GPII 1995 Insegnamenti 1820

Udienza: il discorso del Papa agli Assistenti Centrali, Regionali e Diocesani partecipanti all'annuale Convegno unitario - Città del Vaticano

Titolo: L'Azione Cattolica non può non sentirsi impegnata nell'annunciare, celebrare, servire il Vangelo della vita

Carissimi Assistenti dell'Azione Cattolica Italiana!

1827
1. E' con grande gioia che vi accolgo in occasione di questo vostro Convegno, aperto a quanti fra voi accompagnano il cammino dell'Associazione a livello sia diocesano che regionale. A tutti il mio saluto cordiale. Ringrazio l'Assistente Generale, Mons. Salvatore De Giorgi, per le espressioni che mi ha rivolto a vostro nome, e saluto con affetto il Presidente Nazionale, Avvocato Giuseppe Gervasio.

So che prima di questa Udienza avete concelebrato l'Eucaristia nella Basilica di San Pietro, per ringraziare il Signore del dono del Sacerdozio ministeriale e per confermare l'impegno di fedeltà al Successore di Pietro. Ciò acquista particolare significato nel contesto dell'ormai prossima ricorrenza del 30 anniversario del Decreto conciliare Presbyterorum Ordinis. Vi sono anche grato per aver voluto ricordare l'approssimarsi del mio giubileo sacerdotale.

1828
2. Desidero anzitutto rinnovare a ciascuno di voi l'espressione del mio vivo apprezzamento per il servizio che svolgete nell'Azione Cattolica, servizio che spesso si somma ad altri impegni pastorali. Penso in questo momento agli oltre 9.000 assistenti parrocchiali che voi rappresentate e che, per antica e ininterrotta tradizione, sono gli stessi parroci e viceparroci. L'Azione Cattolica, infatti, ha nella parrocchia il suo luogo ordinario di vita, "collaborando col Parroco - come dice lo Statuto - per la crescita e l'impegno missionario della comunità parrocchiale" (art. 19).

Ribadisco, al riguardo, l'invito ad accogliere e sostenere nelle comunità parrocchiali l'esperienza associativa dell'Azione Cattolica, particolarmente raccomandata dal Concilio Vaticano II (cfr.
AA 20 CD 17). Annoverata tra i "vari ministeri" che, "suscitati nell'ambito stesso dei fedeli da una chiamata divina", sono "necessari" per "la impiantazione della Chiesa e lo sviluppo della comunità cristiana" (AGD 15), l'Azione Cattolica assicura al parroco una "diretta collaborazione" (AA 20) ed intende servire "all'incremento di tutta la comunità cristiana, ai progetti pastorali ed all'animazione evangelica di tutti gli ambienti di vita, con fedeltà e operosità" (CL 31).

1829
3. Nella scorsa primavera, ricevendo i delegati alla IX Assemblea, che ha tracciato il cammino dell'Associazione in sintonia col Convegno ecclesiale di Palermo e nella prospettiva del Grande Giubileo del 2000, ho ricordato che "anche per l'Azione Cattolica l'anelito alla santità costituisce l'impegno primario" e che in essa, come in una "palestra di vita, si sono formati laici esemplari, che veneriamo come santi, beati e servi di Dio" (Discorso alla IX Assemblea dell'ACI, n. 2, "L'Osservatore Romano", 30.4.1995, p. 5).

Ciò è stato possibile perché accanto a ciascuno di questi laici vi è stata la presenza e la guida spirituale di un sacerdote, in genere l'Assistente, che, con l'esempio della vita sacerdotale, la sapienza della parola e la ricchezza della carità pastorale, lo ha accompagnato nel cammino verso la santità nelle condizioni ordinarie della famiglia e della professione, nella vita e nell'attività di ogni giorno. Tale servizio è affidato oggi a voi, carissimi, chiamati con la grazia dell'Ordinazione a prolungare la missione di Gesù Cristo Capo e Pastore (cfr.
PDV 15).

1830
4. Il tema del vostro Convegno, "Vangelo e cultura della vita per una nuova società in Italia", si richiama direttamente alla recente Enciclica Evangelium vitae. Mi compiaccio per tale scelta. Essa dimostra anzitutto come l'Azione Cattolica sia sempre attenta al magistero della Chiesa e se ne faccia eco fedele per l'animazione profetica della comunità cristiana. Spetta a voi, Assistenti, sostenere e promuovere questa sensibilità, come l'antidoto più efficace contro il fenomeno, diffuso nel popolo di Dio, della soggettivizzazione della fede e della morale, le cui preoccupanti conseguenze sono sotto gli occhi di tutti.

La scelta di questo tema dimostra inoltre come l'Azione Cattolica intenda essere espressione esemplare del "popolo della vita e per la vita" (
EV 78), quale deve essere tutta la Chiesa. E, in realtà, avendo come finalità propria "il fine generale apostolico della Chiesa" (Statuto, art. 1), ossia "l'evangelizzazione, la santificazione degli uomini, la formazione cristiana delle loro coscienze in modo che riescano ad impregnare dello spirito evangelico le varie comunità e i vari ambienti" (ivi, n. 2), l'Azione Cattolica non può non sentirsi impegnata soprattutto nell'annunciare, celebrare, testimoniare, servire il Vangelo della vita, che "sta al cuore del messaggio di Gesù" (EV 1). Sono lieto che il documento finale della IX Assemblea nazionale abbia posto in forte rilievo questo impegno. A voi, cari Assistenti, affido il compito di sostenerlo ed alimentarlo: è un aspetto importante del vostro ministero di pastori (cfr. ivi, 82).

1831
5. Siete ministri della Parola di Dio: annunciate e fate annunciare il Vangelo della vita "quale il Magistero fedelmente ripropone e interpreta", senza "temere l'ostilità e l'impopolarità, rifiutando ogni compromesso ed ambiguità", ma "con costanza e coraggio" ().

Siete ministri della santificazione: celebrate e fate celebrare "il Dio che dona la vita" (ivi, 84) con la preghiera quotidiana, individuale e comunitaria, con la celebrazione dei Sacramenti e soprattutto dell'Eucaristia, da cui si attinge la forza per realizzare il Vangelo della vita nell'esistenza quotidiana, spesa nell'amore per gli altri sino al dono totale di sé. La beata Gianna Beretta Molla, onore dell'Azione Cattolica Italiana, ha dato di ciò un fulgido esempio.

Siete ministri della carità: ricordate che "il sostegno e la promozione della vita umana devono attuarsi mediante il servizio della carità, che si esprime nella testimonianza personale, nelle diverse forme di volontariato, nell'animazione sociale e nell'impegno politico" (ivi, 87). così facendo aiuterete l'intera Azione Cattolica Italiana ad offrire un valido contributo a quella "grande strategia a favore della vita" (ivi, 95) senza la quale non può esserci nuova società.

Carissimi, affido questi impegni ed auspici, come pure quelli che ciascuno di voi porta in sé, all'intercessione di Maria Santissima, ed imparto di cuore a voi qui presenti la Benedizione Apostolica, estendendola a tutti i Confratelli Assistenti, specialmente anziani e malati, in pegno di costante e gioiosa fedeltà a Cristo ed alla Chiesa.

Data: 1995-10-26 Data estesa: Giovedi 26 Ottobre 1995

Udienza: il discorso del Santo Padre ai membri della Fondazione "Giovanni Paolo II" - Città del Vaticano

Titolo: Un'espressione concreta del servizio svolto dalla Chiesa verso la Nazione e la cultura polacca



1832
1. Do un cordiale benvenuto e saluto tutti i presenti al nostro odierno incontro.

Saluto il Signor Cardinale Adam J. Maida, Arcivescovo di Detroit, l'Arcivescovo Jozef Kowalczyk, Nunzio Apostolico in Polonia, saluto i membri del Consiglio d'Amministrazione della Fondazione, con a capo il suo Presidente, l'Arcivescovo Szczepan WesoLy, che allo stesso tempo ringrazio per le parole d'introduzione a me rivolte.

In modo particolare saluto voi, Cari Fratelli e Sorelle, Benefattori ed Amici della Fondazione che porta il mio nome, e tramite voi desidero salutare tutti coloro che con la loro generosità sostengono quest'opera importante al servizio della Chiesa e della cultura polacca.

Ogni nostro incontro è un'occasione prima di tutto per rendere grazie a Dio per il dono di questa Fondazione e per il molteplice bene che già è stato operato e continua a compiersi grazie ad essa. E' anche un'occasione per dire un grazie agli uomini che con il dono del loro cuore hanno reso possibile un tempo la sua istituzione, e oggi assicurano il suo ulteriore sviluppo. A voi tutti, cari Amici e Benefattori della Fondazione - a voi qui presenti come pure agli assenti, dispersi in quasi tutto il mondo - desidero oggi esprimere la mia personale gratitudine con il nostro antico: "Dio ve lo renda!".

1833
2. La Fondazione, che voi qui rappresentate, è sorta quattordici anni fa, il 16 ottobre del 1981. Oggi, nella prospettiva del tempo, si vede quanto fu provvidenziale questo atto. Esso nacque da un duplice amore: dall'amore per la Chiesa e da quello della Patria. La Chiesa e la Patria sono le due realtà unite addirittura organicamente nella nostra storia. Questo legame divenne per la nostra Nazione fonte di una particolare forza spirituale, permise ad essa di sopravvivere ai periodi di durissime prove storiche, divenendo allo stesso tempo una delle determinanti della nostra identità polacca.

Questa Fondazione è un'istituzione di carattere ecclesiale. Come tale dunque è prima di tutto uno strumento di evangelizzazione nell'ampio senso di questa parola. Questa è la sua fondamentale specificità. Essa è un'espressione concreta della sollecitudine per l'uomo da parte della Chiesa, secondo il principio che l'uomo "è la prima e fondamentale via della Chiesa, via tracciata da Cristo stesso" (Redemptoris hominis n. 14). E' anche espressione del servizio svolto dalla Chiesa nei riguardi della Nazione e della sua cultura, che ha così profonde radici cristiane. Proprio in questo spirito la Fondazione intraprende preziose iniziative nel campo religioso, culturale, scientifico, pastorale e caritativo.

La sede della Fondazione è il Vaticano. E anche questo ha una sua eloquenza. Non è infatti una scelta fatta a caso. Questa prospettiva del Vaticano e di Roma permette in un certo senso di vedere meglio le necessità della Chiesa non soltanto nella Polonia, ma anche negli altri Paesi, permette di vederle in tutta la loro complessità; favorisce il processo dello "scambio dei doni" tra la Chiesa in Polonia e le Chiese di altri Paesi, e specialmente di quelli appartenenti allo stesso ceppo; sottolinea anche l'attiva presenza del pensiero polacco e della cultura cristiana in questa culla della cultura europea quale è Roma; facilita il dialogo con i centri di cultura cristiana di altre nazioni; infine mette in rilievo i legami tradizionali che uniscono la Polonia con la Sede Apostolica - legami, che nella nostra storia portarono tanti frutti beati.

1834
3. L'attività di questa Fondazione si colloca tra la Polonia e l'emigrazione polacca in tutto il mondo. In questa dimensione, i cardini principali del programma della sua attività, li troviamo in un certo senso già nei "Ksiegi narodu i pielgrzymstwa polskiego" ("Libri della nazione e dei pellegrini polacchi") di Adam Mickiewicz, in "Anhelli" di Juliusz Slowacki. E' un programma che esprime "il pellegrinare verso la Patria". Scrive Mickiewicz: "L'anima della Nazione Polacca è il peregrinare polacco. E ogni Polacco in esso non è chiamato errante, perché errante è un uomo che vaga senza una meta" ("Libri della nazione e dei pellegrini polacchi"). I pellegrini sono molto di più di semplici emigranti. Essere pellegrino vuol dire avere davanti agli occhi una meta, cioè un punto fondamentale di riferimento quale è la Patria.

La Polonia all'estero ha - se ci si può esprimere così - due "ali": una orientale ed una occidentale. E' importante esaminare questi due percorsi del "pellegrinare dei polacchi". Finora, decisamente troppa poca attenzione veniva dedicata al suo capitolo orientale, e vale la pena e occorre esaminare e documentare le tracce della presenza dei nostri connazionali per esempio nella parte asiatica ed oltrecaucasica della Russia. Secondo le informazioni che giungono, là è ancora viva la tradizione cattolica portata dai forzati polacchi nel secolo scorso. Merita attenzione anche il patrimonio religioso e culturale lasciato dalla prima repubblica nei territori orientali. Questi sono i grandi terreni per gli studi e per le ricerche che vanno intraprese. Tanto più che i cambiamenti avvenuti nell'Europa Centrale e Orientale dopo il 1989, rendono oggi possibili maggiori contatti con quei territori. E le necessità sono enormi, poiché il sistema totalitario marxista lascio dietro di sé una grande devastazione sia nel campo materiale che in quello spirituale.

A questo punto voglio sottolineare con soddisfazione che se si tratta dell'aiuto alla Chiesa dell'Europa Centrale e di quella Orientale, la Fondazione ha raggiunto significativi successi e meriti. Colgo l'occasione per esprimere la mia personale gratitudine per questo.

1835
4. "Ogni albero buono produce frutti buoni" (
Mt 7,17). La Fondazione di cui si tratta, certamente è un tale "albero buono". Si sviluppa e si consolida e produce "buoni frutti" i quali di anno in anno sono più numerosi. Vale la pena vederli più da vicino. E così la Casa Polacca con grande dedizione viene incontro alle necessità dei pellegrini polacchi, dando loro un appoggio ed aiutandoli a vivere spiritualmente l'incontro con la capitale del cristianesimo. Il Centro di documentazione di questo Pontificato si sviluppa bene, raccogliendo preziosi materiali e pubblicazioni. L'Istituto Polacco di Cultura Cristiana in Roma, insieme alla sua filiale di Lublino, dà un significativo contributo ad una sempre migliore conoscenza e diffusione della dimensione cristiana della cultura polacca, e lo fa mediante pubblicazioni, simposi che organizza e la concessione di borse di studio. Un campo estremamente importante dell'attività dell'istituto è quello in cui opera l'Università Estiva della Cultura Polacca, che ormai da alcuni anni raduna i Polacchi residenti, e spesso anche quelli nati fuori del Paese dei loro padri, che mediante lezioni e seminari vogliono avvicinarsi alla Polonia e conoscerla meglio. Tuttavia merita una particolare attenzione la Casa dello Studente della Fondazione, aperta recentemente a Lublino, dove abitano 96 studenti di 13 Paesi: dall'Estonia e della Lettonia, fino al Kazachistan. Complessivamente circa 150 studenti usufruiscono di borse di studio a Lublino. Questo è un importante contributo della Fondazione alla rinascita dell'intellighènzia cattolica nell'Europa Orientale e Centrale. Non si può neppure dimenticare un'iniziativa della Fondazione che riguarda gli Stati Uniti del Nord America. Ho in mente il progetto di costruire a Washington un grande Centro di Cultura. So quanto questo progetto stia a cuore al Sig. Cardinale Adam J. Maida e quante forze e energie egli metta nella sua realizzazione.

1836
5. Questa breve rassegna dell'attività della Fondazione mostra quanto nel suo caso si avverano le parole del Vangelo: "Ogni albero buono produce frutti buoni" (
Mt 7,17). Sappiamo pero che questi "frutti buoni" hanno potuto vedere la luce del giorno soltanto grazie alla benevolenza di molte persone, che individualmente ed anche associate nei numerosi Circoli degli Amici della Fondazione in molti Paesi, non risparmiarono il denaro, per sostenere quest'opera importante. Guardando questi frutti si vede chiaramente che le offerte trasmesse servono bene la causa della Chiesa e della Patria.

perciò ancora una volta, a voi qui riuniti, e per vostro mezzo a tutti gli Amici e i Benefattori della Fondazione, dispersi in molti Paesi, quasi in tutti i continenti, voglio ringraziare con l'antico polacco: "Dio ve lo renda!".

Ringrazio per quanto state facendo per un ulteriore sviluppo di questa preziosa istituzione e la raccomando alla vostra generosità per il futuro.

Sono lieto dell'incontro odierno, e a tutta la Fondazione, a tutti i suoi Benefattori e Amici, a voi qui presenti e alle vostre famiglie, di cuore impartisco la Benedizione Apostolica: nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo.

Saluto di cuore tutti gli Amici ed i Benefattori della Fondazione venuti dagli Stati Uniti, guidati da Sua Eminenza il Cardinale Adam J. Maida, Arcivescovo di Detroit. Pronunciando queste parole di saluto è ancora viva in me la memoria del mio ultimo viaggio apostolico. Di fronte a tutto il mondo, i cattolici americani hanno saputo dare una testimonianza molto significativa della loro fede in Cristo e della loro forte unione con la Chiesa e con il Successore di Pietro.

Colgo l'occasione per esprimere la mia viva riconoscenza per l'ospitalità che l'America mi ha riservato.

Fratelli e Sorelle, partecipate a Roma al convegno di Amici e di Benefattori della Fondazione che porta il mio nome. E' una Fondazione particolare.

Essa ha un carattere prettamente ecclesiale e come tale vuol essere anzitutto uno strumento di evangelizzazione al servizio della Chiesa. La suddetta Fondazione rivolge la sua sollecitudine in modo speciale verso la Chiesa nell'Europa dell'Est, la quale, dopo i lunghi decenni di dure persecuzioni da parte del sistema totalitaristico comunista, vive attualmente un periodo di forte rinascita.

Ha bisogno pero di numerosi aiuti, soprattutto nel campo delle pubblicazioni religiose e nel settore della formazione di una giovane intelligenza cattolica. La Fondazione, secondo le sue attuali modeste possibilità, cerca di venire incontro a questi bisogni urgenti.

Cari Amici, sono lieto di poter esprimere personalmente la mia riconoscenza per la comprensione che dimostrate nei confronti degli obiettivi di questa Fondazione e per la vostra generosità, grazie alla quale essa può esistere, svolgere la sua attività statutaria e svilupparsi. Mi rallegro che il numero degli Amici della Fondazione cresce sempre di più. E' un buon auspicio per l'avvenire.

Grato per questo incontro, a tutti gli Amici e i Benefattori della Fondazione negli Stati Uniti e ai loro familiari, imparto di cuore la mia Benedizione Apostolica.



Data: 1995-10-26 Data estesa: Giovedi 26 Ottobre 1995

La toccante testimonianza del Papa a conclusione del Simposio internazionale nel XXX della "Presbyterorum Ordinis" - Aula Paolo VI, Città del Vaticano

Titolo: "La Santa Messa è in modo assoluto al centro della mia vita e di ogni mia giornata"



1837
1. "L'amore più grande" è il titolo di questo interessante Recital, durante il quale abbiamo avuto modo di ascoltare diverse testimonianze sul sacerdozio, a trent'anni dalla promulgazione del Decreto del Concilio Vaticano II Presbyterorum Ordinis sul ministero e la vita sacerdotale.

Grazie a coloro che lo hanno preparato con cura e competenza. Grazie, in particolare, al Cardinale Prefetto José Sanchez ed al Segretario Mons. Crescenzio Sepe della Congregazione per il Clero, che, nel promuovere il Simposio internazionale di questi giorni, hanno voluto organizzare anche questa significativa manifestazione artistica densa di spiritualità sacerdotale. Grazie agli interpreti, ai collaboratori tecnici della diretta televisiva come pure a coloro che vi hanno preso parte sia qui, nell'aula Paolo VI, che nei collegamenti da Gerusalemme, da Fatima, da Ars e da Wadowice. Ringrazio la RAI, che, in collaborazione con il Centro Televisivo Vaticano e Telepace, ne ha reso possibile la diffusione in molte nazioni del mondo.

Rivolgo, poi, un deferente pensiero ai fratelli delle altre Confessioni Cristiane che hanno voluto prendere parte a questo nostro incontro.

1838
2. Vorrei ringraziare il mio successore, il Metropolita della Chiesa di Cracovia, il Cardinale Macharski, e tutti quelli che hanno avuto parte nel mio itinerario sacerdotale. Vorrei, a questo punto, offrire anch'io la mia testimonianza di sacerdote ormai da quasi cinquant'anni. Prima, pero, desidero salutare con affetto tutti voi, carissimi Fratelli nel sacerdozio. Abbraccio ciascuno con cordiale riconoscenza: i presbiteri diocesani e presbiteri religiosi, specialmente quanti sono anziani, malati o stanchi. Grazie per la vostra testimonianza spesso silenziosa e non facile; grazie per la vostra fedeltà al Vangelo ed alla Chiesa.

Conosco le gioie e le preoccupazioni delle vostre fatiche apostoliche d'ogni giorno. Vi sono vicino con la preghiera e con l'affetto. Segno di questa mia spirituale vicinanza, cari Sacerdoti, è anche la Lettera che a voi scrivo e invio il Giovedi Santo ogni anno. E' bello quest'oggi ripensare insieme al dono del sacerdozio, che ci accomuna tutti nel vincolo del sacramento dell'Ordine.

Chi è il sacerdote? Che cos'è il sacerdozio? Il sacerdozio è una vocazione. Nessuno si attribuisce questa dignità, ma soltanto colui che è chiamato da Dio. Lo pone bene in luce l'Autore della Lettera agli Ebrei quando afferma che la vocazione divina al sacerdozio non riguarda soltanto i sacerdoti dell'Antico Testamento, ma prima di tutto Cristo stesso, il Figlio consostanziale al Padre, istituito sacerdote secondo l'ordine di Melchisedek, unico sacerdote "per sempre" della nuova ed eterna Alleanza. In questa vocazione del Figlio al sacerdozio si esprime una dimensione del mistero trinitario.

Allo stesso tempo il sacerdozio di Cristo costituisce una conseguenza dell'Incarnazione. Nascendo da Maria, l'eterno unigenito Figlio di Dio entra nell'ordine della creazione. Diventa sacerdote, l'unico sacerdote, e per questo coloro che nella Chiesa della Nuova Alleanza hanno il sacerdozio sacramentale partecipano al suo unico sacerdozio.

Il sacerdozio è un dono. Dice la Bibbia: "Nessuno può attribuirsi questo onore, se non chi è chiamato da Dio" (
He 5,4).

Il sacerdozio è punto nevralgico dell'intera vita e missione della Chiesa.

Il sacerdozio è un mistero, che supera l'uomo. Di fronte a tale realtà bisogna ripetere con san Paolo: "sono imperscrutabili i giudizi e inaccessibili le vie di Dio!" (cfr. Rm 11,33).

1839
3. Il prossimo 1 novembre entrero nel cinquantesimo anno del mio sacerdozio.

Pensando alla storia della mia vocazione, debbo confidare che essa fu una vocazione "adulta", benché, in un certo senso, preannunziata nel periodo dell'adolescenza. Dopo l'esame di maturità al Liceo Ginnasio di Wadowice, nel 1938 iniziai a studiare filologia polacca all'Università Iagellonica di Cracovia, il che corrispondeva ai miei interessi e alle mie predilezioni di allora. Ma tali studi furono interrotti dalla seconda guerra mondiale, nel settembre del 1939. Dal settembre del 1940 cominciai a lavorare, prima in una cava di pietra e poi nella fabbrica Solvay. La vocazione sacerdotale maturo in me proprio in quella difficile situazione. Maturo tra le sofferenze della mia Nazione, maturo nel lavoro fisico, tra gli operai, maturo anche grazie alla direzione spirituale di vari sacerdoti, specialmente del mio confessore. Nell'ottobre del 1942 mi presentai al Seminario Maggiore di Cracovia e vi fui ammesso. Da quel momento, pur continuando a lavorare come operaio nella fabbrica Solvay, divenni uno studente clandestino della Facoltà di Teologia all'Università Iagellonica, e venni annoverato tra gli alunni del Seminario Maggiore di Cracovia. Ricevetti l'ordinazione sacerdotale il 1 novembre 1946 dalle mani del Cardinale Adam Stefan Sapieha, nella sua cappella privata.

1840
4. Il sacerdote è l'uomo dell'Eucaristia. Nell'arco di quasi cinquant'anni di sacerdozio ciò che per me continua ad essere il momento più importante e più sacro è la celebrazione dell'Eucaristia. E' dominante in me la consapevolezza di celebrare all'altare in persona Christi. Mai nel corso di questi anni ho lasciato la celebrazione del Santissimo Sacrificio. Se ciò è accaduto, è stato soltanto per motivi indipendenti dalla mia volontà. La Santa Messa è in modo assoluto il centro della mia vita e di ogni mia giornata. Essa si trova al centro della teologia del sacerdozio, una teologia che ho appreso non tanto dai libri di testo quanto da vivi modelli di santi sacerdoti. Anzitutto dal Santo Parroco d'Ars, Giovanni Maria Vianney. Ancor oggi ne ricordo la biografia scritta da P. Trochu, che letteralmente mi sconvolse. Faccio il nome del Parroco d'Ars, ma non è il solo modello di sacerdote che mi abbia colpito. Vi sono stati altri santi sacerdoti che ho ammirato, avendoli conosciuti sia attraverso le loro agiografie sia dal vivo, perché contemporanei. Guardavo ad essi e da loro imparavo che cosa è il sacerdozio, sia come vocazione che come ministero.

1841
5. Il sacerdote è uomo di preghiera. "Vi nutro di ciò di cui io stesso vivo" - diceva sant'Anselmo. Le verità annunziate devono essere scoperte e fatte proprie nell'intimità della preghiera e della meditazione. Il nostro ministero della parola consiste nel manifestare ciò che prima è stato preparato nella preghiera.

Tuttavia questa non è l'unica dimensione della preghiera sacerdotale.

Poiché il sacerdote è mediatore tra Dio e gli uomini, molti uomini si rivolgono a lui chiedendo preghiere. La preghiera dunque, in un certo senso, "crea" il sacerdote, specialmente come pastore. E allo stesso tempo ogni sacerdote "crea se stesso" costantemente grazie alla preghiera. Penso alla stupenda preghiera del Breviario, Officium divinum, nella quale la Chiesa intera con le labbra dei suoi ministri prega insieme a Cristo; penso al gran numero di domande, di intenzioni di preghiera, presentateci costantemente da varie persone. Io prendo nota delle intenzioni che mi vengono indicate da persone di tutto il mondo e le conservo nella mia cappella sull'inginocchiatoio, perché siano in ogni momento presenti nella mia coscienza, anche quando non possono essere letteralmente ripetute ogni giorno. Rimangono li e si può dire che il Signore Gesù le conosce, perché si trovano tra gli appunti sull'inginocchiatoio e anche nel mio cuore.

1842
6. Essere sacerdoti oggi. Il tema dell'identità sacerdotale è sempre attuale, perché si tratta del nostro "essere noi stessi". Durante il Concilio Vaticano II e subito dopo se ne è parlato molto. Tale problema ebbe origine probabilmente da una certa crisi della pastorale, di fronte alla laicizzazione e all'abbandono della pratica religiosa. I sacerdoti cominciarono a porsi la domanda: c'è ancora bisogno di noi? E in non pochi sacerdoti apparvero sintomi di una certa perdita della propria identità.

Sin dall'inizio il sacerdote, come scrive l'Autore della Lettera agli Ebrei, è "scelto fra gli uomini e costituito per il bene degli uomini nelle cose che riguardano Dio" (cfr.
He 5,1). Ecco la migliore definizione dell'identità del sacerdote. Ogni sacerdote, secondo i doni a lui elargiti dal Creatore, può servire in vari modi Dio e raggiungere con il suo ministero sacerdotale vari settori della vita umana, avvicinandoli a Dio. Egli resta, pero, e deve restare un uomo scelto fra gli altri e "costituito per il bene degli uomini nelle cose che riguardano Dio".

L'identità sacerdotale è importante per il presbitero; è importante per la sua testimonianza davanti agli uomini, che in lui non cercano altro se non il sacerdote: un vero homo Dei, che ami la Chiesa come sua Sposa; che sia per i fedeli testimone dell'Assoluto di Dio e delle realtà invisibili; che sia un uomo di preghiera e, grazie a questa, un vero maestro, una guida e un amico. Davanti ad un sacerdote così, è più facile per i credenti inginocchiarsi e confessare i propri peccati; è più facile per loro, quando partecipano alla Santa Messa, prendere coscienza dell'unzione dello Spirito Santo, concessa alle mani ed al cuore del sacerdote mediante il sacramento dell'Ordine.

L'identità sacerdotale è questione di fedeltà a Cristo e al popolo di Dio, al quale siamo inviati. Non è soltanto qualcosa di intimo, che riguarda l'autocoscienza sacerdotale. E' una realtà che viene costantamente esaminata e verificata da parte degli uomini, perché il sacerdote, "scelto fra gli uomini, viene costituito per il bene degli uomini nelle cose che riguardano Dio".

1843
7. Ma come può un prete realizzare appieno questa sua vocazione? Il segreto, cari Sacerdoti, lo conoscete bene: è confidare nel sostegno divino e tendere costantemente alla santità. Vorrei questa sera augurare a ciascuno di voi "la grazia di rinnovare ogni giorno il dono di Dio ricevuto con l'imposizione delle mani (cfr.
2Tm 1,6), di sentire il conforto della profonda amicizia che vi lega a Cristo e vi unisce tra voi, di sperimentare la gioia della crescita del gregge di Dio verso un amore sempre più grande a Lui e ad ogni uomo, di coltivare la rasserenante persuasione che Colui che ha iniziato in voi quest'opera la porterà a compimento fino al giorno di Cristo Gesù (cfr. Ph 1,6)" (Esortazione apostolica post-sinodale PDV 82).

Vi sostenga, col suo esempio e la sua intercessione, Maria Santissima, Maria Madre dei sacerdoti.

(Al termine del discorso il Papa, dopo aver impartito la Benedizione Apostolica, ha aggiunto:] Grazie, grazie di cuore. Mi congratulo con la Congregazione per il Clero, con il Cardinale Sanchez, che è in ospedale, con Monsignor Sepe, per il modo che hanno trovato per presentare il Decreto conciliare "Presbyterorum Ordinis": veramente un modo persuasivo, perché pieno di allegria. E così deve essere il sacerdozio, una vocazione anche all'allegria, non superficiale ma profonda. Grazie a tutti ancora.

Forse in italiano non si dovrebbe dire allegria, ma gioia. Io preferisco sempre allegria. Arrivederci!

Data: 1995-10-27 Data estesa: Venerdi 27 Ottobre 1995

Udienza: il discorso del Papa all'Assemblea Plenaria del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti - Sala del Concistoro, Città del Vaticano

Titolo: La crescente disparità economica esistente fra i popoli in via di sviluppo e quelli industrializzati tende a riprodurdi all'interno delle singole nazioni

Signori Cardinali, Venerati Fratelli nell'episcopato e nel sacerdozio, Carissimi Fratelli e Sorelle!

1844
1. Vi accolgo con gioia e tutti cordialmente saluto a conclusione della riunione plenaria del Pontificio Consiglio della Pastorale dei Migranti e degli Itineranti.

Ringrazio, in particolare, il Presidente del Pontificio Consiglio, l'Arcivescovo Mons. Giovanni Cheli, per le appropriate parole con cui ha interpretato i sentimenti di tutti.

E' stata vostra cura in questi giorni riflettere sui problemi delle "persone in situazione precaria nella mobilità umana" e sulle "implicazioni pastorali" che ne derivano. Vi siete perciò soffermati ad analizzare questa realtà drammatica e sempre più estesa, che comprende migranti disoccupati, ansiosi per l'avvenire delle loro famiglie; migranti in situazioni irregolari, che, spaesati e rifiutati, vivono di espedienti senza il supporto di un'autorità attendibile a cui rivolgersi; rifugiati che, perseguitati nei loro paesi, stentano ad ottenere la necessaria protezione prevista dalle convenzioni internazionali; marittimi costretti a fare lunghi lavori straordinari per poter pagare con i loro magri guadagni reclutatori esosi e senza scrupoli; donne che, lusingate da prospettive di successo da parte di inaffidabili agenzie di espatrio, si ritrovano poi vittime di sfruttamento sulla via del disonore; bambini la cui assistenza sanitaria e scolastica risulta del tutto insufficiente ed incerta; ed ancora bambini fatti oggetto di turpe commercio da parte di chi va a caccia, in paesi esotici, di avventure con cui rompere la noia di una vita svuotata dal vizio; anziani che, rimasti soli, sono condannati a trascorrere gli ultimi giorni nell'isolamento e in condizioni abitative del tutto inadeguate; nomadi che si ritrovano ai margini della società perché la loro presenza nella città stride con il silenzio che spesso si cerca di stendere sulle loro condizioni di disagio. E come non pensare poi a bambini, donne, anziani che languiscono nei campi profughi in attesa di finire la loro odissea e di ritornare nei loro paesi di origine per condurre una vita normale in una prospettiva di sicurezza e di pace?

1845
2. Oggi, purtroppo, il già difficile cammino del migrante va subendo un ritardo che accentua la sua emarginazione e la sua esclusione. La stessa crescente disparità economica, esistente fra i popoli in via di sviluppo e quelli industrializzati, tende a riprodursi all'interno delle singole nazioni. Le migrazioni, che un tempo erano viste come fattore di sviluppo economico, sociale e culturale per la nazione ospite, oggi sono sentite sempre più come un peso, un disturbo, un problema. Oggettive difficoltà ingenerano talora un clima di diffidenza, di sospetto e di ostilità nei confronti dei migranti.

Certo, i cittadini di ogni paese hanno il diritto di vivere nella tranquillità, nel rispetto reciproco, nella pace. E' interesse innanzitutto dei migranti impegnarsi al rispetto degli ordinamenti che regolano la vita delle società che li accolgono. Talvolta si verificano episodi di intolleranza, nei quali è doveroso riconoscere effettive responsabilità dei migranti stessi, rei di comportamenti scorretti. E' giusto che lo Stato intervenga allora per ristabilire e tutelare l'ordine pubblico. La considerazione, tuttavia, delle situazioni di precarietà e di miseria, in cui versano molti di loro, deve indurre il cristiano a farsi carico di questi esseri umani senza lavoro, senza casa, senza protezione, che attendono da chi sta meglio comprensione ed aiuto.

Non ci si può limitare a porre in evidenza i problemi che la loro presenza suscita, né soltanto esigere che essi si adattino alla vita delle società di arrivo senza contemporaneamente rispettare i loro diritti. La lotta contro il razzismo ha un senso ed una prospettiva di successo, se si accetta il principio dell'uguaglianza in tutti i campi, consapevoli che l'integrazione coinvolge la società nel suo insieme. E' infatti un processo comune che interessa sia i migranti che i residenti, e che sarà tanto più spedito ed agevole quanto più positiva sarà l'immagine che i gruppi stranieri offriranno di se stessi. E' chiaro che, in questo, i mezzi di comunicazione hanno un grande ruolo ed una grave responsabilità.

1846
3. Carissimi Fratelli e Sorelle! Con profonda sensibilità pastorale ed umana molte Comunità diocesane, attivando istituzioni ecclesiali, quali la Caritas, l'Azione Cattolica e numerose associazioni di volontariato cattolico, hanno imboccato con decisione la strada della solidarietà e della pacificazione delle etnie, creando strutture di accoglienza e facendosi voce dei deboli per difenderne la dignità e i diritti.

E' lo Spirito che parla alle Chiese, suscitando iniziative con cui fare fronte alle esigenze sempre nuove che il variare delle situazioni produce. Anche molte parrocchie hanno trovato nell'impegno per i diseredati una via di autentico rinnovamento.

Sulle strade della mobilità umana, dove si incontrano spesso forme di ingiustizia e di violenza, e dove molti "passano oltre", chiusi nei loro interessi ed assorbiti dai loro compiti particolari, come il sacerdote ed il levita della parabola, la Chiesa sa di dover assumere sempre più integralmente il ruolo del buon Samaritano, facendosi "prossimo" di tutti gli esclusi (cfr.
Lc 10,30-37).

Il senso umanitario verso l'uomo bisognoso si esprime oggi in forme certo più vaste e più organizzate che nei tempi passati, e la Comunità ecclesiale entra volentieri in collaborazione con quanti sono mossi da sentimenti di autentico altruismo. Ma a questo impegno umanitario il cristiano deve aggiungere l'elemento specifico che lo caratterizza: la testimonianza e la passione per l'inalienabile dignità dell'uomo, redento da Cristo.

I credenti testimoniano così nei fatti che la buona Novella non si esaurisce nella proclamazione di verità astratte, ma si concretizza nella carità, capace di assumere anche la forma dell'impegno contro le ingiustizie presenti nel mondo. Compito, questo, che non si riduce ad una delega data alle benemerite istituzioni assistenziali, ma porta il segno del contributo personale di quanti si dicono e vogliono essere autenticamente cristiani. Ecco il senso della specificità cristiana dell'opzione per i poveri: vivere la "compassione" (cfr. Lc 10,33) evangelica nei confronti di quanti sono nel bisogno, senza tener conto della loro nazionalità, religione e classe sociale.

1847
4. "Nella Chiesa nessuno è straniero e la Chiesa non è straniera a nessun uomo", ricordavo di recente nel Messaggio per la Giornata Mondiale del Migrante (cfr. L'Osservatore Romano, 6 settembre 1995, p.6). Coerentemente con questo principio la Chiesa mai cesserà di combattere l'emarginazione e l'esclusione. In particolare, essa si batte per la salvaguardia del principio d'uguaglianza e contro ogni forma di discriminazione e di emarginazione.

Carissimi, grazie per quel che voi già fate in questo campo. Continuate con rinnovato impegno questo vostro servizio in un settore tra i più significativi e promettenti dell'azione sociale e pastorale della Chiesa.

Il Signore benedica il vostro lavoro e fecondi con la sua grazia i propositi maturati in questi giorni. A ciascuno di voi, come a tutti gli operatori pastorali che si prodigano per le persone costrette a vivere nelle diverse forme della mobilità umana, imparto volentieri la Benedizione Apostolica, auspicio di un sempre più generoso sforzo di evangelizzazione e di promozione umana.

Data: 1995-10-27 Data estesa: Venerdi 27 Ottobre 1995


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