GPII 1995 Insegnamenti 2077

Messaggio del Papa alla vigilia della grande Celebrazione - Aula Paolo VI, Città del Vaticano

Titolo: "Carissimi giovani, in Eugenio avete un maestro, una guida, un protettore"

Vi saluto cordialmente, carissimi pellegrini venuti dal mondo intero per la canonizzazione di Eugenio de Mazenod! Mi unisco a voi, radunati nell'Aula Paolo Vi per prepararvi al grande evento spirituale, che avrà luogo domani mattina nella Basilica Vaticana. In questa vigilia, nel corso della quale rievocate la figura del grande Vescovo, ci sono fra voi numerosi giovani di ogni continente. A voi, cari giovani, è diretto in modo speciale il mio affettuoso saluto.

Eugenio de Mazenod ha amato i giovani. Durante la sua giovinezza, Egli ha gustato il dono della fede; ha seguito con generosità il Vangelo, pur avendo conosciuto momenti di incertezza e le difficoltà che accompagnano la scelta radicale di Cristo. Ma da quando, in un venerdi santo all'età di venticinque anni, incontro in maniera profonda il Signore, mise tutta la vita al servizio della Chiesa. Ed i giovani divennero il cuore delle sue attenzioni pastorali.

Fin dai primi mesi di ministero, fondo l'Associazione della gioventù cristiana di Aix, sua città natale, dedicandovi gran parte del tempo disponibile.

Creo per loro un sereno ambiente di formazione cristiana. Ai missionari Oblati, fondati tre anni dopo, chiese di occuparsi della gioventù, dappertutto ed in particolare nei Paesi di missione, perché la Chiesa si rinnova attraverso l'evangelizzazione dei giovani. Da Vescovo, poi, promosse attività e gruppi consacrati all'educazione religiosa dei giovani, che voleva fossero gioiosi testimoni ed entusiasti evangelizzatori dei loro coetanei.

Carissimi giovani, in Eugenio de Mazenod voi avete un maestro, una guida e un protettore. Alla sua scuola potete scoprire quanto sia bella la vita posta al servizio del Vangelo.

Carissimi pellegrini, a Dio piacendo, avro la gioia di incontrarvi domani mattina in San Pietro. In attesa, invio di cuore a ciascuno di voi una speciale Benedizione Apostolica.

Data: 1995-12-02 Data estesa: Sabato 2 Dicembre 1995

Udienza: il Papa ai partecipanti al Colloquio internazionale promosso dal Pontificio Consiglio della Cultura e dall'Urbaniana - Sala Clementina, Città del Vaticano

Titolo: "Dio non è il rivale dell'uomo ma il garante della sua libertà"

Signori Cardinali, Illustri Professori, Carissimi Fratelli e Sorelle

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1. Sono lieto di accogliervi al termine del Colloquio internazionale dedicato al tema: "Alle soglie del terzo millennio, la sfida del secolarismo e l'avvenire della fede". Saluto cordialmente ciascuno di voi, in particolare i Signori Cardinali Paul Poupard, Presidente del Pontificio Consiglio della Cultura e Jozef Tomko, Prefetto della Congregazione per l'Evangelizzazione dei Popoli e Gran Cancelliere della Pontificia Università Urbaniana, che hanno promosso il Colloquio. Saluto inoltre i collaboratori, gli esperti e tutti i partecipanti ai lavori congressuali.

Nella Lettera apostolica Tertio Millennio adveniente, ho richiamato l'attenzione sul fatto che l'epoca attuale, accanto a molte luci, presenta anche non poche ombre, specialmente "l'indifferenza religiosa" e "l'atmosfera di secolarismo e relativismo etico" (
TMA 36), ed ho chiesto "che siano valorizzati ed approfonditi i segni di speranza presenti in questo ultimo scorcio di secolo, nonostante le ombre che spesso li nascondono ai nostri occhi" (TMA 46). Ringrazio di cuore la Pontificia Università Urbaniana, che si avvale della collaborazione attiva dell'Istituto Superiore per lo studio della non credenza, della religione e delle culture, per aver risposto, insieme con il Pontificio Consiglio della Cultura, a questo mio invito.

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2. Con coraggio e lucidità voi avete esaminato in questi giorni le principali sfide presenti nel nostro tempo. Teologi, biblisti, filosofi, storici, sociologi, artisti e uomini di cultura si sono confrontati con i Pastori circa la visione religiosa e quella secolarista del mondo, riscontrando il vicolo cieco in cui non pochi sono oggi finiti e riflettendo sull'avvenire della fede in Cristo alle soglie del terzo millennio.

Nella cultura, o meglio, nelle culture di questa fine del secolo XX, insieme tragico e affascinante, si manifestano fenomeni contrastanti suscettibili di letture diverse, ma tutti legati all'uomo. Constatiamo, oggi più che mai, che la cultura è dell'uomo, dall'uomo e per l'uomo.

Già trent'anni fa, la Costituzione conciliare Gaudium et spes l'aveva sottolineato, e i tre decenni ormai trascorsi l'hanno confermato con il peso della storia. A fronte della cosiddetta "eclissi del sacro", si è manifestato un crescente bisogno dell'esperienza religiosa. Molti fenomeni lo testimoniano in ogni parte del mondo, dove ho la gioia di incontrare innumerevoli giovani protesi verso il futuro con fiduciosa speranza. La secolarizzazione, che sembrava un progresso di civiltà, appare oggi come la pericolosa china che conduce al secolarismo, alla mutilazione di quella parte inalienabile dell'uomo che tocca la sua identità profonda: la dimensione religiosa. E' una sfida per la Chiesa capire questa nuova generazione, che lo scetticismo della generazione precedente sollecita verso una crescente ricerca dell'Assoluto.

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3. Si moltiplicano, al riguardo, i sondaggi in diversi paesi e i loro risultati sembrano contraddittori: accanto ad un'affermazione persistente della fede in Dio si registra una preoccupante assenza di pratica religiosa unita ad indifferenza e ad ignoranza delle verità della fede stessa. Forse si dovrebbe piuttosto parlare di un indebolimento delle convinzioni, che in molti non hanno più la forza di ispirare il comportamento. Ne consegue una vera "desertificazione spirituale" dell'esistenza, che priva il soggetto delle sue ragioni d'essere e di vita, e lo lascia senza una guida e una speranza.

Le credenze permangono, ma non vengono più percepite come valori capaci di influire sulla vita personale e sociale. Si tratti di scelte quotidiane o di orientamenti dell'esistenza, di etica o d'estetica, il riferimento abituale, pubblico, in particolare quello diffuso dai mass-media, non è più ispirato alla visione cristiana dell'uomo e del mondo. Come ormai si usa dire, la religione si è privatizzata, la società secolarizzata, la cultura laicizzata.

Privata contemporaneamente dei suoi saldi punti di ancoraggio all'interno e delle sue possibilità espressive all'esterno, la cultura cristiana viene meno, mentre il bisogno di Assoluto, che conserva tutta la sua forza, è alla ricerca di nuovi punti fermi. Più che di terreni pronti per la semina, le nostre società si vanno riempiendo di spazi aridi, che attendono l'irrompere dell'acqua rigeneratrice di una fede ritrovata.

Chi non vede ormai l'urgenza di un rinnovato dialogo tra fede e cultura, fatto di ascolto e insieme di proposte, soprattutto di testimonianza evangelica, che sappia liberare le verità nascoste, le forze latenti nel cuore delle culture? così, una nuova generazione di credenti nascerà dall'apparente deserto di Dio diffuso in tanti paesi in preda al secolarismo, poiché la nostalgia dell'Assoluto è radicata nelle profondità dell'essere umano, creato ad immagine e somiglianza di Dio.

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4. Da questo colloquio un dato emerge con chiarezza: la sfida del secolarismo alle soglie del terzo millennio è una sfida antropologica. L'avvenire della fede dipende in buona parte dalla capacità della Chiesa di rispondere a tale sfida, proponendo il grande messaggio del Vangelo in modo adatto a raggiungere il cuore stesso della cultura del nostro tempo, in tutte le sue varie manifestazioni.

L'uomo vuole realizzarsi pienamente. Ha creduto, a torto, di poter giungere ad essere pienamente se stesso rigettando Dio. Una visione secolarista del mondo lo ha mutilato, rinchiudendolo nella sua immanenza. "Senza il mistero, - diceva giustamente Gabriel Marcel - la vita diventa irrespirabile". La cultura secolarista ha sconvolto i rapporti sociali. La pretesa di gestire la società con una razionalità puramente tecnologica, il primato dell'edonismo individualista, l'emarginazione della dimensione religiosa dalla cultura hanno minato le fondamenta stesse della civiltà.

La grande sfida per la Chiesa è di trovare dei punti di appoggio in questa nuova situazione culturale, nonché di presentare il Vangelo come una Buona Novella per le culture, per l'uomo artefice di cultura. Dio non è il rivale dell'uomo, ma il garante della sua libertà e la fonte della sua felicità. Dio fa crescere l'uomo, donandogli la gioia della fede, l'ardore della speranza, il fervore dell'amore.

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5. Cari Fratelli e Sorelle, vi invito tutti a farvi portatori di questo annuncio pieno di gioia, soprattutto rimanendo accanto ai giovani. Portate ad essi il Cristo, date loro il Vangelo in tutta la sua freschezza di Buona Novella, sempre nuova e sempre giovane. I duemila anni dall'Incarnazione del Figlio di Dio nel seno della Vergine Maria sono uno squarcio di luce nell'opaco cielo del tempo. Io vi esorto ad agire con l'audacia del pensiero e dell'intelligenza per diffondere, alle soglie del nuovo millennio, la civiltà dell'amore, che fiorirà da un terreno irrigato dalla fede: una terra da far fruttare saggiamente, uomini da amare senza esclusioni e Dio da adorare con cuore sincero. Questo nuovo umanesimo per il prossimo millennio darà all'uomo in cerca di Assoluto, alla sua intelligenza in cerca di Infinito, la risposta alle aspirazioni più profonde. Il secolarismo le ha occultate, ma esse rimangono, e Cristo le appaga pienamente. E' questo il futuro della fede. E' questo l'avvenire dell'uomo.

A ciascuno di voi imparto la mia affettuosa Benedizione.

Data: 1995-12-02 Data estesa: Sabato 2 Dicembre 1995

Udienza del Santo Padre ad un gruppo di giovani giornalisti russi - Sala del Trono, Città del Vaticano

Titolo: Siate uomini della verità

Sono lieto di dare il benvenuto a voi, giovani giornalisti, venuti a Roma dalla Russia nel corso del vostro tirocinio professionale.

Auguro pieno successo a questo vostro itinerario di preparazione, che parla già di per se stesso dello sforzo di rinnovamento del vostro Paese ed anche dell'impegno con cui voi intendete dedicarvi al servizio delle comunicazioni sociali, un servizio sempre più necessario e che impone formazione assidua e integrale.

La Chiesa, che ha manifestato in vari modi e in numerose occasioni la sua attenzione verso il mondo giornalistico, vede in voi degli "operatori, servitori, artisti della parola" ( , 1986, I, 555).

Dai giornalisti si attende oggi un contributo assai vasto e ben preciso alla retta informazione, in campo nazionale e internazionale, per favorire l'intesa fra le persone e fra i popoli, la solidarietà senza barriere e legami di fraternità fra tutti. Voi siete ora agli inizi della vostra carriera: vi auguro di incominciarla nel migliore dei modi, anzitutto come "uomini della verità" ().

Sappiate essere fedeli alle nobili tradizioni culturali e spirituali del vostro Paese ed attenti alle aspirazioni di tanti fratelli che, nel mondo, lottano per una vita più degna e rispettosa delle persone.

Con questo auspicio elevo preghiere a Dio perché la sua luce vi accompagni sempre e benedica le vostre famiglie e la vostra amata Patria.

(Traduzione dal russo]

Data: 1995-12-02 Data estesa: Sabato 2 Dicembre 1995

La recita del Santo Padre guidata dal Papa nell'Aula Paolo VI - Città del Vaticano

Titolo: Preparatevi ad accogliere il Signore che viene

(Dopo la recita del Rosario, il Santo Padre ha rivolto ai fedeli di lingua italiana il seguente saluto:] Saluto cordialmente tutti voi che avete partecipato a questo momento di preghiera mariana, proprio all'inizio dell'Avvento. Saluto anche quanti si sono uniti a noi mediante la radio e la televisione.

Un pensiero particolare rivolgo ai giovani dell'Azione Cattolica di Faenza, di ritorno da un pellegrinaggio in Terra Santa; ai fedeli del Santuario del Bambino Gesù di Arenzano (Genova), delle parrocchie di san Melchiade e di santa Maria Regina Pacis, in Roma, e di San Lorenzo Martire, in Tivoli. Sono lieto inoltre di accogliere il gruppo di sindaci e amministratori comunali della diocesi di Asti, i soci del Lions Club di Conversano (Bari) e i fedeli provenienti da Salerno.

A tutti auguro di prepararsi intensamente, lasciandosi guidare da Maria, ad accogliere il Signore che viene.

(Questo il saluto rivolto dal Papa ai pellegrini di lingua spagnola:] Mi rivolgo con affetto ai fedeli di lingua spagnola, in particolare ai pellegrini provenienti da Majorca, che hanno partecipato alla recita del Santo Rosario. All'inizio dell'Avvento, tempo in cui la Vergine Maria ci dà testimonianza di viva speranza, chiediamole di aiutarci ad accogliere pienamente suo Figlio Gesù, vero Dio e vero uomo. Tornando a casa, portate ai vostri familiari e amici l'affettuoso saluto del Papa.

(Al termine del Rosario, dopo aver salutato i fedeli presenti, il Papa ha detto:] Quando l'Avvento comincia, si può già augurare Buon Natale.

Data: 1995-12-02 Data estesa: Sabato 2 Dicembre 1995

Udienza: il discorso del Santo Padre ai religiosi dell'Ordine Ospedaliero di San Giovanni di Dio "Fatebenefratelli" - Sala Clementina, Città del Vaticano

Titolo: L'accoglienza dei bisognosi è il linguaggio con il quale rendere comprensibile la grandezza dell'amore cristiano



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1. Carissimi Fratelli e Collaboratori dell'Ordine Ospedaliero di san Giovanni di Dio! Sono lieto di accogliervi, mentre siete riuniti in Congresso, a Roma, in occasione del V Centenario della nascita del vostro Fondatore. Saluto cordialmente ciascuno dei presenti, in particolare il Priore Generale, come pure i Responsabili delle Famiglie religiose nate dal carisma di san Giovanni di Dio, che davvero ha segnato la storia dell'Ospitalità.

E' proprio questo il tema sul quale state riflettendo, favoriti certamente dall'esperienza comunitaria e dal valido contributo di religiosi, collaboratori, volontari e benefattori dell'Ordine, convenuti dai cinque Continenti.

Mi congratulo con voi per questa iniziativa, con la quale intendete rinnovare e qualificare l'impegno e la spiritualità dell'accoglienza, in un mondo che va sempre più stimolato alla fraternità e alla solidarietà specialmente verso le categorie umane più deboli.

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2. Nel realizzare tale intento, voi non potete non ispirarvi all'esempio del vostro Fondatore. Egli è per voi un maestro ed un testimone di straordinaria importanza.

San Giovanni di Dio fu per i poveri e gli infermi abbandonati di Granada il "buon samaritano" che si prodigo con instancabile zelo per provvedere loro ciò di cui avevano bisogno. Se la forza dell'amore lo portava a togliere dalla strada molti indigenti per offrire loro un ambiente più sicuro e confortevole, il suo spiccato senso di ospitalità lo spingeva a perfezionare l'organizzazione della abbozzata struttura ospedaliera, l'assistenza infermieristica e altre opere caritative, da lui progettate. Giovanni non solo pratico l'ospitalità, ma si fece, per così dire, egli stesso ospitalità, assistendo giorno e notte quanti la Provvidenza gli faceva incontrare.

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3. Quale fu il segreto della sua esistenza così fedele al Vangelo? La risposta la si trova proprio nella qualifica apposta al suo nome: "di Dio". Precisamente quel Dio che in Gesù Cristo si è rivelato Padre di ogni uomo fu la ragione del vivere e dell'operare del vostro Fondatore.

Consapevole del fatto che il Padre celeste va amato sopra ogni cosa e servito nel prossimo, egli si impegno a concretizzare tale programma spirituale imitando Gesù nella scelta preferenziale degli ultimi. L'uomo infermo e bisognoso divenne per lui la via per dire con Cristo il suo "amen" al Padre. così, come Gesù era passato tra la gente beneficando e risanando tutti (cfr.
Ac 10,38), Giovanni seppe portare agli indigenti la parola consolante di Dio, prestando loro le cure necessarie per amore e con amore divino.

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4. Ecco dunque l'inestimabile eredità che il Santo Fondatore ha voluto lasciarvi! Si tratta, oggi, di riproporla in modo comprensibile all'uomo contemporaneo, immerso in una cultura individualista ed edonista, evitando di diminuire la forza e la profondità con le quali vi è stata tramandata.

In tale prospettiva si colloca la tempestiva apertura del vostro Ordine ai nuovi bisogni sociali, quali l'assistenza ai tossicodipendenti, agli ammalati di AIDS ed ai senza tetto; molto apprezzata è pure la vostra presenza in numerosi Paesi in via di sviluppo, dove i programmi di medicina preventiva e i qualificati servizi ospedalieri, da voi realizzati a favore di quelle popolazioni, costituiscono un'eloquente manifestazione di carità e un segno vivo di speranza.

Importante e significativo è inoltre l'impegno di offrire un servizio di assistenza professionale e nel contempo carico di umanità, competente e aggiornato alle nuove tecniche mediche ma sempre saldamente ancorato ai principi e ai valori del Vangelo e dell'etica cristiana. Senza questa elaborazione, a volte faticosa e complessa, si rischia di perdere la dimensione trascendente dell'ospitalità, riducendola a mera benevolenza per l'uomo.

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5. così intesa e realizzata, carissimi Fratelli e Sorelle, l'accoglienza dei bisognosi sarà pure per voi il linguaggio col quale render comprensibile a tutti la grandezza, la forza e l'efficacia dell'amore cristiano. Con tale linguaggio concreto e immediato potrete riaccendere attese, desideri e speranze in cuori talora delusi e affranti; potrete fare eco alla voce di Dio che, nell'intimo della coscienza, invita ogni uomo alla conversione.

Dare amore attraverso lo stile quotidiano del servizio ai malati vi permetterà di seminare il seme della Buona Novella là dove la sola parola umana risulterebbe, probabilmente, fragile e perfino inefficace.

Vi esorto pertanto a proseguire con rinnovato coraggio ed impegno su questa strada, antica e sempre nuova. In forza del carisma originario potrete contribuire alla nuova evangelizzazione, compito che è dell'intera Chiesa ed al quale siamo tutti sollecitati per rispondere in modo serio ed efficace alle sfide della presente transizione dal secondo al terzo millennio cristiano.

Vi aiuti Maria Santissima, che contempliamo durante l'Avvento come Vergine in ascolto della Parola di Dio e modello sublime di accoglienza offerta al Verbo divino; vi sostengano sempre san Giovanni di Dio ed i Santi del vostro Ordine; e vi accompagni la Benedizione Apostolica, che imparto di cuore a voi, alle vostre Comunità ed a quanti vi sono affidati nel quotidiano servizio.

Data: 1995-12-02 Data estesa: Sabato 2 Dicembre 1995

Nella prima Domenica di Avvento, Giovanni Paolo II iscrive nell'Albo dei Santi il fondatore dei Missionari Oblati di Maria Immacolata - Basilica Vaticana, Città del Vaticano

Titolo: Eugéne De Mazenod: "uomo dell'Avvento" ha sentito profondamente l'universalità della missione della Chiesa



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1. La venuta del Figlio dell'uomo è il tema dell'Avvento. Inizia, così, il tempo del nuovo Anno Liturgico. Guardiamo già verso la notte di Betlemme. Pensiamo a quella venuta del Figlio di Dio che ormai appartiene alla nostra storia, anzi in un modo mirabile l'ha formata come storia dei singoli individui, delle nazioni e dell'umanità. Sappiamo, inoltre, con certezza che, dopo quella venuta, abbiamo per sempre davanti a noi una seconda venuta del Figlio dell'uomo, di Cristo. Viviamo nel secondo Avvento, nell'Avvento della storia del mondo, della storia della Chiesa, e nella Celebrazione eucaristica ripetiamo ogni giorno la nostra fiduciosa attesa della sua venuta.

Il Beato Eugenio de Mazenod, che la Chiesa oggi proclama santo, fu un uomo dell'Avvento, uomo della Venuta. Egli non soltanto guardo verso quella Venuta, ma, come Vescovo e Fondatore della Congregazione degli Oblati di Maria Immacolata, dedico tutta la sua vita a prepararla. La sua attesa raggiunse l'intensità dell'eroismo, fu caratterizzata cioè da un grado eroico di fede, di speranza e di carità apostolica. Eugenio de Mazenod fu uno di quegli apostoli, che prepararono i tempi moderni, i tempi nostri.

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2. Il Decreto Ad gentes del Concilio Vaticano II tratta anche di questa attività, di cui fu colma la vita e la vocazione episcopale del Fondatore degli Oblati.

Fu inviato come Vescovo nella città di Marsiglia, a quella Chiesa delle coste meridionali della Francia. Contemporaneamente pero egli aveva la consapevolezza che la missione di ogni Vescovo, in unione con la Sede di Pietro, ha carattere universale. La certezza che il Vescovo è mandato nel mondo, come gli Apostoli, si fonda sulle parole del Cristo: "Andate in tutto il mondo e predicate il Vangelo ad ogni creatura" (
Mc 16,15). De Mazenod fu consapevole che il mandato di ogni Vescovo e di ogni Chiesa locale è in se stesso missionario e fece in modo che anche l'antichissima Chiesa di Marsiglia, i cui inizi risalgono al periodo subapostolico, potesse adempiere in maniera esemplare la sua vocazione missionaria, sotto la guida del suo Pastore.

In questo consistette l'impegno di sant'Eugenio, in ordine alla seconda venuta di Cristo, che tutti attendiamo con viva speranza. Si può dire che la sua canonizzazione, oggi, nella prima Domenica di Avvento, ci aiuta a comprendere meglio il significato della stagione dell'Anno Liturgico che oggi inizia.

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3. Nella Liturgia di questa prima Domenica di Avvento comincia a parlare il profeta Isaia. Ne ascolteremo la parola ispirata durante tutto questo tempo.

"Visione di Isaia, figlio di Amoz, riguardo a Giuda e a Gerusalemme. Alla fine dei giorni, il monte del tempio del Signore sarà elevato sulla cima dei monti e sarà più alto dei colli; ad esso affluiranno tutte le genti. Verranno molti popoli e diranno: 'Venite, saliamo sul monte del Signore, al tempio del Dio di Giacobbe, perché ci indichi le sue vie e possiamo camminare per i suoi sentieri'. Poiché da Sion uscirà la legge e da Gerusalemme la parola del Signore" (
Is 2,1-3).

Nella luce dello Spirito Santo, il Profeta ha una visione universalistica e molto acuta della salvezza. Gerusalemme, la città collocata in mezzo a Israele, Popolo della elezione divina, ha davanti a sé un grande futuro.

Quando il Profeta dice che "uscirà... da Gerusalemme la parola del Signore", già molti secoli prima della venuta di Cristo annunzia l'ampiezza dell'opera messianica.

Lo sguardo di Isaia arricchisce la nostra consapevolezza dell'Avvento.

Colui che deve venire, che deve rivelarsi "sino alla fine" proprio in mezzo alla santa città di Gerusalemme, mediante la parola del suo Vangelo, e specialmente mediante la sua croce e la sua risurrezione, sarà inviato a tutte le nazioni del mondo, all'intera umanità. Egli sarà l'Unto di Dio, il Redentore dell'uomo. La sua visita durerà poco, ma la missione da Lui trasmessa agli Apostoli e alla Chiesa durerà fino alla fine dei secoli. Egli sarà mediatore tra Dio e gli uomini, ed a gran voce esorterà le nazioni alla pace, invitando tutti a "forgiare le loro spade in vomeri, le loro lance in falci" (cfr. Is 2,4). Proprio così inizia l'esortazione di Isaia, rivolta alle genti di tutta la terra, perché dirigano gli occhi e i passi verso Gerusalemme.

A questa esortazione fa eco il Salmo responsoriale, canto dei pellegrini verso la Città Santa. "Quale gioia quando mi dissero: "Andremo alla casa del Signore". E ora i nostri piedi si fermano alle tue porte, Gerusalemme. Là salgono insieme le tribù, le tribù del Signore" (Ps 121(122],1.4). E ancora: "Domandate pace per Gerusalemme: sia pace a coloro che ti amano, sia pace sulle tue mura, sicurezza nei tuoi baluardi" (Ps 121(122],6-7).

(In francese:]

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4. Proprio in questa prospettiva presentata dalla liturgia della prima domenica d'Avvento si iscrive la canonizzazione della fondazione della Congregazione degli Oblati di Maria Immacolata. L'universalità della missione della Chiesa fu, infatti, profondamente avvertita da Eugenio de Mazenod. Egli sapeva che Cristo desiderava unire alla sua persona tutto il genere umano e per questo motivo in tutto il corso della sua vita rivolse particolare attenzione all'evangelizzazione dei poveri, ovunque fossero.

Nata in Provenza, regione d'origine del suo Fondatore, la Congregazione non tardo a diffondersi "fino agli estremi confini della terra" (
Ac 1,8), per mettere in pratica, mediante una predicazione fondata sulla meditazione della parola di Dio, le esortazioni di San Paolo: "Come potranno credere, senza aver sentito la parola del Signore? E come potranno sentire la sua parola, se nessuno l'annuncia?" (cfr. Rm 10,14). Annunciare Cristo significo per Eugenio de Mazenod diventare in pieno l'uomo apostolico di cui ogni epoca ha bisogno, dotato di quel fervore e di quello zelo missionario che a poco a poco lo configurano al Cristo risorto.

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5. Attraverso un paziente lavoro su se stesso, egli seppe disciplinare un carattere difficile e dirigere la sua diocesi con illuminata saggezza e ferma bontà. Monsignor de Mazenod guidava i fedeli ad accogliere Cristo con fede sempre più generosa, perché vivessero pienamente la loro vocazione di figli di Dio. Ad animare ogni sua azione fu il convincimento, da lui così espresso, che: "Amare la Chiesa significa amare Cristo e viceversa".

Fratelli e sorelle, Eugenio de Mazenod ci invita a seguirlo perché possiamo presentarci tutti insieme al Salvatore che viene, al Bambino di Betlemme, al Figlio di Dio fatto uomo.

(Il Santo Padre ha quindi proseguito in italiano:]

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6. Il messaggio dell'Avvento è unito alla venuta del Figlio dell'uomo che sempre più si approssima. A questa consapevolezza corrisponde l'esortazione alla vigilanza. Nel Vangelo di san Matteo Gesù dice a chi lo ascolta: "Vegliate, dunque, perché non sapete in quale giorno il Signore vostro verrà... perciò anche voi state pronti, perché nell'ora che non immaginate, il Figlio dell'uomo verrà" (
Mt 24,42 Mt 24,44). A questa esortazione, ripetuta più volte nel Vangelo, corrisponde in modo eccellente il passo dalla Lettera di san Paolo ai Romani. L'Apostolo ci scrive in qual modo potremo essere "consapevoli del momento" (cfr. Rm 13,11).

L'attesa, volta verso il futuro, ci viene sempre presentata come un "momento" già vicino e presente. Nell'opera della salvezza nulla può essere lasciato per il dopo. Ogni "ora" è importante! L'Apostolo scrive che "la nostra salvezza è più vicina ora di quando diventammo credenti" (Rm 13,11) e paragona questo momento presente all'alba, al momento culminante del passaggio tra la notte e il giorno.

San Paolo trasferisce sul terreno dello spirito il fenomeno che accompagna il risveglio della luce diurna. "La notte è avanzata, - egli scrive - il giorno è vicino. Gettiamo via perciò le opere delle tenebre e indos- siamo le armi della luce" (Rm 13,12). Dopo aver chiamato per nome le opere delle tenebre, l'Apostolo indica a che cosa alludano "le armi della luce": "Indossiamo le armi della luce", cioè "rivestitevi... del Signore Gesù Cristo" (Rm 13,14). Egli diventi la norma della vostra vita e del vostro agire, così che in Lui possiate diventare una nuova creazione. così rinnovati, potrete rinnovare il mondo in Cristo, in virtù della missione, innestata in voi già dal Sacramento del Battesimo.

Oggi la Chiesa rende grazie a Dio per sant'Eugenio de Mazenod, apostolo del suo tempo, il quale, rivestitosi del Signore Gesù Cristo, spese la sua vita nel servizio al Vangelo di Dio. Rendiamo grazie a Dio per la grande trasformazione compiutasi mediante l'opera di questo Vescovo. Il suo influsso non si limita all'epoca in cui egli visse, ma continua ad agire anche sul nostro tempo. Infatti il bene compiuto in virtù dello Spirito Santo non perisce, ma dura in ogni "ora" della storia.

Ne siano rese grazie a Dio!

Data: 1995-12-03 Data estesa: Domenica 3 Dicembre 1995

Angelus: Giovanni Paolo II guida la rilettura del Concilio Vaticano II a trent'anni dalla conclusione - Piazza San Pietro, Città del Vaticano

Titolo: "Optatam totius": i seminari e la formazione dei sacerdoti, costante preoccupazione di tutto il Popolo di Dio

Carissimi Fratelli e Sorelle!

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1. Con questa prima Domenica di Avvento, comincia il nuovo anno liturgico. L'animo cristiano si apre a una più viva speranza, nell'attesa del Salvatore. Questo tempo, infatti, ci prepara a celebrare l'Incarnazione del Figlio di Dio, mentre ci ricorda che Egli viene ogni giorno nella nostra vita, e ritornerà gloriosamente alla fine dei tempi. Tale certezza ci fa guardare con fiducia al futuro, e ci spinge ad assumere le responsabilità del presente. Avvento è pertanto tempo di preghiera, di conversione, di crescita nella fede e nell'amore.

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2. Continuando la mia riflessione sui documenti conciliari, desidero oggi soffermarmi sul decreto Optatam totius, dedicato alla formazione sacerdotale.

E' noto che a questo argomento già il Concilio di Trento, presto grande attenzione con l'istituzione dei Seminari. Il Vaticano II non ha esitato a ribadire l'importanza di questa Istituzione, definendola anzi il "cuore" di ogni diocesi (
OT 5). I Seminari e la formazione dei futuri Sacerdoti devono costituire una preoccupazione costante non solo dei Vescovi, ma di tutto il Popolo di Dio.

Occorre pregare, come Gesù stesso ha chiesto (cfr. Lc 10,2), per ottenere il dono delle vocazioni. Ma bisogna soprattutto creare intorno ad esse un clima favorevole: la risposta dei candidati al sacro ministero dipende non poco dall'ambiente ecclesiale. Dove ci sono famiglie profondamente cristiane, parrocchie vive, gruppi che trasmettono la gioia della vita secondo il Vangelo, fioriscono anche le vocazioni (cfr. OT 2). Ne è testimonianza anche la vita del Vescovo Eugenio de Mazenod, fondatore degli Oblati di Maria Immacolata che proprio questa mattina ho avuto la gioia di proclamare santo.

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3. Sulla formazione dei futuri ministri il decreto Optatam totius ha offerto indicazioni preziose, insistendo soprattutto sulla loro vita spirituale.

"Destinati a configurarsi a Cristo per mezzo della sacra ordinazione", essi devono abituarsi "a vivere intimamente uniti a lui, come amici, in tutta la loro vita" (
OT 8). Questo personale rapporto con Cristo è il principio di unità della loro vita interiore, della loro formazione teologica, del loro tirocinio pastorale.

D'altro canto, solo un amore profondo per il divino Maestro può giustificare l'impegno che essi assumono col celibato - come è d'obbligo nella tradizione occidentale ed è apprezzato in quella orientale - rinunciando al matrimonio per dedicarsi "con amore indiviso" al servizio di Dio e dei fratelli (cfr. OT 10).

Accanto alla formazione spirituale, il decreto conciliare ricorda opportunamente che i candidati al sacerdozio devono possedere quelle doti e virtù che li fanno essere uomini maturi, capaci di dialogare, in modo sereno e vigile con la società e la cultura contemporanea (cfr. OT 11).

Carissimi Fratelli e Sorelle! Affidiamo alla Madre di Cristo i seminaristi del mondo intero. La Vergine Santa aiuti ogni chiamato al sacerdozio a camminare sulle tracce del suo Figlio divino ed ottenga al popolo cristiano la grazia di pastori numerosi e santi.

(Successivamente il Papa ha salutato con queste parole i numerosi gruppi di lingua italiana:] Saluto ora i pellegrini di lingua italiana, in particolare i fedeli provenienti da Nava in Colle Brianza e da Cosenza; come pure quelli delle parrocchie di sant'Achille e di santa Francesca Cabrini in Roma. Saluto i ragazzi di Burcei (Cagliari), che hanno costituito un "Consiglio Comunale dei Ragazzi" e lodo il loro impegno nel formarsi ai valori dell'educazione civica.

Un pensiero speciale rivolgo al gruppo dell'Associazione Nazionale Tutela Handicappati e Invalidi, ricordando che oggi si celebra la Giornata mondiale per le persone handicappate. Possa ogni persona trovare accanto a sé un amico che l'aiuti ad esprimere al meglio le proprie potenzialità.

(In francese:] Saluto con grande affetto tutti i pellegrini di lingua francese qui giunti per prendere parte alla cerimonia di canonizzazione di Monsignor Eugenio de Mazenod. Cari amici, potete ora contare sul suo sostegno e sulla sua intercessione. Egli vive al fianco di Cristo risorto e alla di Lui Madre, alla quale aveva affidato la Congregazione degli Oblati. La cattedrale di Marsiglia e il santuario di Notre-Dame de la Garde, edificati su sua iniziativa, sono testimonianze viventi della profondità della sua devozione mariana.

Possa Maria Immacolata accompagnarvi nel vostro cammino, Lei che è madre per ciascuno di noi! Vi guidi Ella ogni giorno verso suo Figlio, e vi benedica e vi protegga Dio Onnipotente! Grazie per la vostra presenza, per la vostra visita.

(In spagnolo:] Saluto cordialmente i pellegrini di lingua spagnola, in modo particolare le Comunità Neocatecumenali di San Miguel e San Sebastian di Valencia e di Nostra Signora del Soccorso di Benetuser. Nell'iniziare questo tempo di grazia e di speranza che è l'Avvento, vi esorto a vivere intensamente il vostro cammino di fede, a cominciare dalla comunione ecclesiale. e a dar sempre testimonianza dei valori evangelici. Con affetto imparto a voi e alle vostre famiglie la Benedizione Apostolica.

(Ai fedeli di lingua polacca Giovanni Paolo II ha poi indirizzato il saluto che pubblichiamo in una nostra traduzione italiana:] Saluto cordialmente tutti i pellegrini venuti dalla Polonia per l'odierna canonizzazione, e in modo particolare gli Oblati polacchi e le varie parrocchie.

(Prima di congedarsi il Papa ha detto in francese:] Ancora una volta desidero ringraziare i pellegrini francesi e tutti i pellegrini venuti per vivere questo grande giorno della canonizzazione di Eugenio de Mazenod.

Arrivederci in Francia! (Un invito ad offrire un generoso contributo per la realizzazione del progetto "50 chiese per Roma 2000" è stato rivolto da Giovanni Paolo II ai pellegrini presenti in Piazza San Pietro per la recita dell'Angelus. Queste le sue parole:] Anche quest'anno, in Avvento, avrà luogo a Roma la colletta per il progetto "50 chiese per Roma 2000". Nel cammino di preparazione al Giubileo del 2000, tale iniziativa vuole contribuire a rispondere alla grande sfida che sta davanti ai credenti di Roma: quella di restaurare il volto cristiano della Città, perché chi la visita possa accorgersi che essa ha un cuore, un cuore cristiano! Per questo è importante rinnovare il tessuto ecclesiale della diocesi, che necessita anche di ambienti adatti alla vita delle Comunità. Invito pertanto i fedeli e tutti gli uomini di buona volontà ad offrire con generosità la loro adesione a questa raccolta, ricordando che "Dio ama chi dona con gioia" (2Co 9,7).

Data: 1995-12-03 Data estesa: Domenica 3 Dicembre 1995


GPII 1995 Insegnamenti 2077