GP2 Discorsi 1997 173


AI SOCI DEL CIRCOLO SAN PIETRO


Sala dei Papi - Sabato, 21 giugno 1997




Carissimi Soci del Circolo San Pietro!

1. Sono lieto di accogliervi in occasione di questo gradito incontro, che mi rinnova l'opportunità di manifestarvi il mio apprezzamento e la mia riconoscenza per il vostro generoso impegno al servizio della Santa Sede. Quest'Udienza si svolge durante la Novena in preparazione alla Solennità liturgica dei santi Pietro e Paolo. In un certo senso, questo ci permette di pregustare la gioia di tale ricorrenza, così significativa per il vostro benemerito Sodalizio e per la Chiesa intera.

Il mio affettuoso pensiero va anzitutto al vostro Assistente spirituale, Mons. Ettore Cunial, che da tanti anni anima e sostiene con ammirevole zelo la vostra Associazione. Ringrazio, poi, il vostro Presidente, Marchese Marcello Sacchetti, per le gentili parole che mi ha rivolto a nome di tutti e per l'interessante descrizione delle attività e dei progetti del Sodalizio. Saluto infine cordialmente ciascuno di voi qui presenti, esprimendo la mia riconoscenza al Marchese Giovanni Serlupi Crescenzi per la generosità e lo spirito di fede con i quali ha guidato per vari anni la vita associativa del Circolo.

174 2. Come è stato poc'anzi ricordato, voi oggi siete qui convenuti per consegnarmi l'Obolo di San Pietro raccolto nelle chiese di Roma. Vi ringrazio per questo concreto segno di solidarietà e per la generosa collaborazione che mi offrite nelle opere di carità verso i fratelli. Questo vostro gesto rappresenta in effetti come un punto d'incontro fra due movimenti complementari, che si congiungono in un'unica testimonianza di carità evangelica. Esso infatti da un lato manifesta l'affetto che gli abitanti di questa Città nutrono nei confronti del Successore di Pietro e, dall'altro, esprime la fattiva solidarietà del Papa verso i bisognosi che si trovano a Roma, con lo sguardo allargato verso le tante situazioni di disagio e di indigenza che, purtroppo, permangono in tante parti del mondo.

Avvicinando le parrocchie romane, avete preso personalmente contatto con le molteplici sacche di povertà ancora presenti, ma avete potuto anche constatare quanto sia forte nella maggioranza delle persone il desiderio di conoscere e amare Cristo. Con la vostra preparazione umana e spirituale, oltre a sovvenire alle necessità dei meno fortunati, contribuite a diffondere una parola di speranza, che scaturisce dalla fede e dall'amore verso il Signore, facendovi così araldi del suo Vangelo.

Carità e testimonianza devono dunque essere le linee maestre del vostro impegno. Vi incoraggio a proseguire con costanza e generosità in questa vostra azione, ispirandovi ai perenni valori cristiani e traendo sempre nuove energie dalla preghiera e dallo spirito di sacrificio - come recita il vostro motto -, per continuare a portare abbondanti frutti di bene sia nella Comunità cristiana che nella società civile.

3. Come sapete, durante la scorsa Quaresima è iniziata la consegna del Vangelo di Marco a tutte le famiglie romane, nell'ambito della grande Missione cittadina. Essa costituisce un pressante invito al rinnovamento spirituale, culturale e sociale, che si rivolge a tutti gli ambiti di vita della Metropoli, per preparare degnamente il Grande Giubileo dell'Anno Duemila. Ebbi modo di sottolineare, in occasione della solenne Veglia di Pentecoste di un anno fa, che "con questa iniziativa apostolica la Chiesa che è in Roma intende spalancare le braccia ad ogni persona e ad ogni famiglia della Città e penetrare come lievito in ogni ambiente sociale, di lavoro, di sofferenza, di arte e di cultura, annunciando e testimoniando ai vicini e ai lontani il Signore risorto" (Giovanni Poalo II, Veglia di Pentecoste, 25 maggio 1996: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, XIX, 1 (1996) 1371).

Carissimi Soci del Circolo San Pietro, vi esorto ad offrire la vostra qualificata collaborazione a questo primario impegno dell'intera Comunità diocesana di Roma in vista del Giubileo. Sappiate essere generosi missionari del Vangelo, annunciandolo nei vari ambienti, ai quali si rivolgono le vostre apprezzate attività assistenziali e caritative. Proseguite nel solco della grande tradizione di ospitalità dei Romani, alla quale ha opportunamente fatto riferimento il vostro Presidente nel suo intervento. Sforzatevi di essere segno concreto della carità del Papa verso quanti si trovano nel bisogno sia in senso materiale che in senso spirituale, come pure verso i pellegrini che qui converranno da tutte le parti del mondo in occasione del Giubileo.

Affido le vostre attività ed i vostri propositi alla materna protezione della Vergine Santissima, Salus Populi Romani, perché guidi i vostri passi, rendendovi operatori di solidarietà e di pace in tutti i luoghi dove si svolge la vita quotidiana della Città e dei suoi abitanti. Con tali sentimenti, invocando la celeste intercessione dei Santi Pietro e Paolo, di cuore imparto a ciascuno di voi, alle vostre famiglie ed a tutti i vostri assistiti una speciale Benedizione Apostolica.


AI PARTECIPANTI AL CONGRESSO MONDIALE


DI ENDOSCOPIA GINECOLOGICA


Sala Clementina - Sabato, 21 giugno 1997




Gentili Signore e Signori!

1. Sono lieto di rivolgere un cordiale benvenuto a ciascuno di voi, convenuti in questi giorni a Roma dai cinque Continenti per prendere parte al World Congress of Ginecologic Endoscopy. Saluto in particolare il Prof. Carlo Romanini, Direttore dell'Istituto di Ostetricia e Ginecologia dell'Università di Roma-Tor Vergata e lo ringrazio per le cortesi espressioni che ha voluto indirizzarmi a nome dei presenti.

Con il vostro Convegno voi avete voluto porre in evidenza il contributo che l'applicazione degli straordinari sviluppi delle scienze può offrire alla qualità della vita umana, sottolineando al tempo stesso i significati profondi presenti nella vostra attività scientifica e professionale. Infatti, l'Endoscopia ginecologica vi conduce quotidianamente alle soglie stesse del mistero della vita, a cui l'uomo di scienza è chiamato ad accostarsi con animo umile e fiducioso, resistendo ad ogni tentativo di manipolazione.

Nelle vostre intense giornate di studio, avete avuto modo di approfondire le prospettive aperte dall'incontro tra la ricerca scientifica ed il "Vangelo della vita" e, superando il ristretto orizzonte delle competenze settoriali, vi siete spinti a considerare l'insieme delle istanze fondate nella originalità della persona umana. La vostra ricerca ha assunto così una forte valenza sapienziale, a motivo della visione antropologica ed etica globale nella quale s'è mossa.

175 E opportunamente. La scienza, infatti, sganciata dai valori autentici che definiscono la persona, rischia di decadere ad esercitazione strumentale, irretita nella legge della domanda e dell'offerta. Invece di rispondere ai bisogni profondi dell'uomo, essa si limita allora a produrre frammenti di soluzione per le sue esigenze immediate. Viene così recisa quell'intima connessione che riconduce l'attività dell'uomo alla profondità del suo essere creato ad immagine di Dio.

2. Il compito storico, che accomuna nella ricerca scientifica credenti ed uomini di buona volontà, consiste nel promuovere, oltre ogni convenzionalità giuridica, quanto favorisce la dignità dell'uomo. Chi ha il dono della fede sa che all'origine di ogni persona c'è un atto creativo di Dio, c'è un disegno d'amore che attende di potersi realizzare. Questa verità fondamentale, accessibile anche con le forze pur limitate della ragione, lascia intravedere l'altissima missione inscritta nella sessualità umana: essa è, infatti, chiamata a cooperare con la potenza creatrice di Dio.

E' proprio in questa cooperazione che la libertà umana trova la propria espressione più alta e il proprio limite invalicabile. Da qui deriva pure il peculiare significato della vostra attività professionale e scientifica, tesa a scrutare i segreti della natura per arrivare a decifrarne la verità profonda, rendendo così possibile la concreta attuazione delle scelte che ad essa s'ispirano. Si tratta di un cammino che, discostandosi da ideologie dominanti, espone spesso all'incomprensione e all'emarginazione ed esige, perciò, costante fedeltà alla verità di Dio e alla verità dell'uomo. Ma è anche un cammino che, formando mentalità aperte alla verità, diventa esercizio eminente di carità.

3. E' necessaria per tutto questo una chiara assunzione di responsabilità etica. Nel nostro tempo tale impegno assume spesso contorni drammatici, soprattutto di fronte agli "attentati concernenti la vita nascente e terminale, che presentano caratteri nuovi rispetto al passato e sollevano problemi di singolare gravità per il fatto che tendono a perdere, nella coscienza collettiva, il carattere di «delitto» e ad assumere paradossalmente quello di «diritto» . . ." (Giovanni Paolo II, Evangelium vitae
EV 11). La questione etica si colloca in tal modo nell'orizzonte della cultura ed alla radice della vita personale e collettiva.

Di fronte alla tentazione dell'autonomia e dell'appropriazione, la Chiesa ricorda ai contemporanei che "la vita dell'uomo proviene da Dio, è suo dono, sua immagine e sua impronta, partecipazione del suo soffio vitale" (Ibid., n. 39), e che "la vita è tale quando si diffonde e si dona: nella fraternità, nella solidarietà, nella generazione di nuove vite, nella testimonianza suprema del martirio; di fronte alla tentazione della negazione autodistruttiva, ricorda che «la vita è sempre un bene»" (Ibid., n. 34).

Questa prospettiva, non estranea all'investigazione razionale, trova pienezza di luce nella rivelazione cristiana. E' sul sentiero della fede, infatti, che l'uomo è messo in grado di scorgere nelle stesse realtà di sofferenza e di morte, che drammaticamente attraversano la sua esistenza, una possibilità autentica di bene e di vita. Nel volto sfigurato del Crocifisso riconosce allora le sembianze di Dio; nella sua croce, l'albero della vita.

4. Dopo secoli di progressiva separazione tra fede e cultura, gli esiti, per certi aspetti preoccupanti, della modernità sfidano i credenti ad assumere un ruolo trainante e profetico ed a farsi polo propulsivo per la costruzione della civiltà del terzo millennio.

La fede cristiana non considera contingente e transitoria la preoccupazione per il futuro dell'uomo. Nella prospettiva del traguardo escatologico, essa spinge i credenti ad impegnarsi nel mondo presente per uno sviluppo rispettoso di ogni dimensione umana, perché "gloria di Dio è l'uomo vivente" (S. Ireneo, Adversus haereses, IV, 20, 7).

Occorre, pertanto, individuare, nel rinnovato rapporto tra fede, prassi sociale e ricerca scientifica, profili professionali adeguati alle esigenze del nostro tempo ed ai valori perenni dell'uomo, capaci di realizzare l'integrazione tra fede e vita. Infatti, "il Vangelo della vita è per la città degli uomini. Agire a favore della vita è contribuire al rinnovamento della società mediante l'edificazione del bene comune" (Giovanni Paolo II, Evangelium vitae EV 101).

Illustri Docenti, alle soglie del terzo millennio rinnovo a ciascuno di voi l'invito a farsi promotore della civiltà dell'amore, sostenendo nel cammino formativo i vostri giovani studenti e collaboratori per far sì che sempre più s'allarghi e si consolidi il fronte a difesa della vita.

Con tali auspici, imparto a voi ed a quanti con voi operano in un ambito scientifico così importante una speciale Benedizione Apostolica.


AL SINODO DEI VESCOVI


DELLA CHIESA ARMENA CATTOLICA


176
Lunedì, 23 giugno 1997




Venerati Fratelli nell'episcopato!

1. Il mio cuore è pieno di santa esultanza nel porgere il benvenuto a Sua Beatitudine Giovanni Pietro XVIII Kasparian, Patriarca di Cilicia degli Armeni, ed al Sinodo dei Vescovi della Chiesa armena cattolica. Le porte della casa dei Santi Apostoli Pietro e Paolo, le porte della fraternità universale, si aprono per accogliere col santo bacio tutti voi, fratelli in Cristo e testimoni fedeli del suo Vangelo.

So che in questi giorni siete riuniti qui a Roma per completare lo studio dello ius particulare previsto dal Codice dei Canoni delle Chiese Orientali. Si tratta di un impegno di grande importanza e significato. Se il Codice, infatti, intende raccogliere le indicazioni comuni a tutte le Chiese orientali che già sono in piena comunione con questa Sede Apostolica, ciò nondimeno la Chiesa cattolica sa che ognuna delle Chiese orientali possiede la sua storia, le sue tradizioni specifiche, non solo nell'ambito liturgico, ma anche in quello disciplinare. Già il Concilio Vaticano II ricorda che "fin dai primi tempi le Chiese d'Oriente seguivano discipline proprie, sancite dai santi Padri e dai Concili, anche ecumenici. E siccome una certa diversità di usi e consuetudini . . . non si oppone minimamente all'unità della Chiesa, anzi ne accresce il decoro e non poco contribuisce al compimento della sua missione, il sacro Concilio, onde togliere ogni dubbio, dichiara che le Chiese d'Oriente, memori della necessaria unità di tutta la Chiesa, hanno facoltà di regolarsi secondo le proprie discipline, come più consone all'indole dei propri fedeli e più adatte a provvedere al bene delle anime" (Unitatis redintegratio
UR 16). E' dunque, afferma ancora il Concilio, "intenzione della Chiesa cattolica che rimangano salve e integre le tradizioni di ogni Chiesa particolare o rito, e ugualmente essa vuole adattare il suo tenore di vita alle varie necessità dei tempi e dei luoghi" (Orientalium Ecclesiarum OE 2).

2. Ciò che voi in questi giorni state compiendo è, pertanto, in certo modo, il completamento dell'opera rappresentata dal Codice Orientale: voi codificate le norme specifiche che riguardano la vostra Tradizione e portate a compimento, rispettando la giusta autonomia e la libertà del vostro specifico patrimonio, l'opera legislativa che riguarda la vostra Chiesa.

Vi è in questo un valore simbolico che voglio qui richiamare: la Santa Sede, se provvede a garantire gli elementi della comune appartenenza cattolica, difende e tutela il diritto delle Chiese orientali sui iuris ad esprimere, nelle forme stabilite, ciò che è loro proprio, secondo il seguente principio: "L'evangelizzazione delle genti sia fatta in modo che, conservando l'integrità della fede e dei costumi, il Vangelo si possa esprimere nella cultura dei singoli popoli, cioè nella catechesi, nei propri riti liturgici, nell'arte sacra, nel diritto particolare e infine in tutta la vita ecclesiale" (CCEO, can. 584 § 2). Universale e particolare si fondono dunque e si implicano vicendevolmente nella costruzione dell'una sancta.

L'essere cattolici non mortifica in alcun modo la vostra armenità, anzi, al contrario, la sostiene e la tutela, mettendola in intima comunione con tante altre espressioni della fede comune e consentendo ad altre Chiese di godere del contributo della vostra originalità.

3. Venerati Fratelli, la codificazione dello ius particulare sia per voi occasione ispiratrice per modellare su di esso la pratica pastorale, procurando di "tornare alle avite tradizioni", come il Concilio auspica, "qualora per circostanze di tempo o di persone" si fosse venuti meno ad esse (Orientalium Ecclesiarum OE 6). Dal rispetto per la propria identità sgorga infatti lo sforzo di viverla integralmente, operando sia per il pieno recupero di essa, sia per renderla il più possibile comunicabile ai fedeli di oggi. Questo comporta in concreto il costante sforzo di riscoprire le vostre fonti patristiche e liturgiche, per ispirare ad esse la catechesi, la vita spirituale e persino la vostra arte sacra.

Il mio vivo auspicio è che la vita della vostra Chiesa porti sempre impresse le tracce dello spirito del popolo armeno, spirito del quale tanti monumenti religiosi, oltre che opere letterarie di inestimabile valore, sono esplicita testimonianza. Alcuni di tali monumenti sono già restituiti all'antico splendore ed all'uso liturgico, altri purtroppo restano tuttora abbandonati alla devastazione del tempo. Impegnandovi in questa impresa, contribuirete in maniera efficace a riscoprire le comuni radici religiose di tutto il popolo armeno, e potrete offrire un notevole impulso al progresso della causa ecumenica.

4. Venerati e cari Fratelli, so che vi state apprestando a ricordare con una solenne celebrazione i diciassette secoli della conversione al cristianesimo del popolo armeno. Si tratta di un avvenimento che costituisce per la Chiesa universale occasione di riflessione e di ringraziamento al Signore, essendo voi il primo popolo che abbia, come tale, abbracciato la fede divenendo cristiano. Per questo atto, altroché per la storia di fedeltà a Cristo che vi costò un altissimo prezzo di sangue, sento il bisogno di esprimervi cordiale gratitudine a nome di tutto il Popolo cristiano.

Gli eventi di allora stanno a dimostrare che nessuna conversione di massa è possibile, senza una conversione personale e interiore: la storia del re Tiridate e il profondo travaglio della sua anima, che lo portò a divenire da persecutore difensore di Cristo e del suo Popolo, costituisce un segno eloquente di questa profonda verità.

177 Lo stretto legame, poi, fra il battesimo dell'Armenia e la Chiesa di Cappadocia, realizzato attraverso la figura di Gregorio Illuminatore, sta ad indicare quella feconda apertura ecumenica che ha connotato tutta la storia del popolo armeno e che lo ha portato ad accogliere con riconoscenza non solo il contributo cappadoce, ma quello siriaco, bizantino ed anche latino. Gli Armeni hanno saputo ricevere questi contributi con grande apertura di spirito, fondendoli con l'apporto originale della propria sensibilità: ne è scaturito un modello ecclesiale e culturale, aperto e fecondo, che rappresenta un riferimento moderno per molti altri popoli.

5. Auguro di cuore e prego Iddio perché gli Armeni siano sempre degni testimoni di questo loro glorioso passato. Confido che la celebrazione del diciassettesimo centenario del battesimo del vostro Popolo sia per tutti voi una preziosa occasione per intensificare il legame comune di appartenenza, non solo alle radici etniche, ma anche alla comune fede cristiana, che con tale appartenenza è così strettamente identificata. Celebrare infatti un evento così importante del passato diventa tanto più eloquente messaggio di speranza per gli uomini d'oggi quanto più mostra chiaramente l'unità nell'odierno sforzo di evangelizzazione. Una comune origine non può non portare ad un comune impegno per una comune testimonianza. Più dunque si rinsalderà l'unità mediante la memoria storica e religiosa, più forte e convincente sarà l'annuncio di Cristo, morto e risorto. che voi siete chiamati a rinnovare nel nostro tempo, guardando già al grande Giubileo del 2000.

Con questi sentimenti assicuro la mia preghiera per voi qui presenti, per la vostra amata Chiesa, per i figli del popolo armeno, soprattutto per quanti soffrono difficoltà e travagli, sia spirituali che materiali. Su ciascuno invoco, per intercessione della Beata Vergine e dei vostri santi Patroni, l'abbondanza dei favori celesti, in pegno dei quali a tutti imparto di cuore una speciale Benedizione Apostolica.


AI VESCOVI DELL'ASSEMBLEA DELLA GERARCHIA CATTOLICA


D'EGITTO IN VISITA «AD LIMINA APOSTOLORUM»


Martedì, 24 giugno 1997




Beatitudine,
Cari Fratelli nell'Episcopato,

1. È con grande gioia e con affetto fraterno che vi accolgo in occasione della vostra Visita ad Limina.La vostra venuta a Roma innanzitutto costituisce per voi un pellegrinaggio alle tombe degli Apostoli Pietro e Paolo, esempi di testimonianza resa a Cristo fino al dono del proprio sangue; è anche un atto che manifesta la comunione delle Chiese locali diffuse in tutto il mondo con il Successore di Pietro. La vostra presenza nella Città eterna, all'approssimarsi della solennità dei beati Apostoli sottolinea la dimensione di unità fra tutte le comunità cattoliche. Ringrazio il vostro Patriarca per le sue cordiali parole che mi permettono di sentirmi vicino ai fedeli di cui voi siete i Pastori.

Mentre vi ricevo qui, il mio pensiero si volge alle vostre comunità; esse sono le eredi dell'evangelista Marco che, quasi duemila anni fa, portò il Vangelo nella vostra regione, dopo essere stato lui stesso confermato nella sua fede e nella sua missione dalla contemplazione del Signore e dalla prossimità agli Apostoli. Prego affinché i cristiani delle vostre Diocesi, sull'esempio dei loro predecessori, siano autentici discepoli di Cristo, attingendo la forza per testimoniare nella lettura del Vangelo e nei sacramenti. Come Chiesa siete chiamati a rendere visibile il volto di Cristo nella vostra terra, affinché i nostri contemporanei possano scoprire lo splendore e la luce del nostro Dio, che illumina ogni azione umana e conferisce il suo pieno significato all'esistenza.

2. Mediante la vostra ordinazione episcopale siete stati scelti per guidare il popolo di Dio, per istruirlo e per organizzare con una carità affettiva ed effettiva i diversi servizi diocesani. Voi cercate di stare accanto ai vostri sacerdoti e ai vostri fedeli, formando così comunità unite, nelle quali ognuno è pronto ad aiutare e a sostenere i propri fratelli. In particolare, sono lieto dei rapporti di collaborazione fiduciosa e fraterna che intrattenete con i sacerdoti diocesani, rapporti poggiati «principalmente sui vincoli della carità soprannaturale» (Christus Dominus CD 28). Su di essi a volte grava dolorosamente il peso di ogni giorno e delle situazioni difficili. Sosteneteli nella loro vita spirituale, in quanto il loro apostolato implica innanzitutto l'essere vicini al Maestro, che infonde la grazia per il servizio pastorale e il coraggio di compiere gesti profetici di dialogo e di riconciliazione.

Insieme a voi, esorto i sacerdoti a non trascurare il tempo della preghiera personale e della meditazione. La vita in intimità con Cristo forgia il loro essere profondo, conformandoli ogni giorno al Sommo Sacerdote. Impegnandosi a celebrare la Liturgia delle Ore, soli o in gruppo, si uniscono alla preghiera di tutta la Chiesa e prendono coscienza del fatto che la missione fondamentale del ministro ordinato è di presentare ogni giorno a Dio gli uomini del suo tempo, affinché il Signore ne faccia un popolo santo e infonda in loro il suo Spirito.

Perché possano esercitare il loro ministero, i sacerdoti devono anche disporre di condizioni di vita materiale degne, che consentano loro di dedicarsi ai compiti pastorali. So quanto vi preoccupate, in tutte le eparchie, che i ministri sacri beneficino degli stessi vantaggi e delle stesse protezioni sociali, affinché possano, senza paura del domani, dedicarsi totalmente al loro compito.

178 Desidero rendere omaggio al coraggio e al lavoro paziente dei sacerdoti, in particolare al loro «ministero di vicinanza». Essi cercano di incontrare regolarmente i fedeli, per aiutarli a vivere la loro vita cristiana e ad approfondire il significato dei sacramenti e per sostenerli nelle diverse decisioni che devono prendere ogni giorno. Sottolineate anche la cura con cui annunciano il Vangelo nelle omelie domenicali, preparate con molta attenzione e con grande preoccupazione pedagogica. Così facendo introducono i fedeli nel mistero del dogma cristiano. In questo ambito, grazie ai programmi di catechesi stabiliti a livello delle parrocchie, delle eparchie e dell'intera Chiesa locale, e grazie anche al vostro insegnamento, i fedeli vengono rafforzati nella loro fede per essere dei testimoni saldi. Il fine dell'insegnamento catechetico è «di ravvivare tra gli uomini la fede, illuminata per mezzo dell'istruzione, e di renderla cosciente e operosa» (Christus Dominus CD 14).

3. Nella vostra attività episcopale, vegliate in particolare sulla pastorale delle vocazioni, esercitando un discernimento attento sui candidati al sacerdozio e formando i seminaristi, affinché siano pronti a divenire i vostri collaboratori diretti. Il dinamismo della Chiesa di domani si fonda in grande parte sull'attenzione rivolta alla preparazione al sacerdozio. Non esitate a invitare i giovani a dedicarsi totalmente e radicalmente a Cristo. É grazie alla loro influenza benefica e alla loro gioia spirituale che i sacerdoti possono spingere i giovani a impegnarsi nella sequela di Cristo nel mistero ordinato.

4. Rendo grazie al Signore per la lunga tradizione, per la ricca storia della Chiesa copta cattolica e per l'apostolato attivo dell'insieme dei fedeli. Voi manifestate i vostri vincoli fraterni durante i vostri diversi incontri periodici. In effetti, in seno alle istanze patriarcali, collaborate attivamente per realizzare le strutture necessarie a un migliore dinamismo pastorale, preoccupandovi di associare strettamente alla vostra missione nelle diverse commissioni del patriarcato e delle eparchie, sacerdoti, religiosi e religiose, e laici.

5. Avete anche elaborato un programma di preparazione al matrimonio, per aiutare i fedeli a capire il senso di questo sacramento e ad assumersi pienamente le loro responsabilità di coniugi e di genitori, rispettosi del significato della sessualità nel matrimonio, vissuta secondo il disegno di Dio, della dignità della donna e del valore di ogni vita umana affidata dal Creatore. È opportuno che i sacerdoti e i laici chiamati a seguire le coppie di fidanzati ricevano la formazione teologica, spirituale e psicologica necessaria a presentare il pensiero della Chiesa in questo ambito. Preparare seriamente i giovani alla vita coniugale è particolarmente importante, poiché essi sono chiamati ad essere, con l'esempio della loro vita e con le loro specifiche scelte morali, testimoni di Cristo, dinanzi ai loro figli e ai loro concittadini. I loro fratelli scopriranno così la gioia di vivere nella libertà dei figli di Dio.

Sono lieto del lavoro che avete svolto per la riforma dei diversi rituali e per le loro traduzioni in lingua moderna, mossi dal desiderio di conservare il vostro patrimonio liturgico e spirituale specifico e di trasmetterlo alle giovani generazioni. Consentite così al popolo cristiano di comprendere meglio il dogma cristiano e di partecipare in modo più attivo alla Liturgia Divina.

6. È un segno eloquente per gli uomini che vi sia fra tutte le comunità cattoliche d'Egitto una giusta ripartizione dei beni e dei doni, manifestazione dell'amore di Dio. Ringrazio le Chiese locali e i movimenti che vi sostengono finanziariamente. Li esorto a continuare e a intensificare gli sforzi a favore delle vostre eparchie. Questa condivisione deve anche realizzarsi sempre più in seno al vostro patriarcato, affinché le eparchie che ricevono maggiori sovvenzioni accorrano in aiuto di quelle più povere o di recente fondazione. Realizzate così fra voi e con i vostri fratelli di altri Paesi un'opera di carità paragonabile a quella che esisteva ai tempi degli Apostoli in cui «i discepoli si accordarono, ciascuno secondo quello che possedeva, di mandare un soccorso ai fratelli abitanti nella Giudea» (Ac 11,29).

7. Il patriarcato copto cattolico e il vicariato latino del vostro Paese hanno una lunga tradizione educativa. Conosco i sacrifici che questa opera comporta per le vostre comunità. Proponendo la gratuità della frequenza scolastica in alcune scuole, tenete conto delle condizioni di vita attuale, che mettono talvolta in pericolo la vita delle famiglie, che hanno sempre meno mezzi per provvedere ai loro bisogni fondamentali al fine di allevare e di educare i giovani. Sacerdoti, religiosi, religiose e laici sono impegnati nella formazione intellettuale della gioventù egiziana, cristiana e musulmana. La comunità educativa inoltre contribuisce allo sviluppo della personalità integrale dei giovani, proponendo loro i valori umani, spirituali e morali essenziali, nel rispetto di quanti non condividono le convinzioni cristiane; i genitori che iscrivono i loro figli alle scuole cattoliche devono accettare il fatto che i discepoli di Cristo non possono tacere i valori cristiani su cui si fondano le loro convinzioni, il loro insegnamento e il loro stile di vita.

Portate a tutti coloro che sono impegnati in questo servizio agli uomini e alla Chiesa il mio cordiale incoraggiamento. Che gli educatori e i genitori si ricordino che i giovani hanno bisogno di modelli e che la scuola è un luogo di convivenza pacifica e d'integrazione sociale, in cui ciascuno è chiamato a riconoscere l'altro, ad accoglierlo con la sua sensibilità e a riconoscerlo come un fratello. I giovani impareranno così che ciò che più conta per l'edificazione sociale è la solidarietà fra tutti e il rispetto di ogni persona. Sono queste le condizioni fondamentali per la pace e per lo sviluppo degli esseri umani. Si apprezza l'attenzione rivolta dalle Autorità egiziane e dall'insieme dei vostri concittadini all'alta qualità dell'insegnamento e dell'educazione umana e morale nelle scuole cattoliche, così come all'impegno dei fedeli nella pastorale caritativa e nell'assistenza sanitaria e sociale.

8. Nelle vostre relazioni quinquennali avete ricordato i legami fraterni che vi uniscono alla Chiesa copta ortodossa e le possibilità di collaborazione offerte a livello di insegnamento della religione e di aiuto caritativo. Costituiscono un primo passo nel dialogo ecumenico e un appello a compierne altri. Desidero invitarvi a proseguire nella vostra apertura alle altre Chiese e ai rapporti ecumenici con esse. Mi associo anche alle sofferenze che mi avete comunicato e che provate dinanzi alle incomprensioni di coloro che sono vostri fratelli molto cari, con cui condividete la stessa tradizione spirituale e lo stesso desiderio di far conoscere e di amare il Signore. Che i Pastori e i fedeli cattolici non cessino mai, nonostante le difficoltà, di compiere gesti fraterni! Che si ricordino che l'amore invita all'amore e che un atteggiamento caritativo invita alla reciprocità! Le testimonianze di carità contribuiscono a ristabilire e a mantenere un clima sereno fra le Chiese e a trovare soluzioni ai problemi che ancora ostacolano la piena comunione. A questo proposito, mi rallegro dei segni tangibili offerti dalle vostre comunità per aiutare generosamente la Chiesa copta ortodossa, in particolare offrendole alcune chiese per celebrare la Liturgia Divina con i suoi fedeli.

Il dialogo e il riavvicinamento non escludono il fatto che ogni comunità debba rispettare le sensibilità proprie delle altre comunità e il modo specifico di esprimere la fede comune in Cristo e di celebrare i sacramenti che le Chiese devono reciprocamente riconoscere amministrati in nome dello stesso Signore. Il Catechismo della Chiesa Cattolica infatti ricorda chiaramente che «il Battesimo costituisce il fondamento della comunione fra tutti i cristiani» (Catechismo della Chiesa Cattolica CEC 1271), poiché è «il vincolo sacramentale dell'unità, che vige fra tutti quelli che per mezzo di esso sono stati rigenerati» (Unitatis redintegratio UR 22).

9. È importante che tutti gli uomini di buona volontà si uniscano per ridurre le incomprensioni, le divisioni e le fratture che possono ostacolare la vita quotidiana; ognuno deve adoperarsi affinché tutti i settori della popolazione di un Paese, sebbene numericamente debole, siano trattati con il riguardo e l'attenzione a cui hanno diritto nella società e che ogni persona sia considerata un cittadino a pieno diritto. Nel campo della difesa delle persone e dei popoli, in seno a ogni nazione, la Chiesa ha una missione particolare. Essa «si sente interpellata dal preciso compito di ridurre tali fratture» (Esortazione Apostolica Post-sinodale Ecclesia in Africa, n. 49) e a costruire dei ponti fra tutte le componenti culturali di un popolo. In questo spirito la Chiesa invita instancabilmente i cristiani e i musulmani a cercare sinceramente di comprendersi a vicenda e a proteggere e a promuovere insieme, per tutti gli uomini, la giustizia sociale, i valori morali, la pace e la libertà. Come hanno ricordato di recente i Patriarchi cattolici d'Oriente, «l'Islam non è il nemico, ma l'interlocutore di un dialogo indispensabile per l'edificazione della nuova civiltà umana». Allo stesso modo «il Cristianesimo ... non è il nemico, ma l'interlocutore principale nel dialogo indispensabile per l'edificazione di un mondo nuovo» (3° Lettera Pastorale, Natale 1994, n. 40).

179 I cristiani hanno quindi il legittimo diritto e il dovere di impegnarsi nella vita pubblica e di mettere le loro competenze al servizio delle collettività locali, per partecipare all'edificazione della società, alla pace fra tutti e alla gestione del bene comune. Nel suo insegnamento, la Chiesa ha spesso ricordato i principi di giustizia e di equità nella partecipazione alla vita sociale. In effetti, nessuno deve essere escluso dalla res publica per le sue opinioni politiche o religiose. Ogni singola cultura viene segnata per sempre dagli apporti religiosi e civili delle diverse civiltà che hanno prevalso in una determinata regione e che devono essere considerati elementi della cultura comune (cfr Giovanni Paolo II, Una nuova speranza per il Libano, n. 93). Spetta dunque all'insieme degli artefici della vita sociale assicurare, in nome della semplice reciprocità, la libertà necessaria alla vita religiosa e morale, senza che questa comporti un'esclusione del popolo al quale si appartiene e che si ama perché rappresenta le proprie radici e perché è il popolo dei propri antenati. In questa prospettiva, invito i cristiani delle vostre comunità a essere sempre fermenti di concordia e di riconciliazione.

10. Nelle vostre relazioni avete sottolineato il posto importante occupato dai religiosi e dalle religiose presso il popolo egiziano in ambiti quali l'educazione, la sanità, le opere caritative, la promozione della parità fra uomo e donna, e i rapporti con i cristiani delle altre confessioni e con i musulmani. Trasmettete loro i miei cordiali saluti. Rendo grazie al Signore per ciò che ha dato loro di compiere. Presenti in mezzo agli uomini, le persone consacrate ricordano in modo profetico, attraverso la pratica dei consigli evangelici, che Cristo è al primo posto e che può colmare quanti s'impegnano nella sua sequela. Il popolo cristiano ha bisogno di uomini e di donne che siano totalmente dediti al Signore e ai loro fratelli e che possano esprimere questo amore verso Dio e per il prossimo attraverso scelte coerenti e progetti concreti. Sono grato alle Congregazioni e agli Istituti che inviano regolarmente nel vostro Paese persone nuove per rispondere ai bisogni pastorali più urgenti.

11. Cari Fratelli della Chiesa copta cattolica, dovete far fronte a numerose difficoltà nella crescita delle vostre comunità che non dispongono sempre dei luoghi di culto necessari ai loro incontri liturgici e i cui fedeli sono a volte spinti a lasciare la loro Chiesa a causa delle condizioni sociali imposte ai cristiani. Che possiate dare ai membri delle vostre eparchie i mezzi spirituali che consentano loro di restare saldi nella fede in mezzo ai loro concittadini, affinché la Chiesa rimanga legittimamente presente e visibile nel Paese!

Recentemente mi sono recato in Libano per consegnare ai cristiani di questo Paese l'Esortazione Apostolica Post-sinodale Una nuova speranza per il Libano, frutto dell'Assemblea Speciale del Sinodo dei Vescovi. Vi invito a rivolgere la vostra attenzione a questo documento, che contiene aspetti concernenti le diverse comunità cattoliche orientali e i legami con gli uomini di altre religioni.

12. Beatitudine, desidero porgerle i miei calorosi auguri in occasione del trentesimo anniversario della sua ordinazione episcopale, per ravvivare in lei il dono di Dio ricevuto con l'imposizione delle mani. Porgo i miei cordiali auguri anche a tutti i sacerdoti e a quanti fra voi celebrano in questo mese di giugno un anniversario di ordinazione. Prego lo Spirito Santo affinché vi stia accanto e vi colmi dei suoi doni! La mia preghiera raggiunge anche l'insieme dei cattolici di rito copto e del vicariato apostolico latino. Portate a tutti il saluto affettuoso e l'incoraggiamento caloroso del Successore di Pietro. Che, nelle difficoltà presenti, i discepoli di Cristo non perdano la speranza e che lo Spirito ispiri a tutti sentimenti di concordia e di pace!

Per intercessione dell'Apostolo Marco, imparto di tutto cuore la Benedizione Apostolica a voi e ai membri del popolo di Dio affidato alla vostra sollecitudine pastorale.

GP2 Discorsi 1997 173