GP2 Discorsi 1996 185


VISITA PASTORALE IN GERMANIA (21-23 GIUGNO 1996)

INCONTRO CON I MEMBRI

DEL CONSIGLIO CENTRALE DEGLI EBREI



Bernhard Lichtenberg Haus di Berlino

Domenica, 23 giugno 1996




Egregi signori, cari fratelli!

1. Colgo con gioia e gratitudine l’occasione di incontrarmi con voi anche durante questa mia terza visita in Germania. Il nostro incontro di oggi ha luogo a Berlino. In questa città, della quale le autorità nazionalsocialiste fecero il centro della loro dittatura criminale e che ha profondamente sofferto fino a poco tempo fa proprio per le conseguenze di tale dittatura, questo incontro assume un significato particolare.

186 Proprio la comunità ebrea di Berlino, che ha plasmato la vita culturale e scientifica di questa città, nel periodo buio del nazionalsocialismo ha dovuto pagare un alto tributo di sangue ed è divenuta piccola. Ciononostante, essa è oggi molto vitale e ciò costituisce un segno di sicura speranza.

2. Il popolo ebreo è stato scelto attraverso la sua vocazione e la sua storia per annunciare a tutto il genere umano la volontà salvifica di Dio (cf. Dei verbum
DV 14). La sofferenza inimmaginabile del vostro popolo ha sottolineato in modo terribile quale sventura ha luogo laddove l’uomo si allontana con arroganza e superbia arbitraria dal suo Dio e dai suoi comandamenti. Il cristianesimo condivide con il popolo ebreo la fede nel fatto che Dio è creatore del mondo e Signore della Storia e che l’uomo è stato creato a sua immagine, come afferma il primo libro della Bibbia: "Dio creò l’uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creò; maschio e femmina li creò." (Gn 1,27).

Questa somiglianza con Dio è il fondamento dell’inviolabile dignità dell’uomo e dei diritti che da essa gli derivano. Il rispetto per Dio e la dignità dell’uomo sono strettamente connessi l’uno all’altro. Proprio la spaventosa esperienza del regime del terrore nazionalsocialista ha dimostrato che senza il rispetto di Dio si perde anche il rispetto per la dignità dell’uomo. Di fronte a quel regime di terrore molte persone si interrogano su Dio che ha permesso questa terribile sciagura, ma ancora più bruciante è la constatazione di che cosa è capace l’uomo che ha perso il rispetto di Dio e quale volto può assumere un umanesimo senza Dio.

3. Oggi la Chiesa onora in rappresentanza di molti altri i due sacerdoti Karl Leisner e Bernhard Lichtenberg, che in virtù della loro fede si opposero alla disumana ideologia del nazionalsocialismo e sacrificarono per questo la loro vita. In particolare, il Prevosto Bernhard Lichtenberg si è fatto testimone della dignità donata da Dio a tutti gli uomini. Nella loro testimonianza percepiamo la forza di ciò che solo apparentemente è mancanza di forza, la forza di coloro che conoscono Dio e che Dio conosce. Nel vedere le sofferenze del suo popolo eletto nella schiavitù, Dio disse: "Conosco infatti le sue sofferenze" (Ex 3,7). Noi scopriamo nella loro testimonianza il significato profondo dell’espressione Victor in vinculis, vincitore nelle catene, che si adatta ad entrambi e comprendiamo ciò che Karl Leisner scriveva nel suo diario: "Se posso sostenere il limpido sguardo giudicante di Dio, che cosa possono farmi gli uomini?".

Il Prevosto Bernhard Lichtenberg vide con i propri occhi ciò che gli uomini possono fare ai loro simili, quando il 9 e il 10 novembre del 1938 assistette alle terribili anticipazioni dei pogroms. Quella sera, dal pulpito della cattedrale di santa Edvige disse: "Fuori brucia il tempio; anche quella è una casa di Dio". Cominciò a pregare ogni sera pubblicamente nella cattedrale "per i cristiani non ariani perseguitati, per gli ebrei". Negli anni seguenti estese le sue preghiere anche "ai detenuti nei campi di concentramento, ai milioni di rifugiati senza nome e senza patria, ai soldati feriti, morenti e ai combattenti di entrambe le fazioni, alle città bombardate nei territori alleati e nemici" (Protocollo dell’interrogatorio del 25.10.1941). Denunciato a causa di questa preghiera, il 23 ottobre 1941 fu arrestato. Due anni più tardi morì durante il trasporto nel campo di concentramento di Dachau.

4. Fra tutti i ricordi che ci opprimono questo giorno richiama alla mente il fatto storico prezioso che Bernhard Lichtenberg non era solo nel sostenere i perseguitati dal regime nazionalsocialista; ciò dimostra l’impegno di molti cattolici che da soli o riuniti in gruppi, a costo della vita, hanno offerto aiuto attivo, spesso di nascosto. A tale impegno vanno ricondotti anche gli sforzi della gerarchia ecclesiastica volti a ostacolare mediante proteste e lettere pastorali quel sistema disumano nelle sue terribili azioni.

Come rappresentanti di quanti hanno offerto il loro aiuto e si sono opposti, ricordiamo in questa città Margarete Sommer che tentò attraverso "l’Opera di assistenza ai non ariani" di proteggere i propri consimili perseguitati dall’attacco dei nazionalsocialisti, il grande Vescovo di Berlino, Cardinale Konrad von Preysing, che fece tutto il possibile per sostenere l’opposizione al regime di Hitler, e Maria Terwiel, una giovane donna che aiutò i concittadini ebrei fornendo loro documenti personali e tessere annonarie e che venne condannata a morte per "favoreggiamento del nemico".

Anche se molti sacerdoti e molti laici, come gli storici nel frattempo hanno dimostrato, si opposero a quel regime di terrore e anche se si attivarono molte forme di opposizione nella stessa vita quotidiana, ciò fu tuttavia troppo poco. A tutti loro oggi vanno il nostro ringraziamento e la nostra stima. Il loro esempio e il loro ricordo non sono per noi soltanto un modello eterno. Essi costituiscono al tempo stesso un’esortazione ai cristiani e agli ebrei a impegnarsi insieme per la dignità di tutti gli uomini laddove essa anche oggi è ancora o di nuovo minacciata. A ciò appartiene in particolare l’impegno contro ogni forma di antisemitismo affinché non si verifichino mai più eventi come quello della "Shoah".

5. In occasione della mia visita del 13 aprile del 1986 alla Sinagoga a Roma, ho sottolineato "che la Chiesa di Cristo scopre il suo "legame" con l’Ebraismo scrutando il suo proprio mistero La religione ebraica non ci è "estrinseca", ma in un certo qual modo, è "intrinseca" alla nostra religione. Abbiamo quindi verso di essa dei rapporti che non abbiamo con nessun’altra religione". Approfondire sempre di più questi rapporti resta un importante proposito della Chiesa. Già il Concilio Vaticano II ha perciò esortato a un dialogo intenso fra le due religioni, che "promuova la reciproca conoscenza e il mutuo rispetto". Tale dialogo deve essere realizzato mediante un "dialogo di vita, per cui i credenti... testimoniano gli uni agli altri nell’esistenza quotidiana i propri valori umani e spirituali e si aiutano a viverli per edificare una società più giusta e fraterna" (Redemptoris missio RMi 57). La Chiesa a Berlino e in Germania si impegnerà in particolare in tale dialogo. Attraverso molteplici attività, essa ha anche già dimostrato quanto le stia a cuore questo dialogo. Con gioia essa ha potuto affermare che i suoi sforzi non solo sono stati accolti benevolmente dalle comunità ebraiche, ma sono stati anche sostenuti con amabile cortesia.

6. Da questa città viene inviato oggi un messaggio di vita teso a una convivenza fra ebrei e cristiani che possa svolgersi in un clima di pace e di comprensione reciproca senza tuttavia escludere persone di altre convinzioni. Allo stesso tempo si tratta di assumersi la responsabilità comune di dare al futuro una connotazione umana.

Oggi lodiamo e ringraziamo Dio. Ma lo preghiamo anche affinché benedica il nostro cammino comune e i nostri sforzi. Che la Germania e l’Europa possano contrastare le potenze della morte, aprirsi al messaggio della vita e progredire nel cammino verso il Terzo Millennio sotto il segno di una nuova speranza! Shalom!

VISITA PASTORALE IN GERMANIA (21-23 GIUGNO 1996)

VISITA ALLA TOMBA DEL BEATO LICHTENBERG

PREGHIERA DI GIOVANNI PAOLO II


187
Cattedrale di Berlino

Domenica, 23 giugno 1996




Dio, nostro Padre,
in Gesù, tuo Figlio,
hai accolto tutti gli uomini
come tuoi figli.

Egli è diventato per tutti fratello e amico,
in particolare per i poveri
e gli emarginati.

Volgi il tuo sguardo ai molti uomini,
ovunque nel mondo,
188 che vengono disprezzati;
guarda ai molti,
che sono costretti a vivere
in modo indegno dell’uomo.

Il tuo servo Bernhard Lichtenberg
ha operato in questa città
come testimone della fede e dell’amore.

Ha sofferto molto,
per assistere uomini nelle loro necessità
del corpo e dello spirito.

Ha rischiato la sua libertà
e la sua vita,
189 difendendo i perseguitati
dal regime nazista,
in particolare gli ebrei.

Ti preghiamo, Padre di tutti gli uomini,
libera il mondo dal male dell’egoismo
e della violenza.

Aiutaci, ad amare gli uomini
secondo l’esempio
di Bernhard Lichtenberg,
come tu li ami:
incondizionatamente e senza limiti.

190 Esaudisci la nostra preghiera
per Gesù Cristo, tuo Figlio,
nostro Signore e Dio,
che vive e regna con te
nell’unità dello Spirito Santo
nei secoli dei secoli.

Amen.

VISITA PASTORALE IN GERMANIA (21-23 GIUGNO 1996)

CERIMONIA DI CONGEDO


Porta di Brandeburgo (Berlino)

Domenica, 23 giugno 1996




Cari Berlinesi,
signore e signori!

191 1. È giunto il momento dell’addio; è per me molto commovente, potermi incontrare questa sera con voi, presso la Porta di Brandeburgo, nel cuore di Berlino.

Consentitemi di iniziare ringraziandovi. Ringrazio il Presidente della Repubblica per il suo invito a visitare la Germania. Le parole particolarmente cordiali che mi ha rivolto venerdì al mio arrivo all’aeroporto di Paderborn/Lippstadt, e la cortesia con la quale mi ha accolto questa mattina al castello Bellevue, qui nella capitale, mi hanno fatto sentire fra voi come a casa.

Signor Cancelliere, sono molto lieto della sua presenza. Lei è il principale artefice dell’unità dal suo popolo da poco ripristinata. Lei ha colto l’opportunità storica di ridare la libertà a diciassette milioni di connazionali e di realizzare l’unità del popolo tedesco. Ha osato chiedere non piccoli sacrifici agli abitanti del suo Paese per realizzare l’unità nella libertà. Voglia Dio dare la forza a lei e alla sua patria di portare a termine quest’opera!

Il mio sincero ringraziamento va anche a lei, Sindaco di Berlino, che insieme al signor Cancelliere mi ha rivolto parole tanto preziose. Rivolgo inoltre il mio saluto alla Presidente del Bundestag Tedesco, così come ai Presidenti del Parlamento di Berlino, ai membri del Governo, del Senato berlinese come anche ai deputati del Bundestag Tedesco e del Parlamento di Berlino.

Esprimo un profondo ringraziamento all’Episcopato tedesco, a voi, miei fratelli nell’Episcopato, che avete dato un contributo essenziale a questo viaggio. Per voi questo viaggio è anche un viaggio di colui che, per incarico di Cristo, Capo della Chiesa:

- si reca dai fedeli per infondere forza e coraggio nella fede,

- si incontra con i portavoce delle sorelle e dei fratelli divisi, per approfondire la ricerca dell’unità,

- incontra i rappresentanti della comunità ebraica in questo Paese, per esprimere ancora una volta il rispetto della Chiesa cattolica,

- non desidera altro che annunciare a tutti gli uomini il messaggio liberatore del Vangelo e la conoscenza di Cristo, che supera ogni cosa (cf. Fil
Ph 3,8).

La vostra vicinanza, cari fratelli nell’Episcopato, mi riempie di fiducia. È la missione dell’unico Signore che anima voi e me ed è il medesimo amore che riempie voi e me: il messaggio dell’amore di Dio, che non ha indietreggiato neanche davanti alla croce, raggiunge il cuore di tutti gli uomini e li fa rispondere con amore disinteressato. Ringrazio in particolare i miei fratelli, il Cardinale Georg Maximilian Sterzinsky e l’Arcivescovo Johannes Joachim Degenhardt, le cui arcidiocesi ho visitato. Vorrei ringraziare inoltre il Presidente della vostra Conferenza Episcopale per le cordiali parole di commiato che mi ha rivolto.

A questo punto, ringrazio tutti coloro che hanno preparato questa visita con un lavoro duro e scrupoloso, quanti hanno garantito il suo tranquillo svolgimento e gli operatori dei mezzi di comunicazione sociale che lo hanno seguito.

192 I Berlinesi e i tedeschi, durante questa visita, mi hanno fatto sentire il loro affetto e la loro vicinanza. A tutti loro va il mio più sentito ringraziamento.

2. Fin dall’inizio desideravo sinceramente, durante questa visita pastorale in Germania, venire qui a Berlino. Naturalmente, in primo luogo, volevo incontrare i fedeli di questa Arcidiocesi, che, come tutti i Berlinesi, hanno dovuto sopportare la dolorosa divisione della loro città per decenni e ciononostante non si sono fatti fuorviare e, con profondo senso di solidarietà e di affetto, hanno sperimentato che la forza della violenza e della coercizione, dei muri e dei fili spinati, non ha potuto lacerare i cuori degli uomini.

In nessun altro luogo come in questo, durante la violenta divisione del vostro Paese, il desiderio di unità si è collegato così tanto a una opera di edificazione. La Porta di Brandeburgo è stata occupata da due dittature tedesche. Ai dittatori nazionalsocialisti serviva da imponente scenario per le parate e le fiaccolate ed è stata murata dai tiranni comunisti. Poiché avevano paura della libertà, gli ideologi trasformarono una porta in un muro. Proprio in questo punto di Berlino, simultaneamente punto di congiunzione d’Europa e punto di divisione innaturale tra Est e Ovest, proprio in questo punto si è manifestato a tutto il mondo il volto spietato del comunismo, al quale risultano sospetti i desideri umani di libertà e di pace. Esso teme però soprattutto la libertà dello spirito, che dittatori bruni e rossi volevano murare.

3. Gli uomini erano divisi tra loro da muri e confini micidiali. E in questa situazione la Porta di Brandeburgo, nel novembre del 1989, è stata testimone del fatto che gli uomini si sono liberati dal giogo dell’oppressione spezzandolo. La Porta chiusa di Brandeburgo era lì come simbolo della divisione; quando infine fu aperta, divenne simbolo dell’unità e segno del fatto che era stata finalmente realizzata l’aspirazione della Legge fondamentale al raggiungimento dell’unità e della libertà della Germania nella libera autodeterminazione. E così si può dire a ragione: la Porta di Brandeburgo è diventata la Porta della libertà.

In questo luogo così permeato di Storia mi sento spinto a rivolgere un urgente appello per la libertà a tutti voi qui presenti, al popolo tedesco, all’Europa, anch’essa chiamata all’unità nella libertà, a tutti gli uomini di buona volontà. Possa questo appello raggiungere anche quei popoli ai quali fino ad oggi è stato negato il diritto all’autodeterminazione, ai non pochi popoli - sono di fatto molti - ai quali non sono garantite le libertà fondamentali della persona: la libertà di fede, di coscienza e la libertà politica.

4. L’uomo è chiamato alla libertà.

Libertà non significa diritto all’arbitrio. La libertà non è un "lasciapassare"! Chi trasforma la libertà in un lasciapassare le ha già inferto un colpo mortale. L’uomo libero è tenuto alla verità, altrimenti la sua libertà non è più concreta di un bel sogno, che si dissolve al risveglio. L’uomo non deve la propria esistenza a se stesso, ma è una creatura di Dio; non è padrone della propria vita e di quella altrui; se vuole essere uomo nella verità, deve udire e ascoltare. La sua libera creatività si sviluppa in modo efficace e duraturo solo se si basa come su incrollabile fondamento sulla verità, che è stata data all’uomo. Allora l’uomo potrà realizzarsi, anzi potrà superare se stesso. Non c’è libertà senza verità.

5. L’uomo è chiamato alla libertà.

L’idea della libertà può essere trasformata in realtà di vita laddove gli uomini insieme ne sono convinti e pervasi, nella consapevolezza dell’unicità e della dignità dell’uomo e della sua responsabilità al cospetto di Dio e dell’umanità. Solo dove insieme ci si fa garanti della libertà e si combatte per essa in solidarietà, essa viene acquisita e rimane inalterata. La libertà del singolo non va separata dalla libertà degli altri, di tutti gli altri uomini. Laddove gli uomini restringono lo sguardo al proprio campo vitale e non sono più disposti a impegnarsi per gli altri anche senza vantaggi personali, lì la libertà è in pericolo. La libertà vissuta, invece, nella solidarietà produce un impegno per la giustizia nell’ambito politico e sociale e fa volgere lo sguardo verso di essa. Non c’è libertà senza solidarietà.

6. L’uomo è chiamato alla libertà.

La libertà è un bene molto prezioso, che ha un alto prezzo. Richiede nobiltà d’animo e questa implica spirito di sacrificio; richiede vigilanza e coraggio contro le forze che la minacciano, dall’interno e dall’esterno. Animati dallo spirito di sacrificio, molti uomini nella vita di tutti i giorni sono pronti con naturalezza alla rinuncia, nella famiglia o fra gli amici. Si sacrificano per la libertà coloro che per la sua difesa dalle minacce interne o esterne accettano svantaggi, che quindi vengono risparmiati agli altri, fino a rischiare la propria vita. Nessuno può esimersi dalla sua responsabilità personale verso la libertà. Non c’è libertà senza sacrificio.

193 7. L’uomo è chiamato alla libertà.

Berlino è una città profondamente vitale e sotto molteplici aspetti creativa. Nella sua ben visibile internazionalità si incontrano molteplici tradizioni e forme di vita. Berlino è una apprezzata città di cultura e d’arte, di cinema e di musei, un luogo di scambio e di trasmissione culturale. Ritengo molto importante la forza espressiva di queste forme della cultura umana, essendo essa la capacità di portare avanti e di concretizzare con le nostre forze la creazione divina. Esorto perciò tutti gli artisti e gli scienziati a usare i loro talenti per edificare una vasta "civiltà dell’amore", come io, sull’esempio del mio predecessore Paolo VI, l’ho chiamata talvolta, una civiltà "fondata sui valori universali della pace, della solidarietà, della giustizia e della libertà. E l’"anima" della civiltà dell’amore è la cultura della libertà: la libertà degli individui e delle nazioni, vissuta in una solidarietà e responsabilità oblative" (Discorso all’Assemblea Generale dell’ONU, n. 18, 5.10.1995).

Quando si è fatta l’esperienza dell’amore, si è fatta anche l’esperienza della libertà. Nell’amore l’uomo supera se stesso, abbandona se stesso, perché il suo interesse è per l’altro, perché vuole che la vita dell’altro si realizzi. Crollano così le barriere dell’egocentrismo e si prova la gioia dell’impegno comune volto a fini superiori. Rispettate l’inviolabile dignità di ogni singolo uomo, dal primo istante della sua esistenza terrena fino all’ultimo respiro! Ricordatevi sempre del riconoscimento che la vostra Legge fondamentale antepone a tutte le altre dichiarazioni: la dignità dell’uomo è inviolabile! Liberatevi per una libertà nella responsabilità! Aprite le porte a Dio!

La nuova casa Europa, della quale parliamo, ha bisogno di una Berlino libera e di una Germania libera. Ha soprattutto bisogno di aria per respirare, di finestre aperte, attraverso le quali lo spirito della pace e della libertà possa entrare. L’Europa ha quindi bisogno, non da ultimo, di uomini convinti che aprano le porte, di uomini che tutelino la libertà mediante la solidarietà e la responsabilità. Non solo la Germania, ma anche tutta l’Europa ha bisogno per questo del contributo indispensabile dei cristiani.

Esorto tutti i Berlinesi e tutti i tedeschi, ai quali sono grato per la pacifica rivoluzione dello spirito che ha portato all’apertura della Porta di Brandeburgo: non spegnete lo Spirito! Tenete aperta questa porta, per voi e per tutti gli uomini! Tenetela aperta con lo spirito dell’amore, della giustizia e della pace! Tenete aperta la porta con l’apertura dei vostri cuori! Non c’è libertà senza amore.

L’uomo è chiamato alla libertà. Annuncio a tutti voi che mi ascoltate: la pienezza e la compiutezza di questa libertà ha un nome: Gesù Cristo.

È colui che ha detto di sé: io sono la porta. In lui l’uomo ha accesso alla pienezza della libertà e della vita. È colui che rende l’uomo veramente libero, poiché dissipa le tenebre dal cuore degli uomini e rivela la verità. Compie il suo cammino come nostro fratello e realizza la sua solidarietà con noi donando la sua vita per noi. In tal modo ci libera dal peccato e dalla morte. Fa sì che riconosciamo nel prossimo il suo volto, il volto del vero fratello. Ci mostra il volto del Padre e diventa per tutti il vincolo dell’amore.

Cristo è il nostro Salvatore, è la nostra libertà.

8. La giornata volge al termine. Ma nei nostri cuori serbiamo la luce, della quale abbiamo potuto gioire oggi. Rimaniamo uniti nella speranza che ci anima. Prima del mio ritorno a Roma vi invito di cuore ad un nuovo incontro nella Città Eterna in occasione del grande Giubileo dell’anno 2000.

Dio benedica Berlino, Dio protegga la Germania!


AI PARTECIPANTI ALL'ASSEMBLEA ANNUALE


DELLA «RIUNIONE DELLE OPERE


PER L'AIUTO ALLE CHIESE ORIENTALI» (ROACO)


Sala del Concistoro - Giovedì, 27 giugno 1996




Signor Cardinale,
194 Venerati Confratelli nell’Episcopato e nel Sacerdozio,
Cari Membri ed Amici della ROACO!

1. Porgo di cuore a tutti il mio benvenuto, accogliendovi in questa speciale Udienza, che si svolge in occasione della vostra annuale assemblea.

Saluto con affetto il Signor Cardinale Achille Silvestrini, Prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali e Presidente della Riunione delle Opere per l’Aiuto alle Chiese Orientali, e lo ringrazio per le parole che gentilmente mi ha rivolto a nome di tutti.

La vostra riunione e l’incontro odierno sono per me motivo di gioia e di consolazione, perché mi permettono di constatare direttamente il grande bene che andate svolgendo con impegno da molti anni. Il tempo non ha diminuito il vostro entusiasmo iniziale, anzi, posso rilevare che la solidarietà generosa verso tanti fratelli delle Chiese Orientali suscita in ciascuno di voi e nelle associazioni che rappresentate lo slancio di una crescente disponibilità. Il Signore vi renda merito per tutto ciò che contribuite a realizzare per il bene di questi fratelli in Cristo e per alleviarne le sofferenze, in ubbidienza al precetto evangelico dell’amore. Voi vi muovete sotto la spinta di una carità che non conosce confini, perché desidera raggiungere, ovunque si trovi, l’uomo sfigurato dall’ingiustizia e dal dolore, per riportarlo a condizioni rispondenti alla sua dignità di figlio di Dio in Cristo Gesù.

2. San Giovanni Crisostomo, con realismo di fede, nel commentare il passo del Vangelo di Matteo: "In verità vi dico: ogni volta che l’avete fatto al più piccolo dei miei fratelli lo avete fatto a me" (
Mt 25,41), parla di "sacramento del fratello". Sacramento significa qui concreta esperienza di incontro con Dio e con la sua grazia e veicolo privilegiato di comunione con la sua stessa vita. Questo grande Vescovo, che difese fino al martirio la libertà di coscienza e i diritti dei più poveri, affermava con coraggio che il povero è un altro Cristo e che l’andare verso di lui significa vivere una carità fatta soprattutto di condivisione e di spartizione equa dei beni.

Il mettere i beni in comune, il saper donare generosamente, secondo il modello iniziale della Chiesa di Gerusalemme, a chi ha meno e vive nella difficoltà, rimane nella storia del cristianesimo un’immagine significativa della vittoria volontaria su ogni egoismo e sull’avidità, per fare spazio ad un’umanità rinnovata nell’amore. Voi siete un prezioso aiuto per il Papa, al quale consentite di esercitare in modo più efficace il ministero di presiedere "alla carità universale".

La vostra opera benemerita manifesta concretamente che il cuore dinamico che pulsa al centro del mistero della Chiesa è l’amore, l’amore che sa donare e sa donarsi, aprendosi all’uomo ed accorrendo laddove egli si trova in particolare difficoltà. Possa la Chiesa trovare sempre in voi, carissimi fratelli e sorelle, collaboratori attenti nell’esprimere la straordinaria efficacia della solidarietà, così che in voi il Vangelo della carità divenga storia e l’annuncio di salvezza si traduca in opere visibili, che testimonino la premurosa vicinanza del Padre, sempre sollecito del bene dei suoi figli.

3. La Sede di Pietro e il suo Vescovo, che sente come proprio il compito arduo di raccogliere tutte le richieste di aiuto che si alzano dall’orizzonte del mondo intero, continua a contare con fiducia sulla vostra generosa disponibilità. Il vostro cuore, aperto soprattutto ai bisogni dei fratelli d’Oriente, è un segno chiaro e forte dell’amore che travalica ogni confine e raggiunge con successo ogni situazione, manifestando così la dimensione universale della Chiesa, madre sollecita di tutti.

Un fervido ringraziamento vada, dunque, a ciascuno di voi e alle Organizzazioni che rappresentate: con il vostro agire consentite alle varie Chiese Orientali di conservare la ricchezza delle loro tradizioni e dei loro riti, in virtù dei quali la Chiesa è una realtà multiforme, capace di comprendere e valorizzare ogni legittima varietà.

Sono ben lieto di notare come la vostra azione corrisponda alle direttive della Lettera apostolica Tertio Millennio adveniente, nella quale ho espresso l’auspicio che le prospettive dell’ormai prossimo Giubileo valgano a far nascere in tutti, mediante la conversione del cuore, un atteggiamento di umiltà e di generosità, da cui scaturisca una rinnovata cultura di cristiana carità (cf. n. 34: AAS 87 [1995] 26-27). Si tratta di una vera e propria diaconia della Chiesa all’uomo di oggi, affinché l’umanità si presenti sempre più unita e concorde in Cristo Signore.

195 Voi, carissimi fratelli e sorelle, siete particolarmente impegnati in questo cammino di unità, perché il servizio di carità che vi proponete è segno di una apertura a tutti senza discriminazioni e, come tale, è un grande servizio all’incontro delle Chiese. In virtù del vostro impegno concreto, si attivano molteplici fattori di unità, "perché il mondo creda" (Jn 17,21) e credendo manifesti la buona volontà di vivere in comunione rispettosa e solidale. Le Chiese Orientali Cattoliche possono, con il vostro aiuto, arrecare un grande contributo alla causa dell’unità, sotto la spinta della grazia divina (cf. Lett. ap. La lieta ricorrenza, per i 350 anni dell’Unione di Uzhorod [18 aprile 1996], n. 3: "L’Osservatore Romano", 22-23 aprile 1996, p. 4).

In questo nobile e altissimo impegno, nel quale vi esorto a perseverare, vi assista sempre la Beata Vergine Maria, Madre di Dio, intercedendo per voi e per i vostri cari.

Con questo auspicio, di cuore imparto a voi ed alle Opere che rappresentate la Benedizione Apostolica.
Luglio 1996



AI VESCOVI DELLA MALAYSIA, DI SINGAPORE E DEL


BRUNEIIN VISITA «AD LIMINA APOSTOLORUM»


Lunedì, 1° luglio 1996




Cari Fratelli nell’Episcopato,

1. È con grande gioia e affetto fraterno che saluto voi, Vescovi della Malaysia, di Singapore e del Brunei, in occasione della vostra visita "ad limina", che vi ha portati a Roma per venerare le Tombe dei Santi Apostoli Pietro e Paolo: "grazia, misericordia e pace da Dio Padre e da Cristo Gesù Signore nostro" (1 Tm l, 2). Come circa dieci anni fa in occasione della mia visita a Singapore, desidero ora "incoraggiarvi e confermarvi nella fede, ed approfondire la vostra stima dei legami di fede e carità che vi uniscono ai fratelli e sorelle in Cristo in tutto il mondo" (Giovanni Paolo II, Santa Messa nello stadio nazionale di Singapore, 20 nov. 1986: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, IX, 2 ).

Il vostro pellegrinaggio è una espressione della vostra unione con il Successore di Pietro nel servizio al Vangelo. È anche una professione della fede apostolica, secondo la quale la Chiesa è la Sposa del Divino Redentore e il suo strumento per la salvezza di tutti i popoli. Tutti gli uomini sono chiamati a formare il nuovo popolo di Dio; l’intera umanità è chiamata alla salvezza dalla grazia di Dio (cf. Lumen gentium LG 13). È questo il compito che vi è stato affidato come successori degli Apostoli; è il messaggio che voi predicate "in ogni occasione opportuna e non opportuna" (2Tm 4,2). È questa la grande preoccupazione del vostro ministero quotidiano. Oggi tutti insieme abbiamo l’opportunità di rendere grazie a Dio per tutto ciò che compie attraverso di voi nel comunicare la grazia della redenzione ai popoli della vostra area del grande continente asiatico.

2. Nei vostri Paesi la Chiesa cattolica rappresenta una piccola minoranza della popolazione inoltre, il clima sociale e culturale spesso rende difficile l’evangelizzazione e il dialogo interreligioso. Tuttavia il Signore dice: "Non temere, piccolo gregge, perché al Padre vostro è piaciuto darvi il suo regno". (Lc 12,32). Prendendo a cuore le parole del nostro Salvatore, le Chiese particolari della Malaysia, di Singapore e del Brunei dimostrano la loro consapevolezza di essere eredi di questa promessa proclamando la forza del Vangelo di trasformare i cuori degli uomini e attraverso una presenza costruttiva negli ambiti dell’educazione, della solidarietà sociale e nella sanità, oltre che attraverso un sempre maggiore sostegno alla missione universale di evangelizzazione della Chiesa.

Con tutto ciò voi esprimete in modo eloquente quella vocazione missionaria che "appartiene all’intima natura della vita cristiana" (Giovanni Paolo II, Redemptoris missio RMi 1). Le vostre comunità locali, con la loro ricca molteplicità etnica e culturale, si trovano in una posizione unica per diffondere la conoscenza di Cristo tra quei vostri fratelli asiatici che ancora non lo conoscono. Le vostre comunità vengono rinnovate e ricevono entusiasmo dal loro slancio missionario poiché "La fede si rafforza donandola!" (Ivi, 2). Proprio a tale proposito, potete offrire un prezioso contributo alla prossima Assemblea Speciale per l’Asia del Sinodo dei Vescovi.

3. Le tradizioni religiose dei vostri popoli, così come alcuni importanti aspetti delle situazioni politiche e sociali in cui vivete, differiscono molto da un luogo all’altro. Ciononostante, condividete molte gioie e prove spirituali. Questo offre una solida base per un vivo spirito collaborazione all’interno della vostra Conferenza Episcopale e per il coordinamento dei programmi diocesani e interdiocesani di evangelizzazione e catechesi. La serie di incontri che si svolgono in alcune delle vostre diocesi, durante i quali i sacerdoti, i religiosi e i laici si riuniscono per discutere su temi importanti per la vita della Chiesa nella vostra regione, è un promettente segno di un approccio nuovo e fecondo. Queste riunioni giustamente sottolineano che la vita nella Chiesa è una vita in comunione: come membri comuni, rendono servizio gli uni agli altri, ciascuno secondo le proprie doti (cf. Gaudium et spes GS 32). È necessario in particolare, dare molto spazio ai laici, che sono desiderosi di assumere il ruolo che corrisponde loro. Nel vostro tentativo di favorire una partecipazione ancora più piena da parte di tutti i fedeli alla vita della Chiesa vi esorto anche ad accertarvi che gli organismi consultivi previsti dal Codice di Diritto Canonico, quali, ad esempio, il consiglio presbiteriale e quello finanziario, siano presenti e operino correttamente. Questi organismi offriranno a voi e ai vostri sacerdoti un aiuto prezioso, e vi permetteranno di dedicare le vostre energie migliori a quanto è di primaria importanza, ovvero la cura spirituale e pastorale di coloro che vi sono affidati nel vostro ministero (cf. Codice di diritto Canonico, 469, 492, 495).


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