GPII 1995 Insegnamenti 2167

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1. Sono lieto di porgervi il mio cordiale benvenuto, accogliendovi dopo il decimo Capitolo generale, che avete celebrato a cento anni dalla fondazione del vostro Istituto. Vi saluto tutte con affetto, rivolgendo un particolare pensiero a Suor Marissonia Daltoé, alla quale auguro un generoso e proficuo servizio alla Congregazione, secondo le linee di rinnovamento e di azione concreta per i prossimi sei anni, scaturite nel corso dei lavori capitolari.

La ricorrenza centenaria della vostra Famiglia religiosa vi ha fornito, certamente, lo stimolo a rimeditare e ad approfondire le genuine intuizioni che spinsero il Venerabile Mons. Giovanni Battista Scalabrini, in collaborazione con il P. Giuseppe Marchetti e Suor Assunta Marchetti, a dar vita alla vostra Congregazione, nata il 25 ottobre 1895 a Piacenza, per recare il sollievo e la sollecitudine della Chiesa agli orfani ed agli emarginati del mondo dell'emigrazione.

Oggi voi siete diffuse in venti Paesi, inserite attivamente tra la gente, nel contesto della mobilità umana, per essere migranti con i migranti, costruttrici di pace e a difesa della vita.

Il carisma che distingue la vostra azione apostolica si fonda nella contemplazione di Cristo povero e sofferente, spingendosi ad una carità senza confini. Quest'esigente itinerario di fede e di amore vi pone a contatto specialmente con bambini, donne ed anziani che vivono in situazioni di precarietà o di emarginazione.

Ciò domanda, come avete opportunamente sottolineato nelle riflessioni capitolari, un habitus mentale e spirituale squisitamente femminile di servizio e di dono, che vi permetta di essere forti e libere di fronte alle lusinghe del secolarismo e dell'individualismo, e, al contrario, sempre aperte ad accogliere in nome di Dio chiunque vi interpella e bussa alla porta del vostro cuore.

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2. La vostra quotidiana attività apostolica, inoltre, vi pone a contatto con lingue e culture diverse, con realtà e problemi sempre nuovi rispetto a quelli dei vostri Paesi d'origine. Alimentate, carissime Sorelle, lo spirito missionario che vi contraddistingue con incessante preghiera; percorrete un serio cammino di formazione, che vi renda capaci di accogliere con generosità ed apertura gli insegnamenti del Magistero, aggiornandovi anche in quelle scienze umane che possono aiutarvi nella vostra missione. Vi è chiesto infatti di saper ascoltare con disponibilità e comprensione quanti ricorrono a voi per un sostegno morale e umano, di saper comprendere le situazioni in cui operate, al fine di poter inculturare il messaggio evangelico.

Essere missionarie nel mondo della mobilità umana vi spinge poi ad avere una tipica attitudine di itineranza, disponibili a recarvi ovunque la Provvidenza vi chiami e la Chiesa vi invii. Il mondo attende che voi siate missionarie di speranza e di solidarietà, testimoniando i valori propri della vostra identità scalabriniana, quali l'apertura all'universalità, la libertà interiore e il distacco, l'umiltà e la semplicità, lo sforzo dell'inculturazione e l'accoglienza.

La vostra dimensione di consacrate a Cristo vi spinge ad una costante e capillare opera di evangelizzazione e di catechesi sistematica e aggiornata, secondo il concetto che ne aveva il fondatore, Mons. Scalabrini, definito dal mio venerato Predecessore Pio IX "l'Apostolo del Catechismo".

3. Carissime Sorelle! Il giubileo dei cent'anni di fondazione, unitamente all'appena celebrato Capitolo generale, sono eventi che vi hanno offerto abbondanti motivi di riflessione circa il carisma dell'Istituto e circa la vostra missione nella Chiesa e nel mondo. Sappiate porre in atto ciò che lo Spirito vi ha suggerito e proseguite senza tentennamenti il vostro peculiare servizio ai fratelli bisognosi con gioia e generosità.

La Vergine Maria, che accompagna le fatiche di ogni missionario, vi sostenga sempre con la sua intercessione e vi aiuti a vivere intensamente questo tempo di immediata preparazione al Santo Natale, per gustare pienamente la gioia e la pace portate a tutti gli uomini dal Salvatore.

Con tali auspici, imparto di cuore a voi qui presenti ed all'intera vostra Congregazione una speciale Benedizione Apostolica.

Data: 1995-12-16 Data estesa: Sabato 16 Dicembre 1995



Ai fedeli della diocesi di Regensburg - Città del Vaticano

Titolo: La nascita del Signore è una luce chiarificatrice
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Caro Signor Vescovo, care Sorelle e Fratelli! Con l'albero di Natale che voi avete portato dalla vostra terra nell'Alto Palatinato qui sulla piazza di San Pietro, noi tutti abbiamo ricevuto un dono prezioso. Già da diversi giorni questo magnifico abete si innalza nel cielo romano: esso è un segno della vostra solidarietà nei riguardi del Successore di Pietro ed anche un saluto della Chiesa di Regensburg ai pellegrini giunti nella notte di Natale a Roma da ogni parte del mondo.

L'albero di Natale è per voi anche un atto di riconoscimento di Gesù Cristo, Luce del mondo. Dobbiamo genufletterci come fecero i pastori di Betlemme; essi si trovarono per primi nel raggio di luce del Mistero che illumina le tenebre nella storia dell'uomo su questa terra, come già scrisse Isaia: "Il popolo che cammina nelle tenebre vide una gran luce" (9,1).

Quella luce di Betlemme era una luce ultraterrena; essa era rivolta più al cuore e all'anima dell'uomo che non ai suoi occhi. Il mistero della luce è stato compreso dai pastori: essi lo hanno accolto, si sono avvicinati a Lui. La luce che li ha illuminati è lo "splendore di Dio". Dio "abita una luce inaccessibile" (
1Tm 6,16), e anche il Dio che, come un bambinello giace in una mangiatoia, dimora in tale luce.

La nascita del Signore è una Luce chiarificatrice: la luce in cui tutte le cose, soprattutto l'uomo e la sua vita, ritrovano il loro significato. Questo significato illuminante si irradia su tutta la Terra.

Come simbolo di questa Luce brillano le luci sull'albero di Natale. Esse rischiarano gli occhi stupefatti di grandi e bambini di tutto il mondo. E proprio questi occhi scintillanti rappresentano il più bel ringraziamento per tutti coloro che si sono fatti merito di questo magnifico dono di Natale.

Qui con noi è oggi una rappresentanza del vostro paese nell'Alto Palatinato. Vorrei salutare voi tutti di tutto cuore; in particolare, mi rivolgo ai rappresentanti della diocesi di Regensburg con il loro Vescovo Manfred Muller, con il responsabile dell'Organizzazione, il Canonico del Duomo Grabmeier, il Segretario di Stato Signora Hohimeier in sostituzione dell'egregio Signor Stoiber, Presidente dei Ministri del Libero Stato di Bayern, il Signor Metzger, Presidente del Governo di Regensburg, il Signor Grass, Sindaco di Obertraubling, così come i membri dell'Associazione Culturale di Oberhinkofen, dell'orchestrina di Obertraubling e il Fisarmonica-club di Regensburg, che rendono questi giorni ancora più lieti con i loro canti cristiani natalizi.

Oltre alla diocesi di Regensburg, ai donatori dell'albero di Natale e ai membri dell'Associazione Culturale, il mio particolare ringraziamento sia rivolto alle autorità della Repubblica italiana per il loro preziosissimo aiuto in occasione del trasporto dell'albero, che è stato possibile, tra l'altro, soprattutto grazie all'intervento del Signor delegato Hans Widmann e dei suoi collaboratori; ringrazio, inoltre, l'Ambasciata tedesca presso la Santa Sede, ed in primo luogo il Signor ambasciatore Dr. Jenninger.

Accogliete i miei migliori auguri per un lieto Natale ed un felice Anno Nuovo con le vostre famiglie ed i vostri fedeli, che manifestano parimenti la loro gioia per la venuta del Signore con la realizzazione di alberi di Natale e presepi.

Possano gli imminenti giorni di festa animare di nuovo e rafforzare in tutti la fede nella presenza misericordiosa e nell'amore di Dio. Pertanto imparto a voi, a tutti i vostri congiunti ed amici a casa, di tutto cuore, la mia Benedizione Apostolica.

(Traduzione dal tedesco]

Data: 1995-12-16 Data estesa: Sabato 16 Dicembre 1995

Angelus: Giovanni Paolo II guida la rilettura del Coniclio Vaticano II a trent'anni dalla conclusione - Piazza San Pietro, Città del Vaticano

Titolo: "Perfectae caritatis": la regola suprema per la vita consacrata è la sequela di Cristo

Carissimi Fratelli e Sorelle!

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1. Continuando a riflettere, in questi appuntamenti domenicali, sui documenti del Concilio Vaticano II, ci soffermiamo quest'oggi sul testo che i Padri Conciliari hanno riservato alla vita consacrata, il decreto Perfectae caritatis.

Il Concilio aveva già chiarito nella Lumen gentium che alla radice di questa singolare scelta di vita non c'è la disistima del matrimonio o delle realtà temporali, bensi una specifica chiamata di Cristo. E' lui che invita un battezzato a seguire più da vicino la forma di vita che egli stesso scelse (
LG 44) e a testimoniare così, con particolare eloquenza, l'assoluto di Dio. Si tratta in realtà di una nuova consacrazione, che approfondisce quella battesimale e cresimale propria di ogni cristiano. In forza di essa, il chiamato diventa, a nuovo titolo, "tutto" di Dio, per amore del quale si pone anche a totale servizio dei fratelli. Le rinunce che egli fa, non certo dettate da mancanza di amore, sono frutto piuttosto di sovrabbondanza di amore. Egli apprezza i valori del mondo, ma è chiamato a testimoniare che essi non sono i valori ultimi. E' Cristo infatti il valore ultimo e il fine di tutte le cose. Con tali connotati di segno e profezia escatologica, la vita consacrata è innestata profondamente nel mistero ecclesiale, e pur non riguardando la struttura gerarchica della Chiesa, appartiene fermamente "alla sua vita e alla sua santità" (LG 44).

Nel decreto Perfectae caritatis i Padri conciliari si preoccuparono di offrire importanti direttive perché la vita consacrata, pur sviluppandosi in armonia con le esigenze del nostro tempo, restasse pero sempre pienamente fedele alle sue radici evangeliche.

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2. Dopo il Concilio si sono registrati in tal senso lodevoli sforzi; il Sinodo dello scorso anno sulla vita consacrata ha potuto beneficiare di un notevole approfondimento teologico, come pure degli stimoli dovuti al fervido panorama di antiche e nuove forme di speciale donazione. Su questa base sto preparando una Esortazione post-sinodale, che sarà resa pubblica nei prossimi mesi.

Non c'è dubbio che, alla luce di questo trentennio, le indicazioni conciliari si sono dimostrate lungimiranti. Il Concilio ha riaffermato innanzitutto che regola suprema di ogni Istituto di vita consacrata è la sequela di Cristo (
PC 2), valorizzando nel contempo il patrimonio carismatico dei singoli Istituti, trasmesso dai Fondatori. Ha inoltre sottolineato l'importanza di una viva partecipazione degli Istituti di vita consacrata, secondo la loro indole, alla vita ecclesiale ed opportunamente li ha incoraggiati ad essere attenti ai segni dei tempi per offrire efficacemente la loro testimonianza evangelica (PC 3).

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3. Carissimi Fratelli e Sorelle, invochiamo Maria, Vergine fedele, per tutti gli uomini e le donne che si sono votati a Dio solo, allo scopo di amarlo con cuore indiviso (cfr.
LG 42). Memori di quanto afferma il Concilio, che cioè "le migliori forme di adattamento non potranno avere successo, se non saranno animate dal rinnovamento spirituale" (PC 3), essi aiutino la Chiesa ad incamminarsi, con rinnovato slancio interiore ed apostolico, verso il suo terzo millennio.

Apostolica, Giovanni Paolo II ha benedetto i "Bambinelli", le statuine di Gesù Bambino che numerosissimi ragazzi avevano portato in Piazza San Pietro rispondendo all'ormai tradizionale inziativa natalizia promossa dal Centro Oratori Romani.

Ecco le parole del Papa:] Benedico ora, secondo una bella consuetudine natalizia, i "Bambinelli", cioè le statuine di Gesù Bambino che voi, cari bambini e ragazzi, avete portato qui e che poi, tornando a casa, metterete nel presepe. L'anno scorso, come ricordate, ho scritto a tutti i bambini del mondo una speciale Lettera. Quest'anno invece ho voluto dedicare ai più piccoli il Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace del prossimo 1 gennaio, scegliendo come tema: "Diamo ai bambini un futuro di pace!". Vi invito pertanto a pregare, davanti al presepio, perché il Natale del Signore porti un raggio di pace ai bambini del mondo intero, e perché gli adulti imparino a governare le società tenendo conto realmente delle esigenze educative dei più piccoli.

Un "grazie" speciale rivolgo ai bambini degli Oratori e delle Scuole cattoliche di Roma, Pescara e Teramo per i loro auguri e i loro canti; come pure al Centro Oratori Romani, che organizza questa iniziativa.

(Giovanni Paolo II ha benedetto la prima pietra della nuova chiesa parrocchiale romana dedicata ai Santi Cirillo e Metodio. Queste le parole del Papa:] Saluto poi tutti i fedeli e i pellegrini, in particolare il gruppo della parrocchia dei santi Cirillo e Metodio in Roma, per i quali volentieri benedico la prima pietra della nuova chiesa, invocando ogni bene per la loro giovane Comunità.

Incoraggio inoltre l'attività del gruppo del Coordinamento Associazioni Malattie Metaboliche Ereditarie.

A tutti i presenti, anche ai polacchi e a quanti si sono uniti a noi mediante la radio e la televisione, auguro di vivere con fede ed in serenità le ormai imminenti festività natalizie.

(Ai pellegrini giunti dalla Spagna:] Saluto con affetto i fedeli di lingua spagnola, in particolare i pellegrini di Cordova e Siviglia che hanno partecipato alla recita dell'Angelus.

In questo Avvento, tempo in cui la Vergine Maria ci dà testimonianza di viva speranza, chiediamole di aiutarci ad accogliere pienamente suo figlio Gesù, vero Dio e vero uomo. Auguro un felice Natale a voi e ai vostri familiari e amici.

(Infine il Papa ha aggiunto:] Comincia a piovere: "Rorate caeli desuper!"... Buon Natale!.

Data: 1995-12-17 Data estesa: Domenica 17 Dicembre 1995

Visita pastorale: l'omelia del Papa alla Santa Messa nella parrocchia romana di S.

Maria "Regina Apostolorum" - Roma

Titolo: Pregate affinché la missione cittadina mobiliti ogni energia viva della diocesi e sviluppi un dialogo fraterno e cordiale con la città

Rorate caeli desuper! Carissimi Fratelli e Sorelle!

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1. Le letture, che abbiamo ascoltato nell'odierna liturgia, illustrano come la realtà dell'Avvento sia già inscritta nella stessa esperienza della natura.

L'Avvento, infatti, è il tempo dell'attesa. San Giacomo parla dell'agricoltore che "aspetta pazientemente il prezioso frutto della terra finché abbia ricevuto le piogge d'autunno e le piogge di primavera" (5,7). Queste parole si possono collegare in qualche modo con quelle del profeta Isaia, proclamate nella prima lettura: "Si rallegrino il deserto e la terra arida, esulti e fiorisca la steppa.

Come fiore di narciso fiorisca; si, canti con gioia e con giubilo" (35,1-2). Per gli Israeliti, che vivevano ai margini del deserto, l'attesa del raccolto costituiva oggetto di particolare sollecitudine. Del resto, non è forse questo il contenuto dell'invocazione dell'Avvento: "Rorate caeli desuper!"? L'attesa del Messia è, dunque, simile a quella dell'agricoltore: "Et nubes pluant Iustum", "Stillate dall'alto, o cieli, la vostra rugiada e dalle nubi scenda a noi il Giusto"! (cfr.
Is 45,8).

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2. Su questo sfondo di trepida attesa, la liturgia di oggi ci porta ad affermare ancora una volta che al centro dell'Avvento si trovano l'uomo e Dio: l'uomo che attende la venuta di Dio, e Dio che cerca le vie per incontrare l'uomo. Il contenuto dell'attesa dell'uomo è la salvezza che può venirgli soltanto da Dio. Il Messia promesso, che viene sulla terra nella notte di Betlemme, è il Salvatore del mondo, è Colui che libera l'uomo dal male, orientandolo verso il bene e la felicità.

Il Salmo responsoriale inneggia a Dio fedele per sempre: egli rende giustizia agli oppressi, nutre di pane gli affamati, libera i prigionieri, ridona la vista ai ciechi, rialza chi è caduto, ama i giusti, protegge gli stranieri, veglia sull'orfano e la vedova (cfr.
Ps 145,7-10).

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3. Le parole del Salmista si riallacciano a quanto espresso dal profeta Isaia: "Allora si apriranno gli occhi dei ciechi e si schiuderanno gli orecchi dei sordi.

Allora lo zoppo salterà come un cervo, griderà di gioia la lingua del muto" (
Is 35,5-6). Sono segni di una grande conversione, di un ritorno, che si compirà per opera del Redentore. Il Profeta annuncia: "Ritorneranno i riscattati dal Signore e verranno in Sion con giubilo; felicità perenne splenderà sul loro capo; gioia e felicità li seguiranno e fuggiranno tristezza e pianto" (Is 35,10).

E quando i discepoli di Giovanni Battista andarono da Cristo per domandargli: "'Sei tu colui che deve venire o dobbiamo attenderne un altro?', Gesù risponde: "Andate e riferite a Giovanni ciò che voi udite e vedete: i ciechi ricuperano la vista, gli storpi camminano, i lebbrosi sono guariti, i sordi riacquistano l'udito, i morti risuscitano, ai poveri è predicata la Buona Novella e beato colui che non si scandalizza di me"" (Mt 11,3-6). così, dunque, Gesù di Nazaret conferma in modo inequivocabile di essere proprio Lui il compimento delle attese messianiche di Israele. In tal modo Egli si pone come mediatore tra le attese dell'uomo e l'eterna disponibilità di Dio a corrispondere pienamente ai bisogni dell'umanità.

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4. Ricollegandosi al messaggio di Giovanni Battista e alla conseguente risposta, Gesù parla alla folla della persona del Battista. Il Battista non è un uomo che dubita. La domanda da lui posta scaturisce dal profondo della sua vocazione profetica e tende ad ottenere da Cristo stesso la conferma di quella divina verità a cui aveva reso testimonianza sulle rive del Giordano: verità confermata definitivamente con il sacrificio della propria vita.

E Gesù testimonia la speciale missione del Battista, quasi volesse estinguere un "debito di riconoscenza" verso il Precursore. "In verità vi dico: tra i nati di donna non è sorto uno più grande di Giovanni il Battista" (
Mt 11,11). La folla non incontrava soltanto un profeta, ma "più di un profeta" (cfr. Mt 11,9). Con tali parole, Cristo rende testimonianza a Giovanni ed imprime in un certo senso un sigillo messianico su tutta la sua eroica missione.

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5. La figura del Battista ritorna più volte nelle letture dell'Avvento e conferisce un significato particolare alla liturgia di questo periodo. Si, l'Avvento è tempo di attesa del Natale del Signore, del suo ingresso nell'esistenza terrena in un clima di gioia e di pace. Giovanni Battista, in un certo senso, fa rivivere, a trent'anni di distanza, l'esperienza dell'Avvento, nel momento in cui Gesù di Nazaret inizia la sua vita pubblica. E' proprio la realizzazione concreta della sua missione salvifica a manifestare il definitivo significato della Notte di Natale.

Il Messia compirà con la propria missione la profezia di Isaia e per tutti i tempi continuerà a ripetere quanto disse agli inviati di Giovanni: "Beato colui che non si scandalizza di me" (
Mt 11,6). Egli ripete la stessa cosa agli uomini del ventesimo secolo che ormai volge al termine; a noi, radunati in questo tempio; alla Chiesa e a tutta l'umanità. Mentre ci avviamo verso la conclusione del secondo millennio cristiano, queste parole continuino a risuonare con particolare chiarezza e rianimino i cuori degli uomini in questa svolta epocale.

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6. Carissimi Fratelli e Sorelle della Parrocchia di Santa Maria Regina Apostolorum! Quest'oggi il profeta Isaia rivolge un pressante invito: "Coraggio! non temete; ecco il vostro Dio... Egli viene a salvarvi" (35,4). Ripeto queste parole, ormai a pochi giorni dalla grande solennità del Natale, a voi, che vivete in questa parrocchia. Essa conta già 60 anni di vita ed è formata da famiglie poco numerose, con una notevole presenza di anziani. Tanti edifici, un tempo destinati ad abitazioni, oggi ospitano in gran parte svariati uffici. La vostra è una comunità di circa seimila persone, desiderose di aderire a Cristo e consapevoli dell'urgenza di dedicarsi generosamente alla nuova evangelizzazione.

In questo impegnativo compito vi siano di aiuto l'esempio e l'intercessione di san Vincenzo Pallotti, di cui proprio quest'anno ricorre il secondo centenario della nascita. Ai suoi figli spirituali, i Padri Pallottini, è affidata la cura della vostra vivace comunità. Proseguite nella vostra attività pastorale; fate in modo che la catechesi sia sempre più cammino di crescita nella vita cristiana, aperto a vari itinerari di fede. Date a chiunque vive o lavora in questo quartiere l'occasione di incontrare, grazie alla vostra testimonianza di cristiani maturi, il Signore che viene.

Vi saluto tutti con affetto, carissimi parrocchiani di Santa Maria Regina Apostolorum, rivolgendo un particolare pensiero al Cardinale Vicario, al Vescovo Ausiliare del Settore, Mons. Nosiglia, al vostro parroco, Don Missori, ed ai sacerdoti suoi collaboratori. Saluto, inoltre, cordialmente le Suore Pallottine, le Suore degli Angeli Custodi e quanti, a vario titolo, cooperano nell'opera evangelizzatrice. Auguro di cuore che la vostra parrocchia diventi sempre più ciò che deve essere, cioè la "Famiglia di Dio".

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7. Carissimi, la vostra è la prima parrocchia che visito dopo l'annuncio della missione cittadina, prevista in preparazione del Grande Giubileo. Essa è finalizzata ad aiutare i romani ad approfondire e rinvigorire la fede nel Signore Gesù Cristo, a tutti riproponendo Cristo come unico e universale Redentore.

La preparazione di tale missione richiederà un tempo adeguato, perché si tratta di mobilitare ogni energia viva della diocesi, senza limitarsi alla pur necessaria e fondamentale opera di evangelizzazione presso le persone e le famiglie. Occorrerà perciò far penetrare l'annuncio evangelico nelle scuole e nelle Università, nei luoghi di lavoro, negli ambienti di cultura, negli ospedali, nelle carceri, per portare dappertutto la testimonianza di Cristo e sviluppare con gli abitanti di questa città un dialogo fraterno e cordiale, orientato alla comune salvezza.

Perché questa iniziativa raggiunga i suoi fondamentali obiettivi, è necessario iniziare subito quella che costituisce la sua parte prima e fondamentale: la preghiera. La missione è stata annunciata nella solennità dell'Immacolata e davanti alla statua della Madonna. A Lei si rivolge fiduciosa la Chiesa che è a Roma. A Lei rivolgetevi soprattutto voi, che appartenete ad una parrocchia dedicata al suo nome.

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8. Carissimi Fratelli e Sorelle del quartiere "Delle Vittorie"! Sono lieto di incontrarmi con voi in questa vostra bella chiesa. Si può dire che ogni tempio è un segno dell'Avvento, di quell'Avvento che è iscritto in tutto il creato. Nella casa del Signore, posta in mezzo a quelle degli uomini, questo incontro avviene in modo sacramentale.

Auguro che questo tempio sia per voi il luogo di frequenti incontri con Dio! Venite qui, tra queste mura, per porre, come i discepoli di Giovanni, delle domande a Cristo. Voi uscirete di qui rassicurati, portando con voi la risposta data da Gesù agli inviati di Giovanni: "Beato colui che non si scandalizza di me".

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9. Vi auguro che questo tempio sia a servizio della vostra fede, della vostra speranza e della vostra carità! Vi prepari, qui, sulla terra, all'incontro con Dio, definitivo destino di ogni uomo. San Giacomo ci ha così esortati: "Siate dunque pazienti, fratelli, ... rinfrancate i vostri cuori, perché la venuta del Signore è vicina... ecco, il giudice è alle porte" (
Jc 5,7-10). Questo giudice è il Salvatore del mondo ed il suo giudizio è un giudizio salvifico.

Vi aiuti questo tempio ad entrare in contatto col Dio che giudica mediante la verità della salvezza. Dio infatti "vuole che tutti gli uomini siano salvati e arrivino alla conoscenza della verità" (1Tm 2,4). Questo desiderio di Dio si renda presente anche in questo tempio come segno della divina benedizione per tutti coloro che vi entreranno! Amen.

(Ai bambini:] Già si sente il Natale. Basta andare in Piazza San Pietro. Avete visto: preparano un Presepe, c'è un albero alto, qualche volta anche illuminato. Già si sente il Natale. Ed io vorrei augurare buon Natale a tutti.

Vi ringrazio per questa presenza, per queste parole, poi per questo Bambino Gesù che mi avete offerto per portarlo a casa e per fare in questa casa un altro Presepe. Veramente durante il Natale c'è una grande accoglienza, ospitalità.

Tutti vogliono avere Gesù nella propria casa e questa è una bella tradizione. Si deve avere Gesù nella propria casa per il Natale, ma non solamente per il Natale: sempre! Si deve vedere Gesù nelle persone che ci fanno visita o che dobbiamo accogliere in questo periodo, perché Gesù viene a noi per mostrare che ciascuno del nostro prossimo è un altro Gesù, specialmente coloro che sono bisognosi, coloro che soffrono. E voi ragazzi siete molto sensibili alle sofferenze umane.

Pensate molte volte ai bambini - per esempio a quelli della Bosnia Erzegovina, di tutta la ex Jugoslavia, o anche dell'Africa, del Rwanda - che soffrono, che veramente non possono vivere tutta la gioia del Natale. La vostra intenzione, il vostro desiderio è di dare questa gioia, di partecipare questa gioia a tutti quelli che non hanno la gioia, che vivono nella sofferenza. Vi ringrazio per questo vostro amore verso i sofferenti e vorrei così orientare anche la vostra gioia natalizia: che sia aperta, non chiusa nell'egoismo ma aperta a tutti quelli che hanno bisogno di essere considerati, di essere aiutati, di essere amati.

Auguro tutto il bene alle vostre famiglie. Qui ci sono i vostri genitori, i vostri catechisti, le catechiste. Mi diceva il vostro parroco che in questa parrocchia vi sono in prevalenza anziani. I bambini sono pochi, relativamente all'ambiente del centro di Roma: i giovani, infatti, vanno verso le periferie.

E tutto quello che volevo dirvi. Auguro buon Natale a tutti i parrocchiani, al vostro parroco. Anche io sono un po' parroco... E vero che il Papa è parroco? Dov'è parroco? A Roma e un po' anche fuori Roma. Per questo deve viaggiare molto, ai confini della terra. Ma durante il Natale tutti cercano di stare a casa e anche il Papa vuole stare a Roma! Durante questo periodo natalizio spero di incontrarvi in Piazza San Pietro, intorno al Presepe. Questo lo dico nel nome di Gesù, perché Gesù vuole incontrare tutti. Per questo si è fatto uomo, è nato in Betlemme. A Betlemme non c'era una casa, piuttosto c'era una grotta, aperta a tutti. Tutti potevano entrarvi, incontrarlo, toccarlo, vederlo, sentirlo. Vi auguro che Gesù sia così vicino alle vostre famiglie, alle vostre comunità scolastiche, a questa parrocchia.

(Al Consiglio pastorale:] Tantissime grazie per queste parole e per questa caratteristica della comunità parrocchiale e dello stesso Consiglio pastorale. Si vede come il Consiglio pastorale fa di ogni ambiente e di ogni comunità umana una famiglia, una famiglia cristiana. Si vede come, accanto al parroco, al pastore, ci vuole questa iniziativa dei parrocchiani, direi soprattutto delle donne, che devono infondervi quel genio femminile che è loro proprio.

Vorrei ringraziarvi per la vostra presenza e per la vostra collaborazione con il parroco, con tutta la comunità e anche con i Vescovi di Roma, con il Cardinale Vicario, con Mons. Nosiglia, con me stesso. Auguro a tutti buon Natale perché il Natale è insieme festa della vita e della famiglia, due argomenti che sono stati affrontati da voi. Auguro buon Natale nelle vostre famiglie, in questa famiglia parrocchiale e in tutta Roma. Vi offro un augurio e una benedizione.

Veramente buon Natale! (Ai giovani:] Grazie per questi discorsi introduttivi. così posso salutare tutti i giovani della parrocchia, specialmente gli studenti del Liceo scientifico di San Vincenzo Pallotti.

Nella chiesa ho sentito cantare il coro. Già si sentiva la presenza dei giovani. Queste voci giovani sanno ringiovanire la comunità, sempre e dappertutto.

Lo so grazie alle tantissime esperienze che ho avuto, attraverso anni e decenni.

Direi che lo so ancora di più attraverso questo Pontificato: basta ricordare Manila e Loreto. Ora si preparano altri incontri... Anche voi siete parte di questa grande esperienza dei giovani.

Ho letto una frase interessante: "Se vuoi cambiare il mondo in meglio, comincia con un caffè"! Questo vuol dire che il mondo si cambia sempre in meglio con il Vangelo. E tutte le cose possono essere punto di partenza per l'evangelizzazione. Se c'è un cuore pieno della Verità, della Buona Novella, dell'amore allora dappertutto, da qualsiasi cosa si può incominciare ad evangelizzare: da un sorriso, da una piccola parola, da un gesto. Io vi auguro di avere questa prontezza, questa disponibilità interiore, questa apertura dello spirito, per essere sempre evangelizzatori, soprattutto verso i vostri coetanei, incominciando anche da un caffè! Questo mi resta nella memoria come esperienza della vostra parrocchia! Vi auguro buon Natale!

Data: 1995-12-17 Data estesa: Domenica 17 Dicembre 1995


Il discorso di Giovanni Paolo II ai Cardinali, alla Famiglia Pontificia, alla Curia e alla Prelatura Romana per la presentazione degli auguri natalizi - Sala Clementina, Città del Vaticano

Titolo: Manila, Loreto, ONU: tre momenti di un anno ricco di eventi e di ricordi



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1. "Puer natus est nobis, filius datus est nobis" (
Is 9,5).

Queste parole del profeta Isaia risuonano ogni anno durante la santa Messa della notte di Natale. Si dice di Isaia che sia quasi un evangelista dell'Antico Testamento. Lo sguardo ispirato della sua anima penetra attraverso i secoli, scorge gli eventi futuri e ci permette di contemplarli alla luce di Dio.

Un'elargizione generosa ed irrevocabile "Puer natus est nobis"! Saremo testimoni proprio di questo, dopodomani a mezzanotte, nella solenne celebrazione eucaristica che caratterizza la straordinaria Liturgia del Natale del Signore. Ascolteremo la lettura del Vangelo di san Luca, che descrive questo evento dettagliatamente; e poi, durante la Messa "dell'Aurora" e in quella "del Giorno", i nostri occhi si apriranno sempre più largamente fino alla luce che ci viene dal Prologo del Vangelo di Giovanni.

"Filius datus est nobis"! Filius: il Verbo eterno, il Figlio consostanziale al Padre. "In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio" (Jn 1,1). così inizia il Vangelo di Giovanni e, poco dopo, ancora dal Prologo, ascoltiamo: "E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi" (Jn 1,14).

"Filius datus est nobis".

Preannunciato dal profeta Isaia il Puer nato a Betlemme, Figlio di Maria Vergine, è il Figlio del Dio eterno, "Dio potente, Padre per sempre, Principe della pace" (Is 9,5), "Dio da Dio, Luce da Luce, Dio vero da Dio vero". Questo Figlio il Padre ci ha donato! Dio, infatti, ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito" (Jn 3,16). Nella notte di Natale fu elargito all'umanità il sommo ed ineffabile dono, il dono di Dio stesso. Questa elargizione non è soltanto generosa; è anche irrevocabile. Contiene in sé la munificenza di Dio, che non torna indietro nel suo disegno eterno. "E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi... A quanti l'hanno accolto, ha dato potere di diventare figli di Dio" (Jn 1,14 Jn 1,12).

Nel Paese da cui provengo lo spezzare il pane della vigilia in famiglia significa impegnarsi per compiere ogni bene per essa

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2. E' per questo che il Natale del Signore costituisce un invito a scambiarsi dei doni. Gli uomini, ai quali Dio offre e dona il suo Figlio eterno nell'unità dell'umana natura, sentono di dover rispondere a questo dono di Dio offrendosi gli uni gli altri dei regali. Se la disponibilità a donare rappresenta una caratteristica costante della vocazione cristiana, nel periodo di Natale essa è come se andasse alla ricerca di particolari simboli.

Questi simboli sono anzitutto gli incontri per lo scambio degli auguri.

Il primo luogo di tali incontri è la famiglia, specialmente nella cena della vigilia di Natale, quando si incontrano i genitori, i figli, tutti i membri della comunità familiare, insieme alle persone care e ai conoscenti. Nel Paese da cui provengo, all'incontro della vigilia è legata la tradizione di spezzare la cosiddetta ostia natalizia, cioè il pane della vigilia. Questa usanza richiama il pane che deponiamo sull'altare e che, mediante la consacrazione eucaristica, diventa il Corpo di Cristo. Per i credenti, lo spezzare il pane, la fractio panis, richiama le più antiche tradizioni cristiane e possiede un carattere profondamente religioso. Spezzando il pane con un'altra persona, si intende esprimerle non soltanto una formale benevolenza, ma la piena disponibilità a volere e a compiere ogni bene per essa.

Il Concilio insegna che l'uomo non può ritrovare se stesso se non attraverso un dono sincero di sé In tal modo, lo spezzare il pane bianco di Natale nella vigilia ci riporta in un certo senso alla definizione che dell'uomo ha dato il Concilio Vaticano II, della cui conclusione ricordiamo quest'anno il trentesimo anniversario. Il Concilio insegna che l'uomo non può ritrovare pienamente se stesso se non attraverso un dono sincero di sé (cfr.
GS 24). La tradizione della condivisione del pane della vigilia, usanza in cui è ravvisabile un riflesso della liturgia eucaristica, ricorda che il Figlio di Dio incarnandosi si è fatto per noi dono; allo stesso tempo, essa intende sottolineare la nostra disponibilità a diventare noi stessi dono per gli altri.

Dopo il momento solenne dello spezzare il pane di Natale inizia la cena, durante la quale i commensali conversano. Questa conversazione riveste un carattere particolare, perché concerne le relazioni esistenti fra le persone: si parla di ciò che le unisce e di quanto eventualmente le separa. E se si riscontrano delle incomprensioni, si cercano insieme i modi per superarle. Si ricordano le persone care, in particolare gli assenti, i vivi e i defunti.

Incontrarsi a mensa rappresenta un'occasione privilegiata per stringere legami, per favorire la riconciliazione e la comunione. Alla tavola della vigilia, in un certo senso, c'è posto per tutti.

La Curia Romana: una famiglia i cui componenti sono in vari modi l'un per l'altro un dono reciproco

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3. Signori Cardinali, Venerati Fratelli nell'episcopato e nel sacerdozio, Religiosi e Religiose, carissimi Fratelli e Sorelle, a tutti rivolgo il mio saluto cordiale. Nelle calorose parole del Signor Cardinale Decano, che vivamente ringrazio, ho sentito vibrare il sentimento sincero di ciascuno di voi e ne ho tratto conforto. Tutti voi avete la vostra personale esperienza dell'atmosfera che si respira la vigilia di Natale. Vogliamo che quest'atmosfera caratterizzi in qualche modo anche l'odierno nostro ritrovarci insieme. Questo momento, questo tradizionale incontro per lo scambio degli auguri serve alla nostra comunità della Curia, perché anche noi ci sentiamo una famiglia. Infatti la Sede Apostolica e la Curia Romana non soltanto svolgono i propri compiti connessi con il ministerium petrinum del Vescovo di Roma, ma radunano e uniscono persone provenienti da ogni continente per lavorare insieme al servizio del Regno di Dio. E questo permette loro di essere in vari modi l'un per l'altro un dono reciproco.

Carissimi Fratelli e Sorelle, i compiti e il servizio che quotidianamente svolgete nei vari Dicasteri della Curia Romana sono di enorme aiuto per il Papa. Di ciò mi rendo conto ogni giorno e non tralascio occasione per sottolinearlo. Quanto valgono la vostra competenza, il vostro zelo e il vostro amore per la Chiesa! Intendo oggi ribadirlo in modo tutto particolare, mentre mi è gradito rinnovare il grazie più sincero per tale vostra insostituibile collaborazione. Desidero dirvi quale dono importante sia per me ciascuno di voi e quanto prezioso sia il compito che ciascuno adempie nell'Organismo centrale della Chiesa cattolica.

La Costituzione Apostolica che regola la struttura e l'attività della Curia Romana comincia con le parole Pastor Bonus. Queste parole testimoniano l'esigenza e la volontà che Egli, il Buon Pastore, sia sempre presente in mezzo a noi per ispirare le nostre azioni e la nostra vita di persone chiamate ad un particolare servizio nel suo gregge.

La Sede Apostolica ha le porte spalancate

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4. La Sede Apostolica ha le porte spalancate. Qui convengono persone di tutto il mondo: rappresentanti di Stati, di Organizzazioni internazionali, rappresentanti della cultura, della scienza, dell'arte e di singole professioni. Vengono membri delle Famiglie religiose, maschili e femminili; vengono sacerdoti e, soprattutto, Vescovi, le cui visite costituiscono gran parte della quotidiana attività del Papa. Specialmente le visite "ad Limina" mi permettono di adempiere sistematicamente il servizio fraterno nei riguardi di tutte le Chiese particolari del mondo.

Quale gioia per me incontrare i Fratelli nel ministero episcopale Quale gioia è per me incontrare questi Fratelli nel ministero episcopale, non soltanto durante l'Udienza ufficiale, ma anche prima, alla mensa eucaristica, durante la concelebrazione della Santa Messa e, dopo, durante l'agape fraterna condivisa insieme.

Quanto è grande la mia gioia, quando essi mi esprimono la loro soddisfazione per la buona accoglienza che ricevono nei singoli Dicasteri, per il profitto che traggono dagli incontri con i Signori Cardinali e con i loro Collaboratori! Essi avvertono la loro disponibilità a servire, e l'eccellente preparazione d'ogni riunione. Tornano alle loro Comunità confortati, secondo quanto il Signore Gesù disse a Pietro: "Conferma i tuoi fratelli" (
Lc 22,32).

Tutti sappiamo che è possibile offrire simile conforto soltanto se ciascuno di noi sa essere veramente un dono per gli altri.

Con i giovani da Manila a Loreto

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5. Ci incontriamo in prossimità del Natale del Signore, ripensando alle esperienze dell'anno che volge ormai al termine. Vi ha fatto cenno il venerato Cardinale Decano. Torna alla mente anzitutto l'immensa moltitudine radunatasi a Manila nel gennaio scorso per l'Incontro Mondiale della Gioventù, alla quale ha fatto eco, in Europa, il pellegrinaggio dei giovani a Loreto, svoltosi nel mese di settembre in occasione del settimo centenario della Santa Casa.

Dalla commemorazione della fine della seconda guerra mondiale alle prospettive di pace in Bosnia Penso poi al cinquantenario della fine della seconda guerra mondiale e a quello della nascita dell'Organizzazione delle Nazioni Unite. Commemorare la conclusione della più tremenda guerra della storia dell'umanità ha significato rinnovare il ripudio per la guerra come mezzo di soluzione dei conflitti e raddoppiare gli sforzi per far cessare le guerre di oggi, anzitutto quella nei Balcani. Dopo quattro anni di preghiere e di incessanti sforzi si intravedono finalmente in Bosnia positive prospettive di intesa, che speriamo stabile e duratura. Possa il Signore portare a compimento questo faticoso cammino di riconciliazione e di pace! Alle Nazioni Unite: il mondo può nuovamente sperare nella pace Anche nel discorso da me recentemente rivolto all'Assemblea generale dell'ONU ho sentito il dovere di richiamare alcuni valori di fondo sulla base dei quali il mondo può nuovamente sperare nella pace e vincere la ricorrente tentazione dello scoraggiamento e della paura.

I Viaggi Pastorali: vitalità della Chiesa Sono, inoltre, vivi nella mia mente e nel mio cuore gli incontri che il Signore mi ha dato di avere con le popolazioni di Papua Nuova Guinea, Australia e Sri Lanka, delle Repubbliche Ceca e Slovacca, del sud della mia Polonia, del Belgio, di Camerun, Sud Africa e Kenia, degli Stati Uniti d'America. I Viaggi Pastorali sono sempre occasioni privilegiate per testimoniare la vitalità della Chiesa e per annunciare al mondo l'intramontabile novità del Vangelo.

Nell'arco dell'anno, col vostro aiuto, ho avuto modo di pubblicare importanti documenti, tra i quali ricordo le Lettere encicliche Evangelium vitae e Ut unum sint, la Lettera alle donne, la Lettera apostolica Orientale Lumen, quella per il quarto centenario dell'Unione di Brest e quella post-sinodale Ecclesia in Africa.

Recentemente, poi, si è svolta in Vaticano l'attesa Assemblea Speciale del Sinodo dei Vescovi per il Libano, preceduta dall'incontro con i Vescovi dell'Ucraina. A tale proposito, vorrei ricordare che proprio in questa sala, il 23 dicembre del 1595, il mio predecessore Clemente VIII ricevette i Vescovi rappresentanti della Metropolia di Kiev, ristabilendo con quella Comunità ecclesiale la piena comunione. Domani, dunque, ricorre esattamente il quarto centenario di tale importante avvenimento, passato alla storia come "Unione di Brest".

Questa prospettiva storica ci aiuta anche a leggere i citati incontri sinodali come tappe del cammino del popolo cristiano che oggi, nel solco tracciato dal Concilio Vaticano II, si sta preparando al Grande Giubileo dell'anno 2000.

Una grande missione a Roma per preparare il Giubileo del Duemila

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6. Nei giorni scorsi, per imprimere un rinnovato impulso all'evangelizzazione, in vista precisamente dell'appuntamento del terzo millennio, ho annunciato una grande missione per i fedeli della Chiesa di Roma. Sono molte le energie vive presenti in questa Chiesa, da quelle più propriamente diocesane a quelle degli Istituti religiosi e dei movimenti laicali nazionali e internazionali, a quelle direttamente collegate al ministero universale del Successore di Pietro. A tutte e a ciascuna chiedo il massimo impegno, anzitutto nella preghiera e nella concreta cooperazione, per preparare e realizzare questa iniziativa che, proseguendo il cammino avviato col Sinodo diocesano, vuole offrire a tutti la possibilità di un incontro personale e vivo con Cristo e con il suo Vangelo.

Due sono gli obiettivi della missione. Il primo è raggiungere capillarmente la gente di ogni quartiere e borgata, anche quella che abitualmente è indifferente o lontana dalla pratica della fede cristiana, con uno stile missionario che coinvolga ogni parrocchia e comunità. Occorre un'azione pastorale coraggiosa ed aperta, che consenta di rendere permanente la necessaria opera della nuova evangelizzazione.

L'altro obiettivo è parlare alla città nel suo complesso, alla sua anima o cultura collettiva, riprendendo il discorso iniziato, nel corso del Sinodo, mediante il "Confronto con la città", al fine di incarnare il Vangelo di Cristo nella vita sociale e culturale. Si tratta certamente di un'impresa ardua, ma da affrontare con la fiducia di chi confida nella forza, soave e misteriosa, di Cristo, redentore dell'uomo. Occorrerà, a tale scopo, individuare con cura sia gli ambiti e gli snodi che possono avere maggior rilievo nel favorire o nell'ostacolare il rapporto di Roma con il messaggio cristiano, sia le presenze di cristiani che, singolarmente o associati, già operano a diverso titolo nei vari settori della vita cittadina. E' infatti importante avvalersi del loro impegno e nello stesso tempo stimolarli, rimotivandoli dove necessario, per dar loro il senso e il respiro più ampio di una missione comune.

Chiediamo al Signore che questa missione cittadina costituisca un autentico passo avanti nella preparazione del grande Giubileo, così da rappresentare una proposta interessante, pur nella diversità delle situazioni, per altre Chiese diocesane.

Diamo ai bambini un futuro di pace

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7. Vorrei concludere questa panoramica menzionando il Messaggio per la prossima Giornata Mondiale della Pace, che ha per tema "Diamo ai bambini un futuro di pace!". Gesù, Dio fatto bambino per noi, ottenga questo dono alla famiglia umana! Cristo, il divino Neonato venuto al mondo nella stalla di Betlemme, ci insegna come essere dono per gli altri, Lui, che si fece dono per noi. Lo ringraziamo durante le Feste natalizie soprattutto per questo.

E, come la Liturgia del Natale ci invita a fare, ritorniamo idealmente nel luogo dove "il Verbo si fece carne" (
Jn 1,14), torniamo a Betlemme dove, insieme alla nascita del Salvatore, furono annunziate la gloria di Dio e la pace celeste agli uomini che Egli ama (cfr. Lc 2,14).

Possa, carissimi, questo annunzio natalizio realizzarsi nuovamente nella vita di tutti. E' questo il mio augurio, che volentieri formulo a ciascuno di voi, avvalorandolo con un particolare ricordo nella preghiera.

A tutti la mia Benedizione. Buon Natale!

Data: 1995-12-22 Data estesa: Venerdi 22 Dicembre 1995


GPII 1995 Insegnamenti 2167