GPII 1995 Insegnamenti 1785

Udienza: il Papa ai Cappellani Militari d'Italia partecipanti alla VI settimana di Aggiornamento pastorale a Fiuggi - Sala Clementina, Città del Vaticano

Titolo: Evangelizzare il mondo militare significa creare una cultura di pace che non esclude l'ingerenza umanitaria per difendere i diritti di un popolo



1786
1. Sono molto lieto di accogliervi stamane, cari Cappellani militari italiani, che state svolgendo a Fiuggi la vostra Settimana di Aggiornamento Pastorale. Avete voluto porre al centro dei vostri lavori l'incontro con il Papa: un gesto che è per me motivo di gioia e di compiacimento.

Ringrazio l'Ordinario militare, Mons. Giovanni Marra, per le parole con cui ha interpretato i sentimenti di tutti i presenti. Rivolgo pure un deferente saluto al Signor Ministro della Difesa, Gen. Domenico Corcione, ai Capi di Stato Maggiore ed alle altre massime Autorità militari, che hanno voluto prendere parte a questo incontro.

1787
2. A voi, Cappellani, desidero innanzitutto confidare la mia soddisfazione per le periodiche iniziative di approfondimento teologico, di aggiornamento pastorale e di condivisione di momenti comunitari, con cui sostenete la vostra opera spirituale, giustamente definita "ministerium pacis inter arma".

In particolare, voglio sottolineare quanto sia importante ed attuale il tema che è oggetto del vostro Convegno: "Il Vangelo della famiglia nel mondo militare: problemi morali e pastorali". Si tratta di un argomento attorno al quale si sono succeduti interventi, conferenze e dibattiti, che hanno offerto a ciascuno di voi la possibilità di approfondire i valori della famiglia alla luce della proposta evangelica. Non è lontano il ricordo dell'Anno della Famiglia, con le molteplici iniziative che ne hanno scandito lo snodarsi, fino alla grande celebrazione tenutasi un anno fa in questi stessi giorni in Piazza San Pietro, alla quale hanno preso parte anche numerose famiglie di vostri militari.

1788
3. Il vostro Convegno di studio si propone quasi come una ripresa di quel grande itinerario di fede, per portare i valori cristiani, carichi di nuove urgenze, alle famiglie che vivono nel mondo militare. La perdita di valori, che caratterizza la società secolarizzata del nostro tempo, ricade infatti soprattutto sull'istituto familiare, svilendo i compiti che sono propri della famiglia come santuario dell'amore e della vita, centro primario di educazione e cellula della società stessa.

Ciò vale anche per le famiglie che vivono nel mondo militare, dove alle difficoltà comuni si aggiungono quelle proprie di questa particolare condizione di vita. Lo sradicamento dall'ambiente d'origine, i continui trasferimenti di sede, i periodi di tempo legati ad attività intrinsecamente rischiose o a missioni militari che tengono lontani tra loro i componenti del nucleo familiare, diventano spesso elementi ostacolanti nel quotidiano impegno di una vita familiare unita ed armoniosa.

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4. E' in questo contesto che si svolge ed acquista spessore e consistenza il vostro ministero di pastori, carissimi Cappellani. A questo proposito, mi piace ricordare che nella Costituzione apostolica "Spirituali militum curae" riconoscevo alla porzione del popolo di Dio che vive la condizione militare, o che con essa è collegata, la configurazione di Chiesa particolare. Ebbene, la presenza delle famiglie nelle comunità cristiane delle varie realtà militari rende ancora più visibile l'assimilazione degli Ordinariati Militari alle Diocesi, come sancito dalla menzionata Costituzione. Tutto questo impegna ad una pastorale complessa e specifica, in cui la cura delle famiglie occupa, con i suoi molteplici aspetti, un posto preminente.

Riservando nel vostro Convegno un'attenzione particolare ai problemi pastorali e morali della famiglia, dimostrate di camminare lungo il solco maestro che ogni diocesi va tracciando nell'impegno di quella nuova evangelizzazione di cui il mondo abbisogna.

Anche il mondo militare, al pari di ogni altro settore della società in cui si organizza e si esprime l'attività degli uomini, ha bisogno di una nuova evangelizzazione. Questo compito è affidato a voi, cari Cappellani militari, e alle comunità cristiane di militari che intorno a voi si formano.

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5. Evangelizzare il mondo militare significa anche creare una cultura di solidarietà e di pace. Oggi più che mai, a cinquant'anni dalla fine della seconda guerra mondiale e dopo la caduta del muro di Berlino, il militare deve fondare l'eticità della sua professione nei valori della difesa della libertà e della sicurezza del proprio popolo, nella collaborazione per il bene comune della nazione, nell'opera di mantenimento della pace e nella solidarietà umana verso gli altri popoli.

Questa cultura di pace, infaticabile nel favorire sempre il dialogo come strumento per risolvere le controversie, in determinate situazioni, e come "ultima ratio", non può escludere il ricorso alla forza se ciò venisse richiesto dalla difesa dei giusti diritti di un popolo, o dalla necessità di mantenere la pace tra vari contendenti al fine di evitare stragi di popolazioni innocenti: in simili casi si tratterebbe di una legittima e doverosa ingerenza umanitaria, mirante a salvare vite umane e a proteggere persone deboli e indifese e, in ultima analisi, a portare solidarietà e pace sotto l'egida della comunità internazionale.

Questa visione del militare, che porta solidarietà e pace con i mezzi che gli sono propri, è ricca di valore e di dignità. Il Cappellano militare è chiamato a confortarla con l'apporto di tutte quelle motivazioni spirituali, morali e religiose che sono insite nella sua missione.

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6. Molto importante è, perciò, la vostra opera, cari Cappellani militari. La Chiesa conta su di voi. Giustamente, durante il Convegno, vi siete interrogati su quale sia oggi la vostra identità specifica, quale la vostra spiritualità, quali gli aspetti più significativi della vostra azione pastorale.

Ed avete preso rinnovata consapevolezza del fatto che il Cappellano, vivendo all'interno della struttura militare e accompagnando i militari nella loro vita, nel proprio Paese o all'estero, deve essere e sentirsi sempre e dovunque sacerdote. Come tale, egli trova la sua identità in Cristo Capo e Pastore, opera in nome di Cristo e della Chiesa e testimonia la sua spiritualità e missionarietà attraverso quella carità pastorale che è dono totale di sé a servizio di Dio e dei fratelli.

1792
7. La mobilità dei destinatari della vostra azione e la loro differente provenienza socio-culturale e regionale rendono non facile l'impostazione di una pastorale organica ed incisiva. Essa dovrà comunque basarsi, innanzitutto, sull'accostamento personale, frutto di costante presenza e attenzione alle situazioni psicologiche, morali e spirituali di ciascuno, secondo una vera e propria "pastorale di accompagnamento". Per non pochi giovani il periodo del servizio militare diventerà così occasione per la ripresa di un cammino di fede che li porterà alla riscoperta dei valori cristiani ed alla personale esperienza dell'incontro salvifico col Redentore.

Vi incoraggio, pertanto, a proseguire nel vostro impegno pastorale, cercando sostegno nella preghiera, nell'approfondimento della Parola di Dio, nello studio dei documenti del Magistero, nella cordiale collaborazione tra voi e con il clero locale.

La Vergine Maria, Madre di Dio e della Chiesa, vi sia vicina in ogni momento della vostra vita. Anch'io vi accompagno con la mia preghiera e con una speciale Benedizione, che volentieri imparto a voi ed alle vostre comunità militari.

Data: 1995-10-19 Data estesa: Giovedi 19 Ottobre 1995

Ai membri del Circolo del Cardinale Hoffner - Città del Vaticano

Titolo: Difendete il diritto alla libertà religiosa

Cari membri del Circolo Cardinale Hoffner! E un piacere particolare per me potervi accogliere qui in Vaticano in occasione della vostra visita informativa a Roma. Do a tutti voi un cordiale benvenuto.

Avete intitolato il vostro Circolo all'indimenticabile Cardinale Joseph Hoffner ed avete comunicato che intendete operare secondo il suo spirito nella politica, nella scienza e nella società, con un'impronta particolare che deriva dalla fede e dall'insegnamento sociale cattolico. Il Cardinale Hoffner è stato un uomo di fede e di scienza. Ci ha dato un eloquente esempio di una fedele e coerente imitazione di Cristo con il suo fervido servizio per il bene degli uomini nella Chiesa e nella società.

Essendo stato un cristiano, il Cardinale sapeva che la nostra vita appartiene non soltanto a noi stessi, ma anche a Colui del quale portiamo il nome.

Sapeva che noi riceviamo la vita solamente in quanto siamo capaci di offrirla. Ed egli ha lottato anzitutto perché l'Europa rimanesse cristiana e lo diventasse sempre di più.

Questo testamento spirituale sia la vostra direttiva ed il vostro compito nel vostro responsabile lavoro per lo Stato e la società. Ciò ha valore innanzitutto in un periodo come questo, nel quale si cerca di spostare verso il negativo la questione della libertà religiosa e nel quale il diritto alla libertà religiosa negativa viene dichiarato un diritto fondamentale. In verità si tratta piuttosto di arrivare ad una concordanza pratica tra libertà religiosa positiva e negativa, che dovrebbe essere anche l'aspirazione delle vostre leggi e della tradizione costituzionale del vostro paese.

La vostra tradizione costituzionale del 1919 e la sua interpretazione durante il periodo dopo la seconda guerra mondiale sono contrari ad una definizione della neutralità religiosa ed ideologica nel senso di un distaccamento negativo dello Stato dalla Chiesa o dalle comunità religiose. Lo Stato non può essere neutrale ed indifferente perché ha una tradizione storica specifica ed è inserito in un contesto culturale concreto. La sua situazione costituzionale dovrà tenere conto della circostanza che il Cristianesimo è un elemento rilevante della cultura del vostro paese ed è quindi una componente fondamentale della vostra formazione ed educazione.

Sarà pertanto vostro compito difendere il diritto fondamentale alla libertà religiosa, come un elemento dello Stato di diritto democratico, e mantenere le radici cristiane dell'ordine politico e sociale in Europa. Nello spirito del Cardinale Hoffner dobbiamo mantenere per la Chiesa il diritto al pubblico insieme alla sua difesa dell'umano.

Il crollo dei sistemi totalitari in Europa richiede un profondo rinnovamento del modo d'agire politico. Nella vostra posizione è vostro compito aiutare l'Europa a ritrovare le sue radici, e a costruire il suo futuro secondo la misura dei suoi ideali e della sua generosità. La forza del Vangelo è in grado di trasformare la nostra epoca attraverso il fermento della giustizia e dell'amore nella verità e nella solidarietà tra le culture. La fede che diventa cultura è una ragione per la speranza. Rinforzato da questa speranza e felice di vedervi attivi in questo senso, sono lieto di impartire a voi ed ai vostri cari la Benedizione Apostolica.

(Traduzione dal tedesco]

Data: 1995-10-20 Data estesa: Venerdi 20 Ottobre 1995

Santa Messa: l'omelia di Giovanni Paolo II per l'inizio dell'Anno Accademico degli Atenei Ecclesiastici - Città del Vaticano

Titolo: "L''importanza attribuita da Dio all'uomo sia al centro della vostra attenzione e della vostra attività accademica"



1793
1. Abbiamo ascoltato nel Vangelo dell'odierna liturgia che le moltitudini si radunavano intorno a Gesù (cfr.
Lc 12,1): la sua presenza, la sua singolare autorità attiravano le folle, che stando con Lui venivano a formare una grande comunità.

Oggi, nella Basilica di san Pietro, si sono raccolti intorno a Gesù i professori, gli studenti e quanti lavorano nelle università e nei collegi pontifici per l'annuale celebrazione all'inizio del nuovo anno accademico. Cristo è il Maestro e noi i discepoli. Tutti: professori e studenti. Anche il Vescovo di Roma. Tutti siamo suoi discepoli. Ci troviamo qui perché Lui, Cristo, ci parli per primo, all'inizio dell'anno accademico. La prima parola appartiene infatti a Lui, che è il Verbo eterno del Padre, il Verbo Incarnato. Egli è "il Primo e l'Ultimo" (Ap 2,8), "Colui che era, che è e che viene" (Ap 4,8).

1794
2. Che cosa ci dice Cristo oggi? Che cosa vuole comunicarci mediante le letture di questa celebrazione liturgica? "Non temete, voi valete di più..." (
Lc 12,7).

Ci parla dell'uomo che, osservando il mondo intorno a sé, è in grado di comprendere come tra tutte le creature spetti proprio a lui la precedenza ontologica: il suo essere persona lo pone al di sopra delle altre creature. Quando dice "voi valete di più", Cristo afferma questa gerarchia dell'essere e dei valori.

Non solo. L'antropologia sottesa all'odierna pagina del Vangelo non possiede soltanto una dimensione ontologica. Cristo parla dell'uomo anche dal punto di vista della divina Provvidenza e dell'economia salvifica, e ci dice che Dio è premuroso verso tutte le creature, ma particolarmente verso l'uomo. Questa sua singolare sollecitudine corrisponde alla originaria verità rivelata secondo la quale l'uomo è stato creato ad immagine e somiglianza di Dio stesso (cfr. Gn 1,27). La sollecitudine di Dio per l'uomo riguarda dunque non solamente l'ordine ontico, bensi anche l'ordine etico.

Proprio per questo Cristo può dire: "Non temete coloro che uccidono il corpo e dopo non possono far più nulla (...). Temete Colui che, dopo aver ucciso, ha il potere di gettare nella Geenna" (Lc 12,4-5). Si tratta forse, anzitutto, di una sanzione? O non piuttosto di ciò che è a fondamento della sanzione? Si tratta del bene e del male morale. La cura che Dio ha per l'uomo è legata all'ordine etico, secondo il quale l'uomo "vale più" di ogni altra creatura che lo circonda.

1795
3. Cari docenti, cari studenti! Com'è importante che il vostro ambiente, l'ambiente degli studi e della ricerca scientifica, in particolare quello degli atenei ecclesiastici romani, contribuisca ad approfondire questa coscienza teologica ed etica! Ciò a vari livelli e sotto vari aspetti. Occorre che l'"importanza", attribuita da Dio stesso all'uomo, sia al centro della vostra attenzione e della vostra attività accademica.

E che cosa mette maggiormente in evidenza questo interesse di Dio per l'uomo, se non il fatto che Egli stesso, mediante il suo Figlio, partecipa all'opera della sua giustificazione? Questo ci ha ricordato la prima lettura appena proclamata, tratta dalla Lettera dell'apostolo Paolo ai Romani (4,1-8).

Cristo offre la sua testimonianza affinché l'uomo si abbandoni al Padre celeste ricco di misericordia, che vuole la salvezza dei suoi figli e desidera il bene dell'uomo. Egli è sempre disposto a rimettere i peccati e a sostenere gli sforzi umani sul cammino verso il bene. Lo mette in rilievo il salmo responsoriale risuonato poc'anzi nella nostra assemblea (
Ps 31,1-2 Ps 31,5).

1796
4. Carissimi Fratelli e Sorelle, desidero rivolgere a tutti voi, che partecipate a questa Celebrazione, un cordiale saluto, unito all'augurio di un sereno e proficuo anno accademico. Ringrazio il Cardinale Pio Laghi per le espressioni che mi ha indirizzato a nome della grande comunità degli studi superiori nelle istituzioni ecclesiastiche romane. Un pensiero riconoscente va poi ai Gran Cancellieri ed ai Rettori delle Università Pontificie per l'impegno con cui assicurano a tali scuole di pensiero e di vita una guida illuminata, un ottimo livello culturale ed un intenso spirito ecclesiale. Ai docenti auguro di custodire sempre vivi l'appassionato stupore per la verità e l'arte di trasmetterne perspicuamente i contenuti; ed agli studenti, provenienti da ogni continente, di valorizzare appieno questo tempo opportuno offerto loro dal Signore, con senso di responsabilità e di umile e paziente impegno.

A tutti dico: accogliete la Parola che il Signore ha voluto rivolgervi oggi, all'inizio di un nuovo ciclo di lezioni e di studi. Essa, con pochi ma incisivi tratti, allude all'altissima vocazione dell'uomo.

Accogliete il messaggio del Sacrificio eucaristico. Esso, da solo, non dice forse ancor più eloquentemente quanto Dio abbia amato l'uomo, ogni uomo, ciascuno di noi? Non esprime forse quanto questo suo amore ci accompagni lungo le strade della nostra esistenza? Possa il Sacrificio di Cristo a cui partecipate, come prima e principale "parola" d'apertura dell'anno accademico, ispirare, sostenere, orientare i compiti che vi attendono e gli impegni che vi assumete. A questa "parola" ciascuno di voi possa corrispondere giorno dopo giorno con generoso impegno! Nella fedele adesione ad essa sta il segreto di un anno gioioso e fecondo.

Data: 1995-10-20 Data estesa: Venerdi 20 Ottobre 1995

Messaggio: il Papa al Card. Cassidy per il IX Incontro internazionale "Uomini e Religioni" promosso dalla Comunità di S. Egidio - Città del Vaticano

Titolo: Ritrovarsi insieme per invocare la pace costituisce l'autora di una nuova era

Al Venerato Fratello EDWARD I. Cardinale CASSIDY Presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell'Unità dei Cristiani Mi è particolarmente gradito far giungere, per Suo tramite, un cordiale saluto agli illustri Rappresentanti delle Chiese e Comunità cristiane e delle grandi Religioni mondiali, riuniti a Firenze per l'incontro internazionale di preghiera "Terre e cieli di pace". Esso si pone in continuità con quelli svoltisi negli scorsi anni, in varie città del mondo, nello spirito del memorabile convegno di Assisi del 27 ottobre 1986, quando, per la prima volta nella storia, uomini e donne di religioni diverse si trovarono insieme per invocare la pace sul mondo, minacciato da gravi tensioni e terribili armamenti. Auspicai in quell'occasione che lo "spirito di Assisi" non si estinguesse, ma, al contrario, moltiplicasse il suo influsso nelle coscienze. E gli incontri "Uomini e Religioni", tenutisi a partire da allora ogni anno in una sorta di pellegrinaggio di pace attraverso il pianeta, stanno a testimoniare che quell'auspicio è stato raccolto e condiviso. Al riguardo, un pensiero riconoscente va alla Comunità di Sant'Egidio, che si è impegnata con entusiasmo nella promozione di tali importanti riunioni spirituali.

Quest'anno, dopo le significative tappe svoltesi in agosto a Gerusalemme e ad Hiroshima, l'itinerario giunge a Firenze, dove, con l'intuizione evangelica che lo caratterizzava, Giorgio La Pira convoco più volte a dialogo esponenti di diversi mondi religiosi. Con quelle iniziative egli precorreva quanto il Concilio Ecumenico Vaticano II avrebbe poi formulato nella Dichiarazione Nostra aetate sulle relazioni tra la Chiesa e le religioni non cristiane. Con tale documento, di cui ricorre quest'anno il 30 anniversario, la Chiesa cattolica si impegno a ricercare la comprensione con le altre comunità religiose, senza facili irenismi ma in spirito di rispetto, amicizia, solidarietà sui valori fondamentali dell'uomo. Un'autentica esperienza religiosa, infatti, s'accompagna non di rado con una aspirazione alla fraternità universale, che oggi è urgente valorizzare e rendere manifesta.

Ritrovarsi insieme per invocare la pace costituisce la promessa di un tempo nuovo, l'aurora di una nuova era. Lo stare gli uni accanto agli altri, pur nella diversità, esprime anche visivamente quell'unità della famiglia umana che tutti auspichiamo, quell'unità che il Concilio Vaticano II intese promuovere, secondo l'intuizione di colui che l'aveva convocato, il Servo di Dio Papa Giovanni XXIII. Se a questo disegno tutti sono chiamati a cooperare, le religioni lo sono in modo speciale, e i momenti di preghiera costituiscono uno strumento privilegiato di tale impegno.

In occasione della recente visita all'Assemblea Generale delle Nazioni Unite a New York, ho avuto modo di soffermarmi sul doveroso riconoscimento dei diritti non solo dei singoli ma anche dei popoli, nella prospettiva della costituzione di un'autentica "famiglia delle nazioni". Anche nel mondo delle religioni le differenze non possono condurre ad esclusivismi aggressivi né giustificare l'odio tra nazioni o gruppi etnici. L'incontro di Firenze vuole sottolineare quella "fondamentale comunanza" tra le persone e i popoli che è compito di tutti arricchire di sempre nuove conferme.

Le religioni, praticate in diversi paesi e culture, favoriscono in varie maniere un anelito universale di "terre e cieli di pace". Non di rado sono state proprio le religioni a custodire le peculiari culture di popoli espropriati dei loro diritti. Al tempo stesso, in seno alle varie nazioni, le religioni mantengono viva la consapevolezza della comune appartenenza alla grande famiglia umana. Con la preghiera e la persuasione, esse sono chiamate a curare le ferite di nazionalismi angusti ed esclusivi. Esse debbono ricordare agli uomini di ogni popolo che, seppure diversi tra loro, sono tutti fratelli.

L'energia di pace e di concordia che può scaturire dalle religioni è un tesoro prezioso, che non va nascosto né accantonato. Povere di mezzi umani, esse sono ricche di quell'aspirazione alla comunione tra i popoli che trova radice, appunto, nel rapporto sincero con Dio. Ricordando agli uomini e alle donne di questo mondo il loro trascendente destino, esse possono educare a camminare insieme senza guerre né contrapposizioni. Anche le riunioni di "Uomini e Religioni" ne sono una preziosa manifestazione e lasciano intravedere "terre e cieli di pace".

Affido a Lei, Signor Cardinale, l'incarico di porgere a tutti gli illustri partecipanti all'incontro, e al Cardinale Silvano Piovanelli, che li ha accolti con la cordiale ospitalità tipica della cara Arcidiocesi fiorentina, l'espressione del mio affettuoso ricordo, avvalorato da una fervida invocazione a Dio perché gli uomini e le donne del nostro tempo sappiano incamminarsi sulle vie della pace.

Dal Vaticano, 20 Ottobre 1995.


IOANNES PAULUS PP. II

Data: 1995-10-20 Data estesa: Venerdi 20 Ottobre 1995

Visita pastorale: l'omelia durante la Celebrazione Eucaristica - Parrocchia S.Romano Martire (Roma)

Titolo: La Chiesa che è in Roma deve mantenere sempre viva la sua più autentica dimensione missionaria



1797
1. "Il nostro aiuto viene dal Signore" (Salmo responsoriale).

Il Salmo responsoriale dell'odierna liturgia è un vero e proprio inno alla Divina Provvidenza. Il Salmista alza gli occhi verso l'alto, fiducioso nell'aiuto che il Creatore del cielo e della terra gli offre nella necessità: Colui che veglia incessantemente su Israele, di giorno come di notte, non permetterà che il piede dell'uomo a lui fedele inciampi. "Il Signore è il tuo custode, / - continua il Salmo - il Signore è come ombra che ti copre, / e sta alla tua destra./ Di giorno non ti colpirà il sole, / né la luna di notte./ Il Signore ti proteggerà da ogni male, / egli proteggerà la tua vita./ Il Signore veglierà su di te, quando esci e quando entri, / da ora e per sempre" (
Ps 120,5-8).

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2. Quest'inno in onore della Divina Provvidenza fa da sfondo a quanto la liturgia di oggi propone alla nostra riflessione sul tema della preghiera e, prima di tutto, sulla preghiera di impetrazione.

Nella prima Lettura, tratta dal Libro dell'Esodo, ne abbiamo ascoltato una particolare espressione. Durante la lotta contro gli Amaleciti Mosè pregava in cima alla montagna. Quando teneva le mani alzate, prevaleva Israele; quando invece le abbassava per la stanchezza prendeva il sopravvento Amalek. Poiché gli si intorpidivano le braccia, Aronne e Cur, che erano con lui, si diedero da fare per sostenergliele, affinché restassero alzate fino al tramonto del sole. In tal modo, gli Israeliti riuscirono a sconfiggere gli Amaleciti, non tanto per superiorità sul campo di battaglia quanto piuttosto per la potenza della preghiera di Mosè.

Questo racconto del Libro dell'Esodo possiede per noi un indubbio significato paradigmatico. Il Popolo di Dio pellegrinante sulla terra continua la propria battaglia camminando verso la "terra promessa" del Regno di Dio. Il successo di simile lotta, da parte sia della Chiesa che di ogni cristiano, dipende in misura essenziale dalla preghiera. La preghiera è, infatti, l'energia spirituale che permette di sconfiggere i nemici che si oppongono alla nostra salvezza.

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3. San Luca nel Vangelo ricorda che l'uomo in preghiera, in un certo senso, riporta la vittoria su Dio stesso. Ed illustra questo pensiero così audace mediante una parabola.

In una città - egli racconta - c'era un giudice che non temeva né Dio né gli uomini. Vi abitava pure una vedova, che si recava con insistenza da lui chiedendogli: "Fammi giustizia contro il mio avversario" (
Lc 18,3). Quel giudice ingiusto cedette di fronte alla perseveranza della povera vedova. Diceva tra sé: "Anche se non temo Dio e non ho rispetto di nessuno, poiché questa vedova è così molesta le faro giustizia, perché non venga continuamente a importunarmi" (ivi 18,4-5).

E il Signore conclude: "Dio non farà giustizia ai suoi eletti che gridano giorno e notte verso di lui? Li farà a lungo aspettare? Vi dico che farà loro giustizia prontamente" (ivi 18,7-8). E' il medesimo contenuto della prima Lettura: Dio attende la nostra preghiera per difenderci contro il male, per aiutarci a superare le contrarietà ed a vincere le lotte della nostra vita.

1800
4. Sin qui il brano evangelico procede in un'unica direzione, mostrando l'importanza e l'efficacia della preghiera. Tuttavia Cristo aggiunge alla fine la seguente domanda, che sembra discostarsi dal con

"Ma il Figlio dell'uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?" (ivi 18,8).

In realtà questa domanda sulla fede è, allo stesso tempo, una domanda sulla preghiera. Cristo infatti chiede se al momento della sua seconda venuta troverà la preghiera che scaturisce dalla fede. Domanda che contiene in sé un'esortazione per ogni credente a far si che l'orazione costituisca una importante verifica della sua fede. La Chiesa intera è chiamata a pregare, perché nella preghiera si manifestano il desiderio e l'attesa del ritorno di Cristo, del ritorno definitivo di Cristo. Allo stesso tempo, la preghiera pone in luce la speranza della vittoria del popolo cristiano nei molteplici combattimenti che accompagnano il pellegrinaggio dell'uomo sulla terra.

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5. Carissimi Fratelli e Sorelle! E' una grande gioia per me oggi celebrare l'Eucaristia in mezzo a voi nella Giornata Missionaria Mondiale. Rivolgo un particolare pensiero al Cardinale Vicario, al Vescovo del Settore, Mons. Enzo Dieci, al Parroco Don Giuseppe Marciante ringraziandolo per le sue parole all'inizio, parole accompagnate da diversi colori che manifestano una parrocchia molto colorata, come pure ai suoi collaboratori nel servizio pastorale della vostra vivace e generosa famiglia parrocchiale.

Saluto, inoltre, i catechisti, gli animatori e gli aderenti ai vari gruppi parrocchiali, impegnati nell'azione spirituale e missionaria, nella formazione dei giovani e nella testimonianza della carità.

So che da tempo desiderate di poter disporre di una Chiesa e di ambienti più adeguati alle esigenze pastorali e sociali di questo quartiere ad alta densità abitativa e con molteplici attività commerciali. Auspico che presto si realizzi questa vostra legittima aspirazione. Vi auguro sopratutto, cari Fratelli e Sorelle, di essere un'autentica comunità ecclesiale, pienamente inserita nel territorio, impegnata nella nuova evangelizzazione, capace di portare ogni persona a contatto con Cristo e di promuovere una rinnovata cultura della riconciliazione e della solidarietà.

Questi sono i miei auguri per la vostra comunità nel giorno anniversario dell'inizio del mio Ministero petrino nella Sede di Roma. Diciassette anni fa: era il 22 ottobre come oggi, era una domenica come oggi, ma era un'altra piazza, Piazza San Pietro. Oggi siamo in una piazza in mezzo a grandi palazzi e così si vede che la Chiesa di Roma, attraverso questi palazzi, non ha solo ampiezza, ma anche altezza, diversi piani. Tutti questi piani presentano le persone, le famiglie, le comunità e la Chiesa di Roma. Saluto la Chiesa di Roma, oggi, nella vostra parrocchia, su questa piazza.

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6. Cari fedeli di San Romano Martire! Nel programma pastorale di quest'anno avete posto ancor più in risalto la centralità dell'Eucaristia nella vita del credente.

Proseguite in questo significativo impegno: tutta la vostra esistenza diventi una continua preghiera, come ci ricorda opportunamente la liturgia di questa domenica.

Nel canto al Vangelo abbiamo ripetuto: "La parola di Dio è viva, efficace e scruta i sentimenti e i pensieri del cuore" (
He 4,12). Questa espressione della Lettera agli Ebrei in un certo senso è collegata con la seconda Lettura, presa dalla seconda Lettera di san Paolo a Timoteo. In essa l'Apostolo esorta il suo discepolo ad attingere abbondantemente dalla Sacra Scrittura la sapienza che porta alla salvezza mediante la fede in Gesù Cristo. Il battezzato deve, infatti, costantemente approfondire questa sapienza, se vuole diventare un uomo perfetto, pronto a compiere ogni opera buona (cfr. 2Tm 3,16). In particolare, deve progredire in questa sapienza divina colui che, come Timoteo, è chiamato ad annunziare la Parola di Cristo ai fratelli. "Annunzia la parola, insisti in ogni occasione opportuna e non opportuna, ammonisci, rimprovera, esorta con ogni magnanimità e dottrina" (ivi 4,2). Proprio in tal senso la parola di Dio è viva ed efficace, come afferma il Canto al Vangelo.

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7. Anche questa parte della Liturgia della Parola presenta il tema della preghiera? Si, ma in un senso diverso rispetto agli altri testi. Essi, infatti, illustrano la preghiera di impetrazione, mentre questi ultimi brani parlano piuttosto della preghiera contemplativa, che consiste nella familiarità con la Parola del Dio vivente, capace di scrutare i sentimenti e i pensieri del cuore (cfr.
He 4,12). Nell'ambito della preghiera ecco un elemento particolarmente importante: si tratta, infatti, non soltanto di presentare a Dio le necessità ed i desideri d'ogni giorno, ma ancor più di lasciar operare Dio in noi mediante la sua divina Parola.

L'orazione della mente e del cuore è fondamentale per gli Apostoli e per chi è inviato ad istruire e guidare i fratelli nella via della piena partecipazione al Regno di Dio. Per tale motivo san Paolo scrive a Timoteo: "Ti scongiuro davanti a Dio e a Cristo Gesù che verrà a giudicare i vivi e i morti" (2Tm 4,1).

L'Apostolo scongiura il discepolo con una parola radicale, per stimolarlo all'azione apostolica: "Annunzia la parola!" (ivi 4,2). Questa supplica contiene in un certo senso anche un'esortazione: rimani a contatto con la Parola di Dio che è viva e dà la vita! Proprio la comunione nella preghiera ti permetterà di trasmettere fedelmente il messaggio evangelico a quanti ti ascoltano e di edificare così la Chiesa, affrettando l'avvento del Regno di Dio sulla terra.

Ciò è specialmente attuale nella Giornata Missionaria Mondiale. Quella di Paolo è una Lettera missionaria che deve essere letta e meditata in questa domenica. Si deve dire, tornando a Roma, che essa è stata il primo e principale centro delle missioni della Chiesa, in tutta l'Europa, specialmente in quella occidentale, e negli altri Continenti. Si deve mantere questa missionarietà della Chiesa romana, ed essa si mantiene. Ringrazio tutti coloro che prendono parte alla grande opera missionaria della Chiesa di Roma.

La Chiesa deve costantemente adoperarsi affinché il Figlio dell'uomo, quando ritornerà nella gloria, trovi sulla terra la fede che si esprime nella preghiera.

Ecco l'impegno di tutta la Chiesa. Ecco pure il contenuto della nostra preghiera: espressione di una fede viva verso Dio, richiamo ad una carità operosa nei confronti dei fratelli.

Voglio in modo speciale pregare insieme con voi in questa giornata così importante per me. L'Eucaristia è la preghiera più piena. Celebrando l'Eucaristia, partecipando a questa grande preghiera di Cristo, noi ci avviciniamo alla venuta del Signore.

Amen! (Ai bambini:] Mi trovo in questa parrocchia di San Romano Martire, in mezzo a tanti palazzi ed edifici ed incontro soprattutto i giovani e i ragazzi, in età prescolastica, ma anche gli studenti delle medie e del liceo. Mi hanno posto delle domande e vorrei dare una risposta; ma non astratta. Quando sono entrato qui ho cercato di dare la mano a tutte le persone possibili ma indirettamente ho raggiunto tutti. Dare la mano significa prendere contatto, unirsi. Io e voi con questo gesto volevamo esprimere il nostro desiderio di unione e di comunione. Ho poi visto che alcuni di voi baciavano il mio anello. Questo anello è molto significativo. Esso indica la fedeltà. I vostri genitori portano gli anelli quale segno della loro fedeltà nel matrimonio e nella famiglia.

Perché il Papa e i Vescovi tutti portano l'anello? Perché sono sposati con la Chiesa. Ciascuno è sposato con la sua Chiesa. Io, portando questo anello sono sposato con la Chiesa di Roma e devo essere uno sposo fedele a questa mia Chiesa, mia sposa. Per questo si porta l'anello. Guardando ad esso io sempre devo domandarmi se sono fedele, se faccio tutto per questa mia Chiesa-sposa, per tutti i fedeli, per tutte le parrocchie, per tutti gli anziani, i malati, i giovani, le famiglie, i nascituri. Vi ho spiegato cosa vuol dire portare l'anello per i genitori e per i Pastori. Ho così dato anche una risposta alle vostre domande. Il Papa deve guardare al suo anello e guardandolo deve pregare per saper fare ciò che il Signore vuole da lui in quanto Pastore e sposo della Chiesa di Roma.

Avete anche cantato bene, Vi auguro buona domenica, buona settimana e buon anno scolastico e vi dico arrivederci. Spero di vedervi di nuovo! forse in Vaticano, o forse altrove, nei diversi luoghi dove si possono incontrare i giovani.

(Al Consiglio pastorale:] Pensiamo a Pietro, quando è arrivato qui a Roma per prendere possesso della Chiesa che era ancora tutta da fare. Pietro, all'inizio dell'era cristiana, non ha trovato qui le chiese, intese come strutture ed edifici, ma trovava templi romani e pagani. Nel vecchio centro di Roma ci sono ancora gli edifici e le mura pagane, ma c'è anche una chiesa cristiana dedicata alla Madonna, ma che prima era un tempio pagano. Questo lo dico in riferimento alla situazione della vostra parrocchia che non ha la chiesa. San Pietro ha dovuto aspettare trecento anni per le prime chiese cristiane di Roma. Io vi auguro di aspettare di meno e sono sicuro che la vostra chiesa si farà in tempo più breve.

Grazie per questo incontro e vi ringrazio anche per la vostra collaborazione apostolica al parroco, al Vescovo di Roma, al Cardinale Vicario, al Vescovo del Settore. E molto importante avere il consiglio pastorale dei laici.

(Ai giovani:] Vorrei ringraziare il vostro collega che si è preparato a parlare, ma che non può a causa del poco tempo rimastoci.

Si dice che Roma è eterna, che significa fuori dal tempo, Noi sappiamo bene che non è così. E nel tempo, ha i suoi anni, i suoi secoli e i suoi millenni.

Tutto ciò che è creato è temporale. sottoposto alla legge del tempo.

Ma se Roma è eterna vuol anche dire che è sempre giovane, che non invecchia. Io vi auguro di essere buoni rappresentanti di questa eterna giovinezza di Roma. Non dico che per voi il tempo sarà sospeso. Anche voi dovete maturare, dovete diventare adulti e poi anche anziani come lo sono diventato io, pur senza pensarci.

Eterno vuol dire che non passa. Si deve sempre rappresentare questa giovinezza della condizione umana, della vocazione umana. E una giovinezza che vuol dire anche forza, purezza, speranza, progresso, tutto ciò che è congeniale alla vostra età. Vi auguro di essere radicati in Cristo, perché lui è eterno. Lui è diventato uomo e si e sottoposto alla legge del tempo, dei suoi anni. ma è eterno. Vi auguro di essere così radicati in Cristo, da arrivare alla partecipazione alla vitalità di Dio, a cui noi Cristo è nostra guida.

Data: 1995-10-22 Data estesa: Domenica 22 Ottobre 1995


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