GPII 1995 Insegnamenti 2145

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1. Vi saluto tutti cordialmente in questo incontro di Avvento, che si rinnova ormai da più di dieci anni nella Basilica di San Pietro. Sono lieto di rivolgermi a voi, che qui rappresentate il mondo accademico, il cui ruolo a servizio della verità riveste tanta importanza nella vita della Nazione.

Durante questo tempo liturgico, la Chiesa ascolta le parole del profeta Isaia, straordinario testimone della grande attesa, che ricolmo i cuori e la vita del popolo di Dio nell'Antica Alleanza. "Una voce grida: "Nel deserto preparate la via al Signore, appianate nella steppa la strada per il nostro Dio. Ogni valle sia colmata, ogni monte e colle siano abbassati; il terreno accidentato si trasformi in piano e quello scosceso in pianura. Allora si rivelerà la gloria del Signore e ogni uomo la vedrà, poiché la bocca del Signore ha parlato"" (
Is 40,3-5).

Quando "la bocca del Signore" preannuncio questa venuta, attesa dai Profeti e dal popolo d'Israele? Quando inizio l'Avvento dell'umanità, l'attesa cioè del Signore che sarebbe venuto a salvare il mondo? L'Avvento, in un certo senso, ebbe inizio fin dal momento del peccato originale. Allora, infatti, per la prima volta Dio promise all'umanità decaduta il Redentore (cfr. Gn 3,15). L'attesa tuttavia divenne vero e proprio "tempo di salvezza" con la vocazione di Israele, popolo predestinato a "preparare la via al Signore" e dal quale doveva nascere il Messia.

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2. Le parole di Isaia esprimono tale misterioso disegno ed orientano in qualche modo verso la luce della notte di Betlemme: "Allora - dice il Profeta - si rivelerà la gloria del Signore e ogni uomo la vedrà" (
Is 40,5). Molti attendevano una rivelazione della gloria di Dio diversa. Chi, infatti, poteva prevedere che Dio si sarebbe rivelato come un Neonato, nascendo in una stalla? Riascoltando le parole di Isaia, ne avvertiamo oggi la profonda attualità non solo liturgica. Non continua infatti ad essere sempre attuale l'esortazione a "preparare la via al Signore", a spianare per la sua venuta i molteplici "tratti accidentati" delle anime e delle società? L'Avvento è dunque realtà in cui continuiamo a vivere. Ed è bene che la Chiesa ce lo ricordi ogni anno, nel periodo che precede il Natale del Signore.

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3. Isaia è così uno straordinario testimone dell'attesa messianica d'Israele e dell'umanità, in tutte le epoche. Il suo tipico linguaggio è pervaso, al tempo stesso, da un profondo contenuto metafisico. Ascoltiamo le parole della lettura odierna: "Ogni uomo è come l'erba e tutta la sua gloria è come un fiore del campo.

Secca l'erba, appassisce il fiore, ma la parola del nostro Dio dura sempre.

Veramente il popolo è come l'erba" (
Is 40,6-8). Qui il Profeta si fa come portavoce della caducità del creato. Anche l'uomo è fuggevole. La fugacità delle creature impone all'uomo, che, solo, è creato ad immagine e somiglianza di Dio, di cercare ciò che non è contingente, cioè l'Assoluto. Lo attesta la storia del pensiero umano e in particolare la storia della filosofia, specialmente della filosofia greca, che fondandosi sull'esperienza universale dell'uomo preparo nella cultura dell'Occidente le vie per comprendere il rapporto tra Dio e il mondo.

Il pensiero umano va verso Dio e si ferma, quasi in un muto stupore, davanti a "Colui che è". Dio appare come eternità di fronte a ciò che è soggetto al tempo, come onnipotenza di fronte a ciò che è debole e precario, come santità davanti a ciò che è segnato dal peccato.

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4. Tuttavia, la visione di Isaia non termina qui. Egli non è soltanto un filosofo: è un Profeta, è voce di Dio stesso. Egli annunzia il Dio vivente, il Dio che si rivela, che parla all'uomo. Il Verbo che deve venire al mondo. "Ecco il vostro Dio! Ecco, il Signore Dio viene con potenza..." (
Is 40,9-10).

L'evento della notte di Betlemme si compirà nel silenzio, ma gli angeli ne daranno notizia. I pastori di Betlemme, primi testimoni del Natale del Signore, li udranno annunziare la gloria di Dio nell'alto dei cieli e la pace sulla terra per gli uomini che Egli ama (cfr. Lc 2,13-14). Il Profeta esprime tutto questo con parole che, dopo tanti secoli, nulla hanno perso della loro bellezza e del loro vigore.

Nell'odierna liturgia, anche il Salmo in qualche modo si fa eco delle parole di Isaia: "Cantate al Signore un canto nuovo, cantate al Signore da tutta la terra" (Ps 95,1).

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5. Isaia presenta il Messia come pastore che raduna col suo braccio il gregge, porta gli agnellini sul petto e con delicatezza conduce le pecore madri (cfr.
Is 40,11). L'immagine del pastore, ricorrente nell'Antico Testamento, è passata nel Vangelo: Gesù se ne serve per definire la propria missione (cfr. Jn 10).

Il brano evangelico, oggi proclamato, parla di un pastore che cerca la pecora smarrita. "Che ve ne pare? - domanda Gesù - Se un uomo ha cento pecore e ne smarrisce una, non lascerà forse le novantanove sui monti, per andare in cerca di quella perduta?". Ed aggiunge: "così il Padre vostro celeste non vuole che si perda neanche uno solo di questi piccoli" (Mt 18,12-14).

L'immagine del Buon Pastore ci conduce dunque al cuore stesso del Vangelo. Il Dio atteso da Israele e dall'uomo di tutti i tempi è il Buon Pastore, ricolmo di grande premura paterna. E' Amore! E non è certo un caso se nella notte del Natale i primi a rendere omaggio al divino Bambino furono proprio dei pastori, intenti a vegliare sul loro gregge nelle vicinanze di Betlemme.

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6. Carissimi, uno degli eventi più significativi dell'anno che sta per finire è stato senza dubbio il grande incontro dei giovani europei a Loreto. Durante quel pellegrinaggio, che ha coinvolto giovani provenienti da ogni Paese del continente, a incominciare dall'Italia, il nostro comune pensiero era rivolto verso la Casa della Santa Famiglia, come verso una singolare icona dei trent'anni di vita domestica del Salvatore del mondo. La Casa dove Gesù è cresciuto in sapienza e grazia davanti a Dio e agli uomini, dove fu obbediente a Giuseppe e a Maria.

Loreto: mistero della casa, che si potrebbe associare all'immagine del Buon Pastore. Questa, infatti, non fa pensare subito all'ovile? Ad una dimora sicura? La casa è il luogo della premura, della sollecitudine dei genitori per i figli, della preoccupazione per ogni "pecora perduta". Sollecitudine unica ed irripetibile. La casa è testimone di molte lacrime materne, ma anche della gioia incontenibile del buon Pastore, che con amore riconduce all'ovile la "pecora perduta".

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7. Pensiamo alla casa. Dappertutto la casa natale ha per ciascuno, e specialmente per ognuno di voi, cari giovani, un'importanza unica. La casa è un grande bene per l'uomo! E' un ambiente di vita e di amore! E' in un certo senso la nostra "Loreto umana"...

Cari giovani, vi invito a riflettere su questa realtà durante l'Avvento, per ricostruire nel vostro cuore l'immagine della casa paterna. Siate riconoscenti per questo dono della Provvidenza e, al tempo stesso, chiedete di poter preparare nella vostra vita le condizioni per formare una "nuova casa", nella quale stabilire la vostra famiglia. Pregate sempre per questo; pregate perché questa prospettiva cresca gradualmente nei vostri cuori, nelle scelte più importanti, orientando il vostro cammino e la vostra vocazione. Nella maggior parte dei casi si tratta proprio di una vocazione a formare una famiglia. Sappiate, pertanto, assimilare quanto appartiene alle sane tradizioni cristiane relative alla casa e alla famiglia in Italia, e in altri Paesi, e cercate di arricchirle, aggiornandole ai tempi in cui viviamo.

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8. "Il giorno del Signore è vicino: egli viene a salvarci" (Canto al Vangelo).

Carissimi, ci siamo riuniti nella Basilica di San Pietro per vivere l'Avvento e prepararci alla venuta di Cristo: la venuta storica nella notte di Betlemme, come pure quella incessante, ed insieme escatologica, che dura attraverso i secoli e si compirà alla fine dei tempi.

Questa venuta, come ci ha ricordato il recente pellegrinaggio dei giovani d'Europa a Loreto, è legata in qualche modo alla dimensione domestica e familiare. Possa la coscienza di questa verità ravvivarsi in noi, durante le prossime feste natalizie. Preparandoci ad esse, lasciamo che Gesù venga nelle nostre case per donarci la gioia che egli reco e continua a recare agli uomini. Ed ecco quale è la fonte di questa gioia: il Salvatore del mondo viene per prepararci una casa. Questa è l'autentica prospettiva evangelica. A tutti gli uomini che non hanno sulla terra una dimora stabile Cristo viene per dire: Non abbiate paura! L'uomo passa come l'erba e come il fiore che appassisce, ma la parola del Signore dura per sempre (cfr.
Is 40,6-8). Essa annuncia la dimora eterna: Dio vuole che abbiamo la nostra definitiva, eterna casa nel santuario della sua gloria.

Portiamo con noi, dall'odierno incontro, questa bella verità dell'Avvento. Portiamola nel cuore e impegniamoci a viverla. Amen! (Al termine della Santa Messa, il Papa ha detto:] In previsione del Santo Natale, vorrei augurare a tutti i presenti e a tutta questa grande comunità universitaria di Roma e d'Italia di contribuire efficacemente alla costruzione della nostra casa comune, casa propria, casa domestica, casa italiana, casa europea. Tutte queste dimensioni della casa si riferiscono alla Santa Casa di Loreto su cui abbiamo meditato oggi durante l'omelia della Messa. Allora auguri di Buon Natale e di Buon Anno.

Sia lodato Gesù Cristo!

Data: 1995-12-12 Data estesa: Martedi 12 Dicembre 1995



Visita "ad limina": il discorso di Giovanni Paolo II a Presuli delle Province Ecclesiastiche di Bombay, di Goa, di Hyderabad, di Nagpur e di Verapoly Paese asiatico

Titolo: "Il Vangelo vi rafforzi nel legame di unità e di carità, affinché tutti insieme i Vescovi dell'India formino una sola mente e un solo cuore"

Eminenza, Cari Fratelli nell'Episcopato,

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1. Con l'"affetto che ho per tutti voi nell'amore di Cristo Gesù" (
Ph 1,8), saluto voi, Pastori della Chiesa nelle Province ecclesiastiche di Bombay, Goa, Hyderabad, Nagpur e Verapoly in occasione della vostra visita ad limina Apostolorum. Siete venuti a pregare sulle tombe degli Apostoli Pietro e Paolo nella Sede in cui essi confermarono la verità e la fecondità del Vangelo mediante il loro martirio. Qui essi predicarono Cristo crocifisso e risorto e fecero la "bella professione di fede" (1Tm 6,12). Mediante la testimonianza del loro sangue santificarono questa Chiesa lasciando un'eredità ai loro successori, i Vescovi di Roma, affinché nel loro ministero "tutti i Vescovi si riconoscano uniti in Cristo e tutti i fedeli trovino la conferma della propria fede" (UUS 97).

In unità, carità e pace siamo membri del Collegio dei Vescovi che Cristo ha istituito per proseguire la sua opera salvifica nei secoli. Ognuno, a seconda della misura del dono di Dio, ha la responsabilità di pascere il gregge che gli è stato affidato in una particolare diocesi. Allo stesso tempo abbiamo una responsabilità collegiale verso l'intera Chiesa (cfr. LG 22). Come l'Apostolo Pietro, siamo consapevoli della nostra fragilità e della nostra condizione di peccatori, ma come lui siamo anche confortati dalle parole del Signore: "Non abbiate paura!" (Lc 5,10). Come san Paolo, ci vanteremo ben volentieri delle nostre debolezze perché dimori in noi lo Spirito di Cristo (cfr. 2Co 12,9). Grazie al nostro ministero episcopale il Signore risorto, nella potenza dello Spirito Santo, continua a guidare la sua Chiesa lungo il cammino verso il Padre. Poiché "Dio ci ha trovati degni di affidarci il Vangelo" (1Th 2,4), ci è stato conferito il potere di manifestare un coraggio apostolico che non conosce paura. La mia supplica fraterna a voi Vescovi dell'India è la seguente: abbiate sempre il coraggio di annunziare il Vangelo di Dio anche in situazioni avverse! (cfr. 1Th 2,2).

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2. Lo stesso spirito donato alla Chiesa attraverso le ferite della crocifissione (cfr.
DEV 25) vi accompagna lungo il cammino della vostra missione come Pastori del Popolo di Dio ed araldi del Vangelo per coloro che ancora non lo hanno ascoltato. Egli rafforzerà i vostri vincoli di unità e di carità affinché tutti insieme i Vescovi dell'India formino una sola mente e un solo cuore, esercitando un'effettiva solidarietà pastorale, per affrontare le sfide che si presentano alla comunità cattolica nel vostro Paese alle soglie del nuovo Millennio.

Una di queste sfide è il riemergere di quella mentalità che divide le persone per ragioni sociale ed etniche. Dobbiamo purtroppo ammettere che tali problemi persistono anche in seno alla comunità cristiana, con forme di discriminazione che contrastano l'essenza stessa del messaggio del Vangelo, un messaggio che parla dell'amore infinito di Dio per tutti i suoi figli, senza fare distinzioni. Siamo tutti vincolati dall'esortazione dell'Apostolo Paolo a comportarci in maniera degna della vocazione che abbiamo ricevuto... ansiosi di conservare l'unità dello Spirito per mezzo del vincolo della pace (cfr. Ep 4,1-3).

La preghiera di Cristo nel cenacolo, che viene spesso applicata ai rapporti ecumenici con altri cristiani, deve esprimersi in primo luogo nella vita della comunità cattolica, in ogni parrocchia, in ogni incontro locale dei fedeli: "Perché tutti siano una sola cosa. Come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch'essi in noi una cosa sola, perché il mondo creda che tu mi hai mandato" (Jn 17,21).

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3. Fu nel cenacolo che il Signore diede ai suoi discepoli il nuovo comandamento dell'amore reciproco (cfr.
Jn 13,34) e istitui l'Eucaristia come il sacramento che crea e rappresenta l'unità di tutti i suoi discepoli. Attraverso l'Eucaristia Cristo continua a edificare il suo Corpo, la Chiesa, e lo Spirito Santo rafforza "l'uomo interiore" (Ep 3,16). In India, così come a Roma e in ogni altri parte del mondo, il modello originale della comunità di fede è quello descritto negli Atti degli Apostoli: i fedeli "erano assidui nell'ascoltare l'insegnamento degli Apostoli e nell'unione fraterna, nella frazione del pane e nelle preghiere" (2,42). I Vescovi devono tenere sempre presente questo modello quando si sforzano di consolidare nello stesso spirito di unità e di armonia la parte della Chiesa affidata alla loro sollecitudine pastorale. Come sommi sacerdoti della sacra adorazione e principali "amministratori dei misteri di Dio" (1Co 4,1), i Vescovi devono promuovere la vita liturgica nelle loro diocesi secondo l'insegnamento e la disciplina della Chiesa universale. Poiché la liturgia esprime la fede della Chiesa, vegliare sul modo in cui si celebra è un dovere solenne. I Vescovi devono garantire che la "lex orandi" di ogni Chiesa particolare rifletta la "lex credendi" della "Koinonia" universale.

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4. Dall'Eucaristia provengono la forza per vivere la vita cristiana nella sua pienezza e l'impegno a condividere tale vita con gli altri. Il Signore presente nell'Eucaristia vi manda ovunque nella vostra Nazione per edificare a gloria di Dio "la civiltà dell'amore, fondata sui valori universali di pace, solidarietà, giustizia e libertà, che trovano in Cristo la loro piena attuazione" (
TMA 52). Per i Vescovi e i loro collaboratori - sacerdoti, religiosi e laici impegnati - questo compito comprende l'insegnamento della dottrina sociale della Chiesa, la proclamazione del Vangelo della vita, e la promozione del dialogo e della cooperazione interreligiosi.

"In effetti, per la Chiesa insegnare e diffondere la dottrina sociale appartiene alla sua missione evangelizzatrice e fa parte essenziale del messaggio cristiano" (CA 5). Nel vostro apostolato l'insegnamento sociale della Chiesa esige un impegno coraggioso per promuovere una società più giusta ed equa e un amore sincero per i poveri che si esprime attraverso una solidarietà che li aiuti a diventare gli artefici principali del loro sviluppo umano. Nelle vostre relazione ad Limina avete richiamato l'attenzione su alcune situazioni che gravano sulle vostre comunità. Tra queste vi sono le antiche e le nuove minacce alla vita umana - mascherate come compassione - dirette contro i nascituri, i disabili, i malati gravi e i moribondi. Ogni qual volta la dignità e i diritti degli individui o dei popoli vengono minacciati la voce profetica della Chiesa dovrebbe risuonare al servizio della vita.

La cospirazione contro la vita (cfr. EV 17) assume molteplici forme nella società moderna. Queste forme comprendono la violenza alimentata dalle differenze razziali e religiose, lo sfruttamento di donne e bambini sul posto di lavoro accanto al permissivismo sessuale e alla pornografia, le pressioni per adottare alcuni metodi di controllo demografico e un indebolimento generale del senso di responsabilità verso il bene comune da parte di coloro che controllano l'economia e la vita pubblica.

Una società giusta si può fondare solo sulla legge morale. I laici in particolare dovrebbero essere incoraggiati e formati per operare a favore di una società che rispetti e promuova i valori etici inscritti nel cuore umano (cfr. Rm 2,15) e rivelati dalla sapienza e dall'amore di Dio, valori che sono in gran parte riflessi nei codici morali delle grandi religioni del mondo. Nonostante le difficoltà che si riscontrano in una società prevalentemente non cristiana, a voi Vescovi per primi è chiesto di farvi "annunciatori instancabili del Vangelo della vita" (EV 82). Sono certo che esorterete, formerete e incoraggerete i sacerdoti, i teologi, gli insegnanti, i catechisti, i genitori e tutti i credenti affinché si impegnino sempre più nella loro responsabilità di essere un popolo per la vita.

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6. Un altro motivo di preoccupazione e di azione della Chiesa in India è lo status delle donne nella società e nella comunità ecclesiale. Certo, la grande sfida ad affrontare il problema dell'oppressione storica delle donne è una questione che riguarda tutta al società. La comunità cattolica tuttavia, da parte sua, può fare molto attraverso le sue istituzioni e mediante l'atteggiamento e il comportamento dei suoi membri, in particolare delle oltre 65.000 religiose, per rafforzare la consapevolezza dell'uguale dignità tra uomini e donne, dei diritti fondamentali di queste ultime e della complementarità degli uomini e delle donne nel disegno di Dio. Sono lieto che la vostra Conferenza episcopale e molte Diocesi stiano già adottando misure pratiche in risposta alle preoccupazioni e alle speranze delle donne e per trovare i modi atti a migliorare la loro condizione. Rinnovo l'appello fatto lo scorso settembre all'intera Chiesa affinché sia disposta a promuovere in ogni modo la partecipazione delle donne alla sua vita interna, fatta eccezione per quei compiti che appartengono propriamente al sacerdote, facendo uso dell'ampio spazio riservato dal diritto canonico alla presenza dei laici e delle donne (cfr. Angelus, 3 settembre 1995).

Promuovendo il rispetto per l'intrinseca dignità delle donne, contribuirete a liberare riserve di saggezza e sensibilità di cui la Chiesa e la società hanno grande bisogno.

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7. In una società multireligiosa come quella indiana i cristiani devono unirsi a tutte le persone di buona volontà nella difesa dei comuni valori umani e spirituali e nella promozione dello sviluppo umano integrale. La Chiesa cattolica in India deve affrontare la sfida del fondamentalismo religioso militante promuovendo il dialogo interreligioso. Da questo dialogo nascerà il rispetto per i "semi della Parola" sparsi tra i popoli e le religioni dell'India, nel sincero riconoscimento dell'autentica "ricchezza spirituale" della loro "preghiera e contemplazione, fede e ricerca di Dio o dell'Assoluto" (Dialogo e Annuncio, 19/5/1991). Il "Dialogo della vita" con i non cristiani dimostrerà che l'autentica fede religiosa è una fonte di reciproca comprensione, di solidarietà fraterna e di pace sociale.

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8. Cari Fratelli, l'intera Chiesa si sta preparando con entusiasmo a commemorare il bimillenario dall'incarnazione redentrice del Signore in seno alla Vergine Maria. Oltre ai significativi eventi in preparazione del Giubileo, quali la Sessione Speciale per l'Asia del Sinodo dei Vescovi, i Vescovi, insieme a ogni settore dei fedeli, sono chiamati a promuovere nelle loro diocesi un profondo rinnovamento interiore a ogni livello della vita della Chiesa. E' questa la trasformazione nello Spirito che dovrebbe ispirare il vostro ministero conformemente alla esortazione di San Paolo: "Dovete rinnovarvi nello spirito della vostra mente e rivestire l'uomo nuovo, creato secondo Dio nella giustizia e nella santità vera" (
Ep 4,23-24). Gli anni che conducono al Giubileo devono diventare un tempo di speranza per la Chiesa in India! La speranza penetra l'oscurità della Passione con lo splendore della Risurrezione. I Pastori che seguono le orme del Pastore e Custode delle nostre anime (cfr. 1P 2,25) sono icone di questa speranza per il loro popolo. Con gioioso ringraziamento per le grandi cose (cfr. Lc 1,49) che Dio ha fatto per la Chiesa in India affido voi, i vostri sacerdoti, i religiosi e i laici, a Maria, Vergine del Nuovo Avvento e Stella del Mattino che guida il Popolo di Dio verso suo Figlio, Cristo Redentore.

Con la mia Benedizione Apostolica.

Data: 1995-12-13 Data estesa: Mercoledi 13 Dicembre 1995

L'omelia di Giovanni Paolo II alla Santa Messa per la conclusione dell'Assemblea Speciale per il Libano del Sinodo dei Vescovi - Basilica Vaticana, Città del Vaticano

Titolo: Per tutti il Libano è un "compito comune"



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1. "Beato il popolo fondato sul- l'amore".

A conclusione dei lavori dell'Assemblea Speciale per il Libano del Sinodo dei Vescovi, giungono molto appropriate queste parole del- l'odierna liturgia, che abbiamo cantato poc'anzi come ritornello del Salmo responsoriale.

Sembra infatti che esse rispondano nel modo migliore alla finalità, che ha orientato i nostri lavori durante le scorse settimane. Le Assemblee sinodali, che riguardano la vita della Chiesa in una nazione o in un continente, per loro natura proprio questo si propongono: cercare i punti d'incontro tra gli uomini, i gruppi sociali e le nazioni per fondarli sulla carità.

Questo sembra essere particolarmente importante per il vicino Oriente, e specialmente per la vostra Patria. Sappiamo bene che il Libano è una terra ricca di varie tradizioni religiose e culturali. Vi abitano cattolici appartenenti a varie Chiese orientali e alla Chiesa latina, insieme a cristiani di altre Chiese e Comunità; con essi vi risiedono musulmani. Per tutti il Libano è un "compito comune". Tutti hanno bisogno di quella dimensione sociale della carità, che permette agli uomini di costruire insieme. E sappiamo bene quanto il Libano abbia bisogno di costruire e di ricostruire, specialmente in seguito alle dolorose esperienze di molti anni di guerra, nella ricerca di una giusta pace e di sicurezza nei rapporti con i Paesi limitrofi.

Il Concilio Vaticano II ha ricordato al Popolo di Dio i compiti che la Chiesa, e specialmente i fedeli laici, sono chiamati a realizzare nella comunità sociale e politica. Nell'adempiere questi compiti i credenti traggono ispirazione anche dalla fede: in essa trovano specifiche e validissime motivazioni per impegnarsi nel servizio al bene comune della città terrena. E' evidente quanto tale dimensione dell'impegno cristiano sia importante nel Libano, le cui radici storiche sono di natura religiosa. Ed è proprio in forza di tali radici religiose dell'identità nazionale e politica libanese che, dopo il doloroso periodo della guerra, si è voluto e potuto avviare l'iniziativa di un'Assemblea sinodale in cui cercare insieme la via per il rinnovamento della fede, una miglior collaborazione ed una più efficace testimonianza comune, oltre che per la ricostruzione della società. Questa nostra convinzione - ne sono certo - è condivisa anche dai nostri fratelli cristiani non appartenenti alla Chiesa cattolica, come pure dai musulmani.

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2. Ora che siamo riuniti intorno all'altare nella Basilica di San Pietro, per rendere grazie a Dio del dono del Sinodo, la Liturgia ci ricorda che un giorno i vostri avi, carissimi Fratelli della Chiesa che è in Libano, si trovarono tra le folle che circondavano Gesù per ascoltare il suo insegnamento. Scrive infatti san Luca: "C'era gran folla di suoi discepoli e gran moltitudine di gente da tutta la Giudea, da Gerusalemme e dal litorale di Tiro e di Sidone, che erano venuti per ascoltarlo ed essere guariti dalle loro malattie... Alzati gli occhi verso i suoi discepoli Gesù diceva: "Beati voi poveri, perché vostro è il regno di Dio. Beati voi che ora avete fame, perché sarete saziati. Beati voi che ora piangete, perché riderete. Beati voi quando gli uomini vi odieranno... a causa del Figlio dell'uomo. Rallegratevi in quel giorno ed esultate, perché, ecco, la vostra ricompensa è grande nei cieli"" (
Lc 6,17-23).

I vostri avi di duemila anni fa ascoltarono queste parole di Cristo. Ma non furono esse pronunciate anche per noi, per gli uomini del nostro tempo, per i cristiani di oggi, per il Libano dei nostri giorni? In queste parole di Cristo non è forse contenuta anche una sorta di programma fondamentale, a cui l'Assemblea del Sinodo dei Vescovi per il Libano ha dovuto ispirarsi? Rimaniamo in ascolto di questo brano del Vangelo, e proviamo a confrontarlo con quanto è stato detto nei giorni scorsi nell'aula sinodale.

Lo facciamo ripensando con commozione al fatto che una volta sulla vostra terra camminarono i piedi del Redentore del mondo (cfr. Mt 15,21-28 Mc 7,26-36), che i suoi occhi ne ammirarono la bellezza. A questo ci fa pensare la prima Lettura dell'odierna Liturgia, tratta dal Cantico dei Cantici. Vorrei che lo sguardo del Redentore, colmo d'amore, accompagnasse tutti voi, che avete preso parte all'Assemblea sinodale, ed anche tutti i fratelli e sorelle che voi rappresentate.

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3. "Aspirate ai carismi più grandi" (
1Co 12,31).

Così scrive l'Apostolo nella prima Lettera ai Corinzi. Nel momento in cui concludiamo il Sinodo per il Libano, anche queste parole di Paolo le sentiamo come indirizzate a noi. L'Apostolo così termina il suo "inno alla carità": "Queste dunque le tre cose che rimangono: la fede, la speranza e la carità; ma di tutte più grande è la carità" (1Co 13,13). E poco prima aveva detto, con espressioni che non finiremo mai di leggere e di meditare: "La carità è paziente, è benigna la carità; non è invidiosa la carità, ... non si adira, non tiene conto del male ricevuto, non gode della ingiustizia... Tutto copre, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta" (1Co 13,4-7). Si, l'amore è proprio così! San Paolo, nel proclamare ai discepoli della comunità di Corinto la verità sull'amore, insiste sui molteplici frutti che esso è in grado di produrre e che si manifestano non soltanto nella vita delle singole persone o delle famiglie, ma anche nella vita di intere nazioni.

"Beato il popolo fondato sull'amore", ci ha detto il Salmo responsoriale. E per noi, reduci da alcune settimane di lavoro sinodale, queste parole suonano con una particolare ricchezza di senso: esse ci dicono che dobbiamo riflettere bene sull'inno alla carità della Lettera ai Corinzi, se vogliamo operare con frutto per la ricostruzione del Libano, contribuendo alla ricomposizione del tessuto spirituale e morale di una società dalle tradizioni così nobili ed antiche.

Non abbiamo bisogno per questo di una grande pazienza? L'amore è paziente. Non è forse necessario dimenticare il male subito sotto tante forme? L'amore non tiene conto del male ricevuto. Non si richiede forse per questo una grande perseveranza? L'amore sopporta tutto. E, infine, non è indispensabile una grande speranza? L'amore ci spinge a varcare continuamente la soglia della speranza.

Venerati e cari Fratelli e Sorelle, rimangano in voi la fede, la speranza e la carità. Rimangano queste tre virtù teologali su cui si regge la vita cristiana. Ma non dimentichiamo che di tutte più grande è la carità. In cima a tutto ponete l'amore! Amen.

Data: 1995-12-14 Data estesa: Giovedi 14 Dicembre 1995

Messaggio ai Cattolici di Francia - Città del Vaticano

Titolo: Conservate la speranza

Ai Cattolici di Francia Fratelli e Sorelle, nel mese di settembre 1996 avro la gioia di tornare ad incontrare la Chiesa che è in Francia. Per la prima volta, mi rechero nell'Ovest, a Sainte-Anne d'Auray, dove i fedeli della Bretagna amano riunirsi per venerare la madre della Santa Vergine. Proseguiro il mio pellegrinaggio a Tours, per partecipare al sedicesimo centenario di San Martino, monaco e vescovo la cui predicazione ha contribuito a radicare il Vangelo nei borghi e nelle campagne della Gallia. Concludero a Reims la mia visita pastorale con la celebrazione del quindicesimo centenario del battesimo di Clovis, il re franco giunto alla fede cristiana dopo una conversione a lungo maturata. Questo battesimo ha consolidato i legami della vostra nazione con la Chiesa di Gesù Cristo.

La celebrazione di questi avvenimenti vi invita a valutare i doni che avete ricevuto da Dio nel corso della vostra storia. Questa storia è stata segnata da prove. Essa è ricca della santità di numerosi testimoni. In essa troverete l'ispirazione e il coraggio per il vostro futuro. I vostri avi hanno saputo portare la fiaccola del Vangelo con audacia fino ai confini della terra. Lungi dal compiacervi in questo passato, recuperate il meglio della vostra eredità.

Ricordate ciò che i cristiani del vostro paese hanno dato alla Chiesa universale, da quelli dei primi tempi fino alle generazioni recenti che hanno vissuto la grande esperienza del Concilio Vaticano II.

In occasione del mio primo incontro con voi, in quanto Successore di Pietro, vi avevo chiamato a rinnovare la vostra fedeltà alle promesse del vostro battesimo. Rivolgo nuovamente questo appello a voi che dovete trasmettere alle generazioni future il tesoro spirituale che avete ricevuto. E vero che, come molti vostri fratelli e sorelle di altre nazioni, dovete affrontare le difficoltà e le incertezze di questo tempo. Attorno a voi, non tutti condividono le vostre convinzioni e alcuni, a volte, vi si oppongono. Potreste essere inquieti e temere che il futuro della Chiesa nel vostro Paese sia compromesso a causa della diminuzione delle risorse pastorali nelle vostre comunità. Conservate la speranza, poiché Gesù ce lo ha promesso: "Sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo" (Mt 28,20).

Siate amici intimi di Cristo. Meditate la sua Parola che è sorgente di vita. Lasciatevi penetrare dal suo Spirito che è amore misericordioso del Padre.

Ricercate nella preghiera comune e nel rapporto personale con il Signore il principale sostegno alla vostra fede. Siate fedeli alla celebrazione dell'Eucaristia, dove Cristo Salvatore, offrendo la propria vita, unisce in sé i membri del suo Corpo.

Come l'apostolo Pietro, vi dico: siate pronti a "rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che e in voi. Tuttavia questo sia fatto con dolcezza e rispetto" (1P 3,15-16). In un dialogo aperto con quanti non condividono la nostra fede o se ne allontanano, mostrate la gioia di aver ricevuto la verità sull'uomo che Cristo rivela nella pienezza; esprimete la maturità e la libertà interiore che vi vengono dalla partecipazione alla comunione dei battezzati; attraverso il vostro amore reciproco e il vostro generoso impegno di cristiani, testimoniate la felicità di vivere secondo il Vangelo.

Nel settembre 1996 verro ad incontrarvi, cari Fratelli e Sorelle di Francia, confidando in tutto quello che saprete intraprendere per il bene di tutta la Chiesa. Oggi, rispondete con certezza agli interrogativi della nostra società spesso turbata dalle tensioni derivanti da una molteplicità di tendenze e di proposte.

Per la vostra storia siete, agli occhi del mondo intero, una nazione attaccata alla dignità dell'uomo e alla solidarietà tra i popoli. Non vi stancate di mostrarvi fraterni nei confronti di tutti coloro che soffrono nel corpo e nel cuore, dei poveri e degli ammalati, di quelli la cui vita è precaria o minacciata, nel vostro paese o al di là delle frontiere.

Ai giovani cattolici di Francia chiedo di progredire uniti nella scoperta di Cristo e di prendere tutto il posto che spetta loro dentro la Chiesa.

Essi avranno una responsabilità particolare quando accoglieranno giovani venuti da tutti i continenti in occasione delle giornate mondiali del 1997. Che si preparino a queste fin da ora! Sappiano condividere la parte migliore della loro esperienza umana, spirituale e ecclesiale! Avendo il compito di servire l'unità e di rafforzare i miei fratelli nella fede, invito le vostre comunità a preparare il grande appuntamento del Giubileo della Redenzione nell'Anno 2000. Esso segnerà una nuova tappa per l'unione dell'umanità in Cristo e per quel regno di amore, unità, giustizia e pace che il mondo attende. perciò incoraggio le diocesi di Francia, le parrocchie, i movimenti a rispondere sempre meglio alla loro missione. Con la sua presenza e la sua grazia, Cristo rende possibile la nostra fedeltà alle promesse del battesimo.

Rivolgo il mio cordiale saluto ad ognuno di voi, ai miei fratelli nell'Episcopato, ai sacerdoti, ai diaconi, ai religiosi e alle religiose, ai laici che hanno responsabilità ecclesiali, a tutti i fedeli di Francia. Esprimo la mia benevolenza a tutti gli abitanti del territorio francese. Penso in particolare ai più poveri e ai più bisognosi. In questo tempo di Natale, mentre stiamo per celebrare la venuta di Cristo fra noi, porgo a tutti voi i miei auguri affettuosi e, pregando per le vostre intenzioni la Nostra Signora, principale patrona della Francia, Santa Giovanna d'Arco e Santa Teresa di Lisieux, vi concedo di cuore la Benedizione Apostolica.

Dal Vaticano, 15 dicembre 1995.

IOANNES PAULUS PP. II (Traduzione dal francese]

Data: 1995-12-15 Data estesa: Venerdi 15 Dicembre 1995

Udienza: il Santo Padre alle partecipanti al Capitolo Generale delle Suore Missionarie di San Carlo Borromeo - Sala del Concistoro, Città del Vaticano

Titolo: Una carità senza confini alimentata dallo spirito missionario e da una incessante preghiera

Reverenda Superiora Generale, Carissime Suore Missionarie di San Carlo Borromeo!


GPII 1995 Insegnamenti 2145