GP2 Discorsi 1996 174

174 1. Sono lieto di rivolgervi un cordiale benvenuto a questo nostro incontro, nel quale ho la gradita opportunità di esprimere il mio apprezzamento per la generosa attività di formazione culturale ed umanistica svolta dalla "Società Dante Alighieri". Saluto cordialmente ciascuno dei presenti, e ringrazio in particolare il vostro Presidente, l’Ambasciatore Bruno Bottai, per le significative parole che ha voluto poc’anzi rivolgermi a nome di tutti.

2. Il vostro benemerito Sodalizio da oltre un secolo è impegnato con grande dedizione e competenza a diffondere nel mondo i valori della lingua e della cultura italiana. L’attualità del messaggio dell’Alighieri, dal quale traete ispirazione, risulta in particolare dall’incontro fecondo tra fede e cultura che egli ha saputo attuare e tradurre in altissima arte nella Divina Commedia. Questa nostra epoca, spesso distratta e dispersa in molteplici interessi, ad uno sguardo attento manifesta un profondo bisogno di integrazione fra le necessità materiali e le aspirazioni più profonde dello spirito. Può offrirle a questo fine un aiuto il capolavoro dantesco, che con una sintesi suggestiva delle vicende umane, partendo dal confronto con il male, passa attraverso il bisogno di purificazione, per giungere fino alla contemplazione di Dio, in una continua tensione verso "l’amor che move il sole e l’altre stelle" (Par., XXXIII, 145).

3. Carissimi, col vostro generoso ed apprezzato impegno, ispirato alla personalità ed all’opera del grande Poeta, voi testimoniate e diffondete, specialmente presso i connazionali che vivono in altre Nazioni, gli autentici valori di umanità e di spiritualità che costituiscono l’aspetto più profondo e prezioso della tradizione culturale italiana. In tal modo, voi offrite un importante contributo per il consolidamento di quell’umanesimo cristiano di cui Dante Alighieri fu insuperato maestro.

Nell’invocare sulle molteplici attività della vostra illustre Società la materna protezione di Maria, "la rosa in che il Verbo divino / carne si fece" (Par., XXIII, 73s.), imparto di cuore a voi qui presenti, come pure a tutti i soci ed amici della "Dante Alighieri", la Benedizione Apostolica.

AI MEMBRI DELLA CONFEDERAZIONE NAZIONALE

DELLE MISERICORDIE D'ITALIA


Aula Paolo VI - Sabato, 15 giugno 1996




1. Mi è gradito rivolgere a tutti voi un cordiale saluto, cari membri della Confederazione Nazionale Misericordie d’Italia, che, al termine del vostro Convegno su "La donna nel volontariato delle Misericordie alle soglie del terzo Millennio", avete voluto farmi visita. Saluto, in particolare, il Signor Cardinale Silvano Piovanelli, Arcivescovo di Firenze, e il Signor Francesco Giannelli, Presidente della vostra Confederazione, che ringrazio per le cortesi parole rivoltemi. Saluto inoltre i responsabili delle diverse Associazioni e le Relatrici del Convegno. Sono poi particolarmente lieto di incontrare i rappresentanti delle Misericordie di vari Paesi d’Europa, convenuti per l’assemblea costituente dell’Unione Europea delle Misericordie.

Parlandovi dieci anni or sono, nel giugno 1986, vi incoraggiai ad essere "promotori della civiltà dell’amore" e "testimoni della cultura della carità" (Insegnamenti, IX, 1 [1986] 1833). A quella eravate aperti in forza di tutta la vostra storia ed oggi sono felice di costatare che essa ha lasciato un segno profondo anche in quest’ultimo decennio del vostro cammino. Mi rallegro con voi anche per il numero elevato di iscritti alle 575 Confraternite, disseminate su tutto il territorio nazionale, come pure per il recente riconoscimento dei vostri statuti da parte della Conferenza Episcopale Italiana.

2. L’odierno incontro mi offre anzitutto l’occasione di ritornare brevemente sul ruolo delle "Misericordie" nella Chiesa e nella società. Fin dall’anno 1244, esse hanno operato con generose forme di volontariato nel campo della carità, a servizio dei più deboli e bisognosi, riunendo semplici cittadini di ogni ceto sociale ed età, decisi ad onorare Dio mediante le opere di misericordia. Questo movimento di impegno evangelico, veramente benedetto da Dio, ha conosciuto nel tempo una vasta espansione in Italia ed in molti altri Paesi del mondo. Per voi è certamente motivo di intima soddisfazione rammentare le molte e notevoli iniziative realizzate nel corso dei secoli da questa nobile Associazione, opere che, a tutt’oggi, portano il nome e le insegne delle "Misericordie".

Ma soprattutto sta a cuore a voi ed alla Chiesa che possiate continuare ad offrire alla diffusione del vangelo della carità il vostro peculiare contributo, più che mai attuale anche alla luce degli impegni assunti dalla Chiesa italiana nel recente Convegno ecclesiale di Palermo. Le "Misericordie", infatti, agiscono come fermento all’interno del tessuto sociale, ponendosi come antidoto alla crisi di significato e di valori, che non raramente dà origine a preoccupanti forme di solitudine e di egoismo e a gravi fenomeni di violenza. È ora di impegnarsi con forza a promuovere la cultura della vita e dell’autentica solidarietà.Essa è parte integrante di quell’autentico umanesimo cristiano, che trova nell’apostolato della carità la sua espressione più genuina ed eloquente.

3. Non mancano oggi in tale ambito iniziative confortanti. E come non porre tra queste il lavoro compiuto dalla Confederazione Nazionale delle Misericordie d’Italia? Io vi ringrazio per la vostra testimonianza. Voi, carissimi, non restate indifferenti davanti a chi reclama giustizia e riconoscimento della propria dignità; non rimanete insensibili di fronte alle sofferenze ed alle privazioni di un gran numero di persone. Ben consapevoli che l’urgenza della solidarietà non tollera ritardi, vi muovete generosamente e prontamente, con l’attitudine evangelica del "buon Samaritano": quella del "farsi prossimo" a chi si trova nel bisogno.

Tutto ciò voi compite mediante una capillare realtà di volontariato, che opera in modo silenzioso ma concreto nei piccoli e grandi centri. Questo infatti è lo stile del volontariato cristiano: discreto, generoso, rispettoso delle persone, ben formato nelle motivazioni, nei principi etici, nei metodi, costantemente alimentato da profonde radici spirituali. Così impostato il volontariato non si riduce a svolgere opera di supplenza a carenze strutturali, non si limita a questo, bensì diventa una forza di rinnovamento sociale e politico, che affronta le emergenze stimolando al tempo stesso le autorità responsabili a rimuoverne le cause.

175 4. L’apostolato della carità, carissimi Fratelli e Sorelle, esige anche che siano valorizzate appieno le potenzialità di ciascuno, in comunione d’intenti e fattiva collaborazione. In tale prospettiva, il tema del vostro incontro mette in evidenza il peculiare ruolo delle donne nelle "Misericordie", quale elemento essenziale dell’intera attività del Movimento, nei diversi ambiti della sua azione.

La storia della Chiesa mostra di quanti frutti di carità sia capace il "genio" femminile.Oggi più che mai, la donna è chiamata a svolgere il suo ruolo insostituibile nella vita familiare e sociale, nonché nei vari campi dell’apostolato, esercitando in pienezza la propria responsabilità. Essa realizza la sua missione offrendo un contributo complementare a quello dell’uomo, mostrando la sua tipica capacità di premurosa concretezza, specialmente nelle situazioni umane più drammatiche.

Esprime così la ricchezza della sua femminilità, ponendosi sulle orme di Maria di Nazareth, donna piena di grazia, colma della divina Misericordia, perfetta discepola e testimone del Vangelo dell’amore. Alla sua guida affido l’impegno di tutte le donne che operano nelle "Misericordie".

5. Che il vostro cammino di crescita, carissimi, possa continuare, sia sul piano personale che comunitario. Vi esorto per questo a coltivare sempre lo spirito evangelico, in sintonia con l’intero popolo di Dio, impegnato nella preparazione al Giubileo dell’anno Duemila. Fatelo anzitutto mediante la preghiera assidua ed un’intensa vita spirituale, anima e sostegno di ogni autentico apostolato.

Arricchiti così dalla virtù soprannaturale che dà forza e significato all’azione di misericordia, possiate maturare una profonda conoscenza del mistero di Dio, mistero d’amore che non cessa di meravigliarci e di attirarci a sé. Sia tutto a gloria del Padre celeste quando operate nel generoso e gioioso servizio ai fratelli.

Con tale auspicio, vi ringrazio nuovamente per la vostra visita e vi imparto di cuore una speciale Benedizione, estendendola a tutti i volontari delle Misericordie d’Italia e d’Europa.


AI VESCOVI DELLA CONFERENZA EPISCOPALE


DELLA COLOMBIA IN VISITA "AD LIMINA APOSTOLORUM"


Sabato, 15 giugno 1996




Cari Fratelli nell’Episcopato,

1. Con grande gioia vi ricevo oggi, Pastori dell’Arcidiocesi di Cali e dei Vicariati e delle Prefetture Apostoliche della Colombia, in questo incontro conclusivo della visita "ad limina" nella quale avete rinnovato la vostra comunione e quella delle vostre comunità ecclesiali con il Successore di Pietro, rafforzando il "vincolo dell’unità, della carità e della pace" (Lumen gentium LG 22). Con questo spirito ringrazio Monsignor Héctor Julio López Hurtado, Vicario Apostolico di Ariari, per le cordiali parole che mi ha rivolto a nome di tutti voi.

So bene che sono molte le difficoltà che affrontate nell’esercizio del vostro ministero pastorale nel momento presente della storia e della società colombiane. Desidero quindi esprimervi il mio apprezzamento per l’abnegata opera che svolgete, e al contempo vi incoraggio a perseverare nell’impegno di essere araldi, apostoli e maestri del Vangelo (cf. 2Tm 1,11). Il mio riconoscimento va anche ai sacerdoti, ai diaconi, alle comunità religiose e ai laici che collaborano efficacemente con voi nell’attività missionaria della Chiesa.

2. La missione che avete ricevuto e che, come espressione della vostra carità pastorale, dovete assumere con audacia e con generosità è quella di annunciare Cristo Redentore dell’uomo; annunciarlo nella concreta realtà sociale e culturale delle vostre comunità e dei vostri popoli, e anche in tutte le nazioni della terra, mostrando una particolare sollecitudine pastorale verso "quelle parti del mondo, dove la parola di Dio non è ancora stata annunziata o dove, specialmente a motivo dello scarso numero di sacerdoti, i fedeli sono in pericolo di allontanarsi dalla pratica della vita cristiana, anzi di perdere la stessa fede" (Christus Dominus CD 6).

176 In effetti, Dio "vuole che tutti gli uomini siano salvati e arrivino alla conoscenza della verità" (1Tm 2,4), e per questo ha portato a termine in Cristo l’opera di redenzione universale. La prima beneficiaria di questa salvezza è la Chiesa, chiamata a professare dinanzi a tutti i popoli che Dio ha costituito Cristo come unico salvatore e mediatore e che essa stessa è stata costituita come sacramento universale di salvezza (cf. Lumen gentium LG 48). L’attività missionaria è pertanto nella Chiesa un compito primario, essenziale e mai concluso, poiché senza di essa la Chiesa sarebbe privata del suo significato fondamentale e della sua attuazione esemplare (cf. Redemptoris missio, RMi 33-34)

3. Sia la missione "ad gentes" sia la nuova evangelizzazione alla quale ho invitato tutta la Chiesa derivano, dalla certezza che in Cristo vi sono "imperscrutabili ricchezze" (Ep 3,8), che non annullano la cultura di nessuna epoca e alle quali gli uomini possono sempre attingere per arricchirsi spiritualmente. Fra queste ricchezze vi è, innanzitutto, lo stesso Cristo, la sua persona, poiché Egli è la nostra salvezza (cf. Discorso inaugurale della IV Conferenza dell’Episcopato Latinoamericano, Santo Domingo, 12.X.1992, 6). Egli è l’immagine vivente del Padre (cf. Col Col 1,15), Verità eterna, Amore infinito, sommo bene; allo stesso tempo è l’immagine vivente dell’uomo, della sua salvezza e della sua vera grandezza, nonostante i drammi che minacciano l’umanità. In Cristo l’uomo scopre pienamente la sua dignità di persona, chiamata a uno sviluppo integrale nella verità e aperta alla trascendenza.

Per questo è urgente che risuoni, con rinnovata energia in Colombia, e fino ai confini della terra, il nome di Gesù Cristo, inviato del Padre, e che si proclami la salvezza da Lui realizzata mediante il sacrificio della Croce e il trionfo della Resurrezione. È necessario che la Chiesa oggi, alle soglie del Terzo Millennio del cristianesimo, compia un grande passo avanti nella sua evangelizzazione, entrando in una nuova fase storica del suo dinamismo missionario (cf. Christifideles laici CL 35). In tal senso, come ho scritto nell’Enciclica Redemptoris missio:"Oggi la Chiesa deve affrontare altre sfide, proiettandosi verso nuove frontiere sia nella prima missione ad gentes, sia nella nuova evangelizzazione di popoli che hanno già ricevuto l’annuncio di Cristo. Oggi a tutti i cristiani, alle Chiese particolari ed alla Chiesa universale sono richiesti lo stesso coraggio che mosse i missionari del passato e la stessa disponibilità ad ascoltare la voce dello Spirito" (Redemptoris Missio RMi 30).

4. Un segno incoraggiante di questo rinnovamento ecclesiale in Colombia è la crescente apertura delle vostre comunità alla cooperazione missionaria. In effetti, tutte le Chiese particolari devono aprirsi generosamente ai bisogni delle altre, collaborando fra di loro mediante una reciprocità reale che le prepari a dare e a ricevere, come fonte di arricchimento per tutti i settori della vita ecclesiale. Per questo vi incoraggio a continuare a infondere nel popolo cristiano un vero spirito universale, e a mostrare una sollecitudine particolare per il compito missionario, soprattutto suscitando, favorendo e sostenendo iniziative missionarie nella propria comunità ecclesiale (cf. Codice del Diritto Canonico, 782, § 2).

Da questo vostro encomiabile compito dipenderà in grande misura il fatto che i sacerdoti - sapendo che "il dono spirituale che i presbiteri hanno ricevuto nell’ordinazione non li prepara a una missione limitata e ristretta, bensì a una vastissima missione di salvezza "fino agli ultimi confini della terra"" (Presbyterorum ordinis PO 10) - lavorino con autentico zelo pastorale e si offrano volontariamente per essere invitati a evangelizzare al di fuori della propria regione. Al contempo, aiuterà i religiosi e le religiose, chiamati a svolgere un’importante missione nel momento attuale della Chiesa, a scrivere nuove pagine di santità e di abnegata dedizione conformemente all’ideale di vita evangelica che hanno abbracciato; favorirà inoltre la partecipazione efficace dei laici all’opera evangelizzatrice, mediante una rinnovata pastorale attenta alla vitalità missionaria laicale. In tal modo tradurrete in realtà nella vostra amata terra colombiana la dichiarazione dei Vescovi a Puebla: "È precisamente per l’America Latina l’ora … di proiettarsi anche al di là delle proprie frontiere, verso "le genti". È vero che noi stessi abbiamo bisogno di missionari, ma dobbiamo dare nonostante la nostra povertà" (III Conferenza dell’Episcopato Latinoamericano, 368).

5. Dinanzi al diffondersi delle sette e all’azione proselitista di gruppi pseudo-religiosi, che istigano la società colombiana con false proposte di salvezza, pur non potendo garantire in tutti i casi la chiarezza dei loro fini e la legittimità dei loro metodi diventa urgente compiere un costante sforzo per rivitalizzare la formazione e la catechesi a tutti i livelli. L’opera catechetica deve essere incentrata sulla persona di Gesù Cristo, avvalendosi, come strumento molto utile del Catechismo della Chiesa Cattolica, al fine di dare una risposta integrale, pronta e agile, che rafforzi la fede cattolica nelle sue verità fondamentali e nelle sue dimensioni individuali, familiari e sociali.

A tale proposito, sono lieto di sapere che i vostri sforzi stanno dando frutti abbondanti, soprattutto nella catechesi di preparazione ai sacramenti. È necessario pertanto continuare ad adoperarsi anche per la creazione e il miglioramento delle strutture parrocchiali destinate alla catechesi degli adulti. Allo stesso modo, dovete avvalervi responsabilmente dello spazio dedicato all’insegnamento religioso nelle scuole e nei collegi della vostra Nazione. Ciò esige, fra le altre cose, un’adeguata abilitazione dei professori di religione, un aggiornamento dei programmi d’insegnamento, la creazione di strutture di aiuto e di controllo e l’offerta di un buon materiale pedagogico adatto ai suoi destinatari. Non bisogna dimenticare che il futuro della Colombia dipende in grande misura dalla formazione che oggi ricevono le generazioni più giovani.

6. Un altro tema importante in vista della nuova evangelizzazione nella quale vi siete generosamente impegnati è la creazione di piccole comunità cristiane dove i fedeli possano professare con gioia e coerenza la propria fede, riunirsi con assiduità per la preghiera e incoraggiarsi reciprocamente nella testimonianza del Vangelo. Queste comunità, che resteranno sempre unite alla grande comunità parrocchiale, si trasformano in strumenti efficaci di evangelizzazione e di primo annuncio e, evitando ogni forma di chiusura e di strumentalizzazione ideologica mediante una sincera comunione con i Pastori, danno una grande speranza alla vita della Chiesa (cf. Redemptoris missio RMi 51).

Il vivere la dimensione comunitaria della Chiesa, promossa a partire da questi piccoli gruppi, favorisce la formazione di autentiche famiglie cristiane e la trasmissione della fede alle nuove generazioni, creando un ambiente adeguato che permette a molti giovani di ascoltare e di seguire la chiamata del Signore alla vita sacerdotale e religiosa, a beneficio non solo del vostro Paese, ma anche di altre Nazioni del mondo. Occorre pertanto incoraggiare pastoralmente questa fiorente espressione di vita ecclesiale affinché il Vangelo penetri, con maggiore profondità ed efficacia, nei cuori di tutti gli uomini e di tutte le donne, nelle strutture sociali e politiche, negli ambienti del sapere e del lavoro, così come nei diversi gruppi etnici e fra gli indigeni. In tal modo, la Chiesa in Colombia potrà riflettere più nitidamente i quattro "volti" dei quali parlate nel vostro Piano globale di Pastorale: la santità, la ministerialità, la solidarietà e la missionarietà.

7. La storia bimillenaria della Chiesa mostra ampiamente che l’annuncio del Vangelo e la diffusione del Regno di Dio sono sempre accompagnati da difficoltà. Tuttavia, lo Spirito Santo guida e sostiene l’intera Chiesa in tutti i tempi, "vivificando come loro anima le istituzioni ecclesiastiche ed infondendo nel cuore dei fedeli quello spirito della missione, da cui era stato spinto Gesù stesso" (Ad gentes divinitus, 4).

Le mie ultime parole vogliono perciò essere di incoraggiamento e di profonda speranza per tutto il popolo di Dio che pellegrina in Colombia e soprattutto per i suoi Pastori. Chiedete con insistenza allo Spirito Paraclito la santità autentica, lo zelo ardente, la generosità costante, la prudenza previdente e la decisione intrepida di cui avete bisogno al momento presente per portare a termine un’azione pastorale efficace nelle vostre giurisdizioni ecclesiastiche, mostrandovi solidali con i bisogni di tutte le Chiese. Il Successore di Pietro vi è molto vicino con il suo pensiero e con la sua preghiera per incoraggiarvi a combattere la buona battaglia della fede (cf. 1Tm 1Tm 6,12).

177 Nel concludere questo incontro, vi chiedo di trasmettere ai vostri fedeli, in particolare ai sacerdoti, alle persone consacrate e ai collaboratori nell’apostolato, il mio incoraggiamento paterno, il mio saluto cordiale e il mio ricordo affettuoso. Pongo tutti voi sotto la protezione di Nostra Signora di Chiquinquirà, e al contempo vi imparto la mia Benedizione Apostolica come pegno della costante assistenza divina per il futuro.

VIDEOMESSAGGIO DI GIOVANNI PAOLO II


ALLA VIGILIA DELLA VISITA PASTORALE


NELLA REPUBBLICA FEDERALE TEDESCA


Giovedì, 20 giugno 1996




Cari cittadini e care cittadine della Repubblica Federale di Germania

1. Prima che abbia inizio la mia terza visita pastorale nella Repubblica Federale di Germania che mi accingo a compiere con grande speranza e attesa, desidero salutarvi cordialmente. Il mio saluto va a tutti gli abitanti del vostro Paese alla cui cultura e alla cui lingua mi sento da sempre molto legato. Saluto i cattolici, in particolare coloro che vivono nelle Arcidiocesi di Paderborn e di Berlino, molti dei quali incontrerò personalmente. Saluto i cristiani delle comunità nate dalla Riforma e le sorelle e i fratelli di fede ebraica e di altre denominazioni religiose. Mi rivolgo parimenti a tutte le persone di buona volontà che non appartengono ad alcuna confessione cristiana e che finora non hanno sentito la presenza di Dio nella loro vita.

2. Giungo per la prima volta nel vostro Paese dopo la realizzazione dell’unità statale, dopo decenni di dolorosa separazione che ha diviso e lacerato tutta l’Europa. Innanzitutto mi recherò a Paderborn, Arcidiocesi dalla ricca eredità cristiana, centro di missione, che già nell’anno 799 è stato visitato da un Papa, Leone III. Là, in occasione dell’incontro con i rappresentanti delle altre Chiese e comunità cristiane, desidero richiamare l’inderogabile impegno di tutti i cristiani ad adempiere il mandato del Signore per l’unità della sua Chiesa.

3. A Berlino avrò la grande gioia di elevare agli onori degli altari come martiri due testimoni della fede del vostro Paese, vissuti nel periodo del nazionalsocialismo: il Prevosto berlinese Bernhard Lichtenberg e il sacerdote Karl Leisner della Diocesi di Münster. Questi eccezionali personaggi rappresentano per tutti noi un messaggio ineludibile dell’amore divino che vuole raggiungere tutti gli uomini senza escludere nessuno, della speranza della vita in Dio che perdura anche dopo la morte terrena, della fede in Gesù Cristo che va al di là di tutte le ideologie.

4. Presso la Porta di Brandeburgo voglio esprimere poi la mia comunione con i berlinesi e la simpatia che provo per essi, che per decenni hanno creduto in modo esemplare nella libertà. Inoltre, incontrerò i rappresentanti dello Stato a cui rivolgo fin da ora un saluto particolare. La Porta di Brandeburgo è stata, come nessun altro luogo di Berlino, oggi capitale, per decenni il simbolo della divisione di questa città e di tutto il continente europeo. Dopo il crollo dei sistemi totalitari nell’Europa centrale e orientale, questa Porta è diventata oggi simbolo di apertura e di unione di tutti i popoli dell’Est e dell’Ovest. Nutro la salda speranza che, come so, viene condivisa da innumerevoli persone in Germania e in Europa, che a questa unità riconquistata dell’Europa seguiranno anche passi concreti di corresponsabilità solidale, i quali, come è opinione comune, rimarranno validi per il futuro solo se verranno intrapresi nella consapevolezza di un fondamento vincolante di valori spirituali ed etici. Senza convinzioni comuni e vincolanti, basate sulla consapevolezza del fatto che la vita umana è dono e che ha la sua indisponibile origine e il suo unico fine in Dio, questa crescita congiunta non sarà possibile.

Attendo con gioia la visita nel vostro amato Paese. A tutti voi salve e arrivederci.

VISITA PASTORALE IN GERMANIA (21-23 GIUGNO 1996)

CERIMONIA DI BENVENUTO


Aeroporto Internazionale di Paderborn-Lippstadt

Venerdì, 21 giugno 1996




1. Visito la Germania per la terza volta da quando sono stato investito della carica apostolica di Successore di San Pietro. È mio particolare impegno e responsabilità verso tutta la Chiesa di Cristo rafforzare le sorelle e i fratelli in tutto il mondo nella loro fede e consolidare e ravvivare il vincolo dell’unità fra la Sede di Pietro e le Chiese locali.

178 La ringrazio vivamente, egregio Signor Presidente, per le cordiali parole che mi ha rivolto e contraccambio di cuore l’espressione di grande apprezzamento, con cui a nome del suo popolo mi ha invitato nella Repubblica Federale di Germania. Con lei saluto anche il Ministro Rüttgers del Governo federale, il Presidente Rau del Land della Renania Settentrionale-Vestfalia così come i rappresentanti della politica e della società qui presenti e tutti i cittadini del vostro Paese.

Il mio saluto fraterno va anche ai rappresentanti della Chiesa, soprattutto allo stimato Arcivescovo di Paderborn, ai Cardinali presenti e al Vescovo Karl Lehmann, Presidente della Conferenza Episcopale Tedesca. A voi e a tutti i fedeli esprimo il mio profondo affetto e la simpatia.

2. La Chiesa, che sempre di più diviene consapevole della sua multiforme ricchezza spirituale, è chiamata a condividere le esperienze di speranza e di amore che essa fa nei suoi diversi gruppi e nelle sue varie comunità, soprattutto nelle parrocchie e nelle diocesi, e a porle a rafforzamento della sua comunione universale. La Chiesa in Germania, come ho desunto da molti incontri e come io stesso ho potuto constatare in occasione delle mie due precedenti visite, si è distinta grazie al suo grande impegno a livello mondiale e per questo gode in molte Chiese, in particolare in quelle giovani, di una grande popolarità. Anche le produzioni artistiche, intellettuali e scientifiche del vostro Paese trovano il giusto riconoscimento e meritano rispetto. Certo la Germania è anche consapevole del fatto che in un mondo sempre più complesso e reciprocamente dipendente è necessario accogliere, utilizzare e rendere fecondi i talenti e le capacità di altri nell’ambito della politica, dell’economia e del sociale; ciò vale anche per il settore della vita spirituale ed ecclesiale. Anche qui è necessario mantenere e consolidare i beni esistenti e superare ciò che ostacola la vita di fede attuale, ancora profondamente radicata nelle esperienze della Chiesa o ciò che offusca le verità eterne e attingere e imparare dalle numerose e nuove esperienze delle altre Chiese particolari.

3. Da queste riflessioni risulta che la mia visita nella Repubblica Federale di Germania è rivolta, da una parte, alla Chiesa e ai cattolici, soprattutto a coloro che vivono nella venerabile Arcidiocesi di Paderborn e della nuova Arcidiocesi di Berlino. Mi rivolgo tuttavia con non minore cordialità anche alle sorelle e ai fratelli di quelle comunità che sono scaturite dalla Riforma, alle sorelle e ai fratelli delle Chiese ortodosse e delle altre Chiese e comunità cristiane presenti in Germania. A tutti va il mio saluto sincero e cordiale. Infine mi rivolgo a tutte le donne e a tutti gli uomini di buona volontà, soprattutto a coloro che vivono nei nuovi Länder federali che non appartengono ad alcuna Chiesa. A tutti loro è rivolta la mia visita. Vorrei raggiungere tutti con le mie parole per invitare e promuovere tutte le buone forze di autentica umanità a contribuire al compimento della volontà di Dio e alla sua opera che si esplica mediante la trasmissione di una coscienza rettamente formata, per poter affrontare le sfide attuali e future dell’umanità alle soglie del terzo millennio cristiano. Nessuno conosce bene quanto voi che vivete in un Paese che per decenni è stato diviso con violenza e ha sofferto a causa del raffreddamento dei rapporti interni, quanto devono essere grandi gli sforzi per assicurare al vostro Paese nel cuore dell’Europa, a tutto il continente e a tutto il mondo un futuro pacifico e umano. Un tale futuro nella pace e nella sicurezza, nella libertà e nella giustizia, potrà esistere soltanto se gli uomini e i popoli diverranno consapevoli degli elementi di comunione che li uniscono. Questi ultimi non consistono solo e soprattutto nelle similitudini strutturali dei sistemi politici, economici e militari. Tutti i responsabili dello Stato e della società devono almeno impegnarsi in primo luogo ad appurare insieme la divina verità sull’uomo, che è presente nella coscienza attraverso la legge naturale. Solo sulla base di un tale nuovo e globale accertamento potrà esistere un futuro per l’umanità in grado di sanare definitivamente le antiche e, si spera, superate lacerazioni, e di inaugurare un’epoca che impedisca per sempre il ripresentarsi delle polarizzazioni distruttive che per decenni avete dovuto sopportare nel vostro Paese.

Tutti noi abbiamo la responsabilità di operare efficacemente in questo senso. Noi cristiani siamo determinati a offrire il nostro irrinunciabile contributo. Sono venuto presso di voi per incoraggiare e rafforzare i fedeli nelle loro comunità e per esortare tutti gli uomini di buona volontà a non lasciare che nella propria coscienza si spenga la luce divina.

4. Ringrazio ancora una volta Lei, egregio Presidente, e quanti mi onorano con la loro presenza, per l’amichevole accoglienza e per la cordiale ospitalità che con ciò mi assicurate nel vostro Paese durante questa mia terza visita pastorale che ha ora inizio. Poiché giungo per la prima volta nella Germania riunificata, provo in me la grande fiducia e la gioiosa attesa di constatare la presenza dei primi frutti della nuova crescita congiunta del continente nel vostro Paese. Guardo a ciò con gratitudine e speranza per la Germania e per tutta l’Europa. Preghiamo Dio Onnipotente affinché non voglia negarci la sua benedizione e la sua assistenza divina. Che Dio protegga la Repubblica Federale di Germania!

VISITA PASTORALE IN GERMANIA (21-23 GIUGNO 1996)

INCONTRO CON I RAPPRESENTANTI DELLE CHIESE EVANGELICHE E

DEL GRUPPO DI LAVORO DELLE CHIESE CRISTIANE IN GERMANIA



« Collegium Leoninum » di Paderborn

Sabato, 22 giugno 1996




Egregio Signor Presidente del Consiglio,
stimati Membri del Consiglio
della Chiesa Evangelica in Germania,
179 stimati Membri del Praesidium
del Gruppo di Lavoro
delle Chiese Cristiane in Germania,

1. Sono molto lieto di potervi salutare qui a Paderborn, un luogo di continua attività per la promozione della comprensione tra le Chiese e le comunità cristiane. Qui è la sede dell’assai noto Istituto Johann Adam Möhler, e Paderborn fu la sede episcopale di uno dei maggiori promotori dell’ecumenismo, il Cardinale Lorenz Jaeger. Siamo qui riuniti nel nome del Padre, che per amore ci ha inviato suo Figlio (cf. 1Gv
1Jn 4,10), nel nome del Figlio, che è morto per noi (cf. Rm Rm 5,8) e nel nome dello Spirito Santo, che ci assiste (cf. Gv Jn 16,7) e ci spinge al bene (cf. Gal 5,22ss.).

2. Vi ringrazio di cuore per avere accettato l’invito a prendere parte a questo incontro. Quest’anno celebriamo il 450° anniversario della morte di Martin Lutero. Dopo secoli di dolorosa estraneità e di discussione, il suo ricordo ci permette oggi di riconoscere più chiaramente l’alta importanza della sua richiesta di una teologia vicina alle Sacre Scritture e della sua volontà di un rinnovamento spirituale della Chiesa. Il suo straordinario contributo allo sviluppo della lingua tedesca e la sua eredità culturale sono fuori discussione. La sua attenzione per la Parola di Dio e la sua risolutezza a percorrere il cammino di fede riconosciuto come giusto, non fanno tuttavia certamente ignorare i suoi limiti personali e altrettanto poco il fatto che i problemi fondamentali nel rapporto fra fede, Scrittura e Tradizione e Chiesa, così come li ha visti Lutero, fino ad oggi non sono stati ancora sufficientemente chiariti.

3. Ringrazio Lei, signor Presidente del Consiglio, per le Sue parole e per quanto ha detto circa il processo di accoglimento del documento di studio Le condanne dottrinali - dividono le Chiese? nell’ambito delle Chiese appartenenti all’EKD. Ricordo volentieri il nostro primo incontro svoltosi nel dicembre del 1994 quando Lei è venuto a Roma, accompagnato dai Suoi più stretti collaboratori, per consegnarmi la Presa di posizione comune evangelica sul Documento Le condanne dottrinali - dividono le Chiese?

Molti sinodali si sono seriamente confrontati con i risultati di questo documento di studio. Sono grato per tutti i chiarimenti ottenuti grazie ai sinodi. Prendo anche atto del fatto che espressioni polemiche e sconvenienti del passato sono state ritrattate e rimesse all’oblio storico.

A questo punto non posso non ringraziare i membri della "Commissione Ecumenica Congiunta", che in seguito alla mia prima visita in Germania nell’autunno del 1980 hanno proposto di trattare, in modo storico e sistematico nel dialogo ecumenico, le condanne dottrinali del XVI secolo da parte della Chiesa cattolica e delle Dichiarazioni confessionali. Ringrazio in particolare i membri del "Gruppo di lavoro ecumenico dei teologi evangelici e cattolici", che hanno condotto questa analisi impegnandocisi personalmente.

4. Grazie a questo Studio molte controversie del XVI secolo appaiono oggi sotto una nuova luce. Sono stati colmati fossati che le generazioni precedenti consideravano incolmabili. Questo progresso è stato possibile perché si è prestata, dal lato metodologico, un’accurata attenzione alla distinzione tra il contenuto della fede e la formulazione in cui esso viene espresso (cf. Ut unum sint UUS 81 Mysterium Ecclesiae, n. 5 par. 6). Tale distinzione è, in effetti, uno degli elementi importanti per l’intesa ecumenica. Come insegna il Concilio Vaticano II, "per ristabilire o conservare la comunione e l’unità bisogna "non imporre altro peso fuorché le cose necessarie" (Ac 15,28)" (Unitatis redintegratio UR 18). L’unità a cui aspiriamo esige un genuino accordo circa il contenuto stesso della fede. Essa non intende in alcun modo intaccare il carattere vincolante della dottrina della Chiesa; d’altra parte, tuttavia, essa neanche obbliga a "rinunciare alla ricca molteplicità della spiritualità, dell’ordine, dei riti liturgici e della raffigurazione teologica della Verità rivelata, cresciuta tra i cristiani, fintanto che tale diversità rimane fedele alla tradizione apostolica" (cf. Direttorio ecumenico, n. 20).

Di fronte all’entità e alla qualità dello Studio Le condanne dottrinali - dividono le Chiese?, era non solo giusto, ma anche indispensabile esaminare coscienziosamente e in modo approfondito la portata dei suoi risultati. Lei, signor Presidente del Consiglio, ha abbozzato poco fa l’intenso processo compiuto da parte evangelica. Nello stesso periodo si è svolto, anche da parte cattolica, un processo di valutazione al quale hanno partecipato diverse assemblee a diversi livelli. Nel 1992 il Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani ha preso posizione circa lo Studio del "Gruppo di lavoro ecumenico" con un’analisi accurata. Nel giugno del 1994 la Conferenza Episcopale Tedesca ha presentato la sua presa di posizione. Entrambe queste prese di posizione esprimono accordo sui risultati elaborati nello Studio, ma contemporaneamente sottolineano anche questioni e problemi che richiedono un’ulteriore discussione. Con i suoi studi, il "Gruppo di lavoro ecumenico" ha contribuito ad un’approfondita comprensione delle Dichiarazioni dottrinali del Concilio di Trento. Il Concilio di Trento mirava a tutelare l’identità della fede cattolica e, così, ha un valore permanente per lo sviluppo della dottrina all’interno della Chiesa cattolica. Da allora una rinnovata riflessione sulla Verità rivelata nell’obbedienza allo Spirito di Dio e in un atteggiamento di reciproco ascolto ci ha riavvicinati gli uni agli altri. È merito dello Studio Le condanne dottrinali - dividono le Chiese? di avere esaminato a fondo una molteplicità di aree di accordo e di convergenza circa essenziali questioni di fede.

5. Si è raggiunto un notevole avvicinamento nella dottrina della giustificazione. Esaminando nel complesso i diversi documenti di consenso circa la dottrina della giustificazione si riceve sempre più fortemente l’impressione che si giunga a un accordo di base nelle principali questioni di fondo riguardanti la comprensione del messaggio sulla giustificazione. Anche se non sono state eliminate tutte le differenze, ora ci possiamo tuttavia domandare in modo più preciso quale peso abbiano le differenze ancora esistenti. Anche se il collegamento teologico tra il concetto luterano di giustificazione e la dottrina battesimale ed ecclesiale cattolica richiede ancora ulteriori colloqui, c’è però da sperare di raggiungere l’accordo in quella questione che apparteneva ai punti centrali delle controversie teologiche del XVI secolo. Ogni intesa raggiunta deve essere sorretta da un rinnovato rivolgersi alla testimonianza biblica. Un’intesa tra luterani e cattolici in questa importante questione è, per sua natura, aperta a chiarimenti simili anche con le Chiese territoriali evangeliche di stampo non luterano.

180 In altri ambiti e singole questioni nei quali non è stato ancora raggiunto un pieno accordo, lo Studio ha spianato la strada a ulteriori dialoghi molto promettenti. Per quanto riguarda la dottrina dei sacramenti e la questione del ministero ordinato è stato possibile individuare elementi comuni, che però esigono un ulteriore approfondimento. Ora è necessario affrontare le questioni ancora irrisolte e desidero espressamente incoraggiarvi a procedere in tal senso.

6. Anche se l’ecumenismo dell’incontro con le Chiese riformate in Germania riveste una particolare priorità, allo stesso tempo rivolgiamo il nostro sguardo alle Chiese d’Oriente. Molti membri della Chiesa ortodossa e delle antiche Chiese d’Oriente, in effetti, vivono in parte già da decenni nel vostro Paese e conservano con sollecitudine la comunione ecclesiale con la loro patria. A tutti loro rivolgo un cordiale saluto. Per essi si sono instaurati buoni rapporti ecumenici con le Chiese in questo Paese. Collaborano attivamente alle assemblee ecumeniche, e in modo particolare alla "Comunità di Lavoro delle Chiese Cristiane in Germania" (ACK). Qualche valido stimolo per la realizzazione della comunione ecclesiale giunge così anche in Germania. Anche nella vita privata i cristiani delle Chiese Orientali hanno sperimentato la vicinanza di altri cristiani, ma anche quella di non-cristiani e di non-credenti, e si sono adeguati a tale realtà. Desidero incoraggiarli a conservare le loro tradizioni e a viverle insieme agli altri in un rapporto di buon vicinato. In tal modo cresce la comprensione reciproca e si rafforza la consapevolezza di una base comune della nostra fede cristiana nella molteplicità delle sue diverse forme, sviluppatesi nel corso della storia.

7. Insieme ai cristiani evangelici e ortodossi, desidero rivolgermi, con queste parole di saluto e di benedizione, anche ai fratelli e alle sorelle delle Chiese libere evangeliche, che partecipano ugualmente all’opera della Comunità di Lavoro delle Chiese Cristiane. La loro attenzione è rivolta in particolare alla dimensione della fede vissuta nelle comunità. Sono stati specialmente cristiani delle loro file ad avere promosso la conversione alla Parola di Dio della Sacra Scrittura. Da ciò è nata in seguito anche l’idea di un "anno con la Bibbia", realizzato in Germania con grande successo nel 1992.

8. L’unità che desideriamo raggiungere deve aumentare gradualmente. Dobbiamo sviluppare il coraggio e la fantasia per compiere oggi i passi che sono possibili, avendo ferma fiducia nella guida dello Spirito Santo, che ci istruisce e ci prepara a quei passi che sarà possibile fare domani. Sono consapevole del fatto che molte persone soffrono a causa della divisione. È quindi nostro dovere eliminare le barriere e aspirare a un maggior grado di comunione, confidando fermamente nel fatto che il Signore ci conduce verso "quel giorno benedetto in cui sarà raggiunta la piena unità nella fede e potremo celebrare nella concordia la santa Eucaristia del Signore" (Ut unum sint
UUS 77).

Dietro il nostro ardente desiderio di unità ci sono la Volontà di Cristo e la sua preghiera nel cenacolo. Da Lui ci deriva anche il nostro dovere centrale di utilizzare pienamente, nelle ricerche e nelle analisi teologiche, nelle azioni e nelle prese di posizione nei confronti della società che si fanno a livello interconfessionale, nel dialogo fraterno e nella preghiera comune, tutto lo spazio già a disposizione per l’azione comune. Vi chiedo quindi di non desistere dal continuare il dialogo della comprensione. Un ecumenismo promettente per il futuro può esistere solo se ci poniamo di fronte alla questione della verità in modo del tutto disinteressato e se ci ascoltiamo reciprocamente con pazienza e portiamo anche i fardelli degli altri insieme ai nostri (cf. Gal Ga 6,2). Il movimento ecumenico diventa così un processo spirituale di conversione personale alla piena verità, vale a dire confidando nel fatto che lui, "lo Spirito di verità... vi guiderà alla verità tutt’intera" (Jn 16,13). Vogliamo espressamente puntare su Cristo in un’epoca che affida purtroppo tutti gli obiettivi prefissi prevalentemente alle nostre capacità umane. Perciò, al termine di questo incontro, è giusto rivolgerci a Lui, il Signore della Chiesa, nello splendido Duomo di Paderborn, lodandolo, pregandolo e chiedendo la sua intercessione.

GP2 Discorsi 1996 174