GPII 1995 Insegnamenti 1304

L'omelia durante la Santa Messa nella parrocchia di San Lorenzo - Les Combes (Valle d'Aosta)

Titolo: Questa è la nostra fede: siamo destinati da Cristo all'immortalità

Carissimi fratelli e sorelle! Vi ringrazio per questo invito a Les Combes, per celebrare insieme con voi la Santissima Eucaristia.

Durante l'Eucaristia, Cristo si fa per noi vittima e offerta sulla Croce. La sua Risurrezione rende manifesto il dono della vita eterna. L'Eucaristia ci ricorda l'Ultima Cena, il giorno del Giovedi Santo, quando Cristo raduno intorno alla tavola i suoi Apostoli.

Alcuni Padri della Chiesa dicono che l'Eucaristia non è solo una tavola, ma due tavole. Prima la tavola della Parola di Dio: abbiamo ascoltato nell'odierna Liturgia, nel suo punto principale, la parabola del Buon Samaritano. La Parola di Dio ci insegna ad essere Buoni Samaritani, ad amare Dio soprattutto, e ad amare il prossimo come noi stessi. Questo è il principale insegnamento che ci viene offerto nell'odierna liturgia sulla tavola della Parola di Dio.

Ma, questa celebrazione della Parola di Dio, che abbiamo appena compiuto, ci porta alla seconda tavola, quella eucaristica. Ci porta ai doni, il pane e il vino. Il pane, come il vino, è frutto della terra e del lavoro dell'uomo. L'uomo portando queste offerte alla tavola eucaristica, porta se stesso, porta il suo lavoro, i frutti della terra. Con se stesso, porta tutto ciò che lo circonda. così, durante questa Eucaristia voi portate alla tavola eucaristica, a questa mensa degli Apostoli, tutto ciò che vi circonda: queste splendide montagne, questa Valle d'Aosta. Tutto ciò viene portato a questa mensa perché venga trasformato, transustanziato nel Corpo e nel Sangue di Cristo. Questo è il grande mistero della fede! Noi portiamo all'altare i frutti del nostro lavoro, il pane e il vino, perché siano transustanziati durante la celebrazione eucaristica nel Corpo e nel Sangue di Cristo. In questa Eucaristia, in questo Mistero, Cristo rende sempre presente il mistero pasquale. Cristo, che è diventato uomo, è nato dalla Vergine Maria e ha sofferto, è stato crocifisso, è morto ed è risorto. Noi, in ogni celebrazione eucaristica, dopo la transustanziazione, dopo la consacrazione, ricordiamo la sua morte e proclamiamo la sua Risurrezione.

Tale professione di fede viene ascoltata da questi monti, da questo splendido panorama alpino, da questa splendida vallata di Aosta. Tutto ascolta la nostra professione di fede della Risurrezione di Cristo e pensa: "Come è possibile?". L'uomo muore in questa terra, passa, viene sepolto. Ma Cristo è risorto. E' questo il grande mistero della fede cristiana. Cristo è il primogenito dei morti, come ci dice oggi San Paolo. Tutti muoiono, ma Lui è risorto e noi attendiamo la sua venuta perché anche noi siamo chiamati alla vita immortale, alla Risurrezione. Non moriamo, ma siamo destinati da Cristo alla vita immortale, alla Risurrezione dei nostri corpi. Questa è la nostra fede ed è questa fede che voglio condividere con voi durante la celebrazione eucaristica.

Noi offriamo la professione della nostra fede non solo a queste montagne, ma anche a tutti coloro che visitano la Val d'Aosta. La fede è il dono più grande. Certamente i vostri ospiti, come io stesso, cercano qui un po' di respiro, un clima sereno, ammirano qui lo stupendo panorama, ma cercano anche un altro respiro, un altro bene di natura spirituale, cercano un ristoro spirituale.

Vi auguro, carissimi, che le aspettative dei vostri ospiti si realizzino. Auguro a loro che da Les Combes, possano tornare ai loro ambienti ristorati, risuscitati spiritualmente.

Questa sarà un'opera da Buon Samaritano compiuta non solo dalle persone, ma anche da queste montagne e da questo sole che ogni giorno ci insegnano a benedire, come abbiamo ascoltato nel Salmo di oggi, ogni opera di Dio.

Vi auguro, carissimi, di vivere in questa benedizione che tutto il creato esprime.

Vi auguro di offrire questa benedizione come preghiera quotidiana al Padre Nostro, al Creatore del cielo e della terra, attraverso Cristo, suo Figlio Unigenito nello Spirito Santo.

Amen!

Data: 1995-07-16 Data estesa: Domenica 16 Luglio 1995

Angelus: la riflessione prima della recita della preghiera mariana - Les Combes (Valle d'Aosta)

Titolo: Dalla vocazione materna deriva il singolare rapporto della donna con la vita umana

Carissimi Fratelli e Sorelle!

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1. Vorrei proseguire anche oggi, in questa splendida località montana, il discorso che sto sviluppando da alcune settimane. Non si insisterà mai abbastanza sul fatto che la donna deve essere valorizzata in tutti gli ambiti della vita. E' doveroso tuttavia riconoscere che, tra i doni e i compiti che le sono propri, emerge con particolare rilievo la sua vocazione alla maternità.

Con essa la donna assume quasi un ruolo "fondativo" nei confronti della società. E' ruolo che ella condivide con il marito, ma è incontestabile che la natura ne ha attribuito a lei la parte maggiore. Scrivevo a tal proposito nella Mulieris dignitatem: "'L'essere genitori' - anche se appartiene ad ambedue - si realizza molto più nella donna, specialmente nel periodo prenatale. E' la donna a "pagare" direttamente per questo comune generare, che letteralmente assorbe le energie del suo corpo e della sua anima. Bisogna, pertanto, che l'uomo sia pienamente consapevole di contrarre, in questo loro comune essere genitori, uno speciale debito verso la donna" (
MD 18).

Dalla vocazione materna deriva il singolare rapporto della donna con la vita umana. Aprendosi alla maternità, ella sente sbocciare e crescere la vita nel suo grembo. E' privilegio delle madri fare questa esperienza indicibile, ma tutte le donne, in qualche modo, ne hanno intuizione, predisposte come sono a tale mirabile dono.

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2. La missione materna è anche fondamento di una particolare responsabilità. La madre è posta come custode della vita. A lei spetta di accoglierla con premura, favorendo quel primo dialogo dell'essere umano col mondo che si realizza proprio nella simbiosi col corpo materno. E' qui che comincia la storia di ogni uomo.

Ognuno di noi, risalendo questa storia, non può non arrivare a quell'attimo in cui ha cominciato ad esistere dentro il corpo materno, con un esclusivo e inconfondibile progetto di vita. Eravamo "nella" madre, ma senza confonderci con essa: bisognosi del suo corpo e del suo amore, ma pienamente autonomi nella nostra identità personale.

Al bimbo che cresce dentro di lei la donna è chiamata ad offrire il meglio di sé. E proprio facendosi "dono", essa conosce meglio se stessa e si realizza nella sua femminilità. Si direbbe che la fragilità della sua creatura solleciti le sue migliori risorse affettive e spirituali. E' un vero scambio di doni! La riuscita di questo scambio è di inestimabile valore per il sereno sviluppo del bambino.

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3. Maria, che oggi invochiamo sotto il titolo di Beata Vergine del Monte Carmelo, ha fatto pienamente questa esperienza, avendo avuto il compito di generare nel tempo il Figlio eterno di Dio. In Lei la vocazione materna raggiunse il vertice della sua dignità e delle sue potenzialità. Che la Vergine Santa aiuti le donne ad essere sempre più consapevoli della loro missione e spinga l'intera società ad esprimere alle madri ogni possibile forma di riconoscente e operosa vicinanza.

(Il Papa ha poi aggiunto:] Le notizie e le immagini che provengono dalla Bosnia, ed in particolare da Srebrenica e da Zepa, testimoniano quanto l'Europa e l'umanità siano sprofondate ancor più nell'abisso dell'abiezione.

Nessuna causa, nessun progetto possono giustificare azioni e metodi così barbari: sono crimini contro l'umanità! Come vorrei che la mia parola, il mio affetto e la mia preghiera giungessero fino a quei fratelli ed a quelle sorelle, rigettati sulla strada dell'esodo nella più estrema miseria! Supplico tutti gli uomini di buona volontà di continuare senza stancarsi a soccorrere quelle martoriate popolazioni.

Ciò che si sta consumando sotto gli occhi del mondo intero costituisce una disfatta della civiltà. Questi delitti rimarranno come uno dei capitoli più tristi della storia dell'Europa.

Voglia Dio toccare i cuori ed illuminare gli spiriti smarriti! (Il Santo Padre ha così salutato i fedeli presenti e quanti erano collegati via radio e la televisione:] Rivolgo un cordiale saluto alle Autorità della Regione Autonoma Valle d'Aosta, al Sindaco di Introd, alle Forze dell'Ordine e a quanti offrono la loro collaborazione per assicurare al Papa serenità e sicurezza. A tutti esprimo la mia riconoscenza.

La Val d'Aosta è sempre bellissima! Sempre si torna volentieri tra i vostri monti! I prati, i boschi, i ruscelli, sono un patrimonio inestimabile, che il Creatore ha affidato all'uomo. Esso non costituisce solo un bene materiale, ma è anche, per così dire, un valore morale e spirituale, perché le bellezze del creato elevano a Dio, favorendo il raccoglimento e l'interiore gratitudine a Colui che ha disegnato e plasmato tutto questo. Siate sempre buoni amministratori di tale patrimonio, a vantaggio vostro e dei vostri figli, ed anche dei villeggianti e dei turisti.

La Diocesi di Aosta ha vissuto da pochi mesi l'avvicendamento tra due Pastori. Ad essi voglio rivolgere in questo momento un particolare saluto. A Monsignor Ovidio Lari, mentre confermo il mio apprezzamento per la testimonianza di fedeltà e di zelo pastorale, resa in tanti anni di ministero tra queste popolazioni, rinnovo l'espressione della mia gratitudine per la signorile cortesia con cui mi ha sempre accolto; e a Monsignor Giuseppe Anfossi, che ha da poco iniziato il suo servizio tra voi, porgo un fervido augurio di fecondo ministero episcopale, chiedendo allo Spirito Santo di volerlo ricolmare della carità di Cristo, Buon Pastore.

Uno speciale pensiero rivolgo poi a tutti i sacerdoti della diocesi, molti dei quali sono impegnati nella pastorale delle loro parrocchie. Anch'io, oggi, ho voluto essere un po' parroco della parrocchia di Les Combes dove stamattina ho celebrato la Santa Messa. E' una chiesa parrocchiale che per molti mesi resta abbandonata, oggi, invece, si è riempita di parrocchiani. E' stata una bella esperienza per me, che mi ha ricordato tante visite pastorali, non solo a Roma, ma anche prima. Roma è una città, prima, invece, facevo visite pastorali a piccole chiese e cappelle anche di montagna. Sono così potuto tornare un po' indietro, grazie a Dio. Ringrazio Monsignor Alberto che mi ha accompagnato e la comunità che mi ha accolto bene.

Alla fine desidero manifestare il mio apprezzamento e la mia riconoscenza ai figli di Don Bosco e ai loro collaboratori che sin dal mio primo soggiorno in questa valle mi hanno sempre accolto con grande cordialità e disponibilità. Segno della presenza dei Salesiani sono questi bambini, che si comportano come bambini. E' loro dovere essere così. Speriamo che Don Bosco sia contento del loro comportamento.

Grazie a tutti. Dio benedica la Val d'Aosta, benedica Roma, benedica tutto il mondo, specialmente i Paesi martoriati come la Bosnia ed Erzegovina, i Balcani, la ex Jugoslavia che abbiamo appena ricordato.

Prima dell'incontro ho sentito i canti. Pensavo fossero canti valdostani, invece erano svizzeri di Sion. Grazie ai Benedettini per la loro visita.

Data: 1995-07-16 Data estesa: Domenica 16 Luglio 1995

Angelus: la riflessione del Papa prima della recita della preghiera mariana - Castel Gandolfo

Titolo: Senza il contributo delle donne la società è meno viva, la cultura meno ricca, la pace più insicura

Carissimi Fratelli e Sorelle!

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1. E' un "segno dei tempi" che il ruolo della donna venga sempre più riconosciuto non soltanto nell'ambito della famiglia, ma anche nell'orizzonte più vasto di tutte le attività sociali. Senza il contributo delle donne, la società è meno viva, la cultura meno ricca, la pace più insicura. Vanno perciò considerate profondamente ingiuste, non solo verso le donne stesse, ma verso l'intera società, quelle situazioni in cui alle donne viene impedito di sviluppare tutte le loro potenzialità e di offrire la ricchezza dei loro doni.

Certamente, la loro valorizzazione extra-familiare, specialmente nel periodo in cui svolgono i compiti più delicati della maternità, deve compiersi nel rispetto di questo fondamentale compito. Ma, fatta salva tale esigenza, occorre adoperarsi convintamente perché alle donne sia aperto il più ampio spazio in tutti gli ambiti della cultura, dell'economia, della politica e della stessa vita ecclesiale, sicché l'intera convivenza umana risulti sempre più arricchita dai doni propri della mascolinità e della femminilità.

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2. La donna, in realtà, ha un suo genio, di cui sia la società che la Chiesa hanno vitale bisogno. Non si tratta certo di contrapporre la donna all'uomo, giacché è evidente che le dimensioni e i valori fondamentali sono comuni. Ma essi acquistano nell'uomo e nella donna valenze, risonanze ed accenti diversi, e proprio tale diversità è fonte di arricchimento.

Del genio femminile, nella Mulieris dignitatem, ho messo in evidenza un aspetto che vorrei oggi sottolineare: la donna è dotata di una particolare capacità di accoglienza dell'essere umano nella sua concretezza (cfr.
MD 18).

Anche questo suo tratto singolare, che la apre a una maternità non solo fisica ma anche affettiva e spirituale, è all'interno del disegno di Dio, che ha affidato l'essere umano alla donna in modo tutto speciale (cfr. UR 30). Naturalmente la donna, non meno dell'uomo, deve vigilare, per sottrarre la sua sensibilità alla tentazione dell'egoismo possessivo e metterla al servizio di un autentico amore. A queste condizioni, ella dà i suoi frutti migliori, recando dappertutto un tocco di generosità, di tenerezza, di gusto della vita.

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3. Guardiamo al modello della Vergine Santa. Nel racconto delle nozze di Cana, il Vangelo di Giovanni ci offre un suggestivo dettaglio della sua personalità, quando ci dice che, pur nel clima distratto di un banchetto nuziale, solo lei si accorse che stava per mancare il vino. E ad evitare che la gioia degli sposi si tramutasse in imbarazzato disagio, non esito a chiedere a Gesù il suo primo miracolo. Ecco il "genio" della donna! La delicatezza premurosa, tutta femminile e materna, di Maria, sia lo specchio ideale di ogni autentica femminilità e maternità.

(Il Papa ha poi aggiunto:] Ed ora, come non rivolgere ancora una volta la nostra preoccupata attenzione alle martoriate popolazioni della Bosnia? Come non ascoltare il oro straziante grido di aiuto? Ognuno dia con coraggio e generosità il proprio contributo per ristabilire nei Balcani le condizioni minime di una pacifica convivenza.

A coloro che sono direttamente colpiti da così immane tragedia ripeto: non perdete la speranza. Vi siamo vicini con la solidarietà e soprattutto con la preghiera, che è il grande mezzo a nostra disposizione per ottenere quanto sembra umanamente difficile da conseguire.

Invito soprattutto voi qui presenti a pregare.

(Giovanni Paolo II ha voluto rivolgere il proprio saluto alla comunità ecclesiale e civile di Castel Gandolfo e ad alcuni gruppi presenti. Queste le sue parole:] Eccomi nuovamente a Castel Gandolfo per il consueto soggiorno estivo.

Desidero rivolgere in questo primo incontro con voi un cordiale saluto anzitutto al Vescovo della Diocesi di Albano, Mons. Dante Bernini, ed al suo ausiliare, Mons. Paolo Gillet. Saliuto poi il Parroco, il Sindaco, l'Amministrazione comunale e l'intera popolazione di Castel Gandolfo. Carissimi, grazie per la vostra accoglienza! Saluto i pellegrini venuti a farmi visita. In particolare, i direttori delle comunità salesiane d'Italia, radunati per un corso di formazione presso la loro casa generalizia; i membri dell'Istituto secolare "Volontarie di Don Bosco", partecipanti alla quarta Assemblea generale ordinaria, e le Suore Francescane Missionarie del Sacro Cuore, che in questi giorni prendono parte ad un corso di riflessione e di aggiornamento. Auguro a ciascuno di trascorrere un'estate serena e rinfrescante per il corpo e per lo spirito.

Questo stesso augurio dirigo a quanti si trovano in vacanza al mare, in montagna o nelle diverse località turistiche. Auspico che il periodo delle ferie sia per tutti un tempo di meritato riposo e di recupero delle energie fisiche e spirituali. Desidero poi non dimenticare chi per vari motivi è dovuto rimanere in città. Penso specialmente agli ammalati, agli anziani ed alle persone sole: ad essi assicuro un particolare ricordo nella preghiera.

(Seguono saluti in francese, inglese, tedesco, spagnolo]

Data: 1995-07-23 Data estesa: Domenica 23 Luglio 1995

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Lettera di Giovanni Paolo II a Padre Umberto Betti

Titolo: Al termine del mandato come Rettore della Pontificia Università Lateranense

Al Reverendissimo Padre UMBERTO BETTI, O.F.M.

Alla scadenza del suo quadriennale mandato quale Rettore della Pontificia Università Lateranense, desidero esprimerLe il mio vivo ringraziamento per la competenza e l'amore che Ella ha posto in questo compito così delicato ed importante per la formazione intellettuale e morale dei ministri di Dio, prodigandovisi con intelligenza, dedizione ed alto senso di responsabilità.

Il sentimento della mia riconoscenza s'accresce ancor più al ricordo dell'apprezzata collaborazione da Lei offerta al Concilio Ecumenico Vaticano II, prima come Consultore della Commissione teologica preparatoria, poi come Esperto del Concilio stesso, partecipando, in particolare, all'elaborazione delle due Costituzioni dogmatiche Lumen gentium e Dei Verbum.

Nel corso di questi anni la Santa Sede si è, inoltre, avvalsa delle sue ricche doti di prudenza e di esperienza soprattutto come Consultore della Segreteria di Stato e della Congregazione per la Dottrina della Fede.

La consapevolezza di aver speso generosamente le sue sacerdotali energie nei campi a Lei via via affidati dalla fiducia dei suoi Superiori Religiosi, dai Sommi Pontefici e dai responsabili dei Dicasteri della Curia Romana possa riempire il suo animo di serena gioia, come ricolma il mio di conforto il pensiero che la Santa Sede potrà certamente ancora avvalersi della sua saggezza ed esperienza.

Prego il Signore Gesù, che non lascia senza ricompensa quanto è fatto per Lui e per il suo Regno, affinché L'assista continuamente e, per l'intercessione della Beata Vergine Maria, di san Francesco d'Assisi e di tutti i Santi, faccia fruttificare i semi di bene da Lei sparsi a larga mano.

Con questi voti mi è caro impartire a Lei ed ai suoi Confratelli una mia particolare Benedizione Apostolica.

Dal Vaticano, 23 Luglio 1995.


IOANNES PAULUS PP. II

Data: 1995-07-23 Data estesa: Domenica 23 Luglio 1995

Messaggio di Giovanni Paolo II in occasione della Giornata del Migrante e Rifugiato 1995-1996

Titolo: "Nella Chiesa nessuno è straniero e la Chiesa non è straniera a nessun uomo e in nessun luogo"

Carissimi Fratelli e Sorelle!

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1. Il fenomeno delle migrazioni, con le sue complesse problematiche, interpella, oggi più che mai, la Comunità Internazionale e i singoli Stati. Questi tendono per lo più ad intervenire mediante l'inasprimento delle leggi sui migranti ed il rafforzamento dei sistemi di controllo delle frontiere e le migrazioni perdono così quella dimensione di sviluppo economico, sociale e culturale che storicamente possiedono. Si parla, infatti, sempre meno della situazione di "emigranti" nei paesi di provenienza, e sempre di più di "immigrati", con riferimento ai problemi che essi suscitano nei paesi in cui si stabiliscono.

La migrazione va assumendo i connotati di emergenza sociale, soprattutto per la crescita dei migranti irregolari, crescita che, nonostante le restrizioni in atto, appare inarrestabile. L'immigrazione irregolare è sempre esistita ed è stata spesso tollerata perché favorisce una riserva di personale da cui poter attingere a mano a mano che i migranti regolari salgono nella scala sociale e si inseriscono in modo stabile nel mondo del lavoro.

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2. Oggi il fenomeno dei migranti irregolari ha assunto proporzioni rilevanti, sia perché l'offerta di manodopera straniera diventa esorbitante rispetto alle esigenze dell'economia, che già stenta ad assorbire quella interna, sia a causa del dilatarsi delle migrazioni forzate. La necessaria prudenza che la trattazione di una materia così delicata impone non può sconfinare nella reticenza o nell'elusività; anche perché a subirne le conseguenze sono migliaia di persone, vittime di situazioni che sembrano destinate ad aggravarsi, anziché a risolversi.

La condizione di irregolarità legale non consente sconti sulla dignità del migrante, il quale è dotato di diritti inalienabili, che non possono essere violati né ignorati.

L'immigrazione illegale va prevenuta, ma occorre anche combattere con energia le iniziative criminali che sfruttano l'espatrio dei clandestini. La scelta più appropriata, destinata a portare frutti consistenti e duraturi a lungo termine, è quella della cooperazione internazionale, che mira a promuovere la stabilità politica e a rimuovere il sottosviluppo. L'attuale squilibrio economico e sociale, che in grande misura alimenta le correnti migratorie, non va visto come una fatalità, ma come una sfida al senso di responsabilità del genere umano.

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3. La Chiesa considera il problema dei migranti irregolari nella prospettiva di Cristo, che è morto per raccogliere in unità i figli di Dio dispersi (cfr.
Jn 11,52), per ricuperare gli esclusi e avvicinare i lontani, per integrare tutti in una comunione fondata non sull'appartenenza etnica, culturale e sociale, ma sulla comune volontà di accogliere la parola di Dio e di ricercare la giustizia. "Dio non fa preferenze di persone, ma chi lo teme e pratica la giustizia, a qualunque popolo appartenga, è a Lui accetto" (Ac 10,34-35).

La Chiesa agisce in continuità con la missione di Cristo. Essa si domanda in particolare come venire incontro, nel rispetto della legge, a persone cui è proibita la permanenza sul territorio nazionale; si chiede, inoltre, quale sia il valore del diritto all'emigrazione senza il correlativo diritto di immigrazione; si pone il problema di come coinvolgere in questa opera di solidarietà le Comunità cristiane spesso contagiate da un'opinione pubblica talvolta ostile verso gli immigrati.

Il primo modo di aiutare queste persone è quello di ascoltarle per conoscere la loro situazione e di assicurare, qualunque sia la loro posizione giuridica di fronte all'ordinamento dello Stato, i mezzi di sussistenza necessari.

E' quindi importante aiutare il migrante irregolare a svolgere le pratiche amministrative per ottenere il permesso di soggiorno. Le istituzioni a carattere sociale e caritativo possono prendere contatto con le autorità per cercare, nel rispetto della legalità, le opportune soluzioni ai vari casi.

Uno sforzo di questo tipo va fatto soprattutto a favore di coloro che, dopo una lunga permanenza, si sono radicati nella società locale a tal punto che un ritorno al paese di origine equivarrebbe ad una forma di emigrazione a ritroso, con gravi conseguenze specie per i figli.

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4. Allorché non si intraveda alcuna soluzione, quelle stesse istituzioni dovrebbero orientare i loro assistiti, eventualmente anche fornendo un aiuto materiale, o a cercare accoglienza in altri paesi o a riprendere la strada del ritorno in patria.

Quello delle migrazioni in generale, e dei migranti irregolari in particolare, è un problema per la cui soluzione gioca un ruolo rilevante l'atteggiamento della società di arrivo. In questa prospettiva è molto importante che l'opinione pubblica sia ben informata sulla reale condizione in cui versa il paese di origine dei migranti, sui drammi in cui essi sono coinvolti e sui rischi che comporta il ritornarvi. La miseria e la sventura da cui sono colpiti costituiscono un motivo in più per venire generosamente incontro agli immigrati.

E' necessario vigilare contro l'insorgere di forme di neorazzismo o di comportamento xenofobo, che tentano di fare di questi nostri fratelli dei capri espiatori di eventuali difficili situazioni locali.

Per le notevoli proporzioni che il fenomeno dei migranti irregolari ha assunto, occorre che le legislazioni dei paesi interessati vengano, per quanto è possibile, armonizzate, anche allo scopo di meglio distribuire i pesi di una soluzione equilibrata. Occorre evitare di ricorrere all'uso di regolamenti amministrativi, intesi a restringere il criterio dell'appartenenza familiare, con la conseguenza di spingere ingiustificatamente fuori dalla legalità persone, a cui nessuna legge può negare il diritto alla convivenza familiare.

Adeguata protezione va assicurata a coloro che, se pur fuggiti dai loro paesi per motivi non previsti dalle Convenzioni Internazionali, di fatto potrebbero correre un serio pericolo per la loro vita qualora fossero costretti a ritornare in patria.

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5. Esorto le Chiese particolari a stimolare la riflessione, a dare direttive e a fornire informazioni per aiutare gli operatori pastorali e sociali ad agire con discernimento in una materia tanto delicata e complessa.

Quando la comprensione del problema è condizionata da pregiudizi ed atteggiamenti xenofobi, la Chiesa non deve mancare di far sentire la voce della fraternità, accompagnandola con gesti che attestino il primato della carità.

Il grande rilievo che in tale situazione di precarietà assumono gli aspetti assistenziali non deve far passare in secondo piano il fatto che anche fra i migranti irregolari molti sono cristiani cattolici che spesso, in nome della stessa fede, cercano pastori d'anime e luoghi in cui pregare, ascoltare la parola di Dio e celebrare i misteri del Signore. E' dovere delle diocesi venire incontro a queste attese.

Nella Chiesa nessuno è straniero, e la Chiesa non è straniera a nessun uomo e in nessun luogo. In quanto sacramento di unità, e quindi segno e forza aggregante di tutto il genere umano, la Chiesa è il luogo in cui anche gli immigrati illegali sono riconosciuti ed accolti come fratelli. E' compito delle diverse diocesi mobilitarsi perché queste persone, costrette a vivere fuori dalla rete di protezione della società civile, trovino un senso di fraternità nella comunità cristiana.

La solidarietà è assunzione di responsabilità nei confronti di chi è in difficoltà. Per il cristiano il migrante non è semplicemente un individuo da rispettare secondo le norme fissate dalla legge, ma una persona la cui presenza lo interpella e le cui necessità diventano un impegno per la sua responsabilità. "Che ne hai fatto di tuo fratello?" (cfr.
Jn 4,9). La risposta non va data entro i limiti imposti dalla legge, ma nello stile della solidarietà.

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6. L'uomo, specie se debole, indifeso, respinto ai margini della società, è sacramento della presenza di Cristo (cfr.
Mt 25,40 Mt 25,45). "Questa gente, che non conosce la legge, è maledetta" (Jn 7,49), avevano sentenziato i farisei riferendosi a coloro che Gesù soccorreva anche oltre i limiti stabiliti dalle loro prescrizioni. Egli, infatti, è venuto a cercare e a salvare chi era perduto (cfr. Lc 19,10), a recuperare l'escluso, l'abbandonato, il rifiutato dalla società.

"Ero forestiero e mi avete ospitato" (Mt 25,35). E' compito della Chiesa non solo riproporre ininterrottamente questo insegnamento di fede del Signore, ma anche indicarne l'appropriata applicazione alle diverse situazioni che il variare dei tempi continua a suscitare. Oggi il migrante irregolare ci si presenta come quel "forestiero" nel quale Gesù chiede di essere riconosciuto. Accoglierlo ed essere solidali con lui è dovere di ospitalità e fedeltà alla propria identità di cristiani.

Con questi voti imparto a quanti sono impegnati nel campo delle migrazioni la Benedizione Apostolica, in pegno di abbondanti ricompense celesti.

Dal Vaticano, 25 Luglio 1995, diciassettesimo anno di Pontificato.

IOANNES PAULUS PP. II

Data: 1995-07-25 Data estesa: Martedi 25 Luglio 1995


Angelus: la riflessione di Giovanni Paolo II prima della recita della preghiera mariana a Castel Gandolfo

Titolo: L'importanza del "Genio femminile" in tutto il percorso educativo

Carissimi Fratelli e Sorelle!

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1. Nel Messaggio che lo scorso 26 maggio consegnai alla Signora Gertrude Mongella, Segretario Generale della prossima Conferenza di Pechino, facevo osservare che, per un rinnovato apprezzamento della missione della donna nella società, sarebbe opportuno riscrivere la storia in modo meno unilaterale. Purtroppo una certa storiografia ha prestato attenzione più agli avvenimenti straordinari e clamorosi, che non al ritmo feriale della vita, e la storia che ne risulta è quasi soltanto quella delle realizzazioni degli uomini. Occorre una inversione di tendenza.

"Quanto ancora deve essere detto e scritto circa il debito enorme dell'uomo verso la donna in ogni settore del progresso sociale e culturale!" (ivi, 6).

Nell'intento di contribuire a colmare questa lacuna, vorrei farmi voce della Chiesa e rendere omaggio al molteplice, immenso, anche se spesso silenzioso, contributo delle donne in ogni ambito dell'umana esistenza.

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2. Oggi, in particolare, desidero ricordare la donna come educatrice. E' un dato estremamente positivo che, nei Paesi in cui l'istituzione scolastica è più sviluppata, la presenza di donne insegnanti cresca sempre di più. Da tale maggiore coinvolgimento della donna nella scuola si può senz'altro sperare un salto di qualità dello stesso processo educativo. E' una speranza motivata, se si considera il senso profondo dell'educazione, che non può ridursi ad un'arida trasmissione di nozioni, ma deve mirare alla crescita dell'uomo nella globalità delle sue dimensioni. Sotto questo profilo, come non cogliere l'importanza del "genio femminile"? Esso è addirittura indispensabile nella prima educazione in famiglia.

La sua incidenza "educativa" comincia per il bambino quando è ancora nel grembo materno.

Ma non meno rilevante è il ruolo della donna nel resto del percorso formativo. Essa ha una singolare capacità di guardare alla persona nella sua concretezza, ne coglie istanze e bisogni con particolare intuito, sa porsi davanti ai problemi con grande partecipazione. Gli stessi valori universali, che ogni sana educazione deve sempre proporre, sono offerti dalla sensibilità femminile con una tonalità complementare a quella dell'uomo. Sicché la proposta educativa globale ne esce sicuramente arricchita, quando ai progetti e alle istituzioni formative pongono mano insieme uomini e donne.

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3. La Vergine Santa guidi questa riscoperta della missione femminile in campo educativo. Maria ebbe col suo Figlio divino un rapporto singolare: da una parte ne era docile discepola, meditandone le parole nell'intimo del cuore; dall'altra, come madre ed educatrice, aiutava la sua umanità a crescere "in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini" (
Lc 2,52). Guardino a Lei le donne e gli uomini che operano nel campo dell'educazione, impegnati a costruire il futuro dell'uomo.

(Seguono saluti in francese, inglese, tedesco, spagnolo] (Dopo aver salutato i pellegrini provenienti dalla Polonia, Giovanni Paolo II ha rivolto le seguenti parole ai fedeli italiani:] Rivolgo un cordiale pensiero ai pellegrini di lingua italiana. Saluto, in particolare, gli "Amici di Manaus" del Centro Sociale Missionario delle Suore di Nostra Signora del Carmelo, provenienti da Taranto e da Sassari; le studentesse universitarie che prendono parte all'incontro di Castelromano, promosso dalla Fondazione RUI, che quest'anno affronta il tema, affascinante e impegnativo, "Donna e futuro"; il gruppo Scouts di Albano e i giovani del movimento "Regnum Christi".

Auguro, infine, ai Castellani, qui convenuti in occasione della Sagra delle Pesche, che questa antica tradizione continui a suscitare gratitudine verso il Creatore per la dolcezza dei frutti della terra e stimoli tutti a rinnovata attenzione per la natura.

Data: 1995-07-30 Data estesa: Domenica 30 Luglio 1995


GPII 1995 Insegnamenti 1304