GP2 Discorsi 1996 8


AI VESCOVI INDIANIDELLE CHIESE SIRO-MALABARESE


E SIRO-MALANKARESE IN VISITA «AD LIMINA»


Giovedì, 18 gennaio 1996




Eminenza,
9 Cari Fratelli Vescovi,

1. Al termine della vostra visita ad Limina, desidero assicurarvi di nuovo del sincero affetto e della stima fraterna che nutro per le venerabili Chiese Cattoliche Orientali presenti in India, la Chiesa Siro-Malabarese e la Chiesa Siro-Malankarese. Le vostre comuni origini risalgono agli inizi del cristianesimo, alla predicazione del glorioso Apostolo Tommaso. Oggi la natura dinamica delle vostre comunità testimonia la presenza costante dello Spirito Santo nella vita di ogni Chiesa particolare basata sulla tradizione apostolica e da essa sostenuta. “Noi però dobbiamo rendere sempre grazie a Dio per voi, fratelli amati dal Signore, perché‚ Dio vi ha scelti come primizia per la salvezza, attraverso l’opera santificatrice dello Spirito e la fede nella verità” (
2Th 2,13). Con affetto nel Signore mi congratulo con il Cardinale Antony Padiyara, Arcivescovo Maggiore della Chiesa Siro-Malabarese, che a dicembre ha celebrato il cinquantesimo anniversario della sua ordinazione sacerdotale.

Rivolgo uno speciale benvenuto a Cyril Mar Baselios, recentemente nominato Arcivescovo Metropolitano di Trivandrum della Chiesa Siro-Malankarese. Attraverso di lei saluto tutta la Chiesa Siro-Malankarese, che si mantiene così fedele alla sua tradizione orientale con un vigoroso impegno apostolico. Presenti nei nostri pensieri, in questa lieta occasione, sono le figure di due indimenticabili Pastori, Mar Ivanios, che vi ha condotto a riscoprire la piena comunione con la Sede di Pietro, e Mar Gregorios, che con tanta saggezza ha diretto lo sviluppo della vostra Chiesa. Confido nel fatto che seguirete le loro orme, guidando la Chiesa “fortiter et suaviter”.

2. Nella sua sapienza il Signore ha concesso alle vostre Chiese molti segni della sua benevolenza. Fra questi dobbiamo ricordare le abbondanti vocazioni al sacerdozio e alla vita religiosa che Egli continua a suscitare nelle vostre famiglie e nelle vostre comunità. Questo dono costituisce una sfida fondamentale e una responsabilità per voi in quanto Pastori. Esso richiede una selezione accurata dei candidati, una particolare attenzione alla loro formazione in armonia con la vostra tradizione orientale e in sintonia con le direttive emanate negli ultimi anni dalle Competenti Congregazioni della Santa Sede. Quello della formazione sacerdotale dovrebbe costituire un periodo prezioso di preghiera in una serena atmosfera di studio, riflessione e carità fraterna. In tali circostanze una vocazione può infatti fiorire e progredire quotidianamente in libertà, caratterizzata dal totale dono di sé‚ in risposta alla costante fedeltà di Dio. Vi esorto a tutelare queste vocazioni con grande sollecitudine, senza mai permettere a conflitti nell’ambito della comunità di danneggiare l’integrità del processo di formazione. Apprezzo il fatto che un importante traguardo sia stato raggiunto durante il Sinodo Siro-Malabarese, che ha appena avuto luogo, vale a dire l’accordo sulla necessità di offrire attenzione, solennità e completezza speciali alla liturgia nei vostri seminari in vista di una formazione del clero omogenea e coerente.

3. Ho seguito con grande interesse il lavoro del Sinodo della Chiesa Siro-Malabarese. Avete esaminato la procedura stessa del Sinodo e l’importante questione della natura di comunione fra i suoi membri. Una comprensione migliore della natura “organica” della comunione gerarchica, che richiede una forma giuridica e contemporaneamente è animata dalla carità (cf. Lumen Gentium, Nota Previa), è il giusto contesto nel quale affrontare le difficoltà che si presentano lungo il cammino della crescita e dello sviluppo della vostra Chiesa.

C’è un risultato del vostro Sinodo che ho constatato con particolare gioia e per il quale vi do il mio pieno sostegno: l’accordo unanime di tutti i Vescovi circa i passi da compiere per promuovere una maggiore unità nell’elaborazione e nella celebrazione della liturgia. Vi sono grato per gli sforzi che avete compiuto per raggiungere questo accordo e vi esorto a fare tutto il necessario per tramutarlo in realtà in tutte le vostre Eparchie.

4. Avete anche raggiunto un ulteriore consenso circa l’attività missionaria e la sollecitudine pastorale dei fedeli in altre parti dell’India e ovunque nel mondo. La mia Lettera ai Vescovi dell’India del 28 maggio 1987 aveva già offerto alcune indicazioni a questo riguardo. Allora i Dicasteri interessati operarono di comune accordo e raggiunsero risultati concreti. Ora è necessario continuare quel lavoro nel dialogo costante con i Vescovi dell’India di rito latino. Sono necessarie grande apertura e comprensione reciproca da parte di tutti gli interessati nella consapevolezza che la salvezza delle anime - salus animarum - è la legge suprema dell’azione pastorale.

5. Oggi ha inizio l’annuale Settimana di Preghiera per l’Unità dei Cristiani. Le vostre stesse Chiese sono la prova vivente del fatto che “la legittima diversità non si oppone affatto all’unità della Chiesa, anzi ne accresce il decoro e contribuisce non poco al compimento della sua missione” (Giovanni Paolo II , Ut unum sint UUS 50). Vi esorto a perseverare nel dialogo di amore e nel dialogo teologico con i vostri fratelli che non sono in piena comunione con noi. Infine, l’unità di tutti i fedeli cristiani è una grazia che dobbiamo ardentemente implorare e che dobbiamo sforzarci di meritare attraverso la fedeltà umile e generosa al Vangelo.

6. Durante la vostra visita ad Limina avete comunicato, presso le tombe dei Principi degli Apostoli, Pietro e Paolo, e al cuore del Successore di Pietro, i risultati, le speranze e il generoso impegno dei sacerdoti, dei religiosi e dei laici delle Chiese Siro-Malabarese e Siro-Malankarese. Quando tornerete alle vostre Eparchie e cercherete, attraverso il generoso adempimento della vostra missione spirituale e pastorale, di rafforzare la vita cristiana delle vostre comunità, vi esorto a confidare pienamente nel Signore: “Se il Signore non costruisce la casa, invano vi faticano i costruttori. Se il Signore non custodisce la città, invano veglia il custode” (Ps 127,1). Non dimentichiamo mai che lo Spirito Santo è il principale architetto della vita ecclesiale fra le vicissitudini della storia e gli eventi di ogni giorno. Forse non è superfluo ricordare che la soluzione di molti problemi che affliggono la Chiesa sempre e in ogni luogo consiste nell’ascoltare con attenzione la voce dello Spirito Santo mentre ci guida verso la verità (cf. Gv Jn 16,13). Esso rende noto quella verità agli umili di cuore, i cui occhi di fede vedono ciò che rimane nascosto ai “sapienti e agli intelligenti” (Mt 11,25).

Possa l’intercessione di Maria, Madre della Chiesa, rafforzare voi e tutti i fedeli per il compito importante che dovete svolgere. Che il Signore vi conceda “di avere gli uni verso gli altri gli stessi sentimenti ad esempio di Cristo Gesù, perché‚ con un solo animo e una voce sola rendiate gloria a Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo” (Rm 15,5-6).


AI SUPERIORI E AI SEMINARISTI


DELL'ALMO COLLEGIO CAPRANICA


Sala del Concistoro - Venerdì, 19 gennaio 1996




10 Carissimi Alunni del Collegio Capranica!

1. Ci incontriamo anche quest’anno in occasione dell’ormai prossima memoria liturgica di sant’Agnese vergine e martire, Patrona dell’Almo vostro Collegio, che è legato al Vescovo di Roma da vincoli di comunione spirituale e pastorale da oltre cinque secoli. Saluto con affetto ciascuno di voi: saluto il Cardinale Vicario per le gentili parole rivoltemi a nome di tutti, i vostri Superiori, e ringrazio in particolare il Rettore.

Ci troviamo all’inizio della “Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani”, ed il pensiero va naturalmente alla Lettera enciclica Ut unum sint sull’impegno ecumenico, pubblicata nel maggio scorso. La vostra condizione di candidati al sacerdozio o di giovani sacerdoti, impegnati nello studio della teologia e al tempo stesso inseriti nella realtà ecclesiale e culturale della diocesi di Roma, vi chiama ad accogliere con particolare responsabilità il messaggio di tale documento, ispirato alla preghiera “sacerdotale” di Cristo: “Che siano una cosa sola” (cf. Gv
Jn 17,21).

2. Ed è proprio sulla preghiera che desidero innanzitutto soffermarmi, per sottolinearne la costitutiva dimensione di supplica e di intercessione per la piena unità del popolo di Dio. Mediante la quotidiana celebrazione del Sacrificio eucaristico e della Liturgia delle Ore, ci inseriamo sempre più profondamente nella preghiera sacerdotale di Cristo, che, per la potenza dello Spirito Santo, attua in modo reale ed efficace quell’unità alla quale i cristiani, nella storia, sono chiamati a tendere senza stancarsi. Ugualmente nell’orazione personale, “in quell’intimo e personale dialogo che ciascuno di noi deve intrattenere con il Signore . . ., la preoccupazione dell’unità non può essere esclusa” (Giovanni Paolo II, Ut unum sint UUS 27).

Ma voi sapete che un’altra dimensione fondamentale dell’impegno ecumenico è quella dottrinale: “L’unità voluta da Dio può realizzarsi soltanto nella comune adesione all’integrità del contenuto della fede rivelata” (Ut unum sint UUS 18). Affrontare con spirito veramente cattolico gli studi teologici significa, dunque, preoccuparsi sempre di tale integrità, mantenendo la mente aperta ed attenta all’interezza del mysterium salutis e della sua comprensione.

3. Tanto la preghiera quanto lo studio si nutrono di dialogo: dialogo con Dio e dialogo con coloro che hanno esplorato il mistero. Quando il dialogo diventa un habitus allora è una spinta che promuove l’unità. Il dialogo “si situa al livello della natura della persona e della sua dignità... coinvolge il soggetto umano nella sua interezza . . . non è soltanto uno scambio di idee. In qualche modo esso è sempre uno ‘scambio di doni’” (Ut unum sint UUS 28). Carissimi, siate persone capaci di dialogare sempre, saldamente ancorate alla Verità rivelata da Cristo ed insegnata dalla Chiesa. Potrete allora porvi in ascolto degli altri, senza indulgere a finzioni n‚ cedere a compromessi.

4. Edificate giorno per giorno, nella stessa Comunità capranicense, quell’unità per la quale Cristo ha pregato ed ha offerto se stesso. Vano sarebbe, infatti, ogni impegno ecumenico, se non fosse accompagnato dalla fattiva volontà di vivere in comunione con quei fratelli che il Signore ci ha messo accanto. E pregate anche per me, per il ministero di unità (cf. Ut unum sint UUS 88-96), che il Signore mi ha affidato, “affinché‚ - come ho ribadito nell’Enciclica - possiamo cercare... le forme nelle quali questo ministero possa realizzare un servizio di amore riconosciuto dagli uni e dagli altri” (Ut unum sint UUS 95).

Nel ringraziarvi per il vostro sostegno in favore di questa e delle altre intenzioni del Papa, invoco su di voi, per intercessione di sant’Agnese, doni abbondanti di carità e sapienza, in pegno dei quali imparto a ciascuno la Benedizione Apostolica, che volentieri estendo ai vostri familiari ed a quanti vi sono cari nel Signore.


AI DIRIGENTI E AL PERSONALE DELL'ISPETTORATO


DI PUBBLICA SICUREZZA PRESSO IL VATICANO


Sala del Concistoro - Venerdì, 19 gennaio 1996




Signor Prefetto,
Signor Ispettore Generale,
11 Signori Funzionari ed Agenti!

1. È da poco iniziato il 1996, un nuovo anno che la Provvidenza ci offre per amare Dio e operare il bene al servizio dei fratelli. In questo clima è sempre lieta per me l’occasione di incontrarmi con voi, dirigenti, funzionari e personale dell’Ispettorato Generale e del nucleo di Polizia stradale di Pubblica Sicurezza presso il Vaticano, unitamente a rappresentanti delle varie specialità della Polizia di Stato. Sono grato al Signor Prefetto Enrico Marinelli per le parole che mi ha rivolto, interpretando i sentimenti di ciascuno. Gli sono, poi, particolarmente riconoscente per avermi voluto rimettere, a nome del Signor Capo della Polizia, il Prefetto Ferdinando Masone, una medaglia commemorativa dei cinquant’anni dell’istituzione di codesto Ispettorato. Grazie per questo cortese pensiero. A tutti porgo fervidi voti augurali. Auguri di buon lavoro, auguri di buon anno a ciascuno di voi ed alle vostre famiglie: sia un anno ricco di concordia, di serenità ed anche di soddisfazioni sul piano professionale. Certo, come ogni lavoro, anche il vostro comporta aspetti di ripetitività e di fatica. Ma spero che possiate sempre svolgerlo con entusiasmo e con spirito di collaborazione, come una squadra ben “affiatata”.

2. Da parte mia, non posso che complimentarmi con voi e ripetervi ancora una volta un sentito “grazie” per la fedeltà e la competenza con cui svolgete il vostro compito, da ormai ben cinque decenni, accanto alla persona del Papa. Dopo tanti anni di Pontificato, io guardo a voi, direi, con una certa familiarità: non solo alla divisa, ma alle persone che la portano, e tutti vi affido al Signore.

Voi pure abbiate un ricordo per me nelle vostre preghiere. Anche quando siete in servizio e, magari, sentite un po’ la stanchezza, potete offrire al Signore il sacrificio della costanza e dell’impegno; potete offrirlo secondo le intenzioni del Papa, per il bene della Chiesa. Io assicuro una preghiera per voi e per i vostri familiari, specialmente se anziani e malati; e per i vostri figli, in particolare per i bambini.

3. Sapete, a questo proposito, che proprio ai bambini ho dedicato il Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace di quest’anno: “Diamo ai bambini un futuro di pace!”. Questa sfida coinvolge l’intera società, a partire dai genitori e dagli educatori, e da quanti hanno responsabilità di governo. Il vostro lavoro contribuisce concretamente alla sicurezza e all’ordine pubblico, e i bambini sono tra i destinatari che più necessitano di questo servizio.

Pensate a quanti bambini vengono ogni anno in Piazza san Pietro! Questa Piazza, anche grazie al vostro servizio, è davvero un posto sicuro, dove i più piccoli possono camminare tranquillamente. È molto bello, e ne sono orgoglioso, che la Piazza centrale di Roma cristiana sia amata e frequentata dalle famiglie con i loro bambini, come è evidente soprattutto nelle domeniche, all’ora dell’Angelus. Come operatori di Pubblica Sicurezza, ma prima ancora come cristiani, sentitevi operatori di pace: un ruolo che conferisce agli uomini e alle donne la loro più alta dignità, quella di “figli di Dio”. Disse infatti Gesù: “Beati gli operatori di pace, perché‚ saranno chiamati figli di Dio” (
Mt 5,9).

È questo il mio augurio per tutti voi e per il vostro lavoro. Lo accompagno di cuore con la Benedizione Apostolica, che estendo a tutti i vostri familiari.

AI DIRIGENTI E AL PERSONALE DELL'ISPETTORATO

DI PUBBLICA SICUREZZA PRESSO IL VATICANO


Sala del Concistoro - Venerdì, 19 gennaio 1996




Signor Prefetto,
Signor Ispettore Generale,
Signori Funzionari ed Agenti!

12 1. È da poco iniziato il 1996, un nuovo anno che la Provvidenza ci offre per amare Dio e operare il bene al servizio dei fratelli. In questo clima è sempre lieta per me l’occasione di incontrarmi con voi, dirigenti, funzionari e personale dell’Ispettorato Generale e del nucleo di Polizia stradale di Pubblica Sicurezza presso il Vaticano, unitamente a rappresentanti delle varie specialità della Polizia di Stato. Sono grato al Signor Prefetto Enrico Marinelli per le parole che mi ha rivolto, interpretando i sentimenti di ciascuno. Gli sono, poi, particolarmente riconoscente per avermi voluto rimettere, a nome del Signor Capo della Polizia, il Prefetto Ferdinando Masone, una medaglia commemorativa dei cinquant’anni dell’istituzione di codesto Ispettorato. Grazie per questo cortese pensiero. A tutti porgo fervidi voti augurali. Auguri di buon lavoro, auguri di buon anno a ciascuno di voi ed alle vostre famiglie: sia un anno ricco di concordia, di serenità ed anche di soddisfazioni sul piano professionale. Certo, come ogni lavoro, anche il vostro comporta aspetti di ripetitività e di fatica. Ma spero che possiate sempre svolgerlo con entusiasmo e con spirito di collaborazione, come una squadra ben “affiatata”.

2. Da parte mia, non posso che complimentarmi con voi e ripetervi ancora una volta un sentito “grazie” per la fedeltà e la competenza con cui svolgete il vostro compito, da ormai ben cinque decenni, accanto alla persona del Papa. Dopo tanti anni di Pontificato, io guardo a voi, direi, con una certa familiarità: non solo alla divisa, ma alle persone che la portano, e tutti vi affido al Signore.

Voi pure abbiate un ricordo per me nelle vostre preghiere. Anche quando siete in servizio e, magari, sentite un po’ la stanchezza, potete offrire al Signore il sacrificio della costanza e dell’impegno; potete offrirlo secondo le intenzioni del Papa, per il bene della Chiesa. Io assicuro una preghiera per voi e per i vostri familiari, specialmente se anziani e malati; e per i vostri figli, in particolare per i bambini.

3. Sapete, a questo proposito, che proprio ai bambini ho dedicato il Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace di quest’anno: “Diamo ai bambini un futuro di pace!”. Questa sfida coinvolge l’intera società, a partire dai genitori e dagli educatori, e da quanti hanno responsabilità di governo. Il vostro lavoro contribuisce concretamente alla sicurezza e all’ordine pubblico, e i bambini sono tra i destinatari che più necessitano di questo servizio.

Pensate a quanti bambini vengono ogni anno in Piazza san Pietro! Questa Piazza, anche grazie al vostro servizio, è davvero un posto sicuro, dove i più piccoli possono camminare tranquillamente. È molto bello, e ne sono orgoglioso, che la Piazza centrale di Roma cristiana sia amata e frequentata dalle famiglie con i loro bambini, come è evidente soprattutto nelle domeniche, all’ora dell’Angelus. Come operatori di Pubblica Sicurezza, ma prima ancora come cristiani, sentitevi operatori di pace: un ruolo che conferisce agli uomini e alle donne la loro più alta dignità, quella di “figli di Dio”. Disse infatti Gesù: “Beati gli operatori di pace, perché‚ saranno chiamati figli di Dio” (
Mt 5,9).

È questo il mio augurio per tutti voi e per il vostro lavoro. Lo accompagno di cuore con la Benedizione Apostolica, che estendo a tutti i vostri familiari.

VISITA PASTORALE ALLA PARROCCHIA ROMANA

DI SANT'ANTONIO DA PADOVA

DISCORSO DI SUA SANTITÀ GIOVANNI PAOLO II

AI BAMBINI DELLA PARROCCHIA


Domenica, 21 gennaio 1996

Voglio salutare tutti i presenti e voglio dire per prima cosa: buon anno! buona domenica! buon giorno!


Lo auguro ai Padri Rogazionisti, alle Suore del Divino Zelo, ai genitori, agli insegnanti e a tutti i bambini. Lo auguro a tutta questa scuola tenuta dalle Suore del Divino Zelo così legata anche alla parrocchia.

Voglio anche augurare a tutti che si realizzino i vostri voti, espressi dal bambino e dalla bambina: voti di pace, voti per tutto ciò che è buono e bello per la vita umana, per le vostre famiglie, per questa comunità e per tutto il mondo, specialmente per i sofferenti, per quei Paesi e per quei popoli che soffrono a causa della guerra e di altre vicissitudini.

Questa è la prima visita pastorale del 1996 e per questo il mio augurio è «buon anno!». Che il Signore vi benedica! Grazie per questa bella e calorosa accoglienza.

VISITA PASTORALE ALLA PARROCCHIA ROMANA

DI SANT'ANTONIO DA PADOVA


AL CONSIGLIO PASTORALE DELLA PARROCCHIA


13
Domenica, 21 gennaio 1996

Grazie per queste parole. Voglio salutare il Consiglio Pastorale: le colonne della parrocchia di Sant'Antonio. Vi auguro di rimanere così. La parrocchia, sia l'edificio architettonico che quello spirituale, ha bisogno delle colonne. E non pensate che è troppo dirvi che siete le colonne.


Cercate sempre con la preghiera e con le opere di essere veramente le colonne della vostra parrocchia aiutando il vostro giovane e molto zelante parroco. Qui tutto è zelo, soprattutto il «divino zelo» delle Suore!

VISITA PASTORALE ALLA PARROCCHIA ROMANA

DI SANT'ANTONIO DA PADOVA


AI GIOVANI DELLA PARROCCHIA


Domenica, 21 gennaio 1996

Vedo che qui ci sono molti giovani filippini. Ricordo la mia visita a Manila, nel gennaio dello scorso anno, per la Giornata Mondiale della Gioventù. Dicono che alla Celebrazione Eucaristica fossero presenti quattro milioni di persone.


Voglio augurare a tutti voi «buon anno». Vi auguro soprattutto di avere un buon progetto per la vostra vita. E di realizzarlo.

Questo progetto viene da Dio, dalla sua Provvidenza, ma viene anche da noi, dalla nostra provvidenza umana.

Si deve camminare avendo sempre davanti agli occhi la Provvidenza di Dio, la sua Grazia, il suo amore per noi. E poi dobbiamo usare tutte le nostre forze, la nostra buona volontà, per realizzare un buon progetto.

Vi auguro, dunque, un buon progetto per la vita!


AGLI OFFICIALI E AVVOCATI


DEL TRIBUNALE DELLA ROTA ROMANA


Lunedì, 22 gennaio 1996




1. La ringrazio di cuore, Monsignor Decano, per le significative parole con le quali ha voluto interpretare i sentimenti di tutti i presenti. Insieme con Lei, saluto con affetto i Prelati Uditori, i Promotori di giustizia, i Difensori del vincolo, gli Officiali della Cancelleria, gli Avvocati rotali e gli Alunni dello Studio Rotale. All’inizio del nuovo Anno Giudiziario rivolgo a tutti il mio fervido augurio di pace e di proficua attività nell’impegnativo campo dell’approfondimento e della concreta applicazione del diritto.

14 È per me sempre una grande gioia accogliervi in occasione di questo nostro tradizionale incontro, nel quale ho la possibilità di esprimervi la mia viva riconoscenza ed il mio apprezzamento per la fedeltà e l’impegno coi quali svolgete il vostro peculiare servizio ecclesiale.

Nel suo indirizzo Monsignor Decano ha sottolineato i problemi che, nell’esercizio della potestà giudiziaria, si impongono all’intelligenza, alla coscienza e al cuore dei Giudici Prelati Uditori. Sono problemi che trovano in me piena comprensione. Su di essi vorrei, anzi, soffermarmi per qualche considerazione.

Prenderò l’avvio da alcuni concetti fondamentali circa la vera e genuina natura dei processi di nullità di matrimonio, per poi parlare del compito, proprio del Giudice canonico, di attendere alla peculiarità di ogni singolo caso, nel contesto della specifica cultura in cui esso s’inquadra.

2. L’autentica natura dei processi di nullità di matrimonio è desumibile, oltre che dal loro oggetto proprio, dalla stessa loro collocazione all’interno della normativa canonica che regola l’instaurarsi, lo svolgersi e il definirsi del processo.

Così il Legislatore, mentre da una parte ha stabilito alcune norme specifiche per le cause di nullità di matrimonio, dall’altra ha disposto che, per il resto, in esse debbano applicarsi i canoni «de iudiciis in genere et de iudicio contentioso ordinario». Nello stesso tempo, ha espressamente ricordato che si tratta di cause attinenti allo stato delle persone, cioè alla loro posizione in rapporto all’ordinamento canonico e al bene pubblico della Chiesa.

Non sarebbe possibile, senza queste premesse, intendere varie prescrizioni di entrambi i Codici, sia latino che orientale, in cui appare prevalente l’attività del pubblico potere. Si pensi, ad esempio, al ruolo che svolge il Giudice nel guidare la fase istruttoria del processo, supplendo anche alla negligenza delle stesse parti; oppure all’indispensabile presenza del difensore del vincolo, in quanto tutore del Sacramento e della validità del matrimonio; oppure, ancora, all’iniziativa esercitata dal promotore di giustizia nel farsi parte attrice in determinati casi.

Nello stesso tempo, tuttavia, l’attuale legislazione della Chiesa mostra viva sensibilità per l’esigenza che lo stato delle persone, se messo in discussione, non resti troppo a lungo soggetto a dubbio. Da ciò deriva la possibilità di adire diversi tribunali in ordine ad una maggiore facilità istruttoria; così pure, in grado di appello, l’attribuzione di competenza su nuovi capi di nullità da giudicare «tamquam in prima instantia»; od anche il processo abbreviato di appello, dopo una sentenza che dichiari la nullità, eliminate tutte le formalità processuali e con decisione data con semplice decreto di ratifica.

3. Ma su tutto sovrasta la natura pubblicistica del processo di nullità di matrimonio ed insieme la specificità giuridica di accertamento di uno stato, che è la costatazione processuale di una realtà oggettiva, dell’esistenza cioè di un vincolo valido oppure nullo.

Questa qualificazione non può essere oscurata, nella procedura effettiva, dall’essere il processo di nullità inserito nel più ampio quadro processuale contenzioso. Occorre, inoltre, ricordare che i coniugi, ai quali peraltro compete il diritto di accusare la nullità del proprio matrimonio, non hanno però né il diritto alla nullità né il diritto alla validità di esso. Non si tratta, in realtà, di promuovere un processo che si risolva definitivamente in sentenza costitutiva, ma piuttosto della facoltà giuridica di proporre alla competente autorità della Chiesa la questione circa la nullità del proprio matrimonio, sollecitandone una decisione in merito.

Ciò non toglie che ai coniugi medesimi, trattandosi di questione attinente alla definizione del proprio stato personale, siano riconosciuti e concessi gli essenziali diritti processuali: essere ascoltati in giudizio, addurre prove documentali, peritali e testimoniali, conoscere tutti gli atti istruttori, presentare le rispettive « difese ».

4. Mai, tuttavia, dovrà dimenticarsi che si tratta di un bene indisponibile e che finalità suprema è l’accertamento di una verità oggettiva, che tocca anche il bene pubblico. In questa prospettiva, atti processuali quali la proposizione di certe « questioni incidentali », o comportamenti moratori, estranei, ininfluenti o che addirittura impediscono il raggiungimento di detto fine, non possono essere ammessi nel giudizio canonico.

15 Pretestuoso, quindi, appare, in questo quadro generale, il ricorso a querele fondate su presunte lesioni del diritto di difesa, come pure la pretesa di applicare al giudizio di nullità di matrimonio norme di procedura, valevoli in processi di altra natura, ma del tutto incongruenti con cause le quali non passano mai in cosa giudicata.

Sono principi, questi, che occorre elaborare e tradurre in chiara prassi giudiziaria, soprattutto ad opera della giurisprudenza del Tribunale della Rota Romana, così che non sia fatta violenza alla legge universale e particolare, né ai diritti delle parti legittimamente ammesse in giudizio, sollecitando anche correttivi dal legislatore ovvero una normativa di attuazione specifica del Codice, così come già è avvenuto nel passato.

5. Confido che queste riflessioni valgano a rimuovere ostacoli che si potrebbero frapporre alla sollecita definizione delle cause. Ma, per un congruo giudizio su di esse, non meno rilevanti ritengo alcuni richiami circa la necessità di valutare e deliberare su ogni singolo caso, tenendo conto della individualità del soggetto e insieme della peculiarità della cultura in cui esso è cresciuto ed opera.

Già all’inizio del mio Pontificato, volendo enucleare la verità sulla dignità umana, sottolineavo che l’uomo è un essere uno, unico e irripetibile.

Tale irripetibilità riguarda l’individuo umano, non astrattamente inteso, ma immerso nella realtà storica, etnica, sociale e soprattutto culturale, che lo caratterizza nella sua singolarità. Va, comunque, riaffermato il principio fondamentale e irrinunciabile della intangibilità della legge divina sia naturale sia positiva, autenticamente formulata nella normativa canonica sulle specifiche materie.

Non si tratterà mai, quindi, di piegare la norma oggettiva al beneplacito dei soggetti privati, né tanto meno di dare ad essa un significato ed un’applicazione arbitrari. Parimenti deve essere tenuto costantemente presente che i singoli istituti giuridici definiti dalla legge canonica - penso in modo particolare, al matrimonio, alla sua natura, alle sue proprietà, ai suoi fini connaturali - hanno e debbono sempre ed in ogni caso conservare la propria valenza ed il proprio contenuto essenziale.

6. Ma poiché la legge astratta trova la sua attuazione calandosi in singole fattispecie concrete, compito di grande responsabilità è quello di valutare nei loro vari aspetti i casi specifici per stabilire se e in qual modo essi rientrino nella previsione normativa. È appunto in questa fase che esplica il suo ruolo più proprio la prudenza del Giudice; qui egli veramente «dicit ius», realizzando la legge e la sua finalità, al di fuori di categorie mentali preconcette, valevoli forse in una determinata cultura ed in un particolare periodo storico, ma certamente non aprioristicamente applicabili sempre e dovunque e per ogni singolo caso.

Del resto, la stessa giurisprudenza di codesto Tribunale della Rota Romana, tradotta poi e quasi consacrata in non pochi canoni della vigente legislazione codiciale, non avrebbe potuto esplicarsi, perfezionarsi ed affermarsi, se non avesse coraggiosamente, seppur prudentemente, posto attenzione ad una più articolata antropologia, ossia ad una concezione dell’uomo derivante dal progredire delle scienze umanistiche, illuminate da una visione filosofica e teologica chiara ed autenticamente fondata.

7. Così la vostra delicatissima funzione giudiziaria si situa e, in qualche modo, si incanala nello sforzo secolare con cui la Chiesa, incontrandosi con le culture di ogni tempo e luogo, ha assunto quanto ha trovato di essenzialmente valido e congruente con le immutabili esigenze della dignità dell’uomo, fatto a immagine di Dio.

Se queste riflessioni hanno valore per tutti i Giudici dei Tribunali che operano nella Chiesa, tanto maggiormente esse sembrano adattarsi a voi, Prelati Uditori di un Tribunale al quale, per definizione e per primaria competenza, sono devoluti in appello i processi da tutti i Continenti della terra. Non, quindi, per una questione di pura immagine, ma per coerenza con il compito che vi è affidato, il primo articolo delle Norme della Rota Romana prevede che il Collegio dei Giudici sia costituito da Prelati Uditori « e variis terrarum orbis partibus a Summo Pontifice selecti ». Tribunale internazionale, quindi, è il vostro che raccoglie in se gli apporti delle più diverse culture e li armonizza nella superiore luce della verità rivelata.

8. Sono certo che queste riflessioni troveranno piena adesione nel vostro animo di Giudici prudenti ed illuminati, come pure in quello di quanti collaborano con l’attività giudiziaria della Rota: Promotori di giustizia, Difensori del vincolo, Avvocati rotali. Tutti esorto a nutrire identici intenti, sia per quanto riguarda le iniziative processuali sia per quanto concerne l’approfondimento dello studio delle singole cause.

16 Nell’auspicare per voi l’abbondanza delle grazie e dei lumi, invocati dallo Spirito di verità nella liturgia che ha dato inizio a questo giorno inaugurale dell’anno giudiziario, a tutti imparto, quale segno di apprezzamento per la generosa dedizione a servizio della Chiesa, una speciale Benedizione Apostolica.


AL SINDACO DI ROMA E


ALL'AMMINISTRAZIONE CAPITOLINA


Giovedì, 25 gennaio 1996




Onorevole Signor Sindaco,
Illustri Rappresentanti dell’Amministrazione Capitolina!

1. Benvenuti a questo tradizionale appuntamento che, all’inizio del Nuovo Anno, consente al Vescovo di Roma e agli Amministratori Capitolini di scambiarsi gli auguri e rinnovare il loro comune impegno per la Città.

Saluto cordialmente Lei, Signor Sindaco, e La ringrazio per le cortesi parole che ha voluto rivolgermi a nome di tutti. Il mio deferente pensiero va, inoltre, a ciascuno di Voi, Signori Rappresentanti della Città di Roma. Attraverso Voi intendo dirigere il mio beneaugurante saluto all’intera comunità cittadina.

La vostra visita costituisce un’ulteriore conferma degli stretti legami esistenti tra l’Amministrazione Capitolina e la Chiesa Cattolica, che a Roma ha il suo centro.

Questo clima d’intesa e di reciproca fiducia rappresenta un fatto molto positivo per il presente ed il futuro della nostra Città. Essa, dalla concorde collaborazione delle varie Istituzioni presenti nel suo territorio, può legittimamente sperare di raggiungere i traguardi cui l’impegna la sua vocazione universale.

Per la sua storia e per la peculiare missione, legata alla presenza del Successore di Pietro, Roma è una Città unica a cui volgono lo sguardo con costante attenzione non soltanto i popoli che condividono la fede e la tradizione cristiana. All’Urbe guardano, altresì, quanti riconoscono in essa le memorie sempre vive di cultura e di civiltà, che costituiscono un prezioso patrimonio dell’intera umanità.

Al servizio di tale vocazione, la Roma ecclesiale e la Roma civile sono chiamate ad intensificare la loro collaborazione, specialmente in questo scorcio di secolo, mentre si avvicina il traguardo storico dell’Anno 2000.

Sì, la nostra attenzione è rivolta al Grande Giubileo, che segna l’inizio del terzo millennio cristiano, e costituisce un’occasione quanto mai propizia perché‚ Roma riscopra, approfondisca e ravvivi la coscienza del proprio singolare ruolo in Italia e nel mondo.


GP2 Discorsi 1996 8