GP2 Discorsi 1996 98


VISITA PASTORALE IN TUNISIA (14 APRILE 1996)

CERIMONIA DI CONGEDO


Aeroporto internazionale di Tunisi

Domenica, 14 aprile 1996




Signor Presidente della Repubblica,
Signore e Signori Rappresentanti
delle Autorità dello Stato,
Cari amici,

99 1. Al termine della memorabile giornata che mi è stato dato di trascorrere nel vostro Paese, vi ringrazio di essere venuti ad accomiatarvi. Sia certo, Signor Presidente, di tutta la mia gratitudine per la sua accoglienza e per il modo cortese con cui ha preso tutte le misure utili al mio soggiorno. Voglia trasmettere l’espressione della mia riconoscenza ai suoi collaboratori e a tutte le persone che hanno partecipato ai diversi servizi e che hanno organizzato nel migliore dei modi i miei spostamenti e i miei incontri di oggi. Grazie alla cortese attenzione di tutti, conserverò un prezioso ricordo di questa visita in Tunisia.

2. Permettetemi di esprimere anche ai rappresentanti della stampa tunisina e straniera i miei cordiali ringraziamenti per la loro presenza attiva, che ha permesso a un gran numero di persone di associarsi a questa visita del Successore di Pietro in una terra resa illustre da san Cipriano e da sant’Agostino, così come da molte altre importanti figure nel corso della storia della Tunisia.

3. Prima di partire, vorrei rinnovare a tutta la comunità cattolica i miei sentimenti affettuosi e riconoscenti per l’accoglienza che mi ha riservato. Incoraggio vivamente i miei fratelli cattolici a perseverare in una vita fraterna e in una fedeltà sempre più profonda al comandamento dell’amore verso Dio e verso il prossimo, poiché è questo il mandato supremo che abbiamo ricevuto da Gesù Cristo.

4. Signor Presidente, i vincoli della Tunisia con la Sede Apostolica sono stati felicemente rafforzati dai contatti diretti stabiliti durante questo viaggio. Nel rinnovarle l’espressione della mia gratitudine, formulo i miei migliori auguri per la sua persona e per i dirigenti della Nazione, affinché vi sia dato di continuare la vostra opera al servizio della prosperità e del benessere di tutto il popolo. Saluto cordialmente tutti gli abitanti di questo Paese, con un affetto particolare per le persone più provate e bisognose. Che tutti siano colmati delle benedizioni di Dio, l’Onnipotente!


AL RABBINO CAPO DI ROMA, PROFESSOR ELIO TOAFF,


A DIECI ANNI DALLA STORICA VISITA ALLA SINAGOGA


Lunedì, 15 aprile 1996




1. Mi è gradito rivolgere a Lei, Signor Rabbino Capo di Roma, agli illustri rappresentanti della Comunità ebraica che L’accompagnano e a voi tutti, cari amici, il mio cordiale saluto. Vi sono grato per questa visita, che suscita in me sentimenti di commozione. Rendiamo insieme grazie e lode all’Onnipotente, che ci concede di vivere questo momento benedetto.

Quando ebbi la gioia di recarmi a visitare, dieci anni orsono, la Comunità ebraica di questa amata Città, stretta intorno a Lei, Prof. Elio Toaff, nel Tempio Maggiore, sono stato oggetto di un’accoglienza e di una ospitalità contraddistinte da quella sollecitudine verso l’altro che può nascere soltanto dalla predisposizione del cuore. Oggi, con la vostra venuta, mi permettete di rivivere la stessa esperienza, consentendomi di accogliervi nella mia casa, come voi avete accolto me nella vostra; mi è dato così di aprirvi il cuore e di estendere questi miei sentimenti di gioia a tutta la Comunità ebraica di Roma, e alla Comunità ebraica nel mondo.

2. L’iniziativa di ricordare concretamente la mia visita del 13 aprile 1986 alla Sinagoga è quanto mai opportuna. Se è vero, infatti, che il ricordo è fulcro che nutre ogni anniversario, è altrettanto vero che, nell’ambito delle relazioni ebraico-cristiane, esso ha una sua importanza particolare. Come ho avuto modo di affermare, non vi è futuro senza ricordo del passato (Giovanni Paolo II, Angelus, 11 giugno 1995: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, XVIII, 1 (1995) 1712). Il nostro incontro di oggi, a ricordo dell’altro altrettanto significativo, scaturisce dal desiderio di dare forma insieme ad un futuro con caratteristiche nuove rispetto al passato. Il clima di sincera amicizia che si è instaurato tra noi, i sentimenti di sollecitudine fraterna degli uni per gli altri che ci muovono, sono i presupposti essenziali di quel processo di reciproca accoglienza che prepara un futuro più sereno per tutti. Questo nostro incontrarci costituisce un segno di speranza per un mondo che cerca con affanno autentici valori di umana fratellanza. Noi intendiamo darne l’esempio: e la nostra fratellanza è tanto più reale in quanto radicata in un comune retaggio spirituale, straordinariamente ricco e profondo.

Il nuovo spirito di amicizia e di sollecitudine reciproca, che caratterizza le relazioni cattoliche-ebraiche, può costituire il simbolo più importante che ebrei e cattolici hanno da offrire ad un mondo inquieto, che non sa risolversi a riconoscere il primato dell’amore sull’odio.

Le domande dell’Altissimo nel Libro della Genesi: "Dove sei?", "Dov’è tuo fratello?" (Gn 3,9 Gn 4,9), continuano a risuonare anche nel nostro mondo sollecitando gli uomini di oggi ad incontrarsi, a conoscersi tra loro, ad imparare gli uni dagli altri. Esse impongono loro di rispondere insieme alle comuni sfide della storia, per elaborare soluzioni soddisfacenti ai problemi incombenti.

3. Cari amici, nell’accogliervi ho detto che la vostra visita di oggi è una benedizione. È mio auspicio che essa possa propiziare la benedizione dell’Altissimo non soltanto su di noi e sulle nostre Comunità, ma anche sull’intera umanità.

100 Vi ringrazio ancora con l’espressione che vi è cara: Todâ rabbâ, espressione che faccio mia per dimostrare quanto mi senta vicino a voi.

AI VESCOVI DELLA CONFERENZA EPISCOPALE DEL LESOTHO

IN VISITA « AD LIMINA APOSTOLORUM »


Martedì, 16 aprile 1996




Cari Fratelli nell’Episcopato,

1. È con grande gioia che saluto voi, membri della Conferenza Episcopale del Lesotho che, come l’Apostolo Paolo nei primi tempi della Chiesa, siete venuti a visitare Pietro (cf. Gal Ga 1,18). La vostra visita ad Limina Apostolorum è la concreta espressione dei vincoli che uniscono l’intera Chiesa di Dio in comunione e discepolato, rendendoci tutti "uno in Cristo" (cf. Gal Ga 1,18). Nel salutarvi, includo il clero, le donne e gli uomini religiosi e i laici delle vostre Diocesi. Nella gioia piena del tempo pasquale dobbiamo elevare le nostri voci nella preghiera e nel rendimento di grazie a Dio, perché "nella sua grande misericordia egli ci ha generati, mediante la risurrezione di Gesù Cristo dai morti, per una speranza viva" (1P 1,3).

Questa speranza viva, questa fede, ci incoraggia a proclamare che "in nessun altro c’è salvezza; non vi è infatti altro nome dato agli uomini sotto il cielo nel quale sia stabilito che possiamo essere salvati" (Ac 4,12). Ciò deve essere sempre alla base della nostra predicazione e del nostro insegnamento mentre ci occupiamo del gregge di Cristo e cerchiamo di portare a Lui nuovi discepoli. Il mio Predecessore, Paolo VI, espresse questo concetto molto bene: "Non c’è vera evangelizzazione se il nome, l’insegnamento, la vita, le promesse, il regno, il mistero di Gesù di Nazaret, Figlio di Dio, non siano proclamati!" (Paolo VI, Evangelii nuntiandi EN 22). La potenza dello Spirito Santo ci sostiene mentre compiamo i nostri doveri. L’opera di evangelizzazione, una volta iniziata, non deve venire interrotta. Le persone desiderano ovunque la dimensione trascendente che la Buona Novella porta nella loro vita; le nuove generazioni attendono l’annuncio del Vangelo.

2. La Chiesa ha il dovere di presentare il Vangelo in modo che esso possa essere compreso e capito da tutte le persone indipendentemente dalla loro formazione culturale. Per questo, ogni Chiesa particolare deve imparare "ad esprimere il messaggio di Cristo ricorrendo ai concetti e alle lingue dei diversi popoli" e allo stesso tempo promuovere uno "scambio vitale tra la Chiesa e le diverse culture dei popoli" (Gaudium et spes GS 44). Questa è l’inculturazione necessaria "per un reale radicamento del Vangelo in Africa" (Giovanni Paolo II, Ecclesia in Africa, n. 59). Si tratta di un duplice processo che implica "l’intima trasformazione degli autentici valori culturali mediante l’integrazione nel cristianesimo e il radicamento del cristianesimo nelle varie culture" (Giovanni Paolo II, Redemptoris missio RMi 52). Il vostro compito di Vescovi consiste nel vegliare su questo sforzo e nel garantire la sua autenticità. In Africa, come ho avuto il privilegio di osservare personalmente in numerose occasioni, fra le quali la mia ultima visita effettuata lo scorso anno, esistono molti elementi nella vita dei popoli del continente che possono fungere da canali per diffondere e far comprendere meglio il messaggio del Vangelo. Questi stessi elementi, una volta permeati dello spirito del Vangelo, condurranno al mutamento di situazioni e di circostanze che devono essere sanate. Tale contatto con l’abbondante grazia di Cristo (cf. Rm Rm 5,17-20) è ciò che le persone del Lesotho desiderano e voi siete chiamati a far sì che possano conseguirlo.

Sì, cari Fratelli nell’Episcopato! "Dalla sua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto e grazia su grazia" (Jn 1,16). Questo deve essere l’oggetto e la sostanza del vostro annuncio mentre ricordate costantemente al vostro popolo che la nostra speranza è Gesù Cristo (cf. 1Tm 1,3 1Tm 4,10). "Infatti non abbiamo un sommo sacerdote che non sappia compatire le nostre infermità" (He 4,15). La compassione, il conforto e la pace di Cristo devono costituire il vostro fedele e concreto messaggio agli abitanti del Lesotho, in particolare a coloro che affrontano alcune delle situazioni più difficili alle quali avete fatto riferimento nelle vostre relazioni ad Limina: i lavoratori migranti che sono costretti dalle condizioni economiche a guadagnarsi da vivere lontano da casa, spesso per lunghi periodi di tempo; le donne che devono allevare i propri figli da sole; i coniugi che devono affrontare la solitudine causata dalla lunga assenza dell’altro; i figli rimasti senza le cure amorevoli di uno dei genitori; gli operai e i lavoratori in genere che tornano a casa solo per trovarvi più disoccupazione e maggiori difficoltà.

3. Sono consapevole del fatto che nell’affrontare queste e altre situazioni operate a stretto contatto e in cooperazione con altre comunità ecclesiali presenti nel vostro Paese, in particolare nell’ambito del Consiglio Cristiano del Lesotho. Senza perdere di vista la meta ultima del dialogo ecumenico che consiste nella ricerca della completa unità dei discepoli di Cristo, c’è già molto spazio per un’azione congiunta volta a difendere la dignità e la libertà umane, a servire il bene comune e a portare aiuto e conforto a chi ne ha bisogno.

4. Nell’adempimento dei vostri doveri siete assistiti da sacerdoti, consacrati "al fine di edificare il corpo di Cristo" (Ep 4,12), che Dio vi ha dato come collaboratori. Come "veri padri che eccellono per il loro spirito di carità e di zelo verso tutti" (Christus Dominus CD 16), i Vescovi dovrebbero incoraggiare e sostenere i loro sacerdoti. Nulla può sostituire il ruolo personale che svolgete nell’aiutarli a "ravvivare il dono di Dio che è in te per l’imposizione delle mie mani" (2Tm 1,6). Sosteneteli mentre lottano per una costante conversione e cercate di approfondire la loro identificazione con Cristo, il Sommo Sacerdote.

Ho fiducia nel fatto che, nonostante tutte le vostre necessità, continuerete a dare priorità alla formazione dei candidati al sacerdozio, in particolare per quanto riguarda quella fede profonda e quella virtù cristiana che permetteranno loro di essere testimoni credibili, nelle parole e nei fatti, della Buona Novella della Salvezza in Gesù Cristo. Il Seminario Maggiore di Sant’Agostino è un elemento prezioso della Chiesa nel Lesotho. Sono certo che il rettore, i direttori, gli insegnanti e gli studenti, che formano "una famiglia tale" (Optatam totius OT 5), faranno ogni sforzo per essere un’autentica comunità di fede in "unità di spirito e di azione" (Ivi, n. 5). Non esitate a inviare i vostri migliori sacerdoti a servire nel Seminario (Ivi, n. 5); in ogni aspetto della vita del seminario, i candidati hanno bisogno di vedere la vera identità del sacerdote, configurato a Cristo, il Buon Pastore, e chiamato a rendere l’amore del Signore presente per tutti (cf. Giovanni Paolo II, Pastores dabo vobis PDV 21-23).

5. Anche le donne e gli uomini consacrati hanno particolarmente bisogno della vostra sollecitudine pastorale. Incoraggiateli nel loro modo di vivere e nel loro sacrificio amorevole affinché possano continuare ad essere araldi eccezionali del Vangelo. È in particolare attraverso l’opera dei religiosi nel campo dell’istruzione e della sanità nel Regno del Lesotho che la Chiesa è in grado di offrire un contributo significativo al miglioramento della società. Raccomando a voi e vi chiedo di raccomandare ai vostri religiosi, l’Esortazione Apostolica post-sinodale di recente pubblicazione Vita consecrata come strumento di riflessione sulla vocazione specifica nella Chiesa: "dono prezioso e necessario anche per il presente e per il futuro del Popolo di Dio, perché appartiene intimamente alla sua vita, alla sua santità, alla sua missione" (Giovanni Paolo II, Vita consecrata VC 3).

101 Quando penso alla mia visita pastorale alla Chiesa nel Lesotho, mi ricordo vivamente dei catechisti e dei responsabili laici che svolgono un ruolo così determinante nel radicamento e nella diffusione della Chiesa in Africa (cf. Giovanni Paolo II, Ecclesia in Africa, n. 91). Vorrei esprimere loro la mia stima e la mia gratitudine. Che possano sempre trovare in voi l’aiuto necessario per conseguire una formazione corretta e per giungere a una chiara consapevolezza del loro ruolo particolare nella Chiesa e nella società.

Per quanto riguarda i laici, essi dovrebbero venir rafforzati nella loro identità cattolica, affinché possano essere testimoni convincenti di Cristo e della sua verità, nella famiglia, sul posto di lavoro e nella società in generale. Ciò è vero soprattutto per quanto concerne la famiglia cristiana, la "chiesa domestica". Non si dovrebbe risparmiare alcuno sforzo nel sostenere e tutelare questa cellula primaria e vitale della società. Le coppie dei matrimoni misti hanno bisogno di un’attenzione pastorale particolare affinché la fede non si indebolisca. Nel compito di assicurare una rivitalizzazione della fede, le piccole comunità cristiane possono essere particolarmente efficaci nel promuovere la conoscenza della Parola di Dio e nel coinvolgere attivamente le persone nella vita parrocchiale e nel servizio alla comunità. Esse sono utili nell’aiutare la Chiesa a soddisfare le necessità pastorali dei giovani che devono sentire il sostegno della famiglia ecclesiale per affrontare le sfide lanciate da nuovi modelli culturali. Se i giovani e le giovani verranno incoraggiati a svolgere un ruolo più attivo nella vita della Chiesa, un numero maggiore di essi sarà portato a rispondere alla grazia e alla chiamata di Cristo a seguirlo attraverso la vocazione al sacerdozio e alla vita religiosa.

6. Lo scopo di tutti i vostri sforzi pastorali è quel serio "approfondimento della fede" che è particolarmente necessario oggi, dati i moderni fenomeni di "sradicamento familiare, di urbanizzazione, di disoccupazione, come pure" le "molteplici seduzioni materialistiche" (Ecclesia in Africa, n. 76). A questo proposito, l’insieme delle scuole cattoliche del Lesotho costituisce uno dei vostri più grandi meriti e una delle vostre principali preoccupazioni. Incoraggio i vostri sforzi per una migliore comprensione con il governo per superare le difficoltà attuali del sistema scolastico del Lesotho. L’efficacia delle vostre scuole nel soddisfare le necessità dei bambini della nazione dipende molto dalla loro capacità di conservare una specifica identità cattolica. La presenza della Chiesa nell’ambito dell’istruzione, così come in quello dei servizi sociali e della sanità, è l’espressione concreta dell’amore cristiano, un amore che deve diffondersi per affrontare sempre nuove sfide. L’attuale situazione socio-economica del vostro Paese sta creando difficoltà a quasi tutti i settori della popolazione, rendendo quindi la carità e la solidarietà più necessarie che mai. Un’autentica testimonianza di servizio spirituale e materiale è sempre la prova della credibilità dei seguaci di Cristo.

7. All’approssimarsi del Grande Giubileo dell’Anno 2000, l’intera Chiesa è chiamata a prepararsi per le grazie speciali che tale commemorazione sicuramente porterà (cf. Giovanni Paolo II, Tertio Millennio adveniente
TMA 15). Per questo, vi incoraggio a considerare in quale misura potete guidare il vostro popolo verso una più intensa esperienza della Chiesa come fraternità cristiana, come unità vivente nella quale tutti i membri condividono i loro doni spirituali e rendono visibilmente presente l’unica vita divina del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Vi chiedo di portare nelle vostre Diocesi i miei cordiali saluti e di assicurarle delle mie preghiere e della mia sollecitudine. Affido i cattolici del Lesotho all’amorevole intercessione di Maria e del vostro Beato Joseph Gérard e vi imparto di cuore la mia Benedizione Apostolica come pegno di forza e di pace nel nostro Salvatore Risorto.


AI PARTECIPANTI AL PELLEGRINAGGIO


PROMOSSO DALLA SEZIONE POLACCA DI «RADIO MARIA»


Piazza San Pietro - Giovedì, 18 aprile 1996




1. Ormai è la terza volta che gli ascoltatori di Radio Maria vengono in pellegrinaggio a Roma, alla Città Eterna, alle soglie apostoliche, per incontrare il Papa. Vi saluto cordialmente. Do il benvenuto all’Arcivescovo Marian Przykucki, qui presente a nome della Conferenza Episcopale Polacca a Monsignor Zbigniew Kraszewski e al Vescovo castrense Géód, Pastore delle Forze armate polacche. Saluto anche il Padre Direttore e i suoi Collaboratori. Vi ringrazio per questo incontro, che è divenuto ormai una tradizione, e per la vostra partecipazione così numerosa. In modo particolare vi ringrazio per l’incessante unione spirituale espressa mediante le vostre preghiere, con le quali aiutate efficacemente il Papa nel suo servizio alla Chiesa universale. Dio ve ne renda merito! Non tutti gli ascoltatori di Radio Maria possono essere presenti all’odierna udienza; a loro portate dunque il mio ringraziamento e il mio saluto; portatelo anche ai vostri cari, alle vostre famiglie, specialmente ai malati, ai sofferenti ed agli anziani.

2. Il 29 marzo dello scorso anno, durante l’incontro svoltosi qui, in Piazza San Pietro, - faceva molto più freddo di oggi - dissi che il compito di Radio Maria è l’evangelizzazione. Radio Maria lo realizza con grande impegno sin dall’inizio stesso della sua attività. Ciò si esprime attraverso la catechesi, le conversazioni religiose, e specialmente mediante la preghiera condotta con gli ascoltatori. In questo modo il messaggio del Vangelo che rende liberi raggiunge molti cuori umani, rincuorando e confortando. Anche quest’anno voglio fare oggetto della nostra riflessione il tema dell’evangelizzazione. Nella Lettera apostolica Tertio Millennio adveniente (Mentre ormai si avvicina il terzo millennio) scrissi tra l’altro che "Esiste ( . . .) l’urgente bisogno che, in occasione del Grande Giubileo, si illustri e approfondisca la verità su Cristo come unico Mediatore tra Dio e gli uomini e unico Redentore del mondo ( . . .). Nel 2000 dovrà risuonare con forza rinnovata la proclamazione della verità: "Ecce natus est nobis Salvator mundi" (n. 38) - il messaggio natalizio. Si tratta qui di annunziare la Persona di Gesù Cristo, poiché egli è la fonte e il fondamento e il centro di tutto il messaggio evangelico. Con grande forza l’ha espresso S. Paolo, affermando di non voler "sapere altro ( . . .) se non Gesù Cristo, e questi crocifisso" (1Co 2,2). Anche noi dobbiamo annunziare e testimoniare questo Cristo in tutta la pienezza, questo Cristo sempre vivo, sempre presente, Cristo che è la via, la verità e la vita. È Lui che dobbiamo testimoniare e su di Lui dobbiamo edificare il futuro delle nostre famiglie e di tutta la nazione.

3. Miei Cari, quest’anno si è compiuto il primo anniversario della pubblicazione da parte mia dell’Enciclica Evangelium vitae. Oggi vorrei ricordarvi questo. Proprio "Il Vangelo della Vita sta al cuore del messaggio di Gesù. Accolto dalla Chiesa ogni giorno con amore, esso va annunciato con coraggiosa fedeltà come buona novella agli uomini di ogni epoca e cultura" (Giovanni Paolo II, Evangelium Vite, n. 1). La vita umana possiede un carattere sacro ed intoccabile, perciò il compito di ogni uomo, e specialmente di ogni cristiano è la difesa della vita, di ogni vita, e in modo particolare del nascituro nel grembo materno. Ogni attacco contro questa vita dovrebbe dunque incontrare una ferma e chiara opposizione da parte di tutti, e specialmente da parte dei credenti, figli e figlie della Chiesa. Non si può costruire il bene comune senza riconoscere e tutelare il diritto alla vita; tale diritto è il pilastro su cui si regge ogni società civile (cf. Ivi, n. 101). Perciò con grande considerazione voglio sottolineare gli sforzi di tutti gli uomini di buona volontà nel nostro paese, che dicono un fermo sì alla vita. Ho qui in mente le singole persone, le comunità, le istituzioni ecclesiastiche, laiche o le organizzazioni, che servono la vita e proclamano la sua sacralità ed intangibilità.

Nell’Enciclica già menzionata scrissi che il Vangelo della vita costituisce "parte integrante del Vangelo che è Gesù Cristo. Noi siamo al servizio di questo Vangelo, sostenuti dalla consapevolezza di averlo ricevuto in dono e di essere inviati a proclamarlo a tutta l’umanità "fino agli estremi confini della terra" (Ac 1,8). Nutriamo perciò umile e grata coscienza di essere popolo della vita e per la vita e in tal modo ci presentiamo davanti a tutti" (Giovanni Paolo II, Evangelium Vitae EV 78). Siamo popolo della vita e dobbiamo comportarci in conformità con questa vocazione. Dovremmo essere solidali con la vita, solidali con le madri in attesa del figlio, solidali con le famiglie bisognose di aiuto morale, di consiglio, oppure di sostegno materiale. Trattiamo la difesa della vita umana come la parte essenziale della nostra missione. "L’impegno a servizio della vita grava su tutti e su ciascuno" (Ivi, n. 79).

Per questo servizio al Vangelo della vita abbiamo bisogno di forza. Dovremo attingerla da colui che è venuto "perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza" (Jn 10,10). Sviluppiamo in noi la vita divina della fede, della speranza e della carità, che è la vita di Cristo in noi. È il più prezioso dono elargitoci da Gesù - perché avessimo la vita non soltanto a misura dell’uomo, ma a misura del Figlio di Dio, in cui il Padre si è compiaciuto eternamente. Amiamo questa vita di Dio in noi e custodiamola, poiché da essa nasce l’amore per ogni vita umana.

4. Miei Cari pellegrini di varie parti della Polonia, vi affido queste riflessioni durante il tempo di Pasqua, che ci ricorda in modo particolare la vita, la sua vittoria sulla morte. Approfondite in comune queste verità e condividetele nelle vostre famiglie e negli ambienti in cui vivete e lavorate.

102 Auguro a Radio Maria, di annunciare coraggiosamente il Vangelo con la parola e con l’opera, affinché si espanda sulle onde dell’etere il messaggio di Cristo, il suo messaggio della vita che è sempre il messaggio della verità, dell’amore e della solidarietà. Al tempo stesso ringrazio per il molteplice e generoso impegno nell’apostolato della parola, che oggi è così importante e di cui c’è tanto bisogno nel nostro paese. Che questo lavoro di evangelizzazione così grande e responsabile venga sempre attuato in spirito di comunione ecclesiale, in unione con i Vescovi. Solamente l’unione dell’azione arricchisce e porta frutti, e il compito proposto viene opportunamente realizzato. La Madre del Figlio di Dio e Madre nostra, Regina di Polonia e Signora di Jasna Gora vi accompagni con la sua protezione in questo cammino.

La Madre di Dio non ha mai pensato che un giorno avrebbe parlato per mezzo della radio.

Dio ve ne renda merito. Sono contento di vedere tanti striscioni - essi dicono che venite da tutte le parti della Polonia. Saluto tutta la Polonia, tutti i compatrioti che vivono tra i Carpazi e il Mar Baltico, tra l’Oriente e l’Occidente. Sono contento che questo saluto raggiungerà loro tramite "Radio Maria". Sia lodato Gesù Cristo!

Vi auguro di fare un felice ritorno in Polonia. Se Dio vorrà ci vedremo fra un anno.


AD UN CONVEGNO DI VESCOVI, SACERDOTI E LAICI


DELLE CHIESE DEL MEDIO ORIENTE


Sala Clementina - Sabato, 20 aprile 1996




Beatitudine,
venerati Fratelli nell’episcopato e nel sacerdozio,
carissimi Fratelli e Sorelle!

1. Con gioia vi accolgo nella casa del Successore di Pietro, in occasione dello speciale incontro a cui partecipate. Porgo il mio benvenuto a ciascuno di voi, Pastori e fedeli provenienti dalle Chiese cattoliche del Medio Oriente: la pace del Signore risorto sia con voi e con le vostre Comunità ecclesiali!

In questo tempo la sacra liturgia, dopo la celebrazione della Passione e della Risurrezione del Signore, ci fa rileggere gli Atti degli Apostoli, che presentano la nascita ed il primo sviluppo della Chiesa, a partire dalla iniziale comunità, riunita in preghiera con Maria (Ac 1,13-14). Per l’opera dello Spirito Santo, "il Signore ogni giorno aggiungeva alla comunità quelli che erano salvati" (Ac 2,47). Illustrando la vita dei discepoli, il libro degli Atti insiste sulla loro assiduità "nell’ascoltare l’insegnamento degli Apostoli e nell’unione fraterna, nella frazione del pane e nella preghiera" (Ac 2,42), ed aggiunge che essi godevano la stima di tutto il popolo (cf. At Ac 2,47 Ac 4,33).

Anche oggi la Chiesa è chiamata a vivere questo ideale dei primi cristiani, per formare insieme un’autentica comunità di fratelli, alla sequela di Cristo. È importante che brilli l’unità del popolo cristiano; unità che si realizza attorno ai pastori delle diocesi e in fraterno dialogo fra tutti i credenti. L’unità della fede nella condivisione dei reciproci doni arricchisce spiritualmente la Chiesa e la spinge ad una sempre più vasta solidarietà anche materiale.

103 Nel mondo attuale, nel quale molte persone e molti popoli sono colpiti da difficoltà economiche e soffrono povertà e malnutrizione, la Chiesa può così contribuire ad una migliore ripartizione delle ricchezze naturali e dei beni di consumo. La testimonianza di fede passa attraverso le quotidiane espressioni dell’amore che sono la condivisione e la solidarietà tra gli uomini, particolarmente "con i poveri, che sono i preferiti di Dio, . . . nostro Padre comune. E noi tutti siamo fratelli di un’unica famiglia" (Gregorio di Nissa, L’amore dei poveri).

2. La testimonianza dell’unità e della carità è indispensabile alla Chiesa per la nuova evangelizzazione. Di fronte alle sfide della secolarizzazione, alle chiusure verso la vita da parte di non pochi settori dell’opinione pubblica, è quanto mai urgente che i cristiani offrano una testimonianza credibile della loro fede, incarnando il Vangelo nella loro esistenza. Credenti maturi e formati possono così offrire a quanti sono alla ricerca della verità risposte adeguate ai loro interrogativi. Questo comporta che ogni Comunità ecclesiale sia aperta all’accoglienza e al dialogo, rispettando le diversità culturali ed annunciando a tutti l’unico Vangelo della salvezza.

Possa, carissimi Fratelli e Sorelle, una sempre più profonda adesione al Cristo risorto aiutarvi a saper discernere i segni dei tempi ed a camminare uniti secondo quello spirito sinodale che caratterizza la struttura delle vostre Comunità ecclesiali. La missione dei cristiani in Medio Oriente è grande, ma al tempo stesso complessa e delicata. Occorre per questo coltivare un mutuo rispetto e nutrire costante attenzione specialmente per quanto concerne il campo ecumenico ed il dialogo con le grandi religioni monoteiste.

3. Mi piace, in proposito, evocare il recente viaggio in Tunisia, dove ho visitato la comunità cattolica che vive in quel Paese, confermando i figli della Chiesa nella loro adesione al Vangelo. Li ho pure esortati a difendere e a far progredire i valori spirituali, morali e socio-culturali mediante il dialogo e la collaborazione con quanti seguono altre religioni, così da sviluppare la vita fraterna e la solidarietà tra gli abitanti di una stessa nazione e tra tutti i popoli (cf. Nostra aetate
NAE 2). Ciò non potrà che intensificare i rapporti già esistenti di amicizia e di reciproca stima. In questo spirito vi incoraggio a proseguire la vostra missione, avendo cura di favorire l’edificazione di una società aperta all’intesa ed alla solidarietà fra tutte le sue componenti.

Mentre invoco sulle vostre Comunità la materna protezione di Maria santissima e dei santi Patroni, con grande affetto imparto la Benedizione Apostolica a voi ed a quanti vi aiutano nel vostro servizio ecclesiale


AI PELLEGRINI DELL'ARCIDIOCESI DI TRENTO


Aula Paolo VI - Sabato, 20 aprile 1996




Venerato Fratello nell’Episcopato,
Carissimi Sacerdoti,
Fratelli e Sorelle!

1. A tutti porgo il mio cordiale saluto. Sono particolarmente lieto di accogliervi in occasione del vostro pellegrinaggio alla tomba di Pietro. Con l’odierna visita voi intendete ricambiare quella da me compiuta alla vostra antica e gloriosa diocesi il 29 e 30 aprile dello scorso anno. Ve ne sono molto grato.

Desidero salutare in modo speciale il vostro Arcivescovo, il caro Mons. Giovanni Maria Sartori, tanto gentile e premuroso durante la mia visita. Lo ringrazio per le parole che poc’anzi mi ha rivolto a nome di tutti voi, ravvivando nel mio animo impressioni ed emozioni mai sopite. Esprimo poi il mio benvenuto alle Autorità civili qui presenti, come pure ai sacerdoti, ai religiosi, alle religiose e ai fedeli laici, con un pensiero affettuoso per tutti coloro che, pur desiderandolo, non hanno potuto compiere l’odierno pellegrinaggio.

104 2. Sì, carissimi, la vostra gradita visita rinnova in me il ricordo delle giornate vissute a Trento, nella cornice dei monti che fanno corona alla vostra antica e nobile Città: sono immagini che conservo sempre vive nella mia mente e nel mio cuore.

Non posso dimenticare l’accoglienza che mi avete riservato all’arrivo, nella suggestiva piazza del Duomo; e poi la sosta nella Cattedrale, a 850 anni dalla sua consacrazione, con la successiva benedizione del Museo diocesano. All’indomani, domenica, ho trascorso con voi momenti di intensa spiritualità; anzitutto la Santa Messa con il rito di Beatificazione di Mons. Giovanni Nepomuceno de Tschiderer, che per 25 anni, dal 1835 al 1860, ha amato e servito la vostra città. Nell’omelia ho ricordato che "sul suo atto di morte fu scritto: "Amò Trento e fu l’amore dei Trentini"" (Giovanni Paolo II, Messa di beatificazione di Monsignor Giovani Nepomuceno, 30 apr. 1995: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, XVIII, 1 (1995) 1088).

Trento è "la Città del Concilio": nel pomeriggio della domenica ho commemorato con voi nel Duomo, i 450 anni dell’inizio di quel grande evento, pietra miliare nella storia della Chiesa. Ed a conclusione della visita ho avuto la gioia di incontrarmi con i giovani, ai quali, in un clima festoso, ho affidato la consegna di approfondire le ricchezze della fede cristiana per testimoniarla coraggiosamente nei quotidiani contatti con i coetanei e con l’ambiente.

3. Il vostro Arcivescovo ha sottolineato come la mia visita pastorale sia stata motivo di rinnovato impegno da parte di tutte le componenti della vostra Chiesa. Mi compiaccio con voi per lo zelo che vi anima e vi esorto a continuare con coraggio nel generoso proposito.

Vi invito, anzitutto, ad imitare il vostro nuovo Beato, il Vescovo Giovanni Nepomuceno de Tschiderer. L’esempio dei santi, infatti, è sprone ad una fede più forte, sostegno all’umana debolezza e incitamento alla virtù. La loro vita richiama ai battezzati il comune impegno della santità. Il Beato Giovanni Nepomuceno progredì in tale itinerario attraverso un profondo ed intenso rapporto con Gesù, vissuto nel raccoglimento, nell’ascolto e nella preghiera. Sappiatelo seguire anche voi in tale programma di vita. Non abbiate paura della santità, perché in essa consiste la piena realizzazione di ogni più autentica aspirazione del cuore umano.

Inoltre Trento, "Città del Concilio", ci riporta col pensiero a quello storico avvenimento che ha profondamente segnato la vita ecclesiale, rafforzando e consolidando il cammino di fede del Popolo di Dio. Come ho ricordato nel mio discorso durante l’incontro commemorativo, il Concilio è stato "una inestimabile occasione di grazia e di religioso rinnovamento . . . La Chiesa a Trento seppe trovare il coraggio della fedeltà alla Tradizione apostolica, lo slancio di un rinnovato impegno di santità, la forza per un autentico rilancio pastorale" (Giovanni Paolo II, Commemorazione del 450 anniversario del Concilio di Trento, 30 apr. 1995: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, XVIII, 1 (1995) 1095).

4. Carissimi Fratelli e Sorelle, possa la memoria del Concilio tridentino, costantemente richiamata dal grande Crocifisso custodito nella vostra Cattedrale, ravvivare le radici della vostra fede, mantenere salda la tradizione cristiana della vostra terra, rinnovare la vostra adesione a Gesù Cristo. Sono questi i presupposti di una nuova, coraggiosa evangelizzazione.

"Voi siete la luce del mondo" (
Mt 5,14): queste parole del Maestro divino sono oggi indirizzate anche a voi. Luce per il mondo è la vostra stessa vita, se in essa è viva ed operante la fede nel Signore risorto. La luce, che è Cristo, viene partecipata a chi crede; e il credente diventa a sua volta luce del mondo.

Sappiate, perciò, accettare con interiore docilità e profonda attenzione Gesù e la sua parola, affinché Egli sia sempre il principio ispiratore di ogni vostra scelta. Il Vangelo permei la vostra mentalità, il vostro modo di sentire, di giudicare e di agire e divenga così la ragione della vostra esistenza.

5. Guardiamo insieme, carissimi Fratelli e Sorelle, al cammino che ci attende: esso ci conduce verso il Grande Giubileo del Duemila, e ci invita a contemplare Gesù, "che è sempre lo stesso: ieri, oggi e nei secoli" (cf. Gaudium et spes GS 10). È annuncio sempre nuovo che risuona nel mondo, proclamando che è Cristo il nostro Salvatore. L’Anno Santo vuole ricordarlo a tutta l’umanità, perché gli uomini del nostro tempo aprano il cuore a Gesù di Nazaret ed al suo Vangelo di salvezza.

Come non esortarvi, perciò, ad essere docili all’azione dello Spirito e a disporvi, negli anni che verranno, a celebrare questo tempo di grazia con fede salda ed interiore partecipazione? Cercate Dio al di sopra di ogni cosa ed impegnatevi nel servizio dei fratelli. Ecco ciò che la Chiesa vi domanda perché il cammino di preparazione a tale evento sia fruttuoso e si traduca in un continuo ed efficace progresso spirituale.

105 Invoco sulla vostra Chiesa, che si appresta a celebrare nel prossimo triennio il sedicesimo centenario della sua prima evangelizzazione, la protezione dei Santi martiri Sisinio, Martirio e Alessandro, del Vescovo Vigilio e del Beato Giovanni Nepomuceno de Tschiderer. Vi siano accanto con la loro intercessione e vi aiutino a mantenere, difendere, aumentare la fede e a testimoniarla in una coerente condotta di vita. Vi affido soprattutto a Maria, Madre dell’unità e dell’amore.

Con questi sentimenti imparto di cuore a voi qui presenti, quale pegno della grazia divina, la Benedizione Apostolica, che volentieri estendo ai sacerdoti, ai religiosi e alle religiose, ai giovani, agli ammalati, alle famiglie ed a tutti coloro che compongono la vostra comunità diocesana.

GP2 Discorsi 1996 98