GP2 Discorsi 1997 60


VISITA PASTORALE ALLA PARROCCHIA ROMANA

DI SAN GAUDENZIO A TORRE NOVA


AI BAMBINI


IV Domenica di Quaresima, 9 marzo 1997

Cari bambini, grazie per le vostre lettere, grazie anche per questo discorsetto della vostra amica, che è stata in ospedale in autunno, per una operazione.


Quando sono arrivato qui, ho sentito subito un canto: «Noi non abbiamo molte ricchezze, non abbiamo oro né argento, solo la Parola del Signore cammina con noi . . .». Questo canto è già un segno, il segno che qui c'è la Comunità di sant'Egidio. Questo è il loro canto. Ma io vorrei dire che se non avete molte ricchezze, certamente la ricchezza siete voi, perché l'uomo è la ricchezza più grande di tutte le altre ricchezze del mondo, di tutti i grandi beni materiali. L'uomo è superiore: anche il più piccolo, anche il neonato, anche colui che si trova ancora nel grembo materno, anche l'anziano. Tutti gli uomini sono un tesoro, un bene perché tutti sono creati da Dio Creatore e sono redenti da Cristo. Ve lo dico in questo periodo quaresimale, nel quale la Chiesa commemora, contempla e vive il mistero della Passione e della Risurrezione di Cristo.

A voi tutti, alle vostre famiglie, ai vostri genitori, fratelli e sorelle, catechisti, insegnanti, a tutti vorrei augurare buona

VISITA PASTORALE ALLA PARROCCHIA ROMANA

DI SAN GAUDENZIO A TORRE NOVA


AL CONSIGLIO PASTORALE


61
IV Domenica di Quaresima, 9 marzo 1997

Tutto questo si potrebbe riassumere con una canzone: «Ecco la mia strada che porta a Te . . .». Una volta questa canzone era molto cantata, anche dalla Comunità di sant'Egidio. Questa è la «strada che porta a Te»: la strada che porta alla Chiesa e la Chiesa che ritorna sulla strada. È un po' questo il riassunto del discorso e anche della vostra realtà esistenziale nella parrocchia. Voi siete il Consiglio pastorale e vi auguro «buoni consigli»; anzi, vi affido alla «Madre del Buon Consiglio». E così si potrà camminare avanti con successo. Vi auguro anche buona Quaresima e buona Pasqua!



VISITA PASTORALE ALLA PARROCCHIA ROMANA

DI SAN GAUDENZIO A TORRE NOVA


AI GIOVANI


IV Domenica di Quaresima, 9 marzo 1997

Chi entra in questa chiesa ringiovanisce! Questa è la riflessione principale che ho fatto subito, entrando in questa sala dove voi vi trovate insieme con gli anziani. E questa non è un'esperienza nuova: l'ho avvertita molte volte incontrando le comunità ispirate a quella di sant'Egidio. Chi entra in questo ambiente, in questa comunità, ringiovanisce. Allora mi congratulo con voi, perché anche il Papa è potuto ringiovanire! Valeva la pena compiere questo lungo percorso, dal Vaticano sino a qui, alla periferia di Roma, per ringiovanire! E spero che anche la Chiesa di Roma tutta intera, tutte le parrocchie, insieme con la vostra, possano ringiovanire con la Missione cittadina. Dico e offro questo al Cardinale Vicario, al suo Vicegerente, a tutti i Vescovi, ai sacerdoti, al popolo di Dio in Roma. Fate una riflessione su questo «ringiovanire »: voi siete giovani! «Ringiovanire » sì, ritornare bambini un po' meno, perché i bambini sono qui, sono i più piccoli: è un'età importante nella vita di ciascuno.


Infine, prima di lasciare la parrocchia, il Papa ha salutato così i numerosi fedeli che lo attendevano dinanzi alla chiesa:

Ringrazio tutti i presenti del quartiere e della parrocchia per questa visita, per questa calorosa accoglienza. Voi «non avete molte ricchezze», ma avete la chiesa: è già molto! Vi auguro una buona continuazione, una buona Quaresima e una buona Pasqua. Sia lodato Gesù Cristo! Arrivederci in Vaticano, in Piazza San Pietro!


AI PARTECIPANTI ALL'ASSEMBLEA PLENARIA DEL


PONTIFICIO CONSIGLIO DELLA CULTURA


Sala del Concistoro - Venerdì, 14 marzo 1997


Signori Cardinali,
Cari Fratelli nell’Episcopato,
Cari amici,

1. È con gioia che vi accolgo questa mattina, al termine della vostra Sessione plenaria. Ringrazio il vostro Presidente, il Signor Cardinale Paul Poupard, per aver ricordato lo spirito nel quale si sono svolti i vostri lavori. Voi avete riflettuto su come aiutare la Chiesa ad assicurare una presenza più forte del Vangelo al centro delle culture, all’approssimarsi del nuovo millennio.

62 Questo incontro mi offre l’occasione di ripetervi: “La sintesi della cultura e della fede non è solo un’esigenza della cultura, ma anche della fede” (Giovanni Paolo II, Lettera di fondazione del Pontificio Consiglio della Cultura, 20 maggio 1982: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, V, 2 (1982) 1777). È ciò che i cristiani fedeli al Vangelo hanno realizzato nel corso di due millenni nelle situazioni culturali più diverse. La Chiesa si è, il più delle volte, inserita nella cultura dei popoli in mezzo ai quali si era stabilita, per modellarla secondo i principi del Vangelo.

La fede in Cristo incarnato nella storia non solo trasforma interiormente le persone, ma rigenera anche i popoli e le loro culture. Così, alla fine dell’Antichità, i cristiani, che vivevano in una cultura alla quale dovevano molto, la trasformarono dall’interno e la permearono di uno spirito nuovo. Quando questa cultura fu minacciata, la Chiesa, con Atanasio, Giovanni Crisostomo, Ambrogio, Agostino, Gregorio Magno e molti altri, trasmise l’eredità di Gerusalemme, di Atene e di Roma per dare vita a un’autentica civiltà cristiana. Fu, con le imperfezioni inerenti a qualsiasi opera umana, l’occasione di una riuscita sintesi fra fede e cultura.

2. Ai giorni nostri, questa sintesi è spesso assente e la rottura fra il Vangelo e la cultura è senza dubbio “il dramma della nostra epoca” (Paolo VI, Evangelii nuntiandi EN 20). Si tratta di un dramma per la fede poiché, in una società in cui il cristianesimo sembra assente dalla vita sociale e la fede relegata nella sfera del privato, l’accesso ai valori religiosi diviene più difficile, soprattutto per i poveri e gli umili, ossia per la maggioranza del popolo che impercettibilmente si secolarizza, sotto la pressione dei modelli di pensiero e di comportamento diffusi dalla cultura dominante. L’assenza di una cultura che li sostenga impedisce a questi umili di accedere alla fede e di viverla pienamente.

Questa situazione è anche un dramma per la cultura che, a causa della rottura con la fede, attraversa una crisi profonda. Il primo sintomo di questa crisi è il sentimento di angoscia che proviene dalla consapevolezza della finitezza in un mondo senza Dio, dove si fa dell’io un assoluto e delle realtà terrene gli unici valori della vita. In una cultura senza trascendenza, l’uomo soccombe al fascino del denaro e del potere, del piacere e del successo. Prova anche l’insoddisfazione causata dal materialismo, la perdita del significato dei valori morali e l’inquietudine dinanzi al futuro.

3. Tuttavia, al centro di un simile inaridimento, sussistono sempre una sete di assoluto, un desiderio di bene, una fame di verità, un bisogno di realizzazione della persona. Ciò denota l’ampiezza del compito del Pontificio Consiglio della Cultura: aiutare la Chiesa a operare una nuova sintesi fra la fede e la cultura per il bene di tutti. In questa fine secolo è fondamentale riaffermare la fecondità della fede nell’evoluzione di una cultura. Solo una fede fonte di decisioni spirituali radicali è capace di agire sulla cultura di un’epoca. Così, l’atteggiamento di san Benedetto, questo patrizio romano che abbandonò una società antiquata e si ritirò nella solitudine, nell’ascesi e nella preghiera, fu determinante per la crescita della civiltà cristiana.

4. Nel suo approccio alle culture, il cristianesimo si presenta con il messaggio di salvezza, ricevuto dagli Apostoli e dai primi discepoli, ponderato ed approfondito dai Padri della Chiesa e dai teologi, vissuto dal popolo cristiano, in particolare dai santi, ed espresso dai grandi geni teologici, filosofici, letterari e artistici. Noi dobbiamo annunciare questo messaggio agli uomini di oggi in tutta la sua ricchezza e in tutta la sua bellezza.

Per fare ciò, ogni Chiesa particolare dovrebbe avere un progetto culturale, come già avviene in singoli Paesi.Nel corso di questa Assemblea plenaria, voi avete dedicato una parte notevole dei vostri lavori a considerare non solo le poste in gioco, ma anche le esigenze di un’autentica pastorale della cultura, decisiva per la nuova evangelizzazione. Venuti da orizzonti culturali diversi, voi fate conoscere alla Santa Sede le aspettative delle Chiese locali e gli echi delle vostre comunità cristiane.

Fra i compiti che vi spettano, sottolineo alcuni punti che richiedono dal vostro Consiglio la massima attenzione, come la creazione di Centri culturali cattolici o la presenza nel mondo dei mezzi di comunicazione sociale e nel mondo scientifico, per trasmettervi l’eredità culturale del cristianesimo. In tutti questi sforzi, siate particolarmente vicini ai giovani e agli artisti!

5. La fede in Cristo dona alle culture una dimensione nuova, quella della speranza del Regno di Dio. I cristiani hanno la vocazione d’inserire al centro delle culture questa speranza di una terra nuova e di cieli nuovi. Di fatto, quando la speranza svanisce, le culture muoiono. Ben lungi dal minacciarle o dall’impoverirle, il Vangelo apporta loro maggiore gioia e bellezza, libertà e significato, verità e bontà.

Siamo tutti chiamati a trasmettere questo messaggio attraverso un discorso che l’annunci, un’esistenza che l’attesti, una cultura che lo faccia risplendere. Il Vangelo porta infatti la cultura alla sua perfezione e la cultura autentica è aperta al Vangelo. Il lavoro che consiste nel donarli l’uno all’altro dovrà essere costantemente ripreso. Ho costituito il Pontificio Consiglio della Cultura per aiutare la Chiesa a vivere lo scambio salvifico dove l’inculturazione del Vangelo va di pari passo con l’evangelizzazione delle culture. Che Dio vi assista nello svolgimento della vostra esaltante missione!

Affidando a Maria, Madre della Chiesa e prima educatrice di Cristo, il futuro del Pontificio Consiglio della Cultura e quello di tutti i suoi membri, vi imparto di tutto cuore la Benedizione Apostolica.


AI PELLEGRINI DI SIENA, COLLE DI VAL D'ELSA,


MONTALCINO E MONTEPULCIANO, CHIUSI, PIENZA


63
Sala del Concistoro - Venerdì, 15 marzo 1997


Carissimi Fratelli e Sorelle!

1. Porgo il mio benvenuto a tutti voi, qui giunti per ricambiare la visita che ho avuto la gioia di compiere a Colle Val d’Elsa e Siena il 30 marzo dello scorso anno. Vi saluto con affetto, ed in primo luogo rivolgo il mio deferente pensiero ai cari Fratelli nell’episcopato, Monsignor Gaetano Bonicelli e Monsignor Alberto Giglioli, rispettivamente Pastori delle diocesi di Siena-Colle Val d’Elsa-Montalcino e di Montepulciano.

Saluto, poi, i sacerdoti, i religiosi e le religiose, che svolgono la loro opera tra voi e qui vi hanno oggi accompagnato. Il mio saluto si rivolge, infine, a tutti voi, che con la vostra visita rinnovate nel mio animo le emozioni vissute un anno fa nella vostra terra.

2. Ci ritroviamo oggi nell’imminenza dalla festa di san Giuseppe e questo mi riporta col pensiero alla sosta che feci fra i lavoratori di Colle Val d’Elsa ed ai problemi allora toccati. Vorrei confermare anche in questa circostanza la vicinanza della Chiesa al mondo del lavoro. Seguendo l’esempio del suo Fondatore e Maestro, la Chiesa vuole essere presente tra i lavoratori, per offrire loro il messaggio evangelico sul lavoro e sul posto centrale che l’uomo deve sempre occupare nei rapporti economici.

Il ricordo di Siena non può non evocare la figura della grande Santa, ed ora anche Dottore della Chiesa, a cui la vostra terra ha dato i natali. Il messaggio di santa Caterina è tuttora valido e stimolante. I molteplici problemi con cui essa dovette misurarsi nel suo tempo non sono dissimili da quelli d’oggi. Con la forza e la libertà che le venivano dall’intima unione con Dio, in tempi tumultuosi ella seppe richiamare piccoli e grandi a costruire in ogni ambito della vita rapporti di giustizia e di pace. Come non auspicare che il magistero di Caterina - donna esemplare nel coniugare contemplazione ed azione - continui ad incidere nella cultura e nella vita della nazione italiana, di cui è Patrona, e, in particolare, della città e provincia senesi? La ricorrenza dei 650 anni dalla sua nascita (25 marzo 1347), che cade proprio in questi giorni, ravvivi nei senesi e negli italiani l’attenzione per il ricco patrimonio del suo insegnamento.

3. Venendo a Siena lo scorso anno, volli idealmente concludere il Congresso Eucaristico Nazionale, tenutosi due anni prima. Sono lieto di sapere che quella solenne celebrazione permane come punto di riferimento per le vostre comunità. In effetti, che cosa vi può essere di più unificante e trascinante del Mistero eucaristico creduto, amato, celebrato? Eucaristia dice amore che si dona: è l’espressione massima dell’amore di Cristo per noi, e al tempo stesso del nostro amore per Cristo. Su di Lui noi fissiamo lo sguardo in questo primo anno di preparazione immediata al Grande Giubileo del 2000. È necessario fare spazio a Gesù nella nostra vita personale e comunitaria. I vostri padri hanno moltiplicato tradizioni popolari, feste, compagnie e confraternite legate al culto eucaristico. Molte di esse sono lungi dall’avere esaurita la loro carica e vanno incoraggiate, anche mediante un saggio e opportuno aggiornamento. Non basta, infatti, custodire il passato, per grandioso che sia; bisogna continuamente ravvivarlo per trasmetterne integri i valori alle nuove generazioni.

Sul Palazzo civico di Siena e su quasi tutte le case della vostra terra campeggia il monogramma di Cristo, recato come segno di pace dal grande san Bernardino: Gesù, vero Dio e vero uomo, Salvatore. Che non sia un reperto archeologico! Cristo è sempre lo stesso ieri, oggi, sempre.Fate posto a Cristo nella vostra vita personale e familiare, sociale e professionale. La sua presenza è garanzia di rapporti umani più ricchi ed autentici.

4. L’aspetto senz’altro più importante del vostro odierno pellegrinaggio è quello rivolto al futuro, al Giubileo del 2000. Da più di mille anni la terra di Siena è attraversata dalle più classiche vie di accesso a Roma: la Francigena, che con variabili diverse collegava il Nord Europa con Roma, e la Romea, che dall’Est europeo si fondeva a Poggibonsi con la prima. Ai loro bordi si moltiplicarono luoghi di preghiera, di sosta e di cura per i pellegrini: gloriose abbazie, magioni, rifugi, castelli ed opere colossali come lo Spedale di S. Maria della Scala, che sorge nella vostra città.

In esso, vera testimonianza di spirito cristiano, di arte e di umanità, si trova il “Pellegrinaio”, grande salone affrescato dai più noti artisti dell’epoca, dove i pellegrini venivano accolti, rifocillati e curati come fratelli. In quell’ambiente di solenne dignità, santa Caterina e san Bernardino svilupparono forme di volontariato cristiano che, grazie a Dio, sussistono rigogliose anche oggi. Basterà ricordare con riconoscenza le “Misericordie”, che in Toscana hanno trovato e continuano ad avere un ruolo assai prezioso, insieme con istituzioni similari, nel campo dell’assistenza sociale e sanitaria.

5. Carissimi, vi auguro che la visita alla tomba di san Pietro e l’incontro col suo Successore confermino la vostra fede, la vostra identità di battezzati in Cristo. Nati a vita nuova con il Battesimo, sappiate essere, in una società per molti versi disorientata, segni di speranza.

64 Auspico che, nella luce della Pasqua ormai vicina, possiate compiere un pellegrinaggio colmo di frutti, mentre vi chiedo di portare il mio saluto anche a quanti non hanno potuto prendervi parte, in modo speciale agli ammalati.

Con questi sentimenti, invoco su di voi la protezione di Maria Santissima e a tutti imparto di cuore una speciale Benedizione Apostolica.




AI VESCOVI FRANCESI DELLA


REGIONE APOSTOLICA "MIDI-PYRENÉE"


IN VISITA «AD LIMINA APOSTOLORUM»


Sabato, 15 marzo 1997




Cari Fratelli nell’Episcopato,

1. In occasione del vostro pellegrinaggio alle tombe dei santi Apostoli Pietro e Paolo e della vostra visita ad limina, cammino che manifesta la comunione delle Chiese locali diffuse in tutto il mondo con il Successore di Pietro e la collaborazione fiduciosa con i diversi servizi della Santa Sede, è con gioia che vi accolgo oggi. Ringrazio innanzitutto Monsignor Maurice Gaidon, vostro Presidente, per avermi presentato aspetti importanti del vostro ministero: gioie e motivi di rendimento di grazie, poiché voi percepite l’opera dello Spirito nel cuore degli uomini, e interrogativi che voi incontrate quotidianamente nella missione. I nostri colloqui mi permettono di essere vicino al clero e ai fedeli delle Diocesi di cui voi siete i Pastori.

Fra gli elementi di rinnovamento e i temi principali delle vostre relazioni quinquennali, mi soffermo oggi su quanto concerne la catechesi e i giovani. Sono due aspetti che desidero ricordare con voi; nello spirito che ha animato l’Assemblea di primavera dei Vescovi di Francia nel 1996, vi incoraggio a proseguire e ad intensificare la vostra azione presso i giovani, poiché è soprattutto ad essi che deve rivolgersi la sollecitudine della Chiesa.

2. In primo luogo sottolineate l’auspicio di numerose famiglie di essere accompagnate nel risveglio alla fede dei più piccoli. Dinanzi alle domande dei figli, i genitori sono spesso disarmati e sentono il bisogno di fare appello ai Pastori. Spesso ciò costituisce un’occasione per ravvivare la loro fede personale e per ritornare a una pratica sacramentale più intensa. In casa, fin dalla più tenera età, i figli s’interrogano su Dio; essi possono ricevere qui le prime risposte alle loro domande ed essere iniziati al dialogo con il Signore e alla fiducia nella sua bontà di Padre. Tuttavia una pedagogia semplice della preghiera cristiana presuppone anche che gli adulti diano l’esempio della preghiera personale e della meditazione della Parola di Dio. Noi dobbiamo dunque incoraggiare i genitori a prendere coscienza della loro missione di educatori della fede e a chiedere il sostegno dei sacerdoti e dei laici formati in questo ambito della pastorale.

3. Per soddisfare le richieste specifiche di educazione religiosa dei bambini, dovete proporre un insegnamento catechetico che sviluppi in modo organico il mistero cristiano. In effetti la catechesi ha bisogno di programmi ben articolati, ispirati al Catechismo della Chiesa Cattolica, che presentino i diversi elementi del Credo. D’altro canto, percorrendo la storia santa, i bambini imparano a conoscere le grandi figure bibliche, per prendere come esempi coloro che hanno preparato la venuta del Salvatore, per conoscere Cristo e per diventare a loro volta suoi discepoli. In un’età in cui la formazione passa attraverso la proposta di modelli di vita cristiana, l’identificazione con gli uomini e le donne dell’Antico e del Nuovo Testamento e con i santi della nostra storia è un aspetto importante nell’educazione spirituale. Voi constatate anche che sono sempre più i bambini in età scolare che chiedono di essere battezzati; non si può non gioire di questo rinnovamento, al quale è opportuno accordare grande attenzione, in quanto è il segno che i bambini sanno scoprire il valore dei sacramenti: aiutiamoli a parteciparvi regolarmente.

4. La catechesi specializzata conosce, anch’essa, un nuovo sviluppo. Rendo omaggio alle persone che accettano di impegnarsi affinché i bambini colpiti da un handicap possano ricevere una catechesi adatta e beneficiare di un’assistenza spirituale conveniente. Con tutto il cuore e nonostante le loro sofferenze, questi giovani sanno meravigliarsi della grandezza e della bellezza di Dio, che si rivela non ai sapienti ma ai poveri e ai più piccoli (cfr Lc 10,21); essi hanno anche un senso profondo della preghiera filiale e della fiducia verso il Signore. Gli adulti ricevono molto dalla vicinanza di questi giovani. Invito le comunità cristiane a dare ai più deboli e ai più fragili il loro giusto posto.

5. In una società che ha la tendenza a porre l’accento sulla redditività, è bene ricordare che lo sviluppo e la maturazione umane dei giovani non possono prodursi unicamente grazie all’acquisizione di conoscenze scientifiche e tecniche. Significherebbe disconoscere il bisogno di interiorità della persona. Dall’esperienza interiore scaturisce il dinamismo vitale. Per il necessario sviluppo spirituale dei giovani, molti genitori si preoccupano di far impartire ai propri figli un’educazione religiosa che non si confonda con l’insegnamento di conoscenze religiose date in un gran numero d’istituti scolastici. Le nozioni sulla religione sono importanti, poiché permettono ai giovani di scoprire le radici spirituali e morali della loro cultura. Tuttavia esse non costituiscono ancora la trasmissione della fede, che avvia alla pratica della vita cristiana. Avere la possibilità di una catechesi non è solo una questione di libertà religiosa o di apertura mentale, ma risponde anche alla preoccupazione di fare accedere i giovani allo splendore della verità e di fare di essi dei discepoli del Signore, assumendo le proprie responsabilità nella comunità cristiana. Una formazione catechetica che non invita i bambini a incontrare il Signore, nella preghiera personale e attraverso la pratica regolare dei sacramenti, in particolare dell’Eucaristia, rischia di condurre rapidamente i giovani ad abbandonare la fede e le esigenze della vita morale.

In questa prospettiva, è importante che le Autorità e tutti coloro che hanno responsabilità nel mondo dell’educazione si preoccupino di avviare e di mantenere, nelle settimane del periodo scolastico, fasce orarie convenienti, affinché le famiglie che lo desiderano possano offrire ai propri figli una formazione cristiana e spirituale, senza che ciò sia per i giovani un sovraccarico troppo grande nel loro impiego del tempo e impedisca loro di dedicarsi ad attività parascolastiche. A tale proposito, saluto gli sforzi considerevoli compiuti dai responsabili della catechesi e dalle loro parrocchie, per adattarsi agli orari dei giovani.

65 6. Sempre più persone partecipano alla catechesi. Sono lieto che i padri e le madri di famiglia, in unione con i religiosi, le religiose e i sacerdoti, accettino di dedicare del tempo ad assicurare questa missione fondamentale della Chiesa. Per quanto vi concerne, vi preoccupate di formarli con cura, sul piano teologico, spirituale e pedagogico, affinché possano accompagnare pazientemente i figli nella loro crescita umana e spirituale, e trasmettere loro il messaggio cristiano. Il catechista non è un mero insegnante, bensì un testimone della fede della Chiesa e un esempio di vita morale. Egli conduce i giovani a scoprire Cristo e li aiuta a trovare il posto al quale aspirano nelle comunità cristiane, che devono essere attente e accoglierli, integrandoli nelle diverse attività ecclesiali.

Saluto gli sforzi compiuti dai servizi diocesani di catechesi, che si adoperano per creare ambiti in cui gli adulti possano formarsi, trovare opere utili e ottenere le informazioni necessarie; grazie a molteplici collaborazioni, le persone incaricate della catechesi, dispongono degli strumenti indispensabili per aiutarli nel loro compito educativo, sul piano dottrinale e sul piano pedagogico.

7. Le scuole cattoliche hanno un ruolo specifico da svolgere nell’educazione religiosa, come ricordano in particolare gli statuti dell’Insegnamento cattolico, modificati di recente, e le riflessioni approfondite nel corso delle diverse Giornate nazionali degli Organismi di Gestione dell’Insegnamento cattolico. In seno agli istituti, attraverso l’insegnamento scolastico, i corsi di cultura religiosa, la catechesi e la vita quotidiana, spetta alla comunità educativa rendere evidente il significato cristiano dell’uomo e attestare i valori spirituali e morali essenziali di cui è portatore il messaggio cristiano. I dirigenti e gli insegnanti avranno cura di essere con tutta la loro esistenza modelli di vita cristiana; certo ciò è impegnativo, ma i giovani scopriranno la fede che fa vivere e agire sia grazie al modo di essere di quanti li circondano sia grazie alle loro parole.

8. Trasmettete il mio caloroso incoraggiamento a tutti gli uomini e a tutte le donne che, nei diversi percorsi di formazione catechetica, si dedicano completamento a far sì che Cristo sia conosciuto e amato, e che il mistero cristiano sia chiaramente presentato ai giovani di oggi. Che, sostenuti dalla preghiera personale, dalla vita sacramentale e dall’insieme dei membri delle comunità cristiane, sviluppino sempre nuove iniziative pedagogiche, nonostante i mezzi talvolta ridotti! Invito anche le comunità ecclesiali a proporre liturgie della Parola e, la domenica o quando possibile, celebrazioni dell’Eucaristia in cui i bambini e i giovani siano realmente integrati e che siano alla loro portata.

9. Nell’ambito delle attività parascolastiche, la Chiesa ha una lunga tradizione e ha sempre avuto un ruolo da svolgere, poiché i momenti di distensione sono anche tempi preziosi per l’educazione. È rimasto vivo e fedele il ricordo, in numerosi movimenti giovanili, di sacerdoti, di persone consacrate e di laici che, nei giorni di festa e nei periodi di vacanze scolastiche, riunivano i bambini e proponevano loro giochi, attività volte a stimolare la curiosità intellettuale, una vita comunitaria fra giovani e adulti; sono elementi benefici per la crescita integrale dei giovani e per la loro apertura sociale. Molti giovani che hanno partecipato a queste attività hanno poi assunto responsabilità considerevoli nella Chiesa o nella società. Ancora oggi, è opportuno ricercare i mezzi più adatti per rispondere alla richiesta dei giovani che, accanto alla loro vita scolastica, dove i ritmi e gli orari sono talvolta pesanti, aspirano legittimamente a momenti di distensione. La vera educazione non può infatti essere concepita solo come formazione intellettuale. Attraverso l’attenzione alla mente e al corpo, si tratta innanzitutto di costruire in ogni giovane l’uomo o la donna che sarà domani, responsabile di se stesso e dei propri fratelli, aiutandolo a raggiungere un equilibrio spirituale, umano e affettivo.

10. Voi vi preoccupate della debole presenza dei giovani nelle comunità ecclesiali. Mi avete parlato del considerevole numero di giovani che vivono l’esperienza dell’insuccesso scolastico o che sono turbati da difficoltà personali e familiari. Constatate anche che molti di essi sono profondamente colpiti dalle crisi che attraversa la società attuale. Altri sono sedotti e affascinati da movimenti di ogni sorta che promettono felicità illusorie, ostacolando la libertà delle persone e compromettendo talvolta l’equilibrio psicologico degli individui. Per compiere la vostra missione in modo più appropriato, lo scorso anno avete svolto una grande inchiesta rivolta ai giovani: avete ricevuto più di 1.200 risposte, fra le quali molte testimonianze significative. Ciò è un segno incoraggiante e un appello a elaborare proposte sempre più incisive per i giovani.

Grazie alle analisi e alla sintesi che la vostra Conferenza episcopale ha fatto dopo questa inchiesta, aiuterete ora le comunità locali, affinché prevedano prospettive pastorali nuove per rispondere alle aspettative dei giovani e renderli partecipi della vita ecclesiale. Tutte le forze vive delle Diocesi sono chiamate a lavorare insieme e a intensificare la loro azione diretta ai giovani: gli organismi diocesani coinvolti, le parrocchie, i movimenti giovanili, come l’Azione Cattolica, lo scoutismo, il MEJ e le comunità carismatiche.

11. Percepite anche nei giovani una sete nuova di conoscere Dio, di accrescere la propria vita interiore e di condurre una vita comunitaria, per rispondere coraggiosamente all’appello di Dio e compiere scelte di qualità nella propria esistenza. A modo loro, come i discepoli, essi desiderano ripetere a Cristo: “Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna” (
Jn 6,68). Durante gli anni di formazione le cappellanie nell’Insegnamento pubblico o privato rappresentano incomparabili comunità di credenti che permettono ai giovani di fare un’esperienza della Chiesa e che devono aiutarli a inserirsi più facilmente nella Chiesa diocesana. Sono inoltre sempre più numerosi i giovani che partecipano a grandi raduni che prevedano celebrazioni liturgiche in uno spirito di festa. Sono paradossalmente grandi incontri cristiani, dove anche il silenzio è possibile, che offrono ai giovani la possibilità di prendere coscienza del fatto che Dio è vicino ad essi, in particolare nei sacramenti dell’Eucaristia e della Riconciliazione, e che Egli parla al cuore nelle Scritture; vi fanno anche l’esperienza della cattolicità e della diversità nella Chiesa. Così molti giovani delle vostre Diocesi si sono impegnati nella preparazione della Giornata Mondiale della Gioventù. Questo è un segno evidente che essi aspirano a una vita cristiana più intensa, con altri giovani della loro età, e che desiderano impegnarsi maggiormente nella sequela di Cristo, nella Chiesa, per essere “profeti della vita e dell’amore”, come ho detto di recente (Giovanni Paolo II, Messaggio per la Giornata Mondiale della Gioventù, n. 8, 15 Ag 1996, Insegnamenti di Giovanni Paolo II, XIX, 2 (1996) 186). In tal senso, molti fra voi mi hanno espresso la propria gioia nel vedere numerosi giovani compiere un cammino di fede autentica per ricevere il sacramento della Confermazione. Tutto ciò mostra che è opportuno favorire l’inserimento dei giovani nella comunità cristiana, come avete auspicato nel messaggio che avete rivolto nel 1996 ai giovani cattolici della Francia.

12. I giovani si aspettano innanzitutto di essere ascoltati, amati e guidati, affinché possano costruire la propria personalità in modo sereno. Hanno anche bisogno di adulti capaci di ricordare loro i punti di riferimento e le esigenze che comporta qualsiasi esistenza che intende essere bella, e capaci anche di individuare i modi positivi di presentare loro il messaggio cristiano, in particolare nell’ambito morale. In questa prospettiva, come voi sottolineate, i giovani sacerdoti sono spesso i più adatti a stare vicino ai giovani e a conferire uno slancio nuovo alla pastorale della gioventù. Sarà bene che, eventualmente sollevati dalle altre funzioni ministeriali, essi siano maggiormente disponibili per la missione presso i giovani, sostenuti dai loro fratelli nel sacerdozio e occupando un loro posto nelle comunità parrocchiali. Incoraggio dunque i giovani sacerdoti, i giovani religiosi e le giovani religiose a restare vicini ai giovani, soprattutto nei periodi chiave della loro crescita. In mezzo ad essi saranno testimoni qualificati e mostreranno loro che ogni persona ha valore agli occhi di Dio e della Chiesa.

I giovani educatori svolgono un ruolo prezioso; essi si ricorderanno che “l’uomo contemporaneo ascolta più volentieri i testimoni che i maestri” (cfr Paolo VI, Evangelii nuntiandi EN 41). Con il loro modo di essere e la fedeltà alle loro promesse, essi mostreranno la via della felicità e saranno riconosciuti come le vere guide spirituali di cui il popolo ha bisogno. Avranno anche a cuore di proporre ai giovani un accompagnamento personale e la partecipazione a una vita di gruppo; questi due aspetti congiunti della vita pastorale offriranno ai giovani gli elementi necessari all’unificazione della loro vita, aiutandoli a discernere chiaramente la loro vocazione.

13. Il Concilio Ecumenico Vaticano II si è concluso con un messaggio ai giovani, un appello affinché essi possano “ricevere la fiaccola dalle mani dei (vostri) maggiori e . . . il meglio dell’esempio e dell’insegnamento dei (vostri) genitori e dei (vostri) maestri” (Messaggi del Concilio, 8 dicembre 1965). La Chiesa guarda sempre ai giovani con fiducia e con amore. Essa si rallegra del loro entusiasmo e del loro desiderio di donarsi definitivamente. Per aiutarli a trovare il senso della propria vita, essa deve presentare “il Cristo eternamente giovane”, “il vero eroe, umile e saggio, il profeta della verità e dell’amore, il compagno ed amico dei giovani” (Messaggi del Concilio, 8 dicembre 1965).

66 Che i genitori e gli educatori non disperino mai e che sappiano, in ogni momento, rendere testimonianza della fede, della speranza e della felicità che li fanno vivere e che li guidano nelle loro scelte, anche se, in apparenza, i giovani non danno immediatamente il loro consenso. Come potranno i giovani avere il gusto di Dio e volere essere discepoli del Signore se non ne sentono mai parlare, se non frequentano persone felici di essere cristiane e d’impegnarsi sulla via della giustizia, della solidarietà e della carità? Vedendo gli adulti credere e vivere la loro fede, scopriranno che soltanto l’amore fa agire i membri della Chiesa (cfr Santa Teresa di Lisieux, Manoscritto B, 3).

14. Al termine della vostra visita ad limina, vi incoraggio, con tutte le forze vive delle vostre Diocesi, a proseguire i vostri sforzi nella pastorale della gioventù, che è una delle vostre priorità. Che le comunità cristiane abbiano sempre più fiducia nei giovani, affidino loro responsabilità e li sostengano con pazienza! Portate i saluti del Papa ai sacerdoti, ai diaconi, alle persone consacrate, così come ai laici delle vostre Diocesi, e, in modo particolare, trasmettete ai bambini e ai giovani il mio affetto. A voi, ai Vescovi emeriti e a tutti i vostri diocesani imparto di tutto cuore la mia Benedizione Apostolica.

GP2 Discorsi 1997 60