GP2 Discorsi 1996 246

246 Signore e signori,

1. È con riconoscenza particolare che rispondo al vostro delicato invito a rivolgermi alle delegazioni dei centonovantaquattro Paesi che partecipano al Vertice mondiale sull’Alimentazione. Vi ringrazio per la vostra calorosa accoglienza. Condividendo le vostre preoccupazioni, desidero riconoscere e incoraggiare i vostri sforzi volti ad aiutare quanti, bambini, donne, anziani o famiglie, soffrono la fame o non possono nutrirsi adeguatamente. Per rispondere in modo appropriato alle situazioni drammatiche che numerosi Paesi attraversano, avete la responsabilità di studiare i problemi tecnici e di proporre soluzioni ragionevoli.

2. Nelle analisi che hanno accompagnato i lavori di preparazione al vostro incontro si ricorda che più di ottocento milioni di persone soffrono ancora per la malnutrizione e che è spesso difficile trovare immediatamente soluzioni per migliorare in modo rapido situazioni così drammatiche. Tuttavia, noi dobbiamo ricercarle insieme, affinché non vi siano più, fianco a fianco, persone affamate e altre che vivono nell’opulenza, persone molto povere e altre molto ricche, persone che mancano del necessario e altre che sperperano ampiamente. Simili contrasti fra la povertà e la ricchezza sono insopportabili per l’umanità.

Spetta alle nazioni, ai loro dirigenti, ai loro agenti economici e a tutte le persone di buona volontà cercare tutte le possibilità di condividere più equamente le risorse, che non mancano, e i beni di consumo; mediante questa condivisione, tutti manifesteranno così il loro senso fraterno. È necessaria anche “la determinazione ferma e perseverante di impegnarsi per il bene comune: ossia per il bene di tutti e di ciascuno, perché tutti siano veramente responsabili di tutti” (Giovanni Paolo II, Sollicitudo rei socialis
SRS 38). In questo spirito, è opportuno cambiare le mentalità e le abitudini concernenti i modi di vita e i rapporti con le risorse e i beni, e al contempo educare all’attenzione verso il prossimo e i suoi bisogni legittimi. È auspicabile che le vostre riflessioni ispirino anche misure concrete che costituiscono strumenti di lotta contro l’insicurezza alimentare di cui sono vittime troppi nostri fratelli in umanità, poiché, sul piano mondiale, niente cambierà se i responsabili delle nazioni non terranno conto degli impegni iscritti nel vostro piano d’azione, per realizzare politiche economiche e alimentari fondate non solo sul profitto, ma anche sulla condivisione solidale.

3. Come avete constatato, le considerazioni demografiche non possono, da sole, spiegare la carente distribuzione delle risorse alimentari. Occorre rinunciare al sofisma che consiste nell’affermare che “essere numerosi significa condannarsi ad essere poveri”. Mediante i suoi interventi, l’uomo può modificare le situazioni e rispondere ai bisogni crescenti. L’educazione garantita a tutti, attrezzature adatte alle realtà locali, politiche agricole assennate, circuiti economici equi possono costituire altrettanti fattori che, a lungo termine, produrranno effetti positivi. Una popolazione numerosa può rivelarsi fonte di sviluppo in quanto implica scambi e richieste di beni. Ciò non vuole evidentemente dire che la crescita demografica possa essere illimitata. Ogni famiglia ha in questo campo doveri e responsabilità proprie, e le politiche demografiche degli Stati devono rispettare la dignità della natura umana e i diritti fondamentali delle persone. Tuttavia sarebbe illusorio credere che una stabilizzazione arbitraria della popolazione mondiale o anche la sua diminuzione possa direttamente risolvere il problema della fame: senza il lavoro dei giovani, senza l’apporto della ricerca scientifica, senza la solidarietà fra i popoli e fra le generazioni, le risorse agricole e alimentari diverrebbero verosimilmente sempre meno sicure, e le fasce più povere delle popolazioni resterebbero al di sotto della soglie di povertà ed escluse dai circuiti economici.

4. È opportuno anche riconoscere che le popolazioni sottoposte a condizioni d’insicurezza alimentare sono spesso costrette a ciò da situazioni politiche che impediscono loro di lavorare e di produrre normalmente. Si pensi ad esempio ai Paesi devastati da conflitti di ogni sorta o che sopportano il peso a volte opprimente di un debito internazionale, ai rifugiati costretti a lasciare le loro terre e troppo spesso lasciati senza assistenza, alle popolazioni vittime degli embargo imposti senza un discernimento sufficiente. Sono situazioni che richiedono l’uso di strumenti pacifici per la risoluzione delle controversie e dei contrasti che possono sopraggiungere, come suggerisce del resto il Piano d’Azione del Vertice mondiale dell’Alimentazione (cf. Piano d’Azione del Vertice mondiale dell’Alimentazione, n. 14).

5. Certo, non ignoro che fra i vostri impegni a lungo termine più importanti figurano quelli che concernono le forme d’investimento nel settore agricolo e alimentare. Un paragone sembra imporsi qui con le somme impiegate per gli armamenti o le spese superflue abitualmente effettuate nei Paesi più sviluppati. S’impongono scelte urgenti per permettere, sia a livello nazionale e internazionale sia a livello delle diverse comunità e famiglie, di individuare strumenti rilevanti per garantire nella maggior parte dei Paesi la sicurezza alimentare, fattore di pace, che non consiste solo nel creare importanti riserve alimentari, ma anche e soprattutto nel dare a ogni persona e a ogni famiglia la possibilità di disporre in ogni momento di cibo a sufficienza.

6. Voi intendete assumere impegni esigenti in questi ambiti, in particolare nella loro dimensione economica e politica. Desiderate cercare le misure più atte a favorire la produzione agricola locale e la tutela dei terreni agricoli, preservando al contempo le risorse naturali. Le proposte contenute nel Piano d’azione mirano a far sì che vengano garantite, mediante azioni politiche e disposizioni legislative, una giusta ripartizione della proprietà produttiva, la promozione dell’agire associativo e cooperativo agricolo così come la tutela dell’accesso ai mercati, a beneficio delle popolazioni rurali. Avete anche formulato suggerimenti per l’aiuto internazionale ai Paesi più poveri e per una definizione equa dei termini di scambio e di accesso al credito. Tutto ciò sarà certamente insufficiente se non sarà accompagnato da sforzi al servizio dell’educazione delle persone alla giustizia, alla solidarietà e all’amore per ogni uomo, che è un fratello. Gli elementi contenuti nei vostri diversi impegni potranno diventare forze capaci di vivificare i rapporti fra i popoli, mediante uno scambio costante, vera “cultura del dono” che dovrebbe disporre ogni Paese a rispondere ai bisogni dei più svantaggiati, come ho già detto in occasione del 50° anniversario della F.A.O. (cf. Giovanni Paolo II, Ai partecipanti alla XXVIII Conferenza Generale della Fao in occasione del 50° di fondazione, 23 ottobre 1995, n. 4: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, XVIII, 2 (1995) 930 s). La sicurezza alimentare sarà il frutto di decisioni ispirate da un’etica della solidarietà e non solo il risultato di operazioni di aiuto reciproco.

7. Nella lettera Tertio Millennio adveniente, scritta per la preparazione del Giubileo dell’anno 2000, ho proposto iniziative concrete di solidarietà internazionale. Ho ritenuto di dovere ricordare “una consistente riduzione, se non proprio (un) totale condono, del debito internazionale, che pesa sul destino di molte Nazioni” (Giovanni Paolo II, Tertio Millennio adveniente, TMA 51). La scorsa settimana, nel ricevere l’Assemblea plenaria del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, ho ribadito la stima della Chiesa per alcuni impegni presi dalla comunità internazionale. Rinnovo qui il mio incoraggiamento perché le azioni intraprese siano portate a termine. Da parte sua, la Chiesa è decisa a proseguire i suoi sforzi, al fine di illuminare coloro che devono prendere decisioni cariche di conseguenze. Nel suo recente documento La fame nel mondo. Una sfida per tutti: lo sviluppo solidale, il Pontificio Consiglio Cor Unum ha formulato alcune proposte tese a favorire una ripartizione più equa delle risorse alimentari, che, grazie a Dio e al lavoro dell’uomo, non mancano oggi né mancheranno domani. La buona volontà e politiche generose dovrebbero stimolare l’ingegnosità degli uomini, perché i bisogni vitali di tutti vengano soddisfatti, in virtù della destinazione universale delle risorse della terra.

8. Eccellenze, Signore e Signori, come avrete compreso, potete essere certi del mio incoraggiamento e la presenza di una Missione d’Osservazione presso l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Alimentazione e l’Agricoltura dovrebbe bastare ad assicurarvi dell’interesse con il quale la Santa Sede segue i vostri lavori e i vostri sforzi per eliminare dal pianeta lo spettro della fame. Voi sapete del resto quanti figli della Chiesa cattolica sono presenti in seno a numerose organizzazioni locali che operano affinché i Paesi poveri possano migliorare la loro produzione e scoprire da soli “nella fedeltà al genio di ciascuno, i mezzi del loro progresso sociale e umano” (Paolo VI, Populorum progressio PP 64).

Desidero ricordare che il motto dell’Organizzazione che ci accoglie è “Fiat panis” e che esso si ricollega alla preghiera più cara a tutti i cristiani, quella che ci ha insegnato Gesù stesso: “Dacci oggi il nostro pane quotidiano”. Lavoriamo dunque insieme, senza posa, affinché ognuno, in ogni luogo, possa deporre sulla sua tavola il pane da condividere. Che Dio benedica tutti coloro che lo producono e se ne nutrono!




AL PELLEGRINAGGIO DELLA DIOCESI DI VITERBO


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Aula Paolo VI - Sabato, 16 novembre 1996




Carissimi Fratelli e Sorelle!

1. Sono lieto di accogliervi, in occasione del pellegrinaggio, col quale celebrate il decennale della ristrutturazione della vostra diocesi intorno all’unica Sede di Viterbo e la conclusione del primo Sinodo della nuova Comunità diocesana unificata.

Vi saluto tutti con affetto, sacerdoti, religiosi e religiose e fedeli laici. Ringrazio in particolare il vostro Vescovo, il caro Mons. Fiorino Tagliaferri, per le gentili espressioni che mi ha rivolto a nome di ciascuno di voi.

Si sono compiuti nel marzo scorso i dieci anni dalla promulgazione della Bolla Pontificia con la quale stabilii che le cinque diocesi di Viterbo, Tuscania, Bagnoregio, Montefiascone ed Acquapendente fossero unificate nella nuova diocesi di Viterbo, “sotto la protezione della Beatissima Vergine Maria, chiamata dal popolo Santa Maria della Quercia”. In questo decennio tale atto normativo è diventato comunione ecclesiale vissuta, grazie anche all’impulso della Visita pastorale e del Sinodo diocesano.

2. La Visita pastorale, che il vostro Vescovo ha compiuto dal marzo del ‘90 al febbraio del ‘94, ha evidenziato potenzialità positive della vostra Comunità, messa di fronte a sfide sempre più impegnative ed urgenti. Lodo il Signore per l’impegno con cui vi sforzate a vivere e testimoniare la verità e la carità del Vangelo, grazie alla guida dei sacerdoti, alla presenza delle comunità religiose ed all’azione apostolica delle associazioni laicali.

Il Sinodo ha ulteriormente lavorato sul terreno, per così dire, “arato” dalla Visita pastorale: due anni di intensa revisione di vita, sviluppata dapprima nelle parrocchie, poi nelle zone pastorali ed infine in assemblee diocesane. Il Libro del Sinodo, che oggi mi presentate in segno di comunione col Successore di Pietro, è il frutto di tale lavoro: esso contiene gli impegni pastorali della Chiesa che è in Viterbo in vista del Terzo millennio.

3. Il vostro programma diocesano, carissimi Fratelli e Sorelle, intende opportunamente sintonizzarsi con il cammino dell’intero popolo di Dio verso il grande Giubileo del Duemila, secondo le linee da me tracciate con la Lettera apostolica Tertio millennio adveniente. L’obiettivo prioritario verso il quale tende anche la vostra Comunità è “il rinvigorimento della fede e della testimonianza dei cristiani” (Giovanni Paolo II, Tertio millennio adveniente,
TMA 42); dunque, in concreto, la promozione della catechesi degli adulti, per una cultura ispirata dalla fede, e l’animazione della carità, come fermento di una nuova civiltà.

A tale scopo, voi intendete far leva in particolare sull’apporto responsabile delle famiglie e dei giovani, quali evangelizzatori della verità cristiana sull’uomo, del dono della vita, della dignità della persona, della santità del matrimonio e della famiglia, dei valori morali oggettivi e della solidarietà sociale. Sono molto lieto di questa scelta e vi incoraggio a perseguirla con fedeltà e con pazienza, attraverso le iniziative per i fidanzati e gli sposi, come pure per i ragazzi ed i giovani.

Anche l’impegno a rendere più capillare e articolato il servizio della carità ben s’intona con le caratteristiche del Giubileo: esso esprime l’impegno della diocesi per la “solidale accoglienza del prossimo, specialmente di quello più bisognoso” (Ivi).

Carissimi, Domenica 24 novembre, solennità di Cristo Re, presso il Santuario della Madonna della Quercia, inizierete solennemente il cammino diocesano verso il grande Giubileo. Affido alla vostra Patrona tutti voi e l’intera diocesi. Vi accompagni Maria con la sua costante protezione; anch’io vi assicuro un particolare ricordo nella preghiera, mentre con affetto imparto a tutti una speciale Benedizione Apostolica.




AI FEDELI DELLE DIOCESI DI ISERNIA -


VENAFRO E DI TRIVENETO


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Basilica Vaticana - Sabato, 16 novembre 1996




Carissimi Fratelli e Sorelle!

1. Desidero porgervi un cordiale benvenuto ed esprimervi la mia gioia per l’odierno incontro, col quale intendete ricambiare la visita che ebbi modo di compiere nel territorio molisano, il 19 marzo dello scorso anno.

Saluto il Vescovo di Isernia-Venafro, Mons. Andrea Gemma, e quello di Trivento, Mons. Antonio Santucci. Il mio saluto si estende ai sacerdoti, ai consacrati e alle consacrate, ai fedeli laici attivamente impegnati nell’apostolato. Rivolgo, altresì, il mio pensiero deferente alle autorità civili che hanno accompagnato questo vostro pellegrinaggio.

Ricordo ancora con quanta cordialità i giovani, gli artigiani, le famiglie e gli abitanti della vostra Regione mi hanno accolto nel corso del mio pellegrinaggio apostolico in occasione della festa di san Giuseppe del 1995. In quella circostanza volli esortarvi, con parole che intendo ripetere anche oggi, a non arrendervi di fronte ai gravi problemi del momento e a non rinunciare a progettare il vostro futuro.

2. Carissimi Fratelli e Sorelle, guardate con fiducia verso Cristo, sempre vivo ieri, oggi e sempre. Con gli occhi dello spirito rivolti al grande appuntamento del Giubileo del 2000, proseguite con lena l’itinerario pastorale che pone al centro dei vostri programmi la nuova evangelizzazione. L’intera comunità cristiana si riscopre così soggetto dell’annuncio del messaggio della salvezza, in comunione con il proprio Pastore. Ciò è particolarmente necessario in vista della consegna alle giovani generazioni dei tesori della fede. “Una Chiesa per i giovani e con i giovani” è l’impegno che sta a voi a cuore e che guarda all’avvenire.

So quanto l’intera Regione senta vivo il problema dei giovani e quanto attivamente si vadano promuovendo opportune iniziative per la loro formazione umana e spirituale. In questo contesto, come non esprimere apprezzamento per il rinnovato impulso impresso anche alla pastorale vocazionale, i cui frutti, grazie a Dio, cominciano a manifestarsi? Proseguite, carissimi Fratelli e Sorelle, su questa strada, in uno sforzo apostolico unitario, frutto di una forte coesione di tutto il presbiterio con il Vescovo nonché della fedele adesione di ciascuno alle direttive della Chiesa.

3. In tale programma pastorale ha un ruolo insostituibile la famiglia, poiché è chiamata ad essere autentica scuola di vita. In effetti è nell’ambito della famiglia che avviene la prima e fondamentale educazione alla fede. Occorre, perciò, continuare a salvaguardare il matrimonio cristiano da ogni insidia che ne possa minare l’unità. Mi sono ben note, in proposito, le non poche difficoltà derivanti, nelle vostre diocesi, dal diffuso e persistente fenomeno dell’emigrazione. Il mio auspicio è che, grazie all’impegno di tutti, si possano porre in atto opportune ed efficaci soluzioni a tali problemi, favorendo un armonico sviluppo economico che valorizzi le risorse della vostra Terra.

Il cammino della nuova evangelizzazione richiede pure una continua riflessione sull’importanza centrale della vita liturgica. La celebrazione dei sacri misteri, la fedeltà all’incontro domenicale, un’adeguata catechesi, che introduca alle ricchezze dei doni di grazia, sono parte integrante di una pastorale viva ed incisiva.

Ogni impegno di rinnovamento, poi, non sarà completo se non sarà accompagnato dalla generosa testimonianza della carità. I poveri ci sono stati affidati da Cristo e li avremo sempre con noi (cf. Mt
Mt 26,11). Le sfide della solidarietà interrogano le vostre comunità e chiedono costante attenzione al mondo del lavoro e della disoccupazione, specialmente giovanile, dell’emigrazione e del disagio sociale. A questo proposito, mi piace ricordare la lodevole istituzione della “Fondazione San Pietro Celestino” che la diocesi di Isernia-Venafro ha voluto promuovere con lo scopo di offrire sollievo ai più poveri e, in particolare, a quanti sono vittime della piaga dell’usura.

4. Cari pellegrini di Isernia-Venafro, in questi tre anni di celebrazioni centenarie celestiane a ricordo dell’elevazione al sommo Pontificato dell’iserniano Pietro da Morrone, divenuto Celestino V, e dell’anniversario della sua santa morte, avvenuta pochi mesi dopo a Fumone, la vostra comunità diocesana ha voluto percorrere un intenso itinerario di approfondimento della fede e di adesione al magistero della Chiesa e al Successore di Pietro, concludendolo con l’odierno pellegrinaggio. Mi compiaccio per quanto è stato sinora compiuto e vi incoraggio a proseguire sul cammino della nuova evangelizzazione con rinnovato ardore apostolico.

249 Il progetto della nuova evangelizzazione assume un particolare significato anche per voi, cari fedeli della Chiesa di Trivento, che state vivendo l’intenso periodo del Sinodo diocesano. L’assise sinodale vi aiuterà a camminare con rinnovata fiducia verso il Grande Giubileo, e non mancherà di riversare i suoi benefici effetti sull’intera società, affinché mai, dinanzi alle difficoltà, ci si lasci prendere dallo sconforto o dallo scoraggiamento.

5. Carissimi Fratelli e Sorelle, auspico che l’odierno incontro vi confermi nella fede e nei programmi di azione ecclesiale. La visita alle Tombe degli Apostoli e dei martiri infonda in voi rinnovato coraggio per rispondere con efficacia alle non poche sfide umane e spirituali della nostra epoca.

Alla Vergine Santissima, onorata grandemente e con vivo affetto dalle genti molisane, affido i vostri progetti. Ella vi guidi e vi protegga.

Con tali sentimenti imparto una speciale Benedizione Apostolica a voi qui presenti ed all’intera popolazione delle vostre comunità diocesane, specialmente ai malati, agli anziani ed ai giovani.


AD UN GRUPPO DI VESCOVI DELLO ZAIRE


IN VISITA «AD LIMINA APOSTOLORUM»


Venerdì, 22 novembre 1996




Caro Signor Cardinale,
Cari Fratelli nell’Episcopato,

1. È per me una grande gioia accogliervi in questa casa, voi che siete i Pastori della Chiesa in tre provincie ecclesiastiche dello Zaïre. La visita “ad limina”, nel corso della quale voi incontrate il Vescovo di Roma e i suoi collaboratori, è un’“espressione concreta della cattolicità della Chiesa, dell’unità e della comunione del collegio dei Vescovi, fondata sul successore di Pietro e significata dal luogo del martirio dei Principi degli Apostoli” (Giovanni Paolo II, Pastor bonus, Allegato 1, n. 7). Ho così la lieta opportunità di salutare con affetto il popolo che vi è stato affidato in ognuna delle vostre Diocesi. Ringrazio vivamente il Cardinale Frédéric Etsou, Arcivescovo di Kinshasa, per i sentimenti di comunione che ha voluto esprimermi a nome vostro, ricordando al contempo le vostre preoccupazioni e le vostre speranze, in un periodo così difficile e talvolta tragico per le popolazioni e per la Chiesa nella vostra regione. Ricordo qui, con emozione, Monsignor Christophe Munzihirwa Mwene Ngabo, Arcivescovo di Bukavu, e i quattro religiosi Maristi che, recentemente, hanno offerto il sacrificio della loro vita in nome di Cristo e al servizio dei loro fratelli.

2. Il dinamismo della Chiesa che è nello Zaïre si è manifestato in modo particolare durante la preparazione e la celebrazione dell’Assemblea speciale per l’Africa del Sinodo dei Vescovi. Nel corso di questo grande evento ecclesiale, ho avuto la gioia di beatificare Isidore Bakanja, un giovane laico della vostra nazione, testimone eroico di Cristo che operò con generosità per trasmettere il Vangelo ai suoi fratelli. Nel recarmi lo scorso anno in diversi Paesi del vostro continente, ho voluto che l’Esortazione Apostolica Ecclesia in Africa potesse divenire per tutta la Chiesa in Africa uno strumento di riflessione e di lavoro per conferire un nuovo slancio alla sua missione evangelizzatrice all’alba del terzo millennio. Che questo documento sia per voi un incoraggiamento e un sostegno in mezzo alle difficoltà incontrate nel vostro compito di annunciare il Vangelo di Cristo! Che esso sproni i sacerdoti, i religiosi, le religiose, i laici e soprattutto i catechisti a rafforzare la loro fedeltà al Vangelo e a esserne testimoni autentici tra i loro fratelli, divenendo ardenti costruttori della Chiesa Famiglia di Dio!

3. I Vescovi, sull’esempio degli Apostoli, “insieme col Sommo Pontefice e sotto la sua autorità, hanno la missione di perpetuare l’opera di Cristo, pastore eterno” (Christus Dominus CD 2). Come dice ancora il Concilio, essi svolgono questo compito individualmente nei riguardi di quella parte del gregge che è stata loro affidata (cf. Ivi, 3). “Come san Pietro e gli altri Apostoli costituirono, per istituzione del Signore, un unico collegio apostolico, allo stesso modo il Romano Pontefice, successore di Pietro, e i Vescovi, successori degli Apostoli, sono fra loro uniti” (Lumen gentium LG 22). Così, dunque, i Vescovi sono impegnati insieme nella missione della Chiesa. Per essere i servitori di tutto il popolo che è stato affidato loro, la coesione e la comunione affettiva ed effettiva sono particolarmente importanti fra tutti i membri del corpo episcopale. Sono ancora più indispensabili quando l’isolamento e le lunghe distanze da percorrere rendono più difficile la necessaria collaborazione pastorale. “Più è salda la comunione dei Vescovi tra loro, più risulta arricchita la comunione della Chiesa stessa nel suo insieme” (Giovanni Paolo II, Ecclesia in Africa, 15). “La Chiesa non può crescere se non rafforzando la comunione tra i suoi membri, a cominciare dai suoi Pastori” (Ivi, 17).

A capo del suo popolo, il Vescovo è il servitore dell’unità. La testimonianza dell’unità e della fraternità vissute effettivamente contribuisce all’edificazione della Chiesa Famiglia di Dio, così come l’ha proposta il Sinodo. La Chiesa che ha voluto Cristo è una comunità aperta a tutti, senza distinzioni e senza opposizione a causa della razza, dell’etnia o della cultura. I discepoli di Cristo non possono accettare le divisioni e le esclusioni in seno alla loro comunità. Essi devono essere instancabili artefici di unità fra loro e fra tutti gli uomini per rispondere alla preghiera del Signore Gesù: “perché tutti siano una sola cosa” (Jn 17,21). In questi tempi così difficili che attraversa la vostra regione, vi incoraggio vivamente a costituire con tutti i fedeli comunità unite e fraterne, a promuovere con tutti e fra tutti un atteggiamento di accoglienza e di dialogo. Vi invito in particolare a una collaborazione fiduciosa nel servizio dell’unità con i vostri sacerdoti, dei quali il Concilio dice che formano un solo presbiterio e una sola famiglia di cui il Vescovo è il padre (cf. Christus Dominus CD 28). Il Vescovo è il buon Pastore a disposizione di tutti, è colui che s’interessa di ciascuno dei membri del popolo che gli è stato affidato, e che si preoccupa profondamente per quanti non hanno ancora ricevuto la Buona Novella del Vangelo.

250 4. Come lei ha sottolineato, Signor Cardinale, è bello e confortante veder crescere nelle vostre diocesi il notevole impegno di numerosi laici al servizio della missione della Chiesa. Nelle parrocchie e nei numerosi movimenti o associazioni, i cristiani hanno l’opportunità di mettere in pratica le iniziative che la loro fede suggerisce per un migliore servizio a Dio e ai propri fratelli. Auspico che essi trovino anche per la loro vita cristiana, in complementarità con altre iniziative, un luogo di formazione e di approfondimento, oggi tanto necessario.

Incoraggio vivamente tutti i fedeli ad assumere una rinnovata coscienza delle esigenze della loro vocazione di battezzati sia nella loro vita personale che nella loro vita ecclesiale e sociale. Ogni cristiano deve ricordarsi che il suo battesimo è una vita radicalmente nuova che gli è stata donata da Cristo. “Questa vita nuova nell’originalità radicale del Vangelo comporta anche delle rotture rispetto ai costumi e alla cultura di qualunque popolo della terra, poiché il Vangelo non è mai un prodotto interno di un determinato paese, ma viene sempre "da fuori", viene dall’Alto” (Giovanni Paolo II, Ecclesia in Africa, 74). A ogni battezzato spetta armonizzare la propria esistenza quotidiana con il dono che ha ricevuto da Dio. I sacramenti della Chiesa, in primo luogo l’Eucaristia e il sacramento della Riconciliazione, alimentano e fortificano la sua vita e la sua testimonianza evangelica.

L’impegno dei fedeli si esprime in particolare nelle vostre Diocesi attraverso Comunità ecclesiali vive.Esse sono luoghi privilegiati per evangelizzare il Popolo di Dio e per portare la Buona Novella a quanti ancora non la conoscono. Desidero ricordare qui il ruolo eminente svolto dai catechisti e dai responsabili laici nelle comunità locali. Sono lieto di constatare lo sforzo notevole da voi compiuto per dare loro una formazione iniziale e permanente di qualità e per assicurare un sostegno morale e spirituale che permetta loro di progredire nel proprio cammino di fede. All’interno delle loro comunità, essi devono rendere testimonianza a Cristo, in modo particolare attraverso una vita cristiana esemplare, in conformità con il compito che è stato loro affidato.

Anche i laici hanno la grave responsabilità di partecipare attivamente alla nascita di una società nuova nel proprio Paese, sforzandosi di ricercare il bene comune e di “vivere l’amore universale di Cristo, che trascende le barriere della solidarietà naturale dei clan, delle tribù e di altri gruppi d’interesse” (Giovanni Paolo II, Ecclesia in Africa, 89). Come discepoli di Cristo, in uno spirito di servizio ai propri fratelli, essi devono adoperarsi per l’edificazione e per il progresso della nazione nella giustizia e nella solidarietà, in collaborazione con tutti gli uomini di buona volontà.

Un ambito esigente della missione dei laici nell’ordine temporale è quello della politica, intesa come un insieme di attività al servizio del bene comune. L’Africa, hanno affermato i Padri sinodali, ha bisogno di responsabili politici - uomini e donne - santi, che amino il proprio popolo fino alla fine (cf. Giovanni Paolo II, Ecclesia in Africa, 111). Spetta a loro il compito, al contempo esaltante e difficile, di mostrare che è possibile praticare le virtù cristiane e rendere testimonianza della verità e dell’amore di Dio nella gestione degli affari pubblici. Vi invito a sviluppare le vostre iniziative di sostegno, di promozione e di educazione dei laici in questo ambito, così vitale e così decisivo per l’edificazione di uno Stato di diritto e di una società giusta e pacifica.

5. Da tanti anni la Chiesa nello Zaïre sta compiendo un grande sforzo per inculturare il Vangelo nelle tradizioni del suo popolo. Rendiamo grazie a Dio per i frutti che questo lavoro ha già prodotto, in particolare nell’ambito liturgico. Tuttavia, oggi, mentre alcuni cristiani restano disarmati di fronte alla tentazione di un ritorno a tradizioni antiche in contraddizione con lo spirito di Cristo, si manifesta con una nuova urgenza la necessità di evangelizzare sempre più profondamente le mentalità, i modi di essere, di pensare o di agire. “Come cammino verso una piena evangelizzazione, l’inculturazione mira a porre l’uomo in condizione di accogliere Gesù Cristo nell’integrità del proprio essere personale, culturale, economico e politico, in vista di una vita santa mediante l’azione dello Spirito Santo” (Giovanni Paolo II, Ecclesia in Africa, 62).

6. L’evangelizzazione della famiglia, questa prima cellula della comunità umana ed ecclesiale, ha un posto importante nella pastorale delle vostre Diocesi. Mi rallegro del dinamismo di numerose famiglie cristiane che, attraverso la loro vita esemplare ed impegnata al servizio dei propri fratelli, rendono una testimonianza eminente al Vangelo di Cristo. Queste famiglie rivelano, agli occhi di tutti, la dignità dell’uomo e della donna creati a immagine di Dio, che ha conferito loro diritti inalienabili e responsabilità proprie. La missione della Chiesa è quella di preservare e di promuovere i diritti e le responsabilità di ogni persona umana e di ogni famiglia, rifiutando i costumi e le pratiche che si oppongono loro. È dovere della Chiesa affermare che il matrimonio presuppone un amore e un impegno indissolubili, che trova in Gesù Cristo il suo fondamento e la sua forza, e aiutare gli sposi a crescere continuamente nella comunione attraverso la fedeltà quotidiana al dono reciproco, totale e unico, che il matrimonio comporta.

Vi incoraggio a proseguire l’opera di riflessione e di formazione che avete intrapreso presso i giovani per prepararli al matrimonio cristiano o presso le coppie per aiutarle a comprendere meglio e a vivere meglio i propri impegni. La sollecitudine pastorale della Chiesa si deve rivolgere all’insieme delle famiglie, e in particolare a quelle che si trovano in situazioni difficili. “Per tutte la Chiesa avrà una parola di verità, di bontà, di comprensione, di speranza, di viva partecipazione alle loro difficoltà a volte drammatiche; a tutte offrirà il suo aiuto disinteressato affinché possano avvicinarsi al modello di famiglia, che il Creatore ha voluto fin dal "principio" e che Cristo ha rinnovato con la sua grazia redentrice” (Giovanni Paolo II, Familiaris consortio
FC 65). Desidero ricordare qui le persone, religiose e laiche, che, con generosità, si sono impegnate nel sostegno delle famiglie colpite dalla malattia o dalla violenza, delle famiglie divise o che si sono dovute rifugiare lontano dalle loro dimore.

7. Cari Fratelli nell’Episcopato, avrò occasione di continuare questa riflessione con i vostri confratelli delle altre tre provincie ecclesiastiche del vostro Paese.

Affronterò in particolare le questioni relative alla vita sacerdotale e religiosa. Tuttavia, fin da ora, desidero esprimere il mio incoraggiamento e il mio sostegno fraterno a tutti i Vescovi dello Zaïre, nella loro difficile missione di custodire il popolo che è stato affidato loro nell’unità e nell’amore che caratterizzano i discepoli di Cristo.

Mentre nella regione del Kivu si stanno verificando eventi drammatici, io sono vicino, con il pensiero e con la preghiera, a tutto il popolo zairese, soprattutto a quanti soffrono e a quanti vivono in ristrettezze, così come alle persone dei Paesi vicini che hanno ricevuto ospitalità nella vostra terra. Ancora una volta, faccio appello, con forza, a un ritorno rapido alla pace. Niente si risolve con la violenza, che, al contrario, fa aumentare la sofferenza e la miseria dei più poveri. Urge porre fine a questa tragedia, alle “cacce all’uomo” che nella capitale e altrove disonorano i loro istigatori. Che scompaia dal cuore di ciascuno ogni traccia di odio, di rancore e di rifiuto del proprio fratello! Che tutte le parti in causa in questo dramma abbiano il coraggio del dialogo per la ricerca sincera delle vie dell’autentica riconciliazione nella giustizia e nel rispetto della persona umana! Esorto anche la comunità internazionale a intensificare gli sforzi per mettere in atto una reale solidarietà al fine di soccorrere le popolazioni di questa regione, che, private di viveri e di assistenza sanitaria, versano in una condizione tragica. Ciò è urgente e necessario. Infine, invito a pregare per tutte le vittime di questo dramma del Kivu e per tutte le famiglie in lutto o che vivono nell’angoscia del domani.

251 Vi affido all’intercessione materna della Vergine Maria, a quella dei santi e delle sante dell’Africa e in particolare della Beata Anuarite e del Beato Isidore Bakanja. Che il loro esempio sia per la Chiesa nella vostra regione uno sprone vigoroso a vivere la carità di Cristo verso tutti. A ognuno di voi, ai sacerdoti, ai religiosi, alle religiose, ai catechisti e a tutti i fedeli della vostra Diocesi imparto di tutto cuore la Benedizione Apostolica.




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