GPII 1995 Insegnamenti 1279

Udienza: Giovanni Paolo II al Capitolo Generale dei Missionari Saveriani - Città del Vaticano

Titolo: Di fronte ai problemi dello sviluppo vi è richiesta una continua riappropriazione del vostro carisma: l'annuncio del Vangelo a chi non lo conosce

Carissimi Missionari Saveriani!

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1. Sono lieto di accogliervi in occasione del vostro Capitolo Generale, che si sta svolgendo nell'anno centenario della fondazione dell'Istituto e alla vigilia della Beatificazione del Fondatore Guido Maria Conforti. Giunti ormai ad una fase avanzata dei lavori, siete venuti ad esprimere al successore di Pietro la volontà di continuare con rinnovato fervore apostolico il vostro servizio al Vangelo e all'uomo attuale. Saluto cordialmente ciascuno dei presenti, rivolgendo un particolare pensiero al vostro Superiore Generale, Padre Francesco Marini.

In questo momento desidero innanzitutto fare riferimento alla persona ed all'opera del vostro Fondatore. Egli non si trova soltanto all'origine storica della vostra Famiglia ma, in un certo senso, è una sorgente perenne della vostra ispirazione. La sua persona, il suo progetto e il suo spirito, devono rimanere per voi punti di riferimento e di unione. Come i figli, sul piano biologico, ricevono dai genitori delle qualità che li caratterizzano in profondità e li differenziano dalle altre persone che pure hanno in comune con essi tanti tratti, così il Fondatore, sul piano spirituale, vi trasmette delle caratteristiche che qualificano il vostro spirito e lo differenziano da quello di altri Istituti. Si tratta di un insieme di qualità, di sottolineature, di sensibilità che in parte sono sue personali, ma nella maggior parte sono espressione di una fede e di una carità cristiana ormai proposte alla imitazione nella Chiesa.

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2. Questa presenza del Fondatore è una delle modalità per attingere alle sorgenti della vostra spiritualità e del vostro carisma. Si tratta di imitare e in qualche modo di ripetere l'esperienza di Guido Conforti davanti al Crocifisso. E' dal Crocifisso che il vostro Fondatore ha ricevuto la sua vocazione e, di fronte a Lui, egli continuava a riscoprire quel "Caritas Christi urget nos" che ha voluto come motto per la vostra Congregazione. Anche voi, con lo sguardo e il cuore fissi su di Lui, dovete riscoprire la passione di Dio per l'umanità affinché il mondo diventi sempre più "una sola famiglia" (Mons. Conforti). Da quello sguardo e da quella passione nasce l'appello alla missione. La "filantropia" di Dio, difatti, si apre e si comunica, coinvolgendo attraverso la Chiesa, persone, culture, gruppi, ambiti di umanità non ancora raggiunti. La missione non è semplice propaganda umana, ma "amor di Dio posto in opera" (Mons. Conforti).

La vostra Congregazione missionaria è chiamata oggi a confrontarsi con le nuove urgenze della missione "ad gentes", nella quale non mancano purtroppo problemi complessi e difficili, che coinvolgono moltissime persone ad un livello molto profondo, e che a volte vi chiedono di vivere in situazioni drammatiche. Di fronte ai problemi dello sviluppo, della promozione umana, della pacifica convivenza, di fronte ai travagli dell'incontro fra le culture e del confronto con le religioni, sempre vi è richiesta una grande duttilità e una continua riappropriazione del vostro carisma: l'annuncio del Vangelo a chi non lo conosce.

Il vostro specifico servizio all'umanità consiste proprio nell'adesione sempre più profonda alla vostra particolare vocazione.

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3. Una nuova sfida con la quale siete chiamati a confrontarvi è la stessa internazionalizzazione, in questi ultimi anni che si sta accentuando nel vostro Istituto. L'accoglienza di membri di vari Paesi e culture può e deve diventare una ricchezza per tutti, non solo dal punto di vista umano, ma soprattutto dal punto di vista spirituale e missionario. In un mondo così lacerato dalle divisioni, che rischia di accentuare le occasioni di contrasto invece che costruire elementi e fattori di convergenza, una comunità missionaria interculturale e interraziale, che fraternamente vive, comunica e lavora, è già di per sé un "lieto annunzio", cioè la testimonianza che quel Vangelo che viene predicato è una realtà viva ed ha già iniziato a dare i propri frutti.

Curate perciò con particolare impegno la comunione sia all'interno delle vostre Comunità religiose, sia all'interno delle comunità cristiane, sia con la gente alla quale siete inviati. Al missionario è richiesto di essere strumento di comunione, ponte tra le culture, suscitatore di partecipazione più vasta possibile, grazie ad un atteggiamento di costante servizio alle persone e alla società. Il missionario, quasi d'istinto, tende ad allargare la tenda, ad aprirsi cioè all'altro, ad accogliere chi è lontano, a suscitare dialogo, a tessere rapporti di pace, a sfidare e lasciarsi sfidare dallo spirito del Vangelo e dalle prospettive della mondialità.

Diviene perciò naturale per la vostra Congregazione l'impegno per il coinvolgimento dei laici nella animazione missionaria nell'annuncio del Vangelo.

Tutta la Chiesa è soggetto di missione. Essa difatti non è solo la comunità dei salvati, ma ancor più è la comunità di coloro che si pongono a disposizione del Signore per salvare i fratelli. Dio si serve degli uomini per salvare gli uomini.

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4. Sappiate dunque salvaguardare, carissimi, l'identità della vostra vocazione: cercate di diventare sempre più ciò che siete chiamati ad essere. La vostra vocazione sia lo specchio fedele della vostra vera identità personale e comunitaria. La vocazione non viene semplicemente accettata una volta per sempre al momento del noviziato o della professione dei voti religiosi, ma ha bisogno di una continua attualizzazione e di una perenne crescita. Imparate perciò a rinnovarvi nello stesso esercizio del vostro servizio missionario, ovunque esso si svolga. Questo può e deve diventare per voi il luogo di una esperienza evangelica che cresce giorno dopo giorno. Ciò richiede da voi forte tensione spirituale, solidità e sensibilità umana, preparazione culturale, abilità professionale, capacità di dialogo. E' un processo che non termina mai. Accettando le sfide della missione, potrete anzi esprimere il meglio di voi stessi, cioè la vostra più autentica umanità, la vostra fede e il vostro amore per il Signore e per i fratelli.

All'inizio del secondo secolo di vita della vostra Congregazione e alle soglie ormai del terzo millennio, vi auguro di essere missionari in piena sintonia con lo spirito del Fondatore, pronti ad accogliere le indicazioni della Chiesa ed attenti alle esigenze di questo mondo, assetato di autentici testimoni della novità evangelica. Chiedo al Signore che, per intercessione della sua Santissima Madre, effonda sulle vostre persone e sulla vostra attività missionaria copiosi doni di luce e di pace, mentre di cuore vi benedico, insieme con i vostri Confratelli e tutti i fedeli delle missioni a voi affidate.

Data: 1995-07-08 Data estesa: Sabato 8 Luglio 1995

Angelus: la riflessione di Giovanni Paolo II prima della preghiera mariana con i fedeli in Piazza San Pietro - Città del Vaticano

Titolo: Complementarietà e recirpocità caratterizzano il rapporto tra uomo e donna

Carissimi Fratelli e Sorelle!

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1. Domani sarà resa pubblica una mia Lettera alle donne. In essa ho voluto rivolgermi direttamente, e quasi confidenzialmente, a tutte le donne del mondo, per manifestare loro la stima e la gratitudine della Chiesa, ed insieme riproporre le linee essenziali del messaggio evangelico che le riguarda.

Oggi, riprendendo il discorso avviato alcune domeniche fa, desidero in particolare soffermarmi sulla complementarità e reciprocità che caratterizza il rapporto tra le persone dei due sessi.

Nella pagina biblica della creazione si legge che Dio, dopo aver plasmato l'uomo, ha pietà della sua solitudine, e decide di dargli un aiuto che gli sia simile (
Gn 2,18). Ma nessuna creatura è in grado di colmare quel vuoto. Solo quando gli è posta innanzi la donna, tratta dal suo stesso corpo, l'uomo può esprimere il suo profondo e gioioso stupore, riconoscendola "carne della sua carne, e osso delle sue ossa" (Gn 2,23).

Nel suggestivo simbolismo di tale racconto, la differenza dei sessi è interpretata in chiave profondamente unitaria: si tratta infatti dell'unico essere umano, che esiste in due modi distinti e complementari: al "maschile" e al "femminile". Proprio perché la donna si differenzia dall'uomo, ponendosi pero al suo stesso livello, può essergli veramente di "aiuto". D'altra parte, l'aiuto è tutt'altro che unilaterale: la donna è "aiuto" per l'uomo, come l'uomo è "aiuto" per la donna!

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2. Tale complementarità e reciprocità emerge in ogni ambito della convivenza.

"Nell'"unità dei due" - scrivevo nella Lettera Apostolica Mulieris dignitatem - l'uomo e la donna sono chiamati sin dall'inizio non solo ad esistere "uno accanto all'altra" oppure "insieme", ma sono chiamati ad esistere reciprocamente l'uno per l'altro" (
MD 7).

L'espressione più intensa di questa reciprocità si verifica nell'incontro sponsale, nel quale l'uomo e la donna vivono un rapporto fortemente caratterizzato dalla complementarità biologica, ma proiettato al tempo stesso ben oltre la biologia. La sessualità tocca infatti la struttura profonda dell'essere umano e nell'incontro nuziale, lungi dal ridursi a soddisfazione di un cieco istinto, diventa linguaggio mediante il quale s'esprime l'unione profonda dei due soggetti, maschio e femmina. Essi si concedono reciprocamente, e in modo così intimo, proprio per esprimere la comunione totale e definitiva delle loro persone, facendosi al tempo stesso responsabili cooperatori di Dio nel dono della vita.

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3. Chiediamo alla Vergine Santa di aiutarci a cogliere la bellezza del disegno di Dio. Nella speciale missione che le venne affidata, prima nella famiglia di Nazaret e poi nella iniziale comunità credente, Maria porto tutta la ricchezza della sua femminilità. Apprendano da Lei, gli uomini e le donne del nostro tempo, la gioia di essere fino in fondo se stessi, stabilendo rapporti reciproci di rispettoso ed autentico amore.

(Il Papa ha poi aggiunto:] Ancora una volta, alla conclusione di questa preghiera mariana, affido alla Madonna le prove e le sorti di tutti i nostri fratelli della Bosnia ed Erzegovina, i cui diritti fondamentali, tra i quali il diritto alla vita, continuano ad essere calpestati in maniera così barbara. Ne siamo tutti testimoni.

In nome di Dio, chiedo per loro giustizia, pace e compassione.

Che cosa risponderanno i responsabili di tante efferate violenze, quando il giusto Giudice chiederà loro: "Cosa hai fatto del tuo fratello?".

Che scusa potrà invocare chi avrà impedito l'arrivo del cibo a migliaia di uomini affamati, come il povero Lazzaro del Vangelo? Come potranno entrare nelle dimore eterne quelli che hanno espulso il prossimo dalla sua casa? Voglia Iddio ispirare sentimenti di fraternità e di umanità, dare perseveranza a tutti quelli che portano un po' di pace e di sollievo a tante famiglie stremate. Il mio pensiero riconoscente va in particolare alla Forza di pace delle Nazioni Unite e alle tante Organizzazioni umanitarie che con il loro impegno esprimono la solidarietà della famiglia umana.

Con le parole della Lettera agli Ebrei, dico a tutti: "Il Dio della pace... vi renda perfetti in ogni bene" (13,20-21)!

Data: 1995-07-09 Data estesa: Domenica 9 Luglio 1995

Santa Messa celebrata da Giovanni Paolo II presso la Grotta della Madonna di Lourdes nei Giardini vaticani - Città del Vaticano

Titolo: Il missionario è sempre un testimone della Croce, autentica fonte di vita



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1. "Rallegratevi con Gerusalemme..." (
Is 66,10).

La parola del profeta chiama a rallegrarsi con la Città santa. Questo appello giunge oggi a noi, riproposto dalla liturgia di questa quattordicesima domenica del tempo ordinario, e giunge quanto mai salutare! Mentre il nostro cammino terreno è segnato dalle tristezze e dalle angosce che l'egoismo umano va seminando, Dio ci chiama ad esultare per la consolazione che Lui stesso, il Signore, riversa su quanti lo temono.

Gerusalemme è la nostra patria, è la nostra madre. E' figura della Chiesa, nella quale i credenti in Cristo ricevono consolazione dopo aver partecipato al suo lutto. La Chiesa partecipa alle sofferenze di Cristo, ma sempre partecipa anche alla sua consolazione (cfr. 2Co 1,5).

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2. La Chiesa dona vita in abbondanza ai suoi figli, li nutre con la Parola di Dio e con i Sacramenti, facendoli giungere come un fiume di grazia in ogni parte della terra.

Il brano evangelico ci ha presentato la missione dei discepoli, inviati da Gesù per città e villaggi davanti a sé. Essi annunciano il Regno di Dio in parole ed opere, come Cristo stesso faceva. Portano benedizione e annunciano pace, quella pace che solo Cristo può dare.

Alla schiera dei discepoli sarà aggregato un giorno anche Paolo e diverrà un discepolo esemplare. Egli è il missionario che lo stesso Signore si è scelto, convertendolo ai suoi disegni, plasmandolo con la sua grazia e facendolo "nuova creatura" (
Ga 6,15). Paolo è diventato così il grande apostolo della Croce di Cristo: la Croce è l'unico suo vanto, perché egli ha compreso che in essa, e in essa sola, vi è vita e speranza per l'uomo.

Paolo ha sperimentato nella propria esistenza la potenza della Croce, e ne porta i segni concreti. Il discepolo, mandato da Cristo ad annunciare il Regno di Dio, non può seminare efficacemente il Vangelo, se non ne è segnato personalmente e intimamente, se il Vangelo non ha lasciato nella sua stessa persona l'impronta della carità divina. Il missionario è sempre anzitutto un testimone, testimone della Croce, fonte di vita e di speranza.

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3. Sono lieto di poter celebrare oggi l'Eucaristia insieme con alcuni gruppi di Religiose, riunite in Roma per i Capitoli Generali delle rispettive Congregazioni: le Suore Scolopie, le Suore Agostiniane Missionarie, le Figlie della Carità del Preziosissimo Sangue e le Salesiane Oblate del Sacro Cuore.

Vi saluto tutte e ciascuna con affetto, care Sorelle in Cristo, ed elevo in questa Messa una particolare preghiera per voi, affinché nelle assemblee capitolari possiate discernere con sapienza e deliberare con coraggio quanto lo Spirito Santo suggerisce alle vostre Famiglie religiose. Interceda per questo Maria Santissima, Regina delle Vergini, la cui presenza è evocata da questa Grotta, che fa da sfondo alla nostra Celebrazione.

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4. Rivolgendo lo sguardo della mente alla Vergine Santa, vediamo come ricongiungersi in Lei, modello della Chiesa e perfetta discepola di Cristo, le letture bibliche che la Liturgia ci ha proposto in questa Domenica.

Maria è la figlia di Sion prescelta per diventare madre del Messia: dal suo seno è scaturita la Fonte inesauribile della salvezza per tutti gli uomini.

Ella è la prima missionaria, che esulta nello spirito perché il suo nome è scritto nel Cielo. Ella è la nuova creatura, piena di grazia e immacolata per i meriti di Cristo crocifisso.

O Maria, insegnaci a gioire con te in Dio nostro Salvatore, e ad essere testimoni del suo Regno nel mondo.

Amen!

Data: 1995-07-09 Data estesa: Domenica 9 Luglio 1995

Udienza: il discorso rivolto dal Santo Padre alla Congregazione della Piccola Missione per i Sordomuti - Città del Vaticano

Titolo: Guardate con particolare attenzione a quanti privi di udito sono ancora emarginati ed esclusi dall'istruzione e dal lavoro

Cari Padri e Fratelli della Piccola Missione per i Sordomuti!

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1. Sono particolarmente lieto di incontrarvi, mentre vi preparate a celebrare l'XI Capitolo Generale della vostra Congregazione guardando a Gesù, Maestro e Signore, ed invocando la luce e la forza dello Spirito Santo, per impegnarvi con rinnovato ardore nella missione che il Signore vi ha affidato.

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2. In questo mese ricorrono due date a voi molto care: infatti, l'8 luglio 1849 il vostro Fondatore, il Servo di Dio don Giuseppe Gualandi, senti la vocazione a dedicare tutta la sua vita ai sordomuti, e, il 14 dello stesso mese, nel 1907, fu chiamato dal Signore a ricevere il premio riservato al "servo buono e fedele".

Queste due date, riconducendovi alle origini della vostra Famiglia religiosa e alla testimonianza del vostro Fondatore, vi esortano alla fedeltà al vostro carisma, da testimoniare con una continua tensione verso i valori del Vangelo e con la totale dedizione a coloro che il Signore vi affida.

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3. Il vostro apostolato vi porta a vivere vicino ai fratelli privi di udito, per trasmettere loro con gli adeguati mezzi il messaggio della salvezza: anch'essi, infatti, hanno il diritto di ascoltare la "buona Notizia" del Regno di Dio e di conoscere Gesù Redentore e Maria, sua santissima Madre.

La vita e gli insegnamenti del vostro Fondatore, infatti, vi sollecitano a porre al centro della vostra spiritualità l'amore a Cristo ed alla Vergine per educare i sordomuti a fare altrettanto, mettendoli così in grado di attingere con gioia alle sorgenti della salvezza.

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4. L'ardore di carità per gli ultimi, appreso da don Gualandi, vi ha spinti a dilatare le frontiere del vostro apostolato ai privi di udito del Brasile e delle Filippine. Nell'esprimervi vivo apprezzamento per lo spirito missionario che vi anima, vi esorto a guardare con particolare attenzione a questi e ai tanti Paesi dove molte persone prive di udito sono ancora fortemente emarginate ed escluse dall'esercizio dei fondamentali diritti all'istruzione e ad un dignitoso lavoro.

Apprendo con particolare gioia che proprio da quelle Nazioni provengono numerose vocazioni per la vostra Congregazione: esse sono il segno della benevolenza del Signore verso coloro che lo riconoscono e lo servono generosamente nei fratelli più piccoli.

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5. La fedeltà al vostro carisma ed al patrimonio di esperienze e di valori, presente nella storia della vostra Famiglia religiosa, deve darvi il coraggio di guardare avanti e di leggere i segni dei tempi, accogliendo con illuminata prudenza, i grandi progressi della scienza e della tecnica nel campo della pedagogia e della riabilitazione, per promuovere tutte le opportune iniziative per il raggiungimento del bene materiale e spirituale dei privi di udito.

Giustamente voi vedete in loro persone chiamate, non solo ad essere evangelizzate, ma a diventare, a loro volta, soggetti attivi di evangelizzazione, secondo la lodevole tradizione della vostra Congregazione, che ha opportunamente promosso i "Fratelli Oblati" ed il "Movimento Apostolico Sordomuti".

Nel realizzare il vostro apostolato, vi esorto a porre una particolare cura nel formare e coinvolgere i laici, dando impulso alla "Pia Unione di san Francesco di Sales", che vi è stata sempre di grande aiuto, contribuendo, altresi, a far conoscere la vostra opera.

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6. L'imminenza del terzo Millennio cristiano impegna tutti i cristiani ad una rinnovata fedeltà al Vangelo mediante un concreto impegno di conversione e di servizio ai fratelli più piccoli e poveri. Mentre vi esorto a perseverare nell'annuncio gioioso dell'amore di Dio a quanti avvicinate, vi imparto quale pegno di rinnovata effusione di grazia l'Apostolica Benedizione, che volentieri estendo ai Religiosi e alle Religiose della vostra Congregazione, come pure ai collaboratori e alle persone alle quali vanno le vostre cure nelle scuole e nelle case di accoglienza.

Data: 1995-07-10 Data estesa: Lunedi 10 Luglio 1995

Visita "ad limina": il discorso del Papa ai Presuli della Regione Nord-Est 2 della Conferenza Episcopale del Brasile - Città del Vaticano

Titolo: I Religiosi siano affettivamente ed effettivamente nelle loro Chiese locali strumenti di santità e di unità

Cari Fratelli nell'Episcopato,

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1. E' con grande gioia che vi do il benvenuto, Pastori della seconda regione del Nord Est in occasione della vostra visita ad limina. Vi ringrazio per la vostra visita alle tombe degli Apostoli. Desidero salutare con gioia ognuno dei Vescovi qui presenti, nella loro qualità di Successori degli Apostoli che "sono tenuti, per istituzione e precetto di Cristo, ad avere per tutta la Chiesa una sollecitudine" (
LG 23). Attraverso di voi posso anche rivolgermi ai cari sacerdoti, religiosi e laici delle Provincie Ecclesiastiche di Maceio, Natal, Paraiba, Olinda e Recife al fine di assicurare loro la mia vicinanza spirituale e il mio affetto: "E il Dio della perseveranza e della consolazione vi conceda di avere gli uni verso gli altri gli stessi sentimenti ad esempio di Cristo Gesù, perché con un solo animo e una voce sola rendiate gloria a Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo" (Rm 15,5-6). Ringrazio di cuore per le parole che Mons.

Edvaldo Gonçalves Amaral ha voluto rivolgermi: in esse vedo riflessi i vostri sentimenti di affetto e di unione con il Vicario di Cristo. Di nuovo, molte grazie!

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2. Grazie allo Spirito che "guida e santifica tutto il corpo della Chiesa" (preghiera Universale del Venerdi Santo) vi vedo come "maestri di perfezione" in ognuna delle vostre Chiese particolari, impegnati a "fare avanzare nella via della santità i loro sacerdoti, i religiosi e i laici, secondo la particolare vocazione di ciascuno" (
CD 15).

Che portiate a questo incontro con il Papa la vostra ricca esperienza riferendo tutto ciò che Dio ha compiuto per mezzo di ognuno (cfr. Ac 15,4) nella sua opera di Pastore. Questo nostro incontro, oltre a dare testimonianza della vitalità di ogni Chiesa particolare, delle sfide da affrontare e delle difficoltà nell'opera pastorale, si svolge in un momento significativo. Infatti, rimane ancora vivo nella nostra memoria il IX Sinodo dei Vescovi sul tema "La vita consacrata e la sua funzione nella Chiesa e nel mondo". Tutti voi certamente ricorderete il Messaggio Conclusivo dei Padri Sinodali affinché la vita consacrata continui a manifestarsi come "spazio privilegiato di amore assoluto a Dio e al prossimo, testimone del progetto divino di fare di tutta l'umanità, all'interno della civiltà dell'amore, la grande famiglia dei figli di Dio". Intendo inoltre fare miei questi auspici, per riflettere con voi su alcuni degli aspetti più importanti di questo dono che la vita consacrata costituisce per la Chiesa.

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3. Inanzitutto, è degno di essere menzionato il segno rappresentato dalla presenza nel Sinodo di Vescovi e di Superiori di Congregazioni religiose maschili e femminili di tutti i continenti, per esprimere il loro apprezzamento per la vita consacrata, dono singolare dell'amore di Dio per la sua Chiesa. Sono emerse a questo proposito non poche preoccupazioni per i tempi attuali con il loro secolarismo, con la loro fede spesso indebolita e, a volte, per una ricerca di maggiore chiarezza rispetto all'identità della vita consacrata.

D'altra parte, ho potuto constatare in molti dei partecipanti la commovente esperienza delle privazioni che hanno subito e che continuano a subire a motivo dell'oppressione e di ogni forma di violenza, accompagnata da atroci sofferenze fisiche e psichiche, persino con il dono della propria vita da parte di innumerevoli confratelli. Come non ricordare dunque quell'esperienza degli Apostoli che se ne andarono dal Sinedrio e dal carcere "lieti di essere stati oltraggiati per amore del nome di Gesù" (At, 5,41)? Che questa testimonianza possa servire da incentivo per quei Paesi che non hanno conosciuto la persecuzione e nei quali non di rado, persino fra molti consacrati, la gioia e il vigore della fede, sotto molti aspetti, corrono il rischio di indebolirsi.

Senza alcun dubbio il Sinodo ha trasmesso all'intera Chiesa un messaggio di ottimismo e di fiducia. Io stesso ho avuto occasione di sperimentare ciò nel corso della solenne Celebrazione Eucaristica durante la chiusura di quella Assemblea Sinodale. Il ricordo dei Fondatori e delle Fondatrici delle Congregazioni Religiose del passato, dei secoli più recenti e del presente, molti dei quali elevati agli onori degli altari, attesta la perenne vitalità della Chiesa cattolica, e ci dimostra la presenza ineffabile dello Spirito del Signore che feconda continuamente le vie della redenzione umana. "Cosa sarebbe il mondo, antico e moderno, senza queste figure, e quelle di tanti altri? Esse hanno appreso da Cristo che "il suo giogo è dolce il suo carico leggero" (cfr.
Mt 11,30), e l'hanno insegnato agli altri" (Discorso 29. X. 1994, n. 3).

Proprio per questo, con lo spirito di colui che gioisce con coloro che gioiscono (cfr. Rm 12,15) desidero esortarvi, e con voi tutta la Chiesa che è in Brasile, a ripensare con viva speranza alle prospettive che ci sono state aperte e a prendere le iniziative per rinnovare nel vostro Paese il dono incalcolabile di Dio costituito dalla vita consacrata.

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4. Per consolidare la Chiesa del suo Figlio, il Padre chiama alcuni fra i suoi fedeli a partecipare più da vicino alla santità e alla missione salvifica di Cristo. Coloro che abbracciano la vita consacrata, attratti da Gesù Cristo, si adoperano per rispondere a questa chiamata individuale del Padre eterno.

Attraverso i loro voti, ricevuti e confermati dalla Chiesa, si legano più intimamente a Gesù, e tramite la loro testimonianza vogliono attrarre i loro fratelli affinché si avvicinino più facilemente alla persona di Gesù e vivano la gioia del Vangelo. Il mio venerabile predecessore Papa Paolo VI ha affermato che la castità consacrata testimonia "l'amore preferenziale per il Signore e simboleggia, nel modo più eminente e assoluto, il mistero dell'unione del Corpo Mistico con il suo Capo, della Sposa (la Chiesa) con il suo eterno Sposo" (cfr. Esortazione Apostolica, Rinnovamento della vita religiosa, 29-VI-1971, n. 13); in tal modo, attraverso una donazione totale e incondizionata del loro cuore e del loro essere, i religiosi rivelano che Cristo, che essi amano sopra ogni altra cosa, è l'eterno Sposo della Chiesa, l'unico capace di dare un significato assoluto all'amore e all'affetto. Attraverso la povertà, liberamente scelta, testimoniano la loro caritatevole solidarietà nei confronti dei poveri e dei diseredati; ma, prima di essere una condizione di vita, essa è opzione di fede.

Gesù è stato l'autentico modello del povero perché ha consegnato in modo radicale la sua vita nelle mani del Padre. Solo così la sua povertà si è trasformata in uno spazio senza limiti, nel quale Dio può agire liberamente. Opzione per amore, la povertà si trasforma in un segno molto apprezzato dai "nostri contemporanei, che interrogano" i religiosi "con particolare insistenza" (Evangelica testificatio, n. 16). Infine, l'obbedienza è un segno della rinuncia ai proggetti individuali; è libertà di aderire a Cristo nella ricerca esclusiva degli interessi che riguardano le opere del Padre (cfr.
Jn 10,25), e soprattutto, è "entrare nei piani del Padre nonché la capacità di realizzarli. Accettando di morire al nostro arbitrio partecipiamo agli orizzonti della stessa libertà di Dio (...) Coloro che fanno propri gli interessi di Cristo devono necessariamente impegnarsi il più possibile per l'edificazione del suo Regno. In questo contesto, un'obbedienza che significasse passività o macanza di responsabilità sarebbe semplicemente un controsenso" (cfr. Instrumentum laboris, n. 54).

La Chiesa che riceve i voti o la promessa di castità, vede nella consacrazione qualcosa che appartiene alla sua più intima natura. Possono cambiare le forme esteriori, ma la Chiesa Sposa del Verbo divino non può mai smettere di coltivare in sé la radicalità della fede e dell'amore che si esprimono nella consacrazione. Attraverso la vita dei religiosi e degli altri consacrati, la Chiesa è avanti rispetto al mondo, più chiaramente segno e certezza della futura beatitudine e della vittoria su tutte le forme di inganno e schiavitù.

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5. D'altra parte, l'opportunità di quell'incontro sinodale ci aiuta a ricordare il significato trascendentale della liturgia dell'ordinazione episcopale. Il testo sacro, dopo la solenne invocazione dello Spirito Santo, esorta il candidato, al rispetto dei suoi futuri doveri pastorali. E a questo punto la liturgia indica la fonte dalla quale provengono l'autorità degli apostoli, la fortezza dei martiri, la fedeltà dei santi: tutto proviene dal Padre eterno! così si conclude il testo citato: "nel nome del Padre, del quale sei immagine tra i fedeli; nel nome del Figlio, di cui eserciti la missione di maestro, sacerdote e pastore; e nel nome dello Spirito Santo che dà vita alla Chiesa di Cristo e rafforza la nostra debolezza".

Con Gesù e come Gesù, il Vescovo deve essere immagine del Padre in mezzo ai fedeli; egli certamente, saprà sempre rispettare le scelte interne di ogni Congregazione religiosa in ciò che compete ai Superiori Maggiori o in quello che, in virtù dell'esenzione, è affidato direttamente alla sollecitudine del Papa. Il Vescovo è pertanto, per ordine divino, il padre spirituale di tutto il Popolo di Dio. "Come incaricati di condurre alla perfezione, i Vescovi si studino di far avanzare nella via della santità i loro sacerdoti, i religiosi e i laici, secondo la particolare vocazione di ciascuno; persuasi di essere tenuti a dare l'esempio della santità, nella carità, nell'umiltà e nella semplicità della vita. Conducano le Chiese loro affidate a tal punto di santità che in esse risplenda pienamente il senso della Chiesa universale di Cristo" (
CD 15).

Di fronte a tali premesse è necessario che ci interroghiamo, con tutta la perspicacia e il senso soprannaturale, su come la vocazione religiosa debba essere aiutata a prendere coscienza di se stessa e a maturare; su come deve "funzionare" la vita religiosa nel contesto della vita della Chiesa contemporanea.

Ho già avuto occasione di ricordare la necessità di stringere sempre più i rapporti fra gli Ordini e le Congregazioni religiose e il Collegio Episcopale, i Vescovi di ogni diocesi e le Conferenze Episcopali. (cfr. Discorso 28.XI.1978, n. 3). Da un lato "i Vescovi che sono preposti alle Chiese particolari esercitano il loro pastorale governo sopra la porzione del popolo di Dio che è stata loro affidata (...). Tutti i Vescovi, infatti, devono promuovere e difendere l'unità della fede e la disciplina comune a tutta la Chiesa, istruire i fedeli all'amore di tutto il corpo mistico di Cristo" (LG 23). Dall'altro, i religiosi, ovunque si trovino, sono con la loro vocazione "per la Chiesa universale" e attraverso la loro vocazione "in una determinata Chiesa locale". Per questo, la vocazione per la Chiesa universale si realizza nell'ambito delle strutture della Chiesa locale.

Non è forse questa la dottrina del Concilio Vaticano II? Non è stato forse in quella grande assemblea che si è proclamata solennemente la dottrina secondo cui le Chiese particolari sono formate ad immagine della Chiesa universale, e "nelle quali e a partire dalle quali esiste la sola e unica Chiesa cattolica" (ibidem LG 23)? I religiosi devono dunque avere una sempre più chiara consapevolezza del fatto che la loro "esenzione" li orienta verso la Chiesa universale, in modo che vengano costituiti, anche a nome della Chiesa universale, insigni strumenti del costante rinnovamento e della santità e unità delle Chiese particolari; in questo modo, eviteranno di cadere nella tentazione di creare un clima di "Chiesa parallela", accanto al Vescovo, o peggio, contro di lui, legittimo Pastore e Maestro della Chiesa particolare, nella quale i religiosi devono inserirsi sia dal punto di vista affettivo che effettivo. Auspico che i Vescovi e i Superiori Maggiori riprendano gli orientamenti della "Mutuae relationes" al fine di favorire la ricchezza dei carismi e anteporre a tutti gli interesssi singoli e di gruppo il bene autentico della Chiesa particolare e universale. L'unità con la Chiesa universale attraverso la Chiesa locale: ecco la vostra via

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6. Nella Costituzione dogmatica sulla Chiesa, il Concilio Vaticano II, dichiara che la vita consacrata nelle sue molteplici forme, manifesta "l'infinita potenza dello Spirito Santo, mirabilmente operante nella Chiesa" (
LG 44).

Allo stesso modo, il decreto del Concilio sul rinnovamento della vita religiosa sottolinea che è stato "l'impulso dello Spirito Santo" che ha dato origine sia alla vita eremitica sia alla fondazione delle "famiglie religiose, che la Chiesa con la sua autorità volentieri accolse e approvo" (PC 1).

Quando Gesù Cristo chiama gli uomini e le donne a seguirlo nella sua Chiesa, fa sentire la sua voce e la sua capacità d'attrazione attraverso l'azione interiore dello Spirito Santo, al quale affida il compito di far comprendere la chiamata e suscitare il desiderio di rispondergli con una vita completamente consacrata a Cristo e al suo Regno. E' lo Spirito Santo che sviluppa, nel segreto dell'anima, la grazia della vocazione, aprendo il cammino che permette a questa grazia di raggiungere il suo obiettivo. Esso è il principale educatore delle vocazioni. E' la guida delle anime consacrate nel cammino della perfezione.

Così è stato nel passato, così è anche oggi. Da sempre nella Chiesa lo Spirito Santo concede ad alcuni il carisma di Fondatori. Da sempre fa in modo che, intorno al Fondatore o alla Fondatrice, si radunino persone che condividono l'orientamento della sua forma di vita consacrata, il suo insegnamento, il suo ideale, la sua capacità di attrazione fatta di carità, di apostolato pastorale e di magistero. Da sempre lo Spirito Santo crea e fa crescere l'armonia delle persone consacrate, e le aiuta a sviluppare una vita in comune animata dalla carità secondo l'orientamento particolare del carisma del Fondatore e dei suoi fedeli seguaci. E' in questa prospettiva che il Concilio ha constatato che la varietà degli Istituti religiosi è come "un albero ramificatosi, mirabile e molteplice, nel campo del Signore" (LG 43).

Per questo, la diversità dei carismi deve essere vissuta dai loro discepoli e dalle loro discepole che li custodiscono con zelo, li approfondiscono e li sviluppano, in omogenea continuità, nel corso dei tempi, qualunque sia la circostanza storica. Ogni Istituto, infatti, ha la sua "indole e le finalità proprie" (Codice di Diritto Canonico, 598), non soltanto per quanto riguarda l'osservanza dei consigli evangelici, ma anche in tutto quello che si collega con lo stile di vita dei suoi membri (cfr. LG 598,2).

Come certamente ricorderete, questo è stato uno dei temi che ho avuto l'opportunità di considerare nel mio secondo Viaggio Pastorale nelle vostre terre.

"Tenendo conto - dissi in quell'occasione - che la formazione iniziale e permanente, secondo il proprio carisma, è nelle mani dell'Istituto, la formazione intercongregazionale non può supplire interamente al compito della formazione permanente dei suoi membri. Questa deve essere impregnata, in molti aspetti, delle caratteristiche proprie del carisma di ogni Istituto" (Discorso 18-X-1991, n. 6).

La conservazione di questo modo di gettare le fondamenta di questa vita religiosa e le conseguenze che da essa derivano motivano la necessità di prestare nuovamente attenzione a certe iniziative concernenti la formazione intercongregazionale che esigono una correzione di rotta. Ci sono dei casi non tanto di debolezza individuale, quanto di una certa istituzionalizzazione di criteri che possono arrecare consistenti danni alla formazione delle giovani e dei giovani consacrati. Si può parlare di "Corsi intercongregazionali per novizi " o per novizie, distinti tra loro, ma non si può parlare di "Noviziato intercongregazionale". Oltretutto, nessun Superiore Maggiore, nessuna Superiora Maggiore può permettersi di abdicare al suo dovere di essere la prima persona responsabile di introdurre le nuove generazioni nella meravigliosa esperienza di Dio concessa ai fondatori in quanto tali. Non è possibile ammettere l'esistenza di organizzazioni intermedie per orientare in modo diverso i sacri ideali della vita consacrata.

La prassi recente, sanzionata dal Codice di Diritto Canonico nei CIC 708-709, riconosce la grande utilità delle Conferenze dei Superiori Maggiori, che si associano per raggiungere più facilmente, nell'unità degli sforzi, il fine di ogni Istituto, nonché per stabilire idonei strumenti di cooperazione e coordinazione tra i medesimi, e tra questi e le Conferenze Episcopali e particolarmente con ogni singolo Vescovo. Si osservi, tuttavia, che tali Conferenze regionali, nazionali o internazionali non possono costituire un'istanza superiore di governo della vita consacrata, giacché, non essendo dotate di potere giuridico, devono servire l'autonomia di ogni singolo Istituto e rispettare le funzioni proprie e indelegabili dei loro rispettivi Superiori.

Pertanto, in qualunque iniziativa assunta dalla Conferenza Nazionale dei Religiosi, i Superiori Maggiori non possono esimersi dalla loro piena responsabilità di custodi e maestri. Solo in questo modo la CRB nazionale - che, secondo le norme direttive "Mutuae relationes", ha come fine principale "la promozione della vita religiosa inserita nella compagine della missione ecclesiale" (n. 21) - potrà rappresentare un grande aiuto in questo compito benedetto della formazione continua.

Questo aiuto non potrà ignorare la dottrina conciliare sulla vita consacrata, né il costante insegnamento del Magistero della Chiesa. Al contrario, le attività e i programmi della Conferenza dei religiosi debbono distinguersi per il riverente rispetto e per la speciale obbedienza al Successore di Pietro e alle sue linee direttrici, considerando inoltre che tutti i consacrati sono legati a lui in modo speciale tramite il loro voto di obbedienza. Inoltre, i programmi devono tener conto dei carismi specifici di ogni Istituto, rispettandoli integralmente. Si allontanerebbe dalla sua finalità originaria una Conferenza di religiosi che si trasformasse in un meccanismo di pressione per l'introduzione di elementi contrari alle sane tradizioni e alla legittima identità dei diversi Istituti, sottraendo ai loro legittimi superiori l'effettivo governo delle loro Comunità religiose. Le iniziative prese in comune devono contribuire ad incoraggiare la fedeltà e la santità della vita consacrata. Solo così esse saranno feconde, perché benedette dal Signore, fonte di ogni bene e unica ragione d'essere della varietà dei carismi.

In questo contesto, è mio dovere apostolico ricordare che tutte le iniziative in questo importante settore, sia quelle promosse dalla Conferenza nazionale che le altre, avviate dalle altre strutture di coordinamento regionale o locale, devono essere poste sotto la supervisione e la responsabilità materiale dei Superiori Maggiori e del Vescovo diocesano - o del Vescovo delegato dai Vescovi della regione. Costoro hanno una responsabilità oggettiva e devono avere la possibilità di un controllo e di un effettivo accompagnamento.

Nella formazione delle nuove generazioni di religiosi o di altre persone consacrate, si ha a che fare con qualcosa di sublime, nel cui ambito ha luogo il sacro dialogo tra la misteriosa grazia di Dio e la coscienza che, guidata dallo Spirito si apre a ogni chiamata di Dio.

La vostra autorità, in qualità di Pastori di un "piccolo gregge", è al servizio dell'amore e della vita in Dio. Non vi lasciate condurre da un falso rispetto a non fare ricorso alla vostra autorità, laddove il bene spirituale lo esige. I Vescovi amino sempre i religiosi e i consacrati come espressione privilegiata della Santa Chiesa, Sposa del Verbo eterno. Ma "i Vescovi reggono le Chiese particolari a loro affidate, come vicari e delegati di Cristo, col consiglio, la persuasione, l'esempio, ma anche con l'autorità e la sacra potestà (...). Questa potestà, che personalmente esercitano in nome di Cristo, è proprio, ordinaria e immediata" (LG 27), e serve ad edificare il popolo di Dio nella verità e nella santità.

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7. E' mio proposito ricordare, infine, che i carismi religiosi "sono peculiari doni dello Spirito per il popolo di Dio" (Discorso, 26. XI. 1993, n. 7).

La relazione conclusiva del Sinodo straordinario del 1985 affermava che "l'ecclesiologia di comunione è l'idea centrale e fondamentale dei documenti del Concilio" (II, c.1). Promuovere una comunione ecclesiale più intensa fra religiosi, clero e laici, intensificando uno scambio specifico e multiforme di valori spirituali e apostolici, sarà di non poco aiuto in questa ecclesiologia di comunione. In modo particolare, si creeranno dei vincoli fra i carismi religiosi e ognuna delle Chiese, in cui si esprimono la vocazione e la missione dei laici e del clero diocesano, producendo in esse il dinamismo e i valori con i quali i religiosi respirano l'universalità della Chiesa.

Non è forse proprio questa una delle aspirazioni del V Congresso Missionario Latino-americano che sta per aprirsi a Belo Horizonte, e che intende essere un importante avvenimento di animazione missionaria, destinato a mettere in luce la Chiesa particolare come soggetto della Missione universale, favorendo la partecipazione sia del clero diocesano sia dei laici missionari?

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8. Vorrei concludere questo nostro incontro, stimati Fratelli, rinnovandovi il mio ringraziamento e il mio appprezzamento. Una volta tornati nelle vostre diocesi, vi chiedo di salutare cordialmente i vostri sacerdoti, religiosi e fedeli. Dite loro che il Papa prega per tutti e in particolare per i più bisognosi: i poveri, gli anziani, i detenuti e i malati; allo stesso tempo, il Papa prega per le autorità dei vostri Stati affinché sappiano sempre curare con zelo il bene comune del popolo che aspira alla pace e il benessere di ogni comunità, in modo particolare per quanto riguarda la difesa della vita sin dal suo concepimento. Infine chiedo a Dio, che vi ha chiamati a essere Pastori del suo gregge, che vi sostenga nel vostro compito a beneficio del suo Popolo. Affido tutti voi e l'intera Chiesa di questa grande Regione alla Vergine "Aparecida" e vi imparto di cuore la mia Benedizione Apostolica.

Data: 1995-07-11 Data estesa: Martedi 11 Luglio 1995



GPII 1995 Insegnamenti 1279