GP2 Discorsi 1996 206


AD UNA DELEGAZIONE DEGLI SCOUTS


DELLA REPUBBLICA DI POLONIA


Sala degli Svizzeri - Venerdì, 30 agosto 1996




Saluto cordialmente la delegazione dell’Associazione degli Scout della Repubblica di Polonia e i rappresentanti della Lituania e dell’Ucraina. Siete giunti a Roma nell’ottantacinquesimo anniversario della fondazione dello scautismo, per riferire al Successore di S. Pietro circa l’atto di affidamento della vostra Organizzazione a Maria, Regina della Polonia, compiuto il 15 agosto del corrente anno. Vi auguro che la Serva del Signore, donatasi senza riserve alla volontà di Dio, vi sia guida nel vostro servizio scoutistico e in tutte le tappe della vostra vita. Risuonino sempre nei vostri cuori le parole di esortazione rivolte da Maria a coloro che servivano a Cana di Galilea: “Fate quello che vi dirà” (Jn 2,5). Il mondo di oggi ha bisogno di una testimonianza leggibile di fede, di speranza e di carità. In modo particolare hanno bisogno di questo i giovani che dovranno vivere nel terzo millennio.

L’organizzazione scoutistica, conservando l’ideale che guidò i fondatori, forma la gioventù nello spirito delle tradizioni cristiane e nazionali, addestra ad assumersi compiti di responsabilità, inculca il rispetto nei riguardi di tutta l’opera della creazione, e soprattutto il rispetto per la dignità di ogni uomo. La parola d’ordine “All’erta” ricorda la necessità di un’attenta distinzione della verità dalla falsità, del vero bene dalle effimere apparenze. Tra le numerose piste occorre ritrovare le orme di Cristo e seguirle.

Allora - come dite in uno dei vostri canti - che la vostra serenità e lo sguardo luminoso illuminino le tenebre per gli uomini e la vita gioiosa di scout dia ad altri la felicità. Il cerchio fraterno che unisce le mani intorno al fuoco è simbolo di unità, di solidarietà e di fedeltà nell’amicizia. Sono virtù particolarmente preziose nella vita sociale di ogni nazione. Sembra che la nostra Patria oggi abbia più che mai bisogno di costruire l’unità e formare lo spirito di unità nei cuori degli uomini, specialmente dei giovani, che assumono la responsabilità per il proprio futuro e per quello della Nazione.

Che la Santissima Vergine Maria vi sostenga nell’opera di formazione ad un coraggioso e generoso servizio, alla vigilanza e alla responsabilità, all’amichevole unità. Che Dio vi elargisca ogni grazia.

207 Di cuore imparto la Benedizione Apostolica per ulteriori anni di servizio scoutistico a tutti qui presenti e a tutti gli scout in Polonia che voi rappresentate. Dio vi ricompensi per questa visita.




AI VESCOVI DELLA THAILANDIA IN VISITA


«AD LIMINA APOSTOLORUM»


Castel Gandolfo - Venerdì, 30 agosto 1996




Cari Fratelli nell’Episcopato,

1. È per me una grande gioia dare il benvenuto a voi, membri della Conferenza Episcopale della Thailandia, in occasione della vostra visita “ad limina” alla Sede Apostolica, fedele depositaria della predicazione e della somma testimonianza dei Principi degli Apostoli, Pietro e Paolo. Sono certo che i nostri incontri di questi giorni rafforzeranno ulteriormente i vincoli di unità, di carità e di pace che ci uniscono nella comunione del Corpo di Cristo - la Chiesa una, santa, cattolica e apostolica. In particolare, desidero ringraziare il Cardinale Michai Kitbunchu per i cordiali saluti che ha espresso a nome dei sacerdoti, delle persone consacrate, uomini e donne, e dei fedeli laici della Chiesa in Thailandia.

Della mia Visita Pastorale nel vostro Paese di dodici anni fa serbo un vivo ricordo, soprattutto della cortese ospitalità e dell’intraprendente vitalità del vostro popolo, del suo spirito di tolleranza, della sua sconfinata generosità verso i rifugiati e gli stranieri, della sua ricchezza etnica e culturale e del suo profondo senso religioso. Ricordo con gioia il caloroso benvenuto datomi da Sua Maestà Re Bhumibol Adulyadej, e, in occasione del quindicesimo anniversario della sua ascesa al trono, desidero esprimere il mio apprezzamento per il ruolo da lui svolto nel tutelare la tradizione tailandese della libertà di religione e nel promuovere i nobili ideali della giustizia sociale e della solidarietà.

2. Cari Fratelli, riflettendo sul vostro ministero non posso non ricordare ciò che i Padri del Concilio Vaticano II hanno insegnato in modo tanto incisivo, ovvero che la Chiesa “per sua natura è missionaria” (Ad gentes AGD 2). È ancora viva nella memoria delle vostre Chiese particolari l’evangelizzazione compiuta con spirito di generosità e di rinuncia dai primi missionari e suggellata con il sangue dei Sette Martiri della Thailandia. Questi nobili inizi non possono non stimolarvi a rinnovare e rinvigorire l’opera di evangelizzazione tra i fedeli cristiani.

All’approssimarsi del Terzo Millennio, la Chiesa volge infatti il suo sguardo con particolare interesse all’Asia “verso cui dovrebbe orientarsi principalmente la missione ad gentes” (Giovanni Paolo II, Redemptoris missio RMi 37). Oggi questo sforzo missionario deve essere compiuto principalmente dagli asiatici stessi. Avendo ricevuto la fede da missionari impegnati, i cattolici della Thailandia sono chiamati a recare testimonianza del Vangelo nei nuovi settori della società, specialmente tra le popolazioni tribali e i poveri, tra gli immigranti e i rifugiati, oltre che tra i lavoratori o i professionisti. Insieme a voi, sono profondamente grato per l’opera dei sacerdoti della Thai Missionary Society - a sua volta un frutto della plantatio Ecclesiae che sta maturando - che stanno ora diffondendo la Buona Novella nel vostro Paese e all’estero. Attraverso voi, esorto anche le persone consacrate, uomini e donne, che “condividono in modo speciale con la Chiesa la sua attività missionaria in virtù della loro consacrazione interiore a Dio” (cf. Giovanni Paolo II, Vita consecrata VC 77), a compiere nuovi sforzi per contribuire alla crescita del Regno di Dio in Thailandia e altrove. Lo zelo necessario per questo pressante impegno evangelico deve essere trasmesso a tutti i giovani, uomini e donne, negli istituti di formazione, alimentando in essi un generoso e coraggioso impegno per diffondere la Buona Novella.

3. Come servi dello Spirito di Verità, che fa ricordare tutto ciò che Cristo ha insegnato alla sua Chiesa (cf. Jn 14,26 Jn 16,13), i Vescovi devono fare in modo che il loro popolo sia formato in una conoscenza approfondita e sistematica della persona e del messaggio di Gesù, conoscenza che gli permetterà di comunicare agli altri le imperscrutabili ricchezze della salvezza (cf. Ef Ep 3,8) con gioia e convinzione, sempre pronti a rispondere delle ragioni della speranza che è in loro (cf. 1P 3,15). Una delle grandi benedizioni concesse alla Chiesa universale negli ultimi anni è stata la pubblicazione del Catechismo della Chiesa Cattolica; con gioia desidero incoraggiare la vostra Conferenza nel suo desiderio di realizzare una traduzione in modo che la sua dottrina ravvivi la fede del vostro popolo.

Attraverso di voi rivolgo un particolare saluto a tutti i catechisti - genitori, laici, uomini e donne, e religiosi - che si dedicano in modo tanto generoso a portare Cristo, uno e solo “mediatore fra Dio e gli uomini” (1Tm 2,5) e speranza dell’umanità, a bambini, giovani e adulti “in modo organico e sistematico, al fine di iniziarli alla pienezza della vita cristiana” (Giovanni Paolo II, Catechesi tradendae CTR 18). Il loro apostolato è indispensabile per la crescita delle diocesi, delle parrocchie e delle famiglie cristiane. I centri di formazione catechetica, i programmi di rinnovamento dottrinale e spirituale e un costante incoraggiamento personale sono i mezzi inestimabili per educare tutti coloro che hanno la responsabilità di trasmettere la fede. Prego affinché i catechisti nelle vostre comunità locali - obbedienti a Cristo come loro maestro (cf. Mt Mt 23,8) - con il vostro sostegno, dato attraverso parole o azioni, trasmettano fedelmente il Vangelo vivente, la persona stessa di Gesù, che è “la via, la verità e la vita” (Jn 14,6).

4. Le vostre Chiese locali sono benedette dalla presenza di molti laici, uomini e donne, che sono profondamente fedeli alla vita cristiana e alla celebrazione della Liturgia, con dignità e devota solennità. Allo stesso tempo i laici hanno bisogno del vostro aiuto per potere svolgere la loro missione specifica nella sfera temporale, missione che coinvolge molti di essi nell’aiuto agli immigranti e ai rifugiati, ai senzatetto, ai malati di Aids, alle donne e ai bambini gravemente offesi nella loro dignità umana da una vera e propria industria dello sfruttamento sessuale. Allo stesso modo, l’incessante ricerca del significato della vita da parte dei giovani, il loro desiderio di una profonda comunione con Dio e con la comunità ecclesiale e il loro entusiasmo nelle attività di volontariato a favore dei bisognosi rappresentano una sfida per tutti gli operatori di pastorale. I giovani della Thailandia vanno incoraggiati a essere “soggetti attivi, protagonisti dell’evangelizzazione e artefici del rinnovamento sociale” (Giovanni Paolo II, Christifideles laici CL 46).

Tuttavia è attraverso la famiglia, fondamento della società e prima cellula di vita ecclesiale, che i laici devono rispondere alla loro vocazione principale. Per questa ragione la famiglia merita la vostra attenta sollecitudine pastorale, in particolare laddove essa è minacciata da un crescente materialismo e da un comportamento consumistico estranei ai valori tradizionali della cultura tailandese e spesso promossi da istituzioni esterne. Il risultato di tutto ciò è il diffondersi di una “mentalità a favore dei contraccettivi” che non solo contraddice la piena verità dell’amore coniugale, ma conduce anche a una più facile accettazione del terribile crimine dell’aborto (cf. Eiusdem, Evangelium vitae EV 13). Per allontanare questa grave minaccia ogni diocesi dovrebbe sviluppare un programma per l’apostolato familiare che aiuti i genitori e i bambini a vivere la loro vocazione secondo la volontà di Cristo.

208 Un problema specifico che state affrontando nella vostra sollecitudine per le famiglie è rappresentato dai matrimoni interconfessionali. Le coppie che si trovano in tale situazione spesso hanno bisogno di un’assistenza particolare. La preparazione al matrimonio, che è “compito soprattutto della famiglia” (Eiusdem, Lettera alle famiglie LF 16), ma che richiede anche l’aiuto di sacerdoti e altri ministri, dovrebbe garantire che la fede del coniuge cattolico e il suo libero esercizio siano sufficientemente salvaguardati, soprattutto per quanto riguarda il dovere di fare tutto il possibile per assicurare che i figli nati da tale matrimonio ricevano il battesimo cattolico e una educazione cattolica (cf. Eiusdem, Familiaris consortio FC 78). L’autentico dialogo interreligioso e la comprensione non vengono favoriti dall’indifferenza verso la religione, ma dall’amore della verità e dal sincero rispetto reciproco.

5. La Chiesa in Thailandia è giustamente orgogliosa del contributo offerto dalle sue scuole cattoliche alla promozione della vita ecclesiale e nazionale. Il Concilio Vaticano II descrive i principali fini delle scuole gestite dalla Chiesa: ovvero che i bambini cattolici vengano “iniziati gradualmente alla conoscenza del mistero della salvezza,... si preparino a vivere la propria vita secondo l’uomo nuovo nella giustizia e nella santità della verità... e diano il loro apporto all’aumento del suo corpo mistico” (Gravissimum educationis GE 2). Sono certo che sarete sempre vicini a coloro che si dedicano a questo apostolato, che farete ogni sforzo possibile per conservare e rafforzare l’identità cattolica delle scuole della Chiesa e che cercherete dei modi per aprire ancora di più le porte ai membri meno fortunati della comunità cattolica e della società in generale. È questo un modo importante di mettere in pratica l’opzione preferenziale della Chiesa per i poveri.

La missione della Chiesa in Thailandia è altresì promossa dal crescente impegno della vostra Conferenza nell’ambito delle comunicazioni sociali. Con grande gioia ho appreso che vi siete assunti la responsabilità di trasmettere programmi televisivi che siano uno strumento di evangelizzazione. Ciò vi offre nuove e interessanti opportunità; è necessario compiere ogni sforzo possibile per insegnare ai fedeli a fare un uso appropriato dei mezzi di comunicazione come strumento della “civiltà dell’amore”.

6. Come illustrano le vostre relazioni quinquennali, le vostre Chiese particolari sono benedette da molti candidati al sacerdozio e alla vita religiosa. In particolare mi unisco a voi nel ringraziare Dio in occasione del venticinquesimo anniversario del Lux Mundi, il Seminario Maggiore Nazionale, per l’opera svolta nel preparare sacerdoti che saranno “santi e immacolati” al cospetto di Dio (cf. Ef Ep 1,4). È importante che le famiglie e le comunità parrocchiali preghino ferventemente per un aumento delle vocazioni e che voi siate personalmente coinvolti nell’intero processo di formazione dei vostri seminaristi, assegnando a questo compito sacerdoti esemplari, anche se ciò comporta sacrifici in altri ambiti.

Anche negli anni successivi all’ordinazione, soprattutto nei primi tempi, è necessario adoperarsi per aiutare i sacerdoti a conservare l’abitudine della disciplina, della preghiera e dello zelo apostolico appresa in seminario. Il Direttorio per il ministero e la vita dei presbiteri, pubblicato con la mia approvazione dalla Congregazione per il Clero, dovrebbe guidarvi, sia individualmente sia attraverso la Conferenza Episcopale, nei vostri sforzi per rinnovare le menti e i cuori dei sacerdoti impegnati nella missione della Chiesa. Possano i sacerdoti non considerarsi mai semplici custodi delle istituzioni ecclesiali bensì “strumenti vivi di Cristo eterno sacerdote” (Presbyterorum ordinis PO 12) nel predicare la Parola, nel celebrare i sacramenti e nel diffondere il Regno di Dio! Il rapporto personale tra un Vescovo e i suoi sacerdoti, i suoi “collaboratori” (1Co 3,9) nel servire il popolo di Dio e nel proclamare il Vangelo ad gentes, presenta inoltre il ministero ordinato come autentica “opera collettiva” (Giovanni Paolo II, Pastores dabo vobis PDV 17). Questo senso di fraterna collaborazione è acuito dell’effettiva realizzazione delle varie strutture di comunione ecclesiale auspicate dal Concilio Vaticano II e dal Codice di Diritto Canonico. Così la diocesi dimostrerà di essere una vera famiglia, una comunità di persone in cui tutti, clerici, religiosi e laici, pongono i propri carismi al servizio dell’intero Corpo di Cristo (cf. Rm Rm 12,4-8 1Co 12,4-11).

7. Pur salvaguardando la giusta autonomia degli Istituti di Vita Consacrata esistenti nella vostra diocesi, potete aiutarli a compiere la loro particolare missione dando loro la dovuta considerazione nella pianificazione pastorale (cf. Giovanni Paolo II, Vita consecrata VC 48-49). Continuate ad esortare i Superiori a discernere con attenzione l’idoneità dei candidati che chiedono di essere ammessi e, soprattutto negli Istituti di diritto diocesano, aiutateli a offrire una solida formazione spirituale, morale e intellettuale prima e dopo la professione dei consigli evangelici. Colgo l’occasione per chiedere a tutti gli uomini e le donne consacrati in Thailandia di meditare devotamente e a lungo sull’Esortazione Apostolica post-sinodale Vita consecrata e di accettarla come un dono provvidenziale dello Spirito alla Chiesa dei nostri giorni. Essi dovrebbero guardare con gioia al futuro, verso il quale lo Spirito li sta guidando, con determinata fedeltà ai carismi della loro chiamata e con totale dedizione a Colui nel quale hanno riposto la loro fiducia (cf. 2Tm 1,12). Possano loro recare testimonianza in mezzo al popolo di Dio del “primato di Dio e dei beni futuri” (Giovanni Paolo II, Vita consecrata VC 85) e della verità che in Gesù Cristo “è vicino . . . il regno di Dio” (Lc 10,9)!

Desidero esprimere un particolare apprezzamento alle religiose in Thailandia che sono totalmente dedite alla vita contemplativa, nella speranza che si possa presto istituire anche una comunità contemplativa di uomini. Attraverso la loro testimonianza delle tradizioni dell’ascetismo e del misticismo i religiosi contemplativi offrono un valido contributo, in modo silenzioso ma efficace, al dialogo interreligioso (cf. Giovanni Paolo II, Vita consecrata VC 8). Condividendo la loro esperienza di preghiera interiore, di meditazione e di contemplazione, essi contribuiscono a creare vincoli più stretti tra i seguaci del cristianesimo e i buddisti, aprendo al contempo la strada a una maggiore collaborazione nella promozione dello sviluppo umano integrale. In questo contesto, la dottrina sociale della Chiesa costituisce anche un ponte che collega i cristiani e i buddisti.Possiate voi e i vostri concittadini appartenenti a tradizioni religiose diverse operare insieme nel rispetto e nella comprensione reciproca per difendere la vita e la dignità umane, sostenere la famiglia e promuovere la giustizia e la pace nella società, collaborando in ogni modo possibile per edificare una società sempre più degna della persona umana!

8. Cari Fratelli, durante la mia Visita Pastorale nella vostra nazione, ho condiviso con voi la speranza che il mistero di Cristo venisse fatto conoscere “nei veri valori che caratterizzano la vostra cultura tailandese” (Giovanni Paolo II, Discorso ai sacerdoti, ai religiosi e ai laici, 11 maggio 1984, n. 7: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, VII, 1 (1984) 1367). Il segno di cattolicità della Chiesa implica il fatto che il Vangelo deve incarnarsi nella cultura di ogni popolo e che il messaggio evangelico deve sempre essere predicato in modo accessibile alla comprensione di un popolo. Il compito necessario e arduo dell’inculturazione non rappresenta né un sincretismo né un adattamento della verità. Esso indica piuttosto che il Vangelo possiede la forza interiore per raggiungere il cuore stesso di una cultura e incarnarsi in essa: la Buona Novella prende i molti valori positivi presenti nelle diverse culture e li introduce nel mistero della salvezza purificandoli, elevandoli e perfezionandoli nella luce della divina Sapienza (cf. Lumen gentium LG 17). Prego affinché Dio Onnipotente vi conceda il dono del discernimento, permettendovi di incoraggiare con saggezza e giudicare con prudenza questo processo di inculturazione, processo che deve essere promosso ogni giorno di più se la Chiesa deve radicarsi sempre più profondamente in Thailandia.

9. L’approssimarsi del Terzo Millennio sta ispirando l’intera Chiesa a volgersi con maggior fervore verso il suo Signore e a partecipare più pienamente alla sua missione redentrice.Come Pastori abbiamo una responsabilità unica nello svolgere questo compito sacro. Durante l’Ultima Cena Gesù ha invitato i suoi apostoli a essere suoi amici (cf. Gv Jn 15,13-14) suggellando questa amicizia con il dono dell’Eucaristia. Egli continua a invitare noi, successori degli apostoli, a entrare in comunione con lui, di modo che possiamo poi condurre molti altri - coloro che già fanno parte del gregge e coloro che ancora sono lontani - verso colui che è “la nostra pace” (Ep 2,14). Prego affinché il Grande Giubileo in Thailandia sia veramente un “anno di misericordia del Signore” (Is 61,2 cf. Lc Lc 4,19) al quale ogni Chiesa particolare si preparerà con spirito di conversione e con un rinnovato impegno nell’evangelizzazione. Possa Maria intercedere per il popolo che voi servite con zelo e devozione e condurre tutti voi a suo Figlio, che è “la luce vera, quella che illumina ogni uomo” (Jn 1,9)! Con caloroso affetto per il Popolo di Dio in Thailandia, presente nel mio cuore e che ricordo ogni giorno nelle mie preghiere, imparto di cuore la mia Benedizione Apostolica.

Settembre 1996



VIAGGIO APOSTOLICO IN UNGHERIA

CERIMONIA DI BENVENUTO


Aeroporto Internazionale «Ferihegy I» (Budapest)

Venerdì, 6 settembre 1996




209 Signor Presidente!

1. Con profonda commozione faccio visita per la seconda volta a questo nobile Paese, il cui destino ha tanti punti di contatto con quello della mia terra d’origine. La saluto con deferenza e La ringrazio cordialmente per le gentili parole di benvenuto, che ha voluto rivolgermi anche a nome dei suoi concittadini. Saluto pure i rappresentanti del Governo e dell’Assemblea nazionale, i membri del Corpo Diplomatico ed il Signor Sindaco di Budapest, che con la loro presenza hanno voluto onorare questo incontro.

Saluto inoltre il Signor Cardinale László Paskai, insieme con i venerati Fratelli nell’Episcopato, i sacerdoti, i religiosi, le religiose e l’intera comunità cristiana ungherese. Saluto con affetto speciale gli insegnanti e gli alunni che in grande numero sono qui oggi in rappresentanza delle scuole cattoliche ungheresi. Carissimi Giovani, non dimenticate: Voi siete il futuro della Chiesa! Estendo il mio grato pensiero a tutti quelli che sono qui venuti per accogliermi ed a quanti ci seguono mediante la radio e la televisione.

Questo Viaggio apostolico ha motivazioni particolarmente significative: l’Ungheria celebra quest’anno l’undicesima ricorrenza secolare della sua esistenza e commemora, in particolare, i mille anni di fondazione dell’Abbazia di Pannonhalma.Come non rendere grazie a Dio per quanto Egli ha operato nel corso di questi secoli? Ho accolto ben volentieri l’invito fattomi a prendere parte alle celebrazioni previste per l’Arciabbazia ed a visitare la città di Gyor, uno dei primi centri ecclesiali del vostro Paese. Avrò modo così di introdurmi nella vostra storia e di conoscere meglio la sorgente culturale e religiosa alla quale voi, Ungheresi, avete attinto luce e forza nel corso dei secoli. Ad essa voi volete far riferimento anche oggi, per continuare a trarne il coraggio e la saggezza necessari per costruire il vostro futuro, che sarà saldo nella misura in cui poggerà sui principi che hanno ispirato le nobili tradizioni del vostro passato.

Molti santi ed eroi, attorniati da schiere di gente umile e laboriosa, hanno segnato le pagine della vostra storia. Il mio augurio è che questa storia più che millenaria possa rafforzare ciascuno di voi nella convinzione che “è beato il popolo di cui Dio è il Signore” (Sal 143[144], 15).

2. Alle soglie di un nuovo millennio, è opportuno volgere lo sguardo al passato per raccoglierne le grandi lezioni che possono orientare l’impegno nel presente e la progettazione del futuro. E questo è ancor più vero, se si considerano le condizioni sociali in cui versano i popoli dell’Europa centro-orientale, che hanno finalmente riconquistato la libertà dopo un lungo periodo di dura dittatura comunista. Essi sono posti oggi di fronte a non pochi problemi. Si stanno vivendo anni difficili. L’ottimismo legato alla storica caduta delle ideologie è stato, purtroppo, di breve durata. È subentrato ben presto un periodo di sofferto travaglio, che, pure in Ungheria, ha segnato e continua a segnare l’esistenza di tutti.

Carissimi cittadini ungheresi, nessuno si scoraggi per le difficoltà del presente, nessuno disprezzi i risultati sinora raggiunti! Dopo gli eventi drammatici di questo secolo che sta per finire, non ci si deve stupire se la rinascita e l’auspicato sviluppo richiedono tempo. Le conseguenze funeste dei lunghi anni di dittatura possono essere superate, materialmente e spiritualmente, soltanto con l’impegno paziente e perseverante di tutti, specialmente delle giovani generazioni.

D’altra parte, esaminando la storia ungherese, non emerge forse che più volte i vostri antenati si sono trovati di fronte a sfide difficili? Così è avvenuto nella guerra contro gli eserciti ottomani, così in altri conflitti e prove con cui il vostro Paese ha dovuto misurarsi nel corso dei secoli. Come il popolo seppe riprendersi allora, traendo vigore rinnovato dalle prove affrontate, così sarà anche ora: l’Ungheria sarà ancora prospera e felice per svolgere con autorevolezza la missione a cui è chiamata nel concerto delle altre libere Nazioni.

3. Signor Presidente, importante è perseverare nella ricerca del bene, salvaguardando ed incrementando, a costo anche di sacrifici, quel complesso di valori spirituali che costituiscono il nucleo del patrimonio storico della Nazione: essi devono costantemente animare ogni progetto personale e comunitario. Ciò suppone, com’è ovvio, la leale collaborazione di tutti: giovani ed adulti, ricchi e poveri, credenti e non credenti, nella concorde tensione verso un medesimo obiettivo, il bene comune. In questo sforzo comunitario, grande responsabilità hanno coloro che ricoprono funzioni pubbliche: nel loro servizio non debbono mai perdere di vista il bene dell’intera comunità sociale. Ciascuno è così chiamato ad offrire il proprio contributo perché l’Ungheria possa essere effettivamente la casa comune di ogni suo abitante.

Signor Presidente, vorrei rinnovare, in questo momento, il mio apprezzamento per lo sforzo che l’intero popolo ungherese va facendo in tale direzione. Sono certo che i sacrifici di questo periodo raggiungeranno, grazie al contributo leale di ciascuno, l’obiettivo auspicato: il rinnovamento intellettuale, morale e materiale dell’intero Paese.

Mi si consenta di ricordare i versi di una nota poesia di Vörösmarty, che possono ben sintetizzare il mio pensiero: “In così grande sfortuna, dopo così grande discordia, diminuita di numero ma non distrutta, questa Nazione vive nella sua terra” (Szózat).

210 4. È questo, Signor Presidente, il mio augurio, che accompagno con l’assicurazione di un particolare ricordo nella preghiera. Si avvicina a grandi passi il Giubileo del Duemila, occasione provvidenziale per il generoso popolo ungherese di rinnovare la propria fede in Cristo, la cui luce ne ha illuminato il secolare cammino. Per i credenti Cristo è la Via, la Verità e la Vita. Risuoni, pertanto, con forza rinnovata l’annuncio salvifico della sua parola sul suolo ungherese e possano i cittadini risentirne il tonificante effetto spirituale. Per questo pregherò nella storica Abbazia di Pannonhalma e durante la solenne Celebrazione eucaristica a Gyor.

Nessun’altra intenzione, se non quella di rinnovare quest’annuncio di salvezza, mi ha nuovamente condotto tra voi. Sono venuto per condividere le ansie e le attese del vostro Popolo, persuaso, come canta Vörösmarty, che il rinnovamento dell’Ungheria avverrà se “centinaia di migliaia pregheranno con fervore per questo” (Szózat).

La Chiesa proclama con audacia in ogni angolo della terra: Aprite le porte a Cristo! Egli è venuto affinché tutti abbiano la vita in pienezza. È nella luce della missione di Cristo che do oggi inizio alla mia Visita pastorale.

Con questi sentimenti abbraccio spiritualmente l’intero Popolo ungherese.

Dio benedica l’Ungheria!



VIAGGIO APOSTOLICO IN UNGHERIA


AGLI AMMALATI E AGLI ANZIANI


Ospizio «Casa di Santo Adalberto» (Arciabbazia di Pannonhalma)

Venerdì, 6 settembre 1996




Considero importante, durante il mio pellegrinaggio in Ungheria, questo pur breve incontro con voi, carissimi Fratelli e Sorelle, segnati dalla malattia e dal peso degli anni. Vi ringrazio per avermi invitato, testimoniando così l’affetto e la vicinanza spirituale di ciascuno di voi al Papa. Il mio pensiero va anche a quanti, a motivo dell’infermità e dell’età, accompagnano questa mia visita da casa, da una clinica, dall’ospedale.

A tutti un sentito grazie, in special modo per le preghiere! Grande è il valore dell’umana sofferenza e indispensabile è l’apporto della cosiddetta “terza età”! Quella della malattia è una condizione ambivalente: da una parte, impedendo in vario modo la persona, la conduce a sperimentare il proprio limite e la propria fragilità; dall’altra, mettendola a più diretto contatto con la Croce di Cristo, l’arricchisce di possibilità nuove. Con l’offerta a Cristo delle proprie sofferenze, la persona malata può recare un personale contributo alla sua opera redentiva e partecipare attivamente all’edificazione della Chiesa. Anche l’anziano costituisce una presenza assai preziosa per la famiglia e per la società.

Voi anziani siete i custodi di un patrimonio ricchissimo di valori e di esperienze. Non tenetelo chiuso in voi stessi, ma comunicatelo ai più giovani, con saggezza e discrezione, ed essi stessi ve ne saranno grati.

Carissimi Fratelli e Sorelle, la Vergine Maria vi ottenga di vivere in pienezza di fede la vostra condizione e di trovare negli altri attenzione, ascolto e solidarietà. A ciascuno di voi e a tutti i malati ed anziani di questo amato Paese imparto di cuore una speciale Benedizione Apostolica, che estendo volentieri anche alle persone che si prodigano generosamente nell’assistenza.



VIAGGIO APOSTOLICO IN UNGHERIA


AI VESCOVI UNGHERESI


211
Vescovado di Gyor - Sabato, 7 settembre 1996




Venerati Fratelli nell’Episcopato!

1. Sono lieto di incontrarvi nel corso di questa mia seconda visita alla diletta Nazione ungherese. Pur nella sua brevità, questo soggiorno fra voi mi offre l’opportunità di sperimentare la verità delle parole del Salmo: “Ecce quam bonun et quam iucundum habitare fratres in unum” (
Ps 132,1).

Sono tra voi per condividere le vostre preoccupazioni e le vostre speranze in questo particolare momento storico. Sono tra voi per ringraziare il Signore per il cammino sinora compiuto dalla vostra Nazione. Come altri Paesi provati dalle sofferenze di un difficile passato, anche l’Ungheria s’è avviata sulla promettente via del rinnovamento. Via promettente, ma ardua, così da giustificare momenti di trepidazione e di perplessità, quando non anche di scoramento. Sono qui, oggi, con voi per portarvi la testimonianza della mia solidarietà e del mio sostegno.

Vocazione e compito di ciascuno di voi è di condurre il popolo a voi affidato verso “i nuovi cieli e la terra nuova”, di cui parla la Scrittura (cf. Ap Ap 21,1 2P 3,13). Restate saldi in questa vocazione; siate per i vostri compatrioti, che per secoli hanno difeso l’Europa cristiana senza mai perdere la speranza, i coraggiosi amministratori del Vangelo di Dio, veicolo di salvezza per tutti gli uomini. Dio, nella sua misteriosa Provvidenza, vi ha affidato questo compito. Accoglietelo con fiducia e chiedete a Lui la forza della perseveranza.

2. Custodite soprattutto l’integrità della Parola di Dio e dell’insegnamento cristiano. Le generazioni cresciute negli ultimi decenni, a causa dell’erronea visione dell’uomo e della storia imposta dalle dittature, si sono allontanate nel pensiero, oltre che nel linguaggio e nello stile di vita, dalla tradizione cristiana. Molti diffidano della Chiesa e del suo insegnamento. Delusi nelle loro aspettative, ritengono scontata l’affermazione, oggi diffusa, secondo la quale la Chiesa è realtà non solo marginale, ma praticamente superflua. Essa, infatti, non avrebbe nulla da offrire per l’esistenza sulla terra, l’unica che per essi conta. In questo contesto, ampiamente inquinato da dottrine ingannatrici (cf. 1Tm 4,1), si svolge il vostro impegno pastorale. Come non avvertire l’urgenza di un rinnovato slancio apostolico che scuota le coscienze e le induca ad affrontare con sincerità gli interrogativi essenziali che l’uomo porta nel cuore? Queste terre dell’Europa centro-orientale hanno conosciuto nel passato un’autentica fioritura di martiri e di santi. Perché non sperare nella possibilità di una nuova primavera di vita cristiana?

3. Ho appreso con gioia che il Catechismo della Chiesa Cattolica è uscito in lingua ungherese e che nel contempo vengono avviati i preparativi per una nuova traduzione ed edizione della Bibbia.“La parola di Dio è viva, efficace e più tagliente di ogni spada a doppio taglio” (He 4,12). Essa splende per l’uomo di tutti i tempi come luce nel labirinto della vita.

Fate ogni sforzo perché la parola della Scrittura giunga nelle mani di tutti, anche se ciò richiede non pochi sforzi e sacrifici. Anche i sussidi elaborati per l’insegnamento della religione ai giovani sono quanto mai utili per evangelizzare una società fortemente secolarizzata com’è l’attuale. La redazione di manuali catechetici adatti alle varie età renderà possibile anche per la generazione secolarizzata degli adulti un’opportuna introduzione alle questioni di fede e di morale più attuali e scottanti. So che avete, altresì, curato la traduzione in lingua ungherese di non pochi documenti pontifici.

Di particolare importanza sono quelli riguardanti i temi fondamentali della dottrina teologica e morale. Oggi, poi, è necessario fare in modo che la buona Novella della salvezza ottenga anche nei media il posto che le spetta. Formate esperti nell’uso dei moderni mezzi di comunicazione. Di grande aiuto sarà pure una radio cattolica, che assicuri alla voce della Chiesa la possibilità di raggiungere i fedeli in tutto il territorio nazionale. Incoraggiate inoltre gli intellettuali credenti ad assumere pubblicamente posizione in favore della fede. Vale anche per loro la parola di Gesù: “Quello che vi dico nelle tenebre, ditelo nella luce, e quello che ascoltate all’orecchio predicatelo sui tetti” (Mt 10,27).

4. Grande è la messe e pochi gli operai! In Ungheria il numero di sacerdoti, religiosi e religiose, in conseguenza anche delle restrizioni imposte dal passato regime, è piuttosto scarso. È urgente, pertanto, un rinnovato impegno nella pastorale vocazionale. Contemporaneamente, si rende anche indispensabile il ricorso all’apporto di laici seriamente formati e ripieni di zelo apostolico. Per l’annuncio del Vangelo debbono essere impegnate tutte le forze. Ciascuno si senta impegnato a diffondere con gioia la parola di verità; essa porterà frutti nella vita delle generazioni future. Il granello di senapa del Vangelo deve essere seminato oggi per diventare, a suo tempo, secondo la provvidenza di Dio, un albero grande.

La Chiesa è stata fondata da Cristo per diffondere la buona Novella in tutti gli angoli della terra. Essa è Cristo che vive nei secoli, il popolo di Dio pellegrinante verso la patria celeste. In questo esodo di salvezza siamo sorretti dalla speranza e dalla forza rinnovatrice dello Spirito Santo. La sua presenza operosa ci è assicurata dalla promessa di Cristo (cf. At Ac 1,7-8). Non manchiamo, dunque, di fiducia anche in mezzo agli insuccessi, ma continuiamo con ottimismo a gettare la rete.

212 5. Particolare attenzione dovrà essere riservata ad alcuni grandi problemi del momento, soprattutto in ambito sociale. Nelle scorse settimane la vostra Conferenza ha pubblicato, al riguardo, un ampio documento dal titolo: “Un mondo più giusto e più fraterno”. Esso è indirizzato non solo ai cattolici, ma anche a tutti gli uomini di buona volontà. Confido che il testo sia occasione di un fecondo confronto tra quanti hanno a cuore il vero bene del Paese, così che gli stimoli da voi offerti maturino in concrete iniziative nei fondamentali settori sociali presi in esame.

Cari e venerati Fratelli nell’episcopato, come araldi del Vangelo siate difensori dell’uomo, creato ad immagine di Dio e redento dal sangue di Cristo. Siate soprattutto difensori della vita umana. Si ha talvolta l’impressione che siano rimasti quasi soltanto i cristiani a battersi per la tutela della vita. Oggigiorno la società consumistica ed edonistica mette in pericolo soprattutto la vita non ancora nata e quella sul far del tramonto. È compito dei credenti promuoverne il valore e difenderla con le parole e con le azioni. La Chiesa ha una speciale vocazione nel servire la vita, soprattutto davanti ai pericoli della cultura della morte.

Un altro importante capitolo è costituito dalla difesa dei più deboli, a cominciare dalle minoranze: penso alla minoranza di vostri compatrioti presenti in altri Paesi, come ai gruppi etnici diversi che vivono qui in Ungheria e fra questi soprattutto ai profughi. Difendere e promuovere l’uomo, ogni uomo, è condizione indispensabile per l’annuncio del Vangelo. Accanto alla tutela della vita umana, sia vostra cura difendere la famiglia, che costituisce la base di ogni società sana e la fonte del futuro di ogni nazione.

Non è forse compito della Chiesa fare tutto il possibile perché si conservi l’istituzione del matrimonio come ordinamento voluto da Dio e come fondamento portante della stessa concordia civile? Bene fate voi, pertanto, a ricordare spesso che l’Ungheria avrà un futuro solo se le famiglie della vostra amata Patria si mettono al servizio della vita. Quest’anno, in Ungheria la scuola cattolica ha compiuto mille anni.

Quante generazioni si sono formate alla scuola del Vangelo! È un’eredità che va conservata. Educate soprattutto i giovani al rispetto di questo patrimonio glorioso, che costituisce il fondamento più solido per la costruzione di quella “casa comune europea” che tanti oggi auspicano. Le scuole che preparano i vostri figli alla vita nel segno del Vangelo assicurano all’Ungheria un posto nel terzo millennio; questo paese diventerà di nuovo un giardino ornato di fiori, un Paese di santi.

6. Venerati Fratelli nell’episcopato, un sintomo preoccupante del nostro tempo è che molte persone hanno perso il senso della colpa e del peccato. Se l’uomo non riconosce più la sua peccaminosità, non è più in grado d’essere perdonato e di ricevere la riconciliazione. Il pericolo dei nostri giorni è che l’uomo, sostituendosi a Dio, voglia decidere da solo ciò che è bene e ciò che è male. È la ribellione antica che riemerge. Di fronte ad essa, misericordioso e fermo deve essere il nostro atteggiamento di Pastori, sempre memori delle parole di Cristo: “Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati; io non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori a convertirsi” (
Lc 5,31-32).

Occorre una grande capacità di pazienza e di perseveranza. Con l’accoglienza e la comprensione noi dobbiamo disporre i cuori ad aprirsi all’azione della grazia, che invita alla conversione. Se è vero che il pentimento è un’iniziativa personale nella quale non sono possibili deleghe, è però indiscutibile l’aiuto che può venire in questa materia dalla parola fraterna, dall’esempio e dalla preghiera.

Il nostro cuore deve, perciò, essere pronto ad accogliere come fratelli e sorelle tutti, anche coloro che hanno abbandonato la pratica religiosa e, al momento, non sono ancora disposti a pentirsi. La condanna del peccato e dell’infedeltà va di pari passo con la comprensione verso l’errante e il peccatore.

7. È tenendo ben saldi questi principi dottrinali e morali che voi potrete contribuire a conservare e sviluppare il patrimonio cristiano della Nazione ungherese. I valori accumulati in oltre mille anni di storia costituiscono un patrimonio che gli ungheresi per primi devono amministrare. Se essi non vi si impegneranno, chi lo farà per loro? Altri non lo faranno per loro. Voi, che come cittadini siete parte della Nazione e come successori degli Apostoli siete capi del popolo di Dio, avete al riguardo una speciale responsabilità.

Promuovete in modo particolare la venerazione dei vostri Santi. In essi si riassume il meglio della vostra storia millenaria. Il loro esempio deve essere riproposto alle nuove generazioni. La santità autentica non passa mai di moda. Nella vita dei Santi ungheresi è possibile ammirare la fede intrepida e l’audacia apostolica, la nobiltà dell’animo e l’umiltà del cuore, lo spirito di penitenza e il servizio ai poveri, agli ammalati, agli ultimi. Non mancano tra loro rappresentanti di ogni ceto sociale, che hanno saputo essere testimoni di Cristo in ogni situazione, compresa anche quella del sacrificio supremo.

8. Sforzatevi, a vostra volta, di confortare il vostro insegnamento con la coerenza della vita. Ricorderete in tal modo ad ogni battezzato che universale è la chiamata alla santità. “Siate santi perché io, il Signore, Dio vostro, sono santo” (Lv 19,2).Sono note le parole del Signore: “Siate dunque perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste” (Mt 5,48).

213 Ciò che scrive l’Apostolo delle genti a Timoteo vale per tutti i Vescovi: “Ma tu, uomo di Dio . . .; tendi alla giustizia, alla pietà, alla fede, alla carità, alla pazienza, alla mitezza... per la quale hai fatto la tua bella professione di fede davanti a molti testimoni” (1Tm 6,11-12). “Sii esempio ai fedeli nelle parole, nel comportamento, nella carità, nella fede, nella purezza... non trascurare il dono spirituale che è in te e che ti è stato conferito con l’imposizione delle mani da parte del collegio dei presbiteri” (1Tm 4,12-15). È così che potrete efficacemente svolgere il vostro apostolato, seguendo le illuminate indicazioni del Decreto conciliare Christus Dominus sull’ufficio pastorale dei Vescovi nella Chiesa.

9. Venerati Fratelli nell’episcopato, vorrei aggiungere ancora una parola. Nel 1993 sono state ristrutturate le diocesi del vostro Paese. Tale passo, resosi necessario per esigenze pastorali, non deve in nessun modo indebolire la comunione tra tutti i credenti. Anzi, essi devono, sotto la cura del Vescovo, trovare e conservare lo spirito dell’autentica “communio”, sentendo in profondità la propria appartenenza al Corpo Mistico di Cristo e la conseguente responsabilità che li lega gli uni agli altri (cf. Christus Dominus CD 16, 22, 23).

L’esperienza di questi anni ha posto, inoltre, in evidenza l’importanza di una pastorale organica e coordinata. Proprio da questo punto di vista si giustifica appieno il ruolo delle Conferenze episcopali. Sia, pertanto, vostro impegno di affrontare insieme - in sede di Conferenza - i problemi pastorali di rilevanza nazionale, per analizzarne accuratamente le componenti e deciderne concordemente le soluzioni, secondo quanto dispone lo stesso Decreto Christus Dominus (cf. n. 37) e le norme canoniche vigenti.

Ciò renderà più efficace il vostro ministero di pastori. Nel vostro Paese sono numerosi i credenti in Cristo appartenenti ad altre Confessioni cristiane. Soleva ripetere il mio venerato predecessore il Papa Giovanni XXIII: Dobbiamo cercare ciò che ci unisce e non quello che ci separa. Mai venga meno in voi l’anelito verso la piena unità dei cristiani. Il concorde impegno delle Chiese e delle Comunità cristiane ridonderà a beneficio dell’intera vostra Nazione. Il Signore assista e corrobori la vostra sollecitudine ecumenica e vi guidi in ogni iniziativa che intraprenderete con tutti gli uomini di buona volontà al fine di conservare e promuovere la pace.

La memoria dei vostri Confratelli, che in decenni di prove hanno sofferto per difendere la fede e favorire l’intesa tra i cittadini, mentre è per voi motivo di legittima fierezza, diventi anche sorgente di ispirazione e di orientamento per le decisioni da assumere nelle nuove circostanze.

10. Vorrei terminare invitandovi, venerati e cari Fratelli nell’episcopato, ad unirvi con me nel porre ogni fiducia nella Vergine Santissima, nella “Magna Domina Hungarorum”. Come già fece il primo santo re Stefano, che pose il futuro del suo popolo sotto la tutela della Madre di Dio, anche oggi vorrei rinnovare con voi questo atto di corale affidamento al suo Cuore Immacolato. Maria sia sempre speranza del vostro Paese e sotto la sua protezione viva e progredisca l’Ungheria con tutti i suoi figli.

Avvaloro questi voti con una speciale Benedizione Apostolica.

GP2 Discorsi 1996 206