GP2 Discorsi 1996 278


AI PELLEGRINI PROVENIENTI DALLA SLOVENIA


Sabato, 14 dicembre 1996




279 Venerati Fratelli nell’Episcopato e nel Sacerdozio,
Carissimi Sloveni!

1. Sono lieto di rivolgere a tutti voi il mio cordiale benvenuto nel ricordo degli intensi giorni trascorsi nella vostra amata Nazione dal 17 al 19 maggio scorso. Desidero oggi rinnovare a voi il mio grazie per la squisita ospitalità che mi è stata offerta in occasione di quella memorabile Visita pastorale e per le molteplici testimonianze di affetto che mi furono allora riservate.

Saluto cordialmente Mons. Franc Kramberger, Vescovo di Maribor, che ringrazio per le cortesi parole che ha voluto rivolgermi a nome di tutti. Rivolgo uno speciale pensiero a Mons. Alojzij Šuštar, Arcivescovo Metropolita di Ljubljana e Presidente della Conferenza Episcopale Slovena, che non ha potuto essere presente a quest’incontro, assicurandogli la mia spirituale vicinanza nella preghiera e nella comunione fraterna. Saluto poi i Vescovi, i Sacerdoti, i Religiosi e le Religiose, ed i laici impegnati nei movimenti e nelle associazioni di apostolato ecclesiali. Un deferente pensiero va anche alle Autorità civili, in particolare al Presidente della Repubblica, Signor Milan Kucan, che hanno voluto prendere parte a questo vostro pellegrinaggio a Roma.

Saluto infine tutti voi, carissimi fratelli e sorelle della nobile Nazione slovena, che con la vostra presenza qui a Roma, presso le Tombe degli apostoli e dei martiri, intendete rinsaldare il vostro tradizionale legame di fedeltà e di comunione con la Sede di Pietro.

2. La Visita pastorale che ho avuto la gioia di compiere nella scorsa primavera, - la prima Visita pastorale di un Papa in Slovenia -, si è svolta nel ricordo dei 1250 anni della presenza del Vangelo nella vostra terra, portatovi a metà dell’ottavo secolo dai monaci benedettini provenienti da Salisburgo, da Aquileia e dalla Pannonia.

Essa è, inoltre, avvenuta nel nuovo clima di libertà civile e di democrazia instauratosi dopo il raggiungimento dell’indipendenza politica, 5 anni fa. In tale nuovo contesto sociale si sono aperte nuove speranze di progresso e di pace. Non mancano, tuttavia, pericoli di uno sviluppo nella direzione di un materialismo pratico, segnato dall’individualismo e dall’edonismo.

3. Con la mia Visita pastorale ho inteso confermare la vostra fede e la vostra secolare comunione con Cristo e con la sua Chiesa di fronte alle sfide di questo ultimo scorcio di secolo, alle soglie ormai del terzo millennio cristiano. Vi ho, infatti, invitato a rivisitare le profonde radici cristiane della cultura della vostra Terra, posta nel cuore dell’Europa come un crocevia tra Oriente ed Occidente. Ricordo con gioia i momenti più significativi che hanno scandito quei giorni: la liturgia vespertina con il clero ed i religiosi nella Cattedrale di Ljubljana, l’incontro intenso e caloroso con i giovani a Postojna, il dialogo con i rappresentanti del mondo della cultura nella Cattedrale di Maribor e le due solenni Celebrazioni eucaristiche a Stozice e a Maribor, allietate dal canto di numerosi e suggestivi cori.

Ricordo ancora, con viva riconoscenza, il grande interesse e l’ampia partecipazione con cui tutti voi, carissimi Fratelli e Sorelle sloveni, avete seguito questo mio Viaggio pastorale nella vostra amata terra.

Rinnovo quest’oggi l’incoraggiamento che rivolsi al momento di congedarmi da voi: proseguite nell’impegnativo compito di attingere dalla vostra secolare tradizione cristiana la linfa vitale per affrontare con coraggio e determinazione gli impegni attuali e futuri. “Se è vero che non è possibile risolvere d’un tratto le difficoltà economiche ereditate dal passato, è pur certo che con la pazienza, la disponibilità al dialogo, la capacità di perdono e di riconciliazione, sarà possibile per tutti guardare con fiducia verso l’avvenire. Insieme, infatti, si possono più facilmente affrontare le sfide dell’ora attuale ed elaborare proposte di soluzione soddisfacenti” (Giovanni Paolo II, Discorso a Maribor, 19 maggio 1996: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, XIX, 1 (1996) 1302).

In questo rinnovato clima di dialogo e di collaborazione fra le diverse componenti del Paese, la Comunità cattolica slovena desidera offrire il proprio specifico contributo. Auspico che il dialogo e la collaborazione fra i Pastori della Chiesa e le Autorità civili possa approfondirsi sempre più, per concorrere insieme, nel rispetto delle reciproche competenze, alla costruzione del bene comune.

280 4. Carissimi Fratelli e Sorelle! Con la vostra presenza a Roma, centro di irradiazione della civiltà che ha fecondato il vecchio Continente, voi testimoniate la vocazione del popolo sloveno a fare da ponte tra le diverse tradizioni culturali europee, favorendo così la pace e la comprensione tra gli uomini. Di questo impegno è segno particolarmente eloquente l’albero che sarà illuminato in Piazza San Pietro in occasione del prossimo Natale, e che quest’anno proviene dalla vostra bella e fiorente Terra.

Grazie, carissimi, anche per questo significativo dono. Auguro di cuore a tutti voi, qui presenti, ai vostri concittadini rimasti in Patria ed a tutti gli Sloveni che per vari motivi si trovano a vivere nelle diverse parti del mondo, di trascorrere con serenità ed intensità il periodo di preparazione alle feste natalizie ormai vicine.

Con tali voti, invocando la materna protezione di Maria, “Aiuto dei cristiani” e “Regina della Slovenia”, imparto di cuore a tutti voi una speciale Benedizione Apostolica.

VISITA PASTORALE ALLA PARROCCHIA ROMANA

DI NOSTRA SIGNORA DI VALME, A VILLA BONELLI


AI BAMBINI DELLA PARROCCHIA


Domenica, 15 dicembre 1996

Sia lodato Gesù Cristo!

«Ti vogliamo bene ». Io vi voglio bene.

Oggi una domenica molto vicina al cuore dei bambini, dei ragazzi, delle ragazze. Il tema principale della liturgia è: « Gaudete », gioite, rallegratevi!

Certamente i bambini sono i primi a gioire, a fare « gaudio », a fare anche chiasso.

Ma grazie a Dio che c'è questo chiasso perché è un segno del gaudio », della gioia. E cosí si vive la Terza Domenica dell'Avvento attraverso quello che voi siete. Essendo ragazzi, essendo bambini, siete già la gioia incarnata.

Questa Domenica « Gaudete » è la Terza dell'Avvento. Si dice « gaudete » perché già vicino è il Natale, già fra nove giorni avremo il Santo Natale, la Natività del Signore. In spagnolo si dice: «¡Feliz Navidad!».

Sono molto lieto di essere qui, in questa parrocchia, di essere con voi, tra voi, e di gioire con voi. Adesso ci prepariamo alla Santa Eucaristia, a celebrarla e a parteciparvi. E poi ci saranno gli altri incontri.

281 Vi ringrazio per questa accoglienza gaudiosa, gioiosa, chiassosa.

Vi auguro buon Natale a tutti! « ¡Feliz Navidad! ».



VISITA PASTORALE ALLA PARROCCHIA ROMANA

DI NOSTRA SIGNORA DI VALME, A VILLA BONELLI


AL CONSIGLIO PASTORALE E AI


GIOVANI DELLA PARROCCHIA


Domenica, 15 dicembre 1996

Vi ringrazio per le parole dei due rappresentanti della vostra comunità. Si sentono due cose.


Si sente che il Natale è vicino, che il Signore è vicino.

Si sente anche che Roma si prepara al tramonto del nostro Millennio e all'apertura del nuovo Millennio. Per questo è stata inaugurata la Missione Cittadina e s'è avviata la preparazione all'Anno Santo il sabato della Prima Domenica d'Avvento.

Per voi giovani voglio ripetere quello che ho detto già ai bambini. È la Domenica del a Gaudete »: rallegratevi! Il vostro diritto è la gioia. Direi anche che il vostro dovere è la gioia. Questa gioia che viene dal cuore puro, dalla fede, dalla « spes », dalla carità. Questa gioia che viene anche dal vivere insieme, dal saper vivere insieme.

La comunità parrocchiale è comunità di tutti, a cominciare dagli anziani, dai giovani, dai bambini.

Avete espresso in questi vostri bei discorsi un grande amore per la Chiesa, una viva ammirazione per la Chiesa, per la sua maternità, per la sua bellezza materna. Io vi auguro di mantenere quest'amore per la Chiesa e questa gioia che viene dall'amore. E vi auguro buon Natale, buon Anno e buona Epifania.

Sia lodato Gesù Cristo!


AI CARDINALI, ALLA FAMIGLIA PONTIFICIA,


ALLA CURIA E ALLA PRELATURA ROMANA


DURANTE L'UDIENZA PER LA PRESENTAZIONE


DEGLI AUGURI NATALIZI


Sala Clementina - Sabato, 21 dicembre 1996

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1. Natus est hodie Salvator mundi! Il mistero del Natale ci riempie di stupore sempre nuovo. Nell’oggi della liturgia, che ci fa contemporanei dell’evento bimillenario della nostra salvezza, noi riviviamo la gioia dei pastori che ricevettero per primi l’annuncio e si recarono alla grotta di Betlemme. In quel Bimbo, nato dalla Vergine, noi riconosciamo il Salvatore del mondo. In Lui trova risposta l’invocazione di salvezza che sale dagli uomini e dalle donne di ogni tempo e di ogni latitudine.


La storia dell’uomo diventa storia di Dio Ma che cosa è la salvezza? Dobbiamo riscoprire nella sua ricchezza di significato questa parola centrale dell’annuncio cristiano, che è evocata dallo stesso nome di Gesù: Dio salva. In Lui Dio ci viene incontro per strapparci al destino di morte, che grava su di noi come conseguenza del peccato. Viene a sottrarci ai molteplici limiti ed effetti della nostra precarietà, per introdurci nell’intimità della vita divina. Viene a ridare senso e speranza alla nostra intera realtà umana. Con Lui l’eterno entra nel tempo, il tempo è accolto nell’eterno. La storia dell’uomo diventa, in certo senso, storia di Dio.

Il Verbo ha fatto propria tutta la nostra condizione umana, tranne il peccato. Tutto è stato assunto per essere in Lui “ricapitolato” (cf. Ef
Ep 1,10) e da Lui “sanato”. La dimensione salvifica dell’Incarnazione è legata a questa integra assunzione dell’umanità da parte del Figlio di Dio, al punto che i Padri, contro le eresie tendenti a sminuire lo “scandalo” dell’Incarnazione, enunciarono il principio: “Ciò che non è assunto, non può essere salvato” (Gregorio di Nazianzo, Ep 101, PG 37,181).

2. Hodie natus est Salvator mundi! Nel gaudio di questo mistero che dà pienezza alla nostra umanità, ringrazio cordialmente Lei, Signor Cardinale Decano, per le gentili parole di devozione e di augurio che ha voluto rivolgermi, facendosi voce di questa grande famiglia dei collaboratori della Curia Romana. A ciascuno di loro va il mio saluto affettuoso e grato.

Signori Cardinali, venerati Fratelli nell’episcopato e nel sacerdozio, carissimi collaboratori religiosi e laici, sono lieto di poter meditare con voi sull’evento senza eguale da cui è scaturita la nostra salvezza.

La nostra riflessione assume quest’anno un respiro più ampio, perché abbiamo da poco iniziato il triennio di preparazione al Grande Giubileo. Siamo entrati in un Avvento pluriennale, che ci porterà a celebrare con particolare intensità, nell’anno 2000, il mistero dell’Incarnazione. I discepoli di Cristo non possono non sentirsi coinvolti in questo cammino di fede e di rinnovamento di vita. Ciò vale, tuttavia, a titolo speciale per quanti, come voi, collaborano da vicino col Successore di Pietro. Dovrà essere, quello appena iniziato, un anno di crescita del nostro amore per Cristo, al quale dobbiamo rendere una testimonianza sempre più limpida e coerente.

Io sento echeggiare forte in me la domanda che Cristo rivolse a Pietro: “Mi ami?” (Jn 21,15). È una domanda che mi riempie di grande responsabilità. Ma vorrei farla rimbalzare anche su di voi, che mi aiutate quotidianamente nella sollecitudine per tutta la Chiesa.

3. La domanda sull’amore sta alla base di tutta l’esistenza cristiana. È la Chiesa stessa a sentirsi continuamente interpellata da Cristo, suo sposo: “Mi ami tu?”. L’anno che volge ormai al suo termine ha conosciuto diversi momenti “forti”, in cui è risuonata viva questa domanda. Momenti forti sono stati i Viaggi pastorali, che anche quest’anno Dio mi ha dato di compiere nell’esercizio del ministero che è proprio del Successore di Pietro. Li ha ricordati il caro Cardinale Decano, accennando ai frutti di bene che ne sono derivati. Ne rendiamo insieme grazie al Signore.

L’Esortazione apostolica Vita Consecrata: la terza di una trilogia Momento forte è stata la pubblicazione dell’Esortazione post-sinodale Vita Consecrata con la quale ho offerto a quanti sono chiamati alla vita di speciale consacrazione le indicazioni per rinnovarsi sempre più profondamente sulla strada della fedeltà e dell’amore. Non si deve però, dimenticare che questa Esortazione apostolica è la terza di una trilogia: vi sono state, infatti, in precedenza la Christifideles laici, in cui ho raccolto i risultati dell’Assemblea Sinodale sul laicato, e la Pastores dabo vobis a proposito del sacerdozio ministeriale.

Sulle tracce del Concilio, queste vocazioni paradigmatiche della vita ecclesiale sono state approfondite nella loro identità e nella loro missione. Esse esprimono, ciascuna a suo modo, il mistero di salvezza del Verbo incarnato, e con i loro accenti diversi e complementari quasi rifrangono la luce di Cristo che rifulge sul volto della Chiesa (cf. Lumen Gentium LG 1). Nella vita laicale Cristo è glorificato come il fondamento da cui trae valore e senso tutta la realtà creata. Nella vita delle persone consacrate, che a Lui si dedicano “con cuore indiviso” (Lumen Gentium, LG 42) nell’assunzione dei consigli evangelici, Egli è contemplato come il traguardo escatologico a cui tutto tende. Nel sacerdozio ministeriale, posto a servizio della Chiesa nel tempo del “già e non ancora”, si rivela il volto del Buon Pastore, che mai cessa di occuparsi del Popolo che si è acquistato col suo sangue.

4. A quest’ultima vocazione ho dedicato nel mese scorso un’attenzione speciale, prendendo occasione dal cinquantesimo del mio sacerdozio.Nell’affetto che tutta la Chiesa mi ha mostrato, accentuato anche dalla circostanza del mio ricovero ospedaliero, non ho solo visto la considerazione per la mia persona, ma anche la stima che la comunità cristiana coltiva per il ministero sacerdotale. Esso è “dono e mistero”, dono da implorare insistentemente dal Signore, mistero da riscoprire sempre di nuovo. Quanti hanno ricevuto la grazia del sacerdozio sono resi amministratori dei misteri di Dio attraverso l’annuncio della parola, la celebrazione dei sacramenti e la guida amorevole della comunità cristiana. Il loro speciale rapporto con l’Eucarestia deve spingerli a vivere con singolare intensità l’offerta di sé che Cristo fece sul Golgota, rendendo se stessi, con lui, “pane spezzato” per i fratelli, e restando sempre, come nella suggestiva prostrazione del giorno dell’Ordinazione, “pavimento” solido, su cui i fratelli possano camminare incontro al Signore (cf. Giovanni Paolo II, Dono e mistero, p. 54.)

283 5. Fissando gli occhi sul mistero di Cristo, la Chiesa ha continuato anche quest’anno a camminare nel solco dell’ecumenismo, col desiderio ardente della piena unità tra tutti i credenti. In questo spirito ho voluto proporre negli Angelus domenicali un’articolata meditazione sulla ricchezza della tradizione spirituale dell’Oriente, che va sempre meglio conosciuta e apprezzata. Dobbiamo andare verso il Terzo Millennio con il proposito fermo di superare i motivi di divisione che la storia ha accumulato. La Chiesa deve tornare a respirare pienamente con i suoi “due polmoni”. Di questo sono vivente auspicio i cattolici di rito orientale, che sono stati particolarmente al centro della mia attenzione nelle celebrazioni per i centenari delle “unioni” di Brest e Uzhorod. In questo senso va pure la gradita visita del Catholicos-Patriarca Supremo di tutti gli Armeni, Karekin I.

D’altra parte, l’ecumenismo deve portare i suoi frutti anche rispetto alle divisioni intervenute in Occidente. Il recente incontro con l’Arcivescovo di Canterbury, George Leonard Carey, ha permesso di verificare il cammino fatto nei rapporti con la Comunione anglicana, nonostante gli ostacoli antichi e nuovi che ritardano la piena unità. Lo Spirito Santo ci spinge a progredire su questa strada, pur restando sempre fedeli alle esigenze della verità e alla logica dell’amore evangelico.

6. Natus est hodie Salvator mundi! Molti problemi di questo faticoso “oggi” dell’umanità hanno attirato anche quest’anno l’attenzione vigile e premurosa della Chiesa. Se Cristo è il Salvatore, la Chiesa, suo mistico corpo e sua sposa, è “sacramento universale di salvezza” (Lumen Gentium,
LG 48). Come tale, essa è chiamata ad essere fermento evangelico in tutti gli ambiti della vita umana, contribuendo a costruire una società più fraterna e solidale. Questo tipo di presenza si esprime in molteplici forme, con iniziative promosse a livello sia di Chiesa universale che di Chiese particolari. In questo incontro con voi mi piace ricordare la testimonianza specifica che la Santa Sede ha reso con l’invio delle sue Delegazioni ai vertici mondiali nei quali si sono affrontati problemi di grande rilievo per l’umanità. Quest’anno la Santa Sede ha dato il suo ulteriore contributo alla Seconda Conferenza delle Nazioni Unite sugli Insediamenti Umani, che si è svolta in giugno a Istanbul. Analogo servizio, con l’intento sempre volto a difendere la dignità di ogni persona umana e specialmente delle più deboli, è stato reso in precedenti occasioni. Ricordo, in particolare, la Conferenza delle Nazioni Unite sull’ambiente e sullo sviluppo, a Rio de Janeiro nel 1992, la Conferenza mondiale sui Diritti Umani, a Vienna nel giugno 1993, la Conferenza mondiale sulla riduzione dei disastri naturali, a Yokohama nel maggio 1994, la Conferenza internazionale su popolazione e sviluppo, al Cairo nel settembre successivo e, infine, la Conferenza mondiale sulle donne, nel settembre dell’anno scorso a Pechino. In ognuna di queste occasioni la Santa Sede ha voluto offrire la testimonianza di quella “salvezza integrale” che Cristo ha portato alla persona umana, e che tocca tutte le sue dimensioni, spirituali e corporee, culturali e sociali: salvezza di “ogni uomo e di tutto l’uomo”, per rievocare una bella espressione di Paolo VI (Paolo VI, Populorum Progressio PP 14).

7. Purtroppo, mentre la Comunità internazionale riflette sui problemi dell’umanità, affrontandoli con tempi spesso assai lunghi, in tante parti del mondo uomini, donne, bambini soffrono indicibilmente. Ogni giorno assistiamo allo spettacolo agghiacciante di persone e popoli ridotti allo stremo per situazioni di povertà che stridono con il consumismo delle regioni benestanti. Il Vertice mondiale sull’alimentazione, svoltosi in novembre presso la FAO, ha richiamato l’attenzione di tutti sullo “scandalo” della fame e della malnutrizione, che colpisce ancora una persona su cinque nel mondo. Parlando a quell’illustre Vertice ho ricordato gli insopportabili contrasti tuttora esistenti tra chi manca di tutto e chi sperpera senza ritegno beni che nel piano del Creatore sono destinati all’intera umanità. È necessario ed urgente che gli Stati si impegnino a perseguire politiche economiche e alimentari fondate non solo sul profitto, ma anche sulla condivisione solidale. In questa prospettiva il Pontificio Consiglio Cor Unum ha pubblicato di recente un documento su La fame nel mondo, nel quale sono formulate interessanti proposte tese a favorire una ripartizione più equa delle risorse alimentari.

Alcune popolazioni sono poi afflitte dalla tragedia di conflitti etnici e nazionalistici che gettano nella disperazione e nella morte innumerevoli innocenti. Non di rado essi attirano l’interesse dell’opinione pubblica solo per pochi momenti, per essere poi abbandonati al loro destino. Si sono registrati quest’anno significativi progressi, pur tra tensioni tutt’altro che sopite, nella soluzione del problema della Bosnia ed Erzegovina, ma nel frattempo si sta consumando un dramma di sconvolgenti proporzioni in Africa centrale. La Chiesa torna a farsi voce di chi non ha voce, e chiede a quanti ne hanno potere e responsabilità di non tirarsi indietro di fronte a queste drammatiche emergenze.

8. Ecco, Signori Cardinali, venerati Fratelli nell’episcopato e nel sacerdozio, religiosi e religiose, cari laici collaboratori, un panorama certamente incompleto dei numerosi ambiti di servizio, a cui la Sede Apostolica si sente chiamata, per farsi interprete in modo operoso e concreto del messaggio di salvezza che viene dal Natale.

Nell’ambito di tale molteplice impegno, voi rendete un servizio prezioso e insostituibile, in ciascuno dei vostri Dicasteri, mettendo quotidianamente a disposizione del Papa e della Chiesa la vostra intelligenza e la vostra competenza. Non posso diffondermi nei particolari, anche se lo desidererei, per sottolineare quanto il lavoro di ciascuno, spesso fatto nel nascondimento, sia meritevole del più cordiale riconoscimento. Ma so che attingete le vostre più profonde motivazioni in Dio stesso, alla cui inesauribile sorgente di grazia alimentate il vostro amore per la Chiesa. Sono proprio tali motivazioni il segreto perché il lavoro curiale, pur con l’inevitabile peso degli aspetti burocratici, non perda mai la sua ispirazione evangelica e un grande calore umano. Vogliate accogliere tutti l’espressione del mio apprezzamento. Grazie! Grazie di cuore!

9. Natus est hodie Salvator mundi! Ci rechiamo spiritualmente davanti alla grotta di Betlemme, per adorare il Bimbo Divino, per confessarlo nostro Signore e Salvatore, per celebrare la misericordia del Padre, che “in lui ci ha scelti prima della creazione del mondo per essere santi e immacolati al suo cospetto nella carità” (Ep 1,4).

Voglia la Vergine Santa, che lo portò in grembo e lo contemplò stringendolo tra le braccia, darci un po’ della sua fede, perché la venuta di Cristo non lasci inerte la nostra vita e freddo il nostro cuore. Ci renda testimoni di carità, perché Egli possa nascere nelle menti afflitte dal dubbio, nelle famiglie stremate dall’indigenza, nei giovani bisognosi di speranza.

Implorando per ciascuno di voi ogni bene, imparto a tutti la mia Benedizione. Buon Natale!


AD UNA RAPPRESENTANZA DEI RAGAZZI


DELL'AZIONE CATTOLICA ITALIANA


Sala dei Papi - Sabato, 21 dicembre 1996




284 Vi ringrazio di cuore, carissimi Ragazzi e Ragazze dell’Azione Cattolica, venuti da varie parti d’Italia per questo appuntamento ormai consueto che ci permette di scambiarci gli auguri di Buon Natale e felice Anno Nuovo.

Vi accolgo con gioia: dai bambini, ai ragazzi, agli adolescenti. Vi saluto con affetto insieme con i vostri responsabili ed educatori, a partire dal Presidente nazionale e dall’Assistente generale. Grazie per le espressioni di affetto che mi avete rivolto.

Nell’incontro natalizio dello scorso anno, ho consegnato all’A.C.R. il Messaggio “Diamo ai bambini un futuro di pace”. Sono certo che l’avete accolto con molto impegno. So di poter contare sui ragazzi dell’Azione Cattolica!

Quest’anno, pensando alla prossima Giornata mondiale della Pace, vi affido il compito di vivere e diffondere il perdono, diventando così costruttori di pace. Guardando il presepe dove giace il piccolo Bambino nella paglia della mangiatoia, possiamo facilmente comprendere che cos’è il perdono: è andare incontro all’altro che mi ha offeso, avvicinarmi a lui, che si è allontanato da me. Dio è stato fedele con l’umanità peccatrice, fino a venire ad abitare in mezzo a noi.

Il bellissimo canto natalizio “Tu scendi dalle stelle” dice così: “Ahi quanto ti costò l’avermi amato!”. Il Figlio di Dio ha amato noi, che l’abbiamo offeso, anche noi dobbiamo voler bene a quelli che ci offendono, e così vincere il male col bene. Odiare il peccato, ma amare il peccatore: questa è la via della pace, la via che ci insegna il Signore, fin dal mistero del suo Natale.

Quando vi guardo, ragazzi e ragazze, vedo in voi quasi i coetanei del giovane Gesù. A questi giovani coetanei di Gesù voglio offrire una Benedizione ed un cordiale augurio di Buon Natale!


AI FEDELI POLACCHI PER IL TRADIZIONALE


SCAMBIO DI AUGURI NATALIZI


Aula Paolo VI - Lunedì, 23 dicembre 1996




Venerato Fratello,
Signor Ambasciatore,
Cari Connazionali,

1. Domani, a mezzanotte, risuonerà in tutta la Polonia il canto natalizio:
285 “Nella notte profonda risuona una voce:
Su, pastori, Dio nasce per voi!
Affrettatevi a Betlemme
per salutare il Signore”.

Questi versi natalizi traducono nel linguaggio del canto il racconto del Vangelo di S. Luca che sarà proclamato durante la “Messa dei Pastori”. Ecco: Maria insieme a Giuseppe sono giunti a Betlemme per farsi registrare, secondo la disposizione delle autorità romane. Durante la notte “si compirono per lei i giorni del parto. Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo depose in una mangiatoia, perché non c’era posto per loro nell’albergo. C’erano in quella regione alcuni pastori che vegliavano di notte facendo la guardia al loro gregge. Un angelo del Signore si presentò davanti a loro e la gloria del Signore li avvolse di luce. Essi furono presi da grande spavento, ma l’angelo disse loro: "Non temete, ecco, vi annunzio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi vi è nato nella città di Davide un salvatore, che è il Cristo Signore. Questo sarà per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, che giace in una mangiatoia"” (
Lc 2,6-12).

Leggeremo il seguito del brano durante la Messa dell’Aurora. Allontanatisi gli angeli, i pastori decisero di recarsi a Betlemme. Vi si incamminarono in fretta e - leggiamo nel Vangelo di san Luca - “trovarono Maria e Giuseppe e il bambino, che giaceva nella mangiatoia. E dopo averlo visto, riferirono ciò che del bambino era stato detto loro. Tutti quelli che udirono, si stupirono delle cose che i pastori dicevano” (Lc 2,16-18).Nel canto natalizio tutto questo viene tradotto con linguaggio poetico e musicale.

Ciò che il canto nella notte profonda ha espresso come racconto, il meraviglioso canto natalizio polacco Nasce Dio, scritto da Francesco Karpinski, un poeta del XVIII sec., lo trasforma in mistagogia, in un inno che introduce nel mistero.

“Nasce Dio, la potenza umana resta sbigottita,
il Signore dei cieli si spoglia!
Il fuoco si smorza, il fulgore si vela,
l’Infinito si pone confini”.

286 Con queste parole il poeta ha presentato il mistero dell’incarnazione del Figlio di Dio, adoperando i contrasti per esprimere ciò che è essenziale al mistero: il Dio infinito, assumendo la natura umana ha assunto contemporaneamente i limiti, la finitezza propria della creatura. E continua:

“. . . l’Infinito si pone confini. Disprezzato, rivestito di gloria,
mortale Re dei secoli”.

Ed infine il canto natalizio ricorre alle parole di S. Giovanni:

“E il Verbo si fece carne
e venne ad abitare in mezzo a noi”.

Così dunque le strofe natalizie polacche hanno tradotto in linguaggio musicale quanto è contenuto nelle letture delle tre Sante Messe del Natale del Signore, quelle di mezzanotte, dell’aurora e del giorno.

2. Mentre penso a queste espressioni della pietà popolare, mi tornano alla mente tutti gli altri canti natalizi la cui ricchezza musicale, poetica e teologica è enorme. Ricordo anche le chiese polacche dove risuonano le melodie sublimi, piene di gioia e talvolta di melanconia, toccanti nel tono e nei contenuti, che raccontano le profonde verità connesse all’evento e al mistero della nascita del Figlio di Dio. Ricordo Nowa Huta, dove nella mezzanotte di Natale celebravo la “Messa dei Pastori”, o a Bienczyce, o a Mistrzejowice, oppure a Wzgórza Krzeslawickie, ai tempi in cui si doveva lottare molto per la costruzione delle chiese. Allora i canti natalizi furono il singolare segno dell’unità della gente che veniva, come a Betlemme, da Cristo che “non aveva trovato posto”. Quelle stesse persone volevano invitare Gesù nei propri cuori, nelle loro comunità e nella loro vita quotidiana. I canti natalizi non soltanto appartengono alla nostra storia; essi, in un certo senso, formano la nostra storia nazionale e cristiana. Sono molti, e di grande ricchezza spirituale. Da quelli più antichi a quelli attuali, da quelli liturgici a quelli popolari. Ricordo, ad esempio, il detto canto natalizio dei montanari, che ci piace tanto sentire: O piccolino, piccolino.

Bisogna non smarrire questa ricchezza. Perciò oggi spezzando con voi il pane bianco di Natale, auguro che voi tutti, cari Connazionali sia in Patria, sia qui a Roma, e dovunque nel mondo, sappiate cantare i canti natalizi, meditando su quanto essi dicono, sul loro contenuto e sappiate trovare in essi la verità sull’amore di Dio, che per noi si fece uomo.

Nell’odierno scambio degli auguri si potrebbero introdurre ancora molti elementi, mettendoci in ascolto dei canti natalizi. Ma mi piace ricordare l’annuncio, pieno d’ardore, per la pace: “gloria a Dio nell’alto dei cieli, e pace in terra agli uomini di buona volontà” (cf. Lc
Lc 2,14), unito al canto natalizio Mentre Cristo nasce.

Questo canto diventa per me particolarmente eloquente in quest’anno, durante il quale il Papa dalla Polonia ha potuto fermarsi davanti alla Porta di Brandeburgo a Berlino. È stata un’esperienza molto profonda anche per il cancelliere della moderna Germania Helmut Kohl, che mi accompagnava in quella circostanza. Gloria a Dio nell’alto dei cieli, e pace in terra agli uomini di buona volontà - sono le parole del canto natalizio Mentre Cristo nasce.

287 Alla fine desidero tornare ancora al canto Nasce Dio, poi terminare rivolgendo la fervida preghiera a Gesù neonato:

“Alza la mano, divino Bambino!
Benedici la cara Patria
con buoni consigli e con il benessere.
Sostieni la sua forza con la tua.
Benedici la nostra casa e tutto il podere
e tutti i villaggi e le città.
E il Verbo si fece carne
e venne ad abitare in mezzo a noi”.

Auguri a tutti i presenti, a tutte le vostre famiglie, ai connazionali in Polonia, ai Polacchi in tutto il mondo. Che Dio vi ricompensi.





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