GP2 Discorsi 1996 105


VISITA PASTORALE ALLA PARROCCHIA ROMANA

DI SANTA MADDALENA DI CANOSSA


AI BAMBINI DELLA PARROCCHIA


II Domenica di Pasqua, 21 aprile 1996




Sia lodato Gesù Cristo! ? che ora vi siete alzati? Vi siete alzati presto. Questa mattina prima c'era la nebbia, poi è comparso il sole. Il sole è uscito per questa parrocchia, per questa comunità e per questi bambini.

Ai bambini voglio parlare della Risurrezione. Si parla della Risurrezione come di una nuova natività. Cristo è Risorto, e questa sua Risurrezione ha portato a noi una rinascenza. Lui è Risorto e noi siamo rinati. Allora sorge la domanda: quando siete rinati voi? Con il Battesimo. Attraverso il mistero del Battesimo, noi rinasciamo alla vita nuova. Noi abbiamo una vita umana grazie ai nostri genitori; e grazie alla Risurrezione di Cristo riceviamo una vita nuova. Siamo rinati. Si celebra allora la Pasqua come festa della rinascita. In tutto il mondo, la notte di Pasqua, si amministrano tanti Battesimi. Era così dall'inizio del cristianesimo, ed è così anche oggi.

Anche quest'anno, la notte di Pasqua, il Papa ha battezzato dieci adulti. Voi siete stati battezzati appena nati, perché i vostri genitori vogliono che dopo la vostra nascita naturale riceviate subito questa nuova vita, che viene da Cristo risorto. È la vita divina, la vita soprannaturale.

I vostri catechisti non sono solo sacerdoti, ma anche laici. A loro rivolgo di cuore un ringraziamento. Saluto tutta la comunità qui radunata, dai più piccoli ai più grandi. Adesso vi invito a venire in chiesa per partecipare alla Celebrazione dell'Eucaristia.

Buona domenica pasquale!

VISITA PASTORALE ALLA PARROCCHIA ROMANA

DI SANTA MADDALENA DI CANOSSA


AL CONSIGLIO PASTORALE DELLA PARROCCHIA


II Domenica di Pasqua, 21 aprile 1996




RINGRAZIAMO IL SIGNORE per questo incontro, per questa visita pastorale. Già nell'omelia, durante la Santa Messa, ho ringraziato le Suore Canossiane. Qui voglio ringraziare il Consiglio Pastorale e tutti i parrocchiani presenti, soprattutto il gruppo dell'Addolorata. Siete una bella comunità. Tutto dice la parola « Addolorata ». Ma adesso con voi l'Addolorata è consolata.

Saluto anche i catechisti che sono qui. Catechizzare vuol dire costruire la Chiesa. La costruzione, infatti, non è solo quella materiale, visibile, non è solo cemento. La catechesi utilizza un altro tipo di cemento, il cemento spirituale. Ed è vero che è cemento, perché san Pietro dice a tutti i cristiani che essi sono pietre vive.

VISITA PASTORALE ALLA PARROCCHIA ROMANA

DI SANTA MADDALENA DI CANOSSA


ALLE RELIGIOSE DELLA PARROCCHIA


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II Domenica di Pasqua, 21 aprile 1996

MI CONGRATULO con le Canossiane per la Canonizzazione della loro Madre fondatrice, e per la Beatificazione della consorella nera, Giuseppina Bakita, figura stupenda. Nella sua storia personale si rispecchia la storia della sua gente.


Allora vi auguro di camminare avanti, con queste due protettrici, una santa ed una beata, e vi auguro di farvi santi tutti: non solo le Canossiane, ma anche le Ancelle dell'Incarnazione e le Missionarie del Sacro Costato. Si deve ricordare che Giuseppina Bakita è stata beatificata insieme con il Fondatore dell'Opus Dei.

Sia lodato Gesù Cristo!

VISITA PASTORALE ALLA PARROCCHIA ROMANA

DI SANTA MADDALENA DI CANOSSA


AI GIOVANI DELLA PARROCCHIA


II Domenica di Pasqua, 21 aprile 1996




VORREI CHIEDERVI se avete letto il Vangelo di san Giovanni, perché sarebbe interessante sapere che cosa Nicodemo ha detto a Gesù. Nicodemo ha chiesto a Gesù se è possibile per un uomo vecchio nascere di nuovo. E Gesù ha detto che è importante, necessario nascere di nuovo. Questo nascere di nuovo non è un fatto fisico, ma è un nascere da Dio. Questa nascita spirituale, soprannaturale, diventa nostra nel Battesimo. Questo Sacramento è profondamente legato alla Celebrazione della Pasqua. È interessante che dovunque, già dai primi anni del cristianesimo, si faceva una preparazione catecumenale al Battesimo durante il periodo quaresimale. Successivamente, nella notte di Pasqua, venivano battezzati i catecumeni. Anch'io quest'anno, la notte di Pasqua, ho battezzato dieci catecumeni, soprattutto di origine asiatica, tra cui coreani, cinesi, giapponesi.

Allora c'è un legame profondissimo tra la Risurrezione di Cristo e tra questo rinascere dell'uomo. L'uomo nato dalla donna, rinasce da Dio, rinasce dalla forza della Risurrezione di Cristo.

Tutto ciò l'ho già detto ai bambini e l'ho voluto ripetere anche a voi. Vi auguro di vivere questa rinascita spirituale, soprannaturale, in tutta la vostra vita. Ora siete grandi, consapevoli, maturi, e potete riflettere più profondamente sul mistero del Battesimo.

Ci sono anche molti neocatecumenali. Vuol dire che ritornano alla pratica del catecumenato per vivere più profondamente il loro Battesimo.

Tornando a casa, prendete il Vangelo e cercate il capitolo dove c'è la conversazione tra Cristo e Nicodemo, e rifletteteci.




A S.E. IL SIGNOR DOJCILO MASLOVARIC


AMBASCIATORE DELLA REPUBBLICA FEDERALE DI JUGOSLAVIA


PRESSO LA SANTA SEDE


Giovedì, 25 aprile 1996




107 Signor Ambasciatore!

1. Sono lieto di rivolgerLe il mio cordiale benvenuto in occasione della presentazione delle Lettere Credenziali, con le quali Ella viene accreditato presso la Santa Sede quale Ambasciatore Straordinario e Plenipotenziario della Repubblica Federale di Jugoslavia.

La ringrazio per le cortesi parole che ha voluto rivolgermi e, in particolare, per il saluto trasmessomi a nome del Signor Presidente Zoran Lilic, del Governo e dell’intera popolazione del Suo Paese. La prego di far pervenire al Signor Presidente della Repubblica ed ai suoi Collaboratori l’espressione della mia stima, che accompagno con una speciale preghiera al Signore perché conceda a tutti prosperità e pace.

In questa solenne circostanza, nella quale Ella, Signor Ambasciatore, inizia la sua alta missione, Le esprimo fervidi voti augurali di proficuo lavoro, con la gioia di vedere approfondito il rapporto bilaterale tra questa Sede Apostolica e la Repubblica Federale di Jugoslavia. n Paese che ‘Ella qui rappresenta, infatti, esercita un chiaro influsso nell’area balcanica e può perciò contribuire con particolare efficacia alla costruzione della pace nella zona, favorendo il reciproco rispetto e la fattiva collaborazione tra i popoli ivi residenti.

2. Nel grave momento storico che attraversano i popoli balcanici, ed a cui Ella ha fatto riferimento all’inizio del suo discorso, sembrano finalmente affacciarsi concrete speranze di pace. È perciò quanto mai necessario che tutti gli Slavi del Sud prestino la propria attiva collaborazione, ciascuno secondo le proprie specifiche responsabilità, al consolidamento dell’avviato processo di pacificazione e riconciliazione. Come ho sottolineato nell’omelia da me tenuta ad Assisi nell’"Incontro di preghiera per la pace in Europa e in particolare nei Balcani", il 10 gennaio 1993, "i popoli, le nazioni di quella terra, coinvolta nell’orrendo conflitto . . ., costituiscono comunità unite fra loro da tanti legami, inscritti non soltanto nelle memorie del passato, ma anche nella comune speranza di un futuro migliore fondato sui valori della giustizia e della pace" (Giovanni Paolo II, Santa Messa nella Basilica Superiore di Assisi: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, , vol. VI/1, 1993, p. 509).

La Chiesa Cattolica non ha mai cessato di operare per il raggiungimento di una pace giusta e stabile in quella martoriata zona, che si trova anche geograficamente nel cuore dell’Europa. L’odierno solenne incontro mi offre l’opportunità di riaffermare ancora una volta la decisa volontà della Santa Sede di proseguire in questo impegno, favorendo con ogni mezzo il dialogo e la riconciliazione, affinché possano essere rimarginate le dolorose ferite procurate dal recente conflitto e si apra per tutti una nuova epoca di prosperità. nel reciproco rispetto e nella collaborazione.

3. La vocazione cristiana sia del popolo serbo che di quello montenegrino offre un ricco patrimonio di valori umani e spirituali a cui fare ricorso nell’attuale significativa fase della crisi balcanica mentre si sta faticosamente avviando, anche con il sostegno della comunità internazionale, il processo di ricostituzione della vita sociale ed economica.

Al riguardo, desidero assicurare che i cittadini cattolici non mancheranno di offrire il loro apporto; alla serena vita della Federazione. La presenza cattolica nell’area ha radici molto antiche, che risalgono alla fine del primo millennio. Animati da spirito di collaborazione, i cattolici intendono anche oggi proseguire su tale strada, cercando un’intesa con tutte le istituzioni sociali e religiose del Paese, per favorire ogni iniziativa orientata al bene comune ed alla riconciliazione.

La Federazione serbo-montenegrina è chiamata a testimoniare come due Repubbliche possano cooperare con mutuo beneficio, grazie ad un quadro giuridico rispettoso delle legittime aspettative di ciascuno. Popoli diversi sono così posti in grado di superare la tentazione di chiudersi in forme di autosufficienza nazionalistica, foriere di miseria sociale e di distruzione, come documentano recenti, dolorose esperienze. La cooperazione tra tutti i cittadini richiede, per riuscire, non solo sapienza e lungimiranza, ma anche sacrificio ed autentico rispetto della multiforme varietà delle componenti sociali, secondo quanto viene proposto in numerose Dichiarazioni di Organizzazioni internazionali.

Tale testimonianza di collaborazione sarà inoltre rafforzata dal clima di rispetto dei diritti delle minoranze etniche. Si tratta di un punto di vitale importanza, sia per una corretta gestione delle istituzioni statali, sia perché possa crearsi in tutta la regione un clima di maggiore dialogo e di reciproca fiducia tra le diverse nazionalità presenti.

4. Dopo i difficili anni, nei quali le popolazioni della Repubblica Federale Jugoslava hanno dovuto affrontare, a causa della guerra, terribili sofferenze, anche a ragione delle conseguenze dell’embargo internazionale, gli animi cominciano ora ad aprirsi nuovamente alla speranza. È urgente che ciascuno si impegni a rimarginare le ferite del passato non semplicemente affievolendo il ricordo delle sofferenze subite, ma soprattutto rendendosi disponibile alla riconciliazione e al mutuo perdono. A tate proposito, ho ascoltato con apprezzamento le parole con le quali Ella ha sottolineato la necessità di giungere ad una riconciliazione che passi oltre i torti e le rivendicazioni, facendo leva su ciò che unisce piuttosto che su ciò che divide.

108 L’impegno per vincere l’ingiustizia e la violenza mediante il perdono e la collaborazione costituisce la strada maestra che potrà condurre ad una nuova stagione di progresso e di pace per tutto il sud-est europeo. Auspico che tale convinzione possa essere sempre., più condivisa da quanti, in qualsiasi modo, sono rimasti coinvolti nella crisi balcanica, così che siano validamente sostenuti gli sforzi che da varie parti si stanno attuando per ristabilire nella regione le condizioni minime per una convivenza pacifica e fruttuosa.

5. Nel ringraziarLa ancora una volta per l’odierno incontro, auguro alla Federazione, che Ella qui rappresenta, di saper affrontare con coraggio e generosità le gravi sfide che l’attendono. A questo scopo elevo la mia preghiera al Signore, affinché sostenga tutti nel cammino intrapreso verso una pace giusta e stabile.

A Lei, Signor Ambasciatore, auguro di poter svolgere con soddisfazione e profitto l’importante missione a cui dà oggi inizio. Auspico che, anche grazie al suo qualificato lavoro, le relazioni tra la Santa Sede e la Repubblica Federale di Jugoslavia vengano sempre più rafforzate.

Con questi voti imploro su di Lei, sui suoi Collaboratori e su tutti i cittadini della Repubblica Federativa di Jugoslavia la benedizione di Dio onnipotente.


AI MEMBRI DEL CONSIGLIO DI AMMINISTRAZIONE


DELLA SOCIETÀ « CATTOLICA » DI ASSICURAZIONE


Venerdì, 26 aprile 1996




Egregi Amministratori della Società "Cattolica" di Assicurazione,

Sono lieto di accogliervi e, nel ringraziarvi per l’odierna vostra visita, rivolgo a ciascuno di voi il mio cordiale saluto.

Quest’incontro si svolge nella felice ricorrenza del centenario della vostra benemerita Istituzione, sorta grazie all’iniziativa di un gruppo di Cattolici desiderosi di realizzare interventi nel sociale secondo le direttive del Magistero della Chiesa. Essa fu, infatti, costituita a Verona il 27 febbraio 1896 da cattolici aderenti all’Opera dei Congressi ed è andata poi progressivamente estendendosi in ogni regione d’Italia, nell’intento anche di favorire direttamente o indirettamente iniziative religiose e sociali, con particolare attenzione alle opere cattoliche. Oltre a conservare la struttura di cooperativa, essa ha continuato ad attenersi, secondo lo spirito dei fondatori, alla norma statutaria che prevede l’iscrizione "di chi professa la religione cattolica e mantiene sentimenti di adesione alle opere cattoliche".

Nel manifestarvi il mio compiacimento per quanto state operando, vi incoraggio a proseguire in questa vostra attività, prodigandovi in azioni di carità, e sostenendo in particolare le istituzioni dedite alla buona informazione, all’istruzione ed all’educazione dei giovani, favorendo sempre, con il progresso sociale, anche la crescita dei valori cristiani. Mi piace, in proposito, ricordare qui le parole che nel 1897 il mio venerato predecessore san Pio X, allora Patriarca di Venezia, ebbe a pronunciare a proposito della vostra opera appena sorta: "Mi parve di veder messa in atto un’idea sociale cristiana in perfetta corrispondenza ai bisogni economici e morali del tempo nostro". Auspico di cuore che anche oggi continui nella vostra Società questo cammino di coerenza e di fedeltà al Vangelo ed agli ideali cristiani.

Vi assicuro per questo un ricordo nella preghiera, mentre imparto a tutti voi una particolare Benedizione Apostolica, che volentieri estendo alle vostre famiglie ed ai vostri progetti di bene.

AI PARTECIPANTI AL CONGRESSO NAZIONALE

DELLA FEDERAZIONE UNIVERSITARIA CATTOLICA ITALIANA (FUCI)


Lunedì, 29 aprile 1996

109
Carissimi giovani della FUCI!


1. Vi accolgo con gioia, al termine del vostro Congresso Nazionale, celebrato in occasione del Centenario di fondazione della Federazione. Rivolgo a ciascuno il mio saluto cordiale, incominciando dai Presidenti nazionali e dall’Assistente, Mons. Mario Russotto, ringraziandoli per le parole che mi hanno rivolto nel presentarmi questa importante ricorrenza e lo spirito con cui i Fucini di oggi e di ieri intendono celebrarla.

Saluto Mons. Salvatore De Giorgi, chiamato ora a reggere l’antica ed illustre Arcidiocesi di Palermo. Durante questi anni, come Assistente Generale dell’Azione Cattolica Italiana, egli è stato sempre vicino alla vostra Federazione. Questa vicinanza intende oggi confermare con la sua presenza al nostro incontro.

Saluto infine gli Assistenti diocesani qui convenuti e i rappresentanti delle passate generazioni fucine, impegnati nei diversi ambiti professionali: dal mondo accademico e della cultura a quello della politica, della magistratura e di altre professioni.

2. Nei giorni scorsi vi siete dati appuntamento a Firenze e a Fiesole, luogo in cui nacque ufficialmente la Federazione Universitaria Cattolica Italiana, ed avete riflettuto sul tema: "Memoria e ricerca: cantieri e progetti nei paradossi della speranza". Durante il Congresso, avete studiato ed elaborato - guidati da illustri esperti - nuove modalità di presenza e di impegno apostolico nell’ambito dell’università, della società e della Chiesa.

Avete voluto che nell’odierna giornata "romana", la quale prevede diverse manifestazioni, non mancasse l’incontro con il Successore di Pietro. Vi ringrazio per tale cortesia e sono lieto di rinnovarvi in questo incontro l’apprezzamento della Chiesa per il lavoro che da ormai cento anni la vostra Associazione svolge nel mondo universitario al servizio del Vangelo. Mi piace qui sottolineare la dimensione spiccatamente "cattolica" della vostra Federazione, che raccoglie laici profondamente consapevoli degli impegni derivanti dai sacramenti del battesimo e della cresima e dalla conseguente appartenenza alla Chiesa, mistico Corpo di Cristo vivente e operante nella storia. Mossi da questa convinzione, i Fucini si uniscono perché si sentono chiamati a cooperare con la Gerarchia per lo stesso fine apostolico dell’intero Popolo di Dio, cioè l’evangelizzazione.

3. La storia di questi cent’anni sta proprio a confermare che la vicenda della FUCI costituisce un significativo capitolo della vita della Chiesa in Italia, in particolare di quel vasto e multiforme movimento laicale che ha avuto nell’Azione Cattolica il suo asse portante.

La Federazione Universitaria Cattolica Italiana, la cui nascita il mio venerato predecessore Leone XIII auspicò nel 1895, ha contribuito alla formazione di giovani cristiani esemplari, come Piergiorgio Frassati; di grandi uomini di Chiesa, come Giovanni Battista Montini, Emilio Guano, Franco Costa; di uomini e donne di cultura che hanno edificato l’Italia con forte impegno sociale e profonda testimonianza cristiana, come Alcide De Gasperi, Aldo Moro, Vittorio Bachelet, che versò il suo sangue tra le aule dell’università. La "scuola", per così dire, della FUCI ha avuto un ruolo determinante nella storia del movimento cattolico in Italia e nella stesura della stessa Carta costituzionale della Repubblica.

Il progetto formativo della FUCI per molti versi ha anticipato alcuni aspetti qualificanti dell’insegnamento del Concilio Vaticano II: la concezione della Chiesa come popolo di Dio e comunione, il ruolo dei laici, il dialogo Chiesa-mondo. La presente generazione di Fucini intende camminare generosamente, sulle vie della nuova evangelizzazione, verso il terzo millennio cristiano ed io auspico cordialmente che si impegni sempre più, sotto la guida del magistero, a tradurre nella vita l’insegnamento conciliare.

4. A tal proposito, vorrei incoraggiarvi, carissimi giovani, ad offrire il contributo che voi e solo voi potete dare, vivendo tra gli studenti universitari ed essendo in mezzo ad essi come lievito: operate per coniugare Vangelo e cultura, in un vivo contatto con i vostri colleghi di studio e con i docenti. Il mio venerato predecessore Pio XII così esortava i Fucini, in occasione del 50° della Federazione: "Siano perseveranti, sopra tutto, a rendere ognora più ricca e rigorosa la loro cultura, ravvivandola con la fede e con la preghiera; e ne facciano strumento continuo e forte di un coraggioso apostolato fra coloro che studiano" (Pio XII, Lettera al Presidente della FUCI, 28 agosto 1946). In una società complessa che va smarrendo il senso del sacro, agli universitari cattolici spetta il compito di testimoniare, come seppe fare Piergiorgio Frassati, la verità di Dio rivelata in Gesù Cristo, la gioia di credere in Lui e di seguirlo sulla via del Vangelo. In una lettera ad un amico il Beato Piergiorgio scriveva: "Ogni giorno più comprendo qual grazia sia essere Cattolici . . . Vivere senza una fede, senza un patrimonio da difendere, senza sostenere in una lotta continua la Verità non è vivere ma vivacchiare" (Piergiorgio Frassati, A Isidoro Bonini, 27 febbraio 1925).

A voi, giovani Fucini di oggi, è affidato l’impegno di riflettere su tutto ciò, di coniugarlo secondo il linguaggio e le aspettative della cultura contemporanea. Vi è chiesto, per così dire, di far "reagire" nei "laboratori" dei vostri gruppi gli elementi evangelici con gli elementi della cultura contemporanea, per sperimentare nuove vie di evangelizzazione, fedeli a Cristo, che è sempre "lo stesso ieri, oggi e sempre" (
He 13,8), e fedeli all’uomo, che vive la propria precarietà nel divenire della storia.

110 In questo campo il ruolo di voi giovani, e in particolare di voi studenti universitari, è insostituibile. Senza il vostro contributo non si può attuare un’efficace pastorale universitaria. Siate pertanto apostoli fra i giovani che vivono "fuori" o "alle frontiere" della Chiesa.

5. Carissimi giovani della FUCI, quello che state vivendo è un momento favorevole per un rinnovato slancio apostolico della vostra Associazione, un momento che potrebbe segnare una nuova "primavera" per i vostri gruppi. Dopo un ventennio carico di tensioni ideologiche, che si sono in qualche modo ripercosse anche nella comunità ecclesiale, il clima è oggi più sereno. Siatene grati al Signore ed anche a quanti - laici e sacerdoti - hanno sopportato il peso delle contraddizioni ed hanno perseverato.

Sappiate approfittare di questa stagione propizia per intensificare sia l’impegno formativo che quello missionario. Potete contare sul sostegno di validi e infaticabili Assistenti, e anche, non dimentichiamolo, sulle preghiere di quanti vi hanno preceduto nelle generazioni passate, molti dei quali sono già nella casa del Padre. Tra questi, vi affido in particolare all’intercessione del Beato Piergiorgio Frassati e del Servo di Dio Paolo VI.

Maria Santissima, Sede della Sapienza, vi ottenga di diventare autentici cooperatori dell’incontro delle coscienze con l’unico Mediatore tra Dio e gli uomini, l’uomo Cristo Gesù, nel quale soltanto può trovare salvezza il mondo (cf. At
Ac 4,12). Vi accompagni anche la mia Benedizione, che con grande affetto imparto a voi, qui presenti, e a tutti i Fucini di ieri e di oggi.


AI VESCOVI DELLA COLOMBIA


IN VISITA « AD LIMINA APOSTOLORUM »


Martedì, 30 aprile 1996




Cari Fratelli nell’Episcopato,

1. Benedico e rendo grazie di tutto cuore al Signore che mi permette di riunirmi con voi, Vescovi delle Province ecclesiastiche di Bogotá, Tunja e Ibagué, giunti qui per la visita ad Limina. Vi accolgo con grande gioia e attraverso di voi ricordo con profondo affetto i fedeli delle vostre Diocesi e, in generale, tutti gli amati colombiani.

Ringrazio Monsignor Pedro Rubiano Sáenz, Arcivescovo di Bogotá e Presidente della Conferenza Episcopale, per le parole che mi ha rivolto interpretando i sentimenti di ognuno di voi. In esse ha fatto riferimento alla speranza che vi anima nell’affrontare, con carità pastorale e impegno deciso, le sfide che il momento attuale presenta all’azione della Chiesa.

2. Le celebrazioni del V Centenario dell’avvento della fede nell’amato continente americano hanno dato impulso alla "Nuova Evangelizzazione", che non è una strategia isolata in un determinato momento della Chiesa, ma un processo mai concluso. Questo processo, da un lato cerca di accrescere la maturità nella fede dei fedeli cattolici e, dall’altro di permeare la cultura stessa dei popoli della luce e del vigore del Vangelo.

Per questo dobbiamo operare con rinnovato sforzo per avere credenti e comunità che siano testimoni autentici della verità trascendente che comporta la vita nuova in Cristo. La maturità cristiana implica l’accoglienza personale del dono della grazia, il dare ragione della nostra speranza (cf. 1P 3,15), la celebrazione della Liturgia e degli altri atti sacri, il superamento di ogni rottura fra fede e vita, la disponibilità alla carità e l’attività a favore della giustizia, l’impegno responsabile nel consolidamento delle proprie comunità ecclesiali, l’ardore apostolico che porta a comunicare la propria esperienza di fede attraverso la missione. In poche parole, la maturità cristiana s’inquadra nella realizzazione totale dell’esistenza personale e comunitaria nella sequela di Gesù.

Coscienti del grave dovere di portare i fedeli, attraverso un processo organico e graduale di evangelizzazione, alla maturità nella fede, e constatando la reale situazione della Chiesa nella vostra Patria, così come la crescente diffusione di una cultura sempre più secolarizzata, vi reitero l’invito ad avvalervi del prossimo anno per una "riscoperta del Battesimo come fondamento dell’esistenza cristiana" (Giovanni Paolo II, Tertio Millennio adveniente TMA 41), in modo che i fedeli, riflettendo su questo sacramento, possano accogliere con rinnovato vigore Cristo il Signore, la sola luce che può illuminare il cammino degli uomini.

111 3. Dato che l’Evangelizzazione deve illuminare i valori fondamentali, le linee di pensiero e i criteri di giudizio e insieme promuovere un cambiamento negli stili di vita che sono in contrasto con i principi cristiani, vi invito, cari Fratelli, a proporre, con chiaro discernimento e alla luce della Parola di Dio, risposte adeguate e iniziative valide che permettano alla Chiesa di compiere la sua missione nella società colombiana, che presenta tanti cambiamenti in questa fase della sua storia. In Colombia la nuova Costituzione Nazionale sta cercando di riorganizzare le strutture civiche e giuridiche; i fenomeni sociali e politici attuali stanno rivelando nuove visioni del mondo e gerarchie di valori; i processi educativi stanno generando una nuova mentalità nei giovani. Dinnanzi a queste sfide la Chiesa deve rispondere con l’audacia di un’azione evangelizzatrice, nuova anche nel suo atteggiamento, nel suo sforzo e nella sua programmazione.

La Chiesa deve essere presente in un periodo in cui decadono e muoiono vecchie forme in base alle quali l’uomo aveva fatto le sue scelte e organizzato il suo stile di vita, e deve ispirare le correnti culturali che stanno per nascere in questo cammino verso il Terzo Millennio. Non possiamo procrastinare l’annuncio liberatore di Gesù Cristo a una società che si dibatte, in un momento drammatico e appassionante, tra profondi bisogni ed enormi speranze. Si tratta di una congiuntura socio-culturale che si presenta come occasione privilegiata per continuare a incarnare i valori cristiani nella vita di un popolo e per permeare tutti gli ambienti dell’annuncio di una salvezza integrale. Nessun aspetto, situazione e realtà umana può rimanere al di fuori della missione evangelizzatrice.

Di fronte alla recente e preoccupante diagnosi, da voi stessi fatta, del vostro Paese come "moralmente malato" (Messaggio della
CEC 1603 CEC 1996,2), vi esorto affinché la vostra azione evangelizzatrice compia al più presto un rinnovato sforzo di orientamento morale. Di fronte al pericolo di un relativismo che coinvolge sia la verità che i costumi, dinnanzi alla corrente secolarista imperante, di fronte alla diffusione di casi di corruzione, d’ingiustizia e di violenza, che scuotono le fondamenta stesse della convivenza umana, la questione morale diventa particolarmente urgente.

La Chiesa, che si è autodefinita "esperta in umanità" (Paolo VI, Populorum progressio PP 13), compie la sua missione al servizio della causa dell’uomo quando constata la triste perplessità della persona umana che spesso non sa più chi è, da dove viene né dove va, giungendo a situazioni di progressiva autodistruzione, quando denuncia di fronte a tutti il disprezzo della persona, la violazione dei diritti umani fondamentali e l’iniqua distribuzione dei beni necessari per un’esistenza degna e quando, cosa ancora più grave, avverte che l’uomo dubita che la salvezza si possa trovare solo in Cristo.

La Chiesa, nella sua risposta all’interrogativo sulla verità circa l’uomo, non può sottrarsi all’obbligo di insegnare alla società a procedere verso il vero bene. Deve pertanto proclamare senza esitazioni le norme morali che garantiscono il cammino dell’autentica libertà agli uomini, proteggendo la loro inviolabile dignità, contribuendo alla conservazione stessa del tessuto sociale e al suo sviluppo retto e fecondo. In tal senso, le regole morali fondamentali della vita sociale comportano esigenze che devono soddisfare sia i poteri pubblici sia i cittadini. In modo particolare in questo momento della storia della Colombia, urge ricordare l’osservanza dei principi morali, fondamento stesso della convivenza politica e senza i quali tutta la vita sociale si vede progressivamente compromessa, minacciata e destinata alla dissoluzione (cf. Giovanni Paolo II, Veritatis splendor VS 101).

4. Tuttavia, perché la verità illumini l’intelligenza e modelli la libertà degli uomini e dei popoli, è necessario innanzitutto che lo "splendore della Verità" si manifesti nella vita della Chiesa. Come è stato affermato nella III Conferenza Generale dell’Episcopato Latinoamericano, "senza la testimonianza di una Chiesa convertita sarebbero vane le nostre parole di Pastori" (Puebla, n. 1221). È dunque necessaria una profonda e permanente conversione per potere, in nome e con l’autorità di Gesù Cristo, esortare, insegnare, correggere e confortare un popolo che si dibatte nell’incertezza sull’obiettività morale.

La Chiesa è la prima ad essere chiamata, di fronte alla dissociazione fra fede e vita che esiste nella società, a mostrare nella testimonianza quotidiana dei suoi Vescovi, dei presbiteri, dei religiosi e dei laici, come "la fede possiede anche un contenuto morale: origina ed esige un impegno corretto di vita, comporta e perfeziona l’accoglienza e l’osservanza dei comandamenti divini" (Giovanni Paolo II, Veritatis splendor VS 89). Vi esorto quindi a tradurre in realtà ciò che avete scritto nel vostro Plan Global de Pastoral 1993-1999, dove proponete di affrontare il nuovo millennio operando affinché brilli sul volto della Chiesa la sua vocazione alla santità.

Tutto ciò esige cambiamenti nel modo di vita, nelle opzioni e nei metodi pastorali, nelle forme di presenza nella società, nei fini e nelle attività di tante istituzioni ecclesiali. Cambiamenti che è necessario promuovere poiché solo vivendo nella Verità si acquisiscono l’autorità e la libertà per annunciare la nuova vita in Cristo, la capacità di denunciare la menzogna che in tanti modi vuole imporsi in seno a voi e il coraggio necessario a non rendere "vana la Croce di Cristo" (1Co 1,17).

5. Un’altra sfida pastorale, che esige tutta la nostra sollecitudine, è quella della famiglia. Ho già avuto l’opportunità di scrivere, in occasione dell’Anno della Famiglia, che "tra queste numerose strade, la famiglia è la prima e la più importante: una via comune, pur rimanendo particolare, unica e irripetibile, come irripetibile è ogni uomo: una via dalla quale l’essere umano non può distaccarsi" (Giovanni Paolo II, Lettera alle famiglie LF 2).

Conoscete bene la gravità delle molteplici minacce rivolte alla famiglia da ogni parte, minacce che avete constatato in particolare nelle vostre stesse comunità diocesane. La diffusione del divorzio, visto come un mezzo legittimo persino da un certo numero di cattolici, e la ricorrente proposta della legge sulla legalizzazione dell’aborto che pretende falsamente di dare diritto a una crescente e agghiacciante perpetrazione di questo abominevole delitto (cf. Gaudium et spes GS 51), sono mali ai quali si sommano, fra gli altri, la dolorosa problematica dell’accelerata disintegrazione familiare osservata in Colombia negli ultimi due decenni, l’allarmante proliferazione della prostituzione, la violenza che in diversi modi colpisce tanti focolari domestici, la mancanza di preparazione e d’impegno dei genitori per dare una vera formazione cristiana ai propri figli, la situazione culturale, sociale ed economica, realmente disumana, in cui vivono tante famiglie. Tuttavia, "nonostante i problemi che ai nostri giorni insidiano il matrimonio e l’istituzione familiare, quest’ultima, in quanto "cellula prima e vitale della società" può generare grandi energie che sono necessarie per il bene dell’umanità. Per questo, occorre annunciare con gioia e convinzione la "buona novella" sulla famiglia" (Giovanni Paolo II, Discorso a Santo Domingo, 12.10.1992: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, XV; 2 (1992) 328).

È una verità fondamentale che il matrimonio e la famiglia non sono una realtà effimera e transitoria come le mode e gli usi mutevoli di una società, ma provengono da Dio. È in questa luce che deve essere vista la relazione essenziale della famiglia con la sua origine divina, nella quale, mediante il sacramento del matrimonio, l’amore umano vuole riflettere fedelmente l’amore di Dio e prolungare il suo potere creatore, salvaguardando l’unità, l’indissolubilità e la fedeltà dei coniugi.

112 6. So che in diverse occasioni voi, come Vescovi, avete compiuto importanti interventi in difesa e a favore dell’istituzione familiare. Tuttavia, dato che questa problematica si sta acuendo sempre più, s’impone una valutazione obiettiva delle sue cause affinché l’evangelizzazione promuova una maggiore formazione dei fedeli e, allo stesso tempo, faccia udire la voce della Chiesa negli ambienti sociali, culturali e giuridici chiamati a preservare l’istituzione familiare. Urge intensificare una riflessione serena e profonda che contribuisca, nelle circostanze presenti, a promuovere e a creare un modello di famiglia che renda possibile un nucleo autenticamente umano, che incarni i valori del Vangelo e poi li irradi come base di una nuova società.

Poiché nella famiglia si forgia il futuro dell’umanità, non si devono risparmiare sforzi nel favorire una pastorale più organica e audace per preparare i giovani al matrimonio; una pastorale creativa per sostenere e aiutare le "famiglie incomplete", purtroppo sempre più numerose nel vostro Paese; una pastorale di accompagnamento costante dei coniugi cattolici che lottano, fra gli attacchi di una società permissiva e materialista, per costruire il proprio focolare secondo il disegno di Dio; una pastorale di animazione spirituale che tenga presente la situazione particolare dei divorziati, dei separati e di quanti vivono in unione libera; una pastorale coordinata che riesca a riunire forze e a utilizzare bene il potenziale di tante iniziative e movimenti apostolici affinché diano risposte effettive a tutti i problemi che affliggono le famiglie colombiane. La drammatica situazione che attraversa la famiglia è in un certo senso una causa, ma anche una conseguenza, della crisi culturale che viviamo. Ciò induce a pensare che occorre situare la pastorale familiare nel quadro più ampio della Nuova Evangelizzazione.

7. Vorrei che questo incontro costituisse un vero stimolo per ravvivare in ognuno di voi l’impegno a donarsi sempre più al proprio gregge e che allo stesso tempo condivideste con me la "preoccupazione per tutte le Chiese" (
2Co 11,28), nello sforzo di difesa comune del patrimonio dei valori umani e cristiani.

Certo le vostre forze possono apparire sproporzionate di fronte all’immensa missione che grava sulle vostre spalle, ma la nostra forza si fonda sempre su quella di Cristo che, soprattutto in questo gioioso tempo pasquale, contempliamo glorioso e vincitore del male, che ci invia e ci promette di rivestirci "di potenza dall’alto" (Lc 24,49). Per questo la mia ultima parola è di salda fiducia nella promessa del Sommo Pastore: "con la vostra perseveranza salverete le vostre anime" (Lc 21,19). Con questi sentimenti e con queste speranze, invocando la protezione della Santissima Vergine di Chiquinquirá, che il vostro popolo colombiano ama e venera tanto, imparto di cuore su voi e su tutti i membri delle vostre comunità ecclesiali la Benedizione Apostolica.


GP2 Discorsi 1996 105