GP2 Discorsi 1997


Gennaio 1997


AL RETTORE E AGLI ALUNNI


DEL "SAINT JOSEPH'S SEMINARY"


DELL'ARCIDIOCESI DI NEW YORK


1
Sabato, 4 gennaio 1997

Cari amici,


sono lieto di dare il benvenuto al Rettore e agli alunni del “Saint Joseph’s Seminary” che si trova nell’Arcidiocesi di New York. Il nostro incontro di oggi mi ricorda il cordiale benvenuto che ho ricevuto da voi durante la mia visita a Dunwoodie poco più di un anno fa. Mentre il Saint Joseph’s Seminary conclude la celebrazione del suo centenario, voi giungete come pellegrini a Roma. Visiterete le tombe degli Apostoli Pietro e Paolo e seguirete le orme degli innumerevoli martiri e santi di ogni epoca della vita della Chiesa. Che dal loro esempio possiate trarre ispirazione mentre lottate per crescere in santità e in carità pastorale!

Come tutti i seminari anche il vostro intende essere una comunità che rivive l’esperienza originale dei Dodici che erano uniti a Cristo (cfr Giovanni Paolo II, Pastores dabo vobis
PDV 60). Mentre vi avvicinate al Divino Maestro attraverso la preghiera e lo studio, prego affinché sentiate la sua chiamata al servizio della Chiesa e rispondiate con cuore generoso e amorevole.

Affido voi, insieme alle vostre famiglie e ai vostri amici, a Maria, Madre della Chiesa, e a San Giuseppe, Patrono del vostro seminario. Su tutti voi imparto la mia Benedizione Apostolica.

SALUTO DI GIOVANNI PAOLO II


AI FEDELI DOPO LA RECITA DEL SANTO ROSARIO


Aula Paolo VI - Sabato, 4 gennaio 1997




Al termine della recita del santo Rosario in questo primo sabato del 1997, saluto cordialmente tutti voi, carissimi Fratelli e Sorelle raccolti in quest’aula davanti all’immagine della Madonna, e quanti sono spiritualmente uniti a noi mediante la radio e la televisione.

Saluto in particolare il gruppo di pellegrini, composto in gran parte da famiglie, della parrocchia dei santi Pietro e Paolo di Santena (Torino), venuti a Roma in occasione del secondo Centenario della propria istituzione. Vi esorto, carissimi, ad essere generosi testimoni dell’unità e della sacralità del focolare domestico. La Vergine Maria sostenga tutti con la sua materna protezione lungo il cammino del Nuovo Anno appena iniziato.

Ai pellegrini di lingua inglese il Papa ha detto:

I greet the English-speaking pilgrims, especially the Rector and students of Saint Joseph’s Seminary in the Archdiocese of New York. I pray that, through the intercession of Mary, Mother of the Church, this New Year will bring abundant blessings of joy and peace to you and your families.


AI NUOVI AMBASCIATORI IN OCCASIONE DELLA


PRESENTAZIONE DELLE LETTERE CREDENZIALI


Sala Clementina - Sabato, 11 gennaio 1997




Eccellenze,

2 Sono lieto di darvi il benvenuto in Vaticano e di accettare le Lettere che vi accreditano come Ambasciatori dei vostri rispettivi Paesi presso la Santa Sede. La vostra presenza qui oggi testimonia sia l’unità sia la diversità della famiglia umana; un’unità nella diversità che costituisce il fondamento di un pressante imperativo morale di rispetto reciproco, cooperazione e solidarietà fra tutte le nazioni del mondo. Attraverso voi saluto gli amati popoli dei Paesi che rappresentate: Australia, Burkina Faso, Eritrea, Estonia, Ghana, Kyrgystan, Pakistan, Singapore e Tanzania.

La presenza e la partecipazione della Santa Sede alla vita della comunità internazionale è un’espressione concreta della convinzione della Chiesa che il dialogo sia lo strumento principale e più efficace per la promozione di una pacifica coesistenza nel mondo e dell’eliminazione del flagello della violenza, della guerra e dell’oppressione. La Chiesa apprezza profondamente il contributo che in quanto diplomatici apportate all’edificazione di un mondo più giusto e umano. L’urgenza di questo servizio all’umanità è tanto più evidente alla luce di tragedie come quelle che attualmente affliggono i popoli della regione dei Grandi Laghi in Africa. Ogni qual volta il tessuto di armonia e di giuste relazioni fra popoli viene lacerato, soffre la nostra comune umanità.

Nell’ambito della comunità internazionale la Santa Sede sostiene tutti gli sforzi per creare efficienti strutture giuridiche a tutela della dignità e dei diritti fondamentali di individui e comunità. Tali strutture tuttavia non possono mai da sole essere sufficienti; esse sono soltanto meccanismi che devono venir ispirati da un impegno morale saldo e perseverante volto al bene della famiglia umana nella sua interezza. Anche per le comunità, così come per gli individui, l’impegno per la solidarietà, la riconciliazione e la pace richiede un’autentica conversione del cuore e un’apertura alla verità trascendente che è la garanzia ultima della libertà e della dignità umane.

Vi assicuro della disponibilità dei cattolici dei vostri Paesi a servire il bene comune attraverso i servizi educativi e sociali forniti dalla Chiesa. Allo stesso tempo esprimo il loro desiderio di professare la propria fede liberamente e di condividere pienamente la vita della società.

Eccellenze, vi porgo i miei più cordiali auguri mentre assumete la vostra missione presso la Santa Sede. Su di voi, sulle vostre famiglie sui responsabili e sui cittadini dei vostri Paesi invoco abbondanti benedizioni divine.




AI VESCOVI DELLA CONFERENZA EPISCOPALE


FRANCESE DELLA REGIONE APOSTOLICA DEL CENTRO


IN VISITA «AD LIMINA APOSTOLORUM»


Sabato, 11 gennaio 1997




Cari Fratelli nell’Episcopato,

1. A qualche mese dalla mia ultima visita pastorale in Francia, di cui conservo un vivissimo ricordo, sono lieto di dare inizio oggi ai colloqui che avrò con i Vescovi delle diverse regioni apostoliche, in occasione del loro pellegrinaggio alle tombe degli Apostoli, significato principale della visita ad limina. I vostri incontri con il Successore di Pietro e con i suoi collaboratori costituiscono un gesto di comunione ecclesiale e un’espressione dello spirito collegiale che ci unisce. Questi contatti sono anche l’occasione per una riflessione approfondita sui diversi aspetti della vostra missione.

Ringrazio Monsignor Michel Moutel, Vescovo di Nevers e Presidente della Regione apostolica del Centro, per i sentimenti di affetto che mi ha appena manifestato a vostro nome e per il quadro che mi ha presentato della situazione ecclesiale nel vostro Paese. Saluto cordialmente ognuno di voi e in particolare Monsignor Jean Honoré, Arcivescovo di Tours, che mi ha accolto con grande cortesia nella sua città episcopale lo scorso settembre, facendo del mio pellegrinaggio presso la tomba di san Martino un grande momento che non posso non ricordare nel ritrovarvi qui.

Rendiamo omaggio in questo giorno alla memoria di Monsignor Jean Cuminal, Vescovo di Blois, che ci ha prematuramente lasciati, prima della celebrazione del terzo centenario della fondazione della sua Diocesi. Preghiamo il Signore di accordare a questo servitore fedele la sua ricompensa nella pace.

2. Monsignor Moutel ha ricordato diverse caratteristiche delle vostre Diocesi, che sono associate nel quadro di una Regione estesa e molto varia. Malgrado una relativa dispersione, è un bene che possiate collaborare in diverse iniziative. Penso in particolare al seminario di Orléans, che è il punto di riferimento di quasi tutte le vostre Diocesi e al quale avete recentemente garantito migliori condizioni di vita.

3 Sono molti i fedeli che dimostrano grande generosità e partecipano in modo attivo e lucido alla vita ecclesiale. Sono reali motivi di speranza e segni della presenza attiva dello Spirito Santo nel cuore dei battezzati e nelle loro comunità. Vi chiedo di portare alle vostre Diocesi il saluto cordiale e l’incoraggiamento del Vescovo di Roma. Desidero in particolare assicurare ai sacerdoti, ai diaconi, alle persone consacrate, ai responsabili laici, la mia stima e la mia fiducia, poiché, al prezzo di grandi sacrifici, prendono parte tutti insieme al vostro fianco alla missione affidata da Gesù ai suoi discepoli.

Con i diversi gruppi di Vescovi della Francia che verranno in visita ad limina nelle prossime settimane, intendo affrontare diversi temi importanti per la Chiesa di oggi, poiché desidero darvi alcuni spunti di riflessione, nello spirito di quanto il Signore ha chiesto a Pietro: “conferma i tuoi fratelli” (
Lc 22,32). Oggi mi soffermerò maggiormente su alcuni aspetti del vostro ministero episcopale, senza volere comunque delineare un panorama completo.

3. Monsignor Moutel ha sottolineato le principali difficoltà che incontrate. Menziono qui due aspetti, che riguardano l’insieme della Chiesa nel vostro Paese: in primo luogo una parte importante della popolazione resta lontana dalla Chiesa e non accoglie facilmente il suo messaggio; in secondo luogo la diminuzione del numero dei sacerdoti condiziona le attività pastorali che diventa più difficile assicurare, anche se molti laici stanno assumendo crescenti responsabilità.

Come in molte altre nazioni, anche voi dovete pertanto far fronte a diverse forme di impoverimento e di indebolimento della Chiesa che rendono ardua la missione episcopale. Come Apostoli di Cristo, siete fra i primi a provare la croce dell’indifferenza, dell’incomprensione, talvolta dell’ostilità. In una società che dubita spesso di se stessa e sperimenta una crisi economica e sociale prolungata, voi vedete troppe persone, troppi battezzati, restare al di fuori della comunità ecclesiale, per una sorta di rigetto dell’istituzione, a beneficio di un ripiegamento individualista: ognuno si sente arbitro delle proprie regole di vita e, se conserva un sentimento religioso o se la Chiesa resta per lui un lontano punto di riferimento, non vive una fede personale in Gesù Cristo e ne disconosce la dimensione ecclesiale.

4. Questa situazione, la cui analisi evidentemente varia a seconda dei luoghi, segna il Pastore, che non può restare passivo. Voi l’avete detto sull’esempio di san Paolo, “investiti di questo ministero per la misericordia che ci è stata usata, non ci perdiamo d’animo; . . . noi infatti non predichiamo noi stessi, ma Cristo Gesù Signore” (2Co 4,1-5). Il Vescovo trae la sua sicurezza dalle promesse di Cristo e dal dono del suo Spirito, in quanto è “fedele a Dio, dal quale siete stati chiamati alla comunione del Figlio suo Gesù Cristo, Signore Nostro” (1Co 1,9).

Il compito episcopale, occorre ripeterlo, è innanzitutto di ordine spirituale. Sentinella, guardiano, il Pastore rivolge ai fedeli e a tutta la società uno sguardo illuminato dalla prospettiva evangelica e dall’esperienza ecclesiale. È ascoltando “ciò che lo Spirito dice alle Chiese” (Ap 2,7) che può esercitare le sue responsabilità, a cominciare da un discernimento aperto e benevolo rispetto ai successi o alle manchevolezze, alle iniziative dinamiche o alle passività deplorevoli che costellano il cammino del popolo di Dio.

Il Concilio Vaticano II ha chiaramente enunciato le principali funzioni dei successori degli Apostoli nella Costituzione sulla Chiesa Lumen gentium e nel decreto Christus Dominus sull’ufficio pastorale dei Vescovi. È bene riprendere la meditazione di questi importanti testi del magistero ecclesiale; una tale riflessione vale sicuramente per colui che è investito di una missione costitutiva al servizio del popolo che gli è stato affidato, ma essa deve interessare anche i fedeli.

5. Desidero confermarvi fraternamente nel vostro compito di insegnare e annunciare agli uomini il Vangelo di Cristo (cfr Christus Dominus CD 11). Profeta che proclama la Buona Novella, il Vescovo la propone instancabilmente cercando il linguaggio che dischiude il senso delle Scritture, come il Signore ha fatto con i discepoli di Emmaus. Il Concilio afferma in particolare: “la dottrina cristiana essi (i Vescovi) la devono esporre in modo consono alle necessità dei tempi: in un modo, cioè, che risponda alle difficoltà e ai problemi dai quali sono soprattutto assillati e angustiati gli uomini” (cfr Christus Dominus CD 13). Queste parole sono sufficienti a dimostrare che il vostro ministero apostolico si rivolge agli uomini del tempo presente, in funzione dei bisogni espressi o latenti dei fedeli visibilmente presenti nella comunità diocesana, e delle persone che restano sulla soglia e hanno difficoltà a trovare il senso della propria vita.

In particolare, il Vescovo è in prima fila nell’impegno a favore dei poveri e degli emarginati della società. Egli si presenta come difensore della dignità della persona, del rispetto della vita di ognuno, della giustizia nella carità, della solidarietà. È colui che chiama a servire le persone che avete denominato i “feriti della vita”, che soffrono a causa di malattie e di handicap fisici, per problemi sociali o per la mancanza di fede e di speranza spirituale. A immagine del Signore che è venuto come Servitore, il Pastore apre le vie del servizio a tutti coloro che è chiamato a guidare.

Nella carità, il ministero apostolico è quello dell’unità del popolo in stretta collaborazione con i membri del presbiterio che condividono i suoi compiti. Ritornerò in seguito sulle esigenze attuali del sacerdozio presbiterale che costituisce la vostra principale preoccupazione. Oggi è sufficiente sottolineare che i sacerdoti e, con essi i responsabili dei servizi o dei movimenti, contano sul Vescovo per coordinare l’insieme delle missioni, perché tutti contribuiscano all’unità e al dinamismo della Chiesa diocesana.

L’insieme delle vostre responsabilità può sembrare troppo pesante per voi. Solo lo Spirito del Signore, nella comunione di tutta la Chiesa, può darvi la forza e la luce di cui avete bisogno. Conservate la fiducia nell’unico Spirito “che è Signore e dà la vita”. Meditiamo incessantemente sulla promessa di Gesù: “Quando verrà il Consolatore che io vi manderò dal Padre, egli mi renderà testimonianza; e anche voi mi renderete testimonianza, perché siete stati con me fin dal principio” (Jn 15,26-27).

4 6. L’esperienza di questi ultimi decenni ha permesso ai Vescovi di non trovarsi senza appoggio nello svolgere la loro missione. Importanti istanze di collaborazione, a livello di una regione o di un Paese, si sono affermate. Ho già fatto allusione ad esse davanti a voi a Reims. Il Concilio raccomanda ai Vescovi di riunirsi “affinché da uno scambio di pratica e di esperienze e dal confronto di pareri sgorghi una santa concordia di forze, per il bene comune delle Chiese” (Christus Dominus CD 37). In effetti l’assemblea episcopale, al di là di una mera concertazione, permette di delineare orientamenti comuni, di fare udire messaggi validi per il Paese, di mettere in comune sul piano regionale o nazionale strumenti di approfondimento e di azione di cui una sola Diocesi non può disporre.

Prendo come esempio l’importante lavoro, condotto da alcuni di voi, con l’aiuto di esperti, di rappresentanti dei movimenti laici e di numerosi fedeli, che vi ha portato a indirizzare ai Cattolici di Francia la Lettera intitolata Proporre la fede nella società attuale. Auspico che questo atto dei Vescovi contribuisca a una lucida valutazione della situazione dei cattolici nella società attuale, incitandoli a giungere al centro del mistero della fede, per formare una Chiesa che sappia proporre e condividere sempre meglio i doni ricevuti dalla grazia.

Insieme, sarete maggiormente in grado di seguire l’evoluzione e l’animazione delle diverse comunità e dei diversi gruppi che compongono il panorama attuale della Chiesa nel vostro Paese. Conferirete anche dinamismo alle principali istituzioni di servizio in cui la Chiesa si è sempre impegnata, soprattutto nell’insegnamento, nella cura dei malati, nell’aiuto concreto e avveduto sia all’esterno del Paese sia nei riguardi dei vostri fratelli delle regioni più svantaggiate.

Insieme sarete meglio ascoltati quando agirete come difensori della solidarietà sociale verso tutti gli abitanti della vostra terra, qualunque sia la loro origine.

7. La vostra presenza a Roma evidenzia anche la vostra comunione con la Chiesa universale. Vi ringrazio per l’attenzione che rivolgete al Magistero e all’azione del Vescovo di Roma, che contribuite a far conoscere e a spiegare. Penso anche alla sollecitudine per tutte le Chiese, che, come il Concilio Vaticano II ha chiaramente indicato, corrisponde a ognuno dei successori degli Apostoli (cfr Lumen gentium Christus Dominus, n. 6).

So che le vostre Diocesi sono attaccate alla loro grande tradizione missionaria e che intrattengono, in virtù di vincoli antichi o più recenti, rapporti vivi con le altre Chiese particolari, soprattutto con le giovani Chiese spesso fondate da missionari provenienti dalle vostre regioni, o con Chiese antiche che rinascono dopo periodi di prova e che desiderano quell’effettivo scambio di dono che io ho spesso ardentemente auspicato. Tutto ciò è già stato espresso nell’Assemblea speciale per l’Europa del Sinodo dei Vescovi, di cui ho annunciato una nuova sessione.

La vostra comunione con l’insieme della Chiesa si manifesta anche nelle Assemblee generali dei Sinodi dei Vescovi, come quello che si sta preparando proprio sul ministero episcopale, dopo le celebrazioni dei Sinodi dedicati al laicato, ai sacerdoti e alla vita consacrata.

8. Nei mesi e negli anni a venire, vi aspettano compiti importanti. Tra breve avrà luogo a Parigi la Giornata mondiale della Gioventù, dopo che tutte le Diocesi della Francia avranno accolto giovani provenienti da tutto il mondo. Sono riconoscente verso tutti coloro che stanno lavorando per la riuscita di questo incontro, poiché tali raduni suscitano grande speranza: i giovani mettono a confronto i loro diversi approcci alla fede in Cristo, che li invita a seguirlo: “Venite e vedrete” (Jn 1,39).

Questo evento, che avrà luogo in agosto, si inserisce nella preparazione diretta del grande Giubileo dell’Anno 2000, avviata da una riflessione rinnovata su “Gesù Cristo, unico Salvatore del mondo, ieri, oggi e sempre” (cfr He 13,8). Aiutate i fedeli a riscoprire il battesimo e la chiamata universale alla santità, a rafforzare la loro fede e la loro testimonianza, a intensificare la catechesi rivolta a tutte le generazioni, a pregare con fiducia la Vergine Santa, grazie alla quale la Chiesa “penetra con venerazione e più profondamente nell’altissimo mistero dell’incarnazione” (Lumen gentium LG 65) (cfr Giovanni Paolo II, Tertio millennio adveniente TMA 40-43). Il Giubileo deve essere contraddistinto da un nuovo slancio nell’evangelizzazione (cfr Tertio millennio adveniente TMA 21-40).

9. Cari Fratelli, nel momento in cui iniziano le visite ad limina dei Vescovi di Francia, vi assicuro della mia profonda comunione nella preghiera, in una salda speranza per il futuro delle vostre Diocesi, dove, nonostante le prove, si manifesta una grande e viva generosità. Che il Signore Gesù Cristo vi doni la gioia di servirlo guidando in suo nome le Chiese diocesane che vi sono state affidate! Che la Vergine Santa e tutti i santi della Francia intercedano per voi!

Su voi, Pastori della Regione apostolica del Centro, su tutti coloro che insieme a voi fanno vivere la Chiesa e sui vostri concittadini imparto di tutto cuore la Benedizione Apostolica.



DISCORSO DEL SANTO PADRE GIOVANNI PAOLO II

IN RISPOSTA AGLI AUGURI DEL

CORPO DIPLOMATICO


ACCREDITATO PRESSO LA SANTA SEDE


5
Lunedì, 13 gennaio 1997

Eccellenze,

Signore, Signori,

1. Il vostro Decano, il Signor Ambasciatore Joseph Amichia, mi ha or ora presentato i vostri auguri cordiali con la serenità e la delicatezza a tutti ben nota. Lo ha fatto per l'ultima volta, perché, dopo più di venticinque anni, ritornerà definitivamente nella sua amata Costa d'Avorio. Alla sua consorte, alla sua famiglia, ai suoi compatrioti ed a lui stesso desidero, a nome di tutti voi, offrire i nostri più fervidi voti per un avvenire che permetta loro di realizzare quei progetti che stanno loro più a cuore.

A voi tutti, Eccellenze, Signore, Signori, vanno i miei calorosi ringraziamenti per i vostri auguri; e vi sono riconoscente per i segni di apprezzamento che tanto spesso riservate all'attività internazionale della Santa Sede. Avrò modo, tra qualche momento, di salutarvi personalmente e di esprimervi i miei sentimenti di stima. Tramite tutti voi, vorrei inoltre far giungere i miei voti deferenti ed oranti ai responsabili dei vostri Paesi ed ai vostri connazionali: possa l'anno 1997 segnare una tappa decisiva nel consolidamento della pace e per una prosperità più condivisa da tutti i popoli della terra!

Nel mio messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 1997, invitavo ogni persona di buona volontà ad «intraprendere insieme e con animo risoluto un vero pellegrinaggio di pace, ciascuno a partire dalla concreta situazione in cui si trova» (n. 1). Come meglio avviarlo che insieme a voi, Signore e Signori, osservatori qualificati ed attenti della vita delle nazioni? In questo inizio d'anno, a che punto stanno la speranza e la pace? Ecco la domanda alla quale vorrei rispondere con voi.

2. La speranza. Fortunatamente essa non è assente dall'orizzonte dell'umanità. Il disarmo ha segnato traguardi importanti con la firma del Trattato di interdizione totale degli esperimenti nucleari, al quale del resto la Santa Sede ha apposto, anch'essa, la propria firma, nella speranza di una adesione universale. Ormai la corsa agli armamenti nucleari e la loro proliferazione sono messe al bando della società.

Questo tuttavia non deve renderci meno vigilanti quanto alla produzione di armi convenzionali o chimiche sempre più sofisticate, né indifferenti verso i problemi posti dalle mine antiuomo. Riguardo a queste ultime, auspico che un accordo, giuridicamente vincolante e con degli adatti meccanismi di controllo, veda la luce in occasione della riunione prevista a Bruxelles nel prossimo mese di giugno. Tutto deve essere messo in opera per costruire un mondo più sicuro!

Quasi tutti i Governi, riuniti nel contesto dell'Organizzazione delle Nazioni Unite a Istanbul per la seconda Conferenza sugli Insediamenti umani e a Roma per il Vertice mondiale della FAO, si sono assunti impegni concreti per conciliare meglio lo sviluppo, la crescita economica e la solidarietà. Il diritto alla casa e l'equa ripartizione delle risorse della terra sono apparsi come priorità per gli anni futuri: si tratta di passi decisivi.

Dobbiamo ugualmente prendere atto dell'accordo concluso verso la fine dell'anno ad Abidjan per la pace in Sierra Leone, sperando vivamente che il disarmo e la smobilitazione dei militari avvengano senza lentezze. Possa avvenire lo stesso nella vicina Liberia, anch'essa impegnata in un difficile processo di normalizzazione e di preparazione di libere elezioni!

In Guatemala, la pace sembra finalmente profilarsi all'orizzonte dopo troppi lunghi anni di lotta fratricida. L'accordo siglato il 29 dicembre scorso, creando un clima di fiducia, dovrebbe favorire, nell'unità e con coraggio, la soluzione dei numerosi problemi sociali ancora irrisolti.

6 Volgendo lo sguardo verso l'Asia, attendiamo la data del 1· luglio 1997, quando Hong Kong sarà reintegrata nella Cina continentale. In ragione della consistenza e della vitalità della comunità cattolica in quel territorio risiede, la Santa Sede seguirà con interesse tutto particolare tale nuova tappa, augurandosi che il rispetto delle differenze, dei diritti fondamentali della persona umana e della supremazia del diritto segni questo nuovo itinerario, preparato da pazienti negoziati.

3. La pace, in secondo luogo. Appare ancora precaria in più d'un punto del pianeta, e, in ogni caso, è sempre alla mercé di egoismi o di imprevidenze da parte di non pochi soggetti della vita internazionale.

Molto vicino a noi, l'Algeria continua a dibattersi in un abisso di violenza inaudita, dando la triste immagine di un popolo intero preso in ostaggio. La Chiesa cattolica vi ha pagato un pesante tributo, l'anno scorso, con il barbaro assassinio dei sette monaci della Trappa di Notre-Dame de l'Atlas e la brutale morte di Mons. Pierre Claverie, vescovo d'Oran. Cipro, ancora divisa in due, attende una soluzione politica che dovrebbe essere elaborata in un contesto europeo offrendo orizzonti più diversificati. Sulla riva orientale del Mediterraneo, il Medio Oriente continua a cercare a tentoni il cammino della pace. Tutto deve essere provato perché i sacrifici e gli sforzi dispiegati in questi ultimi anni, a partire dalla Conferenza di Madrid, non siano resi vani. Per i cristiani, in particolare, la "Terra Santa" rimane il luogo dove è risuonato per la prima volta il messaggio d'amore e di riconciliazione: "Pace in terra agli uomini, che Dio ama"!

Tutti insieme, ebrei, cristiani e musulmani, israeliani ed arabi, credenti e non-credenti, devono creare e consolidare la pace: la pace dei trattati, la pace della fiducia, la pace dei cuori! In questa parte del mondo, come altrove, la pace non potrà essere giusta e duratura se non poggia sul dialogo leale tra partners uguali, nel rispetto dell'identità e della storia di ognuno, se non poggia sul diritto dei popoli alla libera determinazione del proprio destino, sulla loro indipendenza e sulla loro sicurezza. Non vi possono essere eccezioni! E tutti coloro che hanno accompagnato le parti più direttamente coinvolte nel difficile processo di pace in Medio Oriente, devono raddoppiare gli sforzi affinché il modesto capitale di fiducia accumulato non venga dissipato ma, al contrario, aumenti e porti frutti.

In questi ultimi mesi, un focolaio di tensione si è drammaticamente esteso in tutta la regione dei Grandi Laghi, in Africa. Il Burundi, il Rwanda e lo Zaire, in particolare, si sono trovati stretti nella morsa fatale della violenza sfrenata e dell'etnocentrismo, che hanno fatto piombare intere nazioni in drammi umani che non dovrebbero lasciare nessuno indifferente. Nessuna soluzione potrà essere elaborata fintanto che i responsabili politici e militari di quei Paesi non si saranno seduti attorno ad un tavolo di negoziato, con l'aiuto della comunità internazionale, per prospettare insieme la configurazione dei loro necessari e inevitabili rapporti. La comunità internazionale - e qui intendo includere le Organizzazioni regionali africane - non soltanto deve portare rimedio all'indifferenza manifestata negli ultimi tempi di fronte a drammi umanitari dei quali il mondo intero è stato testimone, ma deve pure accrescere la sua azione politica al fine di evitare che nuovi tragici sviluppi, smembramenti di territori o l'esodo di popolazioni non vengano a creare delle situazioni che nessuno sarebbe in grado di controllare. Non si fonda la sicurezza di un Paese o di una regione sull'accumulo dei rischi.

Nello Sri Lanka, le speranze di pace si sono frantumate di fronte ai combattimenti che nuovamente hanno devastato intere regioni dell'isola. Il permanere di tali lotte impedisce in modo evidente il progresso economico. Qui, ancora, occorrerebbe che riprendessero i negoziati per giungere almeno ad un cessate-il-fuoco che permetta di guardare al futuro in modo più sereno.

Se volgiamo infine lo sguardo verso l'Europa, si può rilevare che la costruzione delle Istituzioni europee e l'approfondimento del concetto europeo di sicurezza e di difesa dovrebbero assicurare ai cittadini dei Paesi del Continente un avvenire più stabile, perché fondato su un patrimonio di valori comuni: il rispetto dei diritti dell'uomo, il primato della libertà e della democrazia, lo Stato di diritto, il diritto al progresso economico e sociale. Tutto ciò, sicuramente, in vista dello sviluppo integrale della persona umana. Ma gli Europei devono restare vigilanti, perché sono sempre possibili dei pericolosi smarrimenti di rotta, come ha dimostrato la crisi dei Balcani: la persistenza di tensioni etniche, i nazionalismi esacerbati, le intolleranze di ogni sorta costituiscono delle minacce permanenti. I focolai di tensione persistenti nel Caucaso ci avvertono che il contagio di siffatte energie negative non può essere bloccato se non grazie all'instaurarsi di un'autentica cultura e di una vera pedagogia della pace. Attualmente, in troppe regioni d'Europa, si ha l'impressione che i popoli coabitino più che cooperare tra loro. Non si dimentichi mai ciò che uno dei "padri fondatori" dell'Europa del dopoguerra scriveva in margine alle sue memorie - cito qui Jean Monnet: "Noi non coalizziamo degli Stati; noi uniamo degli uomini"!

4. Tale rapida panoramica sulla situazione internazionale basta a mostrare che, fra i progressi compiuti ed i problemi irrisolti, i responsabili politici hanno un largo campo d'azione. Ciò che più manca forse, oggi, ai soggetti della comunità internazionale non sono certo le Convenzioni scritte, né le assemblee ove potersi esprimere: esse sono persino in eccesso! Quel che manca è piuttosto una legge morale e il coraggio di riferirsi ad essa.

La comunità delle nazioni, come ogni società umana, non sfugge a questo principio di base: essa deve essere retta da una regola di diritto valida per tutti, senza eccezioni. Ogni sistema giuridico, lo sappiamo, ha per fondamento e per fine il bene comune. E ciò si applica anche alla comunità internazionale: il bene di tutti e il bene del tutto! E' questo che permette di giungere a eque soluzioni dove nessuno è danneggiato a vantaggio degli altri, anche se essi sono in maggioranza: la giustizia è per tutti, senza che l'ingiustizia sia inflitta ad alcuno. La funzione del diritto è di dare a ciascuno ciò che gli spetta, di rendergli ciò che gli è dovuto in piena giustizia. Il diritto comporta dunque una forte connotazione morale. E il diritto internazionale stesso è fondato su valori. La dignità della persona, o la garanzia dei diritti delle nazioni, per esempio, sono principi morali prima di essere norme giuridiche. Ciò spiega che sono stati dei filosofi e dei teologi, tra il XV e il XVII secolo, i primi teorici della società internazionale e i precursori di un riconoscimento esplicito dello "ius gentium" (diritto delle genti). Inoltre, non si può che costatare che il diritto internazionale non è più solamente un diritto "tra stati", ma tende sempre di più a raggiungere gli individui, attraverso le definizioni internazionali dei diritti dell'uomo, del diritto sanitario internazionale o del diritto umanitario, per citare solo qualche esempio.

E' dunque urgente organizzare la pace del dopo-guerra-fredda e la libertà del dopo-1989, basandosi su valori morali che sono agli antipodi della legge dei più forti, dei più ricchi o dei più grandi che impongono i loro modelli culturali, i loro diktat economici e le loro tendenze ideologiche. I tentativi per organizzare una giustizia penale internazionale sono, in questo senso, un reale progresso della coscienza morale delle nazioni. Lo sviluppo delle iniziative umanitarie, intergovernative o private, è anch'esso un segnale positivo di un risveglio della solidarietà, di fronte a situazioni di violenza o di ingiustizia intollerabili. Ma pure qui, bisogna stare attenti a che queste generosità non divengano rapidamente la giustizia dei vincitori, o che non nascondano secondi fini egemonici che farebbero ragionare in termini di sfere d'influenza, di monopoli o di riconquista dei mercati.

Il diritto internazionale è stato per molto tempo un diritto della guerra e della pace. Credo che esso sia sempre più chiamato a diventare esclusivamente un diritto della pace concepito in funzione della giustizia e della solidarietà. In questo contesto la morale è chiamata a fecondare il diritto; essa può esercitare altresì una funzione di anticipo sul diritto, nella misura in cui gli indica la direzione del giusto e del bene.

7 5. Eccellenze, Signore, Signori, sono queste le riflessioni che desideravo condividere con voi in questo inizio d'anno. Esse potranno ispirare la vostra riflessione e la vostra azione al servizio della giustizia, della solidarietà e della pace tra le nazioni che rappresentate.

Nella preghiera, affido a Dio la felicità e la prosperità dei vostri concittadini, i progetti dei vostri Governi per il bene spirituale e temporale dei loro popoli, come pure gli sforzi della comunità internazionale per il trionfo della ragione e del diritto.

Nel nostro pellegrinaggio di pace, la stella di Natale ci guida e ci indica il vero cammino dell'uomo, invitandoci ad intraprendere il cammino di Dio.

Dio benedica le vostre persone e le vostre patrie e conceda a voi tutti un anno felice!




GP2 Discorsi 1997