GP2 Discorsi 1996 151


AI PELLEGRINI DI LORETO


IN OCCASIONE DEL VII CENTENARIO LAURETANO


Aula Paolo VI - Sabato, 25 maggio 1996




Carissimi Fratelli e Sorelle di Loreto!

1. Benvenuti a Roma, presso la Sede del Successore di Pietro! Per due volte, in occasione del recente settimo Centenario Lauretano, il Papa ha percorso come pellegrino il tragitto da Roma a Loreto. Ed oggi voi, per ricambiare tali visite, dai colli ameni, che dall’Appennino declinano verso l’Adriatico, siete venuti a Roma ricalcando le orme degli antichi "romei", che, dopo aver reso omaggio alla Vergine nella Santa Casa, qui si recavano per venerare le tombe degli Apostoli.

Saluto con affetto ciascuno di voi, iniziando dal caro Monsignor Pasquale Macchi, che ringrazio per i sentimenti manifestati a nome di tutti e per le parole con cui ci ha aiutato a fare memoria del tempo di grazia, vissuto durante il trascorso periodo giubilare. Saluto i Signori Cardinali Opilio Rossi e Virgilio Noè. Saluto i sacerdoti, i consacrati e le consacrate, e tutti voi, cari fedeli, che avete aderito in gran numero a questo pellegrinaggio. Rivolgo uno speciale saluto al Signor Sindaco e a tutte le Autorità presenti. Ringrazio di cuore per il riconoscimento che mi è stato conferito da parte del Comune di Loreto. E poi ringrazio naturalmente i giovani e i bambini che hanno manifestato con la danza, con i canti, la loro presenza e il loro riconoscimento per la visita del Papa.

Tra la Santa Sede e Loreto vi è un intimo legame. "Vero cuore mariano della cristianità, ha goduto sempre speciale attenzione da parte dei Romani Pontefici, che ne hanno fatto meta frequente del loro pellegrinaggio e oggetto delle loro cure apostoliche" (Giovanni Paolo II, Lettera a S. E. Mons. P. Macchi nel settimo Centenario Lauretano, n. 1, 15 Ag 1993, Insegnamenti di Giovanni Paolo II, XVI 2, 526). Chi non ricorda il viaggio in treno, che il mio venerato predecessore Giovanni XXIII volle compiervi il 4 ottobre 1962, a pochi giorni dall’apertura del Concilio Ecumenico Vaticano II? E il Servo di Dio Paolo VI, di cui Monsignor Macchi fu zelante Segretario, conservava nel cuore quel "luogo singolarmente ricco di fascino naturale e di spirituale incanto" (Insegnamenti di Paolo VI, VII, 206).

152 Da parte mia, la devozione alla Madonna di Loreto risale alla giovinezza: nell’intera Europa, infatti, e segnatamente nella mia Patria, sono numerose le chiese dedicate a questo titolo mariano, quasi che l’impiantarsi in Italia del santuario, legato al mistero dell’Incarnazione a Nazaret, abbia poi irradiato in tutta la cristianità una rinnovata adorazione di tale mistero e una singolare venerazione della Madre di Dio.

2. Ora, carissimi, vorrei soffermarmi con voi a considerare alcuni dei motivi di riflessione e di azione pastorale che il settimo Centenario Lauretano ha offerto alla Chiesa.

Anzitutto, su un piano generale, esso ha contribuito a mantenere nel giusto rilievo e a riproporre l’importanza della pietà mariana nella vita cristiana. In tal senso, il Centenario, in continuità con l’Anno Santo Mariano di dieci anni or sono e con l’Enciclica Redemptoris Mater, si proietta verso il Grande Giubileo del Duemila. Maria fu storicamente l’aurora che "precedette il sorgere del Sole di giustizia, Cristo nostro Dio; e tale continua ad essere, misticamente, nella vita della Chiesa, ogni volta che si attende una nuova venuta, in grazia, del Signore" (Giovanni Paolo II, Lettera a Sua Em. P. Macchi, cit.).

La Santa Casa di Nazaret contiene, poi, un suo messaggio peculiare, che si riferisce al mistero dell’Incarnazione, di cui è parte integrante il fatto che il Verbo di Dio, assumendo la nostra condizione umana, volle nascere e vivere in una famiglia: la Santa Famiglia di Nazaret. Ecco, pertanto, che il Centenario ha offerto l’occasione di riproporre la Santa Famiglia come modello di ogni nucleo familiare. Si tratta, ancora una volta, di un aspetto importante dell’insegnamento conciliare, rilanciato con forza durante il recente Anno internazionale della Famiglia. "A Loreto la realtà misteriosa del Natale e della Santa Famiglia diventa, in qualche modo, palpabile, si fa esperienza personale, commovente e trasformante" (Insegnamenti, n. 3, l. c., 528-529). Possa tutto questo realizzarsi per voi, care famiglie di Loreto qui presenti, e per tutte quelle della vostra Comunità. A voi affido l’invocazione da me inserita nelle litanie lauretane: Maria "Regina della Famiglia".

3. Carissimi Fratelli e Sorelle! L’evento entusiasmante e di maggior rilievo internazionale di tutto il periodo celebrativo del settimo centenario è stato senza dubbio il Pellegrinaggio dei giovani d’Europa, nel settembre scorso, da me convocato ed al quale ho avuto la gioia di prendere parte. In quei giorni Loreto ha assunto "il volto di capitale spirituale dei giovani dell’Europa" (Giovanni Paolo II, Saluto d’apertura dell’incontro a Montorso, 9 set. 1995: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, XVIII, 2 (1995) 341), tappa quanto mai significativa del grande pellegrinaggio che i giovani vanno svolgendo nel mondo, annunciando a tutti i popoli che Cristo è Via, Verità e Vita. Sono certo che in voi, cari giovani di Loreto, così numerosi anche quest’oggi, e in tanti vostri coetanei, quell’esperienza ha lasciato un segno profondo e un seme di pietà mariana. Guardate sempre alla Madre di Gesù e imparate da Lei ad essere seguaci attenti, coraggiosi di Cristo e infaticabili costruttori della civiltà dell’amore.

Un altro elemento, poi, da sottolineare, è quello della valorizzazione degli aspetti artistici e culturali del culto mariano, a Loreto e in tutta la Chiesa. Se è vero che la Santa Casa costituisce una mirabile "icona" del mistero del Verbo Incarnato (cf. Giovanni Paolo II, Lettera A S. Em. Macchi, cit., nn. 2-3, Insegnamenti, XVI 2, 527-529), venerarla significa prender coscienza dell’importanza dell’arte sacra per l’evangelizzazione e, soprattutto, lasciarsi come educare dallo "stile" di Loreto: uno stile fatto di semplicità e di intensità, di bellezza e di verità, di universalità e di storicità, di silenzio e di parola. Questo stile, che splende sul volto di Maria e nella Santa Famiglia, è modello per ogni progetto che intenda ispirarsi al Vangelo e fecondare con esso le arti e le culture degli uomini. Questo implica, inoltre, solerte attenzione alla cura e alla conservazione dei beni artistici e culturali del patrimonio cristiano, ma pure un suo opportuno sviluppo e aggiornamento.

4. Ecco alcuni elementi, carissimi Fratelli e Sorelle, che stanno a testimoniare come il settimo Centenario abbia contribuito validamente a riportare il Santuario di Loreto al ruolo di primo piano che gli spetta in Italia, in Europa e nel mondo. Di ciò rendo grazie al Signore, e sono grato a tutti voi, che avete offerto preghiere ed impegno affinché le celebrazioni ordinarie e straordinarie si svolgessero nel migliore dei modi. Così facendo avete reso un grande servizio all’intera Comunità cristiana, che trova nella Santa Casa un "cuore" vivo e pulsante di fede nel suo cammino verso l’Anno Santo del Duemila.

Mentre rinnovo la mia riconoscenza per la vostra visita, auguro che questo pellegrinaggio confermi in ciascuno di voi la fedeltà a Cristo ed alla Chiesa, e di cuore vi imparto la Benedizione Apostolica, estendendola ai vostri cari, ai bambini, ai malati ed all’intera Comunità Loretana.


AI VESCOVI DELLA CONFERENZA EPISCOPALE DELLA COLOMBIA


IN VISITA "AD LIMINA APOSTOLORUM"


Sabato, 25 maggio 1996




Cari Fratelli nell’Episcopato,

1. Sono lieto di ricevervi in questo incontro collettivo con cui culmina la vostra visita ad Limina e di salutarvi con affetto dopo aver condiviso con ognuno di voi le gioie e le preoccupazioni che provate nell’esercizio del vostro ministero come Pastori delle Province ecclesiastiche di Popayán, Medellín, Manizales, Cali e Santa Fe de Antioquia.

153 La prossimità della solennità di Pentecoste, nella quale si commemora e si realizza la venuta dello Spirito nella comunità apostolica, costituisce una provvidenziale cornice per la vostra visita e un motivo speciale per rivivere e rafforzare il ministero apostolico. In effetti - ci ricorda Sant’Ireneo - "tutti insieme, i discepoli lodavano Dio in tutte le lingue, riportando lo Spirito i popoli distanti all’unità e offrendo al Padre le primizie di tutte le nazioni" (Sant'Ireneo, Adv. haer., 3,17,2).

Anche voi, venendo in pellegrinaggio sulla tomba di Pietro, avete voluto ravvivare l’ardore che lo Spirito infuse negli Apostoli per predicare il Vangelo apertamente (cf. At
Ac 4,13), lieti di condividere la stessa sorte del Maestro (cf. At Ac 5,41 Mt 10,17-20), soffrendo per compiere la missione ricevuta con incrollabile fedeltà al Vangelo. Allo stesso tempo, rafforzando i vincoli di unità con il successore di Pietro, confermati nella fede (cf. Lc Lc 22,32), fate brillare nella Chiesa l’azione dello Spirito Santo che "la unifica nella comunione e nel servizio, la provvede di diversi doni" (Lumen gentium LG 4).

Ringraziando Monsignor Giraldo Jaramillo per le cordiali parole che mi ha rivolto a nome di tutti e come gesto eloquente di adesione alla sede di Pietro, desidero fare riferimento ad alcuni aspetti della realtà in cui vive il popolo colombiano, oggetto costante del mio affetto e della mia preghiera.

2. Vi sono motivi che fanno di sperare in un processo di progressiva presa di coscienza di solidarietà sociale nella vostra Patria, con nuovi meccanismi di partecipazione democratica e con una maggiore copertura assistenziale, tanto necessaria per i meno fortunati, e una più sentita esigenza di probità e di giustizia nell’amministrazione pubblica, affinché questa ricerchi pienamente la promozione del bene comune. Esistono tuttavia altre realtà che preoccupano ancora la vostra coscienza di Pastori.

Vorrei fare riferimento in particolare alla situazione di violenza che purtroppo perdura da decenni e che, seminando dolore e terrore, ostacola la pace sociale e frena lo sviluppo equilibrato della Nazione. Una violenza che si manifesta in diversi modi: l’abominevole crimine dell’aborto e i cattivi rapporti all’interno delle famiglie, lo scontro tra le guerriglie e le Forze Armate Regolari, l’azione dei gruppi paramilitari, la delinquenza comune e il banditismo, così come gli omicidi in relazione al narcotraffico.

Quando il numero delle vittime della violenza raggiunge livelli altissime e il clima generale di inquietudine peggiora, quando si attenta alla vita anche degli operatori di pace, come è avvenuto per sacerdoti e per religiose, la voce di quanti proclamano il Vangelo della vita e della pace deve levarsi con rinnovata energia e si devono moltiplicare gli sforzi a favore di una convivenza serena basata sulla giustizia, sulla riconciliazione e sull’amore, da parte di coloro che hanno ricevuto il saluto del Signore Risorto e ne sono portatori: "Pace a voi!" (Lc 24,36 Jn 20,19-20). In tal senso voi vi siete impegnati in diverse iniziative, come la Commissione di Conciliazione Nazionale che desidera offrire il suo contributo per un dialogo fra le diverse parti, in attesa che si giunga presto nel vostro Paese a una pace completa e duratura.

La missione che è affidata alla Chiesa di proclamare e di contribuire a edificare la pace, dono inestimabile dello Spirito, proviene dalla sua incrollabile fede in Dio, Padre Provvidente, e dalla sua ferma adesione a Cristo, unico Riconciliatore di tutte le cose (cf. Col 1,20) e vincitore di qualsiasi potere si possa impugnare contro la dignità della persona umana e le sue possibilità di piena realizzazione.

Poiché la pace è un segno concreto della presenza del Regno di Dio nel mondo che vive situazioni mutevoli nel corso della storia, essa deve ispirare, illuminare e sostenere gli sforzi per edificare la pace politica e sociale. Non si deve pertanto confondere la pace con la passività o con il conformismo, e ancor meno con la calma che illusoriamente si spera di ottenere con il solo uso della forza. Essa esige piuttosto un impegno attivo, serio e creativo per raggiungere nuove mete di convivenza umana e di ordine sociale, di rispetto per la dignità dei popoli e per i diritti inalienabili della persona.

3. Sono perfettamente consapevole della profonda trasformazione che si sta producendo nel vostro Paese e della complessità dei suoi problemi. Voi, in quanto Pastori, spinti dall’amore di Cristo (cf. 2Co 5,14), dovete reagire alla situazione di violenza che si vuole instaurare con una mobilitazione generale delle coscienze che, alimentate con una cultura della vita e dell’amore (cf. Giovanni Paolo II, Evangelium vitae EV 95), le porti ad operare a favore della pace. L’amore di Dio, espresso nel dono di suo Figlio, il quale amandoci "sino alla fine" (Jn 13,1) ci ha mostrato anche la sua vera dimensione, è il nostro segno di identità e il criterio che ci orienta. Solo l’amore può opporsi efficacemente alla violenza ed eliminarla alla radice. Solo l’amore sa trovare le vere vie della pace e ci aiuta a percorrerle.

4. La violenza mostra il suo lato più perverso nel disprezzo della vita (cf. Evangelium vitae EV 10) che minaccia in molteplici modi. La Chiesa si oppone ad essa mettendosi al servizio della vita umana in tutte le sue fasi e annunciando la presenza del Dio della Vita nella cultura attuale, della quale tanti "segni di morte" (cf. Giovanni Paolo II, Dominum et vivificantem DEV 57-58) cercano di impossessarsi. I motivi che la incoraggiano in questo compito vanno al di là delle ragioni derivanti dalla scienza, dalla mera compassione o dalla semplice filantropia. Le sue radici profonde si trovano nella fede in Dio che non solo invita all’esistenza, ma che la ricrea anche con la grazia, per accoglierla alla fine nella comunione trinitaria (cf. Giovanni Paolo II, Evangelium vitae EV 2). Per questo la vita di ogni persona, anche quella che potrebbe apparire più inutile o emarginata, ha un valore infinito in quanto figlia di Dio e oggetto del suo immenso amore.

La profondità di tali motivi deve rendersi visibile anche nelle conseguenze che l’impegno a favore della vita comporta. Il rispetto per il diritto fondamentale alla vita deve portare pertanto alla promozione della dignità della persona, creata a immagine e a somiglianza di Dio. Alla promozione della qualità della vita, a cui tanti e tanti encomiabili sforzi sono stati dedicati in campo economico, politico, sanitario e culturale, si deve affiancare la promozione della creatività, dell’incontro con se stessi, dell’interiorità e della capacità di donarsi, per fare della persona un essere capace di accettare pienamente la sua vocazione sulla terra e aperto alla sua dimensione trascedente, in quanto l’autentica promozione umana non può prescindere dalla comunione con Dio, che è la ragione più alta della dignità di ogni persona (cf. Lumen gentium LG 19).

154 Di fronte a tante ombre che nella società attuale sembrano offuscare l’amore e il rispetto della vita, è necessario offrire segni concreti di speranza e promuovere iniziative che dissipino l’abbattimento e lo sconforto, riportando l’allegria sui volti degli uomini, soprattutto dei bambini e dei giovani. Queste iniziative devono favorire la creazione di un ambiente accogliente nelle famiglie, devono propiziare le condizioni necessarie a una crescita serena e a un’educazione integrale, devono potenziare ambienti e comunità cristiane in cui si possa avere realmente la possibilità di condividere l’esistenza avendo "un cuore solo e un’anima sola" (Ac 4,32) e di vivere con la gioiosa certezza che il futuro e l’autentica pienezza dell’uomo sono in Dio.

5. Di fronte all’urgenza delle sfide del momento presente, la vostra sensibilità di Pastori non smetterà di ispirarvi i gesti necessari a infondere alla cultura, con ogni chiarezza e fermezza, un’impronta cristiana. L’accoglienza totale dello Spirito vi darà l’audacia dei primi Apostoli affinché, superando ogni dissidio ed egoismo, e vincendo la tentazione del fatalismo e la sensazione di impotenza, siate all’altezza della missione che oggi dovete svolgere.

In questo compito è di somma importanza tenere presente che la nostra sicurezza proviene da Dio (cf. Is Is 49,5). La Chiesa ha ricevuto dal suo Signore il mandato di fare ciò che Egli fece (cf. Gv Jn 13,15); noi abbiamo il chiaro esempio di come Gesù annuncia la Buona Novella del Regno di Dio: Egli invita gli uomini alla conversione, manifesta una reale solidarietà verso i diseredati, lotta contro l’ingiustizia, l’ipocrisia, la violenza, gli abusi di potere, l’ansia smisurata di lucro e l’indifferenza dinnanzi ai poveri.

6. Con la certezza della protezione di Dio e la sicurezza che vi infonde l’esempio di Gesù, lo Spirito vi guiderà nel necessario discernimento di ciò che Dio si aspetta da voi e dalla Chiesa in Colombia (cf. Rm Rm 12,2). In effetti, lo Spirito "fa ringiovanire la Chiesa, continuamente la rinnova" (Lumen gentium LG 4), guidando i suoi passi come si rese evidente nei primi momenti e portandola a volte ad assumere atteggiamenti audaci di fronte a realtà considerate difficili e persino inedite per la mentalità di quei tempi (cf. At Ac 11,18). In un contesto sociale e culturale mutevole, è necessario superare anche la remora dell’inerzia che fa sì che ci si accontenti di seguire i sentieri battuti, per affrontare con creatività, slancio e umiltà le sfide che la Parola di Dio presenta al nostro mondo attuale. Nella continua rivitalizzazione delle comunità ecclesiali affinché conducano una più intensa e consapevole vita di fede e di impegno cristiano, occorre tener conto anche di coloro che non osservano i sacramenti e non si recano regolarmente in Chiesa e portare quindi il Vangelo a tutte le persone.

7. Il discernimento esige da tutti che, al di sopra di qualsiasi interesse privato, imperi uno spirito di servizio e di comunione. Non si può in effetti avere altra motivazione di quella di servire Dio e l’uomo. Non si può vivere con altro atteggiamento che non sia quello di comunione, costruita pazientemente con un dialogo costante, onesto e vero. Le vostre comunità ecclesiali saranno motivo di speranza se saranno capaci di rendere testimonianza della dolcezza della fraternità cristiana in una società caratterizzata dalla divisione e dall’individualismo. Allo stesso tempo, in un momento in cui i problemi esigono soluzioni che vanno spesso al di là delle capacità individuali o degli interventi di una sola parte, la collaborazione di tutti consentirà di "rendere più efficace la risposta alle grandi sfide del nostro tempo, grazie all’apporto corale dei diversi doni" (Giovanni Paolo II, Vita consecrata VC 54).

Le circostanze attuali esigono anche un progetto organico o di insieme in cui tutta la Chiesa si veda impegnata, superando iniziative isolate e sporadiche. Un progetto in cui nessun livello ecclesiale resti isolato, nessuna persona o istituzione rimanga indifferente e al quale si ricolleghi ogni iniziativa pastorale. In tal modo la Chiesa, unendo tutte le sue forze, coglierà meglio l’occasione di contribuire allo sviluppo di una cultura forgiata dagli ideali del Vangelo.

Infine, di fronte alle condizioni disumane in cui vivono tanti figli di Dio, i programmi di pastorale sociale, a livello diocesano e nazionale, devono essere concreti, tangibili e apprezzabili. Devono essere un chiaro segno della reale sollecitudine della Chiesa verso i poveri e gli oppressi. Questi programmi saranno il modo migliore di formare la coscienza sociale in tutti, soprattutto nei responsabili delle diverse istanze sociali della comunità nazionale.

8. Vi auguro di vivere questa visita come una nuova Pentecoste nella quale si rinnova il vostro ardore apostolico a favore di "tutto il gregge, in mezzo al quale lo Spirito Santo vi ha posti come Vescovi a pascere la Chiesa di Dio" (Ac 20,28). Trasmettete alle Chiese che presiedete nella carità il mio cordiale saluto e condividete con esse, con i sacerdoti, con le persone consacrate e con i fedeli laici la gioiosa esperienza di fede e di comunione che avete vissuto in questi giorni, affinché tutti provino la gioia di sentirsi, nel cuore della Chiesa, pietre vive e collaboratori per la sua edificazione coerente nell’amore (cf. 1P 2,5).

Come segno di carità fraterna e della continua sollecitudine del Pastore della Chiesa universale, mentre invoco la materna intercessione di Nostra Signora di Chiquinquirá, come incoraggiamento per il futuro e come pegno della costante assistenza divina, vi imparto di cuore la Benedizione Apostolica.


AI PARTECIPANTI AD UN CORSO DELL'ISTITUTO


PER LA RICOSTRUZIONE INDUSTRIALE (IRI)


Giovedì, 30 maggio 1996




1. Sono lieto di accogliervi, cari partecipanti al Corso di perfezionamento alle funzioni tecniche e direttive aziendali, organizzato dall’Istituto per la Ricostruzione Industriale e giunto ormai alla sua 34.ma edizione. Rivolgo un saluto cordiale al Presidente dell’IRI, Dott. Michele Tedeschi, ringraziandolo per le espressioni con cui ha presentato l’iniziativa e si è fatto interprete dei sentimenti di tutti. Porgo inoltre il benvenuto ai docenti del Corso ed ai loro familiari.

155 Da molti anni ormai l’Istituto per la Ricostruzione Industriale organizza questi corsi: la loro continuità è segno di un impegno convinto in favore della cooperazione internazionale, che ha coinvolto migliaia di funzionari e dirigenti da più di 100 Paesi del mondo. Quest’anno, come il Dott. Tedeschi sottolineava, voi, cari "borsisti", provenite da 24 Paesi in via di sviluppo ed in transizione verso l’economia di mercato, specialmente dall’America Latina, ma anche dall’Europa, dall’Asia e dall’Africa. Vi state preparando ad assumere ruoli di responsabilità nel mondo della produzione, in diversi ambiti economici delle vostre rispettive Nazioni. È pertanto molto positivo il fatto che vi sia stata data la possibilità di svolgere questi "stages" in aziende italiane, nei vari settori produttivi del Gruppo IRI.

2. Nell’arco del mio Pontificato, più di una volta ho avuto modo di incontrare gruppi di partecipanti a tali Corsi e non ho mancato di riconoscere la validità e le positive implicanze umane e sociali di queste esperienze. Vorrei oggi ribadire tale valutazione, ed anzi rafforzarla, alla luce di un quadro mondiale che rende la scelta della cooperazione ancora più urgente ed anche eticamente più impegnativa, considerando che ci troviamo in una fase in cui essa può risultare meno agevole che in passato.

Questo genere di iniziative, infatti, costituisce una sorta di "investimento" improntato al duplice principio che la dottrina sociale cristiana chiama di solidarietà e di sussidiarietà. Esso ispira "una nuova politica di solidarietà sociale, che non ha nulla a che vedere con l’assistenzialismo di comodo, dannoso alla lunga per gli stessi assistiti, ma che si basa piuttosto su interventi miranti a stimolare... il senso di responsabilità e operosità delle categorie più deboli, assicurando loro al tempo stesso la possibilità concreta di esprimere le proprie capacità" (Giovanni Paolo II, Discorso del 30 marzo 1996 a Colle Val d’Elsa, n. 7).

Il problema qui toccato è certamente complesso, soprattutto a causa dell’intersecarsi dei fattori economici con quelli politici. Tuttavia, la storia anche recente dimostra che la promozione e lo sviluppo armonico dei popoli va a beneficio di tutti, mentre viceversa il ristagnare o il regredire di alcuni Paesi poveri produce prima o poi ricadute negative anche su quelli più sviluppati. Del resto, come è stato opportunamente ricordato, l’instaurazione di un ordine internazionale più equo resta il presupposto indispensabile per una durevole pace.

3. Dal piano economico, il discorso si porta così su quello propriamente etico-sociale. Ed è su questo piano che si colloca il significato del nostro odierno incontro. La Chiesa, esperta in umanità, si preoccupa di promuovere l’effettiva solidarietà fra le Nazioni ed appoggia ogni istanza tesa a questo fine.

Auguro, pertanto, a ciascuno di voi, cari partecipanti al Corso, di essere sempre e in ogni luogo operatori di pace, di solidarietà e di autentico sviluppo sociale per tutti, a partire dai più deboli. Per questo vi affido al Signore e di cuore benedico voi e le vostre famiglie.


AI DIRIGENTI E ALLE MAESTRANZE


CHE HANNO COSTRUITO LA « DOMUS SANCTAE MARTHAE»


Venerdì, 31 maggio 1996




"Sia pace tra le tue mura" (Ps 121,7).

Con queste parole del Salmo rivolgo il mio augurio più cordiale e l’espressione della mia viva riconoscenza a tutti coloro che si sono prodigati per la progettazione e la costruzione di questa Domus Sanctae Marthae.

Grazie a Lei, Signor Cardinale, per le cortesi parole con cui ha interpretato i sentimenti dei presenti, illustrando l’insieme dei lavori svolti, i sacrifici affrontati, i risultati raggiunti. La "Casa di Santa Marta" viene ora a collocarsi decorosamente nel contesto architettonico dei palazzi che delimitano l’omonima piazza, su cui domina maestosa la cupola di Michelangelo.

Alla finalità che ho assegnato all’edificio nella Costituzione Apostolica Universi dominici gregis (cf. nn. 13, 42), s’affianca quella dell’accoglienza, in spirito di carità e di cristiana amicizia, verso i Sacerdoti che prestano servizio in Segreteria di Stato e nei Dicasteri Romani, come pure verso i Vescovi in visita "ad limina".

156 Non a caso il mio predecessore Leone XIII scelse il nome di Santa Marta per designare l’Istituzione che precedette la presente. Egli volle indicare così nella evangelica casa di Betania, dove vivevano Lazzaro e le sorelle e dove Gesù con i discepoli si rifugiava spesso durante il soggiorno a Gerusalemme, un esempio di ospitalità a cui la Casa da lui eretta doveva ispirarsi. La fede e l’affetto di Maria, la generosità di Lazzaro, lo spirito di servizio di Marta costituiscono nel loro insieme un modello di dedizione verso gli ospiti veramente suggestivo.

Ospitare in nome di Cristo è esercizio di carità e segno di un’amicizia illuminata dalla fede. Come non ricordare, in proposito, le parole della terza Lettera di Giovanni? "Carissimo, tu ti comporti fedelmente in tutto ciò che fai in favore dei fratelli, benché forestieri. Essi hanno reso testimonianza della tua carità davanti alla Chiesa, e farai bene a provvederli nel viaggio, in modo degno di Dio, perché sono partiti per amore del nome di Cristo" (
3Jn 5-7).

Una finalità apostolica, quindi, quella della nuova istituzione, una intenzione di fraternità e di carità, un impegno di testimonianza, a conforto delle comuni fatiche di tutti coloro che si dedicano al bene della Chiesa ed al servizio dell’evangelizzazione.

Con vivo apprezzamento esprimo, pertanto, la mia riconoscenza a quanti hanno collaborato attivamente all’esecuzione dell’opera: ai progettisti, ai direttori dei lavori ed agli impresari, alle maestranze, agli operai ed ai tecnici. A tutti la mia lode per il lavoro svolto con grande competenza e generosa dedizione. A tutti ed a ciascuno sono sinceramente grato.

Il mio pensiero si rivolge, infine, a coloro che s’apprestano a mettere le loro energie a servizio di questa istituzione, cioè alla Comunità delle Suore della Carità di san Vincenzo de Paoli, alle loro collaboratrici laiche, al personale che in vario modo contribuirà al buon andamento della Casa. Il Papa è loro grato fin d’ora per quanto faranno al fine di assicurare a coloro che qui sosteranno come suoi ospiti una buona accoglienza ed una confortevole permanenza.

Nell’invocare dal Signore copiosi doni di serenità e di pace su ciascuno di voi qui presenti e sui vostri familiari, a tutti imparto con affetto la Benedizione Apostolica.

CELEBRAZIONE MARIANA PER LA CONCLUSIONE

DEL MESE DI MAGGIO IN VATICANO

PAROLE DI GIOVANNI PAOLO II

Grotta della Madonna di Lourdes nei Giardini Vaticani

Venerdì, 31 maggio 1996

Alla fine di questo mese di maggio vogliamo ringraziare la Vergine Madre per tutti i trentuno giorni durante i quali abbiamo potuto testimoniare la nostra quotidiana devozione mariana.


Il mese di maggio è il mese della primavera, almeno nella nostra area geografica. È il mese dedicato alla Madonna. Ogni giorno, secondo la tradizione, cantiamo le Litanie che si chiamano "Lauretane", una preghiera che porta alla Santa Casa di Loreto. A questa Santa Casa è legata una particolare devozione mariana, espressa nelle Litanie Lauretane.

Oggi, ultimo giorno di maggio, la Liturgia ci invita a celebrare il mistero gaudioso della Visitazione della Vergine alla cugina più anziana di lei, Elisabetta. Non dimentichiamo che alla Visitazione sono collegati due importanti cantici liturgici: il "Benedictus" ed il "Magnificat". Ora, per concludere la nostra celebrazione nell’ultimo giorno di maggio, festa della Visitazione, cantiamo tutti insieme il "Magnificat".

157 Vorrei inoltre ricordare le Litanie alla Madonna, le Litanie Lauretane, cantate in modo particolarmente bello a Ljubljana, durante la mia recente visita in quella città della Slovenia. Ed ora preghiamo affinché il Signore ci dia la sua benedizione.

                                                           Giugno 1996


AI PARTECIPANTI AL RADUNO PER LA FESTA


DELL'ASSOCIAZIONE NAZIONALE CARABINIERI


Sabato, 1° giugno 1996




Venerato Fratello dell’Episcopato,
carissimi Carabinieri,
cari Fratelli e Sorelle!

1. Sono lieto di incontrarvi dopo la Celebrazione Eucaristica, che vi ha riuniti in preghiera presso la tomba di Pietro, in occasione del vostro raduno per la festa dell’Arma. Saluto ciascuno di voi con affetto e stima. Un pensiero deferente rivolgo alle autorità che sono presenti con noi: il Ministro degli Interni, On. Napolitano, il Ministro della Difesa, On. Andreatta, il Capo di Stato Maggiore dell’Esercito, Generale Incisa di Camerana, il Comandante dell’Arma dei Carabinieri, Generale Federici, il Presidente dell’Associazione Carabinieri in congedo, Generale Richero. Saluto l’Ordinario Militare, Mons. Giuseppe Mani, e lo ringrazio per le cortesi parole che, unitamente al Generale Federici, ha voluto rivolgermi a nome di tutti voi.

2. Cari Fratelli dell’Associazione Nazionale Carabinieri, il vostro sodalizio si fonda sull’esperienza del personale servizio, che ciascuno di voi sta rendendo o ha reso alla Patria e ai suoi fondamentali valori: nulla unisce più che il condividere la passione per i medesimi ideali. E i Carabinieri sono ben noti per la loro dedizione fino al sacrificio di sé per il bene comune.

Voi conoscete per personale esperienza quale importanza rivesta, nell’adempimento dei vostri compiti, il senso del dovere e della solidarietà verso tutti i cittadini. Avete imparato ad accettare, come il centurione del Vangelo, il vostro posto di servitori dello Stato e, allo stesso tempo, di responsabili dell’ordine pubblico. Siete stati e siete gli uomini dell’impegno quotidiano, svolto con coraggio, anche nei momenti più ardui e delicati. Quante testimonianze di eroismo registra la storia dell’Arma! Non mancano tra i Carabinieri coloro che hanno pagato persino con la vita il prezzo della loro fedeltà. A voi qui presenti, ai vostri commilitoni caduti sulla breccia, ed a voi, congiunti delle vittime del dovere, giunga un pensiero di speciale ammirazione e riconoscenza.

È giusto che la dedizione ai fratelli, espressa sino al sacrificio personale da non pochi fedeli servitori dell’Arma, sia oggi, nel contesto di questo importante raduno, non solo evocata, ma sottolineata con vigore e profonda commozione. Il mio pensiero va, in particolare, alla figura del Carabiniere Salvo D’Aquisto, di cui è stata avviata la causa di beatificazione. L’eroismo di questi vostri commilitoni vi fa onore, cari Carabinieri. È per questa vostra concreta generosità che la gente vi apprezza, riconoscendo in voi, soprattutto nei momenti difficili, gli integri e leali tutori della legge e dell’ordine. Sullo stemma dell’Arma non è, in effetti, scritto: "Nei secoli fedele"?

3. La virtù fondamentale che ogni Carabiniere s’impegna a vivere col solenne giuramento all’inizio del suo servizio è proprio la fedeltà. L’odierno incontro costituisce per voi un’opportuna circostanza per rinnovare tale impegno. Lo rinnovate voi, militari dell’Arma in servizio, e voi, ormai in congedo, stretti da vincoli di amicizia e da comuni ideali mediante l’Associazione Nazionale Carabinieri. Non è forse vero che, quando riandate col pensiero al giorno in cui, agli inizi della vostra missione, chiamando Dio a testimone giuraste fedeltà allo Stato e alle sue Istituzioni, un fremito di commozione prende il vostro cuore? Quella fedeltà si è consolidata attraverso rischi e pericoli, superati con coraggio e tenacia. Quante situazioni ardue e momenti difficili hanno fatto di voi, giorno dopo giorno, uomini maturi, provati e trovati fedeli! Lo testimoniano i molti decorati qui presenti; lo testimoniano pure i familiari delle vittime dell’Arma, a ciascuno dei quali esprimo cordiale e grata solidarietà.


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