GPII 1995 Insegnamenti 1917

Angelus: Giovanni Paolo II guida la rilettura del Concilio Vaticano II a trent'anni dalla conclusione - Piazza San Pietro, Città del Vaticano

Titolo: La Liturgia suppone nei cristiani un incessante cammino di conversione e di formazione, di coerenza e di testimonianza

Carissimi Fratelli e Sorelle!

1918
1. E' ancora ben viva nella memoria la grande impressione suscitata dalle innovazioni liturgiche introdotte dal Concilio. Fu proprio attraverso la riforma dei riti che molti - cristiani e non - ebbero il primo impatto coll'aggiornamento conciliare.

La Costituzione "Sacrosanctum Concilium" sulla Liturgia, approvata il 4 dicembre 1963, fu in certo senso la "primizia" del Vaticano II. Ben più che provvedere a una semplice riforma esteriore del culto, essa volle infondere nella comunità cristiana una nuova consapevolezza della Liturgia, quale "culmine verso cui tende l'azione della Chiesa e, insieme, fonte da cui promana tutto il suo vigore" (
SC 10).

Certamente - come lo stesso Concilio ricordava - la Liturgia non è tutto (cfr. SC 9). Essa si inquadra tra le molteplici dimensioni della vita ecclesiale, mentre nei cristiani suppone ed esige un incessante cammino di conversione e di formazione, di coerenza e di testimonianza. Ma dentro queste coordinate, personali e comunitarie, non si può non riconoscere alla Liturgia un valore veramente centrale.

1919
2. Il motivo di tale centralità è ben illustrato dalla Costituzione, che lo pone nell'orizzonte della storia della salvezza. Di fronte alle molteplici forme di preghiera, quella liturgica ha uno statuto tutto suo, non solo perché è la preghiera pubblica della Chiesa, ma soprattutto perché è vera attualizzazione, e in certo senso continuazione, attraverso i segni, delle meraviglie operate da Dio per la salvezza dell'uomo. Ciò è vero particolarmente nei sacramenti, e in modo specialissimo nell'Eucaristia, dove Cristo stesso si rende presente come Sommo Sacerdote e Vittima della Nuova Alleanza. Ciò che una volta per sempre è avvenuto nella sua morte e risurrezione, è sacramentalmente ripresentato e rivissuto nel rito. In tal modo la Chiesa che celebra si fa destinataria e veicolo di grazia, e quanti si accostano con le debite disposizioni ai sacramenti ne ricevono frutti di santificazione e di salvezza.

Davvero sapienti furono le indicazioni del Concilio per rendere la Liturgia sempre più significativa ed efficace, adeguando i riti al loro senso dottrinale, infondendo rinnovato vigore alla proclamazione della Parola di Dio, incoraggiando una più attiva partecipazione dei fedeli e promuovendo quelle diverse forme di ministerialità, che mentre esprimono la ricchezza dei carismi e dei servizi ecclesiali, mostrano in modo eloquente come la Liturgia sia insieme atto di Cristo e della Chiesa. Decisivo fu anche l'impulso ad adattare i riti alle diverse lingue e culture, sicché la Chiesa possa esprimere compiutamente, anche nella Liturgia, il suo carattere universale. Con tali innovazioni la Chiesa non si staccava dalla sua tradizione, ma al contrario ne interpretava pienamente le ricchezze e le esigenze.

1920
3. Guardiamo alla Vergine Santa, che visse alle sorgenti stesse della Nuova Alleanza, partecipando al culto nuovo, "in spirito e verità" (
Jn 4,23). Ci aiuti Maria a vivere la Liturgia in tutto il suo significato, in sintonia con la Liturgia celeste. Ci spinga soprattutto a celebrarla con partecipazione interiore, perché ne risulti illuminata di santità la nostra esistenza e trasfigurato il volto di tutta la Chiesa.

(Giovanni Paolo II ha poi ricordato le esecuzioni capitali perpetrate in Nigeria:] Ci giunge la dolorosa notizia di esecuzioni capitali avvenute lo scorso venerdi in Nigeria.

Particolarmente vicino a tutti coloro che sono nel dolore, prego Iddio di ispirare i responsabili della nazione nigeriana perché guidino il loro Paese attraverso scelte atte a favorire il dialogo rispettoso e la giustizia, al fine di costruire una vita comune sempre più armoniosa.

(Promossa dalla Confederazione dei Coltivatori Diretti, si è celebrata domenica 12 la Giornata del Ringraziamento. Ai numerosi coltivatori diretti riuniti sul sagrato della Concattedrale di Taranto, collegati con Piazza San Pietro, il Papa ha rivolto il seguente saluto:] Si celebra quest'oggi in Italia la Giornata del Ringraziamento, promossa dalla Confederazione dei Coltivatori Diretti. Saluto con affetto tutti coloro che lavorano la terra ed in particolare le tante famiglie rurali che soffrono le conseguenze di recenti calamità naturali, auspicando che possano presto riprendere, con l'aiuto delle istituzioni e della solidarietà di tutti, una serena e proficua attività lavorativa.

Un pensiero speciale rivolgo ai numerosi coltivatori diretti riuniti sul sagrato della Concattedrale di Taranto, dove si è da poco conclusa la celebrazione nazionale. Carissimi Fratelli e Sorelle, mi unisco a voi nel ringraziare il Signore per i frutti della terra: quanto è necessario rendere grazie a Dio per questi suoi doni! E quanto è importante il lavoro agricolo per lo sviluppo armonico della società! Far fruttare la terra risponde al disegno divino della creazione. Oggi più che mai si deve prestare attenzione e cura perché il lavoro dei campi sia sostenuto e valorizzato adeguatamente. Questo nell'interesse di tutta l'umanità che, anche mediante una fattiva cooperazione in tale settore, può debellare efficacemente la fame e la povertà nel mondo. Non mancano in tal senso ottime iniziative, che vanno incoraggiate ed aiutate: esse possono contribuire ad arginare pure il grave fenomeno della disoccupazione, che colpisce soprattutto i giovani. Cari coltivatori, a tutti voi il mio saluto e la mia benedizione! (In Piazza San Pietro sono convenuti inoltre il gruppo di catechiste della parrocchia di Garda, in diocesi di Verona, ed i pellegrini della diocesi di Orvieto-Todi, guidati dal Vescovo Decio Lucio Grandoni. Queste le parole rivolte loro dal Santo Padre:] Saluto ora il gruppo di catechiste della parrocchia di Garda (Verona); e sono lieto di dare il benvenuto ai pellegrini della Diocesi di Orvieto-Todi, guidati dal loro Vescovo. Carissimi, san Martino Primo, papa e martire, che oggi in modo particolare venerate perché nativo di Todi, ottenga dal Signore che il prossimo Sinodo della vostra diocesi costituisca un'occasione di profonda comunione ecclesiale e apporti abbondanti frutti di bene per l'intera comunità.

(Ai pellegrini presenti in Piazza San Pietro:] Non so se tutti i romani, e specialmente i pellegrini, sanno che cosa è la chiesa dei Frisoni. E' una chiesa molto vicina a questa Casa, alla Basilica di San Pietro. Oggi ho avuto la gioia di poter celebrare in questa chiesa la Santissima Eucaristia, dedicando a Dio il nuovo altare della chiesa dei Frisoni, o chiesa degli Olandesi. Che il Signore benedica tutti i fedeli di quel Paese, dell'Olanda, delle Fiandre, della terra frisona, dovunque sono nel mondo.

Auguro a tutti i romani e ai pellegrini una buona domenica e una buona settimana.

Data: 1995-11-12 Data estesa: Domenica 12 Novembre 1995

Visita pastorale: l'omelia del Papa durante la Concelebrazione Eucaristica nella chiesa dei Santi Michele e Magno - Roma

Titolo: Ogni chiesa è come un "nido spirituale" dove nascono le nuove generazioni dei figli di Dio



1921
1. "I veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità" (
Jn 4,23).

Le parole del Vangelo di san Giovanni, che oggi abbiamo ascoltato nella splendida cornice di questo tempio frequentato dalla Comunità olandese in Roma - l'antica "chiesa dei Frisoni" -, costituiscono il vertice della stupenda teologia dell'altare e del tempio, che ci viene presentata dall'odierna Liturgia della Parola.

La prima Lettura, tratta dal Libro della Genesi, in qualche modo ci introduce alla comprensione della solenne liturgia di consacrazione dell'altare, che stiamo celebrando. La seconda Lettura, presa dagli Atti degli Apostoli, mostra il valore del tempio per la prima generazione dei cristiani.

1922
2. Iniziamo dal Libro della Genesi. Giacobbe, figlio di Isacco, nipote di Abramo, vede in sogno una meravigliosa scala che è poggiata per terra, ma con la cima raggiunge il cielo. Il santo patriarca contempla gli angeli di Dio mentre scendono e salgono sulla scala e ode nel sogno le parole con le quali il Dio dei suoi padri, Abramo ed Isacco, rinnova e conferma l'alleanza stretta con il capostipite del popolo eletto: "Per te e per la tua discendenza" (
Gn 28,14). Attraverso queste parole Dio rinnova il dono della terra promessa a Giacobbe e alla sua progenie, annunziando che questa sarà numerosa come la polvere della terra ed estenderà a tutte le genti la benedizione divina.

1923
3. Viene l'alba e Giacobbe si sveglia dal sonno, consapevole dell'accaduto: "Certo, il Signore è in questo luogo e io non lo sapevo" (
Gn 28,16); e, preso dalla paura, aggiunge: "Quanto è terribile questo luogo! Questa è proprio la casa di Dio, questa è la porta del cielo" (Gn 28,17). Come memoriale della rivelazione ricevuta, Giacobbe erige la pietra dove aveva posato il capo durante la notte e vi versa sopra dell'olio.

Si può dire, carissimi Fratelli e Sorelle, che in tal modo egli compie l'unzione di una pietra d'altare, come oggi il Vescovo di Roma unge l'altare della vostra chiesa. L'unzione rimanda alla presenza e all'azione dello Spirito Santo: è, infatti, in virtù di tale azione liturgica che si attua il "meraviglioso scambio" tra cielo e terra. Quello stesso scambio che viene rappresentato nel sogno di Giacobbe dagli angeli di Dio che scendono e salgono lungo la scala posta tra cielo e terra.

Admirabile commercium, "meraviglioso scambio": scambio di preghiera, di attesa, di promessa e di compimento. Questo compimento è Cristo. In Lui, infatti, si realizza perfettamente e totalmente quell'admi- rabile commercium che viene annunziato dall'antifona della Liturgia delle Ore nel primo giorno dell'anno: "O admirabile commercium, Creator generis humani, animatum corpus sumens, ex Virgine nasci dignatus est".

Il sogno di Giacobbe è profetico, poiché egli vede in esso il compimento della promessa fatta da Dio ad Abramo; e il centro di tale promessa è Cristo, sacerdote e vittima sacrificale. Per mezzo di Lui, infatti, i veri adoratori di Dio adorano il Padre "in spirito e verità" (Jn 4,23). Del resto, Gesù non aveva forse parlato di sé come di un tempio? Non aveva Egli detto: "Distruggete questo tempio e in tre giorni lo faro risorgere"? (Jn 2,19). Cristo crocifisso e risorto è perciò il definitivo compimento della profezia rivelata a Giacobbe. Egli non è soltanto il sacerdote e la vittima; è contemporaneamente il tempio e l'altare.

Possano tutti coloro che celebreranno il santissimo Sacrificio sull'altare di questa bella chiesa avere una profonda consapevolezza della presenza di Cristo.

1924
4. A questa viva coscienza di fede ci richiama anche il colloquio tra Cristo e la Samaritana, descritto nel racconto evangelico. La donna, dopo aver ascoltato dalla bocca di Gesù la verità circa la propria vita, esclama: "Signore, vedo che tu sei un profeta". Ed aggiunge: "I nostri padri hanno adorato Dio sopra questo monte e voi dite che è Gerusalemme il luogo in cui bisogna adorare". Gesù le risponde: "Credimi, donna, è giunto il momento in cui né su questo monte, né in Gerusalemme adorerete il Padre... Ma è giunto il momento, ed è questo, in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità; perché il Padre cerca tali adoratori. Dio è spirito, e quelli che lo adorano devono adorarlo in spirito e verità" (
Jn 4,19-24).

Queste parole di Gesù, rivolte alla Samaritana, costituiscono un'ulteriore rivelazione riguardante la teologia del tempio. Il mistero del tempio e dell'altare si compie in Cristo, al di là del culto dell'Antica Alleanza, perché Cristo è "tempio dello Spirito e della verità", tempio che egli stesso ha costruito mediante l'incarnazione, il mistero pasquale e il dono dello Spirito Santo.

In un certo senso, si può dire che ogni battezzato è questo tempio. San Paolo, consapevole di tale fondamentale verità, scrive: "Non sapete che siete tempio di Dio e che lo Spirito di Dio abita in voi?" (1Co 3,16).

Ma tempio, per opera di Cristo, è ormai tutta la terra. Lo Spirito, infatti, soffia dove vuole e da tutto il creato fa salire un incessante inno di lode a Dio, Creatore e Padre.

1925
5. Come evidenzia il testo degli Atti degli Apostoli oggi proclamato, questa stessa consapevolezza l'ebbero i primi cristiani. La prima comunità apostolica rimase nell'ambito del magnifico tempio di Gerusalemme, pur separandosi da questo per quanto riguarda l'Eucaristia, poiché il tempio dell'Antica Alleanza non era più un luogo adeguato alla celebrazione di così grande mistero. I discepoli di Cristo cominciarono a radunarsi nelle loro case, e queste costituirono l'inizio dei templi e delle chiese cristiane, che gradatamente si diffusero in tutto il mondo come luoghi propri dell'assemblea eucaristica.

Anche questo vostro tempio è frutto dell'originale tradizione di Gerusalemme. I più antichi templi romani ricordano le chiese domestiche, dove i credenti si riunivano per celebrare l'Eucaristia e perseverare nell'insegnamento degli Apostoli. Oggi questi luoghi sono dappertutto. Accanto a magnifiche basiliche, cattedrali e collegiate, continuano a sorgere nuovi luoghi di preghiera. Comune denominatore di tutti questi luoghi è il "culto in Spirito e verità", la cui pietra angolare è Cristo crocifisso e risorto.

In occasione dell'odierna visita alla bella e famosa "chiesa dei Frisoni", strettamente collegata con la Basilica Vaticana a cui appartiene, auguro alla vostra illustre comunità neerlandese che questo altare restaurato possa costituire per le future generazioni degli Olandesi, presenti in Roma, il luogo prediletto dove si adora Dio in Spirito e verità.

1926
6. Ed in tale contesto spirituale, sono particolarmente lieto di concelebrare questa santa Messa con numerosi Fratelli nell'episcopato, che saluto tutti con affetto. Saluto in modo speciale i Signori Cardinali e i Vescovi di origine olandese e fiamminga: il Cardinale Willebrands, il Cardinale Simonis, che ringrazio per le parole rivoltemi all'inizio della celebrazione, il Cardinale Schotte. Sono altresi riconoscente ai Cardinali Noè, Ruini e Cassidy, per la loro presenza.

Saluto, inoltre, il nuovo Rettore del Pontificio Collegio Olandese in Roma e le autorità intervenute, il Signor Ministro degli Affari Esteri del Regno dei Paesi Bassi, il Signor Ambasciatore presso la Santa Sede, il Sindaco di Maastricht, città di san Servazio, il Sindaco dell'Aia e le altre illustri personalità provenienti dall'Olanda, membri del Comitato Ausiliare "Amici della Chiesa dei Frisoni", come pure il Consiglio direttivo del Centro di san Willibrord.

1927
7. Carissimi Fratelli e Sorelle! Chiediamo al Signore che si compia in questo luogo ciò che abbiamo proclamato nel Salmo responsoriale: "Quanto sono amabili le tue dimore, Signore degli eserciti!... Beato chi abita la tua casa: sempre canta le tue lodi! Per me un giorno nei tuoi atri è più che mille altrove" (
Ps 83,2 Ps 83,5 Ps 83,11). Perché tu, Dio, guardi il volto del tuo Consacrato. Qui tu ascolti l'anima che brama Dio, il cuore e la vita che invocano con fede il Dio vivente (cfr. Ps 83,10 Ps 83,3).

Una chiesa è, infatti, come un "nido spirituale", dove nascono le nuove generazioni dei figli di Dio. E' la soglia della casa di Dio stesso, nella quale l'uomo desidera abitare nei secoli. Davvero "per me un giorno nei tuoi atri (o Dio) è più che mille altrove" (Ps 83,11).

Così sia per tutti coloro che verranno a sostare in preghiera in questa chiesa e presso questo altare! Amen!

Data: 1995-11-12 Data estesa: Domenica 12 Novembre 1995

Lettera Apostolica del Santo Padre Giovanni Paolo II per il quarto centenario dell'Unione di Brest

LETTERA APOSTOLICA DEL SANTO PADRE GIOVANNI PAOLO II PER IL QUARTO CENTENARIO DELL'UNIONE DI BREST Carissimi Fratelli e Sorelle!

1928
1. Si fa vicino il giorno nel quale la Chiesa greco-cattolica di Ucraina celebrerà il quarto centenario dell'unione tra i Vescovi della Metropolia della Rus' di Kiev e la Sede Apostolica. L'unione fu attuata nell'incontro dei rappresentanti della Metropolia di Kiev con il Papa, che ebbe luogo il 23 dicembre 1595 e venne solennemente proclamata a Brest-Litovsk sul fiume Bug il 16 ottobre 1596. Papa Clemente VIII, con la Costituzione apostolica Magnus Dominus et laudabilis nimis (cfr. Bullarium Romanum V/2 (1594-1602), 87-92], ne diede l'annuncio alla Chiesa intera e con la Lettera apostolica Benedictus sit Pastor (cfr. A. Welykyj, Documenta Pontificum Romanorum Historiam Ucrainae illustrantia, t. I, p. 257-259] si rivolse ai Vescovi della Metropolia, comunicando loro l'avvenuta unione.

I Papi seguirono con sollecitudine ed affetto il cammino, spesso drammatico e doloroso, di questa Chiesa. Vorrei qui ricordare, in modo particolare, la Lettera enciclica Orientales omnes di Papa Pio XII, il quale, nel dicembre 1945, scrisse parole indimenticabili, per ricordare il 350 anniversario del ristabilimento della piena comunione con la Sede di Roma (cfr. AAS 38 (1946), 33-63].

L'Unione di Brest apri una nuova pagina della storia di quella Chiesa (cfr. Giovanni Paolo II, Lettera al Cardinale Myroslav I. Lubachivsky Arcivescovo Maggiore di Lviv degli Ucraini (25 marzo 1995), 3: L'Osservatore Romano 5 maggio 1995, p. 6]. Oggi essa vuole cantare con gioia l'inno di ringraziamento e di lode a Colui che, ancora una volta, l'ha riportata dalla morte alla vita e rimettersi in cammino con slancio rinnovato sulla strada segnata dal Concilio Vaticano II. Ai fedeli della Chiesa greco-cattolica ucraina si uniscono, nell'azione di grazie e nella supplica, le Chiese greco-cattoliche dell'emigrazione che si richiamano all'Unione di Brest, insieme con le altre Chiese orientali cattoliche e con tutta la Chiesa. Ai cattolici di tradizione bizantina di quelle terre voglio unirmi anch'io, Vescovo di Roma, che per tanti anni, al tempo del mio ministero pastorale in Polonia, ho sentito la vicinanza fisica, oltre che spirituale, con quella Chiesa allora così duramente provata e che, dopo la mia elezione alla Sede di Pietro, ho avvertito pressante il dovere, in continuità con i miei Predecessori, di levare la voce per difendere il suo diritto all'esistenza ed alla libera professione della fede, quando entrambe le erano negate. Ora ho il privilegio di celebrare assieme ad essa con commozione i giorni della riacquistata libertà.

Alla ricerca dell'unità

1929
2. Le celebrazioni dell'Unione di Brest vanno collocate nel contesto del Millennio del Battesimo della Rus'. Sette anni fa, nel 1988, quell'evento fu celebrato con grande solennità. Per l'occasione pubblicai due documenti: la Lettera apostolica Euntes in mundum, del 25 gennaio 1988 (cfr. AAS 80 (1988), 935-956], per l'intera Chiesa, e il Messaggio Magnum Baptismi donum, del 14 febbraio dello stesso anno (cfr. ibid., 988-997], indirizzato ai cattolici ucraini. Si trattava infatti di celebrare un momento fondamentale per l'identità cristiana e culturale di quei popoli, con un valore del tutto particolare derivante dal fatto che le Chiese di tradizione bizantina e la Chiesa di Roma vivevano ancora in piena comunione.

Dal tempo della divisione che feri l'unità fra Occidente ed Oriente bizantino, furono frequenti ed intensi gli sforzi per ricostituire la comunione piena. Voglio ricordare due avvenimenti particolarmente significativi: il Concilio di Lione nel 1274 e soprattutto il Concilio di Firenze nel 1439, quando furono sottoscritti protocolli d'unione con le Chiese Orientali. Purtroppo, varie cause impedirono che le potenzialità contenute in tali accordi portassero il frutto sperato.

I Vescovi della Metropolia di Kiev, nel ristabilire la comunione con Roma, si riferirono esplicitamente alle decisioni del Concilio di Firenze, dunque ad un Concilio che aveva la partecipazione diretta, fra gli altri, dei rappresentanti del Patriarcato di Costantinopoli.

In questo contesto, risplende la figura del metropolita Isidoro di Kiev che, fedele interprete ed assertore delle decisioni di quel Concilio, ebbe a sopportare l'esilio per le sue convinzioni.

Nei Vescovi che promossero l'unione e nella loro Chiesa rimaneva molto viva la coscienza dello stretto legame originario con i loro fratelli ortodossi, oltreché la consapevolezza piena dell'identità orientale della loro Metropolia, da salvaguardare anche dopo l'unione. Nella storia della Chiesa cattolica è di grande valore il fatto che tale giusto desiderio sia stato rispettato e che l'atto di unione non abbia significato il passaggio alla tradizione latina, come pure alcuni pensavano dovesse avvenire: la loro Chiesa vide riconosciuto il diritto di essere governata da una propria gerarchia con una specifica disciplina e di mantenere il patrimonio liturgico e spirituale orientali.

Tra persecuzione e fioritura

1930
3. Dopo l'unione, la Chiesa greco-cattolica ucraina visse un periodo di fioritura delle strutture ecclesiastiche, con riflessi benefici sulla vita religiosa, sulla formazione del clero, sull'impegno spirituale dei fedeli. Grande importanza fu attribuita, con notevole lungimiranza, all'educazione. Con il prezioso contributo dell'Ordine basiliano e di altre Congregazioni religiose, mirabile incremento fu dato allo studio delle discipline sacre e della cultura patria. Nel secolo attuale, una figura di straordinario prestigio fu, in questo senso oltre che nella testimonianza della sofferenza patita per Cristo, il metropolita Andrea Szeptyckyj, che alla preparazione ed alla finezza spirituale della persona, seppe unire eccellenti doti di organizzatore, fondando scuole e accademie, sostenendo gli studi teologici e le scienze umane, la stampa, l'arte sacra, la custodia delle memorie.

Eppure, tanta vitalità ecclesiale fu sempre percorsa dal dramma dell'incomprensione e dell'opposizione. Ne fu vittima illustre l'arcivescovo di Polock e Vitebsk, Giosafat Kuncevyc, il cui martirio fu coronato con l'immarcescibile corona della gloria eterna. Ora il suo corpo riposa nella Basilica vaticana, ove di continuo riceve l'omaggio commosso e grato di tutta la cattolicità.

Le difficoltà e i travagli si ripeterono senza sosta. Pio XII li ha ricordati nella Lettera enciclica Orientales omnes, nella quale, dopo essersi soffermato sulle persecuzioni precedenti, già presagisce quella drammatica del regime ateistico (cfr. AAS 38 (1946), 54-57. Quei timori avrebbero trovato angosciante conferma alcuni anni dopo, come il medesimo Pontefice puntualmente rilevava nell'Ep. enc. Orientales Ecclesias (15 dicembre 1952): AAS 45 (1953), 7-10].

Tra gli eroici testimoni non solo dei diritti della fede, ma anche della coscienza umana, che si distinsero in quegli anni difficili, spicca la figura dell'allora metropolita Josyf Slipyj: il suo coraggio nel sopportare l'esilio e la prigionia per diciotto anni e l'indomita fiducia nella risurrezione della sua Chiesa ne fanno una delle figure più possenti di confessori della fede del nostro tempo. Né vanno dimenticati i suoi numerosi compagni di pena, in particolare i vescovi Gregorio Chomyszyn e Giosafat Kocylowskyj.

Questi tempestosi eventi travolsero la Chiesa nella Madrepatria. Ma già da tempo la Provvidenza divina aveva predisposto che numerosi figli di quella Chiesa potessero trovare una via d'uscita per sé e per il loro popolo: essi, a partire dal secolo XIX, cominciarono infatti a diffondersi numerosi oltre oceano, in flussi migratori che li portarono soprattutto in Canada, negli Stati Uniti d'America, in Brasile, in Argentina e in Australia. La Santa Sede volle essere loro vicina, assistendoli e istituendo per loro strutture pastorali nelle nuove dimore, fino a costituire vere e proprie Eparchie. Nel momento della prova, durante la persecuzione atea nella terra d'origine, la voce di questi credenti poté così levarsi, in piena libertà, con forza e coraggio. Il loro grido rivendico nel forum internazionale il diritto alla libertà religiosa per i fratelli perseguitati, rafforzando in tal modo l'appello che si è levato dal Concilio Vaticano II a favore della libertà religiosa (cfr. Dich. sulla libertà religiosa Dignitatis humanae] e l'azione svolta in questo senso dalla Santa Sede.

1931
4. Alle vittime di tante sofferenze va il ricordo commosso dell'intera Comunità cattolica: i martiri e i confessori della fede della Chiesa in Ucraina ci offrono una stupenda lezione di fedeltà a prezzo della vita. E noi, testimoni privilegiati del loro sacrificio, siamo coscienti che essi hanno contribuito a mantenere nella dignità un mondo che sembrava travolto dalla barbarie. Essi hanno conosciuto la verità, e la verità li ha resi liberi. I cristiani d'Europa e del mondo, chini in preghiera sul limitare dei campi di concentramento e delle prigioni, devono essere riconoscenti per quella loro luce: era la luce di Cristo, che essi hanno fatto risplendere nelle tenebre. Queste, agli occhi del mondo, sono apparse per lunghi anni vincenti, ma non hanno potuto spegnere quella luce, che era luce di Dio e luce dell'uomo offeso ma non piegato.

Tale eredità di sofferenza e di gloria si trova oggi ad una svolta storica: cadute le catene della prigionia, la Chiesa greco-cattolica in Ucraina è tornata a respirare l'aria della libertà ed a riacquistare in pieno il proprio ruolo attivo nella Chiesa e nella storia. Questo compito, delicato e provvidenziale, richiede oggi una riflessione particolare, perché sia svolto con sapienza e lungimiranza.

Sulla scia del Concilio Vaticano II

1932
5. La celebrazione dell'Unione di Brest va vissuta e interpretata alla luce degli insegnamenti del Concilio Vaticano II. E' questo forse l'aspetto più importante per la comprensione della portata di tale ricorrenza.

E' noto che il Concilio Vaticano II si è soffermato a riflettere soprattutto sul mistero della Chiesa, si che uno dei documenti più importanti da esso elaborati è stata la Costituzione Lumen gentium. Proprio in ragione di questo approfondimento, il Concilio riveste una particolare rilevanza ecumenica. Ne è conferma il Decreto Unitatis redintegratio, che elabora un programma molto illuminato circa l'azione da svolgere in vista dell'unità dei cristiani. Su tale programma mi è parso opportuno ritornare, a trent'anni dalla conclusione del Concilio, con la Lettera enciclica Ut unum sint, pubblicata il 25 maggio dell'anno corrente (cfr. L'Osservatore Romano 31 maggio 1995, pp. 1-8]. Essa delinea i passi ecumenici che hanno avuto luogo dopo il Concilio Vaticano II e, allo stesso tempo, nella prospettiva del Terzo Millennio dell'era cristiana, cerca di aprire nuove possibilità per il futuro.

Collocando le celebrazioni del prossimo anno nel contesto della riflessione sulla Chiesa, promossa dal Concilio, mi preme soprattutto di invitare ad approfondire la funzione propria che la Chiesa greco-cattolica ucraina è chiamata a svolgere oggi nel movimento ecumenico.

1933
6. Vi è chi vede nell'esistenza delle Chiese orientali cattoliche una difficoltà per il cammino dell'ecumenismo. Il Concilio Vaticano II non ha omesso di affrontare tale problema, indicandone le prospettive di soluzione sia nel Decreto Unitatis redintegratio sull'ecumenismo, che nel Decreto Orientalium ecclesiarum, ad esse specificamente dedicato. Entrambi i documenti si pongono nella prospettiva del dialogo ecumenico con le Chiese orientali non in piena comunione con la Sede di Roma, in modo che sia valorizzata la ricchezza che le altre Chiese hanno in comune con la Chiesa cattolica e sia fondata su tale ricchezza condivisa la ricerca di una comunione sempre più piena e profonda. Infatti "l'ecumenismo intende precisamente far crescere la comunione parziale esistente tra i cristiani verso la piena comunione nella verità e nella carità" (Ibid. 14, l.c., p. 2].

Per promuovere il dialogo con l'Ortodossia bizantina, si è costituita, dopo il Concilio Vaticano II, un'apposita commissione mista, che ha annoverato tra i suoi membri anche rappresentanti delle Chiese orientali cattoliche.

In vari documenti si è cercato di approfondire lo sforzo per una maggior comprensione fra Chiese ortodosse e Chiese orientali cattoliche, non senza risultati positivi. Nella Lettera apostolica Orientale lumen (cfr. nn. 18-19: L'Osservatore Romano 2-3 maggio 1995, p. 4] e nella Lettera enciclica Ut unum sint (cfr.
UUS 12-14: L'Osservatore Romano 31 maggio 1995, p. 2] ho già trattato degli elementi di santificazione e di verità (cfr. Conc. Ecum. Vat. II, Decr. sull'ecumenismo UR 3], comuni all'Oriente e all'Occidente cristiano, e del metodo che è desiderabile seguire nella ricerca della piena comunione tra la Chiesa cattolica e le Chiese ortodosse, alla luce dell'approfondimento ecclesiologico compiuto dal Concilio Vaticano II: "Oggi sappiamo che l'unità può essere realizzata dall'amore di Dio solo se le Chiese lo vorranno insieme, nel pieno rispetto delle singole tradizioni e della necessaria autonomia. Sappiamo che questo può compiersi solo a partire dall'amore di Chiese che si sentono chiamate a manifestare sempre maggiormente l'unica Chiesa di Cristo, nata da un solo battesimo e da una sola Eucaristia, e che vogliono essere sorelle" (cfr. Giovanni Paolo II, Let. Ap. Orientale lumen (2 maggio 1995), 20: L'Osservatore Romano 2-3 maggio 1995, p. 4]. L'approfondimento nella conoscenza della dottrina sulla Chiesa, operato dal Concilio e dal dopo Concilio, ha tracciato una via che si può definire nuova per il cammino dell'unità: la via del dialogo della verità nutrito e sostenuto dal dialogo della carità (cfr. Ep 4,15).

1934
7. L'uscita dalla clandestinità ha significato un cambiamento radicale nella situazione della Chiesa greco-cattolica ucraina: essa si è trovata di fronte ai gravi problemi della ricostruzione delle strutture delle quali era stata completamente privata e, più in generale, ha dovuto impegnarsi a riscoprire pienamente se stessa, non soltanto al proprio interno, ma anche in rapporto con le altre Chiese.

Siano rese grazie al Signore per averle concesso di celebrare questo giubileo in condizione di riacquistata libertà religiosa. Gli siano rese altresi grazie per la crescita del dialogo della carità, in virtù del quale si sono compiuti passi significativi nel cammino verso l'auspicata riconciliazione con le Chiese ortodosse.

Migrazioni e deportazioni molteplici hanno ridisegnato la geografia religiosa di quelle terre; tanti anni di ateismo di Stato hanno segnato profondamente le coscienze; il clero non basta ancora a rispondere agli immensi bisogni della ricostruzione religiosa e morale: sono queste alcune delle sfide più drammatiche con le quali tutte le Chiese si trovano a confrontarsi. Dinanzi a queste difficoltà si richiede una comune testimonianza della carità, perché la predicazione del Vangelo non sia ostacolata. Come ho detto nella Lettera apostolica Orientale lumen, "oggi possiamo cooperare per l'annuncio del Regno o divenire fautori di nuove divisioni" (N. 19: L'Osservatore Romano 2-3 maggio 1995, p. 4]. Voglia il Signore guidare i nostri passi sulla via della pace.

Il sangue dei martiri

1935
8. Nella libertà ritrovata non possiamo dimenticare la persecuzione ed il martirio che le Chiese di quella regione, cattoliche e ortodosse, subirono nella loro carne. Si tratta di una dimensione importante per la Chiesa di tutti i tempi, come ho ricordato nella Lettera apostolica Tertio millennio adveniente (cfr. AAS 87 (1995), 29-30; Lett. enc.
UUS 84: L'Osservatore Romano 31 maggio 1995, p. 7]. Si tratta di un'eredità particolarmente significativa per le Chiese d'Europa, che ne restano profondamente segnate: su di essa si dovrà riflettere alla luce della Parola di Dio.

Parte integrante di questa nostra memoria religiosa è dunque il dovere di richiamare alla mente il significato del martirio, per additare alla venerazione di tutti le figure concrete di quei testimoni della fede, nella consapevolezza che anche oggi conserva piena validità il detto di Tertulliano: "Sanguis martyrum, semen christianorum" (Apol., 50,13: CCL I,171]. Noi cristiani abbiamo già un martirologio comune nel quale Dio mantiene e realizza fra i battezzati la comunione nell'esigenza suprema della fede, manifestata con il sacrificio della vita. La comunione reale, sebbene imperfetta, già esistente tra cattolici ed ortodossi nella loro vita ecclesiale, giunge alla sua perfezione in tutto ciò che "noi consideriamo l'apice della vita di grazia, la martyria fino alla morte, la comunione più vera che ci sia con Cristo che effonde il suo sangue e, in questo sacrificio, fa diventare vicini coloro che un tempo erano lontani Romano 31 maggio 1995, p. 7].

Il ricordo dei martiri non può essere cancellato dalla memoria della Chiesa e dell'umanità: siano essi vittime di ideologie d'Oriente o d'Occidente, tutti sono accomunati dalla violenza che, per odio alla fede, è stata apportata alla dignità della persona umana, creata da Dio "a sua immagine e somiglianza".


GPII 1995 Insegnamenti 1917