschi nella diffusione del benessere e nell'avvicinamento fra i popoli, le società si stanno adattando alle nuove esigenze conformi ai diritti inalienabili di ogni essere umano, ma non muta né diventa obsoleto quel mandato imperativo di Cristo: "Siate voi dunque perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste". Oggi la Chiesa si sente esortata dalla forza dello Spirito Consolatore a diffondere con maggiore vigore questo messaggio del Redentore degli uomini.

Nonostante le voci dei profeti del pessimismo, vorrei ricordare ancora una volta ciò che il Concilio Vaticano II ha solennemente dichiarato: "tutti i fedeli di qualsiasi stato o grado sono chiamati alla pienezza della vita cristiana e alla perfezione della carità: da questa santità è promosso, anche nella società terrena, un tenore di vita più umano" (LG 40). La santità, già presente e operante nella fase terrena del cammino ecclesiale, non è un privilegio di pochi o di una determinata parte della Chiesa, ma un appello rivolto a tutti i membri del Popolo di Dio, senza eccezioni: Vescovi, sacerdoti, diaconi, religiosi e laici.

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3. Ogni visita ad Limina è sempre un momento speciale per riflettere sui principali temi che ho ritenuto opportuno affrontare e molto spesso per riconsiderare altri messaggi rivolti a ogni Chiesa particolare nella sua specificità, poiché "l'amore di Cristo ci spinge" (
2Co 5,14). Per questo, fu con grande speranza che conclusi la mia omelia a Florianopolis in occasione della beatificazione di Madre Paulina: "il Brasile ha bisogno di santi, di molti santi! La santità è la prova più chiara e più convincente della vitalità della Chiesa in tutti i tempi e in tutti i luoghi" (Omelia 18.X.1991).

Come non ricordare qui la figura dell'"Apostolo del Brasile", il beato José de Anchieta, che ho avuto la lieta opportunità di beatificare in occasione del mio primo viaggio nella vostra terra? A cosa è servita la sua instancabile attività apostolica? "C'era una visione e uno spirito: la visione integrale dell'uomo riscattato dal sangue di Cristo; lo spirito del missionario che tutto fa perché gli esseri umani... raggiungano la pienezza della vita cristiana" (Omelia 3.VII.1980).

Cosa voleva Gesù da Pietro quando lo chiamo ad essere il Principe degli Apostoli? "Gesù, fissando lo sguardo su di lui, disse: 'Tu sei Simone, il figlio di Giovanni; ti chiamerai Cefa (che vuol dire Pietro)'" (Jn 1,42). Il Vangelo non ci rivela i pensieri intimi del futuro apostolo che d'altro canto sarebbero molto meno utili delle parole di Cristo. Un'anima si presenta di fronte a Gesù e questi l'attraversa da un lato all'altro, la comprende, le dà un nome, la consacra e, in un certo modo, prende possesso di essa. In maniera analoga, Dio ha il proprio disegno per ognuno di noi poiché tutti noi siamo per Lui oggetto di una vocazione speciale. Chiamandoci a una missione, Dio non sopprime la nostra attività; al contrario la incoraggia. Ci chiama, senza dubbio, ma noi dobbiamo rispondere.

Mediante il battesimo tutti noi siamo "chiamati" santi, come san Paolo chiamava i suoi fratelli. Non "fatti" santi in quell'istante, ma chiamati alla santità e resi capaci di raggiungerla. Il Signore chiede ad ognuno di noi: "Vuoi entrare nella vita", vuoi partecipare al disegno concepito dall'autore della vita? Vuoi svolgere il tuo compito nell'opera divina della vita? Vuoi comprendere e orientare la tua vita, portarla alla pienezza e ricevere in cambio la pienezza della vita? Carissimi Fratelli nell'Episcopato, che altro obiettivo può volere il cristiano quando è completamente posseduto dallo spirito di Cristo?

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4. E' evidente che i religiosi e le religiose sono chiamati alla santità in un modo urgente. La via dei consigli evangelici, di fatto, è spesso chiamata "via di perfezione" e lo stato di vita consacrata "stato di perfezione". La vocazione religiosa è il grande problema della Chiesa del nostro tempo. Proprio per questo è necessario riaffermare con forza che essa appartiene a quella pienezza spirituale che lo stesso Spirito - lo spirito di Cristo - suscita e plasma nel Popolo di Dio.

Senza gli ordini religiosi, senza la vita "consacrata", mediante i voti di castità, di povertà e di obbedienza, la Chiesa non sarebbe pienamente se stessa. I religiosi, in effetti, diceva Papa Paolo VI "con la stessa intima natura del loro essere si collocano nel dinamismo della Chiesa, assetata dell'Assoluto, che è Dio, chiamata alla santità" (EN 69). Del resto, in diversi modi, il recente "Sinodo sulla Vita Consacrata" ha voluto riaffermare che la vita consacrata è la testimonianza pubblica della vocazione alla santità, vivendo nella Chiesa la Comunione per la Missione, attraverso l'annuncio costante e gioioso delle verità del Regno rivelate da Gesù.

E' necessario pertanto che voi rivolgiate la vostra attenzione alla santificazione delle persone comuni che costituiscono il Popolo di Dio.

L'antichissima tradizione ecclesiale - con profonde radici evangeliche - che considera la santità come un diritto e un dovere di tutti i fedeli, è stata approfondita nella prima metà di questo secolo e ripresa, significatamente, dal Concilio Vaticano II a tal punto da poter affermare che la chiamata universale alla santità costituisce l'asse centrale di tutti i suoi insegnamenti. "Tutti nella Chiesa, sia che appartengano alla gerarchia sia che essa siano diretti, sono chiamati alla santità, secondo il detto dell'apostolo: "La volontà di Dio è questa, che vi santifichiate" (
1Th 4,3)" (LG 39).

Voi, in quanto Pastori, dovete infondere questa verità in tutti i vostri fedeli: nella Chiesa vi è un ordine gerarchico e diverse condizioni, ma vi è anche una unità radicale: il diritto e il dovere di cercare di essere santi, di amare Dio con tutto il cuore, con tutta l'anima e con tutte le forze, poiché a tutti noi - sacerdoti, religiosi e laici - fu detto "siate santi come il vostro Padre celeste".

Recentemente ho avuto occasione di riaffermare che noi sacerdoti abbiamo "il dovere di tendere alla santità per essere "ministri di santità" verso gli uomini e le donne affidati al nostro servizio pastorale" (Lettera ai sacerdoti, 1995, n. 8). Allo stesso modo ho manifestato il desiderio che tutti gli anni, se possibile, nella solennità del Sacro Cuore di Gesù, si mediti su questo commovente appello che Gesù fa alla massima santità in una "Giornata per la Santificazione dei Sacerdoti" (ibidem). Per quel che riguarda la vita religiosa, vista la sua importanza, desidero riservarle uno spazio maggiore in occasione della visita ad Limina del prossimo gruppo di Vescovi. Ora rivolgiamo ai laici una giusta attenzione, tenendo presente che costituiscono la maggior parte del Popolo di Dio.

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5. I laici si santificano nel mondo.

E' ciò che afferma il Concilio Vaticano II "il carattere secolare è proprio e particolare ai laici...Per loro vocazione è proprio dei laici cercare il regno di Dio trattando le cose temporali e ordinandole secondo Dio. Essi vivono nel secolo, cioè implicati in tutti e singoli gli impieghi e gli affari del mondo e nelle ordinarie condizioni della vita familiare e sociale, di cui la loro esistenza è come intessuta" (
LG 31).

Vorrei richiamare la vostra attenzione su un fatto estremamente significativo menzionato poco dopo: "tutti i fedeli quindi nella loro condizione di vita, nei loro lavori o circostanze e per mezzo di tutte queste cose, saranno ogni giorno più santificati" (LG 41). I religiosi che vivono nel mondo, ma con una particolare consacrazione a Dio, non potranno più pensare che i laici possano aspirare alla santità nonostante le difficili condizioni in cui vivono nel mondo, ma, al contrario, dovranno considerare che proprio grazie a queste difficoltà essi si santificheranno.

Poiché ogni realtà terrena è assunta in Cristo all'interno dell'economia della salvezza, il lavoro, in modo particolare, è una forma molto importante di partecipazione alla croce redentrice di Cristo. "Ogni lavoro - sia esso manuale o intellettuale - va congiunto inevitabilmente con la fatica" (LE 27). E' per me un'immensa gioia ricordare con frequenza tutti gli uomini, le donne, gli anziani e i giovani sparsi in tutto il Brasile, che svolgono le più diverse attività, santificandosi nei lavori più vari: le casalinghe che si dedicano con amore ai compiti estenuanti e apparentemente monotoni del focolare, così poco apprezzati al giorno d'oggi, gli studenti che gioiosamente s'istruiscono nelle diuturne attività scolastiche, a volte tanto sprovviste di stimoli, i minatori che respirano l'aria inquinata nei tunnel o all'aperto, portando con dignità la propria croce quotidiana, i pescatori che, speranzosi, affrontano i pericoli del mare, gli agricoltori, i piccoli contadini, gli allevatori, e, ad esempio, i braccianti delle vostre immense distese dell'Altipiano Centrale e della Pianura del Pantano, gli operai delle fabbriche, gli uomini che svolgono un lavoro manuale nell'ambito delle riparazioni, a volte in condizioni estremamente difficili, infine coloro che si dedicano a fondo all'attività intellettuale, intenti a porre Cristo in cima al sapere umano, i malati che lottano contro il dolore - anche questo è un lavoro - in ospedali a volte tanto carenti di calore umano, offrendo la loro sofferenza alla Chiesa. Desidero ricordare a tutti che il lavoro umano che contiene "una parte della croce di Cristo", se svolto con amore, possiede "un barlume di vita nuova, del nuovo bene, quasi come un annuncio dei 'nuovi cieli e di una terra nuova' i quali proprio mediante la fatica del lavoro vengono partecipati dall'uomo e dal mondo" (LE 27).

Non posso non ricordare qui che il valore intrinseco del lavoro umano deve essere riconosciuto dalla società e dagli Stati, che si sforzeranno di tradurre in leggi giuste la centralità dell'uomo in rapporto al capitale e al lucro garantendo così una giusta remunerazione, che assicuri la stabilità della famiglia costituita, l'accesso della prole all'istruzione, il beneficio del legittimo tempo libero. Proprio perché nobilità l'uomo, il lavoro non può essere considerato un mero strumento di produzione, riducendo il lavoratore alla condizione di semplice mano d'opera. Anche qui è indispensabile riprendere, nell'ambito dell'evangelizzazione e della testimonianza della Chiesa, i preziosi insegnamenti della Dottrina Sociale della Chiesa, già ripetutamente enunciati dai miei Predecessori e da me sviluppati in alcune delle mie Encicliche.

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6. Appare qui, in una luce chiara e in una prospettiva molto ampia, il compito del Vescovo come padre spirituale del Popolo di Dio. Il Concilio Vaticano II ha parlato dell'aiuto che la Chiesa si sforza di prestare all'attività umana attraverso i cristiani: se la Chiesa in tutti i suoi membri è autentica, allora "già con la sola sua presenza, con tutti i doni che contiene, è sorgente inesausta di quelle forze di cui ha assoluto bisogno il mondo moderno" (
GS 43).

Affinché ciò avvenga vi sono due condizioni: la testimonianza, soprattutto dei Pastori, e il loro insegnamento chiaro ed esplicito. "Inoltre ricordino i Pastori tutti che essi con la loro quotidiana condotta e sollecitudine mostrano al mondo la faccia della Chiesa, in base alla quale gli uomini si fanno un giudizio sulla efficacia e sulla verità del messaggio cristiano" (ibidem GS 43).

Tutto ciò dipende pero da una dottrina senza mezze verità. I Vescovi ai quali è stata affidata la missione di guidare la Chiesa di Dio "devono insieme con i loro presbiteri predicare il messaggio di Cristo in modo tale che tutte le attività terrene dei fedeli siano pervase dalla luce del Vangelo" (ibidem GS 43).

E' evidente qui, come certamente comprenderete, l'importante ruolo che in tal modo il compito evangelizzatore assumerà. Vale la pena sottolineare il fatto che senza santità di vita le doti e le qualità dedicate ad annunciare il Regno di Dio daranno scarsi risultati (cfr. Discorso, 29.X.1993). Tuttavia quando la fede, la speranza e l'amore sono ben radicati nel cuore umano, quando diventano un'esperienza coerente, si trasmettono facilmente, con la stessa naturalità ed efficacia con cui la linfa scaturisce dalla fibra legnosa.

Inculturare significa anche parlare con la massima sincerità, dal fondo dell'anima alla base culturale che gli uomini hanno iscritta nell'intimo del loro essere. La comunicazione della verità - lo si costata tutti i giorni - è il migliore metodo di inculturazione poiché la verità si radica nella parte più profonda di ogni essere umano, indipendentemente dalla razza, dalla lingua e dalla nazionalità. Per questa ragione "sarà la sintesi vitale che i fedeli laici sapranno operare fra il Vangelo e i doveri quotidiani della vita la più splendida e convincente testimonianza" (CL 34) e l'apostolato individuale più prezioso ed efficace.

Il mio pensiero si rivolge alla famiglia cristiana brasiliana, che nonostante i nostri sforzi attraverso la Pastorale della Famiglia, è soggetta a ogni tipo di pressione laicista volta solo a disgregare questa cellula fondamentale della società. Non posso pertanto non menzionare qui il ruolo svolto dalle università in Brasile, in particolare dalle università cattoliche nella promozione del dialogo fra il Vangelo e la società di oggi. Per questo ribadisco ora l'importante missione che, soprattutto le università cattoliche, svolgono nella diffusione del valore della cultura moderna nella misura in cui promuovono, con studi appropriati, il rispetto della famiglia, cellula fondamentale di qualsiasi cultura umana (cfr. Costituzione Apostolica sulle Università cattoliche, 15.VIII.1990, n. 45). Riconosco, come del resto ho già avuto occasione di dichiarare a Salvador de Bahia (cfr. Discorso, 20.X.1991), lo sforzo dell'Episcopato brasiliano nella promozione di una pastorale universitaria seria e di un valido dialogo fra fede e cultura. Tuttavia, di fronte all'inquietante fenomeno degli attentati contro l'unità familiare, e in particolare contro la vita, diventa urgente un'attenta evangelizzazione che faccia fiorire e sviluppare "una convinta e responsabile partecipazione e "appartenenza" alla Chiesa quale "comunità di fede"" (VS 109).

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7. Cari fratelli Vescovi, prima di concludere desidero ringraziarvi calorosamente per la vostra fedeltà a nostro Signore e Salvatore Gesù Cristo e per il vostro profondo senso di comunione con la Chiesa universale. Sono trascorsi quasi quattro anni dalla mia seconda visita al vostro Paese. Il ricordo di quel viaggio è ancora vivo nella mia mente. Continuo a ricevere lettere dal Brasile che ricordano quei giorni di incontri di preghiera. Consentitemi oggi di ricordare nuovamente l'affetto con il quale i vostri Vescovi mi espressero - a nome di tutto l'Episcopato brasiliano - il vivo desiderio di comunione con il Successore di Pietro. Vi ringrazio per questa manifestazione di fede e di adesione alla sede di Pietro e chiedo a Dio che la faccia fiorire sempre più in realtà feconde. Che lo Spirito vi confermi in questo edificante pensiero! Con la mia benedizione Apostolica.

Data: 1995-06-24 Data estesa: Sabato 24 Giugno 1995

Udienza: il discorso del Santo Padre alle Suore Insegnanti del Terz'Ordine Regolare di S. Francesco - Città del Vaticano

Titolo: Tenete vivo il vostro carisma educativo e caritativo

Carissime Suore Insegnanti del Terz'Ordine Regolare di San Francesco!

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1. Sono lieto di accogliervi mentre state celebrando il vostro Capitolo Generale.

Vi saluto tutte cordialmente: ringrazio in particolare la Superiora Generale, Suor M. Luceta Macik, per le parole che mi ha rivolto.

La vostra Famiglia Religiosa è nata in due fasi successive, a metà ed alla fine del secolo scorso, nel cuore dell'Europa. Essa è uno dei numerosi rami della rigogliosa pianta francescana, una delle piante più feconde della Chiesa, sulla quale lo Spirito Santo ha fatto sbocciare svariati fiori di vita consacrata e maturare frutti di santità. Antonia Lampel e le Sorelle Zahalka appartengono a tale fioritura: a loro la divina Provvidenza ha affidato uno specifico modo di coniugare lo spirito francescano coll'impegno educativo.

Care Sorelle! In occasione del centenario della Congregazione, avete portato a compimento un lungo lavoro di ricerca sugli anni della fondazione, per potere, secondo l'insegnamento del Concilio Vaticano II, essere fedeli al carisma originario. Questo lavoro è risultato molto importante e non può che rivelarsi fruttuoso, giacché solo approfondendo le radici l'albero può slanciarsi con sicurezza e stabilità verso l'alto. così voi, su basi ben ferme potete proiettarvi con coraggio e fiducia verso il prossimo terzo millennio.

In questo senso si muove la riflessione della presente assemblea capitolare, il cui tema riecheggia il mandato a voi affidato da Antonia Lampel: "Tenete vivo il carisma nel 21 secolo". Sul vostro carisma nella prospettiva del terzo millennio state, infatti, esercitando in questi giorni un attento discernimento, alla luce della Parola di Dio, della vostra storia e dell'evoluzione sociale.

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2. La Regola del Terz'Ordine Francescano imprime alla vostra vita personale e comunitaria le caratteristiche note della penitenza, della povertà e della fraternità, espressione della conversione del cuore. Come seguaci di Antonia Lampel, voi vi impegnate a vivere in intima unione con Dio il quotidiano servizio apostolico, in particolare l'educazione e la promozione della persona umana nella pienezza dei suoi aspetti.

Care Sorelle, quanto è attuale questa vocazione e missione! Oggi più che mai, mentre la società dei consumi e della comunicazione di massa riconosce le proprie carenze sul piano educativo; mentre le famiglie avvertono un vitale bisogno di appoggi concreti per la loro primaria funzione di trasmissione di valori, la Comunità ecclesiale è chiamata a servire con rinnovato slancio quanti sono piccoli e poveri non solo per età e indigenza, bensi anche per mancanza di ambienti umanizzanti e di validi modelli di riferimento.

Sapete quanto io insista sul ruolo che la donna è chiamata a svolgere in questo cruciale "ministero della vita umana". Sono convinto che la vostra Congregazione, dotata della grande valenza formativa della spiritualità francescana, può continuare a rendere un servizio assai prezioso all'odierna società. Il carisma di Francesco d'Assisi si rivela infatti tra i più idonei a suscitare nelle nuove generazioni il fascino del vero, del bene e del bello, così da muovere le coscienze verso quella pienezza di vita che solo Cristo e il suo Vangelo sanno donare.

Care Sorelle! Ricche di questo carisma, camminate dunque verso il prossimo secolo con gioiosa dedizione. Siate voi stesse segno, con la vita personale e comunitaria, dei valori che proponete. E per questo siate donne di preghiera profonda e continua: donne semplici e sapienti. La Vergine Santa vi protegga sempre. Vi accompagni anche la mia Benedizione, che imparto di cuore a voi, estendendola volentieri a tutte le vostre Consorelle.

Data: 1995-06-24 Data estesa: Sabato 24 Giugno 1995

Udienza: il discorso di Giovanni Paolo II ai Lupetti e alle Coccinelle dell'AGESCI in Piazza San Pietro - Città del Vaticano

Titolo: Siate efficaci costruttori di pace e realizzatori di solidarietà e di amore fraterno ispirati al Vangelo

Cari Lupetti e Coccinelle dell'AGESCI, Carissimi Fratelli e Sorelle!

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1. Vi saluto tutti con affetto e vi ringrazio perché siete venuti a farmi visita.

Saluto, in particolare, l'Assistente Ecclesiastico Generale della vostra Associazione, Mons. Arrigo Miglio, nonché i responsabili, gli animatori e gli educatori dell'AGESCI. Saluto soprattutto voi, cari Lupetti e care Coccinelle, che desiderate "darmi una mano", cioè offrire le vostre mani al Papa per manifestare così la vostra risposta entusiasta alla lettera che, nel dicembre scorso, ho scritto ai bambini del mondo intero.

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2. Voi avete inviato molte risposte alla mia lettera. Questa vostra presenza, viva e festosa, costituisce, pero, la risposta più gradita, scritta non con l'inchiostro sulla carta ma, direbbe l'apostolo Paolo, con il canto nei nostri cuori (cfr.
2Co 3,2). E' una risposta piena di amore e di generosità, come solo i bambini sanno fare. Per questa grande occasione voi, cari Lupetti e care Coccinelle dell'AGESCI, avete voluto invitare i vostri amici di altre associazioni scouts: rappresentanti degli "Scouts de France" e della "Fédération des Scouts Catholiques de Belgique", del "Corpo Nazionale Guide Esploratori Italiani" (CNGEI), e della "Federazione Scouts d'Europa" (FSE). Tutti il Papa è lieto di accogliere e tutti saluta con uguale affetto.

Varie volte ho avuto modo di incontrare la famiglia degli Scouts, visitando le parrocchie e le diocesi, ed oggi mi piace vedervi tutti insieme in questa corale festa di gioia, che costituisce un esempio di fraterna comunione tra le varie Associazioni Scouts, pur nel mutuo rispetto delle proprie peculiari caratteristiche. Mi tornano alla mente, questa mattina, soprattutto alcuni incontri avuti negli anni scorsi con il mondo dello scoutismo: in particolare, quello con i Clans dell'AGESCI a Piano di Pezza, il 9 agosto 1986; oppure quello con le Guide e Scouts d'Europa, il 3 agosto dello scorso anno. Confido che le linee da me tracciate in tali indimenticabili appuntamenti siano da voi fedelmente poste in pratica ad ogni livello nelle molteplici ed interessanti attività che quotidianamente promuovete. Carissimi, continuate sulla strada del mutuo rispetto e della fattiva collaborazione. Continuate anche a pregare per me.

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3. Si, cari Lupetti e care Coccinelle, vorrei ringraziarvi particolarmente per le vostre preghiere, che sono a me di grande aiuto. Sono le mani dei bambini che si uniscono a quelle del Papa ed insieme si alzano verso il cielo.

Voi volete condividere le mie preoccupazioni per i tanti problemi che toccano l'umanità ed io confido nell'aiuto che mi vorrete dare, affinché, grazie anche alla vostra collaborazione, possa attuare pienamente il compito che il Signore mi ha affidato.

E' un compito certamente difficile, e voi lo avete ben evidenziato nelle vostre lettere. In esse mi parlate della vita, della pace nel mondo, dell'assurdità della guerra e di tutte le guerre, della famiglia e dell'amore. I temi della fratellanza, della concordia a tutti i livelli, della lealtà e del rispetto della natura, della comune collaborazione nella società affiorano come realtà morali importanti per voi, che volete impegnarvi a fare in modo che l'avvenire sia migliore del presente. Si tratta di un impegno non facile, ma quanto mai significativo per voi e per il mondo intero.

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4. La sensibilità che mostrate verso le sofferenze di tanti, troppi bambini, lontani e vicini, nasce sicuramente dall'amore che voi nutrite per Gesù, il Figlio di Dio, fratello d'ogni uomo.

La legge del Branco e del Cerchio, che è la legge del vostro gruppo, vi allena e vi educa a pensare agli altri come a voi stessi. Vi spinge ad esprimervi con gioia e lealtà, a seguire l'esempio di Cristo, mettendo ordine nella vostra vita, con costanza ed attenzione, vigilando su voi stessi per migliorarvi ed essere pronti ad aiutare gli altri. Questa è la vostra strada. Questa è la missione che il Papa rinnova ai bambini di oggi, che saranno i giovani del terzo millennio.

Essere "nuovi" nel cuore e nella mente, testimoni ed apostoli della nuova evangelizzazione: ecco la sfida per ciascuno di voi. In questo modo anche voi, fin d'ora, diventate non solo efficaci costruttori di pace, ma realizzatori di una solidarietà e di un amore fraterno che si ispirano al Vangelo. Uniti a Gesù che ha sconfitto il male, potete vincere ogni scoraggiamento e ogni paura.

Lo scoutismo - lo si dice da molte parti - vuole aiutarvi a diventare persone nuove, educandovi a quelle "virtù difficili", che permettono ad ogni uomo e ad ogni donna di realizzare il progetto di Dio nella propria esistenza.

Orbene, carissimi ragazzi, una strada c'è ed è la strada che vi guida verso una realizzazione autentica, una pista ed un sentiero nella "giungla" e nel "bosco" (sono questi i nomi del vostro ambiente di gioco e di intelligente ricerca). La strada, il sentiero, la via, la verità è Cristo: "Io sono la via", Egli ha detto. Ricordate queste parole! Ed ha soggiunto: "Chi cammina con me, non cammina nelle tenebre, ma avrà la luce della vita" (
Jn 8,12).

Quale cosa più seria, quale avventura più affascinante di questa: conoscere la via di Cristo, imparare a scoprirla giorno per giorno senza incertezze? Sentitevi impegnati ad approfondire il suo progetto per la vostra esistenza. Occorre decidersi a seguire il Signore con grande amicizia e generosità, sull'esempio di chi lo incontrava sulle strade della Palestina: "Maestro, io ti seguiro dovunque tu andrai" (Mt 8,19); "Dimmi, Maestro, che cosa devo fare per avere la vita eterna?" (Mc 10,17).

Sapete bene che il Signore non vi negherà una risposta, né vi rifiuterà un gesto di fiducia. Sarà Egli stesso a chiedervi di "dargli una mano", affinché il suo Regno cresca e si sviluppi. Conoscete il messaggio di Gesù: "Ecco, io vi mando come agnelli in mezzo ai lupi" (Lc 10,3). Siate perciò prudenti come serpenti e semplici come colombe. Si tratta di una legge di prudenza e di coraggio, che anima l'educazione alla vita proposta dal metodo scoutistico.

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5. Il metodo scout, inoltre, proprio perché rispetta i disegni che per ogni persona sono tracciati da Dio Padre e Creatore, è accolto e praticato da ragazzi e giovani di diverse confessioni religiose e tradizioni culturali, formando una delle più forti esperienze di fraternità universale del nostro secolo, fraternità di cui oggi c'è così grande bisogno. Tale dimensione ecumenica ed interreligiosa è sempre più importante e va incoraggiata. In particolare, la vocazione ecumenica dello scoutismo deve essere vissuta da tutti gli scouts cristiani e anzitutto cattolici, ai quali è richiesta una particolare testimonianza di comunione e di unità.

L'incontro dello scoutismo con la fede cattolica si è rivelato fecondo come scuola di crescita per cristiani autentici e come fonte di autentica spiritualità. Il Vangelo trova significativi riscontri nelle parole-chiave dello scoutismo e questo viene a sua volta illuminato e potenziato, quando è praticato nell'esperienza del cammino ecclesiale.

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6. Cari Lupetti e care Coccinelle, invito voi ed i vostri Capi educatori a condividere sempre più la vostra "famiglia felice" con la Comunità ecclesiale, parrocchiale e diocesana.

Vi aiuti in questo itinerario Maria, sempre pronta a dire "si" al Signore e a servire i fratelli; vi sostengano i santi e i beati legati allo scoutismo: san Francesco, patrono dei Lupetti e delle Coccinelle, san Giovanni Battista, che ha dedicato la sua vita a preparare la strada a Gesù, il beato Marcel Callo, giovane scout e il beato Pier Giorgio Frassati, giovane sportivo ed entusiasta.

Vi accompagni anche la Benedizione Apostolica che il Papa imparte di cuore a tutti voi qui presenti e alla grande famiglia dello scoutismo.

Data: 1995-06-24 Data estesa: Sabato 24 Giugno 1995

Angelus: il Papa in vista della IV Conferenza mondiale sulle donne indetta dall'ONU per il prossimo settembre - Città del Vaticano

Titolo: La cultura dell'eguaglianza fra l'uomo e la donna sarà duratura e costruttiva se rispecchierà il disegno di Dio

Carissimi Fratelli e Sorelle!

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1. Il rispetto della piena uguaglianza tra uomo e donna, in ogni ambito della vita, è una grande conquista della civiltà. Ad essa hanno contribuito le donne stesse con la loro sofferta e generosa testimonianza quotidiana, ma anche con i movimenti organizzati che, soprattutto nel nostro secolo, hanno posto questo tema all'attenzione universale.

Purtroppo non mancano ancora oggi situazioni in cui la donna vive, di fatto, se non giuridicamente, una condizione di inferiorità. E' urgente far maturare dappertutto una cultura dell'uguaglianza, che sarà duratura e costruttiva nella misura in cui rispecchierà il disegno di Dio.

L'uguaglianza tra uomo e donna è infatti affermata fin dalla prima pagina della Bibbia, nello stupendo racconto della creazione. Dice il libro della Genesi: "Dio creo l'uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creo; maschio e femmina li creo" (
Gn 1,27). In queste brevi battute emerge la ragione profonda della grandezza dell'uomo: egli porta impressa, dentro di sé, l'immagine di Dio! Ciò vale in pari misura per il maschio e per la femmina, ambedue segnati dall'impronta del Creatore.

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2. Questo originario messaggio biblico ha raggiunto la sua piena espressione nelle parole e nei gesti di Gesù. Al suo tempo pesava sulle donne il retaggio di una mentalità che le discriminava profondamente. L'atteggiamento del Signore é una "coerente protesta contro ciò che offende la dignità della donna" (
MD 15). Egli infatti stabilisce con le donne un rapporto improntato a grande libertà e amicizia. Se ad esse non attribuisce il ruolo degli Apostoli, le fa tuttavia prime testimoni della sua Risurrezione e le valorizza per l'annuncio e la diffusione del Regno di Dio. Nel suo insegnamento le donne ritrovano veramente "la propria soggettività e dignità" (MD 14).

Sulle orme del suo divino Fondatore, la Chiesa si fa convinta portatrice di questo messaggio. Se talora, nel corso dei secoli e sotto il peso del tempo, alcuni suoi figli non hanno saputo viverlo con la stessa coerenza, questo costituisce motivo di grande rammarico. Il messaggio evangelico sulla donna non ha pero perso nulla della sua attualità. Per questo ho voluto riproporlo in tutta la sua ricchezza nella Lettera Apostolica Mulieris Dignitatem, che ho pubblicato in occasione dell'Anno mariano.

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3. Quanto sia grande la dignità della donna è possibile intuirlo già solo dal fatto che l'eterno Figlio di Dio ha voluto nascere nel tempo da una donna, la Vergine di Nazaret, specchio e misura di vera femminilità. Sia proprio Maria ad aiutare gli uomini e le donne a percepire e a vivere il mistero che li abita, riconoscendosi vicendevolmente, senza alcuna discriminazione, come "immagini" viventi di Dio.

(Successivamente il Papa ha salutato con queste parole i pellegrini di lingua italiana presenti:] Rivolgo ora un cordiale saluto a tutti i pellegrini, in particolare alle Corali parrocchiali delle Diocesi di Teramo-Atri, San Benedetto e Ascoli Piceno, venute a Roma in occasione del decimo anniversario della mia visita a Teramo.

Saluto anche i fedeli delle parrocchie di Santa Caterina in Fermo, di San Leonardo Murialdo in Roma e di San Vitale in Mirteto di Massa, come pure quelli di Zavattarello (Diocesi di Tortona) e di Atrani (Diocesi di Amalfi). Tutti invito a rinnovare con intima adesione la professione di fede, presso la tomba dell'apostolo Pietro, a pochi giorni dalla Solennità liturgica dei Santi Pietro e Paolo.

Saluto inoltre i membri dell'Associazione Culturale Archeologica Modenese.

nostra traduzione italiana delle sue parole:] Saluto i pellegrini venuti dalla Polonia. Faccio tanti auguri ai giovani per la fine dell'anno scolastico e per le vacanze. Dio benedica loro in questo periodo di riposo estivo e loro si ricordino la S. Messa, la preghiera e le opere di carità verso il prossimo.

(Con queste parole il Papa ha poi rivolto il benvenuto al Patriarca di Costantinopoli Bartolomeo I, che sarà in visita al Santo Padre alla Chiesa di Roma da martedi 27 a giovedi 29 giugno, Solennità dei Santi Pietro e Paolo:] Ancora una volta ringrazio tutti, i romani, i pellegrini, per la vostra presenza e vi invito alla grande Solennità dei Santi Pietro e Paolo, che si celebrerà giovedi prossimo alla presenza di Sua Santità il Patriarca di Costantinopoli, Bartolomeo. Benvenuto a Roma, carissimo fratello di Costantinopoli! Sia lodato Gesù Cristo! (Infine Giovanni Paolo II ha elevato una preghiera per le persone attualmente sequestrate in Sardegna:] Mercoledi scorso il Vescovo di Nuoro, Mons. Meloni, ha convocato una speciale assemblea liturgica per pregare in favore delle persone attualmente sequestrate in Sardegna. Anch'io, come già ho fatto in altri casi, desidero unirmi all'intera Comunità nuorese e sarda per testimoniare la mia vicinanza ai familiari delle cinque vittime di questo disumano delitto. Prego per ciascuno dei rapiti e per i loro cari. Prego perché i rapitori abbiano il coraggio di ascoltare la voce di Dio, che parla nella loro coscienza, e rinneghino una volta per sempre ciò che è indegno dell'uomo.

(Il Papa ha quindi concluso l'Angelus dando appuntamento ai fedeli fra due settimane, in quanto domenica prossima, 2 luglio, sarà in visita pastorale nella Repubblica Slovacca]

Data: 1995-06-25 Data estesa: Domenica 25 Giugno 1995


GPII 1995 Insegnamenti 1135