GP2 Discorsi 1996 237


AI RAPPRESENTANTI DELLE AMMINISTRAZIONI


LOCALI DELLA REGIONE POLACCA DI MALOPOLSKA


Lunedì, 28 ottobre 1996




Saluto cordialmente i rappresentanti delle Amministrazioni Locali della regione di Malopolska qui presenti.

Tramite voi voglio salutare anche tutti coloro che rappresentate, e che sono cari al mio cuore. Sin dai suoi inizi la mia vita è stata unita a Malopolska. Spesso mi reco col pensiero nelle città e nei villaggi di questa terra, ricordo i luoghi e i paesaggi, e in modo particolare le persone. Tali pensieri si intrecciano con la preghiera per i miei cari Connazionali, a me sempre vicini. Di tutto cuore ringrazio per il dono che avete portato con voi. È l’espressione dell’attaccamento degli abitanti di Malopolska al Successore di San Pietro.

238 Tale attaccamento, che si esprime in modo particolare nella preghiera che accompagna il mio servizio sulla Sede di Pietro, ha la sua fonte naturale nel fatto della provenienza della stessa Terra di Malopolska. Tuttavia, questo attaccamento ha un fondamento molto più profondo e molto più durevole. È la fede, che nella missione del Vescovo di Roma si compie incessantemente l’esortazione rivolta da Cristo all’Apostolo Pietro: conferma nella fede i tuoi fratelli (cf. Lc Lc 22,32).

La vostra presenza in Vaticano, cari signori, è il segno che volete unire il vostro adempimento dei compiti sociali alla conservazione dell’atteggiamento cristiano di fede. È un’aspirazione giusta. È proprio alla luce della fede che si può leggere nel modo più pieno in che cosa consiste l’ordine morale che deve essere osservato in ogni azione a favore del bene comune, affinché esso sia efficace e al contempo si compia nel rispetto di ogni uomo e dell’ambiente naturale in cui questi vive (cf. Gaudium et Spes GS 74). Dalla fede nasce anche quella sensibilità soprannaturale verso i bisogni altrui, che mira ad una perseverante introduzione nella realtà di questo mondo dell’idea della giustizia del Regno di Dio. Molte volte ho fatto osservare i principi che devono guidare i credenti rivestiti di una missione sociale. Vorrei ricordare qui uno di essi che sembra acquistare oggi una particolare attualità. Esso è la sollecitudine per la famiglia, in tutte le dimensioni della sua esistenza. “Certamente la famiglia e la società hanno una funzione complementare nella difesa e nella promozione del bene di tutti gli uomini e di ogni uomo. ( . . .)

Convinte che il bene della famiglia costituisce un valore indispensabile e irrinunciabile della comunità civile, le autorità pubbliche devono fare il possibile per assicurare alle famiglie tutti quegli aiuti - economici, sociali, educativi, politici, culturali - di cui hanno bisogno per far fronte in modo umano a tutte le loro responsabilità” (Giovanni Paolo II, Familiaris consortio FC 45). Desidero esprimere un profondo riconoscimento per ogni sforzo assunto dalle Amministrazioni Locali di Malopolska, miranti alla difesa della dignità della persona umana e dei valori perenni, radicati molto fortemente in questa regione della Polonia. Cerco di seguire con attenzione queste azioni ed esse mi sono note. Ringrazio per il vostro contributo nello sviluppo della cultura nativa e la conservazione in essa di ciò che vi fu portato dalla millenaria tradizione cristiana. È degno di lode anche il vostro impegno nello sviluppo delle città e dei villaggi, rispettando la loro bellezza naturale.

Prego Dio perché il bene compiuto già, grazie alla vostra fatica e a quella della società che rappresentate, non venga sciupato. Di cuore benedico tutti i presenti. Portate questa mia benedizione in tutti gli ambienti della Terra di Malopolska. Che Dio vi ricompensi!

Possiamo affidare a Dio la nostra Patria cantando l’“Appello di Jasna Gora”.



SALUTO DI GIOVANNI PAOLO II


AL TERMINE DEL CONCERTO ESEGUITO IN OCCASIONE DEL


50° ANNIVERSARIO DELL'ORDINAZIONE SACERDOTALE


Aula Paolo VI - Giovedì, 31 ottobre 1996




Signori Cardinali,
Venerati Fratelli nell’Episcopato,
Illustri Signori e Signore!

1. Con animo grato desidero porgere a tutti voi il mio cordiale saluto, al termine di questa splendida esecuzione dell’oratorio “Il Messia” di Georg Friederich Händel. Ringrazio anzitutto il caro Cardinale Bernardin Gantin che, a nome del Collegio Cardinalizio e di tutti i presenti, ha voluto formularmi gli auguri per il cinquantesimo anniversario della mia Ordinazione sacerdotale, che ricorre proprio domani. Ringrazio quanti sono intervenuti ed hanno voluto così manifestarmi la loro vicinanza e stima in questa circostanza. Sono grato, poi, al Presidente e al Direttore Generale della RAI per la trasmissione del concerto.

2. Ich bedanke mich bei der Regierung der Republik Österreich, deren Geste ich sehr geschätzt habe, mir diese musikalische Betrachtung anlälich meines Priesterjubiläums anzubieten. Ich gratuliere dem Dirigenten Franz Welser-Möst, den Solisten, dem Orchester der ”Camerata Accademica“ von Salzburg und den jungen Sängern des ”Mozartchores“ aus Linz.

239 Der ”Messias“ von Händel ist die musikalische Nacherzählung der Wegstrecken jenes ”admirabile commercium“ zwischen Gott und den Menschen, jenes geheimnisvollen Austausches, der seinen Höhepunkt in der durch das menschgewordene Wort Gottes bewirkten Erlösung erreicht. Der Priester in seiner authentischen Identität ist der Diener des Erlösungswerkes Jesu Christi. Indem er die Einladung, ihm zu folgen annimmt, wird er selber zum Geschenk für die Menschheit, damit jeder Mann und jede Frau in Überflu von den Quellen der Gnade, die vom Erlöser ausgehen, schöpfen kann.

3. A cinquant’anni dal giorno benedetto in cui lo Spirito Santo, mediante l’imposizione delle mani dell’Arcivescovo di Cracovia Adam Stefan Sapieha, mi ha consacrato sacerdote di Cristo, rivolgo a Dio il mio grazie commosso per quanto egli ha voluto compiere in me. Nello stesso tempo, estendo la mia gratitudine alle tante persone che ho incontrato sulla mia strada e che, in diversa misura, mi hanno aiutato nel cammino percorso in tutti questi anni.

Continui l’eterno Padre, per intercessione di Maria, Regina di tutti i Santi, a guidare i miei passi, perché possa essere ministro fedele dei doni divini e servo generoso del gregge che Egli mi ha affidato.

Con tali sentimenti, volentieri imparto a tutti la mia Benedizione.



                                                            Novembre 1996


ALLE CAPITOLARI DELLE FIGLIE


DI MARIA AUSILIATRICE


Sala Clementina - Giovedì, 7 novembre 1996




Carissime Sorelle!

1. Sono lieto di accogliervi a conclusione del vostro XX Capitolo Generale. Rivolgo un cordiale saluto a Suor Antonia Colombo, che avete eletto alla guida del vostro Istituto. La ringrazio per le espressioni pronunciate a nome di voi tutte e formulo l’augurio che Ella possa, nel suo nuovo ruolo, aiutare la Congregazione a perseverare con costante generosità nel prezioso servizio che essa svolge nel campo della pastorale giovanile. Intendo inoltre salutare le oltre sedicimila Figlie di Maria Ausiliatrice, presenti in ben 83 Nazioni. Il mio pensiero cordiale va, altresì, a Suor Marinella Castagno, che in questi anni ha guidato l’Istituto con sapienza evangelica e coraggiose aperture nel campo delle nuove frontiere dell’evangelizzazione.

2. Nel corso delle intense giornate capitolari, vi siete messe in ascolto dello Spirito per ripensare, in continuità con il precedente Capitolo generale, l’identità dell’Istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice, come “Comunità di donne radicate in Cristo, chiamate ad una missione educativa inculturata verso il Terzo Millennio”.

Per realizzare questo obiettivo, avete sentito il bisogno di confrontarvi con le origini della vostra Famiglia religiosa, quando, alla scuola di Don Bosco e di santa Maria Domenica Mazzarello, le prime Sorelle con audacia divennero educatrici pronte nel rispondere alle sfide dell’inculturazione del loro tempo.

Tali confronti, che hanno messo ciascuna di voi a contatto con le radici della vostra esperienza religiosa, hanno creato il clima di apertura fiduciosa allo Spirito in cui si è sviluppato il dialogo tra sorelle provenienti da latitudini e culture diverse per riesprimere nel mondo attuale il carisma suscitato nella Chiesa attraverso i vostri Santi Fondatori.

240 3. In tale contesto avete approfondito soprattutto la grazia di essere donne e il contributo che siete chiamate a offrire per promuovere una nuova cultura della vita, della solidarietà e della corresponsabilità.

Vi siete fermate, poi, a riflettere sulla missione che Dio affida alla donna, chiamandola a farsi carico in modo del tutto speciale dell’“essere umano . . ., sempre e comunque, persino nelle condizioni di discriminazione sociale in cui essa può trovarsi” (Giovanni Paolo II, Mulieris dignitatem
MD 30) e ad “assicurare la dimensione morale della cultura, la dimensione cioè di una cultura degna dell’uomo, della sua vita personale e sociale” (Eiusdem, Christifideles laici CL 51).

Rispondendo alle indicazioni dell’Esortazione apostolica Vita Consecrata e in atteggiamento di gratitudine per i doni ricevuti dal Signore, vi siete impegnate ad essere “promotrici di un nuovo femminismo” evangelicamente ispirato (Eiusdem, Evangelium vitae EV 99), cioè di una nuova presenza della donna consacrata nell’odierna società, per essere nella Chiesa e nel mondo segno credibile della tenerezza di Dio verso l’intero genere umano (cf. Eiusdem, Vita consecrata VC 57-59).

Avete assunto così l’impegno di vivere insieme con gioia quell’“esperienza di carità apostolica che ha come sorgente il cuore stesso di Cristo e come modello la sollecitudine materna di Maria” (Costituzioni, n. 7), per esprimere la profezia della sequela di Cristo casto, povero ed obbediente come risposta al bisogno di umanizzazione del nostro tempo.

4. Carissime Sorelle! Il vostro carisma salesiano vi sollecita a realizzare tali propositi soprattutto guardando al mondo giovanile. Nel panorama odierno di una società che spesso si allontana dai valori del Vangelo, sono non di rado i giovani e le giovani ad essere vittime innocenti di una cultura che, dimenticando Dio, schiaccia l’uomo.

Sulle orme di don Bosco e di santa Maria Domenica Mazzarello, non abbiate timore di affrontare con ardore profetico tali situazioni, tessendo reti di solidarietà in cui le giovani generazioni possano ritrovare dignità e speranza, valorizzando le diversità personali e culturali come ricchezze da donare per promuovere un mondo più vicino al progetto di Dio. Attraverso la via maestra dell’educazione critica e propositiva, vi sarà possibile così cooperare alla nuova evangelizzazione, rispondendo a quel bisogno di formazione ai valori del Vangelo che rappresenta la sfida più grande rivolta alla Chiesa dalle moderne trasformazioni culturali.

Grazie alla vostra specifica spiritualità salesiana, voi, Figlie di Maria Ausiliatrice, potrete diventare nel mondo “segno ed espressione” dell’amore proveniente dal Padre (cf. Cost., 1) ed educare le giovani del nostro tempo ad un esercizio nuovo della maternità, della fraternità e del servizio.

5. Carissime Sorelle! Maria, ispiratrice del vostro Istituto, “continua ad esserne la Maestra e la Madre”. Alle soglie del terzo millennio, vi affido a Lei, aiuto materno di ogni vita che nasce alla fede e di ogni cultura che si apre all’amore. Il suo esempio e la sua intercessione vi rendano capaci di rinnovare costantemente con generosa letizia il vostro “sì” di consacrazione.

Con tali auspici imparto a voi tutte, alle vostre Consorelle e a quanti sono affidati alla vostra opera evangelizzatrice, una speciale Benedizione Apostolica.


AI MEMBRI DELL'ASSEMBLEA PLENARIA DEL PONTIFICIO


CONSIGLIO DELLA GIUSTIZIA E DELLA PACE


Venerdì, 8 novembre 1996




Signori Cardinali,
241 Cari Fratelli nell’Episcopato,
Cari amici,

1. Sono lieto di incontrarvi e di esprimervi la mia viva gratitudine per i lavori dell’Assemblea Plenaria del Pontificio Consiglio Iustitia et Pax. La vostra riunione ha luogo poco prima dell’avvio dei tre anni di preparazione al grande Giubileo dell’anno 2000; questo evento eccezionale dà al programma di lavoro del vostro Dicastero la sua ispirazione profonda, affinché il mondo conosca giorni di giustizia e di pace in Cristo.

Ringrazio in particolare il vostro Presidente, il Cardinale Roger Etchegaray, per le parole che mi ha rivolto e per il suo instancabile ardore nella missione che svolge al fine di portare, in nome della Sede Apostolica, la parola e le azioni della pace a quanti sono colpiti dai flagelli della guerra e dalle tante forme sociali della povertà. Vorrei anche ringraziare i suoi attivi collaboratori per i servizi che rendono quotidianamente. Organo della Santa Sede, il Consiglio Iustitia et Pax contribuisce ampiamente alla diffusione della dottrina sociale della Chiesa; l’apporto delle sue riflessioni è stato prezioso e ha arricchito la partecipazione della Santa Sede alle attività della comunità internazionale in questi ultimi anni.

2. Il tema centrale della vostra Assemblea Plenaria è quello del rapporto fra la democrazia e i valori, che ho già ricordato in diverse occasioni. Si tratta di un insieme di questioni fra le più attuali e determinanti per mantenere e per migliorare i sistemi democratici.

La dottrina sociale della Chiesa condanna tutte le forme di totalitarismo, poiché esse negano la “trascendente dignità della persona umana” (Giovanni Paolo II, Centesimus annus
CA 44); inoltre, essa esprime la sua stima per i sistemi democratici (cf. Ivi, 46), concepiti per assicurare la partecipazione dei cittadini (cf. Gaudium et spes GS 75), secondo il saggio criterio del principio di sussidiarietà. Un tale principio presuppone che i sistemi politici riconoscano il ruolo essenziale delle persone, delle famiglie e dei diversi gruppi che compongono la società civile.

Appare tuttavia un motivo d’inquietudine: in numerosi Paesi, la democrazia, affermatasi da lungo tempo o instaurata di recente, può essere messa in pericolo da punti di vista o da comportamenti ispirati dall’indifferenza o dal relativismo nell’ambito morale, che disconoscono l’autentico valore della persona umana. Una democrazia non fondata sui valori propri della natura umana comporta il rischio di compromettere la pace e lo sviluppo dei popoli.

3. Dinanzi a tali situazioni, i cristiani sono chiamati a reagire con la forza che proviene loro dal Vangelo di Gesù Cristo e dal patrimonio illuminante della dottrina sociale della Chiesa. Spetta in particolare ai fedeli laici rendere ricca di valori umani e cristiani la pratica democratica dei popoli, grazie a un’azione educativa intelligente e continua: formare all’onestà, alla solidarietà, all’attenzione verso i più bisognosi, a “stili di vita, nei quali la ricerca del vero, del bello e del buono e la comunione con gli altri uomini per una crescita comune siano gli elementi che determinano le scelte dei consumi, dei risparmi e degli investimenti” (Giovanni Paolo II, Centesimus annus CA 36).

Fondandosi chiaramente sui valori della dignità eminente della persona umana, la riflessione attuale sul sistema democratico non dovrà prendere in considerazione soltanto i sistemi politici e le istituzioni, ma dovrà anche estendersi all’insieme della società, all’economia del lavoro (cf. Paolo VI, Octogesima adveniens, 47), al fine di elaborare una concezione della democrazia autentica e completa.

4. In questa prospettiva, in cui sono opportunamente associate la democrazia e l’economia, vorrei attirare la vostra attenzione sulla questione del debito internazionale poiché, da parte di quanti portano il nome di cristiani, un contributo determinato per risolvere ragionevolmente questo problema sarebbe un segno eloquente della conversione dei cuori, elemento essenziale del grande Giubileo. Voi sapete che il problema del debito contribuisce a rendere molto dura la situazione sociale in numerosi Paesi e che costituisce un’ipoteca drammatica sullo sviluppo democratico dei loro sistemi politici ed economici, impedendo ogni speranza in un futuro più umano.

La comunità internazionale, preoccupata di vedere le reti di solidarietà lacerarsi, ha iniziato a riflettere in modo responsabile su questo tema così importante per il bene dell’umanità, per giungere a soluzioni concrete e sensate. Di fronte a questi promettenti impegni, vorrei esprimere qui la stima e l’incoraggiamento della Chiesa, decisa, da parte sua, a proseguire nello sforzo di illuminare quanti devono prendere decisioni cariche di conseguenze.

242 Dieci anni fa, il Pontificio Consiglio Iustitia et Pax formulò propositi lucidi e lungimiranti nel suo coraggioso documento sul debito internazionale (27 ottobre 1986). Confermando oggi questo tipo di missione del Consiglio, gli affido la responsabilità di aggiornare e di elaborare suggerimenti e orientamenti nel quadro spirituale e culturale del grande Giubileo dell’anno 2000. Sono convinto di poter contare sulla vostra generosa disponibilità nella ricerca di soluzioni che tenderanno a lenire la condizione di povertà di numerosi fratelli e sorelle e che promuoveranno un mondo che ha bisogno di ritrovare il tempo della condivisione e della solidarietà, in particolare sul piano internazionale.

Invocando, per questo compito e per questa sollecitudine, il sostegno materno di Maria, benedico di tutto cuore le vostre Diocesi, i vostri Paesi e le vostre famiglie.




AI PELLEGRINI SLOVACCHI RIUNITI


NELLA BASILICA VATICANA


Sabato, 9 novembre 1996




Venerati Fratelli nell’Episcopato!
Carissimi Sacerdoti, Religiosi e tutti voi, pellegrini Slovacchi!

1. Siate i benvenuti! Con grande gioia vi accolgo e vi saluto con affetto. La vostra odierna visita vuole ricambiare quella che io ho compiuto in Slovacchia l’anno scorso, dal 30 giugno al 3 luglio. Ringrazio Mons. Rudolf Baláz, Presidente della Conferenza Episcopale Slovacca, che a nome di tutti mi ha espresso sentimenti di devota gratitudine, porgendomi al tempo stesso un cordiale augurio per il cinquantesimo di Ordinazione Sacerdotale.

I momenti solenni ed entusiasti vissuti in mezzo a voi sono ancora impressi nella mia memoria, e l’odierna Udienza ne ravviva il ricordo: la sosta nella Con-Cattedrale di Bratislava; il festoso incontro con la gioventù a Nitra; il pellegrinaggio a Šaštín, per venerare la Madonna Addolorata, Patrona della Slovacchia; la canonizzazione dei tre Martiri di Košice; il momento di preghiera con la comunità greco-cattolica a Prešov; la grande celebrazione sulla “Collina di Maria”, nell’antico Santuario presso Levoca.

Mentre ripenso alle tappe del mio viaggio apostolico nel vostro Paese, rinnovo il rendimento di grazie a Dio per avermi dato l’opportunità di visitare la vostra Comunità cristiana e la mia riconoscenza a quanti hanno collaborato alla preparazione ed alla realizzazione dell’indimenticabile pellegrinaggio pastorale.

2. La divina Provvidenza ha voluto che il Successore di Pietro visitasse la Slovacchia nell’ora della rinascita, dopo la triste esperienza di sofferenza e di persecuzione, che aveva prodotto anche un’artificiosa divisione all’interno della Nazione e della Comunità cattolica. Il messaggio che vi ho lasciato nella mia venuta tra voi è stato un pressante invito all’impegno comune nel sanare le “ferite” e nel ricomporre l’unità sulla base di quei principi che sono il presupposto di ogni pacifica convivenza ed assicurano il sano sviluppo della società.

Il mio appello era rivolto a tutti. Ma, certo, per i cattolici - che costituiscono la maggioranza della popolazione - esso intendeva assumere un carattere particolare. Non basta, infatti, professarsi cattolici. È necessario dar prova di quella fede “operante” di cui ci parlano gli “Atti degli Apostoli”: una fede che trova la sua massima espressione nella carità, nella reciproca accoglienza, nel mutuo rispetto, nell’amore fraterno e solidale (cf. At Ac 2,42-47).

3. Questi frutti della fede possono maturare solo se ci si impegna in una sincera conversione personale, capace a sua volta di attirare e di convincere con l’eloquenza degli esempi. Verba volant, exempla trahunt. Testimoniare Cristo nella vita d’ogni giorno: ecco l’impegno di ogni credente, a cominciare dalla famiglia per proseguire poi nei movimenti e nelle organizzazioni ecclesiali e di ispirazione cristiana. Solo in questo modo si otterrà che il Vangelo, il messaggio del Dio fatto uomo, costituisca il fermento efficace nella massa e garantisca e promuova la crescita di ciascuno e di tutti.

243 I cattolici non devono rimanere ai margini della vita sociale e politica. Anzi è grande il contributo che essi possono e devono dare ispirandosi alla dottrina sociale della Chiesa, senza mai arroccarsi su posizioni preconcette e di parte, che sono spesso sterili quando non addirittura dannose. Quanto mai importante, in questo settore, è il mutuo rispetto, secondo l’antico ed aureo principio: “In necessariis unitas, in dubiis libertas, in omnibus caritas”.

Carissimi, l’Europa sta vivendo un momento delicato della sua storia: i cristiani, insieme con gli uomini di buona volontà, sono chiamati ad offrire quel supplemento d’anima di cui parlava il mio venerato predecessore, il Servo di Dio Papa Paolo VI: supplemento di fede, di speranza, d’amore, supplemento di verità, di libertà, di giustizia e di pace.

La Slovacchia ha un suo ruolo specifico nella costruzione dell’Europa del Terzo Millennio: siatene ben consapevoli! Con le sue tradizioni e la sua cultura, con i suoi martiri e confessori, con le forze vive delle sue nuove generazioni, essa è chiamata ad offrire un contributo altamente significativo all’autentico progresso del continente.

La Slovacchia è invitata ad offrire all’Europa soprattutto il dono della sua fede in Cristo e della sua devozione a Maria. Ed è proprio alla Vergine Santa che affido nuovamente la vostra Nazione, mentre imparto a voi, qui presenti ed all’intero popolo slovacco una speciale Benedizione Apostolica.

Sia lodato Gesù Cristo!



SALUTO DI GIOVANNI PAOLO II


AL TERMINE DELLA RECITA DEL ROSARIO


Dalla finestra del Palazzo Apostolico - Sabato, 9 novembre 1996

Carissimi confratelli sacerdoti,


vi ringrazio per la vostra presenza, per la comune preghiera, per la partecipazione a questo cinquantesimo anniversario dell’ordinazione sacerdotale del Papa a Roma.

Vorrei offrirvi solamente un dono: il dono della benedizione per voi, per i vostri fedeli, per le vostre comunità, per le vostre Chiese, per i vostri popoli, per i vostri Continenti.

A domani per la grande Concelebrazione.

Sia lodato Gesù Cristo!


AI RAPPRESENTANTI DI «SOLIDARNOSC»


244
Basilica Vaticana - Lunedì, 11 novembre 1996




1. Saluto cordialmente il pellegrinaggio di “Solidarnosc”, giunto così numeroso a Roma. Cari Fratelli e Sorelle, saluto voi qui presenti nella Basilica di San Pietro, ed anche tutti i lavoratori della Polonia. Porgo il mio benvenuto a quanti sono qui presenti: al Cardinale Primate, al Cardinale Metropolita di Cracovia, all’Arcivescovo Metropolita di Danzica, al Vescovo di Lomza, ai sacerdoti e ai rappresentanti delle autorità nazionali e regionali del Sindacato Autonomo ed Indipendente “Solidarnosc”, con il Signor Presidente a capo. Ringrazio di tutto cuore per le parole rivoltemi. Sono lieto di poter essere con voi oggi, 11 novembre, e rendo grazie a Dio per quest’incontro. Mi siete molto cari. Porto profondamente nel cuore e ogni giorno raccomando a Dio nella preghiera i vostri problemi, le vostre aspirazioni, preoccupazioni e gioie, la vostra fatica unita con il lavoro.

2. Miei cari, la giornata odierna mi riporta alla mente la prima visita della delegazione di “Solidarnosc” a Roma, nel gennaio del 1981, poco dopo la sua nascita, e poi il mio soggiorno a Danzica-Zaspa, durante il mio terzo pellegrinaggio in Polonia. Dissi allora che il sindacato “Solidarnosc” era una grande causa. Quello storico slancio degli operai polacchi, compiutosi sedici anni fa nella terra polacca resta impresso nelle pagine della storia contemporanea. Proprio grazie al solidale contegno dei lavoratori avvennero, nel 1989, radicali cambiamenti sociali e politici nel nostro continente, portando di conseguenza la libertà, la sovranità e l’indipendenza alla Polonia e alle nazioni dell’Europa Centrale dopo i lunghi decenni del regime totalitario instaurato dal sistema comunista. La Polonia e l’Europa si trovarono allora di fronte ad una realtà nuova e ad una grandissima occasione storica. Non ci è lecito dimenticarlo. L’idea di “Solidarnosc” appartiene al patrimonio polacco; è un bene riscattato con il sacrificio, la sofferenza, e perfino con la vita di molti. Non possiamo sciupare questo bene.Esso va continuamente moltiplicato per radicarsi stabilmente nel terreno dei cuori polacchi e nella consapevolezza di queste e delle future generazioni.

3. Di fronte alle trasformazioni che si compiono in Polonia, voglio sensibilizzare le vostre coscienze agli ideali evangelici di amore, di giustizia e di solidarietà, che devono guidare ogni azione per il presente e per il futuro. Senza tali valori l’autentico ordine sociale non può esistere. Una società che vuole definirsi democratica e libera, non può funzionare correttamente senza rispettare i diritti fondamentali dell’uomo e in essi quello più fondamentale: il diritto alla vita dal concepimento sino alla morte naturale.

Voglio esprimere qui grande apprezzamento per la vasta e coerente azione, che viene svolta in Polonia da “Solidarnosc”, a favore della famiglia e della difesa della vita umana.Nella Lettera alle Famiglie dissi tra l’altro: “Una Nazione veramente sovrana e spiritualmente forte è sempre composta di famiglie forti, consapevoli della loro vocazione e della loro missione nella storia. La famiglia sta al centro di tutti questi problemi e compiti: relegarla ad un ruolo subalterno e secondario, escluderla dalla posizione che le spetta nella società, significa recare un grave danno all’autentica crescita dell’intero corpo sociale” (Giovanni Paolo II, Lettera alle famiglie
LF 17).

Vi ringrazio oggi per questo atteggiamento autenticamente cristiano e patriottico, che costituisce un contributo concreto all’edificazione della civiltà della vita e dell’amore, e in definitiva all’umanizzazione del mondo.

4. Il Sindacato Autonomo ed Indipendente “Solidarnosc” nacque da una profonda sollecitudine per l’uomo e per i suoi bisogni spirituali e materiali, come pure da un senso di grande responsabilità per il bene comune dell’intera nazione. Il vostro compito, come sindacato, è di cooperare alla soluzione dei problemi dei lavoratori. Questi vanno risolti nello spirito di quella solidarietà interumana che ha la sua fonte in un autentico amore. Dunque c’è bisogno di una coraggiosa e fruttuosa collaborazione e di volontà di dialogo da parte di tutti coloro cui sta a cuore il bene del paese e della società. Oggi in Polonia è necessaria una grande, corale solidarietà delle menti, dei cuori e delle mani, capace di superare le divergenze e le divisioni, per poter costruire con coerenza e abnegazione una società più giusta, libera e fraterna. È necessaria, dunque, una profonda formazione di tutti i membri di “Solidarnosc”, aperta ai nuovi fenomeni che avvengono nella società, e al contempo fedele ai valori, che formarono gli inizi di questo Sindacato. Qui si tratta non soltanto di acquisire la conoscenza e le competenze indispensabili per assumersi compiti di responsabilità, ma si tratta anche della volontà di agire con coerenza e con spirito di sacrificio per il bene comune alla luce della dottrina sociale della Chiesa. Si tratta di una nuova cultura del lavoro che tenga in considerazione i bisogni spirituali e materiali dell’uomo e rispetti i suoi diritti fondamentali. Il lavoro coscienzioso, perseverante ed onesto diventerà così la via che porta ad un autentico progresso: la via della speranza.

Diventerà un elemento che cementa insieme, un segno di unità e di solidarietà interumana. Sarà in grado di avvicinare le menti, di congiungere i cuori e aiuterà a scoprire che gli uomini sono fratelli. L’uomo dovrebbe intendere il proprio lavoro “come incremento del bene comune elaborato insieme con i suoi compatrioti, rendendosi così conto che per questa via il lavoro serve a moltiplicare il patrimonio di tutta la famiglia umana, di tutti gli uomini viventi nel mondo” (Giovanni Paolo II, Laborem exercens LE 10). Parlando del lavoro voglio far osservare anche la questione dell’occupazione e le conseguenze che ne derivano.

Una società solidale è quella che è solidale con i lavoratori, una società in cui la persona umana costituisce il primo e definitivo criterio nella programmazione dell’occupazione. Occorre dunque far di tutto per restituire al lavoro umano, nel nostro paese, l’importanza ad esso propria ed il ruolo che dovrebbe svolgere in una società democratica. Occorre far ogni sforzo per combattere la disoccupazione che sta dilagando, dimostrando una sincera disponibilità a cercare delle soluzioni concrete ed efficaci. Questo è un grande compito per l’oggi e per il futuro, per tutti coloro che in Polonia hanno a cuore il bene del paese. “Non cerchi ciascuno il proprio interesse, - come scriveva S. Paolo ai Filippesi - ma anche quello degli altri” (Ph 2,4).

5. Miei cari, accogliete queste riflessioni in un giorno a noi particolarmente caro - nell’anniversario dell’indipendenza riacquistata della nostra Patria, nel 1918. Non possiamo dimenticare che a questo memorabile giorno dell’11 novembre hanno contribuito molti sacrifici e molti atti eroici di nostri fratelli e sorelle. Quanti di essi pagarono con la vita la libertà della Polonia! Chiniamo il capo con senso di grandissima gratitudine davanti a coloro che, per il bene comune, non esitarono a sacrificare ogni cosa. L’11 novembre porta dunque con sé una grande esortazione ad edificare una società degna del sacrificio di quegli uomini: una società basata sulla millenaria tradizione cristiana; una società in cui c’è posto per Cristo - nella famiglia, nella scuola e nel luogo di lavoro; una società che fa buon uso della sua libertà e rispetta i diritti fondamentali ed innegabili di ogni uomo.

6. Voglio, infine, ripetere le parole che pronunciai dopo la S. Messa a Danzica, nel memorabile anno 1987: “Tutti i giorni prego per voi; a Roma e dovunque mi trovi. Ogni giorno prego per la mia Patria e prego per gli uomini del lavoro, e prego per questa particolare grande eredità polacca: "Solidarnosc". Prego per quanti sono legati a questa eredità . . .” (Giovanni Paolo II, Ai fedeli al termine della Santa Messa a Danzica, 12 giugno 1987: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, X, 2 (1987) 2176). Tali parole non hanno perduto nulla dalla loro attualità e forza. Vi chiedo: pregate con me, qui nella Città Eterna, sulle tombe degli Apostoli Pietro e Paolo, e là, in Polonia, quando tornerete da questo pellegrinaggio. Preghiamo insieme per tutti i problemi della nostra Patria: per i lavoratori, per le famiglie polacche, per tutto ciò che costituisce la Polonia.

245 Benedico tutti voi, qui presenti. Portate questa mia benedizione nelle vostre case e alle vostre famiglie. Portatela agli agricoltori affaticati, a quanti sono negli uffici, nelle fabbriche, nelle miniere, in tutti gli ambienti, dove l’uomo, col sudore della fronte conquista il pane per sostenersi.




AI RAPPRESENTANTI DI ORGANIZZAZIONI


NON-GOVERNATIVE E DI AGENZIE INTERNAZIONALI


Martedì, 12 novembre 1996




Cari amici,

1. Sono molto lieto di dare il benvenuto a questo gruppo di rappresentanti di Organizzazioni non-governative e altre Agenzie che nel forum internazionale promuovono e difendono la dignità della persona umana. Avete desiderato questo incontro proprio perché riconoscete una convergenza sostanziale fra gli insegnamenti della Chiesa cattolica e le politiche e i fini delle vostre organizzazioni su numerose questioni cruciali riguardanti il futuro della famiglia umana.

2. Siete riuniti a Roma in concomitanza con il Vertice dell’Organizzazione per l’Alimentazione e l’Agricoltura, che sta affrontando le esigenze nutrizionali del mondo, in particolare dei poveri del mondo. Nel Disegno del Creatore, la destinazione universale dei beni della terra implica che ogni individuo ha il diritto fondamentale ad una alimentazione adeguata. Lo spettro della fame e della malnutrizione è realmente un’offesa contro l’immagine del Creatore in ogni essere umano. Ciò è vero in particolare quando la fame è la conseguenza del cattivo uso delle risorse o dell’eccessivo egoismo nel contesto di gruppi economici e politici opposti, o quando essa risulta dalla rigida applicazione del principio del profitto a detrimento della solidarietà e della cooperazione a beneficio di tutti coloro che formano la famiglia umana. I credenti devono sentirsi sfidati in coscienza ad operare per attenuare le differenze fra il Nord e il Sud e per instaurare giusti e onesti rapporti a ogni livello, sociale, economico, culturale ed etico, della vita umana su questa terra (cf. Giovanni Paolo II, Messaggio in occasione della Giornata Mondiale per la Pace, 1° gennaio 1986: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, VIII, 2 (1985) 1463). I cristiani devono trarre un incoraggiamento e un senso di urgenza dalle parole di Cristo stesso: “io ho avuto fame e mi avete dato da mangiare” (Mt 25,35).

3. Molti di voi cercano di affrontare altre, ancor più terribili, realtà indegne: le minacce alla vita stessa e la sistematica eliminazione di vite innocenti, in particolare dei nascituri. Approssimandoci alla fine di un secolo che non ha precedenti in quanto a distruzione della vita, la maggior parte delle volte in nome di ideologie totalitarie, dobbiamo forse concludere che anche la democrazia è divenuta la promotrice di ineguagliabili attacchi alla vita umana? Da una parte il progresso delle libertà democratiche ha portato a una nuova affermazione dei diritti umani, codificati per mezzo di importanti dichiarazioni e accordi internazionali, dall’altra, quando la libertà è avulsa dai principi morali che governano la giustizia e rivelano il bene comune, la democrazia stessa viene minata e diviene lo strumento attraverso il quale i forti impongono la loro volontà ai deboli come vediamo accadere sempre più intorno a noi.

4. Come voi ben sapete, non è sufficiente deplorare questa situazione. C’è ancora molto da fare per educare le coscienze e l’opinione pubblica alla realtà di ciò che, per motivi di brevità, ma con una solida giustificazione, è stato chiamato “cultura della morte”. Vi invito a rinnovare i vostri sforzi per promuovere la “cultura della vita” e a perseguire una visione morale più elevata che vi permetterà di cooperare ancor più a stretto contatto nella difesa della sacralità di ogni vita umana. Impiegate le vostre energie, le vostre doti, le vostre cognizioni in questo sforzo immenso e vitale a beneficio dell’umanità!

Che Dio vi conceda la forza e il coraggio di parlare nell’arena internazionale in nome di coloro che non hanno voce e di difendere quanti sono senza difesa, e che offra le sue abbondanti benedizioni a voi e alle vostre famiglie.




IN OCCASIONE DELLA SEDUTA INAUGURALE DEL


VERTICE MONDIALE SULL'ALIMENTAZIONE


Palazzo della Fao a Roma - Mercoledì, 13 novembre 1996




Signor Direttore generale,
Signor Segretario generale dell’Organizzazione delle Nazioni Unite, Eccellenze,
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