GP2 Discorsi 1996 24


AI MEMBRI DELLA GIUNTA E DEL CONSIGLIO


DELLA PROVINCIA DI ROMA


Venerdì, 2 febbraio 1996




Signor Presidente,
Illustri Membri della Giunta e del Consiglio Provinciale di Roma,
Gentili Signore e Signori!

1. L’inizio del nuovo anno ci offre ancora una volta la gradita opportunità di incontrarci per il tradizionale scambio di auguri. Desidero manifestare anzitutto a Lei, signor Presidente, viva gratitudine per i voti così gentilmente espressi nelle parole che Ella mi ha indirizzate. Con lei ringrazio i Membri della Giunta e del Consiglio Provinciale qui convenuti.

A ciascuno di voi, illustri Signori e Signore, porgo i miei voti augurali che, per vostro tramite, intendo far pervenire anche ai vostri Collaboratori ed all’intera popolazione della Provincia di Roma, auspicando per tutti un nuovo anno ricco di prosperità e di pace.

2. Nel suo saluto, Signor Presidente, Ella ha voluto poc’anzi far cenno alle attese ed agli impegni del vostro servizio come amministratori della Provincia di Roma in un momento di grandi mutamenti sociali. So bene quanto gravi e impegnativi siano i problemi ai quali voi cercate di dare soluzione. Tra le priorità, si situano certamente le attività produttive e le problematiche della scuola e della viabilità. Al vostro quotidiano impegno la Chiesa intende collaborare attivamente, prestando il suo specifico contributo perché si possano garantire quelle condizioni favorevoli per realizzare l’autentico bene comune.

Desidero, in particolare, soffermarmi su un tema che mi sta particolarmente a cuore: quello del lavoro.Nell’analogo incontro dello scorso anno, sottolineavo quanto il fenomeno della disoccupazione fosse preoccupante. La situazione oggi, come anch’Ella Signor Presidente ricordava, non sembra di molto mutata e coinvolge un numero sempre crescente di famiglie. Rinnovo, pertanto, l’auspicio che si faccia tutto il possibile per dare risposta a così urgente domanda, pensando, in special modo, alle nuove generazioni. A ben vedere, non sono poche le potenzialità di sviluppo e, quindi, di lavoro, che esistono nei Comuni della Provincia; purtroppo, però, tali potenzialità rimangono talora come inutilizzate o non opportunamente valorizzate. Eppure nessuno ignora che gli antichi canali occupazionali, concentrati soprattutto sul pubblico impiego, sull’edilizia e sull’artigianato, sono ormai insufficienti e lo saranno sempre più nel futuro. È necessario allora rivolgersi verso il fronte delle moderne tecnologie e dei settori più innovativi. Un tale progresso è auspicato da molti ed è, tra l’altro, legato ad una più agevole mobilità della popolazione. Questo richiede la creazione o il potenziamento delle indispensabili infrastrutture, che ne facilitino l’attuazione.

3. Roma e Provincia rivestono una naturale vocazione all’accoglienza. Se, specialmente nella prospettiva del Grande Giubileo del Duemila, questa verrà adeguatamente sviluppata secondo una logica di rispetto e di attenzione verso quanti qui giungono per ragioni spirituali, culturali o lavorative, ne scaturirà un’ulteriore e significativa fonte di lavoro e di crescita per la popolazione. A tal fine vanno sostenuti, anche sul piano delle normative e dei finanziamenti, coloro che, specialmente tra i giovani, hanno il coraggio di intraprendere e creare, per sé e per gli altri, occasioni di impiego e di sviluppo. È necessario, più radicalmente, far crescere una nuova mentalità e una nuova cultura, caratterizzate dal gusto dell’impegno e dell’accettazione del rischio, in una prospettiva di libertà e, insieme, di solidarietà. Si tratta naturalmente di un compito assai ampio, che coinvolge, a diversi livelli, i responsabili della vita amministrativa, sociale, culturale e produttiva dell’intera Provincia.

4. Ho accennato poc’anzi al tema della solidarietà e della libertà, nella convinzione anzitutto che "i problemi socio-economici non possono essere risolti che mediante il concorso di tutte le forme di solidarietà" (Catechismo della Chiesa Cattolica CEC 1941). Il lavoro ha come protagonista la persona, ma gli uomini lavorano con gli altri e per gli altri; la dimensione sociale del lavoro ricorda che si è collaboratori, e non operatori isolati. Il lavoro è dunque frutto di solidarietà, che si manifesta nella condivisione e nella cooperazione ad ogni livello.

25 Diventa sempre più necessario far nascere e crescere una vera cultura della solidarietà; di essa gli amministratori pubblici debbono essere promotori convinti. Senza solidarietà la società non sarà mai a reale misura d’uomo. Ed è ad ogni forza sociale che è chiesto di creare le condizioni per un autentico sviluppo a beneficio di tutti i cittadini, in particolare di chi è più svantaggiato. Il soggettivismo della cultura dominante ha talora talmente esaltato la pur legittima libertà individuale da minacciare le stesse esigenze della solidarietà. Invece solidarietà e libertà vanno difese e promosse insieme, senza mai trascurare né l’una né l’altra.

5. Strettamente collegato con il tema della solidarietà è quello degli immigrati e dei nomadi. In non pochi Comuni della Provincia di Roma risiedono numerosi stranieri, in gran parte provenienti da Paesi molto poveri. Nell’esprimere compiacimento per l’impegno con cui codesta Amministrazione, insieme con gli Enti locali, cerca di venire incontro a tali non facili situazioni, vorrei ricordare che esse vanno sempre affrontate "nel pieno rispetto dei diritti dell’uomo" (Giovanni Paolo II, Angelus, 7
Gn 1996). È senza dubbio compito dei pubblici amministratori promuovere lo spirito di accoglienza verso queste persone, soprattutto verso chi è povero e indifeso, a qualsiasi categoria o gruppo etnico appartenga. Questo comporta che si attuino normative rispettose della legalità, ma al tempo stesso si pensi a realizzare le strutture necessarie per assicurare a tutti un modo di vivere degno e decoroso. Fra i servizi da provvedere vorrei ricordare l’istruzione, l’assistenza sanitaria, il lavoro e l’abitazione.

I giovani soprattutto vanno educati alla cultura della solidarietà e dell’accoglienza. È un’opera che, partendo dal riferimento a un comune patrimonio di valori, chiede di superare una concezione privatistica dei propri beni e della vita stessa. A ciò devono educare la famiglia e la scuola ed è proprio in questo impegno che la Chiesa non farà mancare la sua specifica collaborazione.

6. Signor Presidente, illustri Membri della Giunta e del Consiglio Provinciale di Roma, l’anno che abbiamo da poco iniziato rappresenta un ulteriore passo verso il Grande Giubileo del Duemila, la cui preparazione costituisce un campo di concorde intesa tra la Chiesa e i responsabili della Cosa Pubblica, ciascuno per la sua parte. Ringrazio anche voi per quanto state già compiendo e continuerete a fare per offrire una degna accoglienza ai pellegrini che verranno a visitare i luoghi sacri della fede cristiana. Possano essi conservare grata memoria di questa terra ospitale e premurosa!

Con tali sentimenti, mentre vi rinnovo i più fervidi voti, mi è caro porgere a tutti un sentito augurio di buon lavoro, unitamente all’assicurazione di una costante preghiera per ciascuno di voi e per le vostre famiglie. Vorrei ricordare particolarmente gli ammalati e i sofferenti, gli anziani e i bisognosi di cure, i bambini ed i giovani in cerca di impiego. Su tutti invoco il costante aiuto divino per intercessione della celeste Madre di Dio, venerata in molti santuari disseminati nel territorio della Provincia romana.

Il Signore vi accompagni sempre e renda fruttuoso ogni vostro impegno per il bene della comunità provinciale di Roma.

VISITA PASTORALE ALLA PARROCCHIA ROMANA DI SAN GIULIO I PAPA


AI BAMBINI DELLA PARROCCHIA


Domenica, 4 febbraio 1996




Vorrei dirvi che io amo sempre osservare il sole quando sorge. In questo periodo sorge abbastanza tardi, verso le 7.30, 7.40. In estate sorge prima, verso le cinque. È molto interessante vedere come, quando sorge il sole, il mondo diventa più brillante, le case, gli appartamenti, ed anche la nostra vita. Tutto diventa più caldo. A me piace osservare il sole nascente. E quando vedo voi penso la stessa cosa per analogia, perché voi siete un sole nascente. Ogni uomo, ogni bambino, è un sole che nasce, che cerca di portare un po' di luce intorno a sé. È vero che portate un po' di luce intorno a voi. Per capirlo basta incontrarvi, basta sentirvi, avvicinarvi. Ed anche le mamme molte volte dicono a voi: « Tu sei la mia luce, il mio sole ».

Io vi saluto e voglio che questa luce che sta in voi, che portate nei vostri cuori, possa anche essere ravvivata dalla luce di Cristo. Per questo è importante che facciate catechesi, che partecipiate alla Eucaristia, che veniate nella parrocchia. È importante per voi e per la parrocchia, per voi e la famiglia, per tutti noi.

Voi mi avete augurato un buon viaggio. È vero che il sole nasce in Oriente e tramonta in Occidente. Io devo andare in Occidente dove tramonta il sole. Vorrei chiedervi una preghiera perché con questa mia visita i Paesi dell'America Centrale possano anche essere illuminati dal sole di Cristo, perché il Papa va ad evangelizzare, come sempre hanno fatto gli Apostoli e come sempre fa la Chiesa. Questi paesi lontani, questo Continente possa essere illuminato dal sole che è Cristo. Auguro buon anno a tutti, a tutti i parrocchiani, a tutti i cittadini di questo quartiere, a tutte le famiglie.

VISITA PASTORALE ALLA PARROCCHIA ROMANA DI SAN GIULIO I PAPA


AL CONSIGLIO PASTORALE


Domenica, 4 febbraio 1996




26 Grazie per questo incontro. Il Consiglio Pastorale, che aiuta il parroco e rappresenta la comunità parrocchiale è sempre una famiglia molto importante. In questa vostra parrocchia di San Giulio, mi vengono un po' in mente le catacombe, perché si deve scendere per entrare nella chiesa. La tradizione catacombale è quella che poi ha dato una grande energia alla Chiesa. Dopo le catacombe sono sorte le grandi basiliche, i grandi templi. Tutta la terra è piena di questi segni della presenza di Dio, ma si è dovuto cominciare con la Chiesa sotterranea, catacombale. Questa è la ricchezza di Roma, e voi cercate di seguire questa ricchezza anche nei nostri tempi.

Vi sono molto grato per questa offerta per il Nicaragua. Devo partire domani per i Paesi Centroamericani, tra cui il Nicaragua. In Nicaragua, una decina di anni fa ho avuto un'esperienza piuttosto difficile. Speriamo che la prossima sia un'esperienza molto più gioiosa. Sono più liberi i nicaraguensi, potranno anche arrivare al Papa, incontrarlo e non essere tenuti a distanza. E quando dirò loro che porto un'offerta della parrocchia di San Giulio di Roma saranno al terzo cielo.

Grazie per questo incontro.

VISITA PASTORALE ALLA PARROCCHIA ROMANA DI SAN GIULIO I PAPA


AI GIOVANI DELLA PARROCCHIA


Domenica, 4 febbraio 1996




Grazie per questo discorso completo, direi programmatico. Ci si trova tutto quello che bisognerebbe dire ed aspettarsi da parte dei giovani. Si vede che siete consapevoli del vostro posto nella Chiesa, nella comunità, quale è l'impegno per il futuro che vi aspetta e di come è importante la presenza del Signore che vi accompagna, perché il Signore è sempre dove dice al giovane o alla giovane: « Seguimi ». Si deve ascoltare e capire bene questo invito. Si deve riflettere su come bisogna seguirlo. Non si può non seguirlo. Non si può lasciare solo il Signore, bisogna accompagnarlo.

Domani devo andare nei paesi dell'America Centrale: Guatemala, Nicaragua, El Salvador e Venezuela. Incontrerò i giovani e da parte vostra comunicherò il programma esposto dal vostro amico. È già un augurio per i vostri coetanei. Camminiamo insieme con i giovani. Si è visto con i grandi incontri mondiali che si sono svolti. L'ultimo è stato un anno fa a Manila e si sta già preparando l'incontro di Parigi. Io penso che la consapevolezza di cosa voglia dire essere giovani nella Chiesa sta crescendo. Non avrò difficoltà a dire ai giovani dell'America Centrale cosa pensano i giovani di Roma.

VIAGGIO APOSTOLICO IN GUATEMALA,

NICARAGUA, EL SALVADOR E VENEZUELA

CERIMONIA DI BENVENUTO IN GUATEMALA


Aeroporto Internazionale «La Aurora» di Città del Guatemala

Lunedì, 5 febbraio 1996




Signor Presidente,
Cari Fratelli nell’Episcopato,
Eccellentissime Autorità,
27 Membri del Corpo Diplomatico,
Amatissimi fratelli e sorelle del Guatemala,

1. Nel giungere nuovamente in questa terra benedetta, torna spontaneamente alla mia memoria il ricordo della mia prima visita nel marzo del 1983, quando ebbi la gioia di condividere alcune indimenticabili giornate di fede e di speranza con i figli e le figlie del Guatemala, il "Paese dell’eterna primavera".

Dio, Signore della storia e dei nostri destini, ha voluto che il IV Centenario della Devozione al Santo Cristo di Esquipulas mi offrisse l’opportunità di incontrare nuovamente l’amato popolo guatemalteco e tante persone dei Paesi fratelli dell’America Centrale. Mi colma di gioia visitare di nuovo questa terra, in cui sono sorte importanti culture e i cui popoli si distinguono per la nobiltà di spirito e per tante dimostrazioni di profonda fede e d’amore verso Dio, di venerazione filiale alla Santissima Vergine e di fedeltà alla Chiesa.

2. Sono lieto di salutare, in primo luogo, il Presidente della Repubblica, Eccellentissimo Signor Alvaro Arzú Irigoyen, che ha compiuto il deferente gesto di venire a ricevermi e al quale desidero esprimere la mia più viva gratitudine per le amabili parole che mi ha rivolto nel darmi il suo cordiale benvenuto. Esprimo la mia riconoscenza anche al Dottor Ramiro de León Carpio, che durante il suo mandato presidenziale mi invitò a visitare il Paese. Il mio ringraziamento va inoltre al Governo della Nazione e alle altre Autorità, per la loro gradita presenza in questo momento e per la loro preziosa collaborazione ai preparativi della mia Visita Pastorale.

Saluto affettuosamente i miei Fratelli nell’Episcopato; in particolare l’Arcivescovo di Guatemala, il Presidente e i membri della Conferenza Episcopale Guatemalteca, così come gli Arcivescovi e i Vescovi qui presenti. Nel rivolgere questo saluto, il mio cuore si apre anche con particolare stima agli amati sacerdoti, ai diaconi, ai religiosi, alle religiose, ai catechisti e fedeli, ai quali mi dono nel Signore come Pastore della Chiesa Universale. Saluto cordialmente tutti i guatemaltechi, rivolgendomi con affetto alle popolazioni indigene, uomini, donne e bambini.

3. Con questo viaggio apostolico vengo innanzitutto a lodare Gesù Cristo, Redentore degli uomini. Vengo come suo araldo, nel compimento della missione affidata all’Apostolo Pietro e ai suoi Successori di confermare i fratelli nella fede (cf. Lc
Lc 22,32).

Vengo per condividere la vostra religiosità, i vostri affanni, le vostre gioie e le vostre sofferenze, e a celebrare insieme il mistero dell’Amore misericordioso, per inserirlo più profondamente nella vita e nella storia di questo nobile popolo, assetato di Dio e di valori spirituali, desideroso di pace, di solidarietà e di giustizia. Vengo come pellegrino di amore e di speranza, con il desiderio di dare un nuovo impulso all’opera evangelizzatrice della Chiesa.

4. In ogni occasione in cui mi è stato possibile, non ho mancato di chiedere che si facciano tutti gli sforzi necessari per fermare il fragore della guerra e che si conducano i cuori verso cammini di maggiore giustizia. Sebbene il cammino verso la pace sia stato arduo e non privo di difficoltà, oggi si scorge all’orizzonte il momento gioioso della firma degli Accordi che porranno fine alla recente storia di guerra e di violenza degli ultimi trentacinque anni. Ciò, insieme alle calamità naturali - ricordo che 20 anni fa, proprio in questi giorni, si verificò un grande terremoto che provocò più di 20.000 vittime - ha ostacolato l’anelato progresso e il benessere che i figli del Guatemala si aspettano dalla terra fertile e feconda che la Provvidenza ha dato loro. Per questo, facendo mio il reiterato appello dei Vescovi, desidero levare ancora una volta la mia voce dicendo che "Urge la vera pace". Una pace che è dono di Dio e frutto del dialogo, dello spirito di riconciliazione, dell’impegno serio per uno sviluppo integrale e solidale di tutti i settori della popolazione e, in particolar modo, del rispetto per la dignità di ogni persona.

5. Questo è un momento di grazia per i guatemaltechi. Vi sono segni di speranza, poiché il clamore di tutti coloro che perseguono una mobilitazione delle coscienze e lo sforzo etico comune potranno portare all’attuazione di una grande strategia a favore della vita (cf. Evangelium vitae EV 95), il che si manifesterà in un maggiore progresso spirituale e morale, economico, sociale e culturale per tutti, in modo che ognuno possa vivere in un clima di libertà, di fiducia reciproca, di giustizia sociale e di pace duratura.

6. Riponendo la speranza nel Signore e sentendomi particolarmente unito agli amati figli di tutto il Guatemala, inizio questa Visita pastorale, che affido alla materna protezione della Santissima Vergine, mentre di cuore vi benedico tutti, ma in modo particolare i poveri, i malati, gli emarginati e quanti soffrono nel corpo e nello spirito.

28 Sia lodato Gesù Cristo!

VIAGGIO APOSTOLICO IN GUATEMALA,

NICARAGUA, EL SALVADOR E VENEZUELA

SALUTO DI GIOVANNI PAOLO II

AI FEDELI DI CITTÀ DEL GUATEMALA


Piazzale antistante la Cattedrale Metropolitana

Lunedì, 5 febbraio 1996

Amatissimi fratelli e sorelle,


In queste prime ore della mia permanenza nel vostro Paese, sono lieto di salutare tutti voi, fedeli delle parrocchie della Arcidiocesi di Città del Guatemala e membri dei diversi movimenti laici, che avete voluto accogliere il Papa in questa piazza dinnanzi alla meravigliosa Cattedrale Metropolitana.

Intorno al primo tempio arcidiocesano formate l’immagine di una Chiesa viva, in cui tutti, secondo la espressione biblica, siete "come pietre vive per la costruzione di un edificio spirituale per un sacerdozio santo" (1P 2,5). Come tali, dovete continuare a crescere come comunità fondata su Cristo, orientando la vostra vita personale, familiare e sociale secondo il disegno di Dio.

Molti dei presenti sono giovani. Sono lieto di incontrarvi. Siete tutti chiamati a sentirvi parte della Chiesa, poiché il battesimo vi ha costituito membri del Popolo di Dio. Lavorate pertanto per l’espansione del Regno di Dio affinché imperino la verità, il rispetto e la dignità di ogni persona, la responsabilità di fronte alle sfide del futuro, il servizio reciproco, la riconciliazione degli uomini con Dio e tra di loro.

Che Cristo, nostra Pasqua e nostra speranza, vi accompagni tutti! Che la Vergine Maria, che concepì nel suo grembo il Salvatore, ve lo renda sempre presente. Con questi auguri benedico di cuore tutti voi.

VIAGGIO APOSTOLICO IN GUATEMALA,

NICARAGUA, EL SALVADOR E VENEZUELA

MOMENTO DI PREGHIERA

DAVANTI ALL'IMMAGINE DEL SANTO CRISTO DI ESQUIPÚLAS



Basilica del "Cristo Negro", Guatemala

Martedì, 6 febbraio 1996




Amatissimi fratelli e sorelle,

29 Sono venuto a pregare dinnanzi all’immagine del Santo Cristo di Esquipúlas. Da quattro secoli gli uomini e le donne credenti di queste amate terre si sono prostrati, colmi di amore e di fiducia dinnanzi al Cristo, che il trascorrere del tempo e le espressioni di devozione hanno annerito. Questa immagine, tanto venerata dai guatemaltechi e dagli abitanti dei Paesi vicini, è come una luce che ci rivela il cammino verso Dio.

La Croce di Gesú ha un valore e un significato sempre vivi e attuali, poiché da questo tronco nascono incessantemente per tutti i frutti della Redenzione. In essa risiedono le radici della vita nuova che nello stesso tempo ci offre continue speranze e prospettive (cf. Giovanni Paolo II, Ut unum sint
UUS 1). Per questo dobbiamo alimentare la nostra fede con una continua meditazione sul mistero redentore che si realizzò una volta per tutte sul Golgota.

Accanto a questa commovente immagine vi sono la Vergine Maria, l’apostolo Giovanni e Maria Maddalena. Essi sono testimoni di quel sublime momento e ci invitano a restare in atteggiamento di fede e di devozione vicino alla Croce da cui ci viene la salvezza.

Chiedo a Dio - per intercessione della Vergine, che ci fu data come Madre nel Calvario, e per quella di coloro che hanno portato a termine il loro itinerario spirituale nella contemplazione del mistero della Croce -, che anche noi attraverso la costante meditazione sull’opera della nostra salvezza possiamo ottenere i suoi frutti in abbondanza. Con questi auspici benedico di cuore tutti voi affinché proclamiate dinnanzi al mondo la forza della Croce.

VIAGGIO APOSTOLICO IN GUATEMALA,

NICARAGUA, EL SALVADOR E VENEZUELA

CELEBRAZIONE DELLA PAROLA


AI RELIGIOSI, RELIGIOSE, CATECHISTI E FEDELI


RIUNITI NEL PARCO « CAMPO DI MARTE »


Città del Guatemala - Martedì, 6 febbraio 1996




Venerati Fratelli nell’Episcopato,
cari sacerdoti, religiosi, religiose e catechisti,
cari fedeli del Guatemala:

1. "Una donna . . . con . . . una corona di dodici stelle" (Ap 12,1).

Questa Celebrazione della Parola ci riunisce nello stesso luogo in cui ho presieduto l’Eucaristia durante la mia prima Visita Pastorale nel vostro Paese. Di quell’indimenticabile momento, che serbo nel mio cuore, ricordo spesso i volti di tanti guatemaltechi, soprattutto di catechisti e altri agenti di pastorale dediti all’annuncio del Vangelo.

Ringrazio l’Arcivescovo Mons. Próspero Penados del Barrio, per le amabili parole che mi ha rivolto. Desidero salutare cordialmente il Presidente e i membri della Conferenza Episcopale del Guatemala, così come tutti i sacerdoti, i religiosi, le religiose e tutti coloro che hanno collaborato ampiamente nell’azione pastorale della Chiesa. Li saluto tutti con molto affetto. Nonostante il freddo avete riempito questo luogo. Vi ringrazio molto.

30 Oggi teniamo questo incontro di preghiera illuminati dalla Parola di Dio che abbiamo appena ascoltato. La lettura del Libro dell’Apocalisse ci aiuta a considerare la vita della Madre di Cristo da una prospettiva particolare, San Giovanni contempla "Nel cielo . . . un segno grandioso: una donna vestita di sole, con la luna sotto i suoi piedi e sul suo capo una corona di dodici stelle" (Ap 12,1). Lo stesso Libro presenta questa donna incinta, davanti alla quale c’è un enorme drago, che vuole divorare il bambino appena nato. Questa immagine ci riporta al Libro della Genesi nel quale compare il serpente del paradiso terrestre ossia lo stesso Drago, vinto dalla stirpe della Donna (cf. Gen Gn 3,15).

Questi elementi indicano la maternità divina di Maria e anche la sua maternità spirituale. Nel dare alla luce il Figlio di Dio fatto carne, Maria è chiamata, in un certo modo, ad un’altra maternità, ossia a generare i figli degli uomini come figli adottivi di Dio.

L’autore dell’Apocalisse ode dal cielo una voce potente: "Ora si è compiuta la salvezza, la forza e il regno del nostro Dio e la potenza del suo Cristo" (Ap 12,10). Maria è unita intimamente a Cristo in questa vittoria su Satana. Essa è l’Arca dell’Alleanza divina che san Giovanni vede nel tempio di Dio nei cieli.

2. Voi la invocate con il nome di Nostra Signora dell’Assunzione e la venerate come Patrona di Città del Guatemala. E ora, ricordando queste stesse parole dell’Apocalisse mi accingo a porre una corona d’oro sul capo di questa immagine della Madre di Dio, in questa liturgia dell’incoronazione, così legata al quinto mistero glorioso del santo rosario.

In questa città, chiamata tradizionalmente "La Nueva Guatemala de la Asunción", ci siamo riuniti oggi per glorificare e benedire Dio che ha glorificato e assunto in cielo con il suo corpo e con la sua anima Maria, Madre sua e nostra. Ci rallegriamo perché "l’immacolata Vergine, preservata immune da ogni macchia di colpa originale, finito il corso della sua vita terrena, fu assunta alla celeste gloria col suo corpo e con la sua anima, e dal Signore esaltata come la regina dell’universo, perché fosse più pienamente conformata al Figlio suo, il Signore dei dominanti (cf. Ap Ap 19,16) il vincitore del peccato e della morte" (Lumen gentium LG 59).

L’incoronazione della Vergine Santissima ci allieta e ci interroga anche in quanto comunità ecclesiale che vuole essere, sull’esempio di Maria, trasparente e portatrice del Vangelo, disposta ad affrontare questa lotta contro le forze del male che si vincono solo con l’amore, il perdono, la riconciliazione e la Croce.

3. Alle soglie del Terzo Millennio, è urgente annunciare a tutti gli uomini che Gesù è il Redentore che ha reso possibile la trasformazione del mondo offrendoci il perdono infinito di Dio. In questo modo incomincia una nuova epoca nella quale l’inimicizia deve essere vinta dalla fraternità e le rivalità, i rancori, le guerre devono lasciare il passo alla solidarietà cristiana, al perdono personale e alla luce della pace.

I Vescovi, in occasione del Quarto Centenario del Cristo di Esquipulas, hanno indirizzato alle comunità ecclesiali guatemalteche la lettera pastorale: "Urge la vera pace!". Vi esorto a seguire questo cammino di evangelizzazione, che annuncia "il Regno di Dio" (cf. Paolo VI, Evangelii nuntiandi EN 8), prendendo in considerazione il rispetto della dignità umana e lo sviluppo integrale delle persone, la solidarietà e la comunione, il perdono e la riconciliazione. La Chiesa, che è "il popolo della vita e per la vita" (cf. Giovanni Paolo II, Evangelium vitae EV 79), assume così il compito di "far giungere il Vangelo della vita al cuore di ogni uomo e donna e immetterlo nelle pieghe più recondite dell’intera società" (Giovanni Paolo II, Evangelium vitae EV 80).

4. Desidero rivolgermi ora in modo particolare ai catechisti qui presenti e a quanti mi seguono attraverso la radio e la televisione. Il vostro compito, cari catechisti del Guatemala, è grandioso. Non dimenticate che "lo scopo definitivo della catechesi è mettere qualcuno non solo in contatto, ma in comunione, in intimità con Gesù Cristo" (Giovanni Paolo II, Catechesi tradendae CTR 5).

Uniti ai vostri Vescovi e ai vostri sacerdoti, dedicatevi, in modo sistematico e approfondito, all’insegnamento della dottrina del Vangelo, preparando la vostra comunità ecclesiale affinché celebri correttamente l’Eucaristia e tragga da essa la forza per vivere il comandamento nuovo dell’amore.

Desidero rendere adesso un affettuoso e meritato omaggio alle centinaia di catechisti che, assieme ad alcuni sacerdoti, hanno rischiato la propria vita e l’hanno anche offerta per il Vangelo. Con il loro sangue hanno fecondato per sempre la terra benedetta del Guatemala. Tale fecondità deve tradursi in famiglie unite e profondamente cristiane, in parrocchie e comunità evangelizzatrici, in numerose vocazioni sacerdotali, religiose e missionarie. Questi catechisti, imitando il coraggio e la fermezza di Maria, "hanno vinto per mezzo del sangue dell’Agnello e grazie alla testimonianza del loro martirio poiché hanno disprezzato la vita fino a morire" (Ap 12,11).

31 5. L’eredità che tutti i guatemaltechi hanno ricevuto da questi eroi della fede è bella e allo stesso tempo impegnativa, poiché comporta l’urgente compito di proseguire l’evangelizzazione: è necessario che il Vangelo giunga in ogni luogo e a ogni persona! Vi invito, pertanto, a "colmare con il Vangelo di Cristo" (cf. Rm Rm 15,19) le diverse regioni del Guatemala e tutte le sue famiglie: dai boschi del Petén fino all’ampia valle del Motagua, dalle cime dei Cuchumatanes fino alle pianure della costa del Pacifico, dalle Tierras Frías dell’Occidente fino alle torride campagne dell’Oriente, soprattutto laddove gli indigeni e i contadini hanno bisogno della vostra cura pastorale. Questi ultimi sono, a volte, i più colpiti dalla proliferazione delle sette e di nuovi gruppi religiosi che generano confusione e incertezza fra i cattolici. È necessario rafforzare la vostra azione evangelizzatrice, seguendo le direttive dei Vescovi.

Sta nascendo per il Guatemala una nuova era in cui tutti i suoi popoli devono aprirsi ad una "nuova evangelizzazione", che deve essere portata a termine non solo con "nuovi metodi e nuove espressioni" ma soprattutto per mezzo del "nuovo fervore dei suoi agenti" che siano segni credibili del Vangelo. La fedeltà a Dio e a Gesù Cristo deve esprimersi anche come fedeltà alla Chiesa fondata dallo stesso Signore ed edificata sulla pietra di Pietro e dei suoi successori.

Il ricordo di quanti hanno versato il proprio sangue per il Vangelo promuova la generosità, il servizio e l’umiltà! Che la rivalità, l’invidia, l’ambizione non costituiscano fra di voi un ostacolo all’annuncio della Parola, alla celebrazione dell’Eucaristia e all’edificazione della Chiesa! Il Papa vi ringrazia commosso per la vostra dedizione al compito dell’evangelizzazione. Viva il Guatemala!

Raccomando vivamente a tutti voi di aiutare quelli che hanno abbandonato la fede cattolica o corrono il rischio di abbandonarla, affinché possano tornare ben presto alla comunità cristiana nella quale sono stati generati e educati come cristiani. Accoglieteli con tenerezza, comprensione, umiltà e sacrificio. Non dimenticate che quanti un tempo hanno pregato la Vergine Santissima, anche se si sono allontanati dalla Chiesa cattolica, conservano sempre nel proprio cuore una scintilla di fede che può comunque essere ravvivata. Di certo la Vergine Santissima li attende come una madre a braccia aperte.

6. In questo atto liturgico dell’incoronazione è contenuta la nostra comune fede nel regno di Cristo, frutto della sua morte e della sua risurrezione. Questo è il significato della corona che verrà posta sull’immagine di Nostra Signora dell’Assunzione. Questa incoronazione comunque invita ciascuno di noi ad essere sua corona, come esortava San Paolo scrivendo ai primi cristiani: "fratelli miei carissimi e tanto desiderati, mia gioia e mia corona, rimanete saldi nel Signore" (Ph 4,1).

Nel Vangelo di Luca abbiamo ascoltato che Maria, nel far visita alla cugina Elisabetta, canta l’inno di lode: "L’anima mia magnifica il Signore e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore, perché... grandi cose ha fatto in me l’Onnipotente" (Lc 1, 46-47, 49). E l’Evangelista aggiunge: "Maria rimase con lei circa tre mesi, poi tornò a casa sua" (Lc 1,56). Vi auguro, cari fratelli e sorelle, che Maria rimanga sempre con voi, che la sua immagine incoronata oggi sia segno della sua particolare presenza materna.

La Vergine che serbava e meditava nel suo cuore ciò che si diceva di Gesù (cf. Lc Lc 2,1 Lc 9-51) e lo metteva in pratica nella sua vita, sia modello e sostegno affinché voi meditiate nel vostro cuore sul Vangelo del Regno. La testimonianza della vostra vita cristiana contribuisca in maniera efficace alla costruzione di un nuovo Guatemala, fondato sulla fede cattolica dei vostri padri e aperto a comunicare questa stessa fede agli altri popoli. Possa dirsi di tutti ciò che Elisabetta disse di Maria: "Beata colei che ha creduto nell’adempimento delle parole del Signore" (Lc 1,45).

Possa, la gioia con cui Maria cantó il "Magnificat", pervadere tutti i cuori, tutte le famiglie e tutti popoli del Guatemala!

VIAGGIO APOSTOLICO IN GUATEMALA,

NICARAGUA, EL SALVADOR E VENEZUELA

CERIMONIA DI BENVENUTO IN NICARAGUA


Aeroporto Internazionale di Managua

Mercoledì, 7 febbraio 1996

Presidente,

32 Eminenza e Fratelli nell’Episcopato,
Insigni Autorità,
Amati figli e figlie del Nicaragua:

1. Rendo grazie alla divina Provvidenza per avermi permesso di tornare in questo amato Paese. Sono trascorsi tredici anni dal mio primo Viaggio Apostolico in Nicaragua. In questo periodo sono state scritte nuove ed importanti pagine della storia nazionale e sono cambiate molte situazioni. Tuttavia il messaggio che vi porto è lo stesso perché vengo nel nome di Cristo, che "è lo stesso ieri, oggi e sempre" (
He 13,8). È un messaggio di pace e di riconciliazione, di invito alla solidarietà e alla fraternità affinché ci aiuti ad essere autentici protagonisti della civiltà dell’amore. È un messaggio di incoraggiamento a proseguire lungo il sentiero della fede della Chiesa, che avete ricevuto dai vostri predecessori. Un messaggio che, proveniente da Gesù Cristo, vi illumini per avanzare lungo le vie che Egli propone all’umanità e ad ogni persona in particolare.

2. Sono lieto di rivolgere adesso un saluto deferente a lei, Presidente, e allo stesso tempo le porgo il mio sincero ringraziamento, sia per il suo reiterato invito a tornare in Nicaragua, che per le sue cordiali parole di benvenuto. La mia gratitudine va anche al Cardinale Miguel Obando Bravo e agli altri Vescovi della Nazione, per avermi invitato e per aver promosso ed incoraggiato un’intensa preparazione spirituale a questa Visita del Successore di Pietro ai fedeli del Nicaragua.

Ringrazio gli onorevoli membri del Governo e le altre Autorità della Repubblica, per la loro presenza qui e per la collaborazione che hanno prestato nei preparativi dei diversi eventi previsti.

Grazie a tutti voi, amati figli del Nicaragua: a voi che siete qui presenti e a quelli che incontrerò nel corso di questa giornata, così come a coloro che non potrò vedere, ma che in qualche modo porto nel mio cuore. Grazie per la vostra accoglienza, per le vostre preghiere, per il vostro incrollabile amore verso il Papa.

3. Il nostro tempo è caratterizzato da una crescente valorizzazione della dignità umana, dall’aspirazione ad una distribuzione più equa dei beni materiali e all’instaurazione di un ordine politico, sociale ed economico che sia sempre più al servizio dell’uomo (cf. Gaudium et spes GS 9). Tuttavia queste aspirazioni non possono essere soddisfatte pienamente al di fuori della Legge di Dio e dei principi etici fondamentali.

Per questo, il processo di democratizzazione che avete intrapreso e la fase pre-elettorale in cui vi trovate devono essere accompagnati da un’autentica rivitalizzazione dei tradizionali valori morali del popolo nicaraguense, così come da un impegno etico da parte di coloro che aspirano alle alte cariche dello Stato. In questo senso la storia e l’esperienza dimostrano che non basta progredire solo a livello materiale: senza un vero progresso morale non esiste progresso umano integrale.

4. In mezzo alle vicissitudini di ogni giorno, come credenti sapete che Dio è con voi e che la Vergine Maria, che venerate specialmente nel suo mistero della Immacolata Concezione, intercede per voi. Fedeli all’eredità ricevuta dai primi missionari che, dagli albori della evangelizzazione, "promossero i tre grandi amori che hanno caratterizzato la fede cattolica dei vostri popoli: amore per l’Eucaristia, amore per la Madre del Salvatore e amore per la Chiesa nella persona del Successore di Pietro" (Giovanni Paolo II, Messaggio in occasione del V Centenario della prima Messa celebrata nel Nuovo Mondo, 12.XII.1993, n. 3), avete celebrato il II Congresso Eucaristico-Mariano, che i Vescovi mi hanno invitato a chiudere. Questo Congresso, dal tema "Con il Papa e per Maria a Gesù Eucaristia", è chiamato a dare abbondanti frutti che io stesso voglio incoraggiare con la mia presenza.

Confidando nell’intercessione materna dell’Immacolata Concezione, della Purissima comincio la mia seconda e tanto desiderata Visita Pastorale in Nicaragua, chiedendo al Signore di benedirvi tutti e di colmarvi delle sue grazie.

33 Sia lodato Gesù Cristo!

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