GP2 Discorsi 1997 66


VISITA ALLA PARROCCHIA ROMANA DI SAN SALVATORE IN LAURO


AI SOCI DEL PIO SODALIZIO DEI PICENI


E ALL'INTERA COMUNITÀ MARCHIGIANA DI ROMA


Domenica, 16 marzo 1997




Carissimi Fratelli e Sorelle!

1. Sono lieto di incontrarmi con voi, soci del Pio Sodalizio dei Piceni e rappresentanti della numerosa ed attiva Comunità marchigiana residente a Roma, che andate giustamente fieri della splendida chiesa di San Salvatore in Lauro con l’annesso complesso monumentale.

Rivolgo un cordiale saluto al vostro Presidente, Ingegnere Franco Santolini, che ringrazio per le cortesi parole con le quali poc’anzi ha tracciato un interessante quadro della vita e delle attività dell’associazione. Saluto inoltre l’Assistente ecclesiastico, Mons. Carlo Liberati, e tutti voi che, con la vostra presenza, testimoniate la devozione e l’affetto dell’intera popolazione delle Marche verso il Papa.

2. Questo nostro incontro mi offre la gradita opportunità di esprimere vivo apprezzamento per l’impegno del vostro benemerito Sodalizio nella conservazione e diffusione dei tradizionali valori di fede, operosità e solidarietà così radicati nella vostra terra d’origine. Nei quasi quattro secoli di presenza nella Città eterna, i Marchigiani si sono infatti distinti per la costante fedeltà alla Chiesa, per la promozione di una migliore conoscenza della storia e della vita delle Province marchigiane, per le molteplici iniziative sostenute nel campo della formazione, dell’assistenza e del culto.

Questa chiesa di San Salvatore in Lauro, con le annesse opere parrocchiali, rappresenta un’eloquente testimonianza della vostra collaborazione alle attività pastorali della Diocesi e, soprattutto, del vostro impegno nella diffusione fra i romani ed i pellegrini provenienti dalle diverse parti del globo della devozione alla Beata Vergine di Loreto, della cui venerata immagine voi custodite amorevolmente in questo luogo una delle copie più antiche e rinomate.

3. L’odierna mia Visita si svolge ad oltre un secolo di distanza da quella che compì il mio venerato predecessore, Papa Pio IX, dopo aver curato i restauri del tempio. Come tante altre antiche chiese dell’Urbe, questo complesso monumentale testimonia la capacità dei cittadini di Roma di integrarsi con altri popoli - in questo caso con il nobile popolo marchigiano - e come, insieme, abbiano vissuto e tradotto il messaggio evangelico in suggestive testimonianze di arte e di cultura.

Nel ringraziarvi per la vostra squisita accoglienza, vi auguro di continuare con sempre maggiore zelo apostolico a cooperare attivamente per la diffusione del Vangelo specialmente in vista del Grande Giubileo del 2000. Vi esorto ad offrire, come singoli e come associazione, il vostro specifico contributo di vita spirituale e di iniziative concrete, in sintonia con la Diocesi di Roma, affinché i numerosi pellegrini possano trovare nel cuore della Città comunità cristiane ospitali e dedite all’annuncio del Vangelo. Con tali sentimenti, mentre invoco su ciascuno dei presenti, su tutti i soci del Pio Sodalizio dei Piceni e sull’intera Comunità marchigiana di Roma la materna protezione della Beata Vergine Lauretana, imparto di cuore a ciascuno di voi ed alle vostre famiglie una speciale Benedizione Apostolica.

Prima di congedarsi dai fedeli di San Salvatore in Lauro, il Papa, dal sagrato della chiesa, ha pronunciato queste parole:

67 «Voi vivete qui vicino a San Pietro. Vi auguro buona vicinanza, e vi ringrazio per l'accoglienza. A tutti i parrocchiani auguro Buona Pasqua!».

VISITA ALLA PARROCCHIA ROMANA DI SAN SALVATORE IN LAURO


AI BAMBINI


Domenica, 16 marzo 1997




Mi hanno già augurato Buona Pasqua. La Pasqua sarà tra due settimane. La Pasqua ci ricorda la Risurrezione di Gesù. I bambini amano il Natale, ma la Pasqua è ancora più importante, perché Gesù è nato, ma la sua Risurrezione ci ha portato alla fede. Risorgere vuol dire vincere la morte, e questo prova che Cristo ha poteri sovrumani. Ma forse questa è una cosa troppo difficile per i bambini. Ma certamente voi, con gradualità, arriverete a conoscenza di questi misteri della fede. Prima della Pasqua c'è un tempo di preparazione di quaranta giorni, la Quaresima. Noi viviamo questa Quaresima dal 12 febbraio. Il 30 marzo arriveremo alla Pasqua. Le ultime due settimane che precedono la Pasqua sono particolarmente importanti, perché sono più vicine alla solennità pasquale. È importante soprattutto la settimana pasquale, che ci ricorda la Passione di Gesù. Gesù è risorto, ma prima è stato ucciso crudelmente, è stato flagellato, coronato di spine, crocifisso. Il giorno in cui Gesù è morto si chiama Venerdì Santo. Dove va il Papa il Venerdì Santo? Va al Colosseo dove si celebra la “Via Crucis”, per ricordare come Gesù ha portato la Croce. Vi ricordo tutto questo perché sono uno di quelli che sono succeduti all'Apostolo Pietro. Il Papa è successore di San Pietro qui a Roma, perché Pietro è stato martirizzato qui a Roma. Vi volevo dire tutto questo in preparazione alla domenica delle Palme, alla Settimana Santa, al Venerdì Santo, e poi alla domenica di Pasqua. Allora auguro Buona Pasqua a tutti, alle vostre famiglie, agli alunni della scuola materna e della scuola elementare. Sapete a che ora oggi è uscito il sole? Cerco sempre di vedere il momento in cui esce il sole. Di nuovo Buona Pasqua!

VISITA ALLA PARROCCHIA ROMANA DI SAN SALVATORE IN LAURO


AL CONSIGLIO PASTORALE E AI GIOVANI


Domenica, 16 marzo 1997




Questa parrocchia è situata nel vecchio centro di Roma. Essa condivide tutti i privilegi del centro. È una chiesa storica, con una architettura molto classica. Al tempo stesso la parrocchia condivide le difficoltà della sua popolazione. Raramente ho l'occasione di visitare le parrocchie del centro. La maggior parte delle visite pastorali riguardano le parrocchie di periferia, dove la situazione è diversa.

Apprezzo molto la presenza del Consiglio Pastorale che cammina insieme con il parroco, loro soluzione. Mi auguro che questa opera sia fruttuosa, un'opera di comune collaborazione dei laici con il proprio Pastore. Ora una parola ai giovani. Mi sembra che sono pochi, ma ci sono. A voi dico ciò che ho già detto a quelli più giovani di voi, all'inizio di questa visita pastorale. Preparatevi a vivere bene la Pasqua, questo mistero grande che significa un passaggio dal male al bene. Un passaggio che è conversione, una conversione in senso morale, e nel senso più profondo, poiché esprime il mistero pasquale: la morte di Cristo e la Risurrezione di Cristo. Ogni uomo è chiamato ad essere partecipe di questo mistero del nostro Signore redentore. Vorrei dare una Benedizione a tutti i presenti, alle famiglie e all'intera comunità. Buona Pasqua!


AI PARTECIPANTI AD UN CORSO PROMOSSO


DALLA PENITENZIERIA APOSTOLICA


Lunedì, 17 marzo 1997


1. Ancora una volta il Signore ci concede la grazia e la letizia di un incontro che è a un tempo solenne e familiare. Saluto con affetto il Signor Cardinale William Wakefield Baum, che ringrazio per il caloroso indirizzo rivoltomi. Con lui saluto i Prelati e gli Officiali della Penitenzieria Apostolica, organo ordinario del ministero di carità affidato, con la potestà delle Chiavi, al Successore di Pietro, per dispensare con larghezza i doni della divina misericordia.

Accolgo di gran cuore i Reverendi Padri Penitenzieri delle Basiliche Patriarcali dell’Urbe: ad essi dico il mio ringraziamento per la generosità, la costanza e l’umiltà con cui si dedicano al servizio del confessionale, mediante il quale fanno discendere nelle anime il perdono di Dio e l’abbondanza delle sue grazie.

Rivolgo infine il mio benvenuto ai giovani sacerdoti e agli aspiranti prossimi al sacerdozio, i quali, profittando di una provvida disponibilità della Penitenzieria Apostolica, hanno voluto approfondire la tematica morale e canonistica circa i comportamenti umani che maggiormente necessitano di grazia risanante e debbono, perciò, essere oggetto speciale della materna sollecitudine della Chiesa. Essi si preparano così in modo adeguato al futuro ministero, al quale li incoraggio, esortandoli a nutrire costante fiducia nell’aiuto del Signore.

2. Questo nostro incontro avviene, non senza un preciso significato, nell’imminenza della Pasqua. È circostanza, questa, che porta naturalmente il nostro pensiero al sacrificio di Gesù, dal quale unicamente deriva la nostra salvezza, e dal quale perciò attingono valore i sacramenti. Merita anche di essere ricordato che il presente anno 1997 è, tra quelli di immediata preparazione al Giubileo del nuovo millennio, caratterizzato come anno del Figlio di Dio incarnato. Gesù, Figlio di Dio, è venuto al mondo “per rendere testimonianza alla verità” (Jn 18,37). Egli è l’Agnello di Dio, “che toglie il peccato del mondo” (Jn 1,29).

68 Queste affermazioni del Vangelo di Giovanni ci fanno da guida per continuare la riflessione sulla verità liberatrice, che è stata oggetto del messaggio da me inviato lo scorso anno al Cardinale Penitenziere Maggiore, al concludersi del corso sul foro interno. Orbene, la verità liberatrice è, sotto diversi aspetti, in forza della grazia, premessa e frutto del sacramento della Riconciliazione.

Ci si può, infatti, liberare dal male solo se si ha coscienza di esso in quanto male. Purtroppo su alcuni temi fondamentali dell’ordine morale le odierne condizioni socio-culturali non sono favorevoli a una nitida presa di coscienza, poiché sono stati abbattuti limiti e difese, che un tempo non molto lontano, erano usuali. Di conseguenza molti subiscono un ottundimento del personale senso del peccato. Addirittura si giunge a teorizzare la irrilevanza morale e perfino il positivo valore di comportamenti, che oggettivamente offendono l’ordine essenziale delle cose stabilito da Dio.

3. Questa tendenza si fa strada in tutto il vasto campo del libero agire dell’uomo. Non è possibile in questa sede una analisi approfondita del fenomeno e delle sue cause. Voglio però profittare di questa occasione per ricordare che, in ordine specialmente alla fruttuosa recezione del sacramento della Penitenza, il Pontificio Consiglio per la Famiglia ha, pochi giorni or sono, pubblicato un “Vademecum per i confessori”. Il documento intende recare un contributo di chiarezza “su alcuni temi di morale attinenti alla vita coniugale”.

Esso traduce nel linguaggio proprio di un sussidio operativo la dottrina immutabile della Chiesa sull’ordine morale oggettivo, come è stata costantemente insegnata nei precedenti documenti in materia. Per la finalità pastorale che lo distingue, il “Vademecum” sottolinea l’atteggiamento di caritatevole comprensione che va usato verso coloro i quali errano per la mancata o insufficiente percezione della norma morale o, se consapevoli di essa, per umana fragilità cadono e, tuttavia, toccati dalla misericordia del Signore, vogliono risollevarsi.

Il testo merita di essere accolto con fiducia ed interiore disponibilità. Esso aiuta i confessori nel loro impegnativo mandato di illuminare, correggere se necessario, incoraggiare i fedeli coniugati, o che si preparano al matrimonio. Nel Sacramento della Penitenza si svolge così un compito che, lungi dal ridursi alla riprovazione dei comportamenti opposti alla volontà del Signore, Autore della vita, si apre ad un positivo magistero e ministero di promozione dell’amore autentico, da cui sboccia la vita.

4. La situazione di disorientamento morale, che investe tanta parte della società, tocca anche non pochi credenti, ma a tutti viene incontro, attraverso il ministero della Chiesa, la potenza salvifica del Figlio di Dio fatto uomo. La difficoltà della situazione non deve perciò scoraggiare, ma piuttosto stimolare tutte le inventive della nostra carità pastorale.

Invero, il ministero della confessione non deve esser concepito come un momento avulso dall’insieme della vita cristiana, bensì come un momento privilegiato nel quale confluiscono la catechesi, la preghiera della Chiesa, il senso della penitenza e l’accettazione fiduciosa del Magistero e della potestà delle Chiavi.

Pertanto la formazione della coscienza dei fedeli, affinché si presentino con la pienezza delle disposizioni dovute per ricevere il perdono di Dio mediante l’assoluzione del sacerdote, non può esaurirsi negli avvertimenti, nelle spiegazioni e negli ammonimenti che il sacerdote suole e deve dare al penitente nell’atto della confessione. Al di là di questo momento strettamente sacramentale, occorre una continua guida, che s’esprime attraverso le classiche e insostituibili forme dell’attività pastorale e della pedagogia cristiana: il catechismo, adeguato alle varie età e ai vari livelli culturali, la predicazione, gli incontri di preghiera, le lezioni di cultura religiosa nelle associazioni cattoliche e nelle scuole, l’incisiva presenza nei mezzi della comunicazione sociale.

5. Attraverso questa continua formazione religiosa e morale, sarà più facile per i fedeli cogliere le motivazioni profonde del magistero morale, rendendosi conto che là dove la Chiesa, nel suo insegnamento, difende la vita, condannando l’omicidio, il suicidio, l’eutanasia e l’aborto, là dove essa tutela la santità del rapporto coniugale e della procreazione, riconducendoli al disegno di Dio sul matrimonio, non impone una sua legge, ma riafferma e chiarisce la legge divina, sia naturale che rivelata. Proprio di qui deriva la sua fermezza nel denunciare le deviazioni dall’ordine morale.

Affinché recepiscano questo obiettivo criterio, i fedeli debbono essere educati all’accettazione del magistero della Chiesa, anche quando esso non è proferito nelle forme solenni: a questo proposito è bene ricordare quanto il Concilio Vaticano Primo ha dichiarato e il Vaticano Secondo ha ribadito, e cioè che anche il magistero ordinario ed universale della Chiesa, quando propone una dottrina come divinamente rivelata, è regola di fede divina e cattolica (cfr Denzinger-Schönmetzer, 3011; Lumen gentium
LG 25).

Alla luce di questi criteri appare quanto sia pretestuoso contrapporre i diritti della coscienza al vigore obiettivo della legge interpretata dalla Chiesa; infatti, se è vero che l’atto compiuto con coscienza invincibilmente erronea non è colpevole, è vero anche che esso resta oggettivamente un disordine. Pertanto ciascuno ha il dovere di formare rettamente la propria coscienza.

69 6. Il nostro compito pastorale esige l’annunzio della verità senza compromessi e senza sconti. San Paolo tuttavia ci avverte che dobbiamo vivere “secondo la verità nella carità” (Ep 4,15). Dio è carità infinita e non vuole la morte del peccatore, ma che si converta e viva (cfr Ez 18,23). Noi sacerdoti, suoi ministri, alla forza devastante del peccato dobbiamo opporre l’annuncio consolante quanto esigente del perdono. Per questo Gesù è morto ed è risorto. Meditando, in quest’anno consacrato a Cristo Redentore, le insondabili ricchezze della Redenzione, otterremo il dono di fare innanzitutto noi stessi esperienza viva della misericordia divina che salva, e potremo così essere sempre di più, sull’esempio di Cristo, maestri che illuminano e padri che accolgono in nome e per autorità di Dio. Siamo chiamati infatti a dire con san Paolo: “Noi fungiamo da ambasciatori per Cristo... vi supplichiamo in nome di Cristo lasciatevi riconciliare con Dio” (2Co 5,20).

In auspicio di copiose grazie per il fruttuoso esercizio di questo ministero di riconciliazione imparto a voi, sacerdoti e candidati al sacerdozio qui presenti, che rappresentate al mio cuore di Pastore universale i sacerdoti e i candidati al sacerdozio del mondo intero, una speciale Benedizione Apostolica.


DURANTE L'INCONTRO CON I GIOVANI DI ROMA


IN PREPARAZIONE ALLA DOMENICA DELLE PALME


Aula Paolo VI - Giovedì, 20 marzo 1997


1. “Non sum dignus, non sum dignus”. Ecco, cari giovani, ho letto in questi ultimi giorni un libro francese: “Jean Paul II le resistant”. Il Papa è resistente. Oggi vedo che ho guadagnato un altro titolo: “sconvolgente”, perché ho sconvolto il vostro programma. Ma bisogna passare “ad rem”. Voi sapete che cosa vuol dire passare “ad rem”? Non voglio farvi un esame di latino. “Ad rem” vuol dire passare alla cosa, al tema, a quanto è scritto qui, sui fogli che ho tra le mani. Poi vedremo.

Missione vuol dire: passa la Parola!”.

Carissimi giovani di Roma, questo è lo slogan che è risuonato più volte nell’odierno incontro e che ben sintetizza il significato di quanto sta celebrando la Chiesa di Roma: la missione cittadina. Che cos’è infatti la missione cittadina se non un impegnarci insieme ad accogliere e a trasmettere a tutti, nel nostro vivere quotidiano, la Parola di Dio che penetra nel cuore dell’uomo? La Parola di Dio, come leggiamo nella Lettera agli Ebrei, “è viva, efficace e più tagliente di ogni spada a doppio taglio; penetra fino al punto di divisione dell’anima e dello spirito, delle giunture e delle midolla e scruta i sentimenti ed i pensieri del cuore” (He 4,12).

2. Cari ragazzi e ragazze, lo dico per anticipare la consegna di questa Parola. Consegno a voi, cioè vi “passo” il Vangelo di Marco.

Vangelo vuol dire “bella notizia” e la “bella notizia” è Gesù, Figlio di Dio, che si è fatto uomo per salvare il mondo. Il cuore del Vangelo è proprio la predicazione di Gesù, i suoi gesti, la sua morte e risurrezione, è Gesù Cristo, è Lui stesso, Gesù Cristo, Figlio di Dio, morto e risorto per tutti.

Durante l’incontro, avete ascoltato la lettura di un brano altamente significativo del Vangelo di Marco: la duplice domanda di Gesù ai suoi discepoli - “Chi dice la gente che io sia?”; “E voi chi dite che io sia?” - e la risposta di Pietro a nome di tutti: “Tu sei il Cristo” (cfr Mc 8,15-30). Questa risposta è la sintesi del Vangelo di Marco: tutto ciò che potete leggere prima è un cammino lento e progressivo verso questa proclamazione che Gesù è il Messia. Tutto ciò che segue è un’esplicitazione continua di come Gesù è il Messia. Egli è il Messia - e questa è una novità assoluta - quando in obbedienza al Padre, sulla croce, muore per amore nostro. Davanti alla sua morte il centurione romano esclama: “Veramente quest’uomo era il Figlio di Dio” (Mc 15,39). Vediamo qui condensata l’ansia missionaria di Marco e la sua convinzione più profonda. Dinanzi al gesto più grande di amore che una persona possa compiere, “dare la vita per gli amici” (cfr Jn 15,13), è possibile convertirsi, cambiare vita. Anche il centurione che non appartiene al popolo eletto riconosce in Gesù il Figlio di Dio, il salvatore non solo di un popolo o di una nazione, ma di ogni uomo e di ogni donna che lo accoglie e lo conosce nel momento della sua estrema umiliazione, nel suo estremo annientamento.

3. Cari giovani, nel brano del Vangelo di Marco che si riferisce alla risurrezione, l’angelo dice alle donne: “Voi cercate Gesù Nazareno, il crocifisso. Non è qui, è risorto... Non è qui. Egli vi precede in Galilea” (Mc 16,6-7), quasi a dirci di non rimanere fermi davanti al sepolcro. Se lo volete incontrare - ripete l’angelo a tutti noi - seguite la strada che Gesù vi indica. “Egli vi precede in Galilea”, e per vederlo vivo e risorto occorre raggiungerlo dove Lui vi dà il suo appuntamento. Due momenti di Marco che già fanno pensare.

Se questo è il contenuto del Vangelo, esso esige di essere “passato”, trasmesso agli altri. Ed ecco la missione, missione apostolica, missione delle donne, prime apostole come la Maddalena, missione di Pietro, dei Dodici, e adesso la missione cittadina; missione dei cittadini, di voi tutti, romani, perché la missione cittadina è un’occasione unica anche per voi, cari giovani delle parrocchie, delle associazioni e dei movimenti romani per conoscere e per “passare” la Parola di Dio e per non mancare all’appuntamento con Lui. Conoscere Gesù nella sua Parola; conoscere Gesù crocifisso e risorto attraverso la sua Parola, attraverso il Vangelo di Marco.

70 Missione cittadina è anzitutto comprendere che non c’è cristianesimo autentico se non c’è missionarietà, che Gesù è un dono di Dio da far giungere a tutti.

Missione cittadina è imparare da Cristo ad uscire da noi stessi, dai nostri gruppi, dalle nostre parrocchie, dalle nostre belle assemblee, per portare il suo Vangelo a tanti amici che conosciamo, i quali attendono con noi la salvezza che soltanto Cristo sa e può dare.

4. Allora, andate. Giovani ai giovani. Ma chi sono i giovani? Voi siete i giovani di Roma!

Dai tanti incontri che ho avuto con voi nel corso di questi anni mi sono fatto un’idea abbastanza precisa di voi giovani.

Voi avete tante positive aspirazioni, tanti desideri, volete essere e vi sentite protagonisti della vita. Volete vivere nella libertà e gettarvi liberamente a fare le cose che più vi sono gradite.

Questa libertà, tuttavia, può costituire un rischio. Sì, la libertà è un rischio: è una grande sfida e un grande rischio. Può essere utilizzata bene e può essere utilizzata male. Se la libertà non obbedisce alla verità può schiacciarvi. Non mancano quelli che sono schiacciati dalla loro libertà. Lo sono, se non è ciò che è vero a guidare la loro libertà. Non può essere una forza cieca lasciata agli istinti. La libertà deve essere guidata dalla verità.

È la verità che rende veramente liberi e questa verità viene da Cristo, anzi è Cristo. Leggiamo nel Vangelo di Giovanni: “Se rimanete fedeli alla mia parola, sarete davvero miei discepoli, conoscerete la verità e la verità vi farà liberi” (
Jn 8,31-32).

È bene quindi che voi conosciate e facciate conoscere ai vostri amici Gesù Cristo, il centro unificante della vostra esistenza. Ecco perché, oggi, vi consegno il suo Vangelo e vi domando di esserne coraggiosi missionari. Andate in tutto il mondo. Gesù ha fatto conoscere il Vangelo agli apostoli e poi ha detto: andate in tutto il mondo. Io lo dico a voi, giovani di Roma: andate in tutto quel mondo che è Roma.

Allora conoscete Gesù Cristo! Conoscetelo voi per primi. Attraverso una costante lettura e meditazione, attraverso la preghiera che è un continuo confronto tra la vita e la Parola di Gesù. Vedere vuol dire già mettersi in azione.

Allora vi dico: conoscete il Vangelo. Voi per primi. Conoscete il Vangelo facendovi aiutare da guide sagge e da testimoni di Cristo. Fatevi aiutare a conoscere e a vivere l’amore che è il cuore del Vangelo. Da chi? Dai vostri genitori, dai nonni, dagli insegnanti, dai sacerdoti, dai catechisti, dagli animatori dei vostri gruppi e dai movimenti di cui fate parte. Sono tutti di aiuto per servire voi, per farvi più efficacemente conoscere il Vangelo. Conoscendo il Vangelo, confrontatevi con Cristo e non abbiate paura di quanto Egli potrà chiedervi.

Perché Cristo è anche esigente, grazie a Dio! È esigente! Quando ero giovane come voi, questo Cristo era esigente e mi ha convinto. Se non fosse esigente, non ci sarebbe niente da ascoltare, da seguire. Ma se è esigente, è perché presenta i valori e sono i valori che predica che sono esigenti.

71 5. Nello stesso tempo fate conoscere il Vangelo di Gesù ai vostri amici, agli altri giovani che oggi non sono qui e che abitualmente non frequentano i vostri gruppi. Tutti quelli che sono fuori parrocchia, fuori degli ambienti pastorali, anche loro sono in attesa di questa Parola. Cristo cerca anche loro attraverso voi. Ecco, si vede così un po’ come si deve costruire la missione cittadina dei giovani.

Questa missione chiede a tutti voi uno slancio generoso in questo senso. Occorre fare sul serio nell’ascoltare Gesù, nel seguire Gesù e nel testimoniare ciò che credete. Vedere, giudicare ed agire: vi accompagnino anche queste tre parole.

Non basta andare in parrocchia, o nei gruppi. È giunto il momento in cui occorre andare da chi non viene, da chi cerca il senso della vita e non lo trova perché nessuno glielo annuncia. Voi dovete essere la persona che sa annunciare questa buona novella. È giunto il momento per tutta la Chiesa di Roma, di aprire le porte e di andare incontro agli uomini e alle donne, ai ragazzi e alle ragazze che vivono in questa città come se Cristo non esistesse.

Che cosa vi chiede Cristo? Gesù vi chiede di non vergognarvi di Lui e di compromettervi per annunciarlo ai vostri coetanei. Fate vostra questa frase di Paolo ai Romani: “Io non mi vergogno del Vangelo, poiché è potenza di Dio per la salvezza di chiunque crede”. Così ha scritto Paolo ai Romani, a noi (
Rm 1,16).

Non abbiate paura, perché Gesù è con voi! Non abbiate paura di perdervi: più donerete e più ritroverete voi stessi! Ecco la logica di un sincero dono di sé, come insegna il Vaticano II.

Molti vostri amici non hanno guide, riferimenti, a cui rivolgersi per imparare a conoscere Gesù, e per superare quei momenti di difficoltà, di disillusione e di sconforto che capita di attraversare. Come non pensare poi a quei vostri coetanei meno fortunati che devono fare i conti con problematiche ancor più gravi come la disoccupazione, la conseguente difficoltà a poter formare una famiglia, la tossicodipendenza o altre forme di fuga dalla realtà? Molti, lo sapete bene, non hanno alle spalle neppure una famiglia, perché non poche famiglie oggi vivono una crisi preoccupante. Diventate voi stessi, cari giovani, diventate voi stessi famiglia per loro, riferimenti per questi vostri coetanei. Diventate amici di chi non ha amici, diventate famiglia di chi non ha famiglia, comunità per chi non ha comunità. Ecco la missione cittadina dei giovani cittadini di Roma. Il Papa è anche cittadino di Roma. Nei prossimi mesi (all’inizio del 1998, n.d.r.) intendo fare, come buon cittadino di Roma, visita al Campidoglio. Speriamo che i miei giovani concittadini siano con me.

6. La Parola di Dio, come ho scritto nel Messaggio ai giovani per la XII Giornata Mondiale della Gioventù, “non è imposizione che scardina le porte delle coscienze; è voce suadente, dono gratuito che, per diventare salvifico nella concretezza della vita di ciascuno, richiede un atteggiamento disponibile e responsabile, un cuore puro e una mente libera” (Messaggio ai giovani per la XII Giornata Mondiale della Gioventù, n. 6). Seminate la Parola. Toccherà al terreno accoglierla o meno. Gesù rispetta la libertà di ciascuno. Quando chiama a seguirlo, premette sempre il “Se vuoi . . .” (cfr Mt 19,21).

Dialogate, per annunciare la parola di Dio. Il dialogo sia il metodo della missione. Dialogo che esige anzitutto l’incontro sul piano dei rapporti personali e che si propone di far uscire gli interlocutori dall’isolamento, dalla mutua diffidenza, per creare stima e simpatia reciproca. Dialogo che esige l’incontro sul piano della ricerca della verità; ed ancora, sul piano dell’azione, tende a stabilire le condizioni per una collaborazione in vista di obiettivi concreti di servizio al prossimo. Dialogo che richiede al cristiano una forte coscienza di verità, un avere ben chiaro che siamo testimoni di Cristo, via, verità e vita.

So che per questa impresa si sta già facendo molto in Diocesi, anche riguardo alla formazione dei missionari e, nel prossimo futuro, dei formatori dei giovani. Vi incoraggio tutti a proseguire su questa strada dando spazio alla vostra creatività, perché si possa insieme “passare la Parola” a tutti.

7. Cari giovani di Roma, al termine di questo incontro lasciate che vi ringrazi per la vostra presenza ed anche per la vostra calorosa accoglienza. Era così calorosa che ad un certo punto mi sono domandato se potevo sopravvivere a questo incontro!

Ringrazio il Cardinale Vicario per le sue parole e Carmela, la ragazza che mi ha salutato all’arrivo e mi ha anche baciato cordialmente; ringrazio tutti coloro che hanno preparato ed animato questo incontro, e sono tanti; ringrazio tutti coloro che hanno portato la loro testimonianza personale ed hanno messo a disposizione del Vangelo e dei giovani anche i loro talenti artistici. E sono tanti! Non ho potuto vedere molto, ma quello che ho potuto vedere e ascoltare mi ha coinvolto.

72 Vorrei salutare anche a questo punto una delegazione di giovani francesi che, in preparazione all’incontro di Parigi, attraverso la rivista “Phosphore” hanno scritto al Papa e desiderano affidargli le loro lettere. Ringrazio quanti hanno voluto, in questo modo, mettersi in contatto con noi.

Cari amici francesi, portate ai vostri coetanei il saluto cordiale del Papa e dei giovani romani oggi riuniti qui insieme con voi. Dite loro che saremo felici di incontrarli dal 18 al 24 agosto a Parigi e ci stiamo preparando a questo incontro con intensa preghiera.

A questo punto del discorso il Santo Padre ha salutato la delegazione di giovani francesi con alcune parole improvvisate. Quindi ha così proseguito:

Così alla fine, prima di consegnarvi il Vangelo, desidero dare a tutti voi appuntamento per la Giornata Mondiale dei Giovani che avrà per tema: “Maestro, dove abiti? Venite e vedrete” (
Jn 1,38-39). So che già state organizzandovi e che anche da Roma partirete assai numerosi per Parigi. Sarà una grande occasione per vivere insieme la gioia del Vangelo. Saranno giorni in cui la Parola, se lasciata operare, si incontrerà con la vostra vita, per disegnare progetti esaltanti per il vostro futuro personale e per il futuro della Chiesa e della società.

Invochiamo la Vergine “Salus Populi Romani”. Ci accompagni in questo itinerario spirituale verso l’incontro di Parigi. E mentre assicuro a ciascuno di voi e alle vostre famiglie un particolare ricordo nella preghiera tutti vi benedico di cuore.


AD UN GRUPPO DI ZINGARI PROVENIENTI DALL'ALSAZIA


Venerdì, 21 marzo 1997


Cari Fratelli e Sorelle, “Gente del viaggio” d’Alsazia,

1. Sono lieto di accogliervi nel corso del pellegrinaggio che realizzate presso le tombe degli Apostoli Pietro e Paolo. Saluto cordialmente voi, Monsignor Charles Amarin Brand, Arcivescovo di Strasburgo, e i rappresentanti del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti, che vi accompagnano.

Siamo alla vigilia della grande settimana della Passione del Signore. La sua morte sulla Croce traduce nel modo più chiaro l’amore di Dio per noi. Il sacrificio di Gesù per tutti gli uomini conferisce a ognuno la dignità di persona amata da Dio. Ogni essere umano deve venire considerato, amato e servito in quanto fratello di Cristo. Quando s’ignora questa relazione con il Salvatore, si apre la via alle umiliazioni e al disprezzo, che si cerca di legittimare con ingiuste discriminazioni.

2. Conosco il vostro attaccamento alla fede, alla Chiesa cattolica e al Papa. Rinnovate incessantemente la vostra vita di credenti attingendo alle sorgenti della Parola di Dio e rimanendo fedeli alla preghiera comunitaria e personale. Come ho detto ricevendo i partecipanti a un incontro per la pastorale fra i Gitani l’8 giugno 1995, “occorre una nuova evangelizzazione rivolta ad ogni suo membro, come ad una amata porzione del Popolo di Dio pellegrinante”; questo cammino vi aiuterà a superare le tentazioni che sono forti oggi: chiudersi in se stessi, cercare rifugio nelle sette o dilapidare il proprio patrimonio religioso per volgersi a un materialismo che impedisce di riconoscere la presenza divina.

3. La vostra visita mi offre l’opportunità di ricordare che il 4 maggio prossimo a Roma avrò la gioia di proclamare beato Ceferino Jiménez Malla, un gitano ammirevole per la serietà e la saggezza della sua vita di uomo e di cristiano. La sua vita fu pienamente realizzata, poiché visse santamente nella fedeltà a Dio e nello stile di vita proprio dei Gitani. Morì martire della fede, stringendo al petto il rosario che recitava ogni giorno con una devozione teneramente filiale a Maria. È un bell’esempio di fedeltà alla fede per tutti i cristiani, e soprattutto per voi che gli siete vicini per motivi etnici e culturali.

73 Sull’esempio di Ceferino Jiménez Malla, vi sono sicuramente in mezzo a voi persone capaci di promuovere l’attività pastorale nella vostra comunità cristiana di itineranti. Nella Chiesa locale, le ordinazioni al diaconato e ad altri ministeri di uomini del vostro popolo sono eventi positivi, che occorre continuare.

4. Questo incontro mi permette di porgervi i miei migliori auguri di sante feste pasquali durante le quali celebreremo l’evento centrale della storia della salvezza, fondamento della speranza cristiana. Mediante il battesimo, sacramento della rigenerazione spirituale, partecipate alla morte e alla risurrezione di Gesù; una vita nuova vi viene donata. Pasqua è il tempo del rinnovamento delle promesse del battesimo: fatelo con convinzione e con fiducia nell’amore del Signore. È lui che vi darà forza e coraggio nelle difficoltà che incontrerete lungo il vostro cammino.

Invocando la Santissima Vergine e i santi che vi sono cari, imparto la benedizione apostolica a voi qui presenti, alle vostre famiglie e alle vostre comunità.




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