GP2 Discorsi 1997 46


AI MEMBRI DELLA "FEDERAZIONE ORGANISMI CRISTIANI


SERVIZIO INTERNAZIONALE VOLONTARIO" (FOCSIV)


Sabato, 22 febbraio 1997




Carissimi Fratelli e Sorelle!

1. Sono lieto di accogliervi quest’oggi, in occasione del venticinquesimo della nascita della vostra benemerita Federazione. A tutti rivolgo un saluto cordiale, a partire dal Presidente, il Signor Luca Jahier, che ringrazio per le espressioni con cui ha voluto illustrare il significato dell’odierno incontro. Con lui sono lieto di salutare anche i suoi predecessori nell’incarico di presidenza: grazie per la vostra presenza e grazie alla Federazione Organismi Cristiani Servizio Internazionale Volontario (FOCSIV) per il servizio che ha reso in questi anni alla Chiesa, orientando l’azione di tanti cristiani desiderosi di rendersi utili ai fratelli in difficoltà.

47 Voi volete essere “volontari nel mondo”. Questo fa pensare al ruolo fondamentale che, accanto alle istituzioni pubbliche, svolgono in varie parti del pianeta gli organismi di volontariato. I loro aderenti rendono in modo diretto e gratuito il loro servizio ai fratelli, specialmente a quanti versano in situazioni di disagio o sono emarginati. Il loro obiettivo è di porsi al fianco di chi è in difficoltà, per aiutarlo a percorrere un cammino di liberazione e di promozione autenticamente umana.

2. La qualifica di “volontari nel mondo” fa pensare al vostro ruolo, ma prima ancora all’ispirazione che vi anima, giacché se vi è in voi la “volontà” di “essere nel mondo” non per procurarvi vantaggi, ma per rendere un servizio, ciò non può non rispondere ad una chiamata ideale. La vostra opera è, pertanto, assunzione di responsabilità nei confronti del prossimo, è espressione di impegno generoso, volto a far crescere nel mondo la cultura dell’amore.

A questo riguardo, debbo dire che ho apprezzato l’intenzione, manifestata poc’anzi dal Presidente, di approfondire l’impegno di rinnovamento della Federazione secondo l’ispirazione evangelica, ponendo sempre più al centro delle scelte personali e associative la persona di Gesù Cristo. Vedo in questo una scelta pienamente conforme all’itinerario di preparazione al Giubileo del 2000, che in quest’anno 1997 chiede a tutta la Chiesa, nella molteplicità delle sue componenti, di fissare lo sguardo su Cristo, unico Salvatore, unico Liberatore dell’uomo e del mondo.

Essere “volontari nel mondo” per un progetto di liberazione dell’uomo e di efficace promozione della sua dignità, presuppone un costante radicamento in quel patrimonio di valori a cui il Vangelo ha dato nei secoli ispirazione, alimento, sostegno. Quanti attingendo a tali limpide sorgenti hanno saputo essere autentici testimoni della carità, operatori di pace, artefici di giustizia e di solidarietà!

3. In questi venticinque anni, come è stato ricordato, nelle file della vostra Federazione hanno operato volontari di provata coerenza e di grande generosità. Essi sono stati dei veri testimoni: testimoni di fedeltà all’uomo e a Cristo. Auspico che il loro esempio sia di stimolo e di incoraggiamento per tutti voi e vi animi a proseguire in questa linea, nella quale la Chiesa vi accompagna e vi incoraggia.

Nessuno si lasci prendere dallo scoraggiamento, anche quando le difficoltà si fanno più gravi fin quasi ad apparire insormontabili! È proprio di fronte alle situazioni in cui si sperimenta una sorta di impotenza che deve sorreggerci la fede in Dio, a cui nulla è impossibile (cfr
Lc 1,37 Mt 19,26). La vostra testimonianza è importante, particolarmente per le nuove generazioni di volontari, che all’entusiasmo dello slancio iniziale devono imparare a congiungere lo sforzo di un graduale e paziente cammino di formazione e di perseveranza.

4. Cari volontari, i vostri silenziosi e fattivi interventi accanto agli uomini e alle donne in difficoltà costituiscono un annuncio vivo della costante presenza di Cristo, che cammina con l’umanità di ogni tempo. Affido ciascuno di voi, carissimi, come pure gli organismi della vostra Federazione alla protezione di Maria Santissima. Nel suo “eccomi”, cui prontamente seguì il servizio concreto di carità alla cugina Elisabetta (cfr Lc 1,38 Lc 1,56), voi potete riconoscere l’“icona” del volontariato cristiano, traendone ispirazione per sempre nuove iniziative di condivisione con i fratelli, in ogni parte del mondo.

Vi accompagni anche la mia Benedizione, che di cuore imparto a voi e a tutti i “volontari nel mondo”.



VISITA ALLA PARROCCHIA ROMANA


DI SANTA CROCE AL FLAMINIO



AI RAPPRESENTANTI DEL CONSIGLIO PASTORALE


Domenica, 23 febbraio 1997




«Dico una parola in latino: “Bonum est nobis hic esse”, è bello per noi stare qui. Sono le parole che ha pronunciato Pietro, dopo la Trasfigurazione. Oggi il Vangelo della Santa Messa parla della Trasfigurazione. Posso dire che queste parole sono applicabili anche alla nostra situazione. È bello per voi essere qui, è bello per me essere con voi, di essere con il Consiglio Pastorale della parrocchia e con i giovani. I giovani sono affiancati al Consiglio Pastorale; il Consiglio Pastorale è affiancato ai giovani. Certamente voi rappresentate le forze consapevoli, impegnate della parrocchia. Il Consiglio Pastorale svolge la sua opera accanto ai sacerdoti, consigliando sui diversi problemi della parrocchia. E i giovani a noi tutti danno speranza. Basta guardare i vostri occhi. C'è qualche cosa che brilla in questi occhi, qualche luce. Luce dell'anima, luce dell'umanità, della freschezza, luce della grazia di Dio. Allora vi auguro di mantenere sempre questa luce, questa vostra giovinezza spirituale, per il bene di tutti noi, delle vostre famiglie, dei vostri ambienti, della società tutta intera. Che si possa dire che è bene essere noi insieme con voi qui e dappertutto.

Al Consiglio Pastorale auguro veramente un consiglio buono e ponderato. Auguro di avere la consapevolezza della responsabilità del bene comune della parrocchia, segno di amore per la Chiesa e per Cristo. Si vede a Roma e dappertutto che la parrocchia rimane un centro di riferimento per la comunità civile. Speriamo che ciò sia ancora rafforzato dalla missione cittadina, dalle iniziative con le quali la Chiesa che è in Roma si impegna lungo il cammino verso l'Anno Duemila.

48 Auguro a voi tutti carissimi buona Quaresima e poi buona Pasqua, perché ci avviciniamo alla Pasqua del Signore. Sia lodato Gesù Cristo!»



VISITA ALLA PARROCCHIA ROMANA


DI SANTA CROCE AL FLAMINIO



AI BAMBINI DELL'ISTITUTO «VILLA FLAMINIA»


Domenica, 23 febbraio 1997




1. Vi saluto con affetto, ragazzi, insegnanti, genitori, che ho la gioia di incontrare qui, nell’Istituto «Villa Flaminia», fondato 40 anni or sono dai Fratelli delle Scuole Cristiane.

Sono lieto di sostare in questa importante struttura educativa, che opera attivamente nel territorio della parrocchia di Santa Croce al Flaminio. Rivolgo il mio saluto anzitutto a voi, cari figli di San Giovanni Battista de La Salle, e vi incoraggio a proseguire nel vostro servizio educativo, da cui in questi quarant’anni schiere di ragazzi e giovani hanno tratto beneficio. Estendo il mio cordiale pensiero all’intero corpo insegnante delle varie scuole dell’Istituto.

Il mio saluto va poi ai genitori e, in modo particolare, agli alunni ed agli studenti: grazie, carissimi, della vostra calorosa accoglienza. Grazie, in particolare, ai due vostri rappresentanti, che hanno efficacemente interpretato i vostri sentimenti. Sono venuti qui anche i ragazzi e le ragazze della parrocchia, che frequentano altre scuole, e perciò questo è un incontro con la parrocchia e al tempo stesso col mondo della scuola.

2. Questa circostanza mi offre l’occasione di sottolineare l’importanza di un progetto educativo che, partendo dalla famiglia, trovi poi nella comunità parrocchiale ed in quella scolastica ambiti distinti e convergenti in cui rafforzarsi. Questa forte attenzione educativa è impegno specifico delle scuole cattoliche, come ben sanno i religiosi, di Villa Flaminia, che alla missione educativa consacrano l’intera loro vita.

Qualcuno potrebbe osservare: se i giovani frequentano l’oratorio parrocchiale, che bisogno c’è di una scuola cattolica? O viceversa. Rispondo: la comunità parrocchiale è luogo di educazione religiosa e spirituale; la scuola è luogo di educazione culturale. Le due dimensioni devono integrarsi, perché i valori ispiratori sono i medesimi: sono i valori delle famiglie cristiane, che intendono offrire ai loro ragazzi, in una società dominata dal relativismo e minacciata dal vuoto esistenziale, un’educazione fondata sui valori immutabili del Vangelo.

Oggi più che mai risulta necessaria la cooperazione tra famiglia, parrocchia e scuola, non per vincolare la libertà degli adolescenti, ma per formarla, abilitandola a compiere scelte responsabili e motivate. Le scuole cattoliche, mentre forniscono un’istruzione qualificata, propongono ai ragazzi i valori cristiani invitandoli a costruire su di essi la loro vita. La proposta, in chi sa accoglierla ed attuarla con coerenza, dà risultati altamente positivi - l’esperienza lo conferma - sia sul piano personale che su quello familiare e professionale.

3. In Italia sta per essere varata una riforma globale della scuola: auspico di cuore che si dia finalmente attuazione concreta alla parità per le scuole non statali, che offrono un servizio di pubblico interesse, apprezzato e ricercato da molte famiglie.

A voi, ragazzi e ragazze, auguro di fare tesoro delle varie esperienze educative, di quella familiare anzitutto, come anche di quella scolastica e parrocchiale. Sappiate anche comunicare i valori in cui credete, sentendovi impegnati ad essere testimoni di amore e di verità in ogni ambiente di vita.

Vorrei concludere augurando una buona domenica a tutti i partecipanti, offrendo la mia Benedizione alla scuola, agli educatori, ai Fratelli della Scuole Cristiane, ai genitori, ai giovani e ai ragazzi. Vi ringrazio ancora una volta per questa buona calorosa accoglienza.

ALL'ASSEMBLEA PLENARIA DEL

PONTIFICIO CONSIGLIO DELLE COMUNICAZIONI SOCIALI


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Venerdì, 28 febbraio 1997




Eminenze,
Eccellenze,
Fratelli e Sorelle in Cristo,

1. Sono sempre lieto di incontrare voi, membri, Consultori e personale del Pontificio Consiglio per le Comunicazioni Sociali nel corso della vostra annuale Assemblea Plenaria. Il vostro Consiglio sostiene il ministero del Successore di Pietro in ciò che concerne i mezzi di comunicazione sociale che sono vari, dinamici e in costante evoluzione e il loro ruolo nella missione della Chiesa di proclamare il Vangelo della Salvezza fino ai confini della terra. Sono grato per la vostra cooperazione e per il vostro sostegno diligenti ed esperti alla carità pastorale con la quale promuovete l’azione della Chiesa e quella dei singoli cattolici nel mondo delle comunicazioni.

2. Il vostro incontro quest’anno si svolge all’inizio del triennio di preparazione al grande Giubileo dell’anno 2000, verso il quale l’intera Chiesa sta avanzando come se stesse compiendo un pellegrinaggio di fede intensamente spirituale. Questa preparazione è infatti il centro dei vostri dibattiti, in particolare quando si riferisce a “comunicare Gesù Cristo: via, verità e vita”, tema della Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali del 1997.

Per quell’occasione ho scritto: “La via di Cristo è la via di una vita virtuosa, fruttuosa e pacifica, adeguata a coloro che sono figli di Dio e fratelli e sorelle che fanno parte della stessa famiglia umana; la verità di Cristo è l’eterna verità di Dio che si è rivelato a noi non solo nella creazione del mondo, ma anche attraverso le Sacre Scritture, e, specialmente, con e attraverso suo Figlio, Gesù Cristo, la Parola fatta carne; e la vita di Cristo è la vita di grazia, quel gratuito dono di Dio che ci fa partecipi della sua vita e che ci rende capaci di vivere per sempre nel Suo amore. Quando i cristiani sono sinceramente convinti di questo, la loro vita si trasforma” (Giovanni Paolo II, Messaggio per la Giornata Mondiale delle Comunicazioni, 24 gennaio 1997).

Questo messaggio deve essere trasmesso con sempre maggiore efficienza per aiutare gli uomini del nostro tempo a sfuggire o a eliminare il vuoto spirituale che grava fortemente sui cuori di così tante persone. Questa è la verità salvifica che abbiamo il dovere di trasmettere alla prossima generazione proprio quando a troppi giovani viene propinata un’inutile e pericolosa dieta di false illusioni invece del loro diritto di primogeniti all’autentica conoscenza del significato e dello scopo della loro vita (cfr
Gn 25,29-34). Alla fine di un secolo di straordinario progresso, ma anche di terribile tragedia umana, l’annuncio di Gesù Cristo, lo stesso ieri, oggi e sempre (cfr He 13,8), non è solo un dovere di obbedienza al comandamento del Vangelo, ma anche l’unico mezzo sicuro per rispondere all’urgente bisogno di discernimento morale e spirituale senza il quale la vita individuale e l’ordine sociale stesso sono intrappolati dall’arbitrarietà e dalla confusione.

3. Nel corso degli anni, il vostro Consiglio ha acquisito un’ampia conoscenza e una notevole esperienza del mondo delle comunicazioni sociali. Avete pubblicato chiare istruzioni per i Pastori della Chiesa e per quanti operano nella stampa, nella radio, nella televisione, nel cinema e negli altri mezzi di comunicazione. Avete richiamato l’attenzione su alcune aree problematiche, come nel vostro più recente documento, pubblicato proprio questa settimana, su l’Etica nella pubblicità. Avete cercato di richiamare i professionisti dei mezzi di comunicazione sociale alla propria responsabilità di servire la verità, di difendere la dignità e la libertà umane e di illuminare le coscienze dei loro lettori, ascoltatori e spettatori.

Nel contesto della preparazione per il Grande Giubileo, incoraggio il vostro Consiglio a continuare a promuovere più alti livelli, un migliore coordinamento e una maggiore efficacia nei mezzi di comunicazione specificatamente cattolici. Inoltre, colgo questa opportunità per ringraziarvi per l’opera svolta nel contribuire a offrire ai lettori e agli spettatori alcune delle più importanti cerimonie e dei più importanti eventi pontifici come le Messe di Natale e di Pasqua che vengono seguite da milioni di persone in tutto il mondo. Sono grato alle reti radiofoniche e televisive e alle organizzazioni sponsorizzatrici che rendono possibili questi appuntamenti annuali.

4. In questo momento rivestite un’importanza particolare nel rendere tutta la Chiesa consapevole del ruolo positivo che i mezzi di comunicazione sociale svolgono nell’assicurare una celebrazione corretta del Giubileo. La sfida è costituita dal vedere il mondo propriamente informato sul vero significato dell’Anno 2000, anniversario della nascita di Gesù Cristo. Il Giubileo non può essere solo un ricordo di un evento passato, per quanto straordinario. Deve essere la celebrazione di una presenza viva e un invito a guardare al secondo avvento del nostro Salvatore, momento in cui instaurerà una volta per sempre il suo Regno di giustizia, di amore e di pace. Che Maria, che duemila anni fa ha offerto al mondo il Verbo Incarnato, guidi gli uomini e le donne che operano nell’ambito dei mezzi di comunicazione sociale verso Colui che è “la luce vera, quella che illumina ogni uomo” (Jn 1,9 cfr Giovanni Paolo II, Tertio millennio adveniente, n TMA 59). Che i doni illuminanti dello Spirito Santo possano sostenervi e incoraggiarvi nella vostra opera.



Marzo 1997


SALUTO DI GIOVANNI PAOLO II


AL TERMINE DELLA RECITA DEL SANTO ROSARIO


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Sabato, 1° marzo 1997




Rivolgo un saluto cordiale a tutti voi, qui presenti, e a quanti si sono uniti a noi, mediante la radio e la televisione, per questo momento di preghiera mariana.

Saluto con affetto i numerosi universitari di Roma. Cari giovani, sono lieto della vostra presenza e vi ringrazio per aver animato la recita del santo Rosario, facendola precedere da una riflessione sull’Enciclica Redemptor hominis.Quando la scrissi, all’inizio del mio ministero petrino, avvertivo profondamente l’urgenza di incoraggiare la Chiesa e tutti gli uomini a camminare con fede e speranza, perché Cristo è il centro della storia. Con Lui l’uomo non deve temere, perché è partecipe della sua vittoria sul male e sulla morte. Perciò il primo appello che rivolsi al mondo fu proprio: “Non abbiate paura di aprire le porte a Cristo”. Queste parole ripeto oggi a voi, giovani, speranza della Chiesa e dell’umanità, perché vi guidino nella vostra vita e nell’impegno missionario tra i vostri coetanei.

L’esperienza dell’incontro odierno rafforzi in voi la devozione e l’affetto verso Maria, Madre della Sapienza: Ella vi guida a Cristo Redentore dell’uomo. Vi seguo nelle vostre attività ed auspico in particolare una buona riuscita del secondo Convegno diocesano degli universitari, in programma il prossimo 19 aprile. Un grazie particolare rivolgo ai giovani e al maestro del Coro interuniversitario e a tutti coloro che vi accompagnano nel vostro cammino formativo e missionario.

Sono lieto di accogliere anche il folto gruppo dell’Istituto “Regina Mundi”, di Roma. Benedico di cuore, care Religiose, il vostro impegno di studio, perché arricchisca ciascuna di voi e il vostro servizio apostolico.

Saluto inoltre i fedeli della parrocchia di San Bartolomeo di Trino Vercellese, gli aderenti al Movimento per la Vita di Cervia, come pure gli alunni delle scuole “Santa Dorotea” di Montecchio (Reggio Emilia) e “Santissima Vergine” di Roma, con le Suore e i genitori.

A tutti auguro buona Quaresima e buona Pasqua.




A S.E. IL SIGNOR PJETER PEPA,


NUOVO AMBASCIATORE DI ALBANIA


PRESSO LA SANTA SEDE


Sabato, 1° marzo 1997

Signor Ambasciatore!


1. Sono lieto di accoglierLa in speciale Udienza per la presentazione delle Lettere Credenziali. Nel rivolgerLe un cordiale saluto, La prego di farsi interprete dei miei sentimenti di deferente ossequio presso il Signor Presidente della Repubblica Albanese, al quale formulo di cuore i migliori voti di fruttuoso servizio per il bene del popolo albanese.

Mentre ricevo con piacere le Lettere che La accreditano come Ambasciatore Straordinario e Plenipotenziario presso la Santa Sede, esprimo anche per Lei, Signor Ambasciatore, l’augurio di poter svolgere l’alta missione affidataLe con lo stesso spirito di cui ha dato testimonianza attraverso le sue nobili parole, raccogliendone quelle soddisfazioni che la Provvidenza non fa mancare a chi lavora generosamente per il bene comune.

51 2. IncontrarLa, Signor Ambasciatore, ravviva in me il ricordo del 25 aprile di quattro anni fa, quando ebbi la gioia di compiere la mia Visita pastorale in Albania. Malgrado la breve durata, si trattò di un viaggio apostolico tra i più intensi e significativi, a motivo delle tragiche vicende vissute in precedenza dalla sua Patria. Solo alcuni anni prima, infatti, la visita del Papa sarebbe stata assolutamente impensabile. Immagini e impressioni di quella giornata rimangono ben presenti alla mia mente ed al mio cuore. Anzitutto, come è naturale, ricordo la Comunità cattolica albanese, per la quale ebbi la gioia di ordinare, nella Cattedrale di Scutari, i primi quattro nuovi Pastori, dopo lunghi anni di oppressione e di dittatura comunista. Ricordo, altresì, l’intera popolazione ed in modo speciale l’ultimo grande incontro con il popolo albanese, nella Piazza Scanderbeg di Tirana.

Per il gentile tramite della sua persona, Signor Ambasciatore, desidero assicurare alla diletta Nazione albanese ed ai suoi governanti che la Santa Sede e la Chiesa cattolica intendono, con rinnovato impegno, manifestare fattiva vicinanza e sollecita solidarietà, affinché il cammino della giovane democrazia del Paese possa proseguire sempre più speditamente e raggiungere gli attesi traguardi di sviluppo umano e sociale.

3. Il contributo della Chiesa non può che essere quello connesso con la sua missione evangelizzatrice: seminare, cioè, il buon seme del Vangelo nei solchi della storia dei popoli, perché, accogliendo il germe vitale della fede che salva, possano produrre frutti di giustizia e di pace, di libertà e di verità. Ciò non potrà non favorire l’affermarsi tra i cittadini di una convivenza animata da amore fraterno e solidale. In Albania, in particolare, dove per un lungo periodo è stata praticata una violenta e sistematica privazione della libertà religiosa, la Chiesa si sa inviata per una nuova e, per così dire, «rifondatrice » evangelizzazione. Cristo, liberatore dell’uomo, deve poter riprendere a camminare liberamente per le città e i villaggi del Paese, risanando tutti coloro che sono affaticati e oppressi e diffondendo conforto e speranza.

Solo se nelle coscienze si consoliderà il senso dei valori fondamentali, a partire dal rispetto per la dignità intangibile della persona e della vita umana, la convivenza democratica potrà stabilirsi su basi solide e durature (cfr Giovanni Paolo II, Messaggio alla nazione, Tirana, 25 aprile 1993: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, XVI, 1 (1993) 1019-1020).

Come ho avuto modo di osservare nel corso della citata Visita pastorale in Albania, «il riconoscere alla persona umana questo valore e questa centralità farà sì che nell’economia sia trovato il giusto equilibrio tra le ragioni dell’efficienza e quelle preminenti della solidarietà, e renderà l’impegno politico una ricerca responsabile del bene comune, da perseguire sempre nel rispetto di tutte le esigenze etiche e morali» (Ivi, n. 5).

Nel rispetto di tali principi, si può e si deve cercare la soluzione anche ai problemi del momento presente, intavolando il dialogo con tutte le forze responsabili della società, le quali, pur dovendo superare non poche difficoltà, si stanno impegnando per incrementare il sistema democratico in Albania.

La Chiesa cattolica intende recare il proprio contributo a tale sforzo, in spirito di profondo rispetto e di leale collaborazione con le altre grandi comunità religiose, anzitutto con quella cristiana ortodossa, come pure con quella musulmana. Rinnovo l’auspicio che i credenti si sentano impegnati a contribuire al rinnovamento morale del Paese, dando sempre testimonianza di quei rapporti di reciproca stima e di cordiale collaborazione, per i quali vanno giustamente fieri.

4. Signor Ambasciatore, Ella ha voluto cortesemente offrirmi il libro, da Lei curato, che documenta le atroci persecuzioni del regime comunista e l’eroica testimonianza di tante vittime innocenti, tra le quali non pochi sacerdoti. La ringrazio vivamente per questo omaggio, che ho molto apprezzato.

Esso mi offre lo spunto per riprendere una riflessione di notevole importanza non solo per l’Albania, ma per ogni nazione. Se la tragedia della dittatura va certamente e al più presto lasciata alle spalle, la memoria delle sofferenze e dei soprusi in essa patiti va tuttavia custodita, come monito per il presente ed il futuro e come stimolo ad un costante riscatto spirituale e morale. Al termine di un secolo, durante il quale l’umanità ha conosciuto fenomeni di aberrante sfruttamento dell’uomo e di violenza inaudita, le generazioni proiettate verso il terzo millennio hanno il diritto di essere aiutate a formarsi un giudizio critico sulle cause e le conseguenze di tali fenomeni, per essere in grado di opporsi con vigilante tempestività a tendenze negative che, purtroppo, non cessano di insidiare l’uomo e le strutture sociali anche delle moderne società.

La memoria dei martiri è positiva fonte di coraggio e di speranza, perché dimostra che la fede e l’amore sono forze superiori a qualunque iniquità. Alla fine, loro è la vittoria. Possa questa viva memoria del sacrificio d’innumerevoli suoi figli illuminare i passi delle generazioni presenti e future dell’Albania, sulle quali invoco la protezione della Madonna del Buon Consiglio e l’abbondanza delle divine benedizioni.

VISITA ALLA PARROCCHIA ROMANA DI SAN GIULIANO MARTIRE


AI BAMBINI


Domenica, 2 marzo 1997




52 Quando siamo entrati nella chiesa parrocchiale, il vostro parroco mi ha mostrato il fonte battesimale. e mi ha detto che durante la Santa Messa in quello spazio troveranno posto tutti i bambini. Mi è sembrato molto giusto, perché i bambini sono più direttamente collegati con il fonte battesimale. Là sono stati battezzati in nome del Padre del Figlio e dello Spirito Santo. Là sono stati introdotti al Regno di Dio. Vi dico questo perché voi siete i più giovani parrocchiani. Avete fatto un bel canto e poi quasi un balletto. Vi ringrazio per questo. Vi auguro di continuare nella catechesi, perché la catechesi è ciò che si dovrebbe fare prima del battesimo, ma ciò non è possibile con un bimbo di due settimane, di due mesi o di qualche giorno. Si deve quindi fare la catechesi dopo il Battesimo, preparandosi alla prima Comunione. Questo periodo in cui i futuri cristiani ricevono la catechesi si chiama catecumenato. La Quaresima è il tempo dei catecumeni: si preparano per essere battezzati poi, il Sabato santo, nella vigilia pasquale, nella notte di Pasqua, ricevono il Battesimo. Così era nei primi secoli del cristianesimo. Vi dico questo perché, anche se voi siete battezzati, siete piccoli cristiani, vi preparate a crescere e a maturare nella vostra fede, che avete ricevuto con il Battesimo. L'avete ricevuta dai vostri genitori, dai vostri catechisti, ma è sempre la fede della Chiesa. Così voi entrate nella Chiesa con il Battesimo, con la catechesi, con la Comunione. Con i sacramenti si vive la vita della Chiesa, perché si vive la vita offertaci da Cristo.

VISITA ALLA PARROCCHIA ROMANA DI SAN GIULIANO MARTIRE


AI GIOVANI


Domenica, 2 marzo 1997

Il tempo di quaresima era tradizionalmente il tempo del catecumenato. Si preparavano al Battesimo i non cristiani durante i quaranta giorni, ma il catecumenato durava più anni. Gli ultimi giorni, quelli della quaresima, erano però decisivi. Poi, nella notte di Pasqua, ricevevano il Battesimo. Ho toccato questo argomento anche con i bambini, perché poi loro sono andati in chiesa intorno al fonte battesimale. Tutti noi dobbiamo lì riunirci, perché in tutti noi la vita cristiana è cominciata con il Battesimo. È un mistero profondo. Dice san Paolo che attraverso il battesimo siamo sepolti insieme con Cristo. Siamo partecipi della sua morte redentrice e partecipi anche della sua Risurrezione. Il vero nucleo della vita cristiana di trova già nel Battesimo. Vi auguro di vivere profondamente il vostro Battesimo e di educare i vostri figli nello spirito di un catecumenato continuo che deve prolungarsi per tutta la vita. Vi auguro anche una buona quaresima e una buona Pasqua.



AI VESCOVI DELLA CONFERENZA EPISCOPALE


DELLO ZAIRE IN VISITA «AD LIMINA APOSTOLORUM»


Lunedì, 3 marzo 1997




Cari Fratelli nell’Episcopato,

1. Sono lieto di accogliervi in Vaticano nel momento in cui effettuate la vostra visita ad limina.Pastori della Chiesa nello Zaire, nelle provincie ecclesiastiche di Bukavu, di Kisangani e di Lubumbashi, mediante il vostro pellegrinaggio presso le tombe degli Apostoli, siete venuti a rinnovare il vostro impegno al servizio della missione di Cristo e della sua Chiesa e a rafforzare il vostro vincolo di comunione con il Successore di Pietro.

Venite da un Paese che attraversa una crisi diffusa e profonda, sulla quale la vostra Conferenza episcopale si è pronunciata in diverse occasioni. Questa crisi si traduce nella corruzione e nell’insicurezza, nelle ingiustizie sociali e negli antagonismi etnici, nello stato di totale abbandono in cui si trovano l’educazione e la sanità, nella fame e nelle epidemie . . . A tutto ciò si aggiunge ora una guerra, che colpisce in modo particolare le vostre Diocesi, con tutte le sue conseguenze tragiche. Quante sofferenze per gli Zairesi! In questi momenti drammatici, auspico che troviate qui conforto e forza per continuare con sicurezza la vostra missione episcopale in mezzo al popolo che vi è stato affidato. Ringrazio vivamente Monsignor Faustin Ngabu, Presidente della Conferenza Episcopale dello Zaire, per le sue illuminanti parole sulla vita della Chiesa nel vostro Paese; esse manifestano la speranza delle vostre comunità nelle prove. Saluto con particolare affetto i sacerdoti, i religiosi, le religiose, i catechisti e tutti i fedeli della vostra regione, e li incoraggio ad essere, nelle avversità, autentici discepoli di Cristo.

Vorrei ricordare con emozione coloro che, nel vostro Paese, hanno testimoniato eroicamente l’amore di Dio fino alla fine; Monsignor Christophe Munzihirwa, Arcivescovo di Bukavu, molti vostri sacerdoti diocesani, persone consacrate e laici che hanno fatto dono della propria vita per salvare i loro fratelli. Come voi stessi avete detto, sembra che la Chiesa sia “particolarmente bersagliata negli episodi della guerra e delle violenze attuali dello Zaire” (Messaggio dei Vescovi dello Zaire, 31 gennaio 1997). Che questi sacrifici siano uno sprone per l’opera della Chiesa nella vostra regione e ottengano da Dio per tutto il popolo i benefici della pace e della riconciliazione!

2. Voi avete a cuore di restare molto vicini ai sacerdoti, vostri collaboratori immediati. Conosco la loro situazione spesso difficile. Li incoraggio cordialmente nel loro servizio generoso a Cristo e ai fratelli. La Chiesa è profondamente riconoscente per il loro ministero, che fa nascere e crescere il Popolo di Dio nel vostro Paese. Li esorto a vivere la “fedeltà alla loro vocazione, nel dono totale di sé alla missione e in piena comunione con il proprio Vescovo” (Giovanni Paolo II, Ecclesia in Africa, n. 97). Siate per ognuno di essi un padre e una guida nel sacerdozio, attenti alla loro vita e al loro ministero!

Nella comunità cristiana i sacerdoti devono essere modelli di vita evangelica, mostrando un’effettiva coerenza fra ciò che annunciano e ciò che vivono. Nel loro ministero pastorale, avranno cura di escludere “ogni etnocentrismo e ogni particolarismo eccessivo, cercando invece di promuovere la riconciliazione e una vera comunione tra le diverse etnie” (Giovanni Paolo II, Ecclesia in Africa, n. 63). Troveranno la fonte del loro coraggio apostolico e della loro fedeltà agli impegni della loro ordinazione, in particolare al celibato, in un profondo amore per Cristo, che si tradurrà nella frequentazione regolare dei sacramenti e nella preghiera che unifica la loro vita. Li esorto anche a riscoprire sempre più profondamente la dignità e gli obblighi della vocazione sacerdotale, che escludono nella vita del sacerdote le attività che non sono in consonanza con essi.

Per rispondere in modo sempre più approfondito alle esigenze del ministero sacerdotale la formazione permanente è un imperativo, che deve essere presente nel corso dell’intera vita per “aiutare il prete ad essere e a fare il prete nello spirito e secondo lo stile di Gesù buon Pastore” (Giovanni Paolo II, Pastores dabo vobis PDV 73).

53 3. È una responsabilità fondamentale per ogni Vescovo mostrare una sollecitudine realmente privilegiata nei confronti della formazione dei futuri sacerdoti e della vita nei seminari. In effetti, “primo rappresentante di Cristo nella formazione sacerdotale è il Vescovo” (Eiusdem, Pastores dabo vobis PDV 65). Perché i seminari siano vere comunità di formazione al sacerdozio, è indispensabile conoscere bene i canditati per consentire un discernimento serio delle loro motivazioni prima di accettarli, sapendo anche che “la chiamata interiore dello Spirito ha bisogno di essere riconosciuta come autentica chiamata dal Vescovo” (Pastores dabo vobis PDV 65). Una formazione umana, intellettuale e morale di buon livello permetterà al futuro sacerdote di acquisire una maturità sufficiente a renderlo capace di vivere il suo sacerdozio in un provato equilibrio personale e di favorire l’incontro fra Cristo e gli uomini presso i quali sarà inviato. Vi invito a vegliare sulla qualità della formazione spirituale offerta nei seminari. “Per ogni presbitero la formazione spirituale costituisce il cuore che unifica e vivifica il suo essere prete e il suo fare il prete” (Pastores dabo vobis PDV 45). I futuri ministri del Vangelo devono impegnarsi risolutamente lungo un cammino di santità per divenire Pastori secondo il cuore di Dio.

La costituzione di gruppi di professori e di direttori spirituali costituisce spesso una grande difficoltà. Auspico vivamente che, malgrado i sacrifici che ne derivano per altri settori pastorali, possiate impegnarvi i sacerdoti più degni e più atti a questo ministero così importante per la vita e per il futuro della Chiesa. È necessario preparare a questa opera sacerdoti capaci e consapevoli dei bisogni reali della Chiesa. La collaborazione fra le Diocesi di una stessa regione potrà contribuire ad affrontare questo tema con maggiore efficacia.

4. Come avete sottolineato nelle vostre relazioni, la vita religiosa è ben radicata nel vostro Paese e sempre più giovani stanno rispondendo all’appello di Dio. Gioisco con voi per questa grazia che il Signore ha fatto alla Chiesa nello Zaire. In questo difficile momento che attraversa la vostra nazione, la testimonianza delle persone consacrate deve essere messa particolarmente in luce: “compito peculiare della vita consacrata è di tenere viva nei battezzati la consapevolezza dei valori fondamentali del Vangelo, testimoniando “in modo splendido e singolare che il mondo non può essere trasfigurato e offerto a Dio senza lo spirito delle Beatitudini” (Giovanni Paolo II, Vita consecrata VC 33).

Saluto con particolare affetto i religiosi e le religiose che, con grande abnegazione, si dedicano al servizio dei loro fratelli poveri, malati, sfollati, esiliati, o che, in diversi modi e in situazioni difficili, si adoperano per instaurare maggiore giustizia e fratellanza, talvolta a rischio della propria vita. Li incoraggio di tutto cuore a proseguire nel loro impegno, in un’oblazione totale di se stessi: “Guardate al futuro, nel quale lo Spirito vi proietta per fare con voi ancora cose grandi” (Vita consecrata VC 110). Il mondo di oggi ha bisogno della loro testimonianza profetica del servizio a Dio e dell’amore per gli uomini, in cui si rivela la presenza del Signore in mezzo al popolo nella prova. Questa testimonianza profetica, che si esprime attraverso la vita comunitaria come segno di comunione ecclesiale, deve protrarsi in un’autentica fratellanza vissuta nel presbiterio diocesano fra i religiosi e i membri del clero secolare.

Nel vostro Paese negli ultimi anni sono sorti molti Istituti di diritto diocesano, mostrando la vitalità delle vostre Chiese locali. Auspico che siano seguiti con molta attenzione, soprattutto per ciò che concerne la formazione adeguata dei loro membri, affinché queste comunità si sviluppino secondo le norme della vita consacrata previste dalla Chiesa. L’esortazione apostolica Vita consecrata costituirà un aiuto prezioso per riflettere sul significato e sulla missione della vita religiosa nel mondo di oggi.

5. Le difficoltà economiche e sociali della società hanno un impatto negativo su molti giovani. Nelle vostre relazioni avete spesso sottolineato le ferite che li segnano e le conseguenze dolorose che ne derivano per il loro futuro. La pastorale della gioventù è una delle vostre maggiori preoccupazioni. Gli istituti scolastici e universitari della Chiesa cattolica apportano un contributo importante alla formazione umana e spirituale delle giovani generazioni, di fronte alle grandi necessità del vostro Paese. Voi desiderate anche essere attenti a quanti non hanno accesso alla scuola o ne vengono esclusi, e a quanti sono senza lavoro, lasciati a se stessi, senza speranza per il domani. Tanti ostacoli al loro sviluppo devono essere ancora superati! Incoraggiandovi a rimanere sempre vicino ad essi e all’ascolto delle loro domande, insieme ai Padri del Sinodo africano, desidero nuovamente perorare con vigore la loro causa: “è necessario ed urgente trovare una soluzione alla loro impazienza di partecipare alla vita della nazione e della Chiesa” (Giovanni Paolo II, Ecclesia in Africa, n. 115) e rinnovo ai giovani dello Zaire l’appello che è stato lanciato da questo Sinodo a tutti i giovani dell’Africa: interessatevi allo sviluppo della vostra nazione, amate la cultura del vostro popolo, adoperatevi per la sua ridinamizzazione, fedeli alla vostra eredità culturale, perfezionando il vostro spirito scientifico e tecnico e soprattutto rendendo testimonianza della vostra fede cristiana (cfr Eiusdem, Ecclesia in Africa, n. 115). Li invito a non perdersi d’animo, ad affrontare le sfide della loro esistenza con la forza che dona loro Cristo, cercando di creare una vera solidarietà umana per costruire il futuro. In questo mondo sono chiamati a vivere la fratellanza, non come un’utopia ma come una possibilità reale; in questa società, devono costruire, quali veri missionari di Cristo, la civiltà dell’amore (cfr Eiusdem, Messaggio per la XII Giornata Mondiale della Gioventù, n. 8).

6. Nelle vostre Diocesi, i fedeli si trovano a vivere e cooperare con i fratelli di altre confessioni cristiane. “Uniti a Cristo nella loro testimonianza in Africa, i cattolici sono invitati a sviluppare un dialogo ecumenico con tutti i fratelli battezzati delle altre Confessioni cristiane, affinché si realizzi l’unità per la quale Cristo ha pregato e in tal modo il loro servizio alle popolazioni del continente renda il Vangelo più credibile agli occhi di quanti e di quante cercano Dio” (Eiusdem, Ecclesia in Africa, n. 65). Tuttavia, perché possano condurre in verità i fedeli di Cristo lungo le vie dell’unità, occorre che queste relazioni fraterne con gli altri cristiani si costruiscano in una conoscenza reciproca sincera e nel rispetto di ciò che costituisce la comunità alla quale si appartiene.

7. Le sette e i nuovi movimenti religiosi sono oggi una sfida che la Chiesa della vostra regione deve affrontare con perseveranza. Per permettere ai cattolici di operare i discernimenti necessari e di rispondere alle domande poste dall’attività di questi gruppi, è fondamentale guidare i fedeli verso una rinnovata presa di coscienza della loro identità cristiana, attraverso l’approfondimento della loro fede in Cristo, unico Salvatore degli uomini. Presentando loro in modo semplice e chiaro il messaggio evangelico, incentrato sulla persona del Signore Gesù che vive e agisce nella sua Chiesa, li si aiuterà a operare una reale conversione del cuore. Una buona conoscenza della Parola di Dio, radicata nella Tradizione, li porterà ad acquisire una spiritualità autentica e a scoprire le ricchezze della preghiera, personale e comunitaria, con l’inculturazione che consente ad ognuno di sentirsi pienamente partecipe. Il Catechismo della Chiesa Cattolica offre un aiuto di prim’ordine per questo compito di formazione. Infine, si lavorerà per rafforzare l’unità del Popolo di Dio nelle comunità ecclesiali, dove si porrà l’accento “sulla premura per l’altro, sulla solidarietà, sul calore delle relazioni, sull’accoglienza, il dialogo e la fiducia” (Ecclesia in Africa, n. 63).

8. Cari Fratelli nell’Episcopato, mentre il vostro Paese vive un tempo di grande prova e si trova a una svolta decisiva per il suo futuro, esorto vivamente i cattolici dello Zaire a contribuire con i loro connazionali all’edificazione di una società conviviale, dove tutti i cittadini siano ugualmente riconosciuti e rispettati nella loro dignità. Auspico che le elezioni previste per i prossimi mesi possano aver luogo e permettano al vostro Paese di porre in atto un autentico Stato di diritto. Le comunità cristiane devono essere particolarmente sensibilizzate alle loro responsabilità per ciò che concerne la promozione della giustizia e la difesa dei diritti umani fondamentali. Per molti anni, e anche di recente, vi siete rivolti a tutti gli Zairesi, prestando la vostra voce ai senza-voce, per ricordare le esigenze della giustizia e della pace, per incoraggiare e formare il popolo che vi è stato affidato. Conosco il coraggioso ruolo svolto dai cattolici nel lungo processo di democratizzazione che vive il vostro Paese, così come nella ricerca del dialogo per una società migliore. Attraverso questo impegno, la Chiesa non vuole in alcun modo servire una politica settaria. Essa desidera favorire la ricerca dell’autentico bene dell’uomo e della sua vita in società.

Vi invito dunque a perseverare nella proclamazione del messaggio di speranza del Vangelo, invitando i fedeli alla conoscenza della dottrina sociale della Chiesa per operare efficacemente all’avvento della giustizia e della solidarietà. Le comunità cristiane devono anche adoperarsi con sempre maggiore determinazione per la riconciliazione fra tutti, rifiutando tute le forme di discriminazione e di violenza che distruggono l’uomo e la collettività. “In un certo senso ogni battezzato deve sentirsi “ministro della riconciliazione”, in quanto, riconciliato con Dio e con i fratelli, è chiamato a costruire la pace con la forza della verità e della giustizia” (Giovanni Paolo II, Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 1997, n. 7). Il tempo di preparazione alla Pasqua nel quale ci troviamo ci ricorda l’urgente necessità del ritorno a Dio e della conversione del cuore come cammino verso la Pace.

9. Raggiungendo con il pensiero e con la preghiera le vittime della guerra che imperversa nell’Est del vostro Paese, rinnovo in maniera pressante il mio appello affinché cessino i combattimenti. Auspico vivamente che le parti coinvolte dalla crisi della Regione dei Grandi Laghi s’impegnino rapidamente lungo il cammino del dialogo e del negoziato per trovare una soluzione pacifica ai problemi drammatici che si pongono, nel rispetto dei principi dell’intangibilità delle frontiere internazionalmente riconosciute, della sovranità e dell’integrità territoriale di ogni Stato. Come avete recentemente scritto, “l’unità nazionale resta da preservare, sostenere e consolidare” (Messaggio dei Vescovi dello Zaire, 31 gennaio 1997). A tal fine, la comunità internazionale - comprese le Organizzazioni regionali africane - deve accrescere la sua azione politica (cfr Giovanni Paolo II, Discorso al Corpo diplomatico, 13 gennaio 1997), trovando, al contempo, soluzioni rapide al tragico problema umano e morale dei numerosissimi rifugiati rwandesi che risiedono nello Zaire, nelle campagne o dispersi nella foresta, e a quello della moltitudine degli sfollati zairesi. Nessun uomo di buona volontà può ignorare la sorte di queste persone che, nelle regioni colpite dalle violenze, vivono in condizioni che sono un insulto alla dignità umana, e la cui vita è costantemente in pericolo. Nessuno può disinteressarsene!

54 Deploro vigorosamente gli attacchi contro le persone, così come i saccheggi e le distruzioni a cui sono stati sottoposti gli istituti e i beni della Chiesa in molte vostre Diocesi, che, in numerosi casi, erano le sole strutture sociali che funzionavano ancora. Vi invito a intraprendere con coraggio il ripristino delle opere che permettono alla Chiesa di garantire effettivamente la sua missione e di essere un’espressione della carità di Cristo verso le persone più povere e abbandonate. Per un reale aiuto reciproco, come è stato fatto in molte occasioni, auspico che le Chiese particolari nello Zaire come la Chiesa universale accettino una condivisione generosa delle loro risorse attraverso la solidarietà con le vostre comunità.

10. Al termine del nostro incontro, cari Fratelli nell’Episcopato, vi esorto a proseguire con sicurezza la vostra lotta per la pace e il vostro impegno per la ricerca della fratellanza. Mentre ci prepariamo alla celebrazione del grande Giubileo dell’Anno 2000, meditando quest’anno sulla persona di Gesù Cristo, unico Salvatore del mondo, con tutta la Chiesa nello Zaire, siate i testimoni ardenti della speranza che egli porta alla nostra umanità, poiché “la speranza poi non delude, perché l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato” (
Rm 5,5). Volgendomi verso la Vergine Immacolata, e verso coloro che, come la beata Anuarite e il beato Isidore Bakanja, sono esempi di coraggio della fede e della carità per la Chiesa nel vostro Paese, imparto di tutto cuore la mia Benedizione Apostolica a ognuno di voi e all’insieme dei vostri diocesani, pregando il Signore della Pace di colmare tutto il popolo zairese dell’abbondanza dei suoi doni.




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