GPII 1995 Insegnamenti 1579

A un gruppo di sacerdoti coreani - Città del Vaticano

Titolo: Siate veri uomini di Dio

Cari Fratelli nel Sacerdozio, Sono felice di porgere il mio saluto a voi, sacerdoti coreani che studiate in Europa. Auspico che il vostro pellegrinaggio alle tombe degli apostoli Pietro e Paolo vi rinsaldi in un profondo e durevole amore per la Chiesa, e vi sostenga nelle vostre vite sacerdotali e nel vostro ministero.

Nel portare avanti i vostri studi, ricordate che per essere degni e veri ministri del Vangelo dovete personalmente percorrere la strada della santità. Come sacerdoti di Cristo, siete chiamati ad imitare l'esempio del Signore, il quale, come ci dice San Paolo, spoglio se stesso, assumendo la condizione di servo e umilio se stesso, facendosi obbediente fino alla morte (cfr. Ph 2,7-8). Per poter soddisfare la sete che il vostro popolo ha di progresso nella vita spirituale e di maggiori solidarietà e amore nelle umane vicende, dovete essere veri uomini di Dio, saldi nella preghiera, con "cuore e mentalità missionaria,... aperti ai bisogni della Chiesa e del mondo" (PDV 32).

Affido voi e la Chiesa coreana all'intercessione di Maria, Madre del Redentore. Nell'amore del nostro Signore e Salvatore, Gesù Cristo, vi imparto di cuore la mia Benedizione Apostolica.

(Traduzione dall'inglese]

Data: 1995-09-29 Data estesa: Venerdi 29 Settembre 1995



Messaggio: Giovanni Paolo II ai partecipanti alla XII Assemblea Plenaria del Pontificio Consiglio per la Famiglia - Castel Gandolfo

Titolo: Aiutare le famiglie del terzo millennio cristiano a tenere accesa nel mondo la fiamma della fede e della speranza

Signori Cardinali, Venerati Fratelli nell'Episcopato e nel Sacerdozio, Carissimi Fratelli e Sorelle!

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1. Sono lieto di rivolgermi a voi, in occasione dell'Assemblea Plenaria del Pontificio Consiglio per la Famiglia. Porgo a tutti il mio cordiale saluto, a cominciare dal Signor Cardinale Alfonso Lopez Trujillo, Presidente del Dicastero, e Mons. Elio Sgreccia, suo Segretario. Questo incontro giunge mentre è ancora molto viva in noi la grande esperienza di preghiera, di riflessione, di condivisione dell'Anno della Famiglia. Desidero esprimervi apprezzamento e riconoscenza per il contributo da voi offerto in tale circostanza, in particolare per l'impegno con cui avete fatto conoscere e continuate a diffondere la Lettera alle Famiglie.

Il tema del presente incontro, "La trasmissione della fede nella famiglia", si impone all'attenzione della Comunità ecclesiale in modo rilevante ed urgente. La Chiesa infatti si trova oggi a confronto con società sempre più secolarizzate e complesse, non più strutturate sui valori religiosi ed anzi segnate, specialmente in alcune nazioni, da spiccato indifferentismo. Ciò non favorisce, certo, una efficace proposta di fede alle nuove generazioni ed ostacola, anzi, la stessa conquista, da parte loro, di un autentico senso della vita.

Accade così che, anche nelle famiglie in cui i genitori professano e vivono la fede cristiana, gli adolescenti si sentono sollecitati dall'ambiente, dalla scuola, dai mezzi di comunicazione, verso prospettive di vita diverse da quelle loro proposte in famiglia. Questo rende difficile la trasmissione della fede e lo stesso dialogo intergenerazionale, anche quando i giovani, per mancanza di lavoro, sono costretti a prolungare la loro dipendenza dai genitori.

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2. Le famiglie, d'altro canto, si trovano messe alla prova nella loro capacità educativa. Là dove la comunità familiare subisce il trauma della separazione e del divorzio, la concezione stessa del matrimonio e della famiglia perde l'essenziale connotazione umana e spirituale della comunione indissolubile tra le persone. Le condizioni di lavoro, inoltre, fanno si che l'incontro educativo dei genitori con i figli si riduca spesso alle ore serali o venga a mancare del tutto. Di conseguenza, l'educazione religiosa è non di rado delegata alla parrocchia ed alle associazioni. Non mancano, tuttavia, famiglie che, nel rispetto delle caratteristiche personali di ciascuno, camminano unite nella fede, realizzando un'esperienza di crescita insieme nella vita cristiana. Né voglio dimenticare i coniugi abbandonati, che con non piccoli sacrifici si sforzano di offrire ai figli, pur nella difficile situazione creatasi, una educazione veramente cristiana. Ad essi va una speciale parola di incoraggiamento.

Porre l'accento sulla trasmissione della fede nelle famiglie vuol dire promuovere in esse una solida esperienza religiosa e difendere così genitori, figli ed anziani dal pericolo dell'indifferenza e della dispersione. E' questa la premessa per la trasmissione di una fede genuina e forte, alimentata dalla Parola di Dio, celebrata nei Sacramenti, vissuta nella testimonianza.

E' proprio in questa prospettiva che, nell'Esortazione Apostolica Familiaris consortio, ho rilevato che "tra i compiti fondamentali della famiglia cristiana si pone il compito ecclesiale: essa, cioè, è posta al servizio dell'edificazione del Regno di Dio nella storia, mediante la partecipazione alla vita e alla missione della Chiesa" (
FC 49). Se dunque è vero che "è anzitutto la Chiesa Madre che genera, educa, edifica la famiglia cristiana", è altrettanto vero che "la famiglia cristiana è inserita a tal punto nel mistero della Chiesa da diventare partecipe, a suo modo, della missione di salvezza propria di questa" (ibidem FC 49).

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3. Carissimi Fratelli e Sorelle! La vostra riflessione di questi giorni si propone di precisare il modo proprio e originale con cui la famiglia è chiamata a prendere parte attiva e responsabile alla missione della Chiesa nella trasmissione della fede. Questa missione in se stessa è unica, ma si diversifica in compiti e modalità proprie, secondo le diverse vocazioni. Essa investe in modo speciale i pastori, eletti a pascere il gregge del Signore come ministri e dispensatori dei misteri di Dio (cfr.
1Co 4,1) e ad esserne custodi e garanti in comunione fra loro e col Successore di Pietro.

Anche la famiglia cristiana ha, al riguardo, un suo compito specifico.

In forza della sua particolare vocazione e missione, essa è chiamata a trasmettere la fede in modo proprio e originale, complementare a quello dei pastori. Là dove viene meno questa funzione propria del nucleo familiare, la stessa missione evangelizzatrice della Chiesa viene a mancare di una componente insostituibile.

L'"intima comunità di vita e di amore" (FC 50), che è il contesto proprio della famiglia, si radica nella presenza santificatrice di Cristo, che, riconosciuta, accolta e celebrata nella preghiera e nei sacramenti, diventa nutrimento spirituale, vincolo di unità e annuncio di verità. In questo modo la fede viene vissuta e trasmessa in forma comunitaria: "Partecipe della vita e della missione della Chiesa, la famiglia cristiana vive il suo compito profetico accogliendo e annunciando la Parola di Dio: diventa così, ogni giorno di più, comunità credente ed evangelizzante" (ivi, FC 51).

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4. La trasmissione della fede nella famiglia presuppone nei suoi componenti una vita cristiana intensa, che si traduce in testimonianza quotidiana, fatta di atteggiamenti concreti e ordinari, di attenzione all'altro ed alla comunità domestica nel suo insieme.

Pertanto, la vita spirituale della famiglia ha bisogno di essere sostenuta con mezzi specifici e modalità peculiari: anzitutto il contatto costante con la comunità cristiana, con la parrocchia e con i momenti che essa offre per l'alimentazione della fede. Da sottolineare, in particolare, è l'importanza della santificazione della Domenica: in essa i membri della famiglia possono insieme rinnovarsi alle fonti della Parola e dei Sacramenti. La famiglia infatti, pur essendo Chiesa, non è autosufficiente quanto ai mezzi della salvezza.

"L'Eucaristia - ho scritto nella Lettera alle Famiglie - è sacramento veramente mirabile... Essa è per voi, cari sposi, genitori e famiglie!" (
LF 18). Le varie forme di catechesi parrocchiale o di partecipazione ai movimenti di spiritualità sono, poi, necessarie non soltanto per i bambini e i giovani, ma anzitutto per i coniugi.

E' importante, inoltre, che anche tra le pareti domestiche si vivano significativi momenti di fede. "Lo sposo - Cristo - è con voi", scrivevo ai coniugi nella stessa Lettera (ibidem LF 18). A partire da questa certezza, la famiglia cristiana sa creare momenti semplici ma intensi: meditare insieme una pagina della Scrittura, leggere un Salmo, recitare il Rosario meditando i misteri del Signore e della Santa Famiglia. La santificazione del lavoro, domestico ed esterno, trova sostegno interiore in queste soste preziose, che culminano nell'offerta spirituale della Messa domenicale.

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5. Vi sono anche occasioni speciali che impegnano la fede della famiglia: la nascita di un figlio, il Battesimo e gli altri Sacramenti dell'iniziazione cristiana, che coinvolgono i genitori nella preparazione. E che dire dei momenti di prova, di tentazione, di dolore? Affrontare le situazioni difficili fortifica la fede delle famiglie, se queste incontrano la luce della Parola di Dio e la solidarietà dei fratelli.

Molte sono le circostanze che possono stimolare la vita cristiana della famiglia: accogliere un povero, soccorrere un vicino di casa, ospitare un pellegrino. La pratica delle opere di misericordia trova nella famiglia l'ambiente ideale: è così che il "vangelo della vita" ha il suo primo spazio di annuncio, di celebrazione e di servizio. Occorre aiutare le famiglie a maturare la loro fede e a tradurla nella vita. E' da incoraggiare l'iniziativa di alcune Conferenze Episcopali di predisporre opportuni sussidi per la preghiera e per la meditazione della Parola di Dio con suggerimenti spirituali per le varie circostanze familiari.

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6. Non si dovrà inoltre trascurare di formare le coscienze ad assumere criteri di fede di fronte alle sfide culturali e sociali. Ciò è necessario soprattutto nei riguardi dei fanciulli e degli adolescenti, che inserendosi nella società e fruendo dei mezzi di comunicazione sono posti a contatto anche con modelli di pensiero e di comportamento differenti da quelli ispirati alla fede cristiana. E' nel periodo dell'adolescenza che spesso si interrompe la trasmissione della fede.

Non di rado ciò avviene in situazioni in cui manca il dialogo con i genitori e il confronto con la fede degli adulti. Il sorgere della coscienza critica e del senso della personalità nell'adolescente, se accompagnato da autentiche testimonianze di fede, non lo porterà allo smarrimento ma, al contrario, all'elaborazione di un adeguato progetto di vita.

Alla luce di queste riflessioni, emerge con chiarezza l'esigenza di formare famiglie veramente cristiane attraverso validi itinerari di preparazione dei fidanzati. So che il Pontificio Consiglio ha posto all'attenzione delle Conferenze Episcopali questo problema. Auspico che tali itinerari possano aiutare le nuove famiglie ad assumere con gioia e con fiducia la responsabilità di trasmettere la vita, per cooperare a tenere accesa nel mondo la fiamma della fede e della speranza.

Mi piace, carissimi, concludere rivolgendo il pensiero alla nuova generazione di famiglie, che varcherà la soglia del terzo millennio cristiano.

Nell'affidare alla Madonna il lavoro che in loro favore va compiendo codesto Pontificio Consiglio, imparto con vivo affetto a ciascuno di voi ed a quanti con voi condividono un così prezioso servizio ecclesiale una speciale Benedizione Apostolica.

Castel Gandolfo, 29 Settembre 1995.

IOANNES PAULUS PP. II

Data: 1995-09-29 Data estesa: Venerdi 29 Settembre 1995



Visita "ad limina": la traduzione del discorso del Papa ai Presuli della Regione Nord Est III della Conferenza Episcopale Brasiliana - Città del Vaticano

Titolo: Radicare la Liturgia romana nelle diverse culture del Brasile rispettando lo spirito liturgico e l'unità sostanziale del Rito

Cari Fratelli nell'Episcopato,

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1. E' con immensa gioia che vi do il benvenuto, Vescovi provenienti dalle Provincie Ecclesiastiche di Bahia e di Aracaju: "Grazia a voi e pace da Colui che è, che era e che viene" (
Ap 1,4). La vostra presenza testimonia la comunione nella grazia che vi unisce, nella Chiesa Una, Santa, Cattolica e Apostolica, al Vescovo di Roma, centro visibile dell'unità in tutti i tempi. Realizzando questo vostro pellegrinaggio alle tombe degli Apostoli, rinnovate la vostra convinzione che la realtà storica concreta, che è la Chiesa, ha la sua origine nei Dodici e in nostro Signore Gesù Cristo, che stabili questo Corpo vivo come sacramento di salvezza (cfr. Costituzione dogmatica LG 1), che Egli stesso ha ottenuto per noi mediante la sua morte e risurrezione. Ringrazio il Vescovo Paulo Lopes de Faria per le sue parole che esprimono lo spirito che accompagna i vostri fratelli nell'Episcopato e riflettono l'armonia che guida la vostra comune missione di Pastori delle Chiese particolari che rappresentate.

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2. Questa certezza circa la Chiesa come segno effettivo di salvezza è la fonte dei vostri instancabili sforzi per trasmettere il Vangelo a tutti coloro che sono stati affidati alla vostra cura pastorale. Essa è alla base del dovere urgente, da parte di tutti i Pastori della Chiesa, d'ispirare e di orientare la plantatio Ecclesiae e l'ulteriore crescita della Sposa di Cristo in tutti i luoghi e in tutte le culture.

Alle soglie del terzo millennio, la missione apostolica che vi è stata affidata ha davanti a sé le straordinarie sfide della Nuova Evangelizzazione, in cui la cultura riveste un'importanza primordiale. Proprio in linea con queste considerazioni, nel partecipare alle commemorazioni del V Centenario dell'evangelizzazione dell'America Latina, volli dare particolare enfasi alla "cultura cristiana", perché il Vangelo di Cristo portato agli uomini arrivasse a ognuno nella sua cultura, nella speranza che, a sua volta, la fede dei cristiani fecondasse le culture emergenti. L'America Latina accoglie quasi la metà dei cattolici del mondo. Il successo della Nuova Evangelizzazione dipenderà da come la Chiesa, e in particolare voi, che portate sulle spalle il pesante fardello di illuminare il cammino del gregge che vi è stato affidato, saprete mantenere questo dialogo tra la cultura e la fede.

Per confermare i vostri sforzi e infondervi coraggio di fronte ai vostri doveri, come ho già fatto in occasione delle visite "ad Limina" dei vostri fratelli delle altre regioni, mi permetto di suggerirvi alcune riflessioni su temi che molti di voi condividono con me e che sono tra gli obiettivi prioritari del vostro ministero episcopale. In particolare con voi della Regione Nordeste III, desidero oggi soffermarmi sullo stato del rinnovamento liturgico nel vostro immenso Paese e sul compito di giungere a una Liturgia romana correttamente inculturata nel popolo brasiliano.

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3. La promozione della vita liturgica, nel contesto sopramenzionato, rappresenta più di una sfida. Sono a conoscenza del fatto che, in questo ambito della vostra responsabilità, molto è stato fatto e per questo bisogna rendere grazie a Dio. La mensa della Parola di Dio è stata abbondantemente aperta a tutti con traduzioni adattate all'uso liturgico, e la recente pubblicazione del Messale e della Liturgia delle Ore nella lingua del Brasile ha offerto alla preghiera della Chiesa in Brasile punti di riferimento definitivi.

Questa preghiera, che affonda le sue radici nel tesoro della tradizione della Chiesa e tende a santificare il giorno e le opere, deve accompagnare la missione dei sacerdoti, dei diaconi, dei religiosi e delle religiose, e essere sempre più aperta anche ai laici. La missione della Chiesa e la sua attività apostolica esigono di fatto di essere unite all'incessante preghiera, secondo l'invito e l'esempio di Cristo, per elevare a Dio il mondo che evangelizziamo (cfr.
Mt 26,41 Mc 6,46).

In questo senso, è necessario ricordare la recente pubblicazione nel vostro Paese dell'edizione definitiva della Liturgia delle Ore, ormai completata.

Molte delle vostre Relazioni Quinquennali segnalano il bisogno di aiutare i presbiteri a riscoprire l'importanza del Breviario per la vita spirituale e per il ministero. E' pertanto giunto il momento di compiere tutti gli sforzi possibili per soddisfare questa esigenza, aiutando i vostri sacerdoti a vivere con rinnovato ardore ed entusiasmo, e in spirito di amoroso ossequio al Signore, quella "azione" liturgica che, come Sacerdoti, sono chiamati a offrire in nome e con tutta la Chiesa. Il dovere della recita integrale e quotidiana dell'Ufficio Divino (CIC 276, 2 e 3), deve essere percepito non come una norma fredda e meccanica ma come un imperioso bisogno del proprio essere sacerdotale, fatto "interprete e veicolo della voce universale che canta la gloria di Dio e chiede la salvezza dell'uomo" (Udienza Generale, 2-VI-1993, n. 5; ). La sua celebrazione deve essere diligentemente preparata, istruendo i seminaristi circa la storia e il significato del Breviario, e offrendo ai giovani sacerdoti un adeguato accompagnamento, nel quadro della formazione permanente, anche riguardo a questo sacrosanto dovere ().

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4. Le azioni liturgiche in quanto "celebrazioni della Chiesa, che è "sacramento di unità"" (Costituzione
SC 26) devono essere disciplinate solo dall'autorità competente e, una volta determinato ciò, esigono da parte di tutti una totale e rispettosa fedeltà ai riti e ai testi autentici (cfr. Ibidem, SC 22) Visto che la Liturgia, come l'esperienza post-conciliare ci ha insegnato, ha un grande valore pastorale, in vari libri liturgici è stato previsto, con indicazioni precise nei Praenotanda, un margine di adattamento all'assemblea e alle persone e una possibilità di apertura al genio e alla cultura dei diversi popoli. E' giunto per voi il momento di valutare quanto è stato fatto fino ad ora in questo campo e di studiare in quali forme e in che modo rispondere a quanto queste norme prescrivono. Tutta questa opera deve ottenere nei riti quella nobile semplicità che renda possibile l'uso di segni facilmente comprensibili senza che ciò degeneri nell'impoverimento di questi stessi segni, rendendoli, al contrario, più espressivi delle realtà sacre che devono servire, e contribuendo, nel loro contesto, alla dignità e alla bellezza della celebrazione.

Spetta a ogni Vescovo, come regolatore, promotore e guardiano della vita liturgica nella comunità ecclesiale che gli è stata affidata, far fruttificare la grazia di Dio (cfr. Decreto CD 15), e per questo è dovere di ognuno di voi vegliare affinché si osservino con attenzione e diligenza le norme e le direttive che esigono il rispetto delle celebrazioni, siano esse comuni a tutto il territorio della Conferenza Episcopale o particolari di una Diocesi. Una errata interpretazione del valore della creatività e della spontaneità nelle celebrazioni, anche se tipica di tante manifestazioni della vita del vostro popolo, non deve portare ad alterare riti e testi, né soprattutto il senso del mistero che si celebra nella Liturgia. La recente Istruzione della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti Varietates legitimae vi offre tutto quanto è necessario per poter strutturare, orientare, esaminare ed eseguire la revisione dei vostri libri liturgici e poterli così presentare per l'approvazione definitiva.

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5. So bene, tuttavia, che la vostra azione di pastorale liturgica al servizio della nuova evangelizzazione deve prendere in considerazione le esigenze di una società, come la vostra, che è multiculturale. Grazie alla presenza di vari gruppi culturali si produce un arricchimento per la cattolicità della Chiesa. Tuttavia la sollecitudine spirituale per i cattolici che sono, come ho avuto occasione di dire: "un impasto razziale e culturale" che "ha segnato profondamente e continuerà a segnare il modo di essere e di esprimersi del popolo brasiliano" (Discorso, 20-X-1991), esige una particolare sollecitudine pastorale. Molti vivono nelle aree urbane, uno accanto all'altro, trasformando la propria cultura; per altri, il livello d'integrazione continua a essere limitato, altri ancora, infine, continuano a conservare la loro cultura originale. Questo complesso fenomeno implica una risposta pastorale particolarmente sensibile e partecipe, affidata alla vostra discrezione e alla vostra prudenza apostolica.

In diverse occasioni ho potuto essere testimone di questo amalgama di razze che convivono armoniosamente in ogni Stato della Federazione. Questa pacifica convivenza deve essere incentivata, evitando tutto ciò che può contrapporre le razze e le culture in sterili atteggiamenti di antagonismo e di conflitto. L'indole del vostro popolo e, in particolare, la fede ereditata dai primi missionari che giunsero in Brasile, hanno rafforzato la convinzione su cui si sono create le basi di una reciproca intesa, che deve continuare a servire da esempio per molte nazioni straniere. "Prego - come già vi dissi - perché a un mondo spesso dominato da conflitti tra popoli e di razze il Brasile possa dare... una lezione essenziale, quella della vera integrazione" (Discorso, 1-VII-1980).

Come comprenderete, il rispetto per le diverse culture e la corrispondente inculturazione evangelica riguardano questioni che meritano un particolare rilievo. Non è possibile, tuttavia, qui non considerare la cultura afro-brasiliana nel quadro più ampio dell'evangelizzazione "ad gentes", che oggi è particolarmente presente nella riflessione teologica e pastorale delle vostre Chiese particolari in terra brasiliana. Si tratta della delicata questione dell'acculturazione, in modo particolare dei riti liturgici, al vocabolario, alle espressioni musicali e corporee tipiche della cultura afro-brasiliana. Su questo tema tanto complesso vorrei fare alcune considerazioni.

In primo luogo, conviene interrogarsi circa la convenienza di dare al culto liturgico un carattere afro-brasiliano, come ho costatato in alcune circostanze, in cui l'elemento nero è abbastanza accentuato. Tutti sappiamo che l'interazione dei costumi e delle tradizioni dei bianchi, come il modo di essere degli schiavi neri venuti dall'Africa, ha conferito al vocabolario, alla sintassi e alla prosa della lingua portoghese parlata in Brasile un carattere proprio. La presenza di elementi neri nell'arte sacra barocca del periodo coloniale, che ha lasciato tanti begli esempi di architettura e di scultura religiosa, nella musica sacra e profana e nelle feste della religiosità popolare, ha segnato in modo inconfondibile le espressioni culturali più autentiche di questa società multirazziale che è il Brasile. In questa stessa storia erano già presenti valide forme d'inculturazione che, senza tradire la verità della fede e della rivelazione cristiane, seppero annettere questi legittimi valori ed espressioni della cultura popolare che, in tal modo, vennero evangelizzati.

E' chiaro quindi che ci si starebbe allontanando dalla finalità specifica dell'evangelizzazione, se si accentuasse uno di questi elementi costitutivi della cultura brasiliana, se lo si isolasse da questo processo interattivo che tanto arricchisce, in modo quasi da rendere necessaria la creazione di una nuova liturgia adatta alle persone di razza nera. E' ancor più vero quando si vuole dare a un tale rito liturgico una presentazione esterna e una struttura - negli abiti, nel linguaggio, nel canto, nelle cerimonie e negli oggetti liturgici - che finiscono con l'assumere elementi provenienti dai cosiddetti culti afro-brasiliani, senza la rigorosa applicazione di un discernimento serio e profondo circa la loro compatibilità con la Verità rivelata da Gesù Cristo. Per questo, ad esempio, è necessario vegliare in modo adeguato e prudente su alcuni riti che favoriscono l'accostamento dell'augusto Mistero Trinitario al pantheon degli spiriti e delle divinità dei culti africani, giungendo persino, in certi casi, a modificare le formule sacramentali nel loro riferimento trinitario; inoltre, si deve segnalare, e correggere opportunamente, l'introduzione nel rito sacramentale cattolico - la Santa Messa, ma anche gli altri sacramenti - di riti, di canti e d'oggetti appartenenti esplicitamente all'universo dei culti afro-brasiliani. E' necessaria e urgente una coraggiosa vigilanza da parte dei Vescovi, per una solerte e immediata correzione di questi eccessi, ogni qualvolta si presentano.

La Chiesa cattolica nutre un sincero rispetto nei riguardi dei culti afro-brasiliani, ma considera nocivo il relativismo concreto di una pratica comune o di una mescolanza, come se i due culti fossero simili, mettendo in pericolo l'identità della fede cristiana cattolica. Essa si sente quindi in dovere di affermare che il sincretismo è dannoso laddove la verità del rito cristiano e l'espressione della fede possono facilmente essere compromessi agli occhi dei fedeli a detrimento di un'autentica evangelizzazione.

A voi Vescovi, in dialogo costante e fiducioso con la Sede Apostolica, è stata affidata la responsabilità di saper scegliere i tempi e i modi per promuovere l'inculturazione della fede attraverso le celebrazioni liturgiche che la esprimono e la sostengono, consapevoli che i tempi e i modi richiedono una riflessione paziente e rigorosa, fondata su un'autentica teologia destinata a un rinnovamento spirituale ispirato dai principi cattolici sull'inculturazione.

Non possiamo pertanto parlare di rinnovamento spirituale delle vostre Diocesi senza esaminare con attenzione anche lo stato della fede e della partecipazione all'Eucaristia, dimostrato dai vostri fedeli; l'Eucaristia è la fonte, il centro e l'apice della vita della Chiesa (cfr.
LG 11, CEC 1324-1327). Il "dono sincero" di se stesso, fatto da Gesù e offerto sulla Croce, è reso presente e applicato nell'Eucaristia, e i presbiteri "uniscono i voti dei fedeli al sacrificio del loro Capo e nel sacrificio della messa rendono presente e applicano... l'unico sacrificio del nuovo testamento" (Ibidem, LG 28). Pertanto, amministrare questo grande mistero è fra i privilegi e le responsabilità principali del vostro compito episcopale.

Purtroppo, a volte può accadere che la Liturgia venga seriamente alterata da omissioni o aggiunte illecite ai testi approvati. In questi casi, "spetta ai Vescovi estirparli, poiché la regolamentazione della liturgia dipende dal Vescovo nei limiti del diritto" (Lettera apostolica Vicesimus quintus annus, n. 13).

L'autentico rapporto tra le celebrazioni del Mistero Pasquale e una determinata cultura si concretizza nel momento in cui questa permette al Vangelo di penetrare nella sua vita, "superandone gli elementi culturali incompatibili con la fede e con la vita cristiana ed elevandone i valori al mistero della salvezza che proviene da Cristo" (Esortazione Apostolica PDV 55).

Il compito dell'adattamento e dell'inculturazione è importante per il futuro del rinnovamento della vita liturgica. La Costituzione liturgica annuncio il principio (cfr. SC 34-40) e diede le prime indicazioni del procedimento. L'istruzione sulla "Liturgia Romana e l'inculturazione" ha poi approfondito il tema, ha precisato i procedimenti che devono essere seguiti da parte delle Conferenze Episcopali alla luce del Diritto Canonico e dell'esperienza del primo quarto di secolo dopo la riforma liturgica (cfr. Istruzione Varietates legitimae, nn. 62 e 65-68).

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6. Continuando lo sforzo necessario a radicare la liturgia romana nelle varie culture, i Vescovi, assistiti da persone competenti e fedeli agli orientamenti del Magistero riguardo alla disciplina della Chiesa universale, devono vegliare affinché si conservi sempre il "vero e autentico spirito della Liturgia, nel rispetto dell'unità sostanziale del rito romano, espressa nei libri liturgici" (Lettera apostolica Vicesimus quintus annus, n. 16).

Mi sia consentito di proporvi alcuni elementi di riflessione innanzitutto circa il "vero e autentico spirito della Liturgia", e poi circa il senso della frase: "salva la sostanziale unità del rito romano" espressa nei libri liturgici (
SC 37-38).

Rispetto allo "spirito della Liturgia", è indubbio che il Concilio Vaticano II intendeva riferirsi a una realtà sempre presente nella Chiesa, anche se non sempre vissuta con uguale enfasi. Una cosa sono le enfasi vitali che all'interno dello stesso "spirito" la Chiesa Occidentale e la Chiesa Orientale, nelle varie epoche culturali, hanno sottolineato e favorito nel Popolo di Dio, un'altra è lo "spirito della Liturgia" nel suo nucleo fondante e originale. Questo "spirito" non deriva dalle forme esteriori che provengono, in gran parte, dalle culture in cui il Cristianesimo si è diffuso, ma sottostà ad esse come ciò che conferisce loro l'essere, come strumento e manifestazione esteriore di convergenza dell'azione di Cristo e della sua Chiesa a livello di grazia invisibile.

Bisogna ricordare, oltre a ciò, che i Padri Conciliari, nel riferirsi al "vero e autentico spirito della Liturgia" (SC 37) avevano presente quanto la costituzione sulla Sacra Liturgia enuncia nel suo proemio (SC 1-4) e nella prima parte del primo capitolo (SC 5-13). Se la riforma liturgica creo le condizioni e i mezzi per promuovere nel popolo di Dio il recupero di un più profondo senso della "Chiesa in preghiera" e della "preghiera della Chiesa", molto ancora resta da fare per raggiungere questo obiettivo, che sensibilizzi tutti i fedeli di qualsiasi cultura. Molti, forse, si sono lanciati con ardore nel nuovo, dimenticando l'antico. Altri sono rimasti legati alle forme esteriori mettendo così in dubbio il bisogno di rinnovamento, che era ben evidente e non poteva confondersi con le deviazioni respinte non solo dall'autorità competente ma anche dalla maggior parte dei fedeli.

Se la Liturgia non portasse i fedeli a manifestare con la vita il mistero salvifico di Cristo, Dio e Uomo, e la genuina natura della vera Chiesa, dove ciò che è "umano" è "ordinato e subordinato al divino, il visibile all'invisibile, l'azione alla contemplazione, la realtà presente alla città futura verso la quale siamo incamminati" (Ibidem, SC 2), non si potrebbe parlare dell'applicazione del "vero e autentico spirito della Liturgia".

Dobbiamo ben comprendere che è nostro importante compito individuare i modi in cui è possibile e obbligatorio inculturare la liturgia, ma altrettanto importante e obbligatorio è che l'opera redentrice di Cristo, che è presente nella sua Chiesa, specialmente nelle azioni liturgiche, sia percepita, messa in pratica e vissuta in ogni popolo e in ogni lingua, per la gloria di Dio e la santificazione degli uomini (cfr. Ibidem, SC 7).

E' vostro dovere guidare il popolo che vi è stato affidato che, come tutti i popoli del Continente latinoamericano, ha bisogno di segni espressivi di canto, di sentimento e di devozione esteriore, per coniugare l'autentico spirito liturgico con la sua vera religiosità, con la sua anima più profonda. Le due realtà non si devono opporre, ma conviene accoglierle e far si che si realizzino una al servizio dell'altra.

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7. Il Concilio Vaticano II, usando l'espressione "servata substantiali unitate Ritus romani" (
SC 38) voleva sottolineare il fatto che tale inculturazione, s'inserisce, quanto alla parte normativa, in ciò che si riferisce solo al Rito romano, e che di quest'ultimo dovrebbe continuare a far parte ogni nuova forma adattata e inculturata secondo il diritto e con l'approvazione della Sede Apostolica. In conformità con il Concilio, nella Lettera Apostolica Vicesimus quintus annus (n. 16) ho ripreso quel testo aggiungendo il riferimento ai libri liturgici. L'Istruzione su "La Liturgia romana e l'inculturazione" ha poi ripreso il tema e ha opportunamente indicato come l'attenzione alla sostanziale unità del Rito Romano s'inserisca, con pieno diritto, tra i "Principia generalia" che devono guidare ogni ricerca e ogni azione volta a inculturare il Rito romano, accanto al fine stesso dell'inculturazione e del rapporto con l'autorità competente (cfr. Istruzione Varietates legitiame, nn. 34-36 e 70).

Come nell'ambito di una Chiesa locale, oltre alle differenze esistenti nel popolo di Dio, tra i membri della gerarchia e i laici, tra i gruppi e le culture, è sempre la Liturgia che deve manifestare e unire una Chiesa locale (cfr. SC 41), allo stesso modo, e a maggior ragione, le Chiese nate dalla trasmissione apostolica della tradizione romana, nonostante la varietà di lingue e di culture, è nella Liturgia che devono sentirsi e incontrarsi unite.

Il bisogno o l'esigenza di unità, che è una delle caratteristiche della Chiesa, deve continuare a essere ancora più presente oggi, nell'ambito del Rito romano, per sostenere l'intera vita della Chiesa e il suo rapporto con il mondo da evangelizzare.

Nell'opera dell'inculturazione di certe forme considerate necessarie e utili, non si tratta d'ispirarsi a forme che già esistevano o esistono in altri riti, che la Chiesa tutta rispetta e venera, come parte del proprio patrimonio. E' nell'esperienza religiosa, e come parte della cultura di un popolo, che devono essere ricercati i modi espressivi di armonizzarsi con il rito romano nell'ambito del suo genio peculiare. Il risultato di questa fusione dovrebbe essere non una contrapposizione semplice ed esteriore di elementi, ma una nuova sintesi, sempre riconoscibile come parte del rito che è stato portato con l'evangelizzazione.

Il Rito romano, dopo la riforma voluta dal Concilio, ha nelle sue espressioni liturgiche una vitalità in grado di prendere in considerazione la sensibilità e l'espressività delle varie culture, anche di quelle più lontane dall'area in cui originariamente è nato e si è sviluppato. Se non si può accettare tutto di ogni cultura è perché nelle espressioni culturali si crea, spesso, una forma di sincretismo incompatibile con il messaggio cristiano e con l'autentico e vero spirito della Liturgia. Ciò vuol dire che, rispettate la finalità e la struttura interna di ogni celebrazione liturgica, utili per incanalare le forme e le espressioni nell'ambito dei divini misteri, bisogna scartare o non assimilare quelle forme e quei modi rituali che non corrispondono alla natura del mistero che si celebra, specialmente quando concernono l'Incarnazione, la Passione e la Morte di Gesù Cristo, per non citare altri Misteri della Redenzione. Se da un lato non sarebbe rispettoso per una determinata cultura mantenere nei riti liturgici espressioni apertamente contrarie alle tradizione culturali dei fedeli, potrebbe ugualmente non essere rispettoso per una sostanziale unità del Rito romano imprimere nella sua inculturazione una dinamica diversa, capace persino di ferire la sensibilità religiosa del popolo cristiano.

Vi auspico, Vescovi del Brasile, di trovare nei vostri fedeli la collaborazione costruttiva perché vi sostengano nel compimento della responsabilità che vi è stata affidata. Aprire gradualmente le porte a una inculturazione del Rito romano in Brasile significa servire la pienezza, la vitalità e la comunanza della partecipazione dei fedeli alle celebrazioni liturgiche (cfr. SC 23) in modo che siano sempre più edificati come tempio santo del Signore, dimora dello Spirito Santo fino alla maturità in Cristo. La Sede Apostolica, consapevole di dover assistervi e confermarvi nella vostra azione pastorale, è disposta a collaborare con spirito fiducioso, partecipando alla vostra responsabilità.

1593
8. Cari Fratelli nell'Episcopato, ci stiamo approssimando alla fine del Secondo Millennio dell'Era Cristiana. Il clima dei preparativi per il grande Giubileo dell'Incarnazione redentrice di nostro Signore sta diventando sempre più intenso.

In tal senso, è importante innanzitutto, nei diversi momenti di vita pastorale, fortificare e suscitare un nuovo ardore di santità (cfr. Lettera Enciclica
RMi 90) nei sacerdoti, nei religiosi, nelle religiose e nei laici. Come Pastori secondo il cuore di Dio (cfr. Jr 3,15), conducete i fedeli cattolici fino alle fonti della vita: "Questa è la vita eterna: che conoscano te, l'unico vero Dio, e colui che hai mandato, Gesù Cristo" (Jn 17,3).

Nell'invocare l'intercessione di Nostra Signora dell'Immacolata Concezione Aparecida affinché guidi e illumini, con la sua protezione materna, tutte le persone affidate alla vostra cura pastorale, vi concedo di tutto cuore la mia Benedizione Apostolica.

Data: 1995-09-29 Data estesa: Venerdi 29 Settembre 1995


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