GP2 Discorsi 1996 73


AI PELLEGRINI DELL'OPERA FEDERATIVA

TRASPORTO AMMALATI LOURDES


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Sabato, 23 marzo 1996




1. Vi accolgo con gioia, carissimi Fratelli e Sorelle dell’Opera Federativa Trasporto Ammalati a Lourdes! Un caloroso benvenuto rivolgo soprattutto a voi, cari malati, che avete affrontato i disagi del viaggio per venire a Roma, vicino alla tomba dell’apostolo Pietro.

Saluto i responsabili dell’Associazione ed esprimo il mio apprezzamento per questa e per le altre iniziative che permettono a tante persone di vivere la forte esperienza di fede che è il pellegrinaggio. So che quello di confermare la vostra fede è il motivo principale che vi ha spinti a venire. Perciò voglio anzitutto richiamare alla vostra mente le parole dell’apostolo Pietro: "Siete ricolmi di gioia, anche se ora dovete essere per un po’ di tempo afflitti da varie prove, perché il valore della vostra fede, molto più preziosa dell’oro, che, pur destinato a perire, tuttavia si prova col fuoco, torni a vostra lode, gloria e onore nella manifestazione di Gesù Cristo" (
1P 1,6-7).

2. Il secondo motivo che vi ha condotti qui è la volontà di offrire la vostra preghiera e la vostra sofferenza: è un’offerta, si direbbe un obolo spirituale accumulato nella concretezza del quotidiano, specialmente quando esso diventa pesante e richiede maggiore pazienza.

Carissimi, io vi ringrazio per lo spirito di generosa oblazione e di devota solidarietà col Papa che vi animano in questo pellegrinaggio e, più ancora, nell’ordinaria offerta delle vostre preghiere e sofferenze. Vi ringrazio e vi ripeto quanto ho scritto nel Messaggio per l’ultima Giornata Mondiale del Malato: "Soffrire ed essere accanto a chi soffre: chi vive nella fede queste due situazioni entra in particolare contatto con le sofferenze di Cristo ed è ammesso a condividere "una specialissima particella dell’infinito tesoro della redenzione del mondo"" (Giovanni Paolo II, Messaggio per la Giornata mondiale del malato, 11 ott. 1995: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, XVIII, 2 (1995) 826).

3. Il terzo motivo del vostro pellegrinaggio è il proposito di inserirvi attivamente, valorizzando proprio la condizione in cui vi trovate, nell’itinerario di preparazione al Grande Giubileo dell’Anno 2000. A questo riguardo, ribadisco la mia esortazione a sentirvi a pieno titolo protagonisti del cammino di rinnovamento evangelico che la Chiesa intera è chiamata a percorrere in questi anni che ci conducono al Giubileo (Ibid.). Voi, carissimi, "siete chiamati ad una peculiare missione nell’ambito della nuova evangelizzazione, ispirandovi a Maria Madre dell’amore e del dolore umano. Vi sostengono in tale non facile testimonianza gli operatori sanitari, i familiari, i volontari che vi accompagnano lungo il quotidiano cammino della prova" (Ibid. n. 2). Vi sostiene anzitutto l’Immacolata, che amate e venerate come meta principale dei vostri pellegrinaggi terreni e del grande pellegrinaggio della vita. Vi accompagni anche la mia Apostolica Benedizione, che ora imparto con grande affetto a voi, qui presenti, ed estendo volentieri a quanti non hanno potuto venire come pure ai vostri familiari.


AGLI STUDENTI DEL COLLEGIO SAN CARLO DI MILANO


Sabato, 23 marzo 1996




Sono lieto di accogliere anche gli alunni di Terza Media del Collegio san Carlo di Milano, venuti in occasione del centoventicinquesimo anniversario di fondazione dell’Istituto, che vanta tra i suoi ex-alunni Achille Ratti di Desio, chiamato poi dalla Provvidenza a diventare Papa col nome di Pio XI.

Cari ragazzi, voi state per concludere un ciclo scolastico e per iniziare una nuova fase della vostra crescita umana e cristiana. Auguro a voi e a tutti gli amici del "San Carlo" di vivere la vostra età come un’apertura alla vita, ricordando sempre quello che disse un giorno Gesù ai suoi discepoli: "Io sono la Vita". Sì, carissimi, seguite Gesù e la vostra vita sarà piena di bontà e di gioia! Vi benedico di cuore, insieme con i vostri educatori.


ALLE PARTECIPANTI AL CAPITOLO GENERALE


DELLE FIGLIE DELLA CARITÀ CANOSSIANE


Lunedì, 25 marzo 1996




Carissime Sorelle!

75 1. Sono lieto di accogliervi e porgo a ciascuna di voi il mio cordiale benvenuto. Saluto in particolare la nuova Superiora Generale, Madre Ilva Fornaro, e le Consigliere Generali, invocando copiose grazie celesti sul servizio alla Congregazione che esse sono chiamate a compiere. Rivolgo un particolare pensiero anche a Madre Testa, che per tanti anni ha guidato la vostra Congregazione. Voi siete al termine del Capitolo Generale che vi ha portato a riflettere sulla missione delle Religiose Canossiane nella Chiesa e nel mondo in questo nostro tempo, segnato da rapidi e profondi rivolgimenti sociali. Importante è il ruolo che i Religiosi e le Religiose sono chiamati a svolgere all’interno della Comunità ecclesiale e nella società. Esso è stato ben sottolineato anche dal recente Sinodo dei Vescovi, dedicato proprio alla vita consacrata ed alla sua missione nella Chiesa e nel mondo. La vita religiosa, essendo piena partecipazione all’obbedienza di Gesù al Padre nello Spirito Santo, mediante i voti di castità, povertà e obbedienza, offre agli uomini un annuncio profetico del Regno di Dio.

2. A tale annuncio vuole contribuire validamente anche il vostro benemerito Istituto delle Figlie della Carità, solido numericamente e spiritualmente, in espansione vocazionale ed apostolica, soprattutto in diversi Paesi del Terzo Mondo, dove una provvidenziale fioritura di vocazioni riesce quasi a supplire alla diminuzione di membri che, purtroppo, si registra in altre Nazioni.

La vostra presenza, diffusa in tutti i Continenti, vi permette di svolgere un’intensa attività missionaria, in piena fedeltà al carisma delle vostre origini. Il propagarsi della Congregazione in territori diversi tra loro per situazioni sociali, culturali e religiose non impedisce anzi favorisce l’impegno di mantenere ferma la vostra tipica dimensione carismatica di amore, obbedienza, fedeltà alla Chiesa, nel solco tracciato dalla Fondatrice, Santa Maddalena di Canossa. La sua canonizzazione, avvenuta il 2 ottobre 1988, ha portato con sé un risveglio di fede, di pietà, di sacrificio, di zelo umile e generoso, i cui frutti si avvertono in maniera sensibile. Sono certo che questo clima di spirituale fervore vi permetterà di approfondire i valori connessi alla vita comunitaria, alla formazione, alle scelte apostoliche consone con le esigenze dell’epoca attuale. E crescendo in ciascuna canossiana il senso di gioiosa appartenenza all’Istituto, sarà più facile creare rapporti di dialogo, di partecipazione e di condivisione all’interno della comunità. Vorrei a tal fine esortarvi ad essere attente nel discernere i segni dei tempi, facendo in modo che nelle vostre case crescano sempre più il mutuo sostegno e la collaborazione reciproca in vista di una più efficace azione apostolica e missionaria.

3. Nel corso dei lavori capitolari non avete mancato di riflettere pure sulla pastorale giovanile e vocazionale, concepita anzitutto come impegno di preghiera, testimonianza, rinnovamento spirituale ed apostolico, sì da favorire anzitutto nelle comunità un clima di fede e di carità in grado di offrire ai giovani possibilità e percorsi di autentica educazione cristiana. Vostra preoccupazione è, inoltre, garantire un itinerario formativo completo alle aspiranti del vostro Istituto. A tale scopo, avete pensato di formulare orientamenti unitari per le varie tappe della formazione, dal momento del discernimento vocazionale fino alla professione perpetua. La ratio formationis, che intendete elaborare alla luce del documento ecclesiale "Direttive sulla formazione negli istituti religiosi", vi consentirà certamente di meglio raggiungere gli obiettivi che vi stanno a cuore nel delicato campo della formazione iniziale e permanente.

4. Come non ricordare, poi, che in questi ultimi anni il vostro Istituto ha impresso notevole impulso a due tipiche dimensioni della spiritualità apostolico-canossiana: la missionarietà e la promozione del laicato? L’approfondimento dello spirito missionario e l’apertura a nuovi spazi di evangelizzazione, in special modo con l’attuazione del "progetto Africa", ha trovato pronta adesione da parte di numerose vostre Sorelle, resesi disponibili per essere inviate in terre di missione. La loro generosità è sostenuta dalla preghiera delle altre Religiose, oltre che di molti collaboratori e collaboratrici dell’Istituto. Si assiste, così, con rinnovata speranza, ad un rilancio dello spirito missionario che ha segnato le origini dell’Istituto, mentre, per rendere più consona ai tempi la vostra azione apostolica, voi ristrutturate case ed opere allargando la presenza canossiana anche grazie all’apporto di forze giovanili religiose e laicali. Coinvolgere i laici nelle vostre attività costituisce una priorità del vostro lavoro, fedeli, anche in questo, all’intuizione della Fondatrice.

5. Carissime Sorelle, esprimo vivo apprezzamento per quanto state compiendo al servizio del Vangelo. Le inevitabili difficoltà, che s’incontrano sul cammino, non rallentino l’entusiasmo della vostra azione apostolica. Anzi, sull’esempio di Santa Maddalena di Canossa, siate pronte a contribuire ancor più entusiasticamente alla nuova evangelizzazione con le vostre attività nell’ambito dell’educazione e della scuola, della catechesi e della pastorale dei sofferenti, della formazione dei laici all’apostolato e della promozione degli Esercizi spirituali. Tutto sia orientato a far conoscere ed amare il Signore, che "entrò nella storia del mondo come l’uomo perfetto" (Gaudium et spes
GS 38). Seguire Cristo, Redentore dell’uomo e di tutto l’uomo: sia questo il vostro ideale cammino di piena e autentica realizzazione umana e spirituale.

Vi protegga e vi accompagni ogni giorno Maria Santissima Addolorata, che la vostra Famiglia religiosa venera con singolare devozione; vi assistano la santa Fondatrice Maddalena di Canossa e la Beata Giuseppina Bakhita. Vi sia di sostegno anche la Benedizione Apostolica, che volentieri imparto a voi qui presenti e a tutte le vostre Consorelle.


AI VESCOVI DELLA CONFERENZA EPISCOPALE DELLA COREA


IN VISITA « AD LIMINA APOSTOLORUM »


Martedì, 26 marzo 1996




Eminenza,
Cari Fratelli Vescovi,

1. "Ringrazio il mio Dio ogni volta ch’io mi ricordo di voi, pregando sempre con gioia" (Ph 1,3). Con queste parole di San Paolo e con quello stesso spirito di rendimento di grazie e di gioia, vi do il benvenuto, Vescovi della Corea in occasione della vostra visita ad Limina Apostolorum. Siete giunti a Roma, presso le tombe degli Apostoli Pietro e Paolo, per esprimere la vostra comunione e quella di tutti i "familiari di Dio"" (Ep 2,19) in Corea con il Successore di Pietro che "presiede la comunione universale di carità" (cf. Sant’Ignazio di Antiochia, Ad romanos, prefazione).

76 La vostra visita ad Limina si svolge al termine del Tempo di Quaresima. Dopo i nostri incontri ritornerete alle vostre Diocesi per guidare i fedeli nelle celebrazioni che commemoreranno gli eventi più sacri della nostra salvezza: la Passione, la Morte e la Risurrezione di nostro Signore. Questi santissimi misteri non possono non ispirarci nel momento in cui tentiamo di compiere con fedeltà e diligenza i nostri doveri di Pastori del Popolo di Dio e non possono non permeare la mia riflessione di oggi. "E infatti Cristo, nostra Pasqua, è stato immolato! Celebriamo dunque la festa non con il lievito vecchio, né con il lievito di malizia e di perversità, ma con azzimi di sincerità e di verità" (1Co 5,7-8).

2. Nel contesto del Mistero Pasquale comprendiamo più chiaramente che "i Vescovi in mezzo ai loro fedeli" dovrebbero comportarsi "come coloro che prestano servizio" (Christus Dominus CD 16); (cf. Mt Mt 20,28). perché Cristo stesso non è venuto a fare la propria volontà, ma quella di Colui che lo ha mandato (cf. Gv Jn 6,38). Un Vescovo deve essere un buon Pastore che conosce le sue pecore e da esse è conosciuto a tal punto che questo vincolo lo porta ad essere disposto a sacrificare la propria vita per loro (cf. Gv Jn 10,14-15). Egli deve essere un autentico padre che dimostra amore e sollecitudine per tutti cosicché l’intera famiglia dei credenti possa riunirsi e crescere "nella grazia e nella conoscenza del Signore nostro e salvatore Gesù Cristo" (2P 3,18). Questa è dunque la chiamata che il Signore rinnova per noi ogni giorno. La nostra risposta non potrà mai essere quella dei "servi che vogliono essere pagati", ma sarà sempre la risposta totalmente devota degli Apostoli (cf. Mc Mc 1,20), chiamati ad essere l’autentico fondamento dell’intero edificio della Chiesa (cf. Ef Ep 2,20).

In quanto Vescovi e Pastori di anime, questa nostra risposta diviene una testimonianza vivente che conduce a una comunione più intima con il Signore coloro che sono già nel gregge e che porta a Cristo e alla sua Chiesa coloro che ancora non conoscono la piena verità del Vangelo, "potenza di Dio per la salvezza di chiunque crede" (Rm 1,16). Nel vostro Paese questa potenza salvifica di Dio si sta manifestando chiaramente: il numero dei cattolici continua ad aumentare, i programmi di formazione per catecumeni e neofiti vengono assiduamente frequentati e le vocazioni al sacerdozio e alla vita consacrata sono numerose. In accordo con i segni dei tempi, i fedeli laici si stanno impegnando sempre più attivamente nella vita ecclesiale e nell’apostolato, nelle parrocchie e nelle associazioni, nell’evangelizzazione, nella catechesi e nello studio e nell’applicazione della dottrina sociale della Chiesa.

Soprattutto attraverso la loro testimonianza di vita cristiana in sintonia con il Vangelo e mediante il loro impegno responsabile nella vita sociale, culturale, politica ed economica della nazione, i laici stanno svolgendo il loro ruolo specifico nella trasformazione dell’ordine temporale in vista del Regno di Dio, promuovendo la dignità umana, creando solidarietà e servendo il bene comune. Non ci sono dubbi circa i numerosi doni spirituali con i quali il Signore sta benedicendo le vostre Chiese. Avete il compito di custodire questi doni, alimentandoli, rifinendoli e orientandoli in modo che tutta la realtà umana possa essere sempre più pienamente permeata della presenza e dell’amore salvifici di Cristo. In tal modo la Chiesa servirà veramente "come il fermento e quasi l’anima della società umana" (Gaudium et spes GS 40).

3. E non è forse molto opportuno che la Chiesa in Corea assuma questo ruolo con sempre maggiore vigore e zelo? Come voi stessi avete sottolineato lo sviluppo economico della vostra società è accompagnato da una certa visione materialistica della realtà, che si sta evidenziando e che sembra anche dominare il pensiero delle persone, in particolare dei giovani. Non solo in Corea, ma in tutta l’Asia, stanno guadagnando terreno influenze culturali che contrastano con alcuni dei più autentici valori umani sui quali la vostra società finora si è basata. In quanto Pastori della Chiesa, siete consapevoli del fatto che a proposito di questo fenomeno è necessario un grande sforzo di discernimento. Dovete offrire un contributo specifico attraverso i vostri sforzi vigorosi volti a perfezionare le iniziative e i programmi pastorali che affrontano in maniera adeguata questa crisi di valori ampiamente diffusa.

A questo proposito, fra i compiti specifici del vostro ministero vi incoraggio a non stancarvi mai di proclamare, insegnare e difendere la santità inviolabile della vita umana dal concepimento fino alla morte naturale. Siate portavoce della cultura della vita, cercando un’effettiva cooperazione con tutti coloro che condividono la vostra profonda preoccupazione per "l’impressionante moltiplicarsi . . . delle minacce alla vita delle persone e dei popoli, soprattutto quando essa è debole e indifesa" (Giovanni Paolo II, Evangelium vitae EV 3).

4. Dobbiamo tutti essere convinti del fatto che il prossimo Giubileo che segna il bimillenario della nascita del nostro Salvatore costituisce un’opportunità provvidenziale per tutta la Chiesa per riflettere su ciò che è stato compiuto finora e su ciò che è necessario fare per una sequela del Signore più profonda e generosa. Nelle vostre Chiese particolari avete già iniziato un programma pastorale di preparazione per quell’anno di grazia. Sarà molto importante aiutare tutti, sacerdoti, religiosi e laici, a comprendere il significato autentico di tale evento. La sua giustificazione, il suo contenuto e il suo scopo sono espressi nelle parole della Costituzione Pastorale del Concilio sulla Chiesa nel Mondo Contemporaneo: "Ecco, la Chiesa crede che Cristo, per tutti morto e risorto, dà all’uomo, mediante il suo Spirito, luce e forza perché l’uomo possa rispondere alla suprema sua vocazione; ...crede ugualmente di trovare nel suo Signore e Maestro la chiave, il centro e la fine di tutta la storia umana" (Gaudium et spes GS 10). Tutto questo periodo deve essere un tempo di conversione, grazia e rinnovamento, incentrati sulla presenza viva del Redentore.

Fra coloro che hanno bisogno in maniera particolare della vostra sollecitudine pastorale e della vostra carità vi sono quei cattolici che per un motivo o per l’altro si sono allontanati dalla pratica della fede. Allo stesso modo, compirete sforzi particolari per coinvolgere i giovani cattolici nella preparazione e nella celebrazione del Giubileo. Ciò è essenziale in quanto saranno proprio i giovani a condurre la Chiesa nel prossimo secolo e nel prossimo millennio: Cristo si aspetta molto dai giovani (cf. Giovanni Paolo II, Tertio Millennio adveniente TMA 58).

5. In un simile contesto, vi incoraggio anche a continuare la vostra attività missionaria nel vostro Paese e altrove. Essa rimane, dopo tutto, una caratteristica essenziale della vita della Chiesa in tutte le generazioni e in tutte le parti del mondo. Essa è dunque una parte fondamentale del nostro ruolo di Successori degli Apostoli che hanno predicato la Buona Novella a tutti, senza distinzioni. La Chiesa in Corea ha il ruolo unico di annunziare nel vostro Paese "le imperscrutabili ricchezze di Cristo" (Ep 3,8). A questo proposito, vi sono grato per la vostra generosità nell’inviare religiosi in zone dell’Asia nelle quali le circostanze rendono ciò particolarmente necessario e per la vostra disponibilità ad accogliere nei vostri seminari candidati provenienti da ogni parte del mondo, cosa che è segno tangibile del vostro impegno alla cooperazione missionaria (cf. Giovanni Paolo II, Redemptoris missio RMi 85).

Inoltre, desidero elogiare gli sforzi compiuti dalla Chiesa in Corea per manifestare solidarietà ai fratelli e alle sorelle del Nord, in particolare in seguito alle recenti inondazioni che hanno devastato diverse provincie.

6. Nello svolgimento di tutti i vostri vari compiti pastorali siete assistiti dai vostri fratelli sacerdoti che sono i vostri "necessari collaboratori e consiglieri" nel ministero sacro (Presbyterorum ordinis PO 7). Sono lieto del fatto che le vostre Diocesi sono benedette da numerosi sacerdoti devoti e che le vocazioni sacerdotali continuano ad aumentare.

77 Poiché "primo rappresentante di Cristo nella formazione sacerdotale è il Vescovo" (Giovanni Paolo II, Pastores dabo vobis PDV 65), dovete adoperarvi per garantire che i candidati possiedano sane motivazioni, pietà autentica e capacità sufficienti e che intendano seriamente divenire uomini di moralità irreprensibile. "Un elemento di massima importanza nell’educazione sacerdotale" (Ivi, n. 45) è costituito dalla formazione spirituale, necessario fondamento di tutto il resto. Tuttavia, questa formazione non termina con l’ordinazione sacerdotale, in quanto, come ogni sacerdote sa, la fedeltà al ministero sacerdotale implica "un processo di continua conversione" (Ivi, n. 70). Occupandovi del sostegno spirituale e della formazione permanente dei vostri sacerdoti li aiuterete a riconoscere in ogni momento la loro autentica dignità e a esprimere nella propria vita la loro identità sacerdotale come "uomini di Dio", "servi della Chiesa", "alter Christus" (cf. Ivi, n. 5).

L’annuale "Giornata per la Santificazione e il Rinnovamento del Clero" che avete istituito, è un invito ai fedeli affinché preghino per la santità, la dedizione e la fedeltà dei loro ministri ordinati. Per questo, i membri del clero e i laici eleveranno una preghiera comune al Signore della messe affinché nelle vostre Chiese locali mantenga la sua promessa: "Vi darò pastori secondo il mio cuore, i quali vi guideranno con scienza e intelligenza" (Jr 3,15).

7. La mia riflessione non sarebbe esauriente se non menzionassi con affetto le donne e gli uomini consacrati, religiosi e membri degli Istituti secolari, la cui peculiare consacrazione al Signore permette loro di offrire una testimonianza particolarmente efficace dell’amore di Dio per il suo Popolo. In ogni Chiesa locale essi sono le prove viventi della verità che "il Regno di Dio è vicino" (Mc 1,15). Sapete quanto la Chiesa nel vostro Paese dipenda dal loro generoso servizio. Vi esorto a star loro vicini e ad amare i loro carismi come doni straordinari del Signore. Fra pochi giorni pubblicherò l’Esortazione Apostolica Post-Sinodale che presenterà i risultati del Sinodo dei Vescovi del 1994 sul ruolo e sulla missione della vita consacrata nella Chiesa e nel mondo. Affido questo documento a voi e alle donne e agli uomini consacrati delle vostre Diocesi come pegno dell’amore, della fiducia e della speranza con i quali tutto il Popolo di Dio si rivolge a voi in questo particolare momento della storia della salvezza.

8. Cari fratelli Vescovi, queste sono alcune delle riflessioni che la vostra visita ispira. Vi ringrazio ancora una volta per la generosità e l’impegno con i quali svolgete i vostri compiti pastorali. All’approssimarsi del tempo di Passione, continuiamo a rivolgerci a Colui che ha liberamente offerto la sua vita perché poi potesse riprenderla di nuovo (cf. Gv Jn 10,1 Jn 7). Prego costantemente per voi affinché possiate svolgere in fedeltà il vostro compito apostolico di annunziare la parola, convincere, ammonire, esortare con ogni magnanimità e dottrina (cf. 2Tm 4,2). Vi chiedo di pregare allo stesso modo affinché il Signore possa rafforzarmi nel mio ministero di primo custode del deposito della fede per il bene della Chiesa nel mondo.

Affido tutti voi a Maria, nostra Madre addolorata ai piedi della Croce, e le affido le necessità e le speranze della Chiesa in Corea così come i dolori e le gioie del vostro ministero. Su ognuno di voi e su tutti i sacerdoti, i religiosi e i laici delle vostre Diocesi imparto di cuore la mia Benedizione Apostolica.


AD UN GRUPPO DI POLITICI E SINDACI


DELLA BOSNIA ED ERZEGOVINA


Giovedì, 28 marzo 1996




Illustri Signori,

Vi saluto tutti cordialmente. L’incontro con voi è per me non solo l’occasione per ricordare un passato drammatico, bensì il motivo di speranza per un futuro migliore.

La crudele e interminabile guerra nella Bosnia ed Erzegovina, ha causato grande distruzione, materiale e spirituale. Troppo sangue è stato versato. Tuttora permane il dolore a causa di tanti morti; i feriti portano nella propria carne i segni dell’efferata violenza; le case, gli edifici e persino i luoghi di culto distrutti, costituiscono testimonianze dell’odio che devasta l’uomo e la natura.

Allo stesso tempo, la vostra presenza è segno della speranza che nasce, anche se con fatica, dopo la guerra. È il tempo della ricostruzione! Ovviamente, la ricostruzione non è solamente materiale, ma anche spirituale. Anzi, senza rinnovamento degli spiriti, non vi sarà vera ricostruzione né di edifici materiali né del tessuto sociale. Solamente da un cuore nuovo, riconciliato con Dio, con se stesso e con il prossimo, nascerà una nuova società all’interno della quale ogni persona e ogni popolo potrà vivere in pace, mantenendo la propria identità culturale e religiosa.

Per ottenere la rinascita spirituale è indispensabile dare e chiedere perdono. Tale messaggio è stato ben percepito dai Vescovi della Conferenza Episcopale della Bosnia ed Erzegovina ed espresso nella Lettera pastorale del 25 gennaio scorso con il titolo: "Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio". Il perdono che libera il cuore dell’uomo da sentimenti di vendetta e di rivincita, è quasi un atto di fiducia nella conversione del prossimo, anche se macchiato di gravi delitti. Il perdono oltrepassa le norme della giustizia umana, pur non impedendone il corso regolare, in particolare per quanto riguarda il giudizio sui crimini commessi.

78 Durante gli anni della guerra la Santa Sede è sempre stata al vostro fianco. Essa non mancherà di continuare, con i mezzi che le sono propri, a promuovere il progetto di una Bosnia ed Erzegovina plurietnica e plurinazionale, in cui ogni persona e ogni popolo possano vivere nel rispetto nelle proprie diversità, le quali dovrebbero diventare non motivi di tensione e di divisione, bensì di mutuo arricchimento.

Se il Signore vorrà, spero quanto prima di portare questo messaggio di pace e di riconciliazione anche a Sarajevo.

Il Signore vi benedica e vi dia la forza di realizzare i vostri buoni propositi in favore di tutti gli abitanti della cara Bosnia ed Erzegovina!


AI GIOVANI DELLA DIOCESI DI ROMA IN PREPARAZIONE


ALLA XI GIORNATA MONDIALE DELLA GIOVENTÙ


Giovedì, 28 marzo 1996




"Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna" (Jn 6,68).

Carissimi giovani e ragazze di Roma,

1. Ho scelto questa espressione evangelica come tema dell’undicesima Giornata Mondiale della Gioventù. Sono le parole dette dall’Apostolo Pietro dopo che il Signore Gesù aveva pronunciato un discorso difficile da capire, che scandalizzava. Aveva detto: "Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno" (Jn 6,54). Gesù, cioè, si presenta al mondo come il vero cibo che solo può saziare la fame dell’uomo. Egli è il Verbo fatto carne che si offre come cibo nel sacramento dell’Eucaristia e come vittima sulla croce, perché il mondo si salvi per mezzo di Lui e riceva la pienezza della vita.

Se donarsi come carne da mangiare è il destino di Gesù, i discepoli intuiscono che questo sarà anche il loro ed hanno paura. Seguire Gesù significa affrontare una prospettiva di sofferenza e di morte. I discepoli si scandalizzano al pensiero che il Maestro deve farsi "mangiare". Gesù, allora, visto che molti per questo motivo se ne stanno andando, chiede ai Dodici: "Forse anche voi volete andarvene?" (Jn 6,67).

Ma Pietro, per tutti, risponde: "Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna" (Jn 6,68). Queste parole di Pietro riassumono un cammino. Il suo cammino di ricerca. Non si possono pronunciare se non si crede e non si è camminato a lungo per cercare, trovare e conoscere il Signore.

2. Oggi, in questo incontro di festa, voi avete ricostruito con canti, danze, testimonianze, le tappe fondamentali di ogni cammino di ricerca di Dio. Avete ascoltato dalle parole di testimoni come l’uomo sia in continua ricerca di Dio. E come Dio sia presente nella storia di ogni uomo e di ogni donna, gli vada incontro, lo cerchi per primo e risponda in maniera piena e definitiva al suo desiderio più profondo che è quello di essere amato.

Cari giovani, in base alla mia esperienza di sacerdote so bene che voi essenzialmente cercate l’amore.Tutti cercano l’amore, e un amore bello. Anche quando nell’amore umano si cede alla debolezza, tuttavia si continua a cercare un amore bello e puro. In definitiva, voi sapete bene che tale amore non può concedervelo nessuno all’infuori di Dio. Per questa ragione siete disposti a seguire Cristo senza badare a sacrifici.

79 Voi cercate Cristo perché Egli sa "quello che c’è in ogni uomo" (Jn 2,25), specialmente in un giovane, e sa dare risposte vere alle vostre domande. Cari giovani, è Cristo il "cercato", il "desiderato che si fa trovare", Colui che può darvi l’autentica gioia. Una gioia che non viene mai meno, perché destinata a continuare nella pienezza della vita, oltre la morte.

L’uomo, quindi, è un cercatore di Dio, a sua volta cercato da Dio. Nel Vangelo abbiamo ascoltato dalla bocca di Gesù questa verità: "Nessuno può venire a me, se non gli è concesso dal Padre mio" (Jn 6,65). Tuttavia, nel suo cercare l’uomo, Dio non costringe mai. Ha un grande rispetto per noi, fatti a sua immagine. Ci lascia liberi di accogliere le sue proposte. Anche a noi chiede: "Forse anche voi volete andarvene?" (Jn 6,67).

3. Ma da chi può andare l’uomo? Da chi potete andare voi, giovani in cerca della felicità, della gioia, della bellezza, dell’onestà, della purezza, in una parola sola: in cerca dell’amore? Lo sappiamo bene: molti giovani cercano tutto questo seguendo falsi maestri di vita. Come sono vere anche oggi le parole della seconda Lettera a Timoteo: "... per il prurito di udire qualcosa, gli uomini si circonderanno di maestri secondo le proprie voglie, rifiutando di dare ascolto alla verità per volgersi alle favole" (2Tm 4,3-4).

Penso al denaro, al successo, alla carriera, al sesso sfrenato e ad ogni costo, alla droga, al credere che tutto nella vita si gioca qui e adesso e che la vita va spesa per un appagamento immediato di ciò che si desidera oggi, senza tener conto che esiste un futuro eterno. Penso ancora al cercare la sicurezza, una falsa realizzazione di sé e la felicità nelle sette, nella magia o in altri sentieri religiosi che conducono l’uomo a ripiegarsi su se stesso anziché ad aprirsi a Dio.

In realtà, in tali condizioni si resta degli insoddisfatti, incapaci di gioire, perché se non si trova Dio, manca la risposta ai desideri più veri e profondi del cuore umano e la vita si fa piena di compromessi e di tensioni interiori.

4. "Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna" (Jn 6,68). Questa è la risposta. La risposta di Pietro, il primo degli Apostoli, colui al quale Cristo ha affidato la sua Chiesa. È la risposta della Chiesa e perciò anche di tutti voi, giovani romani che attraverso il battesimo siete membri della Chiesa.

È risposta che deve diventare sempre più consapevole in ciascuno di voi, fino a rendervi di essa araldi con i vostri coetanei che, pur lontani dalla fede, cercano la vita e quindi cercano Dio forse senza saperlo. Proprio perché è risposta di vita, non possiamo accontentarci di pronunciarla da soli: dobbiamo cercare di farne partecipi anche gli altri, pronti sempre a rendere ragione della speranza che è in noi (cf. 1P 3,15).

5. Annunciare a tutti Gesù, unica risposta pienamente appagante per le attese dell’uomo: ecco l’impegno a cui ci stimola l’avvicinarsi dell’anno Duemila, un anno di grazia tutto particolare. Dobbiamo arrivare preparati all’appuntamento del Duemila. Il Giubileo rinnova la gioia per l’evento strabiliante compiutosi duemila anni or sono, quando Dio si è fatto uomo, è divenuto il Dio-con-noi, nostro amico e compagno di viaggio. Gesù risorto continua ad essere con noi; viene incontro al nostro desiderio di salvezza e di redenzione.

Voi, giovani delle parrocchie, associazioni, movimenti, gruppi cristiani, impegnatevi ad approfondire il mistero della sua persona. Domandatevi chi è Gesù per voi, cosa vuole da voi, cosa voi cercate e trovate in Lui. E, mentre continuamente vi convertite a Lui, proponetelo a quegli amici ai quali nessuno, forse, Lo ha mai annunciato, oppure che Lo hanno conosciuto e poi Lo hanno abbandonato.

6. Ma, come fare? Il vostro primo impegno riguarda la vostra formazione di cristiani: raggiungere una conoscenza viva di Gesù, fare nella fede un’esperienza di Lui attraverso la preghiera, l’ascolto della sua Parola, la catechesi sui fondamenti del Credo, il servizio ai fratelli bisognosi.

Aprite con tutti un dialogo sincero, condividendo le ansie, i problemi e le gioie che tutti i giovani hanno in comune. Mostrate loro - con la vita più che con le parole - la grandezza del dono di Dio che avete ricevuto e che ha trasformato la vostra esistenza.

80 Con loro, poi, imparate a disegnare progetti di vita ispirati al Vangelo. Gesù, infatti, entra in ogni aspetto dell’esistenza e nella vocazione di ciascuno; chiede comportamenti conseguenti nell’esperienza dell’amore umano, nella scuola, nell’università, nel lavoro, nel volontariato, nello sport e in ogni altro ambito della vita quotidiana. Dà senso alla gioia e al dolore, alla salute e alla malattia, alla povertà e alla ricchezza, al vivere e al morire.

Per questo fatevi compagni di strada di ogni giovane che vive a Roma, conservando sempre la consapevolezza che solo la verità di Cristo può rispondere ai desideri dell’uomo, salvarlo, comunicargli la vita eterna.

7. Cari giovani e ragazze di Roma, siate gli apostoli della "Roma giovane". Che ogni giovane, dopo avervi frequentato, sia indotto a domandare: "Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna" (
Jn 6,68). Questa città ha radici cristiane. Non lasciate che la vostra Roma, la Roma del Duemila, sia meno cristiana di quella dei secoli che hanno preceduto l’inizio del terzo millennio. Annunciate ai vostri coetanei il Vangelo di Gesù, Parola sempre nuova e giovane che continuamente rinnova e ringiovanisce l’umanità. Usate per questo ogni mezzo e occasione. Testimoniate la fede là dove ci sono giovani come voi. Sappiate essere critici, quando occorre, nei confronti della cultura nella quale crescete e che non sempre è attenta ai valori evangelici ed al rispetto dell’uomo.

Se la vostra vita sarà orientata da Cristo, la cultura e la società saranno più cristiane perché voi stessi le avrete almeno in parte cambiate. Infatti le scelte di vita, i comportamenti, le azioni di ciascuno contribuiscono a costruire una società e una cultura. Impegnatevi perché la cultura cristiana diventi sempre più la cultura dei giovani. Animate la cultura con la vostra creatività.

8. A questo incontro hanno partecipato un regista, uno sportivo, ballerini, cantanti, rappresentanti di tanti mondi in cui è necessario essere presenti come cristiani, per essere segni visibili e non mimetizzati di Gesù. Alla vostra creatività, cari giovani romani, affido il compito di pensare e realizzare le forme più adatte per annunciare il Vangelo nella nostra città.

È questo l’impegno che ho chiamato "missione cittadina", alla quale tutta la Chiesa di Roma va preparandosi. Insieme, giovani e meno giovani, annunceremo il Vangelo di Cristo alla nostra città. Per questo atto di amore verso Roma conto su di voi, sulle vostre energie, la vostra creatività e la vostra capacità di lavorare insieme per una missione comune.

"Insieme per evangelizzare", sia questo lo slogan dei vostri programmi. "Insieme" come Chiesa di Roma che, pur ricca di doni diversi, deve proclamare il Vangelo nella comunione e con coraggio, senza vergognarsi della testimonianza da rendere al Signore (cf. 1Tm 1,8). Da questo annuncio dipende il futuro di questa città, il vostro futuro.

Dopo aver annunciato il Vangelo, che si comunica da cuore a cuore, da persona a persona, accompagnate, seguite ed accogliete, in comunità aperte e disponibili, chi si accosterà alla fede. Create dei centri, dei luoghi di accoglienza per cammini di fede personali, dove possano trovare risposta le domande che un giovane si pone prima di dire sì al Signore nella Chiesa. A tal fine voglio ricordare che nel 1983, Anno Santo della Redenzione, affidai ai giovani un luogo vicino a San Pietro anche per questo scopo: il Centro San Lorenzo. Oggi lo consegno a voi. Fatelo diventare, in vista dell’anno Duemila, un luogo di accoglienza dei giovani che cercano il Signore in questa città, per poi indirizzarli nei gruppi già esistenti presso le parrocchie, le associazioni e i movimenti. Create inoltre altri centri simili in tutta la città. Sarà un valido servizio alla causa dell’evangelizzazione.

9. Cari giovani e ragazze di Roma, grazie per questo incontro, grazie per quanto avete detto e cantato, grazie al Cardinale Vicario, al Cardinale Pironio che presiede il Pontificio Consiglio per i Laici, al Cardinale Canestri e ai Vescovi Ausiliari di Roma e a tutti i qui presenti.

Grazie soprattutto a voi di essere qui per non restare qui, ma per andare nelle vie di Roma a portare la gioia che viene dal Cristo. Non rimanete chiusi nei vostri gruppi. Uscite da essi per ritrovarvi come cristiani. Siate missionari per assaporare la bellezza del Vangelo che anche oggi è capace di convertire i cuori e cambiare il mondo, di dare a tutti ragioni di vita e di speranza. L’impegno che vi affido è grande, perseverate, non perdetevi d’animo di fronte alle difficoltà.

Vi accompagni il Signore Gesù e vi protegga la celeste Madre di Dio, da Roma invocata come Salvezza del Popolo Romano. Io vi assicuro un costante ricordo nella preghiera, mentre ora di cuore tutti vi benedico.

GP2 Discorsi 1996 73